2 minute read

Il caso della Val d’Agri

Next Article
L’ENI IN ITALIA

L’ENI IN ITALIA

Casistica 20 IL CASO DELLA VAL D’AGRI

CDCA FOCUS ENI 2019

Advertisement

Nel territorio della Val D’Agri si trova il più grande giacimento di idrocarburi dell’Europa continentale, sfruttato da Eni dagli anni ’90. Gli impatti delle attività estrattive e la mancanza di corretta informazione e di spazi di partecipazione cittadina nelle decisioni riguardanti l’estrazione e la gestione delle risorse hanno generato un malcontento che ha portato le comunità locali a costituirsi in comitati per denunciare le criticità sociali, economiche e ambientali oltre che la mancanza di processi di sviluppo locale duraturo a fronte dell’indebolimento delle economie tradizionali, basate soprattutto su agricoltura e turismo. Nel 2006 dall’esperienza di diverse associazioni è nata OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) che ha portato avanti un prezioso lavoro di monitoraggio quotidiano, informazione e pressione istituzionale sugli impatti delleattività petrolifere. La OLA è stata vittima di pressioni e di vari tentativi di criminalizzazione che hanno portato alla decisione di sospendere le attività nel 2016. Nello stesso 2016 un’inchiesta giudiziaria della Procura di Potenza ha portato all’arresto di sei funzionari e dipendenti del COVA e dell’ex sindaco di Corleto Perticara con le accuse di traffico, smaltimento illecito di rifiuti e irregolarità nella gestione dei reflui petroliferi. Il Centro Oli è stato posto sotto sequestro e le attività si sono fermate per alcuni mesi. Nel 2017 uno sversamento di petrolio dal COVA ha causato la fuoriuscita di 400 tonnellate di greggio (secondo le stime di ENI, che ha dapprima negato poi ammesso l’incidente). Di conseguenza lo stabilimento è stato nuovamente chiuso dalla Regione che ha disposto una serie di adeguamenti all’impianto prima della riapertura. Nel settembre 2017 sono stati presentati i risultati della VIS -Valutazione di Impatto Sanitario realizzata sugli abitanti dei comuni di Viggiano e Grumento, i due paesi maggiormente esposti ai fumi del Centro Olio. La VIS - coordinata dal prof. Bianchi del Ifc-Cnr, a capo di un team composto da ricercatori provenienti da enti di ricerca tra cui da Isac e Ise del Cnr, Università di Bari, dipartimento di epidemiologia della regione Lazio - ha analizzato i dati di mortalità e ricoveri nel periodo 2000-2014 e rilevato a Viggiano un eccesso di mortalità per tutte le cause e per malattie cardiocircolatorie per uomini e donne, come anche per tumore al polmone delle donne. Eccesso di mortalità per tutte le cause, pur non significativo statisticamente, si registra anche a Grumento, dove è invece in eccesso la mortalità per tumore allo stomaco in entrambi i sessi. Ad un aumento dell’esposizione ai fumi del Cova, sembrerebbe crescere insomma anche il rischio di ospedalizzazione e mortalità prematura. Fortemente voluta dalla cittadinanza e finanziata, in assenza di attenzione ed intenzione da parte della Regione Basilicata, dai due comuni interessati e dagli stessi enti conduttori, la VIS ha contribuito a fornire evidenze scientifiche circa gli impatti sanitari delle attività petrolifere nella zona. L’Eni ha risposto alla pubblicazione dei risultati dell’indagine mettendo in dubbio il valore scientifico della ricerca, contestandone i dati e convocando una propria conferenza stampa finalizzata a smentire le risultanze scientifiche dello studio. Per chiedere approfondimenti e indipendenza nelle attività di monitoraggio sanitario ed ambientale e portare avanti in maniera coordinata attività di denuncia sugli impatti delle attività estrattive, è nato l’Osservatorio Popolare Val D’Agri che riunisce cittadini e organizzazioni da anni attive per la tutela del territorio e della salute pubblica.

This article is from: