Vademecum 2.0

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Vademecum 2.0 Pavimentazioni in Calcestruzzo a cura di Gianluca Pagazzi

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Vademecum 2.0 Pavimentazioni in calcestruzzo

Alaska concrete srl - via Galvani 4, z.i. 33080 Porcia (PN)


Introduzione Costruire in modo sicuro e durevole è un dovere sociale ed è frutto di conoscenza, applicazione ed esperienze. Partendo da tale principio anche Alaska academy (area tecnico-informativa e formativa di Alaska concrete) riscontra che alle pavimentazioni in calcestruzzo, nella maggior parte dei casi, non viene prestata la stessa attenzione progettuale ed esecutiva che viene riservata alle altre strutture come fondazioni, muri in elevazione, travi, solai, ecc… Conseguentemente le pavimentazioni potenzialmente rappresentano le strutture in calcestruzzo che possono essere coinvolte da difetti, da controversie e, conseguentemente da contenziosi. Con questa prima edizione del Vademecum 2.0 Pavimentazioni in calcestruzzo ci si prefigge l’obiettivo di fornire uno strumento, utile e di facile consultazione per tutti i soggetti interessati o coinvolti nella realizzazione delle pavimentazioni in calcestruzzo (Committente, Progettista, Direttore dei lavori, Impresa esecutrice, Produttore di calcestruzzo, Collaudatore e Utilizzatore finale). Vademecum 2.0 Pavimentazioni in calcestruzzo è uno strumento articolato in 21 capitoli dai contenuti tecnici-normativi-esecutivi-pratici redatto grazie al contributo di esperti di pluriennale esperienza operanti nei settori delle costruzioni, del calcestruzzo preconfezionato, delle pavimentazioni industriali e civili ed in particolare nello sviluppo del Progetto Concrete (dell’Associazione Tecnico Economica del Calcestruzzo Preconfezionato) che ha ricevuto un grande riscontro e successo per la consulenza prestata nella realizzazione delle principali opere in tutto il territorio Nazionale. Questa edizione del Vademecum 2.0 Pavimentazioni in calcestruzzo è stata redatta in conformità alle attuali Norme in vigore ed a quelle in fase di approvazione. Porcia (PN), febbraio 2013

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Introduzione

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5. armatura pag 18 5.1 Pavimenti in calcestruzzo senza armatura strutturale pag 18 5.2 Pavimenti senza armatura strutturale in calcestruzzo a ritiro compensato pag 18 5.3 Pavimenti in calcestruzzo con armatura strutturale pag 19 5.4 Pavimenti in calcestruzzo con cavi post-tesi pag 19 5.5 Pavimenti in calcestruzzo fibro-rinforzato pag 19

indice 0. TERMINI E DEFINIZIONI SECONDO LA NORMA UNI 11146

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1. destinazione d’uso

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6. strati di separazione

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7. effetto “curling” analisi e considerazioni pag 21 2. classificazione per tipologie e per us0 pag 6 2.1 Classificazione per tipologia di supporto pag 6 8. tipologia di giunti pag 22 2.1.1 Pavimentazione su terreno pag 6 8.1 Giunti di costruzione pag 22 2.1.2 Pavimentazione su soletta pag 7 8.2 Giunti di dilatazione pag 24 2.1.3 Pavimentazione su pavimento esistente pag 7 8.3 Giunti di isolamento pag 24 2.2 Classificazione per detstinazione d’uso pag 8 8.4 Giunti di contrazione o giunti di controllo pag 26 2.3 Classificazione in base alla resistenza all’abrasione pag 8 2.4 Classificazione in base al grado di planarità pag 10 9. riempimenti e sigillature pag 28 9.1 Riempimenti pag 28 3. pavimento su terreno pag 11 9.2 Sigillature pag 28 pag 11 3.1 Analisi del terreno 9.2.1 Caratteristiche dei sigillanti pag 29 3.1.1 Progetto geotecnico pag 12 3.1.2 Relazione geotecnica pag 12 10. distanziatori, traliccio e rete pag 29 3.1.3 Indagini geotecniche pag 12 3.2 Sottofondo pag 12 11. rinforzi vertici strutture esistenti e/o elementi di servizio 3.2.1 Criteri di valutazione e controllo della costante elastica di progetto pag 13 (pozzetti, griglie di raccolta acque, ecc) pag 30 3.3 Massicciata pag 15 3.3.1 Caratteristiche dei materiali che costituiscono la massicciata pag 15 12. calcestruzzo pag 30 3.3.2 Dettagli e particolari esecutivi pag 16 12.1 Premessa pag 30 3.3.3 Pendenze, planarità, portanza pag 17 12.2 Ingredienti pag 31 12.2.1 Aggregati pag 31 4. progettazione - dimensionamento 12.2.2 Additivi pag 31 della piastra di calcestruzzo pag 17 12.2.2.1 Superfluidificanti o riduttori d’acqua pag 31 4.1 Stato limite d’apertura delle fessure pag 17 12.2.2.2 Ritardanti o acceleranti pag 31 4.2 Ipotesi di progettazione pag 18 12.2.2.3 Additivi ad azione mista pag 32 4.2.1 Sezione interamente reagente pag 18 12.2.2.4 Aeranti pag 32 4.2.2 Sezione parzializzata pag 18 12.2.2.5 Riduttori di ritiro pag 32 12.2.2.6 Espansivi non metallici pag 32

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12.2.3 Aggiunte minerali pag 32 19.0.3 Delaminazione 12.3 Classe di resistenza caratteristica a compressione pag 32 pag 41 12.4 Classe di esposizione ambientale pag 33 19.1 Problematiche in prossimità di elementi presenti a contatto con la pavimentazione pag 42 12.4.1 Pavimentazioni interne pag 33 19.2 Problematiche dovute alla realizzazione su pavimento esistente pag 42 12.4.2 Pavimentazioni esterne pag 33 19.3 Problematiche su strutture che non sono pavimentazione ma opere generiche pag 42 12.5 Scelta della classe di consistenza pag 34 19.4 Problematiche dovute al supporto particolare: travi e solai prefabbricati pag 42 12.6 Bleeding pag 34 19.5 Differenze di finitura e cromatiche in adiacenza a strutture o pag 42 12.7 Ritiro igrometrico pag 34 elementi presenti a contatto con la pavimentazione 12.8 Contenuto di aria pag 34 19.6 Interruzione del taglio per la realizzazione del giunto di controllo pag 43 12.8.1 Aria intrappolata pag 34 19.7 Presenza di fibre in superficie pag 43 12.8.2 Aria inglobata pag 34 19.8 Presenza di contaminanti leggeri in superficie pag 43 12.9 Prescrizioni in merito al rischio di reazioni alcali-aggregato pag 34 19.9 Differenze cromatiche pag 43 19.10 Presenza di gibbosità pag 43 13. tipo di finitura e strato d’usura pag 35 13.1 Strato di finitura e trattamenti superficiali: prestazioni pag 35 20. corretto utilizzo della pavimentazione pag 44 13.1.1 Resistenza all’abrasione e all’usura pag 35 13.2 Resistenza all’urto pag 35 21. uso e manutenzione pag 44 13.3 Resistenza chimica pag 37 21.0 Introduzione pag 44 13.4 Polverosità pag 37 21.1 Uso della pavimentazione - variazioni di destinazione d’uso pag 44 13.5 Sdrucciolevolezza pag 37 21.1.1 Tipologia di manutenzione delle pavimentazioni pag 45 pag 37 pag 45 13.6 Funzione estetica 21.1.2 Tipologia di manutenzione delle pavimentazioni 13.7 Antistaticità pag 37 21.1.3 Programma di manutenzione pag 46 13.8 Protezione dalle azioni ambientali pag 38 21.2 Pulizia pag 47

14. impianti a pavimento

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15. stagionatura/maturazione

