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EXPO MEDIT. IL CIBO Milano porta del Mediterraneo e piattaforma per l’Europa Milano, 20 novembre 2014 Il cibo nelle religioni monoteiste Breve sguardo alle tradizioni mediterranee Il cibo è strettamente legato alla ritualità, agli usi, costumi, tradizioni e tutto ciò che costruisce l'identità di persone, famiglie e popoli, la loro storia e il loro senso di appartenenza: fedi e religioni, che con tutto questo sono legate, hanno un ruolo tutt'altro che secondario in questo contesto. Ma non intendo in questa sede entrare nella disanima di questioni così intricate. In questa sede il compito che mi è affidato è quello di sottolineare ciò che è comune e, insieme, ciò che distingue le tre fedi monoteiste nel contesto Mediorientale e mediterraneo, e come queste si rapportano le une alle altre dal punto di vista particolare del cibo, e dell’alimentazione in generale. Non dunque un trattato scientifico, ma la testimonianza di un religioso, basata sulla sua esperienza pluridecennale in Medio Oriente.

La sacralità del cibo L'uomo ha diversi codici di comportamento, che rispondono ai suoi diversi ambiti di vita: economico, familiare, sentimentale, affettivo, religioso, ecc. Il cibo e il rapporto con esso li coinvolge tutti, ne è parte integrante; di più, a volte tutto quello che concerne l’alimentazione, è parte insostituibile nella costruzione e nel mantenimento di specifici codici di comportamento e relazione. Se il cibo è elemento insostituibile nella costruzione delle relazioni sociali, lo è ancor di più nella relazione con Dio. Il Dio delle tre fedi monoteiste, inoltre, è realtà intangibile, che non può essere afferrata, è il Dio totalmente altro, che l'uomo non può raggiungere con le sue forze. Il cristianesimo, in virtù dell’incarnazione di Cristo, si discosta un poco da quest’approccio: ma non è questa la sede per affrontare direttamente l’argomento. E, comunque, le dinamiche religiose attuali sono simili in tutte e tre le fedi. 1 of 8


Il credente ha dunque bisogno di individuare forme concrete, tangibili, servendosi di segni, costruendo una ritualità, dove fare esperienza dell'incontro con Dio. Il rapporto con il cibo attraversa tutti questi ambiti e raggiunge tutti gli aspetti di questa relazione. Le tre fedi monoteiste sono fedi rivelate, hanno cioè l’origine in una rivelazione divina, con loro testi di riferimento e perciò sono accomunate da dinamiche religiose simili. Hanno inoltre un patrimonio culturale comune, che deriva dalle comuni origini: sono tutte e tre fedi rivelate nel contesto storico e culturale mediorientale. Questo contesto originale comune è rimasto vivo anche quando esse si sono successivamente diffuse nel mondo: i credenti delle rispettive fedi, in qualsiasi parte del mondo si trovino e qualunque sia la loro appartenenza culturale, dal punto di vista religioso si devono riferire alla specifica tradizione mediorientale da essi ricevuta, che è immutabile. L’ebreo della diaspora ha gli usi e i costumi che risalgono all’esperienza del suo Popolo in Israele, e continuamente, nella sua preghiera così come nei diversi riti, inclusi quelli alimentari, fa riferimento all’esperienza fondamentale del suo popolo con Dio in Israele. Il musulmano, in qualsiasi parte del mondo viva, legge e interpreta il Corano allo stesso modo e, pur nelle diversità culturali, ha comunque come riferimento imprescindibile e vincolante la rivelazione a Maometto, nel suo contesto storico e culturale specifico, che diventa norma per tutti. Il cristiano ha come riferimento normativo l’esperienza di Gesù, incarnato in un tempo e in un contesto preciso. Non è casuale o un capriccio, ad esempio, che in tutto il mondo si celebri l’eucarestia con pane di frumento e vino di uva, anche laddove le tradizioni culturali hanno tradizionalmente cibi diversi (pane di riso in Cina, ad esempio). I cristiani devono fare riferimento, si devono collegare anche fisicamente con quell’esperienza fondamentale che è l’ultima cena di Gesù, celebrata seguendo un rito prestabilito, in quel modo preciso. Vi è dunque lo stesso approccio, lo stesso metodo di lettura (pur con tutte le distinzioni dovute), lo stesso contesto culturale, che rende le tre fedi così vicine. La storia ha poi fatto il resto, creando tra loro intrecci culturali incredibili, anche se, non sempre armonici, come sappiamo. Ma proprio lo stesso patrimonio comune è anche fonte di distinzione tra loro. Ciò che unisce è anche ciò che divide. L’Antico Testamento, che è comune tra ebrei e cristiani, è 2 of 8


