Giro d’Italia 2015 Spunti tecnici dalla corsa rosa Le bici del futuro
Cosa scelgono i pro’
Discussioni
Abbiamo trovato cose ancora non sul mercato. Curiosato tra le soluzione tecniche delle bici da cronometro.
Ogni corridore ha le sue preferenze ma a consigliarlo sono pure la squadra ed i suoi tecnici.
Dalla scelta dei rapporti a qualche polemica tattica: l’occhio tecnico su queste tre settimane
gli speciali di cyclinside.com
TRE VOLTE S-WORKS Alberto Contador, Fabio Aru e Mikel Landa hanno regalato spettacolo sulle strade del Giro d’Italia 2015, hanno infiammato gli animi dei tifosi e alla fine sono saliti sul podio a braccia alzate, con il sorriso e la gioia di essere entrati nella leggenda. Tre campioni, una sola bicicletta: Specialized S-Works Tarmac. Scopri la leggenda su Specialized.com
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foto @BrakeThrough Media
EDITORIALE
DI GUIDO P. RUBINO
Il giro visto da noi
A
bbiamo seguito il Giro 2015 guardando le biciclette. L’avventura la fanno gli uomini e le loro gambe. Le bici fanno la loro parte e non è cosa da poco. Ci siamo accorti, da scelte e voci dette più o meno apertamente, che anche tra gli addetti ai lavori a volte c’è qualche incertezza sui materiali. Il livello tecnologico raggiunto ha portato a molte differenziazioni che è opportuno conoscere per sfruttarle al meglio. Il Giro d’Italia è anche sperimentazione. Le aziende “usano” le grandi corse a tappe come banco di prova dei materiali che dovranno immettere sul mercato. Test funzionali e di resistenza (è importante anche verificare come si comportino i componenti nello stress di un lavoro quotidiano fatto anche senza troppe cure, come è giusto che sia: le biciclette sono delicate, ma devono anche funzionare bene in tante situazioni). Abbiamo visto il gruppo senza fili ma anche il ventinove, per osare sulle salite dove pure chi corre in bicicletta di professione rischia di mettere il piede a terra. Se poi c’è lo sterrato e non puoi alzarti
sui pedali c’è poco da fare: serve agilità. Ma non è solo per questo che si utilizzano rapporti così corti: si può far lavorare la catena con una linea migliore. Poi ci sono state le polemiche. Una battuta detta da Cipollini al momento giusto ha scatenato il sospetto e, alla fine, anche l’UCI che è dovuta intervenire per togliere i dubbi che nei telai di qualcuno si potesse nascondere un motorino per andare più forte. Nulla di fatto (e nelle prossime pagine vi spieghiamo anche perché) a parte qualche chiacchiera in più di cui non si sentiva il bisogno. E la tattica? È vero che le regole
impongono precise limitazioni sui chilometraggi, ma il dubbio resta: se i corridori che volevano vincere il Giro avessero osato qualcosa di più? Dove sono finiti quegli attacchi da lontano che fanno scrivere i campioni con la C maiuscola e li rendono epici anche se non vincono tutto? Ma alla fine è stato un Giro davvero spettacolare e pure incerto. A cominciare dalle singole tappe spesso finite come non ci si aspettava. E la conclusione finale a Milano, con l’arrivo di due cacciatori furbi e fortissimi ne è la prova.
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INDICE
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EDITORIALE
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e se la differenza la facessero i materiali?
Guardare il Giro dal punto di vista della bicicletta. Quanti spunti ci sono!
Ok la forza, ma per sfruttarla al meglio ci vogliono i materiali giusti. Alcune idee.
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Le biciclette spaziali delle cronometro
Il massimo della tecnologia, nel ciclismo, si esprime nelle prove contro il tempo.
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prove di cambiata senza fili
Alta tecnologia e intanto c’è chi sperimenta nuove soluzioni che vedremo sul mercato.
Un giro visto dalle biciclette
“Giro d’Italia 2015, spunti tecnici dalla Corsa Rosa” è una pubblicazione della testata giornalistica Cyclinside.com, magazine on line di tecnica della bicicletta da corsa (e non solo). Cyclinside.com è un periodico registrato presso il Tribunale di Roma con n° 333/2008 dl Prendete il Giro d’Italia, togliete i corridori: restano biciclette, materiali e uomini che lavorano perché tutto sia perfetto. Ma i corridori forti non sono solo quelli che ne hanno di più. Parliamo anche un po’ di tattica e di strategie.
18/9/2008 di proprietà di Guido P. Rubino P.I. 10439071001 Iscrizione al ROC (Registro Operatori
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bici col motore? contador se la ride
della Comunicazione) n° 18570 del
Un cambio di bici ha innescato polemiche e un sospetto. Ma è possibile?
5/8/2009 Copyright © Tutti i diritti riservati.
