Comunicare la città

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ANDREA ZAMMITTI

COMUNICARE LA CITTÀ Princìpi ed esperienze di comunicazione dell’identità del territorio



Accademia di Belle Arti di Catania Anno Accademico 2012/2013 Tesi di Laurea di primo livello in GRAPHIC DESIGN / Comunicazione d’impresa Candidato ANDREA ZAMMITTI Relatore MARCO LO CURZIO


«Se il problema identitario è complesso per ciascuno di noi, figurarsi quanto possa essere difficile e spinoso per una città, un territorio, una nazione».


Indice degli argomenti

7 10

Introduzione Abstract

4.0 Territorio e comunicazione 57

4.1 Ri-scrittura urbana tra passato e futuro

62

4.2 Identità e branding territoriale

1.0 La percezione della città 13

1.1 L’architettura come medium

15

1.2 La figurabilità urbana

68

5.1 L’identità della London Transport

18

1.3 Disturbi percettivi

72

5.2 Amsterdam: Identity VS Image

76

5.3 Know Canada

78

5.4 E’ Bologna

82

Conclusioni

2.0 Princìpi e modelli organizzativi

5.0 Case history

23

2.1 L’architettura dell’informazione

26

2.2 Information design

30

2.3 L’immagine artificiale

85

Bibliografia

37

2.4 Identità dinamiche

86

Sitografia

3.0 Public design 44

3.1 Identità araldiche

51

3.2 La grafica di pubblica utilità



Introduzione A partire dalla fine del XX secolo, con l’avvento delle

divenuto un luogo di fruizione di prodotti e di simboli

nuove tecnologie di comunicazione e sotto la concre-

che vengono realizzati al di fuori di esso.

ta influenza del processo di globalizzazione, le grandi

Le città appaiono come nodi di un network; ognu-

città europee si sono profondamente trasformate in

na di esse possiede diverse capacità di attrazione di

realtà frammentate e poliedriche. Socialmente in-

risorse e investimenti, attraverso le quali si deter-

stabili, sono oggi costituite da una grande varietà di

minano aree altamente sviluppate accanto ad altre

utenti con background culturali molto diversi tra loro,

meno evolute. Tra le città europee occidentali, infatti,

che le vivono privi di legami tradizionali ai luoghi di

assistiamo a una sorta di competizione dove le une

appartenenza e faticano a trovare un punto di riferi-

cercano di incrementare il proprio potere a discapito

mento comune.

delle altre.

Una prepotente cultura dei consumi di massa domina

Abbandonato il tradizionale modello industriale, mol-

il centro della metropoli che oggi assume un ulteriore

te città di medie e grandi dimensioni considerano lo-

aspetto, quello di un enorme erogatore di servizi, at-

ro stesse il principale prodotto da offrire al pubblico,

tività economiche che non comportano la produzione

adottando strategie di comunicazione diverse rispet-

di beni materiali, ma attività transitorie che vengo-

to ai tradizionali ambiti del public design.

no consumate nel momento stesso in cui vengono

Le aree disciplinari della progettazione grafica, che in

prodotte.

passato erano più semplici da riconoscere (la grafica,

La produzione industriale si è allontanata dalla

la propaganda e la pubblicità), condividono gli stes-

propria sede tradizionale mentre il core urbano è

si criteri progettuali e strumenti realizzativi, ma si

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Nella pagina a fianco: Metropolitana di San Paolo del Brasile - foto di Leo Eloy, 2012 (Flickr)


Nella pagina a fianco: The look of the city / foto di Thomas Leuthard, 2010 (Flickr)

differenziano per contenuto e finalità della comuni-

uno strumento capace di suscitare un sentimento di

cazione. Oggi queste aree sono meno distinguibili tra

appartenenza e di identità locale, contribuendo, alla

loro e sempre più sconfinanti l’una nell’altra.

definizione del tipo di città o nazione in cui tutti vor-

Questo fenomeno di “rimescolamento”, come venne

rebbero identificarsi.

definito da Giovanni Anceschi, nasce da un intreccio

Per queste ragioni sono nate le campagne di bran-

di comunicazione tra enti pubblici e privati. Le azien-

ding come “I amsterdam” dove la città sembra ammic-

de private tendono a presentarsi in maniera pubblica

care ad ogni singolo cittadino che dovrebbe sentirsi

per promuovere un servizio destinato non al “clien-

“lusingato” da tali attenzioni. Queste strategie fanno

te” ma al “cittadino”; dall’altro lato è nata la tendenza

appello alle emozioni delle persone, così che anche i

delle aziende pubbliche ad adottare un modello di

desideri e i sentimenti dei cittadini sembrano venire

tipo “corporate” dove il cittadino viene considerato

accolte in un più ampio progetto di comunicazione

come un cliente e il momento comunicativo/informa-

della città, più di quanto il modello classico di imma-

tivo come parte integrante del servizio stesso.

gine coordinata potesse assicurare.

Il risultato di questo rimescolamento è un tipo di

Sulla base di questo nuovo scenario comunicativo, è

comunicazione che assomiglia a quella delle campa-

importante che i progettisti visuali che intervengo-

gne pubblicitarie, tipiche del marketing e del bran-

no sul territorio non dimentichino il punto di vista di

ding, tecniche solitamente utilizzate per i prodotti di

colui che lo vive, il quale si trovano sempre più im-

consumo.

merso in una realtà sfaccettata che necessita di guide

La tecnica del branding consiste nella creazione di

e regole per l’organizzazione delle informazioni e dei

una marca per vendere più facilmente un bene, cre-

servizi connessi.

ando, assieme a una logica seduttiva, un legame di fiducia tra il prodotto e il consumatore. Allo stesso modo, il branding territoriale rappresenta

8



Abstract At the end of the 20th Century, with the advent of

expense of the other cities. Abandoned the traditio-

new communication technologies and the process

nal industrial model, many large and medium-sized

of globalization, the european capitals have changed

cities consider themselves the main product to be

considerably into fragmented and multifaceted reali-

offered to the public by adopting diverse communica-

ties; made up of a wide variety of users with different

tion strategies different from the traditional areas of

cultural backgrounds, who live without traditional

public design.

ties to the places to which they belong and struggling

The subject areas of graphic design , which in the

to find a common point of reference.

past were much easier to recognize (graphics, propa-

A culture of mass consumption dominates the center

ganda and advertising ), share the same design crite-

of the metropolis which takes on a further aspect, a

ria and delivery instruments, but differ in content and

huge provider of services. The industrial production

purpose of the communication. Today these areas are

has moved away from its traditional venue while the

less distinguishable among each other and overdrawn

urban core has become a place of consumption of

one another.

products and symbols that are made outside of it.

This phenomenon of “rimescolamento” (mixing), as

The cities appear as nodes of a network; each of them

it was defined by Giovanni Anceschi, comes from

has different ability to attract resources and invest-

an interlacement of communication between public

ment, with areas highly developed alongside others

and private bodies. Public authorities adopt a “cor-

less evolved. We are witnessing a sort of competi-

porate” model of identity and consider citizens as a

tion where each city try to increase its power at the

customers.

10


The result of this mixing is a type of communication

amsterdam” where the city seems to wink at each

that resembles that of the advertising campaigns,

individual citizen should feel pleased by such atten-

typical of marketing and branding techniques usually

tion. These strategies appeal to people’s emotions, so

used for consumer products.

that the wishes and feelings of the citizens seem to

The technique of branding is to create a brand to

be accepted into a broader communication project of

sell more easily products, creating , together with a

the city, more than the classical model of corporate

seductive logic, a bond of trust between the product

image could provide.

and the consumer.

On the basis of this new scenario of communication,

Similarly, the territorial branding is a tool capable

it is important that the visual designers do not for-

of arousing a feeling of belonging and local identity,

get the point of view of those who live the city, who

contributing to the definition of the type of city or

are immersed in a multi-faceted reality that requires

country in which everyone would like to identify.

guides and rules for the organization of informations

For these reasons were born campaigns z like “I

and services.

11

Veduta di città ideale - anonimo fiorentino, XV sec. (Walter Arts Museum, Baltimora)


1.0 La percezione della cittĂ


1.1 L’architettura come medium Sul finire degli anni sessanta si sviluppò un dibatti-

rappresenta (pubblico o privato che sia).

to interdisciplinare attorno al concetto di “immagine

Secondo De Fusco, dunque, è possibile posizionare

della città”, un argomento sostenuto da diverse figu-

l’architettura sullo stesso piano degli altri mezzi di

re, tra cui urbanisti ed esperti della comunicazione.

comunicazione, sia di quelli tradizionali - la radio e la

A proposito di immagine della città, nel libro Archi-

stampa - sia della televisione, il cui potere informati-

tettura come mass medium (1967), lo storico Renato

vo, ma ancor più persuasivo, si stava iniziando a capi-

De Fusco parla del potere comunicativo che pos-

re proprio alla fine degli anni ‘60.

sono avere le costruzioni architettoniche all’inter-

La città, quindi, sarebbe costituita da un insieme di

no dell’ambiente urbano: gli edifici possono essere

elementi propagandistici e simbolici che svettano

portatori di valenze comunicative e simboliche. Per

sul territorio in una reciproca relazione, esprimendo

questa ragione, il progettista dovrebbe essere consa-

i rapporti che regolano la vita sociale, economica e

pevole di operare anche sul piano dei significati sim-

politica della città stessa.

bolici poiché gli edifici possiedono un carattere mass

Architetti e urbanisti sono in grado di “leggere” la

mediatico, come dei veri e propri canali di comunica-

città, di comprenderne la struttura e gli usi anche in

zione, o meglio ancora, delle emittenti di messaggi.

base ai significati simbolici espressi dagli edifici e dal-

Il singolo edificio architettonico è dotato, con la

la composizione architettonica d’insieme. Potremmo

sua forma, anche di un risvolto propagandistico che

definirli come “agenti creativi” che modellano l’aspet-

enfatizza così la sua collocazione e funzione all’in-

to urbano.

terno della città ed eleva sugli altri il potere che

Il cittadino e gli usi quotidiani che egli fa degli spazi

La percezione della città

13


urbani, sono invece distanti dal ruolo che l’urbanista o l’architetto possono avere nel plasmarli. Per queste ragioni, i progettisti urbani dovrebbero essere sempre coscienti di questo loro potere creativo nei confronti di coloro che vivono la città. De Fusco si rivolge ad architetti e urbanisti, invitandoli a realizzare un “piano visivo” della città, avvalendosi di simboli forti nella trama urbana.

La percezione della città


1.2 La figurabilità urbana Qualche anno prima delle affermazioni di De Fusco,

e complessità. Per comprendere questo, noi dob-

l’urbanista e architetto statunitense Kevin Lynch in-

biamo considerare la città non come un oggetto a

troduceva nel discorso sulla pianificazione urbana,

se stante, ma nei modi in cui essa viene percepita

il concetto di “immagine ambientale”: proprio come

dai suoi abitanti. Il conferire struttura e identità

un’architettura, una città è una costruzione nello spa-

all’ambiente è una capacità vitale propria di tutti

zio, ma di scala enorme, un artefatto che è possibile

gli animali dotati di movimento. I mezzi usati per

percepire nel corso di lunghi periodi di tempo.

questo sono innumerevoli: le sensazioni visive di

Ogni cittadino effettua delle associazioni mentali a

colore, di forma, di movimento, o la polarizzazio-

qualche parte della sua città e la sua immagine è im-

ne della luce, ed altri sensi come l’olfatto, l’udito, il

bevuta di memorie e di significati.

tatto [...] Smarrirsi del tutto nella città moderna è

Lynch parla anche di imageability (figurabilità), ov-

un’esperienza piuttosto rara per la maggior parte

vero la qualità che conferisce ad un oggetto fisico

della gente. Noi siamo assistiti nel trovare la strada

un’elevata probabilità di rievocare in un osservatore

dalla presenza di altri e da speciali artifizi: piante,

un’immagine d’imponenza.

toponomastica, segnali stradali, targhe di autobus.