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16. planarità

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17. orizzontalità

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18. pendenza

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A. Appendice pag 47 A.1 Ruoli pag 47 A.1.1 Progettista pag 47 A.1.2 Direttore dei lavori pag 47 A.1.3 Produttore pag 48 A.1.4 Costruttore pag 48 A.2 Documentazione progettuale pag 48 A.3 Sequenza delle lavorazioni pag 48 A.3.0 Verifica delle condizioni ambientali pag 48 A.3.1 Fasi operative dell’esecuzione pag 48

19. note e criticità dovute alla particolarità pag 40 delle lavorazioni d. Disegni // fasi operative dell’esecuzione 19.0.1 Microcavillature pag 40 della pavimentazione: processo completo 19.0.2 Fessure e tolleranze pag 41 B. bibliografia 01_rev 01/2013-1

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Indice

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0. TERMINI E DEFINIZIONI SECONDO LA NORMA UNI 11146 Al fine di rendere univoca la comunicazione, sia verbale che scritta, di seguito riportiamo la terminologia appropriata che dovrebbe accompagnare, in tutte le fasi comprese tra la progettazione ed il collaudo, la realizzazione della pavimentazione in calcestruzzo. Termini e definizioni: Caposaldo: Punto fisso rispetto al quale si imposta la quota di riferimento del pavimento da realizzare. Giunto: Discontinuità nella piastra di calcestruzzo o in altri elementi costruttivi che interessa tutto lo spessore o parte di esso. Giunto di costruzione: Giunto che suddivide la pavimentazione in moduli di cui è prevista la realizzazione in tempi diversi. Estesi a tutto lo spessore sono spesso organizzati in modo da trasmettere parte del carico presente su una piastra alla piastra adiacente. Si cerca in tal modo di ridurre il gradino di deformazione dovuto a un diverso schema di carico delle due piastre che risulterebbe di ostacolo alla circolazione dei mezzi e oggetto di precoce deterioramento. Giunto di deformazione (di dilatazione e di controllo o contrazione): Giunto che ha lo scopo di assorbire i movimenti termoigrometrici della piastra di calcestruzzo: dilatazioni dovute a escursioni termiche (nel caso di pavimentazioni esterne), contrazioni dovute al ritiro igrometrico del calcestruzzo (sempre presente, ma di particolare rilievo per le pavimentazioni interne protette dall’escursione termica). Giunto di isolamento: Giunto che isola la pavimentazione da elementi fissi e/o singolari (muri, pilastri, travi di fondazione, pozzetti, ecc.), che serve a limitare l’innesco di fessure dovute alla deformabilità impedita della pavimentazione in prossimità di tali elementi. Imbarcamento (curling): Deformazione delle piastre di calcestruzzo dovuta alle contrazioni differenziali tra le superfici superiore ed inferiore della piastra a causa della diversa velocità di evaporazione dell’acqua sulle due superfici. La deformazione si manifesta come un incurvamento concavo bidirezionale della piastra e sollevamento degli spigoli. Massicciata: Ha la funzione di trasmettere al suolo le sollecitazioni meccaniche impresse dai carichi alla pavimentazione. Può essere mono o multistrato. 01_rev 01/2013-1

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Pavimento / Pavimentazione di calcestruzzo: Insieme di piastra di calcestruzzo e strato di usura. Planarità: La planarità è lo stato di una superficie piana che non presenta irregolarità, sia convesse che concave. La planarità è indipendente dalla pendenza e dall’orizzontalità. Strato di separazione: Strato che separa il pavimento di calcestruzzo dal supporto. Può essere composto da: strato di scorrimento, strato impermeabilizzante, barriera al vapore, ecc… Sottofondo: Strato o sistema di strati sottostanti la massicciata. Il sottofondo può essere costituito dal terreno naturale oppure da un sistema composto dal terreno naturale e da strati di terreno interposti tra il suolo e la massicciata con funzioni di bonifica o di riempimento. Strato (o manto) di usura: Strato superiore di un pavimento utilizzato come pavimentazione finita. Supporto: Insieme integrato degli strati disposti sotto il pavimento. Vita utile di progetto: Periodo ipotizzato in cui una struttura deve essere usata per le sue finalità d’uso con manutenzioni anticipate ma senza che siano necessari sostanziali restauri.

1. destinazione d’uso La destinazione d’uso delle pavimentazioni in calcestruzzo va sempre specificata ed è fondamentale sia per la progettazione (spessori, tipologia di finitura, armatura presente oppure no, utilizzo di calcestruzzo fibrorinforzato tipo di giunto e sigillatura, ecc…) che per la sua realizzazione. Ogni variazione di destinazione d’uso potrebbe comportare un necessario adeguamento e/o rifacimento della pavimentazione. Riportiamo alcuni esempi di destinazioni d’uso: ˁˁ Pavimenti per interni o per esterni; ˁˁ Uffici; ˁˁ Marciapiedi; ˁˁ Cantine; ˁˁ Disimpegni; ˁˁ Magazzini e industrie con uso occasionale di transpallets, con la presenza di scaffalature leggere;

0. Termini e definizioni secondo la norma UNI 11146 - 1. Destinazione d’uso

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ˁˁ Magazzini della grande distribuzione e dell’industria, con uso intensivo di carrelli elevatori, con presenza di scaffalature; ˁˁ Industria, scaffalature; ˁˁ Moli, banchine portuali; ˁˁ Carichi speciali; ˁˁ Piazzali; ˁˁ Depositi in casse o container; ˁˁ Depositi di materiale sfuso; ˁˁ Carichi concentrati o distribuiti; ˁˁ Vicinanza fonti di calore; ˁˁ Deposito di prodotti aggressivi per il calcestruzzo; ˁˁ Scaffalature fisse e mobili. Condizioni di traffico: ˁˁ Pedonale; ˁˁ Automezzi su pneumatici; ˁˁ Carrelli elevatori su pneumatici; ˁˁ Automezzi su pneumatici; ˁˁ Carrelli elevatori con ruote piene; ˁˁ Transpallets.

2. CLASSIFICAZIONE PER TIPOLOGIE E PER USO > 2.1 CLASSIFICAZIONE PER TIPOLOGIA DI SUPPORTO I pavimenti in calcestruzzo possono essere suddivisi nelle seguenti tipologie: ˁˁ pavimentazioni su terreno; ˁˁ pavimentazioni su soletta; ˁˁ pavimentazioni su pavimento esistente.

In tutte le tipologie descritte nel seguito può essere presente uno strato di isolamento termico, la cui deformabilità deve essere considerata nella valutazione della rigidezza del supporto. 2.1.1 PAVIMENTAZIONI SU TERRENO Nella figura che segue è illustrata la sequenza tipica degli strati che costituiscono una pavimentazione in calcestruzzo realizzata su terreno: a. pavimento in calcestruzzo; b. supporto costituito da massicciata e sottofondo. Il pavimento in calcestruzzo è costituito da: 1. strato di finitura; 2. piastra in calcestruzzo; 3. strato di separazione (barriere al vapore, barriere ai liquidi, barriere di scorrimento ecc). Il supporto è costituito da: 4. massicciata; 5. sottofondo. La natura e lo spessore della massicciata e degli strati di sottofondo dipendono dalle caratteristiche geometriche, strutturali, geotecniche e idrauliche del sistema.

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a

3 4

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01_Pavimento su massicciata

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2. Classificazione per tipologie e per uso

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2.1.2 PAVIMENTAZIONI SU SOLETTA Nella figura è illustrata la sequenza tipica di strati che costituisce una pavimentazione in calcestruzzo realizzate su soletta. Si individuano due strati principali: a. pavimento in calcestruzzo; b. soletta;

2.1.3 PAVIMENTAZIONI SU PAVIMENTO ESISTENTE Nella figura è illustrata la sequenza tipica di strati che costituisce una pavimentazione in calcestruzzo realizzata su un pavimento esistente. Si individuano due strati principali: a. pavimento in calcestruzzo; b. pavimento esistente;

Il pavimento in calcestruzzo è costituito da: 1. strato di finitura; 2. piastra in calcestruzzo; 3. strato di separazione.