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Non e’ solo questione di marketing
Testi e immagini non possono essere
Sapere cosa usano i corridori è fondamentale anche per la comunicazione aziendale.
riprodotti neanche parzialmente senza previa
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Il giro ha due velocita’
Corridori e addetti ai lavori sono spesso a tutta. Poi c’è il pubblico. Il fascino del Giro.
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Una risorsa chiamata ventinove
I rapporti corti e cortissimi non sono un’onta, anzi! Li usano anche i pro’ e non solo per agilità.
autorizzazione scritta da parte della redazione. Per qualsiasi richiesta o
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Quella voglia di far saltare il banco
Pensieri di un lunedì di riposo del Giro. E se qualcuno avesse osato? Chissà.
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specialized: una tarmac tutta rosa
informazioni scrivere a info@cyclinside.com
Ecco la bici del vincitore, così come l’ha portata sul traguardo finale di Milano.
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Evoluzione tattica In gioco anche le bici
e se a fare la
differenza fossero anche
i materiali?
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el ciclismo moderno c’è un problema tecnico. Non si tratta di biciclette che non funzionano bene, quelle ci sono sempre state e qualche problema ci sarà sempre, dal cavo che si spezza, alla gomma che si buca proprio nel momento sbagliato. Il problema è tecnico, o meglio, di conoscenza tecnica. Le biciclette si sono evolute, non è solo questione di fibra di carbonio e pesi e neanche di rigidità che aumenta del 10-15 per cento ogni anno, a sentire certe campagne pubblicitarie. Roba che dovremmo pedalare su bici dure come pietre se fosse vero (contando da quanto si dicono cose di questo tipo – che sì, hanno decisamente appeal e sono più immediate di altre comunicazioni). Il peso, abbiamo visto, non è cambiato molto. Siamo ancora fermi a quella regola, datata 2000, quindi più di un’era geologica dal punto di vista della tecnologia, che limita la leggerezza a 6,8 chilogrammi. Ma non è nemmeno questo il problema. Anche se può essere importante il modo in cui questo peso viene distribuito sulla bicicletta. Tecnologia da conoscere C’è una quantità di tecnologia, invece, che si è evoluta ed ha portato a disposizione dei corridori tanti componenti che possono davvero permettere una personalizzazione assoluta della bicicletta.
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Giro d’italia tecnico
l Si è detto più volte, anche su Cyclinside.com, come la differenza tra un paio di ruote e un altro possa essere importante nel definire (e cambiare radicalmente) le caratteristiche di una bicicletta. Importantissime sono pure le gomme, la tipologia di tubolare o di copertoncino adottata e, ancora di più, la pressione di gonfiaggio. Tutto chiaro? Sembra, ma poi arrivano voci di errori grossolani da parte delle squadre, comprese quelle che hanno un “tecnico” al loro interno che serve a consigliare le scelte dei materiali volta per volta. Errori spesso agli occhi di tutti, quando un corridore, all’improvviso, non sembra più in grado di guidare la bicicletta come sa nei tratti tecnici. Visto il nostro lavoro, capita di parlare con i responsabili delle aziende e a volte ci vengono confessate, candidamente, scelte azzardate e senza basi scientifiche. «Le gomme? Al massimo della pressione!» ci diceva tempo fa un meccanico prima di una corsa che prometteva molta pioggia. E le ruote, spesso, vengono scelte ad alto profilo a prescindere. Anche quando nella gamma del produttore ci sono modelli molto diversi tra loro, comprese quelle con cerchio a basso profilo, come una volta. Che però piace meno a chi pedala. Anche nella scelta dei pattini freno a volte le soluzioni sono discutibili. Ormai, con i cerchi praticamente tutti in fibra di carbonio è probabile che nelle squadre non ci siano neanche tra i ricambi i pattini per l’alluminio. Ma c’è chi candidamente ammetteva di non fare differenze tra alluminio e carbonio. “Tanto i corridori sanno come si frena”.