Nella pagina a fianco: Flatiron Building, New York (1902)

Ma se ci capita la disavventura di perdere l’orien«[...] benchè la chiarezza o leggibilità non sia la sola

tamento, il senso d’ansietà e persino di paura che

proprietà importante in una bella città, essa ac-

l’accompagna ci rivela quanto strettamente esso

quista speciale importanza se l’ambiente è esami-

sia legato al nostro senso di equilibrio e di benes-

nato nelle dimensioni urbane di estensione, tempo

sere. Nel processo di individuazione del percorso, il

La percezione della città

15


Nella pagina a fianco: coppie di illustrazioni raffiguranti i cinque elementi presi in considerazione da Lynch. Dall’alto verso il basso: percorsi, margini, quartieri, nodi, riferimenti.

legame strategico è rappresentato dall’immagine

Margini: sono gli elementi lineari che non vengono

ambientale, il quadro mentale generalizzato nel

usati o considerati come percorsi dall’osservatore.

mondo fisico esterno che ogni individuo porta con

Sono confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari

sé. Quest’immagine è il prodotto sia della sensa-

di continuità: rive, linee ferroviarie infossate, margini

zione immediata, che della memoria di esperienze

di sviluppo edilizio, mura.

passate e viene usata per interpretare le informa-

Quartieri: sono le zone della città, di grandezza me-

zioni e per guidare gli atti. Il bisogno di riconoscere

dia o ampia, concepite come dotate di una estensione

e strutturare ciò che ci sta intorno è così vivo, ed

bidimensionale in cui l’osservatore entra mentalmen-

ha radici così profonde nel passato, da conferire a

te “dentro” e che sono riconoscibili in quanto in essi è

quest’immagine larga importanza pratica ed emo-

diffusa qualche caratteristica individuante.

zionale per l’individuo». (Kevin Lynch - L’immagine

Nodi: sono punti, luoghi strategici, nei quali l’os-

della città, 1960).

servatore può entrare, e che sono i fuochi intensivi verso i quali e dai quali egli si muove. Possono esse-

Secondo Lynch, le forme fisiche che contenute nelle

re anzitutto congiunzioni, luoghi di un’interruzione

immagini urbane possono essere classificate in cin-

nei trasporti, un attraversamento o una convergen-

que tipi di elementi: percorsi, margini, quartieri, nodi,

za di percorsi, momenti di scambio da una struttu-

riferimenti.

ra ad un’altra. Possono essere semplicemente delle

Percorsi: sono i canali lungo i quali l’osservatore si

concentrazioni che ricavano la loro importanza dal

muove abitualmente, occasionalmente o potenzial-

condensarsi di qualche uso o di qualche caratteristica

mente. Essi possono essere strade, vie pedonali, linee

fisica, come avviene per un posto di incontro all’ango-

di trasporti pubblici, canali, ferrovie. La gente osserva

lo della strada, o per una piazza chiusa.

la città mentre vi si muove e gli altri elementi ambien-

Riferimenti: sono elementi puntiformi, dove l’os-

tali sono disposti e relazionati lungo questi percorsi.

servatore non vi entra, essi rimangono esterni. Sono

16

La percezione della città


generalmente costituiti da un oggetto fisico semplicemente definito: edificio, insegna, negozio, o montagna. Qualche riferimento è lontano, visibile di solito da una pluralità di angolazioni e di distanze. Possono essere interni alle città o ad una distanza tale da simbolizzare in pratica una direzione costante. Ad esempio torri isolate, cupole, colline. La “figurabilità” sarebbe dunque una caratteristica che accomuna oggetti, edifici e strutture urbane. Secondo Lynch per ogni città esiste un’immagine pubblica, ogni centro urbano ne possiede più di una. La “figurabilità”, dunque, ovvero le caratteristiche proprie degli elementi di cui la città è composta, influirebbe anche sul processo di formazione di tali immagini pubbliche. Nell’ottica progettuale, l’urbanista, che sa leggere le forme urbane, sarà in grado di migliorare la qualità dell’ambiente cittadino. Agendo a livello dell’immagine mentale pubblica della città, quindi, è possibile aumentare la figurabilità dell’ambiente urbano, attraverso interventi sulla sua struttura morfologica e architettonica, così da facilitarne l’identificazione.

La percezione della città


1.3 Disturbi percettivi Della percezione urbana e della figurabilità di una

provenienza che turba la percezione del cittadino.

città, che ai giorni nostri assume sempre di più i tratti

Un concreto pericolo di “inquinamento sensoriale”

della metropoli, ne parla anche il filosofo argentino

dell’ambiente urbano viene analizzato anche dal se-

Tomàs Maldonado. Prendendo in esempio la città di

miologo Ugo Volli, secondo il quale la città oggi rima-

Las Vegas, egli la descrive come antesignana di quel

ne un luogo di tensioni, nonostante i continui tenta-

destino che prima o poi accomunerà tutti i centri

tivi di uniformarla che sono stati compiuti in tutti i

urbani, ovvero un ammasso di simboli calati in uno

tempi. Gli spazi di una città fremono di una tensione

scenario di consumo. Un consumo che passa anche

antagonistica e concorrenziale, ed è proprio la mol-

attraverso l’uso e la rapida usura dei segni che a Las

teplicità delle tensioni che rende il contesto urbano

Vegas, in forma di insegne giganti, non possono non

conflittuale.

influenzare la natura e la percezione dell’ambiente

Volli considera le città degli insiemi di codici, segni e

cittadino. Un eccesso di segni forti che nell’insieme

simboli che si sono nel tempo stratificati: un conflitto

non riescono a far emergere il potere comunicativo

che rispecchia i fatti sociali e che, attraversando in-

mass mediatico dei singoli edifici, né la figurabilità

stancabilmente il territorio, lo plasmano.

dello spazio urbano.

L’offuscarsi delle differenze, l’indistinzione degli ele-

Anziché arricchire la percezione del paesaggio urba-

menti, rendono la città meno decifrabile, facendola

no, lo rendono saturo e allo stesso tempo più pove-

retrocedere allo stato natutale di mero oggetto pove-

ro, innalzando sempre di più il “rumore di fondo” di

ro di senso, disorientandone la comprensione.

un’eterogenea e frammentata comunicazione di varia

Il territorio urbano insomma, letto con la lente

18

La percezione della città


semiotica di Volli, è un testo tutt’altro che edificante. Il volto delle metropoli degli ultimi decenni si è Inesorabilmente modificato: è un’osmosi tra produzione e vita quotidiana a sagomare il volto indefinito delle città: villette che sono insieme abitazione e officina o negozio; cattedrali del consumo; non-luoghi di divertimenti di massa come i grandi cinema multisala e i mega centri commerciali che simulano la piazza urbana. Volli parla di un fenomeno che chiama “schiuma metropolitana” costituita «[...] dall’indistinzione e dalla neutralizzazione di tutte le opposizioni territoriali. Ciò che fa schiuma è il togliere rilievo alla specificità: l’indistinzione dei contenitori; i grandi parallelepipedi dei capannoni allineati lungo ogni strada, senza riferimenti ai loro contenuti. La prassi comunicativa della schiuma è violenta: una configurazione di non luoghi che si costituiscono come monumenti di insignificanza testimoniando una complessità senza più differenze e la definitiva sparizione del cittadino a vantaggio del consumatore». (Ugo Volli - La schiuma metropolitana o il senso dell’indistinzione, 2004).

La percezione della città

19


La percezione delle cittĂ


A proposito di una figurabilità intesa come immagina-

emblema dell’intero centro urbano.

rio, è importante considerare la distinzione che il de-

Il carattere di emblema è un qualcosa che viene pro-

signer Giovanni Anceschi fa tra immagine spontanea e

ducendosi nel tempo. Può essere deciso e costruito,

immagine costruita, ovvero, artificiale:

ma necessita di circostanze favorevoli per installarsi nell’immaginario collettivo, per essere accettato e

«[...] accanto a quest’idea di un’immagine che sia

universalmente riconosciuto.

come il risultato dell’incedere e del gestire spon-

Per consentire ai significati dei simboli di assestarsi,

tanei di una persona, nonché della sua naturale

garantendone la loro invariata interpretazione, non si

complessione - per una città come per qualsiasi

può dunque prescindere da una prospettiva di lungo

entità socioculturale - si può avanzare l’ipotesi non

periodo per ottenere una riconoscibilità diffusa e di

di mero automatico prodursi, ma della costruzione

successo. Un meccanismo fondamentale per il suc-

di una sintesi mentale collettiva, e cioè il processo

cesso dei simboli, che investe anche quelli tradiziona-

del suo darsi un aspetto determinato in modo più

li, a partire dagli gli stemmi araldici arrivando fino ai

o meno intenzionale». (G. Anceschi - L’interfaccia

marchi aziendali.

delle città, 1994) Il raggiungimento di quella che Anceschi definisce “sintesi mentale collettiva” della città, può essere artificialmente raggiunto ricorrendo a degli interventi sul tessuto urbano, quelli in cui De Fusco riconosce una possibile natura mass mediale. Quegli “edifici monumento” dall’alto potere comunicativo che svettano sulla città e che fungono da

La percezione della città

Nella pagina a fianco: This is not a good place Re-organising and re-imagining the space / Vlatka Horvat (2005)

21


2.0 PrincĂŹpi e modelli organizzativi


2.1 L’architettura dell’informazione Sul tema della comunicazione della città, prese po-

chiave nel definire il reale grado di fruibilità e di usa-

sizione nei primi anni 70 anche l’architetto e graphic

bilità di un sistema per l’utente finale.

designer americano Richard Saul Wurman, con un

L’architettura dell’informazione comprende l’analisi,

contributo che si rivelò fondamentale anche per il co-

la scelta e la progettazione degli strumenti tecnici e

stituirsi della disciplina del visual design. Wurman co-

culturali per l’organizzazione, la catalogazione, la ri-

niò la definizione “information architect”, con la quale

cerca, la navigazione e la presentazione di contenuti e

volle rilevare per l’architetto l’urgenza di un nuovo

dati nei vari formati disponibili (digitali e non).In Italia

ruolo, quello di gestire la sempre maggiore quantità

trova posto Architecta, Società Italiana di Architet-

di informazioni che circolano in ordine sparso e spes-

tura dell’Informazione, un’associazione senza scopo

so caotico nel territorio urbano.

di lucro che sostiene e promuove coloro che nel loro

Nel corso della sua evoluzione concettuale, l’informa-

lavoro progettano il modo in cui le persone e le infor-

tion architecture è divenuta la struttura organizzativa

mazioni interagiscono (User Experience Design).

logica e semantica delle informazioni, dei contenuti,

Sul sito web di Architecta, l’information architect è

dei processi e delle funzionalità di un sistema o am-

definito come:

biente informativo. L’architettura dell’informazione è il cuore di un qualsiasi progetto di interaction design.

«[...] una figura professionale che si occupa princi-

Essa costituisce l’anima fondamentale di un qualsiasi

palmente di identificare e rappresentare la strut-

insieme di contenuti e dati destinati alla fruizione e,

tura degli elementi informativi e funzionali di

integrando informazioni e processi, svolge un ruolo

un dominio, al fine di favorirne la reperibilità, la

Princìpi e modelli organizzativi

23


funzionalità e l’usabilità, adottando un approccio di

insieme ai cittadini progetta servizi comunicativi in-

design centrato sull’utente. L’Information Architect

telligenti e integrabili nel tempo.

identifica e rappresenta la struttura degli elementi

I vantaggi sono quelli di prodotti economici che non

informativi e funzionali di un dominio, attraverso

richiedono interventi di aggiustamento e/o riproget-

differenti canali di fruizione, al fine di favorirne la

tazione in corsa, che cambiano il modo di comunicare

reperibilità, la funzionalità e l’usabilità, adottando

della pubbliche amministrazioni equiparando il citta-

un approccio di design centrato sull’utente, ed ap-

dino al cliente nelle logiche di mercato.

plicando metodologie di codesign e design parteci-

Un cittadino soddisfatto per un servizio pubblico crea

pativo, coinvolgendo un campione di utenti finali».

quel circolo virtuoso di fiducia e soddisfazione che

(www.architecta.it)

migliora la vita e il bene collettivo. Le persone, intese come cittadini e fruitori di servizi

L’architettura delle informazioni aiuta la pubblica

(utenti), sono il fine ultimo di una buona architettu-

amministrazione a creare servizi a misura dei cittadi-

ra dell’informazione. Senza utenti soddisfatti non c’è

ni. Grazie alla progettazione orientata all’esperienza

organizzazione del contenuto che tenga.

utente l’architettura dell’informazione studia come

Per questo entra in gioco la user experience (UX), la

pensano e agiscono le persone alle quali quel servizio

progettazione che analizza e tiene conto di come si

è destinato. Indaga gli strumenti migliori per comuni-

relazionano le persone con quel determinato prodot-

care e crea processi di interazione intuitivi.

to. La UX studia come ognuno di noi pensa, agisce

La pubblica amministrazione deve assicurare servizi

e interagisce con un sito web, un’applicazione, un

raggiungibili da tutti i cittadini, che seguano logiche

servizio o un oggetto. Tiene conto che le persone

semplici, linguaggi naturali e modalità differenti di

sono degli organismi complessi portatori di bagagli di

erogazione (fisico, digitali, mobile, etc.).

esperienze, ricordi, sentimenti che vanno valutate in

L’architettura dell’informazione lavorando accanto e

fase di progettazione.

24

Princìpi e modelli organizzativi


ll problema della gestione delle informazioni viene ripreso anche da Anceschi, il quale sostiene: «Se guardiamo la cosa dal punto di vista nostro, di noi stessi intesi come cittadini, visitatori o abitanti, ci rendiamo conto che noi in sostanza ci aspettiamo volta per volta una grande capacità di fornirci né più e né meno le istruzioni per godere della città. Istruzioni per l’uso, ma non di più di questo».

Design

(G. Anceschi - L’interfaccia delle città, 1994)

Risultato finale visto dagli utenti

Step antecedenti il design

Utenti

Tecnologia IA

Business

Princìpi e modelli organizzativi

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2.2 Information design Alcuni dei pittogrammi disegnati da Gerd Arntz

Una storica esperienza europea che va esaminata nel contesto del nostro discorso è il linguaggio grafico “universale” ideato da Otto Neurath, il quale introdusse una nuova modalità visuale che influenzò non solo sulla grafica di pubblica utilità, ma anche diverse esperienze di corporate image a venire. Neurath, filosofo e sociologo austriaco, nel 1925 fonda il Museo Sociale ed Economico di Vienna, con l’obiettivo di aiutare i cittadini a comprendere meglio i dati statistici e quindi la realtà del proprio paese. In questo scenario, nasce il Wiener Methode der Bildstatistik (il metodo viennese della statistica per immagini). Neurath, con la collaborazione dell’artista e grafico Gerd Arntz si dedica alla progettazione di un sistema che permetta di visualizzare dati complessi come le quantità statistiche e che, non adoperando lettere o cifre, possa essere compreso in ogni paese: nasce così un linguaggio universale, conosciuto più tardi come

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Princìpi e modelli organizzativi


Grafici statistici dell’Isotype Institute (1940)

PrincĂŹpi e modelli organizzativi

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Isotype (International System of Typographic Picture Education). Secondo Neurath, il linguaggio verbale è ambiguo, perché le parole non hanno somiglianza con gli oggetti rappresentati. Un pittogramma, invece, è un segno che rappresenta un oggetto o una persona in forme semplificate e quindi, somigliando alla cosa reale, è in grado di rappresentarla in modo inequivocabile. Ma costruire un sistema di pittogrammi non basta: occorrono regole perché i pittogrammi possano costituire un linguaggio universale. Ad esempio, se si vuole visualizzare una statistica sull’occupazione, il pittogramma di un uomo indicherà un certo numero di disoccupati, ad esempio mille. Un numero più grande di disoccupati, ad esempio diecimila, non va raffigurato con un pittogramma più grande, ma con dieci pittogrammi dello stesso tipo. Così nel linguaggio di Neurath i pittogrammi diventano veri e propri standard grafici. Il “metodo viennese” eserciterà larga influenza, diventando una tematica di primo piano nell’ambito del design, in particolare nel settore che si occupa dì comunicazione attraverso simbologie e pittogrammi

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Princìpi e modelli organizzativi


- ma anche nei sistemi di identità visiva coordinata o

Nella pagina a fianco, i pittogrammi di Otl Aicher nella comunicazione visiva delle Olimpiadi di Monaco del 1972

di corporate image. Ciò si verificherà in particolare nei sistemi grafico-visuali degli aeroporti, dei grandi eventi sportivi come i Giochi olimpici, dei percorsi stradali e autostradali. In questi casi, infatti, ci si rivolge a un pubblico sempre più di massa e di varie nazionalità: sì richiede perciò un linguaggio per la comunicazione e l’informazione chiaro, privo di ambiguità e che possa essere facilmente compreso da persone di lingua diversa. Furono i giapponesi nel 1964 ad aprire la strada creando i primi pittogrammi concepiti specificatamente per la creazione di un linguaggio universalmente comprensibile da impiegare alle Olimpiadi di Tokio. ispirandosi al sistema di pittogrammi Isotype. Per i giochi Olimpici del 1972 a Monaco di Baviera furono realizzati i pittogrammi più famosi, progettati da Otl Aicher e acclamati come i più eleganti e funzionali, i pittogrammi delle Olimpiadi di Monaco definiro-

La segnaletica dell’aeroporto Schiphol di Amsterdam ad opera di Paul Mijksenaar (1991)

no il genere. Pratico e ordinato, il design di Aicher è un ottimo esempio di fredda geometria tedesca.

Princìpi e modelli organizzativi

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2.3 L’immagine artificiale Sul concetto d’immagine artificiale, che nel discorso

suoi singoli membri. Come una persona, sviluppa

sulla sintesi mentale collettiva Anceschi distingueva

un certo carattere, e si costruisce una certa repu-

dall’immagine spontanea, si rivelò di fondamenta-

tazione nella mente degli altri. Comunemente,

le importanza, per lo sviluppo pratico e teorico del

“corporation” si riferisce oggi ad un’organizzazione

visual design, il contributo che diedero Frederic H.K.

rivolta al mercato, ma molto spesso indica anche

Henrion e Alan Parkin, con uno dei principali testi

“corporazioni” di tipo governativo, scolastico, mili-

di riferimento sul tema: “Design Coordination and

tare, professionale e di pubblici servizi». (Henrion

Corporate Image” (1967). Un libro teorico attraverso

e Parkin - Design Coordination and Corporate

il quale i due autori intendono chiarire alcune defini-

Image, 1967).

zioni e delineare i capisaldi della metodologia progettuale corporate oriented, definendo i principi teorici

Le moderne simbologie rappresentate dai marchi

dell’immagine coordinata.

commerciali trovano la loro attualizzazione in quelle

Nel loro testo, Henrion e Parkin definiscono la corpo-

che in italiano vengono chiamate “immagini coordi-

ration come

nate”, che sono appunto l’applicazione del marchio a tutte le varie occorrenze comunicative.

30

«..ogni organizzazione propriamente costituita

L’immagine coordinata permette a un’impresa di ren-

con scopi e attività definite. Sul piano legale, una

dersi riconoscibile in qualunque situazione: essa pre-

corporation è una sorta di persona artificiale, che

cisa norme, regole e dettagli che mantengano intatta

possiede esistenza, diritti e doveri indipendenti dai

la tensione comunicativa del marchio.

Princìpi e modelli organizzativi


Il marchio della compagnia aerea olandese KLM, disegnato da F.H.K. Henrion (1961)

PrincĂŹpi e modelli organizzativi

31


Predisposto a gestire l’immagine coordinata è il manual, quello strumento che regola e controlla tutte le applicazioni del marchio, ovvero tutte le variabili comunicative che un’impresa può affrontare. Il manual offre una soluzione controllata della regia visiva: esso imposta griglie dimensionali e marche segnaletiche dotate di un forte grado di riconoscibilità, e comunque ricollegabili all’emblema e ai valori istituzionali dell’azienda. C’è da dire, inoltre, che il termine “immagine coordinata” non corrisponde esattamente all’inglese corporate identity: mentre infatti il primo fa riferimento a una questione tecnica (l’applicazione del marchio attraverso il manual), la seconda riguarda l’approccio comunicativo dell’impresa, in relazione alla sua struttura. Sono infatti tre i livelli sui quali si articola la prassi comunicativa di un’azienda: il product (il prodotto), il brand (la marca) e la corporate (il gruppo). E sono due le facce che rispondono a questi livelli: l’identity (identità) e l’image (immagine). Indubbiamente le due cose sconfinano l’una nell’altra: l’image deve corrispondere il più possibile alla identity, pena la perdita

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L’immagine corporate della Lufthansa, progettata da Otl Aicher ed il suo team (1960)

PrincĂŹpi e modelli organizzativi

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di fiducia da parte del cliente. Questa logica è basata su una visione tradizionale e molto razionalista del concetto di corporate image; ovvero quella che Anceschi definì immagine “hard”, cioè dura, impostata in maniera tale da prevedere tutte le sue eventuali applicazioni future, prescritte dal manual: come quella della compagnia aerea Lufthansa. Ma Anceschi segnalò anche un’altra opzione, ovvero l’immagine “soft”, quella morbida, apparentemente scoordinata, che muta al mutare dei contesti e sembra non avere una regia comune. Un esempio tutto italiano è il caso di Fiorucci, l’azienda d’abbigliamento, il cui marchio, nel suo periodo d’oro, veniva riproposto in chiave diversa a ogni occasione. L’instabilità del marchio era comunque un tratto caratteristico di Fiorucci: compensata da un taglio iconografico e stilistico che però rendeva tale brand assolutamente riconoscibile. Sin dagli inizi del ‘900, questa tema ha coinvolto aziende ed enti erogatori di servizi, come trasporti Nella pagina a fianco: l’immagine “soft” della Fiorucci

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pubblici, compagnie aeree ed eventi sportivi. Oggi più che mai, l’esigenza di progettare una propria

Princìpi e modelli organizzativi


corporate image è in forte crescita; si estende ad aziende di tutte le tipologie, ingloba città, università, società organizzatrici di eventi, interessa anche iniziative di tipo culturale, turistico e gastronomico. La corporate image può essere definita come la totalità delle immagini, delle idee, delle valutazioni che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con una organizzazione: una società, un ente pubblico, un consiglio comunale. Una definizione più ampia può essere anche: « [...] il risultato, sedimentato nel tempo, di tutti i fattori della comunicazione tra azienda e mercato. Concorrono a costruirla in modo diretto le campagne pubblicitarie , la qualità dei prodotti, l’efficienza distributiva, ma anche altri elementi che sfuggono al controllo dell’impresa. Tra questi le informazioni trasmesse dai mezzi di comunicazione sull’attività dell’azienda, il rispetto dei valori collettivi, i rapporti con i sindacati, la salvaguardia del patrimonio ambientale, il contributo allo sviluppo economico». (M. Goj - Dizionario di Marketing e Comunicazione, 1994).

Princìpi e modelli organizzativi

35


Dunque un’importante aspetto che sia aziende priva-

che la caratterizza in modo permanente e la distingue

te che enti pubblici dovrebbero affrontare, è la de-

dai concorrenti all’interno di un mercato tumultuo-

finizione della propria identità visuale. Una sorta di

so in continuo cambiamento, per questa ragione una

pianificazione a lungo termine, atta a comunicare ef-

corporate image non può essere immutabile.

ficacemente i propri valori agli utenti. Un’operazione

I progetti d’immagine coordinata vivono, crescono,

fondamentale, legata al design e alla comunicazione

cambiano: giorno dopo giorno, col passare del tempo.

visuale, che concorre alla costruzione dell’immagine

Si pone quindi, per la corporate image, l’esigenza di

d’impresa, evidenziandone soul and attitude.

adeguarsi alle trasformazioni in atto.

L’anima e il comportamento emergono attraverso le azioni svolte, risultando più qualificanti delle parole, riescono a dimostrare la serietà e la coerenza di una istituzione. Tale “immagine” dovrebbe poi attraversare tutti gli aspetti della comunicazione visiva, da quella del prodotto/servizio offerto, alle varie manifestazioni istituzionali e promozionali emesse dai media o dai canali di comunicazione. Aziende ed enti hanno bisogno di definire in modo chiaro la propria identità. Gli enti pubblici, si comportano sempre più come le aziende, tendendo ad esprimere con decisione una loro immagine-identità, al fine, per esempio, di esercitare richiamo per il turismo, che oggi ha rilevanti aspetti economici. L’identità di un’impresa è costituita dalla sua unicità

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Princìpi e modelli organizzativi


2.4 Identità dinamiche In un contesto di enormi cambiamenti nel mondo del-

con immagini, trame e pattern, a seconda del conte-

la comunicazione, dovuti principalmente alla nascita

sto di utilizzo. Nel tempo, questi rari ed isolati ten-

di nuove tecnologie e al conseguente moltiplicarsi dei

tativi, si sono moltiplicati fino a diventare una vera e

canali mediatici, negli ultimi anni sono nati nuovi ap-

propria tendenza.

procci alla progettazione dei brand.

La scuola tradizionale del brand “statico” e identico a

Il presupposto che il concetto di identità sia legato ad

sè stesso non è certo scomparsa, ma sta evolvendo il

una precisa forma del marchio o ad un preciso colore

modo di interpretare in chiave ancora più dinamica la

è diventato un principio difficile da mettere in discus-

riconoscibilità del marchio.

sione. Tuttavia non bisogna dimenticare che quest’e-

Wolff Olins, creatore della brand identity della Tate di

sigenza fu dettata in principio anche da una serie di

Londra, sintetizza il concept del progetto così: “abbia-

vincoli tecnici legati alla stampa su supporti fisici.

mo progettato una serie di loghi che si muovono dentro

Con l’avvento del digitale, la comunicazione del brand

e fuori fuoco, suggerendo la natura dinamica della Tate,

si libera da questa costrizione, ed ecco che negli

in continua evoluzione ma sempre riconoscibile.”

ultimi anni si cominciano a vedere diversi progetti

Il cambiamento di questa prospettiva non è del tutto

d’identità che ribaltano il concetto di riconoscibili-

casuale rispetto all’avvento dei social media: l’iden-

tà come l’abbiamo sempre intesa. Nasce un nuovo

tità di marca oggi è definita dai propri clienti più che

concetto di identità che potremmo definire “fluida” o

dall’ azienda stessa. E il concetto di identità si avvici-

dinamica: loghi che possono assumere forme diverse,

na a quella caratteristica che definisce meglio un indi-

che cambiano ad ogni visione, o ancora segni riempiti

viduo e lo rende riconoscibile: la personalità.

Princìpi e modelli organizzativi

37


IdentitĂ variabili della Tate Gallery di Londra e del Walker Art Center di Minneapolis

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PrincĂŹpi e modelli organizzativi


Come per la Tate di Londra, le identità visive dei musei Walker Art Center, Nai e Brooklyn Art Museum rappresentano altri casi di identity che scardinano le leggi meccaniche e ripetitive del manuale di identità coordinata. In questo genere di progetti vengono messi a punto dei criteri di progettazione che di volta in volta consentono di sperimentare e generare nuovi pattern visuali. Questi nuovi linguaggi visivi, possono essere considerati come i “figli” di quel processo di mediatizzazione imperante sin dagli anni ‘80. Il progetto di Mevis & van Deursen per “Rotterdam 2001 Capitale della Cultura” costituisce invece una delle prime applicazioni di questo modello progettuale alla città. Il marchio e l’intera comunicazione istituzionale sono basati su un sistema componibile e additivo di alcuni semplici elementi di base, per lo più figure geometriche. La realizzazione finale risulta molto varia, sebbene sempre riconoscibile. Infine, è possibile notare come il progetto di Mevis & van Deursen abbia forse ispirato gli autori di “E’ Bologna” (vedi Cap. 5.4). All’interno di questi progetti dal sistema visivo variabile, il marchio e potenzialmente tutto il programma

Princìpi e modelli organizzativi

Il progetto Rotterdam 2001 di Mevis & van Deursen


di identità, sono il frutto di un metodo generativo che prevede la realizzazione e l’utilizzo, anche simultaneo di più variabili e varianti. Questo processo può fondarsi su metodologie di progettazione basati su matrice o sull’uso diretto di software di calcolo. Vi sono anche altri esempi di approcci che, sebbene non prevedano il calcolatore quale protagonista della creazione della forma, seguono l’impostazione a matrice, prevedendo così l’adattabilità o la variabilità del progetto stesso. Ad esempio, Stefano Caprioli e Pietro Corraini spiegano come sia possibile una progettazione centrata sul processo di creazione della forma anziché sul risultato finale. «L’immagine coordinata definisce e controlla forme per ottenere un risultato grafico unico. Gli attributi di un marchio sono progettati una volta per tutte e qualora vengano rimessi in discussione si parla di riprogettazione dell’immagine coordinata. L’immagine non coordinata definisce e controlla un processo per ottenere una serie di risultati grafici di volta in volta diversi ma inevitabilmente legati tra loro da una somiglianza genetica. In questo senso

Princìpi e modelli organizzativi


la riconoscibilità agisce ad un altro livello, che non è più quello della forma bensì quello delle regole di produzione della forma». (S. Caprioli e P. Corraini - Manuale di immagine non coordinata, 2006). Il manuale di immagine non coordinata non specifica le forme di comunicazione in uscita, bensì ne definisce i processi in entrata. Compito del progettista di immagine non coordinata è stabilire in modo rigoroso intenzioni, materie prime, strumenti e persone legate ad ogni processo creativo, dichiarando di volta in volta vincoli e margini di libertà. Causalità e casualità, saranno le variabili che faranno dell’immagine non coordinata un’insieme di metodologie determinate che producono risultati dalle infinite varianti formali,

Visit Nordkin: lo studio del marchio e delle sue varianti.

non determinabili a priori. Un altro progetto è quello di Neue Design Studio che ha disegnato un logo per Nordkyn che cambia lette-

Nella pagina a fianco, il marchio della Città di Melbourne, ad opera di Landor Associates

ralmente a seconda del vento che tira. I dati su direzione e intensità del vento forniti via web dalla stazione metereologica locale modificano il logo del sito in tempo reale (ogni 5 minuti) mediante un algoritmo. Un’ottima trovata per promuovere il turismo nella

Princìpi e modelli organizzativi

41


che proveniva proprio dall’impostazione della Scuola

Le varianti del marchio dell’auditorium Casa da Música di Oporto

di Ulm e in particolare di Otl Aicher, che aveva reso ancora più severa la linea teorica di Henrion e Parkin. Secondo questo processo generativo, il designer sembrerebbe disposto a fare un passo indietro rispetto alla creazione della forma finale, lasciando quest’ultima aperta al contributo, relativamente imprevedibile, di altri “giocatori”. Questi ultimi possono essere i designer che interverranno sugli artefatti in momenti differiti rispetto alla definizione originaria dei pararegione norvegese più a Nord d’Europa.

metri, oppure macchine, o gli utenti stessi.

Un logo simile era stato disegnato nel 2005 da Stefan

Così si configurerebbe un nuovo tipo di relazione fra

Sagmeister per la Casa da Mùsica in Portogallo, la va-

tutti gli “attori” coinvolti nel processo della comuni-

riabile in quel caso era determinata dal punto di vista

cazione, quello che all’epoca di Fiorucci non c’era.

dell’osservatore rispetto al profilo dell’edificio.

Le nuove tecnologie influiscono in maniera significa-

Questo approccio sistemico che tenta di svincolarsi

tiva l’orientamento della comunicazione visiva essen-

dai rigidi schemi dei manual, non è una prerogativa

do dei fattori acceleranti dei cambiamenti, poichè

dell’epoca attuale. Identità dinamiche come quella di

la maggior parte dei dispositivi di comunicazione di

Olivetti o di Fiorucci, annoverati alla categoria di pro-

massa funziona in senso “orizzontale”. Essi tendono

getti di corporate che Anceschi definiva “soft”, erano

cioè a ridurre il rapporto di superiorità gerarchica fra

un’anticipazione dell’idea della corporate identity che

emittente e destinatario a favore di una relazione più

si espande, che si trasforma, che varia nel tempo.

paritetica e interattiva fra tutti i soggetti coinvolti.

Era un modo per reagire ad una prima fase iper-rigida,

42


3.0 Public design


3.1 Identità araldiche Lo stemma civico ha origini militari risalenti al pe-

Il sistema araldico, dapprima praticato senza alcu-

riodo medievale, quando i combattenti degli eserciti

na normativa, passò ad una fase in cui si associò la

non avevano divise che consentivano loro di distin-

formulazione di regole e l’adozione di un metodo di

guere un gruppo dall’altro. La soluzione adottata fu

catalogazione. Uno stemma veniva concesso con un

quella di contrassegnare le parti più visibili e resi-

documento ufficiale nel quale veniva riportata la de-

stenti, lo scudo e la gualdrappa del cavallo, con colori

scrizione dello stemma stesso, a volte corredato da

disposti secondo schemi univoci. Man mano che si

un bozzetto.

moltiplicavano, diveniva sempre più difficile ideare

Tale descrizione, detta blasonatura, costituiva la rap-

nuovi schemi, quindi ai colori si aggiunsero disegni

presentazione verbale dello stemma. In un’epoca in

che rappresentavano armi, attrezzi, animali, piante o

cui l’illustrazione, soprattutto a colori, era un grande

altri oggetti.

impegno, la blasonatura sviluppò un gergo arcaico,

Questo sistema di identificazione risultò efficiente

con un suo vocabolario specifico, che permetteva di

tant’è che venne adottato in quasi tutta Europa e in

blasonare, (descrivere in linguaggio araldico) gli stem-

tutti i territori soggetti al sistema feudale.

mi più complessi.

Durante le azioni belliche c’erano dei funzionari in-

L’elemento contenuto determinante e decisivo di uno

caricati al riconoscimento dei simboli dei cavalieri, i

stemma è dato, quasi sempre, dalle figure che si tro-

quali assunsero la veste ufficiale con un nome preci-

vano all’interno dello scudo: sono queste che identi-

so: araldi. Da questa denominazione derivò il nome

ficano simbolicamente un regno, una famiglia, un’i-

della scienza da essi praticata: l’araldica.

stituzione o un comune, sin dall’origine. In genere le

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Public design


figure esterne allo scudo (corone, ghirlande, frasche, ecc.) venivano aggiunte in seguito come ornamento di completamento, senza assumere una funzione identificativa importante. Lo stesso vale per la forma dello scudo, che ha assunto nei secoli, decine di forme diverse, di stile molto variabile.

Public design

45


Oggi l’araldica, per quanto possa risultare affasci-

nel problema di identificare il vero stemma da aggior-

nante, è una disciplina indefinita, tra storica e nor-

nare, e, in realtà prima di lui, coloro che gli commis-

mativa; non ha uno statuto accademico e scientifico

sionano l’incarico, come gli assessorati o le giunte co-

consolidato.

munali. Molto probabilmente il committente fornirà

Sul piano storico, gli stemmi civici hanno tutti subito

un bozzetto, una riproduzione, un file JPG, una foto-

una continua evoluzione: nel contenuto, nella forma,

copia di carta intestata, oppure la foto del gonfalone.

negli ornamenti. Elementi che sono variati a causa di

Il restyling che si andrà a fare non sarà che l’ultimo

mutamenti storici e politici, dei diversi supporti ma-

in ordine di tempo di molti altri eseguiti nei secoli

teriali, delle tecniche impiegate e soprattutto a causa

passati. Ogni pittore, incisore, scultore, disegnatore,

dei cambiamenti di stile e di gusto degli esecutori.

miniatore ecc., che in passato ha realizzato uno stem-

Lo stemma di una città può apparire molto diverso se

ma si è trovato esattamente nella stessa situazione

disegnato, dipinto, inciso o scolpito in età medievale,

del grafico contemporaneo, ed ha appunto prodotto

barocca o moderna. Non ce n’è dunque, storicamen-

un restyling.

te parlando, uno “vero”. Uno stemma, ogni volta che

Il grafico, proprio come hanno fatto i suoi predeces-

veniva riprodotto e/o aggiornato, essendo regolato

sori nei secoli passati, lo realizzerà tenendo conto

da un’ostica descrizione testuale (molto probabil-

della propria abilità, del proprio stile, dei propri mezzi

mente reinterpretata in maniera sempre differente)

espressivi, delle tecniche di cui dispone, degli scopi

e non da un unico modello visuale di riferimento,

che gli sono prefissi. Eserciterà dunque molto sempli-

subiva comunque dei rimaneggiamenti da parte degli

cemente, come i suoi “antenati” grafici, la sua creati-

esecutori.

vità. Il “vero stemma” è dunque solo l’entità virtuale

Oggi, un grafico al quale viene commissionato il re-

contenuta nella blasonatura, che ciascun grafico po-

styling della linea istituzionale di un Comune, di una

trà realizzare secondo il proprio gusto, stile, sensibili-

Regione o Provincia che sia, si imbatterà certamente

tà e accortezza tecnica.