Il pavimento in calcestruzzo è costituito da: 1. strato di usura; 2. piastra in calcestruzzo; 3. strato di separazione.

Il supporto è costituito da: 4. soletta strutturale; 5. elemento prefabbricato (ove presente).

Il pavimento esistente si aggiunge allo strato di supporto:

1

La pavimentazione può essere collaborante o meno con la soletta. Nel primo caso non esiste alcuna separazione fra il getto del pavimento ed il getto della soletta.

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a

3

La pavimentazione collaborante con la soletta è in genere una soluzione sconsigliata in quanto rende più difficoltoso il controllo della fessurazione e di altre problematiche.

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2 4

3

b

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02_Pavimento su soletta non collaborante

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b

a

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2. Classificazione per tipologie e per uso

03_Pavimentazione su pavimento esistente

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tab 01

TIPO

CAMPI DI UTILIZZO PREVALENTE

CONDIZIONI DI CARICO PIÙ SIGNIFICATIVE

1

Uffici, marciapiedi, cantine, disimpegni

- Statici e dinamici non compresi nei tipi successivi.

2

Autorimesse, piazzali, box, corselli

- Automezzi su pneumatici di massa totale ≤ 35 kN

3

Magazzini e industria con uso occasionale di transpallets, presenza di scaffalature leggere Piazzali di autorimesse

- Carrelli elevatori con carico per asse ≤ 25 kN - Scaffalature aventi carico massimo ≤ 10 kN/appoggio - Automezzi su pneumatici di massa totale ≤ 130 kN

Magazzini per la grande distribuzione e industria con uso intensivo di carrelli elevatori, presenza di scaffalature

- Carrelli elevatori con pneumatici di massa > 25 kN - Transpallet di massa totale< 10 kN - Carrelli elevatori con ruote piene di massa totale < 45 kN - Scaffalature aventi carico massimo ≤ 30 kN/appoggio - Automezzi di massa totale ≤ 300 kN

Industria pesante, scaffalature alte e con carichi elevati, moli ebanchine portuali e carichispeciali, piazzali di interporti

- Transpallet con massa totale > 10 kN - Carrelli elevatori con ruote piene di massa totale > 45 kN - Scaffalature aventi carico massimo > 30 kN/appoggio - Automezzi su pneumatici di massa totale > 300 kN - Scaffalature con altezza superiore a 8 m

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5

Classificazione dei pavimenti industriali in funzione dell’uso Nota: Nel caso di altezze delle scaffalature superiori a 6 - 8 metri la planarità diventa un requisito prestazionale importante da indicare in fase progettuale.

> 2.2 CLASSIFICAZIONE PER DESTINAZIONE D’USO

Le pavimentazioni in calcestruzzo possono essere classificate secondo lo schema riportato nella tabella (tab 01), in funzione dell’uso previsto. Sempre nella stessa tabella, sono descritte le condizioni di carico più significative.

> 2.3 CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA RESISTENZA ALL’ABRASIONE Classificazione dei pavimenti in calcestruzzo in base alla resistenza all’abrasione.

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2. Classificazione per tipologie e per uso

La classificazione delle tabelle che seguono, forniscono classi prestazionali per un pavimento, sempre con riferimento all’abrasione (AR = Abrasion Resistance), determinati con il metodo BCA (vedi Norma UNI EN 13892-4), che esprime la profondità massima di usura in μm (tab 02 03). Dalla nota allegata alla BS 8204-2, si specifica che le aree di test per le prove, dovrebbero essere selezionate in modo casuale su calcestruzzi maturati almeno per 28 giorni, essenti da olii e con le superfici più levigate e regolari possibile; il numero delle aree di test deve essere definito in funzione della superficie totale della pavimentazione da verificare. Le prove con questo metodo si basano sulla profondità media di usura provocata da tre ruote di acciaio temperato che girano su un anello sotto carico normalizzato.

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tab 02

classe

condizioni di traffico più frequenti

AR 3

Pedonale Automezzi su pneumatici di massa totale < 300 kN Carrelli elevatori su pneumatici

AR 2

Carrelli elevatori, con ruote piene, di massa totale < 45 kN Transpallets con massa totale < 5 kN Automezzi su pneumatici di massa totale > 300 kN

AR 1

Carrelli elevatori, con ruote piene, di massa totale > 45 kN Transpallets con massa totale > 5 kN

AR 0.5

classe

3

4 03_Abrasion tester

condizioni di utilizzo

profondità massima di usura

severa abrasione o impatto

50 µm (0,05 mm)

AR 1

abrasione molto alta

100 µm (0,1 mm)

AR 2

abrasione alta

200 µm (0,2 mm)

AR 3

abrasione moderata

300 µm (0,3 mm)

AR 0,5

tab 03

2

1_ motore elettrico 2_ struttura con carico 3_ telaio di sostegno 4_ ruote in acciaio 5_ vista dall’alto del disco

Usi speciali, diversi dai precedenti

Classificazione dei pavimenti industriali di calcestruzzo in base alla resistenza all’abrasione Classificazione AR secondo BS 8204-2 Nota: Nell’impossibilità di conoscere con certezza l’effettiva intensità di traffico è consigliabile adottare la classe superiore a quella di riferimento.

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2. Classificazione per tipologie e per uso

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> 2.4 CLASSIFICAZIONE IN BASE AL grado di planarità

Attenzione: In assenza di prescrizioni progettuali, il grado di planarità contrattuale è da intendersi il Gruppo 2.

La classificazione della planarità nelle pavimentazioni in calcestruzzo per uso industriale è in relazione all’uso previsto ed in particolare al tipo di movimentazione e di stoccaggio delle merci. Le tolleranze di planarità dovranno essere prescritte progettualmente in relazione all’altezza delle scaffalature e al tipo di carrelli utilizzati nella movimentazione delle merci. Inoltre diverse sono le esigenze nelle zone della pavimentazione libere, con movimentazione random, rispetto a quelle presenti nelle corsie delle scaffalature. Anche l’orizzontalità della pavimentazione deve essere prescritta progettualmente. Un grado di planarità più restrittivo richiede particolari accorgimenti progettuali ed esecutivi che comportano costi di realizzazione maggiori. Le normative di riferimento sono elencate nel seguito: UNI 11146, DIN 15185, DIN 18202, EN 15620. Tolleranze con superfici libere (tab 04).

Salvo esigenze molto particolari, il gruppo indicato con la numerazione 2, 3 e 4 è indicato nei i vari casi delle pavimentazioni in calcestruzzo relative alle zone libere, dove la movimentazione avviene in modo casuale.

Nel caso di movimentazione vincolata, come nel caso delle corsie fra le scaffalature, come ad esempio in presenza di scaffalature e relative corsie di transito dei carrelli, tra i requisiti di planarità si dovrà considerare anche l’altezza delle scaffalature e la distanza tra le ruote del carrello, così come riportato nella tabella seguente (tab 05). Per altezze delle scaffalature superiori a 10 m, i valori possono essere ancora più restrittivi in relazione al tipo di carrello utilizzato. Per altezze superiori a 13 m dovranno essere utilizzati accorgimenti particolari da stabilire in fase di progetto. Valore limite della tolleranza (in mm) del dislivello tra le due ruote esterne del carrello rispetto alla loro distanza in metri

0,1

1

4

10

15

2

Pavimentazioni prive di finitura superficiale, sottofondi e piastre di calcestruzzo soggette a successivo trattamento per ottenere requisiti più stringenti (ad es. per ricevere ulteriori finiture quali rivestimenti a spessore, pavimentazioni industriali, piastrelle e strati in aderenza) o per pavimentazioni con minori prestazioni (ad es. zone di deposito, cantine)

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15

20

3

Pavimentazioni con finitura superficiale (ad es. per corsie stradali, o pronti per ricevere una finitura successiva, piastrelle, rifiniti con strati o altre finiture lisciate o spatolate posate in aderenza)

2

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10

12

15

4

Come per il gruppo 3, ma soggetti a requisiti più stringenti

1

3

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15

tab 04

gruppo

deviazione applicabile a

(a) Il valore in questa colonna è applicato anche alla distanza fra i punti di misura maggiore di 15 m Classificazione dei pavimentazioni industriali di calcestruzzo in base al grado di planarità (in accordo alle norme DIN 18202). Nota 1: Evitare che il sottofondo produca delle variazioni di sezione dei pavimenti in calcestruzzo, poiché comportano la nascita di fessurazioni, cedimenti ed altre problematiche.

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2. Classificazione per tipologie e per uso

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Valore limite della tolleranza (in mm) del dislivello tra le due ruote esterne del carrello rispetto alla loro distanza in metri

1 m < x < 1,5 m

1,5 m < x < 2,0 m

2 m < x < 2,5 m

Altezza di sollevamento del carrello ≤ 6,00 m

5

8

12

15

Altezza di sollevamento del carrello > 6,00 m e operazioni meccanizzate

2

4

10

12

tab 05

x<1m

Differenza di quota fra le ruote dei carrelli (DIN 15185).

Misure prefissate dei valori limite (in mm) rispetto alla distanza dei punti di misura (in m) esterne del carrello rispetto alla loro distanza in metri

3. Pavimento su terreno

tab 06

Per tutti i tipi di applicazione

1m

2m

3m

4m

2,0 mm

3,0 mm

4,0 mm

5,0 mm

La misura della planarità viene condotto in accordo al DIN 18202 Tolleranze per la planarità longitudinale delle corsie.

Nella tabella che precede (tab 06), si riportano le tolleranze per la planarità longitudinale della corsia. La pavimentazione in calcestruzzo viene normalmente raccordata agli elementi circostanti già posizionati in quota (soglie, chiusini, basamenti, piani di scarico, ecc.); in questi casi l’orizzontalità non è un requisito applicabile. Per le pavimentazioni esterne è possibile ottenere il regolare deflusso dell’acqua o del liquido presente anche con pendenze generalmente comprese tra 1 e 1,5% utilizzando opportuni accorgimenti procedurali e di controllo in corso d’opera. A fronte di motivate esigenze specifiche, definite in fase progettuale, si può andare in deroga ai limiti delle pendenze sopraindicate purché sia consentito un regolare deflusso delle acque.

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3. Pavimento su terreno

3. Pavimento su terreno > 3.1 analisi del terreno Prima dell’inizio delle operazioni di preparazione e/o posa per la realizzazione di pavimentazioni in calcestruzzo è opportuno che tali fasi siano precedute da una adeguata preparazione del terreno di sottofondo, finalizzata ad ottenere una portanza sufficiente, in relazione ai carichi in

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gioco, ad impedire cedimenti eccessivi che producano la fessurazione del conglomerato. Per i valori minimi del coefficiente di Winkler da adottare si rimanda alla norma UNI 11146:2005, tenendo conto che in linea di massima il modulo di reazione del sottofondo non dovrebbe essere inferiore a 0.06 N/mm3 e in presenza di carichi concentrati rilevanti (come quelli che si realizzano nei magazzini con scaffalature di notevole altezza) k dovrebbe risultare almeno pari a 0.1 N/mm3. In presenza di terreni di caratteristiche geo-meccaniche scadenti (con modulo di reazione di sottofondo inferiore ai valori sopramenzionati) è da prendere in esame la necessità di procedere ad una stabilizzazione mediante calce e/o cemento oppure alla realizzazione di strati di misto granulare o cementato per incrementarne la portanza. La pavimentazione viene considerata come una lastra sottile di materiale omogeneo, isotropo e perfettamente elastico, poggiante su un sottofondo ideale detto “SUOLO DI WINKLER”. 3.1.1 PROGETTO GEOTECNICO Il sottofondo è parte fondamentale della struttura del pavimento. Le caratteristiche fisiche e meccaniche e il volume significativo del sottofondo sono definite dal progetto geotecnico del sistema, elaborato in osservanza della legislazione vigente e dell’Eurocodice 7, con riferimento all’Eurocodice 1. In particolare si identificano i “requisiti per la progettazione” e in base a questi si qualifica la “categoria geotecnica” (cat. 1,2,3 Eurocodice 7 - 2.1). Le “situazioni di progetto” e la “durabilità” (art.2.2. - 2.3. Eurocodice 7) definiscono le condizioni del sottofondo con particolare riferimento alle caratteristiche formazionali, strutturali ed ambientali. La progettazione deve essere conforme a quanto indicato nella UNI EN 1990. In particolare debbono essere definiti: ˁˁ modelli di calcolo; ˁˁ azioni, che possono essere sia carichi imposti che spostamenti imposti; ˁˁ proprietàlitologichemineralogicheegeotecnichedeiterreniedeimaterialichecompongono la struttura del sottofondo; ˁˁ dati geometrici ed uso del suolo (estensione, forma planimetrica, caratteristiche altimetriche generali e locali); ˁˁ condizioni idrologiche e livelli di falda; ˁˁ valori limite delle deformazioni, della ampiezza delle fessure, delle vibrazioni, etc. 3.1.2 RELAZIONE GEOTECNICA Le ipotesi, i dati, i calcoli ed i risultati delle verifiche di sicurezza e di funzionalità dell’opera devono essere illustrati in modo esaustivo nella relazione geotecnica che deve contenere, tra l’altro: ˁˁ i risultati delle campagne geognostiche e delle prove geotecniche eseguite; ˁˁ i criteri adottati per la elaborazione ed interpretazione dei dati; ˁˁ la modellazione con i valori dei parametri geotecnici assunti per il calcolo;

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3. Pavimento su terreno

ˁˁ la illustrazione degli algoritmi di calcolo adottati; ˁˁ le prescrizioni per le fasi di costruzione della struttura del supporto; ˁˁ il quadro delle prove di verifica e di collaudo da eseguire durante le fasi di costruzione ed in fase finale, prima della costruzione della massicciata. 3.1.3 INDAGINI GEOTECNICHE Per la progettazione del pavimento dovrà essere eseguita un’indagine geotecnica/geognostica commisurata all’importanza della pavimentazione.

>3.2 sottofondo Il sottofondo può essere costituito da: A. Rilevato; B. Strato di bonifica; C. Terreno naturale. 1_ piastra in calcestruzzo 2_ massicciata 3_ rilevato 4_ strato di bonifica 5_ terreno naturale compattato o stabilizzato

1 2

3

4

5

04_Sottofondo costituito da rilevato, strato di bonifica, terreno naturale

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1_ piastra in calcestruzzo 2_ massicciata 3_ terreno naturale compattato o stabilizzato

1 2

3

3.2.1 CRITERI DI VALUTAZIONE E CONTROLLO DELLA costante elastica DI PROGETTO La costante elastica, o modulo di reazione del terreno K [F/L3], non è una proprietà geotecnica del “supporto” (massicciata e sottofondo): essa rappresenta la rigidezza del suolo elastico alla Winkler che approssima, per il calcolo della pavimentazione, la risposta del “supporto” come continuo elastico. Il suolo di Winkler reagisce ai carichi applicati (p), in ogni punto, con una pressione q (N/ mm2) proporzionale allo spostamento verticale δ (mm) della pavimentazione (somma di un cedimento rigido e della freccia della lastra inflessa) secondo un coefficiente di proporzionalità K (N/mm3) caratteristico di ciascun terreno e noto come “Modulo di reazione del sottofondo” o come “Coefficiente di Winkler”.

q= K∙δ

05_Sottofondo costituito da terreno naturale

Il rilevato è costituito da uno strato di terreno, sovrastante ad uno strato di bonifica o direttamente al terreno naturale, collocato artificialmente al fine di raggiungere la quota desiderata. Il rilevato può essere realizzato con terreno naturale o stabilizzato, costipato per strati, oppure con terreno rinforzato con l’introduzione di inclusioni (geosintetici, elementi metallici, ecc.). Lo strato di bonifica viene realizzato in sostituzione di una porzione del terreno naturale esistente solo nel caso in cui tale terreno non presenti le caratteristiche meccaniche adeguate e non possa essere migliorato tramite stabilizzazione (come nel caso di terreni vegetali con inclusioni organiche). Il terreno naturale può essere utilizzato come sottofondo a seguito di un semplice costipamento meccanico oppure a seguito di preventiva stabilizzazione con calce e/o cemento o altri leganti e la successiva compattazione meccanica con rulli adeguati, fino all’ottenimento dei valori previsti da progetto, segnatamente per quanto riguarda le caratteristiche di planarità, di omogeneità, di resistenza meccanica, di deformabilità e di stabilità.

