6 febbraio 2014 commissari lingua spagnola

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Commissari di Terra Santa di lingua spagnola

Getsemani, 6 febbraio 2014

Cari Fratelli. Siamo qui al Getsemani, nell’Orto degli Ulivi. A prima vista si potrebbe dire che è un posto come tanti altri, forse anche poco interessante o bello. Stiamo qui in una chiesa. Anche queste sono molte a Gerusalemme e dintorni, per non parlare di tutto il mondo cristiano. Oggi non stiamo celebrando, almeno apparentemente, nessuna particolare ricorrenza, nessuna solennità, nessuna festa. Tuttavia, il nostro stare qui ha un motivo e una ragione ben precisi. In questi giorni, in Terra Santa si sta svolgendo il Corso di aggiornamento per i Commissari di Terra Santa di lingua spagnola. Neppure questo evento è il motivo dell’odierna celebrazione. Tuttavia, l’ho nominato almeno per due motivi. Il primo è cogliere l’occasione per dire grazie a tutti i Commissari. Un grazie sincero e sentito per il vostro servizio dedito a divulgare la grazia dei Luoghi Santi, per il vostro lavoro pastorale a favore di tante anime che hanno bisogno di ritornare alle radici della nostra fede. Alle conversioni provvede il Signore, ma voi potete essere buoni strumenti della sua azione. Il secondo motivo è che in questi giorni avete potuto costatare, tra tante cose, la differenza tra una gita turistica e un pellegrinaggio. La prima è uno svago, il secondo è un esercizio di pietà e conversione, che comporta ed esige particolari disposizioni dello spirito per sopportare la fatica del pellegrinaggio stesso, per incontrare Dio nei segni della sua presenza. Questi possono essere i pochi ruderi degli ambienti dove Lui ha voluto condividere la vita umana, ma soprattutto è la celebrazione del Sacramento di amore che nutre e fortifica chi crede e chi lo cerca. La visita ai Luoghi Santi rigenera e qualifica la vita se da parte nostra si ha quella fede con la quale l’uomo si abbandona a Dio totalmente e liberamente, senza riserve o senza pretese. Senza ripetere continuamente quello che Dio deve fare, ma aprendosi per accogliere quello che Lui vuole compiere in noi e nella nostra vita.


In questo contesto possiamo anche cogliere la ragione di questa celebrazione e del nostro essere qui. È qui che incontriamo Gesù che trascorse l’ora più dolorosa della sua Passione. Dove incominciò la sua agonia di dolore e di amore. Agonia che significa lotta suprema contro l’impero delle tenebre, tristezza dell’anima fino alla morte, preghiera intensa fino al sudore di sangue, sforzo tremendo per obbedire al Padre fino alla morte e alla morte di croce, la pena più infame. Su questa roccia Gesù ci insegna soprattutto due cose: la preghiera filiale e l’obbedienza al Padre. Oggi le parole “Restate qui e vegliate con me”, Gesù le rivolge a quanti gemono nel Getsemani della vita. Le rivolge a tutti noi, deboli, stanchi di fare qualsiasi sforzo, addormentati nelle sterili faccende e piaceri della nostra vita. Gesù pregò gli uomini e non fu esaudito. Pregò il Padre e questi accettò il suo sacrificio, concedendogli la vittoria sul male e sulla morte. Ed è proprio questo che ci insegna Gesù ogni volta che ci soffermiamo qui per pregare e vegliare con Lui nella sua agonia. Non perdere mai la fede, resistere al male, obbedire fino alla fine, alla volontà del Padre. Dopo viene la vittoria. P. Dobromir JASZTAL OFM Vicario Custodiale


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