46

Public design


I segni araldici (o simboli) contenuti negli scudi di molti comuni italiani, perlomeno quelli che hanno una lunga storia alle loro spalle, sono anche segni storicamente pregnanti e con valore fortemente identitario, al punto che privati, aziende e associazioni ne fanno uso. Il segno araldico appartiene alla città e alla sua storia e, legalmente, è liberamente utilizzabile. Se fosse vietato per legge, per esempio, le Assicurazioni Generali non potrebbero usare il leone di

esterni allo scudo, lasciando inalterato il significato

Venezia, la Perugina il grifo, l’A.C. Fiorentina il giglio,

dei simboli circostritti da quest’ultimo. In questo mo-

l’A.C. Torino il toro, l’Alfa Romeo la croce della città

do la legge non sarebbe minimamente violata.

di Milano. Quello che non è sfruttabile dai privati è lo

Secondo Alessandro Savorelli infatti:

stemma “completo” ufficiale, blasonato all’interno del Decreto di Concessione emanato dall’Ufficio Araldico

«Lo stemma “ufficiale”, completo cioè di tutte le

della Presidenza della Repubblica (nel caso di con-

sue parti accessorie prescritte dai decreti, se que-

cessione) o dalla Presidenza del Consiglio (nel caso di

sti non vengano modificati, può essere esibito su

riconoscimento).

strumenti di supporto classici, come il marchio o

Sulla base di questi regolamenti, è possibile dunque

timbro, col quale il Comune autentica i suoi atti,

rinnovare l’immagine di una citttà partendo dal re-

e il gonfalone: un oggetto in esemplare unico, che

styling del suo stemma ufficiale. Sarebbe però deci-

può ritenersi il “depositario” solenne della versione

samente opportuno eliminare elementi disturbanti e

completa dello stemma, rispettosa di tutti i crismi

obsoleti che non veicolano nessun significato iden-

di legge. Il contenuto dello scudo, l’unico realmen-

titario. Si parla quindi di rimuovere gli ornamenti

te qualificante, può essere ritenuto sufficiente a

Public design

47


identificare il Comune: la versione semplice frutto

L’ultima versione dello stemma araldico di Milano. Nella pagina a fianco il redesign di Inarea (2000)

di un restyling, adatta alla comunicazione istituzionale, può avere una sua autonomia formale» (A. Savorelli - Disegnare le Città, 2009). In qualche caso lo scudo è stato addirittura omesso: a Firenze il redesign di qualche anno fa dello stemma In alto, il giglio di Firenze redesign di Sardonini e Madio (2008) In basso, l’aquila della città di Palermo disegnata da Paolo Di Vita (2008)

ne fa a meno e colloca il tradizionale giglio rosso -

Lo stemma è costituito dalla croce di colore rosso, in-

molto elegantemente - su una superficie libera; Paler-

scritta nello scudo bianco, sormontato da una corona

mo, analogamente, ha adattato la figura - un’aquila,

rappresentar in nero e oro. Ai lati, due fronde verdi di

risalente al periodo aragonese - di per sé “pesante”

alloro e di quercia, annodate da un nastro. Questo in

come segno, a un semplice fondino rosso in forma

origine azzurro, è stato poi rappresentato in bianco e

quadrata, o senza sfondo, su una superficie aperta,

in fine, dopo il Risorgimento, con il tricolore. Questa

nella versione in bianco e nero.

ultima versione, adottata dal Comune è stata conser-

Molti redesign moderni tendono a un compromesso

vata nell’attuale redesign.

tra la conservazione degli elementi esteriori allo scu-

Il lavoro di redesign di Inarea, effettuato nel 2000, ri-

do e della sua forma standard e l’innovazione: a volte

spetta fedelmente la forma e gli elementi dello stem-

disegnano solo la corona, trascurando le fronde.

ma. Milano City è invece il carattere tipografico che

Un altro esempio di redesign araldico lo troviamo

è stato affiancato, disegnato appositamente per la

nell’identità della città di Milano. Lo stemma risale al

costruzione dell’identity comunale. Su base bodonia-

medioevo. L’insegna rossa della nobiltà si venne fusa

na, è un serif alla cui parte inferiore è stata operata

con quella bianca del popolo in un unico “scudo parti-

una sorta di arrotondamento, eliminando le caratteri-

to” da cui si trasse l’emblema della città.

stiche grazie.

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Public design


mercato, testata tra cinquecento cittadini. Nella relazione si legge: «...si va dall’effige di Sant’Ambrogio ai Longobardi, rievocati con la corona ferrea, la croce di Agilulfo o altri elementi; dal Medioevo genericamente presentato con castelli o mura al periodo dei Camuni, simboleggiato con riproduzioni del Carroccio, giuramento di Pontida, battaglia di Legnano, Alberto da Giussano; dalle Signorie evidenziate attraverso il Il sistema di immagine coordinata della Regione Lom-

biscione visconteo, il Castello sforzesco, il Duomo di

bardia, a differenza della Città di Milano, non trae

Milano, i ritratti di alcuni Visconti».

origine da uno stemma araldico, bensì da un graffito rupestre.

Il campo molto vasto portò i progettisti a una prima

Alla definizione della struttura di progetto per il mar-

scrematura sia logico-politica che tecnico-progettua-

chio della Regione Lombardia si giunse dopo un lungo

le: furono scartati i simboli troppo evidentemente

lavoro di preparazione e di definizione del campo

riferiti alla città di Milano, furono evitati gli elementi

operata da prestigiosi professionisti: Bruno Munari,

di lettura così iconograficamente complessi da non

coordinò il team di progettisti composto da Bob No-

poter essere riassunti in un simbolo graficamente ef-

orda, Roberto Sambonet e Pino Tovaglia.

ficace (il Carroccio). Altre ipotesi furono accantonate

Fu effettuata una prima ricognizione in quello che

perché di esse aveva già fatto uso la società civile (il

si potrebbe definire l’immaginario collettivo delle

‘biscione’, ad esempio, era già nello stemma dell’Alfa

popolazioni lombarde, una sorta di prima analisi di

Romeo e nello scudetto dell’Inter Football Club.

Public design

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Il marchio della Regione Lombardia e la sua costruzione

La scelta dei progettisti cadde allora su un graffito rupestre della Val Camonica, la cosidetta ‘rosa camuna’. La restituzione grafica della rosa fu ‘normalizzata’ da un disegno geometrico che tenesse ben evidenti i nessi di geometria leonardesca. Il colore istituzionale fu bianco su verde perché la Lombardia è ricca di acque e di verde. Il carattere istituzionale accostato fuil Futura con eventuali accostamenti in Times Roman. Il simbolo fu sottoposto al giudizio di numerose persone. Gli intervistati ne hanno intravisto molti significati: ruota, elica, turbina, manubrio, volante, svincolo autostradale, colomba, ameba, erba di buon augurio, pianta di un castello, rosone gotico, sezione di pilastro gotico, sezione di un estruso o di un profilato.

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Public design


3.2 Grafica di pubblica utilità La grafica di pubblica utilità può essere definita come

carenza di scuole specifiche di preparazione pro-

una disciplina fondata sull’intenzione di tradurre, in

fessionale; fattori che non hanno favorito la cresci-

un linguaggio visivo semplice e comprensibile al mag-

ta di una cultura diffusa della grafica sul territorio

gior numero di persone, le “informazioni”, nel senso

nazionale.

più ampio che può assumere il termine.

Fu un fenomeno che rese protagonista l’Italia nel-

Il così detto Public Design, costituisce dunque un

lo scenario europeo della grafica, precisamente nel

ambito disciplinare della comunicazione visiva che si

ventennio compreso tra la fine degli anni ‘60 e la fine

occupa proprio di dare forma ed espressione a regole

degli anni ‘80. Coinvolse graphic designer italiani che

di comportamento e informazioni sulla fruizione della

prestarono la propria professionalità prevalentemen-

“cosa”pubblica. Gli artefatti comunicativi che strut-

te ad amministrazioni pubbliche.

turano e danno forma alla comunicazione pubblica,

Alle origini della grafica di utilità pubblica in Italia

vanno a comporre l’identità della comunità.

c’è Albe Steiner, grafico italiano di origini bulgare, e

Le prime applicazioni di grafica di pubblica utilità,

la sua idea di fondo, quella che la grafica non doveva

si possono far risalire agli anni ‘60 e sono per lo più

essere solo estetica ma anche servizio attivo, rigore

concentrate in vari paesi del Nord Europa, mentre in

etico, passione civile.

Italia va riscontrato un certo ritardo. Le cause sono

Sotto questi concetti si colloca l’esperienza, che ri-

molteplici e tra queste possono essere considera-

sale alla fine degli anni ’60, dell’insegnamento all’I-

te quelle relative alla carenza di risorse economiche

stituto d’Arte di Urbino e il lungo lavoro che portò,

delle amministrazioni e istituzioni locali, oltre alla

nel 1970, alla progettazione di un sistema completo

Public design

51


dell’immagine istituzionale e relazionale della città di Urbino. Steiner, partendo dallo stemma araldico del comune (ovviamente obsoleto, come la maggior parte degli stemmi civici italiani) con gli ornamenti di città e le fronde, lo scudo e l’aquilotto dei Montefel-

A sinistra, la segnaletica progettata per i trasporti pubblici di Urbino. In basso, una tavola compositiva del marchio.

tro) la asciuga da tutto ciò che può essere comunicativamente irrilevante, tornando all’osso del segno (le bande trasversali, l’elemento distintivo dello stemma) e con queste costruisce un marchio logotipo di rara efficacia dove il carattere Helvetica, diventa scrittura e icona. Con lo stesso rigore metodologico, Steiner e i suoi allievi affrontano la progettazione dei sistemi relazioIn alto, lo stemma araldico di Urbino, in basso il logo progettato da Steiner e i suoi allievi.

nali della città, gli stampati istituzionali, gli orari degli autobus fino ad arrivare alla segnaletica pedonale e veicolare urbana. Un lavoro in stile essenziale, minimal ma completo e preciso; fu in gran parte applicato dall’amministrazione, per poi essere purtroppo abbandonato nel corso del tempo. Quello di Steiner fu il primo esempio, e a tutt’oggi uno dei più seri ed estesi, di come si possa rivisitare l’immagine tradizionale di una comunità, aggiornandone la lettera ma salvandone, al tempo, lo spirito.

52

Public design


La nascita di questo movimento progettuale, è stata

l’amministratore della cosa pubblica.

agevolata dalle nuove possibilità derivanti dalla legge

Nel 1984 a Cattolica, in provincia di Rimini, si svolse

sul decentramento amministrativo che in quegli an-

l’ambiziosa manifestazione della “Biennale della Gra-

ni conferì maggiore autonomia agli enti locali, sup-

fica di pubblica utilità”, in cui vennero invitati teorici

portati da amministrazioni di centro-sinistra, che si

e progettisti per confrontarsi, scambiarsi esperienze

mostrarono particolarmente sensibili e attente alle

e dibattere sull’argomento. Nella sua prima e unica

esigenze dei cittadini e al miglioramento della loro

edizione, si ritrovarono personaggi come Albe Stei-

qualità di vita.

ner, Massimo Dolcini e Giovanni Anceschi.

Crescevano in quel momento il desiderio di un più

Fu in quella circostanza che Anceschi adottò il ter-

ampio coinvolgimento popolare nelle decisioni politi-

mine di “rimescolamento”, facendono notare come i

che e la necessità di comunicare ai cittadini i progetti

confini tra tra l’area pubblica e provata diventavano

di amministrazione delle città. Tutto ciò richiedeva

sempre più sottili. Egli osservò come di fatto le agen-

una riflessione strutturata sui linguaggi della comu-

zie di pubblicità cominciavano a produrre campagne

nicazione visiva diretta alla cittadinanza, spostando

di pubblica utilità; il committente pubblico si poneva

così l’asse dei contenuti dalla vendita di merci all’in-

come impresa, lo sponsor privato finanziava iniziative

formazione di valore sociale.

pubbliche, mentre i linguaggi si accavallavano.

All’inizio questa disciplina si sviluppò nell’ambito

Alcuni importanti progetti italiani appartengono

informativo e dei servizi, della segnaletica strada-

all’ambito della segnaletica per i trasporti pubblici.

le e della segnaletica di orientamento, subito dopo,

Uno di questi fu il sistema progettato per la Metro-

in quello culturale e dell’identità visiva di comuni e

politana Milanese da Bob Noorda e Massimo Vignelli

regioni. Un ambito, quest’ultimo, nel quale assun-

nel 1964 che si basò su un’approfondita analisi del

se una notevole importanza lo stretto rapporto che

lettering e su studi per stabilire il font da adottare,

venne ad instaurarsi in quegli anni, tra il tecnico e

allo scopo di garantire un’elevita leggibilità.