Per evitare cedimenti eccessivi, che possano compromettere la funzionalità della pavimentazione, è opportuno predisporre sottofondi con K elevati. Terreni di fondazione con elevata portanza consentono - a parità di carico applicato - di diminuire lo spessore della piastra in calcestruzzo rispetto ad un’analoga pavimentazione poggiata su terreno avente portanza minore. K dipende da: 1. Natura del terreno; 2. Granulometria del terreno; 3. Umidità del terreno; 4. Grado di compattazione del terreno.

p δ

06_

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3. Pavimento su terreno

pavimentazione

q

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Nella fase preliminare di progettazione, una stima della possibile costante elastica può essere eseguita facendo riferimento alle caratteristiche geotecniche generali del sito ed elaborando i risultati di indagini e prove in sito appositamente condotte: ˁˁ prove di carico con piastra rigida eseguite sul piano di posa previsto per la massicciata, ˁˁ prove penetrometriche statiche e/o dinamiche realizzate per i primi 2,0 ÷ 5,0 m di profondità. Dalla prova di carico con piastra rigida con diametro D = 760 mm (CNR B.U. A.XVII n.92) si può ricavare la “costante elastica” dalla relazione:

0.7 (L-L0)

K=

(1)

r

K= k1

(

b 1.5B

)

r

(3)

dove: k1 [F/L3]: valore del modulo di deformazione ottenuto da una piastra con b = 300 mm; b [L]: diametro della piastra; B [L]: larghezza della struttura reale (piastra). Dalle relazioni di Terzaghi si possono ricavare i valori tipici del modulo di piastra k1 per diverse tipologie di terreno, riportati nella tabella seguente (tab 07).

essendo:

Considerata la naturale dispersione dei risultati delle prove su piastra, una stima della costante elastica o modulo di reazione del terreno può essere condotta facendo riferimento alle relazioni di Terzaghi e Peck (1948), considerando che: ˁˁ Il valore indicato fa riferimento ad una piastra di diametro b = 300 mm. ˁˁ Il corrispondente valore della costante elastica caratteristica per una piastra di larghezza B si ricava tramite le seguenti espressioni, valide rispettivamente per terreni granulari (2) e terreni fini dotati di coesione (3):

K= k1

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(

B+b 2B

)

3. Pavimento su terreno

2

r

tipo di terreno

sciolta

mediamente addensata

densa

sabbia secca o umida

k1=0,01÷0,02 N/mm3

k1=0,02÷0,10 N/mm3

k1=0,10÷0,30 N/mm3

sabbia satura

k1=0,01 N/mm3

k1=0,03 N/mm3

k1=0,10 N/mm3

k1=0,02÷0,04 N/mm3

k1=0,04÷0,08 N/mm3

k1=0,08÷0,10 N/mm3

argille sovraconsolidate

Modulo di piastra k1 (relativo a piastre di diametro 300mmm) per diverse tipologie di terreno

(2)

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tab 07

K [F/L3]: costante elastica o modulo di reazione del terreno; L [L]: valore medio delle letture del cedimento della piastra a deformazione esaurita sotto un pressione di contatto della piastra sul terreno di 80,0 kPa; Lo [L]: valore medio delle letture del cedimento della piastra a deformazione esaurita sotto un pressione di contatto della piastra sul terreno di 10,0 kPa.


A titolo di esempio si riporta una tabella con i valori della costante K (tab 08). Il valore minimo di progetto, di K, per un pavimento in calcestruzzo non deve essere inferiore a 0,03 N/mm3 (Kmin). I sottofondi non idonei devono essere bonificati e preparati eventualmente rimuovendo il materiale non idoneo e sostituirlo.

tab 08

tipo di terreno

k (N/mm3)

terreno di coltura

0,005÷0,015

riporto recente

0,010÷0,020

sabbia fine o leggermente costipata

0,015÷0,03

sabbia ben costipata

0,05÷0,10

sabbia molto ben costipata

0,10÷0,15

argilla (umida)

0,03÷0,06

argilla

0,08÷0,10

argilla mista a sabbia

0,08÷0,10

ghiaia frantumata e sabbia

0,10÷0,15

ghiaia frantumata grossolana

0,20÷0,25

Valori indicativi della costante K per alcuni tipi di terreno

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3. Pavimento su terreno

Nota: attenzione sulla differenza delle prove su piastra su terreno in fase preliminare al progetto, da cui conseguono le prescrizioni progettuali ed i relativi interventi in sito con le prove di verifica per il controllo della corretta esecuzione degli interventi di bonifica e preparazione del sottofondo.

>3.3 MASSICcIATA La massicciata ha il compito di sopportare le sollecitazioni trasmesse dalla pavimentazione per effetto dei carichi su di essa gravanti, interagendo con la struttura di sottofondo. Le sue caratteristiche dipendono da: Caratteristiche fisiche dei materiali costituenti; ˁˁ Spessore; ˁˁ Caratteristiche di resistenza a taglio; ˁˁ Deformabilità della massicciata. Tutte definite in sede progettuale, in funzione di: ˁˁ Tipo e prestazioni richieste per la pavimentazione; ˁˁ Carichi e sollecitazioni esterne in rapporto alle caratteristiche geotecniche del sottofondo. ˁˁ Omogeneità e planarità; ˁˁ Assortimento granulometrico (pezzatura massima dei grani < 75 mm); ˁˁ Assenza di frazioni argillose; ˁˁ Spessore adeguato, definito sulla base delle caratteristiche geotecniche del sottofondo; ˁˁ Buon grado di compattazione; ˁˁ Buon grado di saturazione; ˁˁ Buon grado di livellamento. 3.3.1 CARATTERISTICHE DEI MATERIALI CHE COSTITUISCONO LA MASSICCIATA La massicciata deve essere progettata in modo da poter trasferire al sottofondo le sollecitazioni indotte dai carichi distribuiti e concentrati sul pavimento, in modo da limitare le deformazioni del sottofondo. A tal fine è necessario dimensionare lo spessore della massicciata per le caratteristiche prestazionali richieste. La massicciata può essere realizzata con i seguenti materiali: ˁˁ Misto granulare naturalmente stabilizzato ˁˁ Misto granulare cementato ˁˁ Terra o misto granulare stabilizzati artificialmente