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dettagli
Giro d’italia tecnico
C’è chi studia a fondo i materiali a disposizione per poter dare a ogni corridore la bici con l’assetto migliore. Ci si potrebbe basare una tattica
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Su questo non abbiamo dubbi, ovviamente, ma quanto potrebbero rendere in più con i materiali giusti per l’occasione? Nello specifico, ad esempio, il problema del carbonio è che non disperde il calore così come avviene per l’alluminio. Questo fa sì che i normali pattini in gomma tendano a sciogliersi letteralmente (o peggio, a restare incollati – è successo) sul cerchio in composito. Problema abbastanza remoto per i pro’ che solitamente evitano azioni frenanti lunghe. Tuttavia, pensare di lasciare una ruota in composito con pattini per alluminio è una scelta poco saggia. Tanto più per una squadra che non ha certo problemi di disponibilità. Dov’è il problema allora? Probabilmente nella scarsa convinzione delle dotazioni tecniche, le cui caratteristiche salienti spesso vengono interpretate come sovrastrutture del marketing e non considerate nelle loro reali possibilità. Ovviamente non vogliamo generalizzare (ci sono meccanici e corridori che sono molto attenti a quello che forniscono le aziende e, anzi, sono degli interlocutori privilegiati per chi sviluppa i prodotti), come è pure vero che il marketing a volte si lascia prendere la mano. La sensazione, a volte, è che si tenda a dare ai corridori la bicicletta tecnicamente più evoluta perché si ritiene comunque meglio, ma a prescindere dall’utilizzo del momento. Tanto poi sarà l’abilità del corridore a saperla domare A sentire certi discorsi, però, verrebbe voglia di tornare indietro nel tempo: bici in acciaio e cerchi in alluminio. Ritorno al passato? Davvero, a volte, viene da pensare che si dovrebbe tornare indietro. È una provocazione ovviamente, ma la tecnologia non serve se sfruttata male, diventa pure controproducente.
Ci sono troppi, anche nel gruppo dei corridori, che vedono la rigidità come sinonimo di massima prestazione. È una caratteristica di cui tenere conto, ma non è affatto detto che la rigidità assoluta sia la cosa migliore. Né su un telaio, né sulle ruote. La rigidità non fa assorbire la strada, non asseconda le curve e nemmeno il fondo stradale. Anzi, rischia di far perdere aderenza. Una gomma troppo rigida ha una cattiva scorrevolezza: la pressione deve essere commisurata al peso ma anche alle caratteristiche della gomma. Per questo non esiste una pressione ideale applicabile per tutti allo stesso modo. Ma pensare che “più rigido è, meglio è” è come pensare di fare una discesa stando completamente rigidi sulla bici. Nella migliore delle ipotesi si andrà più piano, nella peggiore si rischierà di cadere, perché non si assorbiranno le caratteristiche della strada. Ecco, la bici deve fare la stessa cosa e parliamo di discesa perché è il percorso che più mette in risalto le caratteristiche tecniche. Ma abbiamo visto come pure in pianura, con le bici da cronometro (che sono rigide e notoriamente “dure” da guidare) possano andare in crisi. In una crono, però, questa caratteristica è accettabile, perché se pure si perde qualcosa su una curva, è maggio-
Non è vero che la standardizzazione di alcune parti delle bici ha appiattito le possibilità di scelta. E dietro c’è sempre tanta artigianlità.
re il vantaggio altrove. Una ruota molto rigida rischia di non perdonare in curva e in una discesa tecnica. Se poi è ad alto profilo e c’è vento c’è un problema in più. Lo stesso si può dire per un telaio e, forse ancora di più, per una forcella. Ferma restando l’abilità dei corridori di riuscire a fare discese meglio di qualsiasi comune mortale, un aiuto da parte della bicicletta può essere una cartuccia in più da sparare al momento giusto, ma occorre sapere perfettamente di cosa si può disporre. Altrimenti è come se uno sciatore scegliesse sci e scioline in base ai colori che più lo aggradano in quel momento. Materiali e strategie Probabilmente tanti corridori che sono in gruppo oggi, che non hanno mai avuto possibilità (e piacere) di guidare un telaio in acciaio, dovrebbero provare com’è il comportamento di una forcella in acciaio in discesa, con ruote a basso profilo e partire da questa sensazione per capire quanto possa cambiare il comportamento di una bicicletta. Non è detto che quello sia il migliore in assoluto (né immaginiamo corridori che vogliano tornare all’acciaio), ma si potrebbero studiare delle strategie diverse a seconda del percorso e, magari, fare la differenza.
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Le bici spaziali delle crono Un sincronismo perfetto: l’atleta e la sua bicicletta. Se poi è una cronosquadre ci deve essere affiatamento anche tra i corridori. Massima attenzione alle biciclette!
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na cronometro non comincia quando il primo corridore prende il via. Parte da molto tempo prima. Abbiamo sentito di Fabio Aru che la cronometro del Giro l’ha provata già da prima che cominciasse la Corsa Rosa. L’ha studiata assieme al personale della squadra per individuarne i punti salienti e capire dove sfruttare le sue caratteristiche e dove, invece, difendersi e risparmiare. C’è da stare in bici più di un’ora, logico che sia così. La tattica la fanno anche le aziende però. C’è chi, a partire dal via del primo corridore, ha iniziato a valutarne tempi e comportamento della bicicletta sul percorso. Il meteo è la variabile in più e non è affat-
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to detto che ciò che vale per i primi sarà lo stesso per gli ultimi che partiranno. Già dalla mattina ci sono state macchine sul percorso a fare test e valutare ogni tratto di strada. Stavolta, più che mai, è servito un contatto diretto tra corridore e ammiraglia. Questa diventa un vero e proprio centro di strategia pronta ad informare il corridore delle eventuali modifiche da apportare alla tattica di corsa. I corridori di classifica hanno aggiornamenti in tempo reale sul percorso che trovano davanti. Probabilmente hanno deciso la pressione delle gomme pochi attimi prima di salire sulla rampa di partenza. Poi via, concentrati come sanno ma con, nelle orecchie, le informazioni dell’andamento della corsa. E certo è un
Precisione della bicicletta e anche del ciclista. Il misuratore di potenza aiuta molto. Ma a volte è meglio non guardarlo.