Public design

53


Il progetto ricevette il Compasso D’Oro nel 1964, e l’anno successivo Noorda e Vignelli fondarono l’Unimark, con sedi in varie città del mondo, che si affermò come uno degli studi più qualificati a livello internazionale, tanto che nel 1970 arrivò loro l’incarico di progettare la segnaletica per la metropolitana di New York, a cui seguirono quello per San Paolo del Brasile e per Napoli.

Logo e segnaletiche della metropolitana di Milano e New York ad opera dello studio di Noorda e Vignelli

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Public design


Un altro valido esempio di public design italiano è il progetto di visualizzazione dell’Informazione Turistica delle Isole Eolie di Mimmo Castellano è risale al 1976, anche se ha una evoluzione che si sviluppa nell’arco di vent’anni. Il progetto si presenta come un interessante esperimento di sistematizzazione delle informazioni, con l’adozione di un linguaggio semplice, universale (che richiama le forme dei pittogrammi di Neurath), basato sull’uso di segni e di immagini, che non necessitano della conoscenza della lingua locale per essere intesi. Purtroppo sulle Isole oggi rimangono pochissime tracce del progetto di Castellano. Oggi, seppure non sia più possibile parlare di tale disciplina negli stessi termini in cui poteva essere fatto all’inizio, va osservato che la necessità di una comunicazione pubblica si è mantenuta quasi inalterata nel tempo.

Marchio e progetto di segnaletica delle Isole Eolie di Mimmo Castellano (1976)

Public design

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4.0 Territorio e comunicazione


4.1 Ri-scrittura urbana tra passato e futuro Le grandi città europee sono attualmente lo scenario privilegiato per l’osservazione di alcuni mutamenti in atto, per quanto riguarda nuovi modelli del vivere, del creare e del consumare. Ciò che è accaduto a città come Londra, Zurigo o Berlino si tratta di trasformazioni urbane che raccontano un nuovo e diverso modo di pensare gli spazi, il tempo e le relazioni: nei quartieri di Zurich West, hangar dismessi, ex fabbriche di birra e depositi per le macchine agricole sono rinati come luoghi d’elezione per una giovane comunità di designer, scultori, fotografi e imprenditori. Il quartiere di Prenzlauer Berg, è il nuovo cuore creativo berlinese, dove a partire dagli anni ’80 fu dato il via all’immensa opera di recupero che lo trasformò in uno dei più grandi cantieri di ristrutturazione d’Europa. Ciò che si sta configurando sono nuove modalità di espressione della città e nuovi modelli di consumo del quotidiano: ai centri storici si affiancano quartieri

Territorio e comunicazione

Freitag Shop, un negozio di borse composto da container della zona industriale di Zurigo Ovest


completamente ridisegnati in cui street art, tecnologia ed ecologia dialogano, mentre design e artigianato s’incontrano. Si assiste ad un mutato rapporto tra passato, presente e futuro: tradizione e innovazione non sono più vissuti come termini oppositivi, quanto piuttosto come elementi integrabili e coesistenti. E se nelle città la dialettica tra nuovi quartieri futuristici e luoghi della tradizione è la testimonianza più evidente di convergenza, anche fuori dalla città si riscontra lo stesso movimento: antichi palmenti, masserie, vecchie baite o antichi casali vengono convertiti e arredati con soluzioni contemporanee, utilizzano prodotti a Km Zero, ma si attrezzano con wi-fi e si promuovono attraverso app per smartphone. E’ possibile notare come il dialogo tra passato e futuro, tradizione e innovazione, in generale si manifesta attraverso due principali modalità: 1. Affiancamento il vecchio e nuovo coesistono mantenendo la propria identità, si giustappongono in una relazione che può essere equiparata a un’addzizione di significato, anche se naturalmente il risultato è qualcosa di più della

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Territorio e comunicazione


Nella pagina a fianco: Parasite Office di Za Bor Architects (Mosca) A sinistra La Piramide del Museo del Louvre (Parigi) e la facciata del Museo di Storia Militare di Dresda (Daniel Libeskind)

somma dei singoli elementi. Qualche esempio: la piramide di vetro del Museo del Louvre di Parigi, ad opera di Ieoh Ming Pei, la “scheggia” d’acciaio conficcata nel Museo di Storia Militare a Dresda, il progetto Parasite Office dello studio Za Bor Architects (Mosca). 2. Ri-semantizzazione il passato, pur restando identificabile, trova una “nuova vita” attraverso una destinazione d’uso diversa,

Territorio e comunicazione

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L’ex fabbrica Renault (Seguin, Parigi) 3D Rendering

magari insolita o addirittura contrastante con quella originaria del luogo. Alcuni esempi recenti sono le conversioni della la libreria Selexyz di Maastricht che si trova in antica chiesa benedettina; l’ex fabbrica della Renault sull’isola Seguin sulla Senna di Parigi che ospiterà la più grande fondazione privata d’arte in Francia. La Battersea Power Station, la centrale a carbone elettrica in disuso da 25 anni, che verrà convertita in un edificio sostenibile che produce energia rinnovabile a emissioni zero, dove l’intera area del sito fornirà 75.000 mq di residenze, uffici, hotel, negozi e parchi pubblici. La ri-scrittura urbana privilegia questo tipo di operazioni di ri-semantizzazione in cui a oggetti-luoghi già esistenti viene data una “second chance”, che potremmo anche definire re-life, a indicare appunto una “nuova vita”, una “ri-nascita” che non cancella totalmente l’esperienza precedente, ma parte da questa stessa esperienza per ri-pensarsi e ri-partire. In qualunque modalità si presenti, il dialogo tra tradizione e innovazione risulta essere una tema rilevante nello sviluppo di un branding territoriale unito ad

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Territorio e comunicazione


In alto: l’area della Battersea Power Station di Londra (simulazione 3D del progetto futuro) In basso: la libreria Domenicana Selexyz (Maastricht)

un’offerta turistico-culturale, che deve affrontare la sfida di valorizzare contenuti tradizionali attraverso linguaggi contemporanei. Si tratta di una sfida che impegna già oggi molti musei e gallerie d’arte, e in generale i luoghi che propongono eventi culturali.

Territorio e comunicazione


4.2 Identità e branding territoriale Diverse città, sia all’estero che in Italia, hanno da

un piano complessivo dove l’immagine della città, in

tempo intrapreso moderne politiche di definizio-

senso stretto, venga progettata come parte di un si-

ne della propria identità, coniugando i tradizionali

stema visivo più ampio, articolato e rispondente non

canoni dell’araldica e degli stemmi cittadini, con un

solo ai canali comunicativi “tecnici” e orizzontali, ma

moderno programma di pianificazione dell’immagine

anche a quelli “esperienziali” che le nuove tecnologie

istituzionale.

consentono.

Al pari delle realtà aziendali, le città si sono così dota-

Non solo quindi l’identità della municipalità, intesa

te di un modello di attuazione dei criteri identificativi

come centro e luogo normativo di una serie di arte-

e di una manualistica capace di regolamentare i prin-

fatti comunicativi statici, ma una “pluralità di iden-

cipali casi di uso della propria immagine nelle diverse

tità” fra loro coordinate e modulate attraverso un

istanze comunicative.

senso registico del progetto di corporate.

La città, però, non è solo la municipalità, ovvero l’am-

Sono passati molti anni da quando Milton Glaser eb-

bito amministrativo, ma anche un insieme di altri sog-

be la felice intuizione di ‘I love NY’, in risposta a quan-

getti, come enti erogatori di servizi essenziali (si pen-

to richiesto dagli organi governativi nel 1976. Da allo-

si ai servizi ambientali, ai trasporti, alla promozione

ra, l’attività di place branding è diventata una pratica

turistica). Diventa così necessario affrontare questa

diffusa per affermare il posizionamento competitivo

realtà elaborando un approccio sistemico e compor-

di grandi città, ma anche di territori meno noti nei

tamentale al tema dell’immagine e della relativa regia

mercati dell’offerta turistica, culturale o in generale

corporate della città. C’è bisogno quindi di impostare

degli investimenti economici. La disciplina del design

62

Territorio e comunicazione


si è progressivamente avvicinata al territorio e alle

La rivisitazione del celebre marchio di Milton Glaser, realizzato in risposta agli attacchi dell’11 Settembre 2001

sue risorse interpretandoli come un ‘sistema-prodotto’, un ‘capitale territoriale’ da valorizzare e da comunicare, affinando metodi e tecniche della progettazione grafica insieme ad approcci e visioni derivanti dal design strategico. Sulla base di questa visione, sarebbe semplicistico parlare di branding riferendosi solo alla progettazione del marchio: il brand di un territorio è un processo che si confronta con realtà complesse e dinamiche, è un progetto di identità che coinvolge attori e interessi molto diversi tra loro, che interpreta fattori materiali e immateriali, che è trasversale rispetto al tempo e alle storie. Il marchio di Glaser non avrebbe avuto la stessa fortuna se non avesse saputo interpretare e sintetizzare efficacemente un valore intrinseco della città: il forte potere attrattivo e di ‘innamoramento’ che da sempre New York suscita, nel bene e nel male. È come se Glaser avesse saputo leggere l’anima del luogo. E questo spiega anche come tutti i tentativi successivi di imitazione di quel marchio, applicato ad altri contesti, appaiano così ‘fuori luogo’ in tutti i sensi.

Territorio e comunicazione

63


L’identità dei territori è diventata un problema e un

situate e tecniche di ascolto: leggere il capitale ter-

compito delle comunità nel momento in cui il con-

ritoriale, sentire il territorio, ascoltare le voci, con

fronto è risultato più esteso e meno tutelato da ma-

un approccio che integri l’interpretazione visiva con

cro-sistemi di riconoscimento e di protezione locale.

quella sinestetica, passando “dall’ottico all’aptico, dal

Oggi il tema dell’identità si compie all’interno del

sightseeing al siteseeing, dal motion all’e-motion” (G.

confronto dialettico tra globalismo e localismo. Il ter-

Bruno, 2002). L’obiettivo è di rilevare l’attuale identi-

ritorio ha già un suo repertorio di identità: può essere

tà percepita dell’area, per confrontarla con il “poten-

espressione di identità plurali e stratificate nel tem-

ziale” del territorio.

po, ma anche di quelle inespresse o potenziali. La questione dell’identità si pone in termini comples-

2. Narrare e costruire scenari territoriali

si: di scoperta, di selezione, di rinnovamento e talvol-

La seconda fase riguarda l’interpretazione e il con-

ta anche d’invenzione, e necessità di confronto e con-

fronto, da attuare con gli strumenti del design stra-

senso tra i diversi stakeholder locali, affinché ci sia un

tegico, della rappresentazione e della progettazione

riconoscimento collettivo dei valori da condividere e

partecipata. Mappe

da supportare con coerenza nella pratica dell’azione

di sintesi, moodboard, tecniche di storytelling e di

quotidiana.

‘scenario building’ consentono di ‘far vedere’ ai di-

Un corretto processo metodologico per la costru-

versi attori, in modo sintetico ed efficace, le caratte-

zione di un brand territoriale può essere sintetizzato

ristiche e i valori emersi dall’attività di osservazione

attraverso tre fasi principali:

critica del territorio. Il dialogo tra le parti e il benchmarking con alcuni casi studio concorrono alla defini-

1. Costruire l’identità – rilevare le diversità

zione di un adeguato posizionamento strategico, alla

Questa prima attività prevede una conoscenza ap-

luce degli elementi di più forte attrattività e peculia-

profondita del territorio, anche attraverso indagini

rità. L’obiettivo è di pervenire a una visione condivisa

64

Territorio e comunicazione


dei valori territoriali e delle scelte strategiche da per-

qualche utile riferimento storico in maniera da as-

seguire all’interno di scenari e percorsi di valorizza-

sicurare a chi lo riscontra la sua lunga presenza nel

zione territoriale.

mercato urbano-territoriale, ammesso che si possa disporre di questa caratteristica;

3. Visualizzare e comunicare i territori La terza parte riguarda la definizione della visione

b) denominazione del territorio: il brand potrà

strategica complessiva, la creazione di senso tra i di-

avere un valido supporto dalla stessa denominazio-

versi livelli di offerta territoriale e infine lo sviluppo

ne (nome di città, di area urbana e metropolitana, di

del progetto d’identità visiva, tra cui la definizione

territorio a tema);

del marchio, del naming e la declinazione delle diverse applicazioni. Si tratta essenzialmente di attività di

c) slogan: territori/città vengono anche identificati

brand design, brand management e brand policy.

con slogan/payoff che ne evidenziano le caratterizzazioni qualitative e competitive al fine di attrarre la

Il brand deve pertanto permettere l’identificazione

domanda; lo slogan si rivela di grande utilità a ben

della città e della sua offerta; deve riferire a quanti lo

spiegare l’offerta, a favorirne la conoscenza e la diffu-

riscontrano “che cosa è” la città, “che cosa offre”, ne

sione; brand, immagine e slogan devono ben integrar-

deve indicare “la natura e l’essenza”; un valido brand

si così da supportarsi reciprocamente e conseguire

ha tutti i presupposti per divenire il veicolo trasmet-

efficacia comunicazionale;

titore di caratterizzazioni e funzionalità, in pratica “la bandiera” di un territorio, di una città e della sua

d) attualità: il brand deve esprimere modernità; un

offerta; per questo è necessario che abbia:

ente urbano-territoriale dovrebbe rappresentare dinamicità e ricettività delle istanze del mutevole con-

a) riferimenti storici: il brand può anche avere

Territorio e comunicazione

testo sociale.