letto e interpretato in maniera assai diversa dagli uni e dagli altri, generando il fatto che, se ci sono letture comuni, vi sono comunque anche distinzioni importanti, che non possono essere trascurate. Lo stesso discorso vale per i musulmani. Le tradizioni alimentari religiose seguono dunque le stesse dinamiche. Avendo origine nello stesso contesto culturale, le tre religioni hanno tradizioni alimentari simili, sia dal punto di vista cultuale che culturale. Ma vi sono anche distinzioni importanti tra loro. Il rapporto con l’alimentazione è proprio uno di quegli elementi che marca in maniera chiara ed esternamente visibile e riconoscibile da tutti queste distinzioni. È ciò che valuteremo, e poi cercheremo di vedere come almeno nell’ambito delle tradizioni mediterranee il rapporto con il cibo ha sì marcato le distinzioni, i confini tra le diverse comunità di appartenenza, ma anche come, tutto sommato esso sia la metafora delle relazioni complicate tra le tre fedi.

Distinzioni "Il nutrimento fa parte dell’insieme dei simboli che costituiscono il sistema culturale proprio di un gruppo. Ogni cultura stabilisce un codice di condotta alimentare che privilegia certi elementi, vietandone altri, distinguendo tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, tra ciò che è puro e ciò che è impuro. Regole e pratiche alimentari riguardanti il cibo costituiscono un linguaggio che esprime i valori che una cultura insegna riguardo la natura, le fonti dell’autorità sociale, gli scopi della vita. Codici alimentari servono, dunque, all’autodefinizione di un gruppo, contribuendo a stabilire il modo in cui un gruppo è percepito all’esterno; in questo senso, servono a definire i confini della sua etnicità e a costruire la sua identità. L’insieme delle regole che compongono questo codice può essere determinato da fattori di ordine diverso (geografico, economico, igienico, nutritivo), ma anche religioso" (Giovanni Filoramo, Il cibo è sacro, Milano 2014). Pur partendo da una base culturale comune, le tre comunità religiose si sono costruite insomma codici alimentari assai diversi. Il più antico e forse il più complesso è quello ebraico. Non credo esista una religione che abbia codificato in maniera così dettagliata i diversi comportamenti alimentari.

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L’origine di queste leggi è tutta nelle Scritture ebraiche, soprattutto nei libri dell’Esodo, del Levitico e del Deuteronomio. Esse sono entrate in vigore dopo il momento fondamentale e fondante per il popolo d’Israele, l’alleanza sul Sinai. L’idea che sta alla base di queste leggi così precise - che col passare del tempo sono state rese ancora più rigide dalla Tradizione ebraica, la cornice che serve a custodire la Scrittura - è che tutta la vita dell’uomo deve essere orientata a Dio e che non vi deve essere nessun momento, nessuno spazio, nessun istante che non sia una lode a Dio, un ricordare - fare memoria di quanto Dio ha fatto per lui. Allo stesso tempo vi è anche una forte e chiara demarcazione tra il popolo d’Israele, popolo scelto da Dio, e gli altri popoli. La kashrut riflette queste due funzioni fondamentali, che hanno “salvato” Israele lungo tutti i secoli della sua esistenza. Presentare qui brevemente tale complessità. Kashrut, senza entrare nei dettagli. Si aggiunga che la Kashrut non è quella stranezza che sembra: preoccuparsi della provenienza, della coltivazione, della trasformazione e della preparazione di ciò che va a costituire l’alimentazione dell’uomo (e quindi della sua cura, della prevenzione delle malattie, della sanità del corpo …. E della conseguente sanità dell’anima) è argomento che viene via via riscoperto e trovato indispensabile. A volte sembra quasi una “moda”, invece ha radici antiche… Per il cristianesimo la situazione è completamente diversa. Esso ha abolito completamente l’insieme delle leggi e dei rituali ebraici. La visione di Pietro in Atti 11 è lo spartiacque, il momento che marca questa differenza. Il passaggio non è stato semplice, poiché non sono mancate forti polemiche all’interno della primitiva comunità cristiana, ma con il tempo e il diffondersi del cristianesimo nel mondo ellenista, queste polemiche sono scomparse e la distinzione tra ebraismo e cristianesimo anche sotto questo punto di vista sono diventate enormi. Nel cristianesimo non ci sono più distinzioni tra cibi puri e impuri ma, basandosi sull’insegnamento di Gesù, si afferma che l’impurità esce dal cuore e non entra dalla bocca: “Non quello che entra nella bocca rende impuro, ma quello che esce dalla bocca...” (Mc, 7). Rispetto all’ebraismo, cambia totalmente l’approccio e cambia totalmente il concetto di legge e d’impurità. 4 of 8