tria (che però, a quanto abbiamo avuto modo di capire, non è stata impiegata in gara) per migliorare ancora il rendimento del corridore durante le crono e poterne monitorare tutti i parametri in tempo reale. Tecnologia già utilizzata su pista dalla casa americana per verificare le posizioni sulla bici da cronometro dei suoi atleti. Insomma, una cronometro ad alta tecnologia questa.
s giro d’italia tecnico
vantaggio per Fabio Aru, che è partito per ultimo, dopo aver conquistato in maniera un po’ rocambolesca (ma che dicevamo della fortuna che aiuta chi la cerca?). Una crono, poi, è anche un momento di sperimentazione. Sappiamo che nella mattinata i tecnici Specialized (che fornisce le bici ad Aru, Contador e Uran) sono stati all’opera sul percorso per sperimentare tecno logia d i te l e me-
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giro d’italia tecnico Nelle biciclette da cronometro moderne sterzo e forcella sono spesso integrati direttamente nel telaio per dare una linea piÚ aerodinamica.
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A tutta!
Nessun compromesso nelle gare contro il tempo La differenza può essere anche di pochi decimi di scondo. E allora diventa importante curare ogni minimo dettaglio
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Prove di cambiata senza fili Risolti i problemi di comunicazione, ecco debuttare il primo sistema di trasmissione senza fili. Il vantaggio? Pulizia estetica, rapiditĂ di montaggio e precisione.
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Un segreto nascosto sotto al nastro del manubrio e nella centarlina
Sarebbe un bel passo avanti l’abbandono dei cavi. Il futuro sembra già segnato. Eccovi un’anteprima proprio dal Giro.
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ggirandoci tra le biciclette super tecnologiche della prima tappa (a cronometro a squadre) del Giro d’Italia 2015, abbiamo scovato, tra le mani del meccanico della Ag2r, una bicicletta con cambio e deragliatore elettronici di Sram con funzionamento wireless. L’unità wireless sembrerebbe identica per cambio e deragliatore e viene comandata attraverso un’inter faccia che è apparsa modificata rispetto a quan-
to visto in precedenza. Dall’interfaccia, montata in posizione centrale sul manubrio, partono i cavi che portano ai pulsanti di cambiata nascosti sotto il nastro manubrio. Le prove, ormai, sono in stato avanzato. C’è da aspettarsi il nuovo gruppo già per settembre? Di sicuro gli americani non potranno aspettare tanto. Se i corridori, per regolamento, devono correre con componenti di serie, il mercato non potrà attendere troppo tempo.
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Bici col motore? contador se la ride Battute, ma neanche troppo, visto che si è mossa addirittura l’uci per venire a ispezionare le biciclette. Il risultato? Nessuna bicicletta truccata trovata ma l’avviso a non provarci nemmeno. a ben guardare non ne vale nanche la pena
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ici a motore al Giro d’Italia? Certo che detta così e buttata lì da un ex campione come Mario Cipollini la cosa fa discutere. Ora, senza stare a giudicare l’opportunità o meno delle uscite di Cipollini, torniamo sul discorso motorino sulle biciclette da corsa. Assunto che un motorino in una bicicletta da corsa possa essere inserito (ne avevamo parlato già cinque anni fa – qui l’articolo) e ovviamente chi produce questo oggetto dice che ne vende “molti” (numeri tutti da verificare, ma non c’è alcun problema a credergli), il sospetto è il risultato di un ragionamento ovvio: se ne vende tanti, qualcuno li usa. Tanto più che si è già detto come questo sistema, piuttosto rumoroso nel kit in vendita, possa essere silenziato abbastanza facilmente: basta sostituire gli ingranaggi metallici con altri in teflon, meno durevoli, ma perfetti allo scopo dell’inganno. Anche la batteria può essere facilmente nascosta nel telaio. Isomma, tutto si può, ma non è questo il caso. O almeno, se si fa un’affermazione, bisogna avere pronto qualcos’altro. Il sospetto, infatti, non fa prove, solo chiacchiere, e andarci dietro