65


Il graphic design ha molti modi di operare sulla for-

sia condiviso e sia riconosciuto proprio, nel minore

ma visiva di un territorio, anche perché nel tempo è

tempo possibile.

cambiato il modo di percepire e comunicare un luogo.

Un segno che rappresenti non solo il biglietto da vi-

Dallo stereotipo dell’immagine naturale e spontanea,

sita di un luogo, ma anche il suo abito, il suo corpo, le

si è passati alla costruzione pianificata di dispositivi

sue idee. Che renda evidenti le risorse facilitanti della

comunicativi, alla dimensione artificiale dell’icono-

città per chi la abita, per chi ci lavora, per chi la visita,

grafia urbana.

per chi la attraversa, per chi la comunica.

Quindi la grafica come disciplina sistemica, può ad esempio raffigurare l’idea di un territorio con un segno, una marca, un simbolo, e lo può fare in maniera differenziata in relazione al valore strategico e comunicativo di questi distintivi d’immagine. In questa direzione, il volto del marchio deve esprimere una notevole capacità sintetica, offrire con grande efficacia una sintesi dei possibili scenari visivi della città, ma soprattutto deve possedere una grande espressività. Deve emozionare ed entrare nei cuori di target estremamente eterogenei e differenziati: dai turisti agli investitori, non dimenticando le istituzioni, i cittadini e gli “user”. È quindi fondamentale calibrare il tono, individuare i valori visivi da enfatizzare e racchiudere in un segno nuovo, ma che diventi subito amico, che

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Territorio e comunicazione


5.0 Case history


5.1 L’identità della London Transport Tra gli anni venti e gli anni trenta, si sviluppa in Eu-

popolarmente noto come bar and circle (barra e cer-

ropa un caso di corporate image molto interessante,

chio) o bull’s eye (occhio di bue).

quello della London Transport, l’organizzazione che

L’organizzazione londinese prende anche un’altra de-

amministra i trasporti pubblici londinesi. Non riguar-

cisione, a quel tempo insolita, di commissionare una

da quindi un’industria vera e propria, ma un ente

nuova serie di caratteri tipografici per i propri proget-

pubblico che ha cercato di costruire la propria image

ti comunicazione: viene scelto, come carattere esclu-

per una vastissima utenza, al fine di far riconoscere il

sivo della London Transport, il Johnston Sans, dise-

proprio ruolo di servizio e d’informazione.

gnato da Edward Johnston.

La metropolitana londinese, fondata nel 1863 col no-

Il briefing del progetto specificava di non stravolgere

me di Metropolitan Railway, si sviluppa attraverso la

completamente la tradizione tipografica; richiedeva

costruzione di tratti di linea, la cui proprietà è di com-

però gran semplicità, per caratterizzare la comuni-

pagnie diverse. Col XX secolo, le compagnie decidono

cazione con un inequivocabile tono di modernità. A

di darsi un simbolo unico per evitare la confusione

questo scopo, Johnston elabora un alfabeto senza

tra i viaggiatori a causa dei differenti marchi. Frank

grazie, le cui lettere hanno forme essenziali, manten-

Pick, all’epoca direttore di un dipartimento di desi-

gono le proporzioni (classiche) delle maiuscole nelle

gn, promuove intorno al 1907 un simbolo costituito

epigrafi romane e sono caratterizzate da tratti con

da due semicerchi pieni, con al centro un rettangolo

spessore costante. Un carattere dalla limpida pre-

che contiene il nome della stazione: è forte e ricono-

cisione rimasto pressoché immutato fino ai nostri

scibile, ha un immediato successo e diviene presto

giorni.

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Case history


Il disegno originale del Bull’s Eye (London Transport Museum)

Case history

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In seguito Johnston revisionò il bull’s eye, ridefinen-

Lo specimen del Johnston’s Railway Type (1926)

dolo nella direzione di quello che è diventato oggi: un cerchio rosso attraversato orizzontalmente da una barra blu, sulla quale spicca in bianco la scritta Underground o il nome della stazione cui si riferisce. E’ un marchio di grande visibilità, che possiede la forza necessaria per emergere nel groviglio di una metropoli come Londra. Un altro artefatto di straordinaria efficacia comunicativa che contribuisce con grande efficacia all’identità della metropolitana londinese fu la mappa. Progettata da Henry C. Beck nel 1933 e tuttora utilizzata, rientra senz’altro tra i capolavori del visual design moderno. La novità consiste nel sostituire le complicate rappresentazioni topografiche, presenti nelle mappe precedenti, con un’interpretazione diagrammatica molto più semplice e incisiva. Beck era un disegnatore tecnico, lavorava sui diagrammi dei circuiti elettrici della metropolitana e la sua mappa fa riferimento a questi. Nacque così una mappa che ha la schematica chiarezza di un diagramma e, proprio per questo, fornisce alla London Trasport un’immagine che la qualifica come

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Case history


espressione del progresso tecnico. I percorsi, che nella realtà si svolgono tortuosamente, sono semplificati in rette, orizzontali, verticali e oblique a quarantacinque gradi. I colori, che servono ad identificare e a distinguere le linee, sono scelti in modo da risultare immediatamente riconoscibili. In breve, la mappa di Beck è chiara e immediatamente comprensibile; con gli opportuni cambiamenti, è ancora oggi in vita. Fondamento indiscusso del design informativo, è diventata un modello per le mappe dei trasporti pubblici, e ha ispirato per decenni la progettazione di diagrammi e sistemi di reti in tutto il mondo.

Henry Beck e la sua prima versione di Mappa della Metrpolitana

Case history

71


5.2 Amsterdam: Identity VS Image ll motto “I amsterdam” viene utilizzato per la prima

EdenSpiekermann e Thonik, era approdata a una vera

volta nel 2004. Viene adottato dalla Amsterdam Par-

e propria immagine coordinata, che venne battezzata

tners e dai suoi consociati: la municipalità di Am-

“De Stijl van Amsterdam” (Lo stile di Amsterdam)

sterdam, l’ente per il turismo culturale, quello dell’a-

Gli elementi visuali sono pochi ed essenziali: grazie al

eroporto di Schiphol e diverse agenzie pubbliche e

pattern visivo delle tre X contenute nello stemma, il

private interessate allo sviluppo economico della

marchio araldico viene semplificato per renderlo più

città. Dunque un’operazione di city marketing frutto

riconoscibile e per riprodurlo con maggiore facilità, a

della cooperazione di varie istituzioni.

discapito di tutto il resto - scudo, leoni, corona ecc. -

Tuttavia, la città di Amsterdam un’immagine for-

che viene letteralmente cancellato.

te e riconoscibile già ce l’aveva. L’amministra-

Viene affiancato il carattere tipografico Avenir e il

zione della città, grazie all’apporto delle agenzie

logotipo “Gemeente Amsterdam”, unito al pittogramma XXX, di colore rosso oppure, a seconda dello sfondo, bianco o nero. Secondo un principio additivo e gerarchico, le diverse agenzie erogatrici di servizi per il pubblico hanno potuto adottare il marchio della città e inserire il loro simbolo di riconoscimento sotto le X. Nel 2014 alcuni di questi enti sono stati eliminati o inglobati da altri con la conseguente riduzione degli

Case history


oltre 40 sub-marchi e uno snellimento della visual

a 100.000 euro, richiesta dalle agenzie EdenSpieker-

identity. Un’operazione di “refresh”, caratterizza-

mann e Thonik.

ta principalmente dal riadattamento del logotipo in

In fine, coerentemente con la massima trasparenza

rapporto al pittogramma, che ha suscitato polemiche

fra amministrazione e cittadino, tutte le linee guida

tra gli olandesi che si sono lamentati della cifra pari

e le applicazioni dell’immagine coordinata della città,

Case history

73


I cittadini sono Amsterdam, l’affermarlo come brand fa emergere l’orgoglio e il senso di appartenenza alla città, fa diventare il singolo individuo un medium comunicativo del luogo. L’obiettivo è quello di inglobare nella città chi ne è escluso - perché fisicamente al di fuori - ma desideroso di esserci, e chi ne è dentro ma allo stesso tempo esterno, o meglio estraneo. Il motto Iamsterdam viene utilizzato in campagne che prendono la forma di manifesti affissi in città e sul web. Non è un caso, inoltre, che sono consultabili e scaricabili dal sito internet amster-

il sito che eroga servizi amministrativi ai cittadini sia

dam.nl.

in olandese (www.amsterdam.nl), mentre quello di

Negli anni successivi alla revisione della corporate,

city marketing in inglese (www.iamsterdam.com).

i principali esponenti dell’economia cittadina

I due canali di comunicazione, quindi, convivono

proposero di adottare un vero e proprio piano di

separatamente, andando a completarsi l’uno con

city marketing da condividere con l’amministrazione

l’altro, senza entrare in collisione.

pubblica. Così, grazie all’apporto dell’agenzia

Dal punto di vista visuale, l’elemento di raccordo

KesselsKramer, nasce I amsterdam, che diventa un

fra i due marchi è costituito dall’utilizzo dello

manifesto per la città: sottolinea i vantaggi presenti

stesso carattere tipografico usato per Gemeente

ma anche tolleranza, la convivenza multiculturale,

Amsterdam, e dallo stesso colore rosso alle prime

lo sviluppo e la ricerca, il design e la moda. Ma

lettere “I am”.

soprattutto riconoscendo nei cittadini, nelle persone

Mentre la comunicazione istituzionale del Comune

una insostituibile risorsa.

è stata pensata per durare virtualmente in eterno,

74

Case history


quella di Iamsterdam, qualora si dovesse trovare un

centro urbano. Il progetto della città di Amsterdam

nuovo slogan e una nuova rappresentazione formale

sviluppa dunque la propria comunicazione su due

che rispecchi meglio lo spirito del luogo, potrebbe

livelli complementari. Da un lato, il “marchio delle tre

anche essere sostituita. Sul sito iamsterdam.com si

X” che sta a rappresentare l’affidabilità, la serietà e

legge: “The people of Amsterdam are Amsterdam”.

la continuità dell’apparato governativo. Dall’altro, il

Una specie di proprietà transitiva, un rapporto

marchio “I amsterdam” che assume valori persuasivi

speculare fra la città e gli abitanti, fra il singolo e

e seduttivi, attraenti sia verso le comunità locali, sia

la collettività, fra il volto delle persone e quello del

verso chi ancora non vi appartiene.