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ˁˁ Materiali provenienti da demolizioni e scarti industriali, corretti e miscelati con terreni granulari. Con il termine “misto granulare naturalmente stabilizzato” si intende una terra con granulometria opportunamente assortita, eventualmente corretta, in modo da ottenere la stabilizzazione dello strato mediante compattazione meccanica [CNR 139/92]. Con il termine di “misto granulare cementato” si intende una terra con granulometria opportunamente assortita, additivata con legante cementizio per incrementare la resistenza e la rigidezza [CNR 29/72]. Con il termine di “terra o misto granulare stabilizzati artificialmente” si intende una miscela di terra a granulometria fine o grossolana, eventualmente corretta granulometricamente, trattata con leganti come calce idrata o ossido di calcio, cemento ed altre miscele ambientalmente e tecnicamente compatibili [CNR 169/94]. La calce può essere impiegata solo nel caso di terre che presentano un indice plastico superiore a 10 [CNR 36/73]. In caso contrario si può impiegare del legante cementizio o altri leganti compatibili, omologati e certificati. Con il termine di “materiali provenienti da demolizioni e scarti industriali corretti e miscelati con terreni granulari” si intendono i materiali provenienti da lavorazioni di recupero e trattamenti atti a realizzare miscele granulometricamente compatibili con le norme che disciplinano i criteri di qualificazione dei materiali granulari naturali. 3.3.2 dettagli e particolari esecutivi ˁˁ Pozzetti. I pozzetti di scarico o di ispezione devono essere posizionati solo nelle immediate vicinanze dei pilastri e mai al centro della pavimentazione o nelle zone di maggior transito. I pozzetti vanno posizionati senza rinfianco al fine di non ridurre lo spessore della pavimentazione. ˁˁ Scavi e rinterri. Tutti gli scavi ed i rinterri vanno costipati fino a rifiuto, utilizzando strumenti e macchine idonee alle condizioni di cantiere e alle caratteristiche del materiale di riempimento. I rinterri nelle vicinanze di pilastri, basamenti, cunicoli, canaline, muri, scavi per impiantistica, ecc., vanno realizzati con particolare attenzione essendo questi i punti più soggetti a cedimenti. Lo spessore locale del calcestruzzo deve essere pari, o di poco maggiore allo spessore del resto della superficie. ˁˁ Impianti. Evitare assolutamente il passaggio di impianti (tubazioni, cablaggi, ecc.) sopra la massicciata e di quant’altro riduca lo spessore o impedisca lo scorrimento della piastra. In caso contrario si debba considerare che una riduzione dello spessore di oltre il 10 %, porta generalmente alla fessurazione della piastra di calcestruzzo.

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3. Pavimento su terreno

ˁˁ Strutture di fondazione. Evitare di appoggiare direttamente il pavimento sulle strutture di fondazione: travi e plinti. La differenza di supporto (massiciata e strutture di fondazione), produrrà cedimenti differenziali tra la porzione appoggiata alle strutture e quella appoggiata sulla massiciata, con la conseguente nascita di fessure. Quindi, è opportuno che plinti, travi e cordoli di fondazione si trovino ad una quota di almeno 30 cm più bassa del piano di posa della piastra di calcestruzzo, per permettere al materiale che costituisce la massicciata di ricoprire anche tali elementi, ottenendo in questo modo un supporto omogeneo su tutta la superficie.

30 cm

07_Posa di almeno 30 cm di materiale che costituisce la massicciata per evitare cedimenti differenziali.

Nelle figure che seguono si riportano due esempi di errata esecuzione e le spiacevoli conseguente sulla pavimentazione.

A

A’

sezione A-A’ 08_Fessure della piastra in calcestruzzo per cedimento del sottofondo

09_Esempio di fessure della piastra in calcestruzzo per cedimenti differenziala dovuti a differenza di supporto

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3.3.3 PENDENZE, PLANARITÀ, PORTANZA ˁˁ Pendenze. Nel caso sia prevista una pavimentazione con pendenze, le stesse si devono realizzare nella superficie della massicciata, al fine di evitare una pericolosa diminuzione della sezione resistente del pavimento. ˁˁ Planarità della massicciata. Per garantire un buon grado di scorrimento del pavimento e per rendere efficaci ed efficienti i giunti di contrazione (effettuati sul calcestruzzo indurito) per la realizzazione dei giunti di contrazione il grado di planarità della massicciata va contenuto entro il limite di 2 cm ogni 4 m. ˁˁ Valori e variazioni di portanza. La portanza della massicciata ultimata, va verificata mediante tre prove su piastra almeno ogni 1000 m2 avendo l’accortezza di posizionare i punti di prova nelle vicinanze di chiusini o di pilastri, ovvero in punti della massicciata ove si potrebbero innescare cedimenti. Variazioni locali significative della portanza, possono essere causa di fessurazioni; in particolare in prossimità dei pilastri laddove il plinto di fondazione ed i cordoli non dovessero risultare coperti da uno strato sufficientemente spesso (almeno 30 cm) di materiale lapideo (Vedi paragrafo precedente).

verifica prima dei getti

verifica durante i getti

tab 9

1. Deve risultare priva di ghiaccio 2. Non devono esserci pozzanghere e/o fango 3. Non devono esserci tubazioni interposte

Si consiglia l’utilizzo della pompa per la messa in opera del conglomerato al fine di evitare qualsiasi contatto dell’autobetoniera con la massicciata e, quindi, qualsiasi deformazione e/o cedimento del terreno stesso.

4. Devono essere rimossi sassi, macerie, residui di polistirolo espanso, legno, ecc..

Nota 1: evitare che il sottofondo produca delle variazioni di sezione dei pavimenti in calcestruzzo, poiché comportano la nascita di fessurazioni, cedimenti ed altre problematiche.

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4. Progettazione dimensionamento della piastra di calcestruzzo

Nota 2: un pavimento a prestazione deve avere una massicciata con modulo di reazione k orientativamente non minore di 0,06 n/mm3 ; nel caso siano previsti carichi concentrati, che potrebbero innescare fenomeni viscosi nel calcestruzzo, è necessario un sottofondo con modulo di reazione superiore (orientativamente pari a 0,1 n/ mm3). I valori di portanza vanno comunque fissati nel progetto della pavimentazione che deve indicare, contestualmente a tutte le attività di cantiere ed ai criteri costruttivi, le lavorazioni da effettuare in corrispondenza dei pilastri, dei cordoli, dei pozzetti, al fine di ottenere una massicciata con portanza quanto più possibile omogenea, anche in condizioni costruttive critiche. Nota 3: le prove su piastra sulla massicciata, hanno lo scopo di verificare se la massicciata stessa è stata preparata secondo le prescrizioni progettuali. La verifica dei valori di portanza utilizzati nei calcoli di dimensionamento, va realizzata mediante prove su piastra e prove di densità in sito per ogni singolo strato di riporto. Vengono considerate idonee una prova ogni 500 m2 per ogni strato riportato, mentre sull’ultimo strato sono necessarie almeno tre prove su piastra ogni 1000 m2.

4. PROGETTAZIONE DIMENSIONAMENTO DELLA PIASTRA DI CALCESTRUZZO >4.1 STATO LIMITE D’APERTURA DELLE FESSURE Generalmente in un pavimento non è ammessa la formazione di fessure considerate quale fattore di deturpamento estetico oltre che di riduzione delle caratteristiche di funzionalità, sicurezza e igiene del manufatto e degli ambienti.

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>4.2 IPOTESI DI PROGETTAZIONE 4.2.1 SEZIONE INTERAMENTE REAGENTE La progettazione di un pavimento, salvo casi particolari, viene effettuata nell’IPOTESI DI PIASTRA A SEZIONE INTERAMENTE REAGENTE, limitando il valore della tensione di trazione per flessione a quello ritenuto ammissibile in relazione al calcestruzzo impiegato e, quindi, di fatto escludendo che la pavimentazione possa fessurarsi. 4.2.2 SEZIONE PARZIALIZZATA è possibile dimensionare la piastra nell’ipotesi di sezione parzializzata, prescindendo dalla resistenza a trazione del calcestruzzo. In tal caso, prevedendo di affidare le tensioni di trazione interamente all’armatura, la sezione in calcestruzzo si presenta fessurata. In questa situazione tuttavia, È NECESSARIO LIMITARE L’AMPIEZZA DELLE FESSURE. Questa limitazione si rende necessaria per evitare, ad esempio, che le ruote di carrelli elevatori o di automezzi possano in breve tempo determinare un severo dissesto in corrispondenza dei cigli fessurativi. In questa evenienza si consiglia di ricorrere alle fibre metalliche o a quelle polimeriche strutturali in luogo delle tradizionali barre di armatura.