L’islam, sotto questo punto di vista, è una via di mezzo tra Ebraismo e cristianesimo. Esso non ha assunto tutte le leggi e le tradizioni proprie dell’ebraismo, ma solo alcune distinguendosi, da ebraismo e cristianesimo, nella proibizione dell’uso degli alcolici. Ebraismo e Islam vietano l’uso delle carni soffocate, cioè carni nelle quali vi sia ancora sangue e per tale ragione, anche se in maniera diversa, entrambi osservano una particolare legge di macellazione. Nel sangue sta la vita, per cui è intoccabile, perché la vita dipende esclusivamente da Dio. Per entrambi, inoltre, sono proibite le carni di porco.

Alcuni tratti comuni Ciò che è comune a tutte e tre le religioni monoteiste, è la regolazione del rapporto tra cibo e penitenza. Nelle tre fedi, il rapporto con Dio non può prescindere dalla costatazione delle infedeltà dell’uomo, del suo essere peccatore, e quindi della necessità d’impetrare perdono. Il processo penitenziale è, in ognuna, accompagnato da uno speciale rapporto con il cibo, sia attraverso alimentazioni “povere” che, soprattutto, da digiuni particolari. Il cibo è per tutti sinonimo di festa. Un cammino penitenziale deve dunque marcare la differenza, privandosi volontariamente del cibo, il digiuno, come segno di penitenza e di richiesta di perdono, oppure limitandosi a nutrirsi di cibi “poveri”. Il digiuno è e resta una caratteristica comune e importante. La relazione con Dio, insomma, per tutti, viene espressa con atteggiamenti che coinvolgono tutta la persona e l’alimentazione, che ha una funzione così importante per la vita, assume, si conforma alle dinamiche di questa relazione, con cibi ricchi nei momenti di festa e/o di gioia (celebrazioni di festività particolari dell’anno liturgico) e cibi poveri o digiuno nei momenti in cui si deve commemorare un evento drammatico, personale o sociale. Due parole per richiamare che il digiuno e l’astensione da certi cibi “per Dio” non è da confondersi con le diete, con il costringersi a regimi alimentari per seguire i dettami imposti da una moda, ma ha valore morale e spirituale alto e altro. Dà significato al tempo (l’astinenza settimanale – il digiuno quaresimale…), mette in primo piano la relazione con Dio, aiuta a disciplinare il corpo per il Signore (corpo-tempio).

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Il cibo è anche un criterio fondamentale per valutare la veridicità della fede personale. Nel Corano e nelle Scritture e poi nelle rispettive tradizioni, viene continuamente raccomandata sia la moderazione nel cibarsi che la sollecitudine della distribuzione del cibo ai poveri. Non puoi essere un credente fedele e veritiero se non distribuisci il tuo pane ai poveri, o se sei avido nel mangiare (vedi la parabola del ricco epulone, Lc 16). La Chiesa cattolica stigmatizza come uno dei vizi capitali, la gola. (Dante dedica un girone dell’inferno ai golosi). Per tutti, un rapporto disordinato con il cibo indica un rapporto disordinato con Dio.