La bici di Contador Il rilancio del doping meccanico è avvenuto in seguito al cambio di bici fatto
da Alberto Contador prima della salita dell’Abetone. Ha senso cambiare la bicicletta prima di una salita? Qui ci addentriamo in altri ragionamenti. Pur senza voler cambiare telaio ci potrebbero essere modifiche nella scelta di ruote e rapporti (anche sulla guarnitura) diversi. Modifiche che è più facile fare cambiando bici, che non sostituendo le ruote (per non parlare del resto). Poi, di questo cambio, non sono troppo convinti nemmeno in Specialized. «Si tratta più di un effetto placebo per il corridore - ci fanno sapere dalla casa madre - anche perché se si parla di cuscinetti più scorrevoli e cose di questo tipo, il vantaggio che ci può essere in laboratorio è difficilmente rapportabile all’uso su strada dove i fattori in gioco sono molti di più. E in ogni caso si paga con gli interessi il tempo di andare in fondo al gruppo, fermarsi, prendere la bici e ripartire e recuperare la posizione dopo aver pure perso il ritmo della pedalata. Ammesso pure che nessuno scatti si paga con gli interessi quel poco che si guadagna. «Può avere più senso se c’è un discorso di cambio rapporti, certamente non conta il peso della bici, visto che il limite dei 6,8 chili non si può abbassare. Anche sulle gomme: per molti meccanici maggiore pressione è sinonimo di più scorrevolezza. Abbiamo già dimostrato che non è così. La pressione della gomma deve essere in base alla sua struttura e al peso del corridore. Gonfiarla il più possibile, senza tenere conto degli altri fattori, significa rendere la ruota meno scorrevole perché assorbe meno le rugosità della strada e fa perdere potenza». Tutto sommato ha ragione Contador quando dice che il motorino lui lo ha nelle gambe. E possiamo perdonargli pure quell’umanità di cercare convinzione in un cambio bici. Ma il motorino, alla luce di queste cose, sembra decisamente fantascienza per un corridore e un team di questo livello.
giro d’italia tecnico
è affascinante per molti, ma giornalisticamente parlando, pure se fa vendere di più, non è accettabile. Anche perché c’è da fare un ragionamento inverso che rende chiaro come il “doping tecnologico” non sia paragonabile a quello chimico. Al di là della differenza evidente, quello chimico, che agisce sull’atleta, fa parte solo della sua sfera personale. Benché possa essere discutibile che un atleta possa fare tutto da solo e la squadra non si accorga di nulla, è comunque un ragionamento plausibile. Diverso, invece, è truccare una bicicletta. Anche di questo si era già parlato ai tempi pure dei sospetti infondati e fantasiosi della bici di Cancellara alle Classiche. La bicicletta di un corridore va in mano ai meccanici, più di uno, per cui il coinvolgimento non è più solo del corridore. Difficile immaginare che i meccanici si accordino col corridore, all’insaputa degli altri e, soprattutto, del resto della squadra. Poi, se un campione utilizza una bici truccata, è inimmaginabile che lo faccia all’insaputa del direttore sportivo. E così, probabilmente, si può salire nel ragionamento coinvolgendo tutto il team, o quasi. E già la cosa appare decisamente più difficile rispetto alla banalità dei discorsi buttati lì al bar. E ancora: bici truccata, corridore, meccanici, team... ne dovrà essere molto probabilmente al corrente anche il costruttore della bici se, a quel che si dice, alcune modifiche riguardano anche la parte strutturale del telaio. Potremmo provare a immaginare un lavoro “casalingo”, con la complicità di qualche artigiano e di un verniciatore bravo, tutto si può fare, tutto si può immaginare, ma probabilmente siamo già, e da parecchio, nel campo della fantascienza. Anche perché, se una cosa del genere fosse pure possibile coinvolgendo più persone, il rischio che qualcuno parli, prima o poi, è alto. I danni sarebbero devastanti, molto più di un corridore dopato. Perderebbe in credibilità una squadra intera e anche uno sponsor che di soldi ne dà parecchi per promuovere il proprio marchio. E non stiamo parlando di biciclette sconosciute, ma di marchi leader nel mercato mondiale. Insomma, la bici truccata è fattibilissima, ma è improbabile che venga usata.