5. armatura >5.1 PAVIMENTI IN CALCESTRUZZO SENZA ARMATURA STRUTTURALE ˁˁ RETE ELETTROSALDATA: controllo dei movimenti della piastra di calcestruzzo indotti da fenomeni termo-igrometrici. ˁˁ PROGETTAZIONE: tutta la sezione in calcestruzzo sia reagente e che la pavimentazione risulti non fessurata. ˁˁ GIUNTI DI CONTRAZIONE/CONTROLLO: realizzati mediante taglio parziale del pavimento, con campiture regolari subito dopo l’indurimento del calcestruzzo.

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5. Armatura

>5.2 PAVIMENTI SENZA ARMATURA STRUTTURALE IN CALCESTRUZZO A RITIRO COMPENSATO Si prevede l’utilizzo di calcestruzzo contenente agenti espansivi a base di ossido di calcio o solfoalluminato tetracalcico ed eventualmente con additivi riduttori del ritiro (Shrinkage Reducing Admixture: SRA). Il contrasto all’espansione si tramuta in uno stato di coazione benefica, una sorta di precompressione, in grado di contrastare le tensioni di trazione che insorgono per effetto del ritiro igrometrico. ˁˁ RETE ELETTROSALDATA: serve a contrastare l’aumento di volume dovuto alla presenza degli agenti espansivi. ˁˁ PROGETTAZIONE: serve a far si che tutta la sezione in calcestruzzo sia reagente e che la pavimentazione risulti non fessurata. ˁˁ GIUNTI DI CONTRAZIONE/CONTROLLO: con l’impiego dei calcestruzzi espansivi è possibile realizzare pavimentazioni prive di giunti anche di grande estensione (con le opportune attenzioni e precauzioni anche oltre i 1000 m2). Nota: con l’utilizzo di tali espansivi, non è sufficiente utilizzare fibre metalliche e/o polimeriche per contrastare l’aumento di volume dovuto alla presenza di agenti espansivi, ma si deve utilizzare una opportuna armatura di contrasto all’espansione in forma di barre di piccolo diametro distribuite omogeneamente nella sezione dell’elemento strutturale. Visto che, l’aumento di volume, interessa tutto il getto di calcestruzzo, l’armatura deve necessariamente essere distribuita nell’intero spessore della pavimentazione. Inoltre, la sezione deve essere armata con una percentuale minima di acciaio al fine di impedire che l’espansione si manifesti in modo da indurre nella pavimentazione il benefico stato di precompressione che possa poi fronteggiare la trazione indotta dal ritiro. Quindi, questo impone che con l’utilizzo di un calcestruzzo a ritiro compensato si debba ricorrere all’impiego di una doppio livello di armatura costituito da barre e/o rete elettrosaldata in acciaio da c.a.

>5.3 PAVIMENTI IN CALCESTRUZZO CON ARMATURA STRUTTURALE ˁˁ ARMATURA ACCIAIO: La percentuale e la disposizione delle armature sono progettate per avere uno stato di fessurazione diffusa di piccolo passo

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perpendicolare alla direzione del lato più lungo per limitare il numero di giunti. ˁˁ PROGETTAZIONE: Il calcolo è basato sulla parzializzazione della sezione reagente e, quindi, si ammette che la lastra possa presentare delle fessure.

>5.4 PAVIMENTI IN CALCESTRUZZO CON CAVI POST-TESI I cavi post-tesi controllano le fessurazioni della lastra. La forza di precompressione, oltre a incrementare il modulo di rottura, consente di eliminare completamente i giunti di contrazione nel pavimento.

>5.5 PAVIMENTI IN CALCESTRUZZO FIBRO-RINFORZATO Esistono numerose situazioni in cui il calcestruzzo mostra tutta la sua vulnerabilità in termini di rigidità e di eccessiva tendenza alla fessurazione. Il ricorso all’utilizzo di armature tradizionali in forma di reti elettrosaldate o di barre di acciaio non rappresenta una decisiva ed esaustiva soluzione per la prevenzione e per il controllo del quadro fessurativo nelle strutture in conglomerato cementizio. Una valida ed efficace soluzione alle problematiche sopra evidenziate è rappresentata dall’introduzione nel calcestruzzo di un rinforzo discreto costituito da fibre di diversa natura la cui lunghezza è generalmente compresa fra 10 e 80 mm e il cui diametro varia da una decina di μm a circa 1 mm. Rispetto alle tradizionali armature in forma di barre, le fibre disponendosi nella matrice cementizia a guisa di un rinforzo tridimensionale sono capaci di assorbire gli sforzi di trazione agenti in qualsiasi direzione garantendo nei confronti delle lesioni un’azione di cucitura puntuale che impedisce alle soluzioni di continuità di propagarsi rapidamente e, conseguentemente, di attingere ampiezze elevate. Questa azione di cucitura consente, quindi, di evitare che il materiale collassi fragilmente e, pertanto, un calcestruzzo fibrorinforzato possiede anche una elevata capacità, rispetto ad un conglomerato tradizionale, di dissipare energia resistendo anche a carichi di tipo impulsivo (urti, scoppi, azioni cicliche, ecc.). Inoltre la maggiore resistenza a “trazione residua” consente, dopo la formazione della fessura, di prolungare la vita utile di servizio della pavimentazione. ˁˁ Le fibre di acciaio, sono disponibili in forma di aghi di diversa conformazione geometrica: a sezione circolare o rettangolare, ad estremità piegate, dentate, ecc. Sono caratterizzate dal diametro equivalente, cioè diametro del cerchio di area

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6. Strati di separazione

ideale pari a quella della sezione della fibra, compreso fra 0,4 e 1.2 mm e lunghezza variabile tra 25 e 80 mm. Esse, a seconda delle prestazioni da conseguire, vengono aggiunte in misura superiore a 25 kg/m3 di calcestruzzo. ˁˁ Le fibre di vetro e quelle di natura organica (prevalentemente poliacrilonitrile e polipropilene) attualmente impiegate si distinguono in: * fibre non metalliche strutturali di lunghezza variabile tra 20 e 60 mm e diametro equivalente di 0.7-1.3 mm aggiunte in quantità comprese fra 1.5 e 6.0 kg/m3; * fibre non metalliche non strutturali di lunghezza variabile da 10 a 30 mm e diametro di 0.1-0.2 mm aggiunte in misura di 0.5-1.2 kg/m3 per la realizzazione di calcestruzzi destinati prevalentemente a solette e pavimenti di piccolo spessore per attenuare il rischio fessurativo derivante dal ritiro plastico del conglomerato. In particolare, l’impiego di fibre non strutturali in poliacrilonitrile congiuntamente all’impiego una attenta stagionatura sulle superfici non casserate del getto rappresenta una soluzione alla riduzione delle fessurazioni da ritiro plastico. Le fibre in poliacrilonitrile, possono essere utilizzate in combinazione con le fibre strutturali (sia in acciaio che in polipropilene). Nota 1: si ribadisce che l’utilizzo delle fibre aiuta a mitigare gli effetti fessurativi connessi ai fenomeni di ritiro, ma ciò non implica che tale utilizzo consenta di eliminare le operazioni di stagionatura protetta del pavimento in calcestruzzo, la quale deve essere sempre garantita. Nota 2: si desidera ricordare che se utilizziamo un calcestruzzo fibrorinforzato, alcune fibre saranno visibili sulla superficie del pavimento. Tale fenomeno non è da considerarsi un difetto, ma solamente una caratteristica del materiale posato.