Tradizioni alimentari mediorientali Non entrerò ora nelle rispettive tradizioni culinarie. Non credo che ci si aspetti questo da me. Credo poi che le conosciate tutti, anche perché ogni diverso tipo di integrazione le rende note e sono arrivate anche qui in Europa da tempo. Vi è ovviamente una base comune, che è la comune origine culturale e sociale. I rispettivi testi, quando parlano di alimentazione, fanno riferimento alle stesse fonti alimentari: cereali, olivo, bestiame di varie specie e categorie. Tutte le tradizioni alimentari delle tre fedi, nell’ambito del Mediterraneo, ruotano attorno a questi tre capisaldi e su questi si sono costruite tradizioni, detti, usanze, richiami di diverso genere. La rispettiva letteratura è piena di riferimenti e ciascuno lo potrà verificare nelle innumerevoli pubblicazioni al riguardo. Come per tutto il resto, anche qui non mancano le distinzioni ovviamente. Ebraismo e cristianesimo hanno elementi comuni tra loro e distintivi rispetto all’Islam, come ad esempio l’uso del vino. Non si può celebrare e festeggiare in ebraismo e cristianesimo senza il vino, che è segno della gioia. L’Islam, come sappiamo, proibisce ogni tipo di alcool. Su altri aspetti ebraismo e Islam sono più vicini e si distinguono rispetto al cristianesimo, come la proibizione della carne di porco e delle carni soffocate. A sua volta cristianesimo e Islam sono vicini tra loro e si distinguono rispetto all’ebraismo, nella possibilità di mangiare insieme carni e derivati del latte, proibizione assoluta nell’ebraismo. Gli esempi a questo riguardo sono tanti.

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“Attenzione però: la cucina araba-cristiana (e questo potrebbe sembrare un limite) mostra infinite contaminazioni e inevitabili sovrapposizioni con la cucina arabo-musulmana del Medio Oriente. Un cristiano arabo che leggesse queste pagine, scoprirebbe tra le ricette che definiamo “musulmane” molti piatti che mangia abitualmente, prelibatezze di cui va ghiotto e che considera semplicemente arabe, a prescindere dalla fede. E questo vale probabilmente anche per un lettore arabo musulmano alle prese con la sezione delle ricette “cristiane”. Molte ricette “leggere” (ad esempio prive di carne), che gli arabi musulmani mangiano in ogni momento dell’anno, gli arabi cristiani le preparano durante la Quaresima. Ciò̀ che conta, per gli uni e per gli altri, è la semplicità̀ del piatto che ben si associa alle esigenze di sobrietà̀ e digiuno delle rispettive fedi” (Carlo Giorgi, Shalom Salaam. Feste e ricette nel Medio Oriente). Questo stesso discorso vale oggi in relazione a Israele. Qualcuno forse ricorda la "Guerra dell’Hummus" tra Israele e Libano di qualche anno fa. L’hummus è un tipico piatto mediorientale, che penso sia ormai diffuso anche qui in Europa, in seguito all'emigrazione. Quando Israele, in un contesto internazionale, ha presentato l’hummus come suo piatto tradizionale locale, ha suscitato la reazione ironica ma non troppo, dei paesi arabi, che si sono visti - a loro dire - scippati anche di questo.

Conclusioni In breve possiamo dire che il cibo nelle tre fedi monoteiste, nel contesto mediorientale, è una metafora delle particolari ed uniche relazioni tra loro. Molto in comune, ma anche tante distinzioni. Tradizioni che si sovrappongono le une sulle altre, ma considerate uniche e proprie dalle rispettive fedi. Intrecci culturali incredibili, con un’unica base comune (cereali, olivo, bestiame), eppure incapaci di riconoscersi. Legate e necessarie le une alle altre, eppure incapaci d'intendersi fino in fondo. Oggi preparare un banchetto non è semplice nemmeno nel mondo laico. Tra vegani, vegetariani e diete varie, è complicatissimo. Basta fare un viaggio di lunga percorrenza su un aereo per rendersi conto delle tante differenze e particolarità di richieste. Nella bibbia si ricorre molto spesso all'immagine del banchetto. Mi piace ricordare il testo di Is. 25, 6-7: "Il Signore degli eserciti preparerà per tutti i popoli su questo monte (= 7 of 8


Gerusalemme) un convito di cibi succulenti, un convito di vini vecchi, di cibi pieni di midollo, di vini vecchi raffinati. Distruggerà su quel monte il velo che copre la faccia di tutti i popoli e la coperta stesa su tutte le nazioni". Sarà il Signore stesso a preparare un banchetto, e sarà un banchetto ricco, nel quale a tutti sarà tolto il velo che copre il loro volto, e almeno in quel momento tutti si accorgeranno che i loro cibi sono uguali, di avere gli stessi gusti e quindi di appartenersi l'un l'altro. È il sogno di Dio, che speriamo un giorno diventi anche il nostro.

fra Pierbattista Pizzaballa, ofm Custode di Terra Santa

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