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non e’ solo questione di
marketing 18
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hissà se l’avete notato il siparietto che si è creato nel Processo alla Tappa, la trasmissione della Rai dedicata ai commenti sul Giro, quando sono stati ospitati alcuni direttori sportivi con le bici delle loro squadre. Nella terza frazione del Giro, oltre alla preoccupazione e agli auguri per Pozzovivo,
caduto a terra rovinosamente, si è parlato anche di tecnica. Non ci aspettavamo approfondimenti importanti, i tempi televisivi sono quelli e bisogna tenere conto del pubblico che non va annoiato, però quando la conduttrice, Alessandra De Stefano (nella foto) ha chiesto ai direttori sportivi presenti con le bici dei loro team, di parlarne tecnicamente si è sfiorato il ridicolo. A parte le informazioni generiche, la cosa che ci ha fatto sobbalzare è stata la conclusione degli ospiti titolati che si sono accordati con un diplomatico “sono top di gamma, praticamente si equivalgono tutte”. Ecco, sono sicuramente ottimi ds quelli intervenuti, ma in un paio di secondi hanno fatto fuori ricerca e campagne marketing delle aziende che li sponsorizzano. Un colpo secco e tanti saluti. Tanto le bici sono tutte uguali... Ora, è vero che in termini prestazionali Alberto Contador ha vestito probabilmente la sua Maglia Rosa a prescindere dalla bici
su cui pedala, ma sparare così brutalmente forse non è stato molto saggio (diciamo così). Anche perché, soprattutto, dire che le top di gamma siano “tutte lì” non è corretto: le differenze ci sono eccome. Ovviamente non possono essere differenze da sport motoristici, il motore sono sempre le gambe del corridore, ma ci sono biciclette con caratteristiche molto diverse, che possono essere
adattate nel modo più corretto ai corridori che ci pedalano su e magari proprio su questo evidenziare le caratteristiche per cui il marchio di nome spende tanto. Il carro “Onda” di Pinarello ha un senso, così come la soluzione adottata da Cannondale per forcella e foderi bassi posteriori. E così via. Altrimenti è un po’ come quando si entra in un negozio e si chiede quale sia la differenza tra una bicicletta da 500 euro e una da 5.000. Rispondere che “una è più buona” non soddisfa nessuno e non giustifica la differenza di prezzo. Neanche è servita l’esortazione della De Stefano che chiedeva, almeno, di raccontare le esigenze particolari dei corridori. Silenzio da impreparati all’interrogazione. Le aziende che investono milioni di euro devono fare più attenzione ad informare bene cosa danno per correre ai propri team. Altrimenti si rischiano altri autogol clamorosi come questo.
Il Giro d’Italia porta in giro e dà visibilità a tanti marchi. Il costo è elevato ma visibilità e ritorno possono essere enormi.
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La prima tappa in linea ha detto subito che il pubblico c’è
il giro ha due
velocita’ 20
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l Giro d’Italia ha due marce. Una tranquilla, del pubblico che diventa sempre di più e rimette nell’ordine giusto lo stupore per la partenza irlandese del 2014. Il pubblico che sale in bicicletta sul Testico per aspettare il passaggio dei corridori sulla prima salita della corsa e aspetta paziente invadendo il Bar Pino che un incasso del genere forse lo fa in due mesi. E ne vale pure la pena, perché ha l’alimentari annesso e sì, c’è anche il “formaggio autoctono” che chiede qualcuno “perché sa, salendo in bici ho visto delle vacche”. Lo stesso pubblico che si entusiasma nell’arrivo a Genova, un boato da stadio che sale su fino al traguardo e poi prosegue in una ola di entusiasmo lungo i due giri del circuito cittadino col gruppo sbrindellato dalle cadute. Il Giro che diventa “violento” per la forza brutale espressa dai corridori e la gente che spinge per vedere meglio. Si azzuffano pure i fotografi rinchiusi in uno spazio troppo ristretto e forse qualcuno pecca di inesperienza a muoversi troppo davanti agli altri. Cadute che fanno
fuori corridori e speranze e lasciano a brandelli le maglie e marchiano la pelle. E anche un corridore ritrovato in tutta la sua potenza ed esperienza da pistard. Non si vince mica una volata come quella di Viviani se non hai l’occhio e i tempi del pistard dentro. Diciamolo forte a quelli che pensano che la pista sia solo una distrazione inutile. Progetti che partono da lontano, come quello Orica Greenedge che vince la cronosquadre e diventa il simbolo di un lavoro che porta tanti corridori ad alto livello e non solo un capitano. Il Giro è anche la maglia nera dell’ultimo in classifica che, a Genova, è quella arancione e blu di Manabu Ishibashi, giapponese, che in tutta quella confusione non cade ma, semplicemente, si stacca perché non ce la fa più. Il gruppo lo doppia sul circuito finale lasciandolo da solo più che mai, atteso dal massaggiatore e dai fotografi giapponesi. Ma anche da quella ragazzina orientale che si mette lì, espone la sua bandiera bianca col tondo rosso e aspetta la corsa, con la bocca coperta da un fazzoletto. Ovviamente rosa.
Pubblico e addetti ai lavori sono due facce della stessa medaglia. Stanchezza e fatica fanno parte dello spettacolo che fa bello il ciclismo.
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WHAT MATTERS IS INSIDE
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Manabu Ishibashi è il corridore giapponese di cui si parla nell’articolo. Sopra a destra Quintana “junior”. Dayer è il fratello più giovane di Nairo, vincitore del Giro 2014. Per lui un inizio non proprio facile. Qui a destra, invece, la voce del Giro: Stefano Bertolotti. È il bravo speaker che tiene aggiornato ed entusiasma il pubblico all’arrivo della tappa.