Case history

75


5.3 Know Canada Nel 2012, l’agenzia americana Bruce Mau Design (che

risultato tanto semplice quanto potente, evocativo ed

ha sede sia in USA che in Canada), assieme all’emit-

efficace. Assieme al rebranding è stato lanciato il sito

tente radiofonica statunitense Studio 360, hanno de-

knowcanada.org che, oltre ad informare sulla cam-

ciso di cambiare il modo in cui gli americani vedono

pagna, raccoglie le “foto canadesi” scattate tramite

il territorio canadese attraverso una brand campaign

un’app per iPhone che permette di fotografare il Ca-

dal nome “Know Canada”. Si è voluta creare una nuo-

nada dietro la cornice delle bande rosse.

va identità per il Canada in linea con il ventunesimo secolo, libera dai clichè tradizionali. La percezione sbagliata che in Canada i bambini cavalchino gli orsi polari e tutti sorseggino sciroppo d’acero viene finalmente abbandonata. Dopo sei settimane di lavoro, interviste e collaborazioni, il risultato è una bandiera priva della sezione bianca al centro, con la famosa foglia d’acero. I designer hanno quindi considerato le sole due barre rosse alle estremità come se fossero le cornici di una grande televisione attraverso la quale osservare tutto ciò che il Canada è ed è stato. Icone, celebrità, panorami, invenzioni importanti del mondo canadese. Un

76

Case history


77


5.4 E’ Bologna Nel 2013, il progetto Bologna City Branding, coor-

A battere la notevole concorrenza – più di 500 loghi

dinato dall’ente Urban Center Bologna, dopo aver

proposti – sono stati due grafici di Trieste: Matteo

curato un’ampia ricerca sull’immagine percepita e

Bartoli e Michele Pastore. I due autori sono riusciti

desiderata della città, ha indetto un concorso interna-

a presentare un progetto che punta sulla partecipa-

zionale di idee per la creazione di un logo della città

zione e sulla creatività delle persone realizzando un

di Bologna.

brand digitale generato da simboli e colori che si mo-

Il concorso, promosso dal Comune di Bologna, è stato

dellano sulla base delle parole scelte dagli utenti di

gestito congiuntamente dall’associazione dei graphic

un’applicazione web, lasciando la libertà ad ognuno di

designer AIAP (associazione italiana design della co-

esprimere ciò che ritene più rappresentativo.

municazione visiva).

Si tratta di un cosiddetto “alfabeto grafico”, basato su

L’obiettivo era la realizzazione di un marchio – corre-

un sistema dinamico e partecipativo: il logo, infatti,

dato da payoff – per promuovere la città, rappresen-

ha una matrice a partire dalla quale possono esse-

tandone alcuni aspetti emersi da una ricerca preven-

re generate molte altre forme e molti altri simboli.

tivamente condotta.

All’utente basta collegarsi al sito ebologna.it: una

Si legge nel bando: “Il progetto d’identità deve diventa-

piattaforma che gli permette di definire in una paro-

re anche un ‘sigillo di qualità’ per i comportamenti degli

la cosa “è Bologna”. A seconda della parola inserita,

attori locali, per le molteplici azioni di promozione e per

poi, il simbolo della città assumerà forme e sfuma-

le numerose gamme di articoli e merci che possono esse-

ture di colori differenti a seconda delle lettere che lo

re prodotte”.

compongono.

78

Case history


i mosaici di S. Maria dei Servi

P

V

O

U

la croce presente nel Gonfalone

S

Z

D

T

Q

il giglio presente nel Gonfalone

N

B

C

H

A

il rombo presente nello stemma antico

G

M

L

I

F

X

W

Y

K

J

la forma esagonale della cinta muraria

Case history

R

E

79


Sul sito www.ebologna.it si può leggere:

muraria. Con questi segni è possibile perciò “scrivere” qualsiasi concetto riferibile alla città, includen-

80

«è Bologna è più di un semplice logo, è un alfabe-

do ogni caratteristica fisica o astratta, generale o

to che sostituisce alle singole lettere segni astratti

personale, che si vuole associare a Bologna. I segni,

elaborati a partire da alcune figure tipiche della

sovrapponendosi nella composizione delle parole,

città di Bologna: la croce e il giglio del gonfalone,

danno così origine a un vero e proprio “codice” di

i mosaici di S. Maria dei Servi, il rombo presente

scrittura, unico e distintivo di Bologna, capace di

nello stemma antico, la forma esagonale della cinta

raccontare le molteplici forme della città.

Case history


Il payoff “è Bologna” associato ad ogni parola com-

carta stampata. Ma il difetto che la maggior parte dei

posta con il nuovo codice, diventa così elemento

critici gli ha attribuito è la non riconoscibilità, ossia il

unificante di tutti i soggetti, tutte le azioni, tutti i

fatto che il turista, per esempio, difficilmente assoce-

concetti che fanno Bologna, che sono Bologna, ov-

rebbe tale logo alla città di Bologna essendo compo-

vero di tutto ciò che è Bologna».

sto da forme geometriche che non richiamano nessun simbolo identitario, nessuna forma conosciuta, ricon-

Bisogna ammettere che il progetto è ben studiato,

ducibile a un immaginario caratteristico.

visualmente gradevole ed essenziale, sicuramente

Critiche a parte, il nuovo logo di Bologna fa riflettere

originale e distintivo dal resto, ma ci sono dei punti a

su cosa voglia dire progettare oggi un’identità com-

sfavore.

plessa come quella per una comunità. Costruire un si-

Sempre nel bando, viene richiesto che le caratteri-

stema aperto di certo incentiva la partecipazione del

stiche del nuovo logo - che ogni marchio funzionale

pubblico ma cambia anche sensibilmente la modalità

dovrebbe possedere - siano “la flessibilità e versatilità

con cui il logo diviene simbolo di appartenenza.

per poter essere utilizzato in diversi contesti e pratiche di

Se fino a oggi la progettazione di un logo si basava

promozione, l’adattabilità ai diversi media,

su una sintesi (ognuno rinunciava a qualche propria

la facile riproducibilità”

caratteristica per identificarsi in un simbolo comune),

Sulla base di questi criteri, non possono che emerge-

nell’epoca della mass customization e della perso-

re alcune critiche. l logo non sembra essere poi così

nalizzazione estrema (la Coca Cola che scrive il tuo

flessibile, versatile e quindi riproducibile: nella versio-

nome sulla lattina), ogni identità collettiva può essere

ne in bianco e nero, infatti, non solo perde il suo ap-

rappresentata con niente di più che la somma di tutte

peal ma tende anche a essere difficilmente leggibile

le singolarità.

nelle forme. Di conseguenza, viene a mancare anche l’adattabilità ai diversi media, come nel caso della

Case history

81


Conclusioni F.H.K. Henrion e Alan Parkin affermarono alla fine

luogo in cui erano nati, in un sistema sociale forte-

degli anni ‘60 che ogni organizzazione poteva costrui-

mente gerarchico e stabile. Strategie di comunicazio-

re la propria immagine. Anche le città adottarono una

ne persuasive non trovavano spazio nella comunica-

comunicazione artificiale per influire sull’opinione

zione pubblica, poiché rituali, tradizioni e abitudini

che le persone si facevano spontaneamente di essa. A

contribuivano a regolamentare la vita sociale.

partire dagli anni settanta, diverse istituzioni abbrac-

Oggi, invece, ci troviamo di fronte alle cosiddette

ciarono il modello della corporate identity che, come

“identità dinamiche” (vedi Cap. 2.4), il risultato di una

scrisse Giovanni Anceschi nel 1994, diventò “un gala-

nuova modalità di organizzazione del processo crea-

teo”, uno “stile di comportamento” da adottare anche

tivo. Il designer imposta criteri e variabili, mentre la

nei confronti delle collettività.

realizzazione della forma finale è lasciata all’interven-

Storicamente, la relazione tra le pubbliche istituzioni

to di altri dispositivi digitali, oppure agli utenti, oppu-

e collettività si realizzava all’interno della città stessa.

re ancora ad altri designer che operano “in differita”.

Un buon esempio è il sistema di comunicazione adot-

Contemporaneamente, le strategie di branding e di

tato dalla London Underground (vedi Cap 5.1). Per un

marketing del si stanno progressivamente sostituen-

ente del genere, prima della nascita di internet, il mo-

do al tradizionale “approccio immagine coordinata”.

do più efficace per entrare in contatto con i cittadini

Al momento, questo doppio fenomeno (le logiche di

era quello di organizzare un serie di artefatti comuni-

branding e le identità variabili) è riscontrabile anche

cativi nei luoghi di transito. La tipologia di utenti era

nell’ambito commerciale.

costituita soprattutto da residenti che vivevano nel

Con una situazione del genere è difficile pensare che

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il rigido modello di comunicazione sostenuto da Hen-

Considerando che le grandi città europee sono ge-

rion e Parkin, tipicamente gerarchico e teso a produr-

ograficamente piuttosto indefinite, oltre che carat-

re un’immagine univoca di qualunque organizzazione,

terizzate da un meltin pot culturale, forse sarebbero

sia ancora valido per rappresentare ciò che la città è

rappresentate più efficacemente da modelli visivi

oggi. Infatti, le moderne capitali europee come Am-

mutevoli e variabili, anziché dal modello tradizionale

sterdam (vedi Cap. 5.2), caratterizzate da una elevata

di corporate identity o da strategie comunicative di

complessità urbana, hanno adottato un doppio livello

tipo commerciale. I processi progettuali dinamici (an-

di comunicazione: accanto ad uno istituzionale, di

che detti “smart”) potrebbero essere più efficaci nel

tipo informativo e ispirato all’approccio tradizionale

realizzare l’immagine di ciò che oggi è l’essenza della

dell’immagine coordinata, ne hanno affiancato un al-

città. Ne risulterebbe una stratificazione collettiva di

tro che non disdegna le logiche pubblicitarie.

“scie” lasciate dagli utenti della città. Un approccio

Queste città hanno iniziato ad utilizzare strategie di

dal basso verso l’alto potrebbe dare voce a diversi in-

comunicazione simili ai grandi marchi commercia-

dividui, o gruppo di cittadini, in modo maggiormente

li. Sembrano cercare di includere nella città coloro

democratico. Le pubbliche amministrazioni devono

che non ne fanno parte, perché fisicamente lontani,

dunque essere in grado di comprendere la necessità

ma che vorrebbero esserci, così come coloro che ne

di ri-organizzare gli attuali processi decisionali, acco-

fanno parte, perché vi risiedono, ma sono di fatto

gliendo nuove pratiche di tipo partecipativo.

esclusi dalla vita sociale urbana, poiché stranieri o emarginati. Purtroppo però le opportunità offerte ai cittadini per esprimere la propria identità, per mostrare i propri desideri o le proprie frustrazioni e per intervenirvi attivamente, sono rare all’interno di questi sistemi.

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Bibliografia • AA.VV. / Disegnare le città / Lcd edizioni / 2009 • Armstrong H., Stojmirovic Z. / Participate - Designing with user generated content / Princeton / 2001 • Bonini Lessing Emanuela / Interfacce metropolitane / Et. Al. edizioni / 2010 • Branzaglia Carlo / Comunicare con le immagini / Bruno Mondadori / 2011 • Caprioli S., Corraini P. / Manuale d’immagine non coordinata / Corraini / 2010 • Ferrara Cinzia / La comunicazione dei beni culturali / Lupetti / 2007 • Garibaldi Roberta / Il turismo culturale europeo / FrancoAngeli / 2012 • Mossello Tinacci Maria / Geografia economica / Il Mulino / 1990 • Neumeier Marty / Il dizionario del brand / FrancoAngeli / 2004 • Pasca V., Russo D. / Corporate Image / Lupetti / 2005 • Volli Ugo / La schiuma metropolitana o il senso dell’indistinzione / Bruno Mondadori / 2004

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Sitografia • ADCI - Il Blog / blog.adci.it • Architecta / architecta.it • Bologna Urban Center / urbancenterbologna.it • Brand New / underconsideration.com/brandnew • Design Tagebuch / designtagebuch.de • DDBO / ddbo.it • Edenspiekermann / edenzpiekermann.com • London Transport Museum / ltmuseum.co.uk • Mijksenaar Wayfinding Experts / mijksenaar.com • SocialDesignZine / sdz.aiap.it

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«La progettazione di un simbolo è oggi un lavoro preciso e complesso che richiede un impegno di tipo professionale e la collaborazione di quegli esperti che possono collaborare per ogni componente che si presenti nell’analisi del problema. Nel caso della progettazione di un simbolo per un ente pubblico, è indispensabile avere la collaborazione di esperti di araldica, di storici, di percettologi, di psicologi, di esperti di problemi legali, di sociologi, oltre ai grafici. Non si può progettare un simbolo partendo dalla pura ispirazione, senza tener conto dei valori preesistenti di immagini già memorizzate da generazioni vissute in quel territorio. Non si può progettare un simbolo senza considerare gli aspetti sociali delle immagini, senza considerare come questo simbolo da progettare può essere visto, letto e interpretato dal pubblico; senza verificare quali elementi si possono estrarre dalla tradizione locale, senza compiere delle ricerche sugli elementi visivi basilari percepibili anche nella riduzione del simbolo alla misura di cinque millimetri; senza considerare tutte le possibili applicazioni che potrà avere questo simbolo che non saranno limitate all’uso sugli stemmi e sul gonfalone e sugli stampati dell’ente che lo userà, ma anche ingrandito a grandi misure per certe manifestazioni all’aperto, oppure rimpicciolito al minimo su un distintivo o un biglietto da visita». Bruno Munari (1977)


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