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quella voglia di
avventura e di far saltare 24
il banco
tattica: se l’ammiraglia osasse un di più
Un attacco da lontano è possibile nel ciclismo di oggi?
strategie studiate con cura, dove l’interesse può essere anche un piazzamento onorevole. e se invece ci si mettesse in gioco di più? Rischiare di perdere potrebbe diventare la strada per un successo che renderebbe immortali. non solo coraggio
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ome i barbieri, il lunedì, il Giro d’Italia risposa. E allora è il momento di sedersi, magari in poltrona, a leggere un libro, oppure frugare negli appunti delle corse che furono e pensare al ciclismo.
Uno come Contador nondà molte speranze di ribaltoni. Si prende anche la briga di aggiudicarsi un traguardo volante dando la sensazione, poi, di giocare al gatto col topo nel finale di tappa dove ha deciso chi far vincere e chi far perdere, da campione, non da cannibale (avrebbe potuto vincere lui senza troppi problemi, almeno l’impressione che dava era questa). In un Giro fare favori può tornare utile. L’Astana, formazione decisamente forte, ha dichiarato di aver provato a innervosirlo, in realtà non è sembrato che lo spagnolo fosse intimorito, anzi, in certi momenti, se non fosse stato per la maglia diversa, sembrava che avesse degli ottimi gregari a scortarlo fino a Madonna di Campiglio. Tant’è che quando Landa e Aru hanno provato a scattare, era più in difficoltà lo stesso Aru che non Contador. Tracciando una riga, insomma, si può ragionevolmente affermare che Contador così non lo si batte a questo Giro. Forte e d’esperienza com’è è difficile pure sperare in una sua giornata storta (che comunque ha saputo controllare, nell’ultima tappa). Ha pure dimostrato di essere più forte della sfortuna, si è ripreso da una caduta dolorosa e nell’altra, poco dopo, ha trovato un compagno di squadra pronto a dargli la bici più rapido di tutti. La squadra c’è.
Foto pag. 25 e 27: ©ansa - dal Zennaro/Peri Bisogna inventare qualcosa Nelle letture tranquille del giorno di pausa ci è tornato in mente il Tour de France del 1990, quando Chiappucci rischiò di vincere la maglia gialla grazie ad una fuga lasciata andare nelle prime giornate e con minuti che a un certo punto sembrarono troppi da recuperare anche per il predestinato LeMond. L’americano, che poi vinse quel Tour, capì presto che non sarebbe riuscito a prevalere sul rivale solo con uno scontro faccia a faccia. Allora si lavorò di strategia. In una tappa non impossibile LeMond mandò in fuga Pensec, compagno di squadra e vicino in classifica alla maglia gialla (faceva parte anche lui di quella prima fuga iniziale e aveva pure indossato la maglia gialla prima di cederla all’italiano), tanto da im-
La fuga e la sfida fanno il fascino del ciclismo. Ottimo interprete Philippe Gilbert, sopra. Ma anche Aru ha detto la sua.
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OY ENJ IKE B THE RLD WO
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VERONA 11/14 settembre 2015
WWW.COSMOBIKESHOW.COM
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all’attacco!
pensierire Chiappucci. Questi dovette rispondere e, al successivo attacco di LeMond, non ebbe più la forza di reagire.
Nel ciclismo moderno gli attacchi da lontano, da parte degli uomini di classifica, sono molto rari. D’altra parte un buon piazzamento ha un valore economico importante
Ora, lasciandoci andare un po’ al fantaciclismo, sarebbe stato bello ipotizzare un attacco da lontano di Landa (oppure di Aru), con uno dei due che rischiasse di finire completamente fuori classifica (perché se va male...) ma, al tempo stesso, cercasse di ribaltare tutta la situazione. Non solo lasciando senza squadra Contador, ma cercando anche di farlo andare in crisi. Magari anche coordinandosi con gli altri in classifica generale. Questa è un’idea e certamente dalle dichiarazioni di Martinelli (direttore sportivo di Aru e Landa) molto tiepide, non ci si aspettava chissà che attacchi. D’altra parte, nel ciclismo di una volta (livelli diversi, anche dei gregari, va detto), queste cose si facevano e si osavano. Oggi ci auguriamo sempre che qualcuno abbia voglia di inventare e osare. Sarebbe decisamente più appassionante così che vedere corridori che difendono la posi-
zione in classifica, che avrà pure un valore, ma non dà passione. Il ciclismo è nella fantasia e nelle fughe da lontano. E visto che a Madonna di Campiglio si ricordava Pantani, ci si potrebbe ricordare del come sia entrato così bene nel cuore della gente, anche facendogli dimenticare il resto per cui certo, non varrà la santificazione.
Fabio Aru e Alberto Contador. Sfida, stima e qualche “dispetto” agonistico.
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Le scelte dei corridori professionisti
il rapporto più corto serve anche ad attaccare
Altro che rapporto “da difesa”. Il 29 permette di salvare le gambe e seguire un ritmo adeguato alle proprie forze anche su pendenze importanti. I corridori hanno sfruttato appieno la possibilità. E l’assortimento non ne risente più di tanto
una risorsa chiamata ventinove
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apporti da Mortirolo e Colle delle Finestre, rapporti da salita e ancora di più. Il Giro d’Italia ha definitivamente sdoganato le scelte super-agili, che non sono peccato nemmeno sulle biciclette dei professionisti. Roba che a montare certi ingranaggi ci si sente meno “gagliardi” degli altri e allora si tende a rifiutare persino la compact. Ma se serve perché rinunciarci? Tanto più se ci sono dei tratti sterrati, dove alzarsi sui pedali diventa un problema per la tenuta sul fondo stradale scivoloso. Un’esigenza pratica prima ancora che di stile della pedalata e di calcoli sulla potenza: senza certi rapporti si rischia di appesantire la pedalata e compromettere tutto. Una volta si pensava alla tripla, quando il pacco pignoni arrivava a sei o sette ingranaggi. Oggi, con 11, non c’è nemmeno più il problema di dover saltare troppi denti tra un pignone e l’altro. Anche la compact può essere trascurata se dietro c’è un 29 (Aru ha fatto il Colle delle Finestre col 39, davanti, come ingranaggio più piccolo). Qualcuno osa anche di più salendo sul Mortirolo, aumentando ancora dietro, oppure rimpicciolendo davanti. Anche andando oltre le specifiche dei componenti e facendo attenzione a non fare danni, perché quelle indicazioni raccontate nei manuali tecnici della com-
giro d’italia tecnico
Con la compact, anche senza il 29, si può andare quasi ovunque.
ponentistica non sono capricci d’ingegneri che ne vogliono sapere sempre una in più “che poi tanto funziona lo stesso”. Andare fuori specifiche significa sfruttare le tolleranze, che ci sono sempre, ma col rischio di trovarsi con qualcosa di non funzionante in breve tempo. Soprattutto se il cambio posteriore non viene montato nella versione a bilanciere lungo. Si rischia di spaccare tutto, oppure di veder penzolare la catena. D’altra parte, anche un 34x29 può essere sufficiente, no? Ci si avvicina sempre di più al rapporto 1:1, un giro di ruota per un giro di pedalata, roba che nemmeno in mountain bike a momenti. Però, se anche i corridori professionisti cercano questi rapporti un motivo c’è: dal tenersi una possibilità “d’emergenza” in caso di crisi, oppure sfruttare quel pignone in più per tenere meglio la linea di catena. E comunque, pensando a chi non pedala per professione, è la soluzione per avere la possibilità di salire comunque a buon ritmo pure se la preparazione non è il massimo e con 11 velocità a disposizione non è nemmeno (troppo) un problema di scarso assortimento dei rapporti. Addio vecchio 25 allora. È il momento del 29 e se a dare l’esempio sono i professionisti c’è anche da osare di più. Come già succede dopotutto.
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specialized: una tarmac tutta rosa Foto di roberto bettini Tutti gli sponsor a celebrare la vittoria dello spagnolo. Personalizzate anche le rotelline del cambio
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er l’ultima frazione del Giro d’Italia 2015, quella della passerella finale a Milano, Alberto Contador ha utilizzato una bicicletta particolare, costruita apposta per celebrare la sua vittoria nella corsa a tappe italiana. I tecnici Specialized gli hanno approntato un telaio Tarmac identico a quello che lo spagnolo utilizza abitualmente, ma completamente di colore rosa. Si tratta sempre della versione “Rider First Engineered” che è stato realizzato assieme ai tecnici della McLaren per quanto riguarda lo sviluppo della fibra di carbonio. È un lavoro di ottimizzazione del composito che ha permesso, grazie alle simulazioni dinamiche, sfruttando lo stesso software adottato per le macchine di F1, di ottenere risultati ancora migliori rispetto al modello precedente utilizzato dai team sponsorizzati dalla casa americana. Con il nuovo telaio Specialized ha rielaborato tutte le misure andando di fatto a realizzare un progetto diverso per ogni taglia, ottimizzandone disposizione della fibra e geometria. La bicicletta è montata secondo le sponsorizzazioni della squadra, con gruppo Shimano Dura Ace elettronico e ruote Roval sempre di produzione Specialized. Particolare la scelta dei dettagli rosa. Non solo il nastro manubrio e la sella, ma anche i pedali e, addiritture, le rotelline del cambio realizzate appositamente.
Roberto Bettini, uno dei migliori fotografi al seguito del Giro d’Italia, ha colto le fasi di montaggio della bici per l’ultima tappa. Da notare la scelta della doppia sovrapposizione del nastro manubrio.
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