6. strati di separazione Gli strati di separazione sono gli elementi di separazione interposti tra la massicciata e la piastra di calcestruzzo. Lo strato di scorrimento ha la funzione di ridurre l’attrito durante il ritiro o la dilatazione del pavimento. Realizzato generalmente con:

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ˁˁ Uno strato di sabbia di circa 5 cm (per migliorare anche il grado di planarità della massicciata); ˁˁ Teli di tessuto non tessuto; ˁˁ Foglio di polietilene (barriera al vapore). Per favorire lo scorrimento del pavimento rispetto al supporto, si può utilizzare il doppio strato di polietilene. Inoltre, se tra i due strati è posto dell’olio lubrificante, si riducono e drasticamente le tensioni prodotte dall’attrito tra la piastra in calcestruzzo ed il supporto. La barriera vapore è uno strato avente la funzione di: ˁˁ Proteggere la pavimentazione dall’umidità di risalita; ˁˁ Prevenire possibili fenomeni di pop - out; ˁˁ Proteggere la massicciata di sottofondo dal percolamento d’acqua proveniente da pioggia o frequenti lavaggi. La barriera vapore è strettamente necessaria nei casi seguenti: ˁˁ Quando si prevede una finitura del pavimento con materiale impermeabile (pavimenti in resina); ˁˁ Quando si teme l’innesco di reazioni degradanti alcali/aggregato all’interfaccia con lo strato antiusura a spolvero o a pastina; ˁˁ Quando gli ambienti e le lavorazioni necessitano di un pavimento assolutamente asciutto (cartiera, mobilificio, ecc.); ˁˁ Per pavimenti soggetti a lavaggi frequenti o per piazzali esterni, laddove l’acqua potrebbe, infiltrandosi tra i giunti, raggiungere gli strati della massicciata, favorendo l’allontanamento delle parti fini e determinare pericolosi cedimenti del pavimento. La barriera vapore accentua: ˁˁ Ritiro differenziale; ˁˁ Imbarcamento delle lastre; ˁˁ Bleeding di calcestruzzi scadenti favorendo sulla superficie del pavimento la formazione di una zona meccanicamente debole per l’elevato rapporto a/c. ˁˁ I tempi di attesa di inizio lavorazione e fratazzatura; ˁˁ I tempi di attesa per l’asciugatura della pavimentazione e delle successive lavorazioni e trattamenti successivi; ˁˁ Le eventuali reazioni di aggregati reattivi.

bloccati e saldati con nastro adesivo (il tutto per renderli resistenti alle sollecitazioni impresse dal calcestruzzo durante le operazioni di posa). Bisogna impedire che il conglomerato, in fase di getto, penetri al di sotto dei fogli sollevandoli provocando una riduzione di sezione della piastra in calcestruzzo sovrastante.

barriera vapore

10_Posa errata della barriera vapore, causa di possibili inneschi di fessurazioni superficiali

sovrapposizione ≈ 15 cm

foglio 1

foglio 2

foglio 3

Nota: quando si prevede l’utilizzo della barriera a vapore è opportuno realizzare pavimentazioni in calcestruzzo con uno spessore minimo di 15 cm. Durante la posa dei fogli che costituiscono la barriera vapore bisogna prestare molta attenzione alla loro giunzione: i fogli devono sormontare tra loro di almeno 15 cm, e 11_Posa corretta della barriera vapore

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6. Strati di separazione

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7. effetto “curling” analisi e considerazioni Deformazione delle piastre in calcestruzzo dovuta alle contrazioni differenziali tra le superfici superiore ed inferiore della piastra a causa della diversa velocità di evaporazione dell’acqua sulle due superfici. La deformazione si manifesta come un incurvamento concavo bidirezionale della piastra e sollevamento degli spigoli. Questo fenomeno si manifesta su tutti i pavimenti in calcestruzzo ed è una conseguenza dell’elevato rapporto tra superficie esposta all’aria e sezione della pavimentazione. La superficie superiore è, infatti, direttamente esposta all’evaporazione; quella inferiore è, invece, a contatto con il sottofondo e quindi meno interessata da tale fenomeno. Il calcestruzzo esposto all’aria è pertanto soggetto ad un’evaporazione più rapida e, quindi, ad un maggior ritiro di quello a contatto con il sottofondo. Piastre sottili (cioè con un elevato rapporto superficie/sezione), così come piastre realizzate su supporti impermeabili (barriere al vapore, pavimenti vecchi, solette, ecc.) tendono a subire un maggior imbarcamento delle piastre realizzate su supporto drenante. Un aspetto negativo della barriera vapore è quello di accentuare l’imbarcamento della lastra (“effetto curling”) quindi, nelle situazioni in cui l’uso della barriera al vapore risulti indispensabile, l’ACI (American Concrete Institute) consiglia di non sistemarla direttamente a contatto con il pavimento, ma di interporre tra membrana e lastra di calcestruzzo uno strato di circa 5 cm di sabbia fine. Tale strato inoltre, permette di zavorrare e proteggere la membrana stessa durante le operazioni di getto. Altri accorgimenti, per limitare le problematiche dovute alla barriera vapore, possono essere: 1. Aumentare lo spessore della piastra; 2. Ridurre la distanza tra i giunti di contrazione di circa il 20% a parità di spessore con un pavimento dove non si è posta la barriera vapore.

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7. Effetto “Curling”

Єcs,sup >>> Єcs,inf

Єcs,inf

12_Ritiro differenziale in una lastra di pavimento. Il ritiro è massimo nella zona corticale e praticamente nullo nella zona a contatto con il sottofondo.

Єcs,sup >>> Є*

Єcs,inf ≤ 0

13_Ritiro differenziale in una lastra di pavimento. Il ritiro è massimo nella zona corticale e nullo nella zona a contatto con il sottofondo.

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3

1

2

5 4

6

14_Visione schematica delle fessure prodotte dal curling in prossimità dell’incrocio di due tagli per la realizzazione dei giunti di contrazione/controllo.

Nota: spessori inferiori a 15 cm esalterebbero la nascita dell’ ”effetto curling”.

8. tipologie di giunti I giunti si possono dividere nelle tipologie che seguono: COSTRUZIONE: Individuano le riprese di getto tra porzioni di pavimentazione realizzate in giorni diversi. DILATAZIONE: Consentono l’allungamento delle lastre senza che le estremità vengano a contatto; generalmente si fanno coincidere con quelli di costruzione. ISOLAMENTO: Separano il pavimento dalle strutture adiacenti e consentono contrazioni ed espansioni prodotte dalle variazioni di temperatura e umidità. CONTRAZIONE o di CONTROLLO: Permettono di controllare le fessure derivanti dal ritiro igrometrico del calcestruzzo.

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8. Tipologie di giunti

1_ giunto di costruzione 2_ barrotto 3_ giunti di contrazioni/controllo 4_ strato di scorrimento/barriere vapore 5_ giunto di isolamento 6_ struttura in elevazione 15_Schema giunti.

>8.1 GIUNTI DI Costruzione La realizzazione di giunti di costruzione va eseguita mediante barrotti di acciaio liscio disposti perpendicolarmente alla superficie della ripresa di getto e vincolati alla prima piastra da un lato e liberi di scorrere nell’altra piastra adiacente, curando perfettamente l’interruzione del getto con idonei casseri o meglio ancora con casseri metallici a perdere. Le due lastre non devono essere “agganciate” da nessun elemento. Quindi, va interrotta l’eventuale rete presente e la casseratura deve essere fatta in modo attento e preciso evitando la fuoriuscita del calcestruzzo dalla parte inferiore (“scarpa”). Tale strato di calcestruzzo (“scarpa”) produrebbe un indebolimento della lastra adiacente.

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1_ cassero 2_ rete elettrosaldata 3_ calcestruzzo fuoriuscito al di sotto del cassero (“scarpa�)

1 a

2 b

a

1_ fermi 2_ cassero 3_ barrotto

3 1

2 3 18_Preparazione del giunto di costruzione e getto zona A.

16_Errata realizzazione del giunto di costruzione.

b

a

1_ fessura

a

b

19_Getto zona B

1 b

a

17_Conseguenze relative all’errata realizzazione del giunto di costruzione. 20_Utilizzo di giunto prefabbricato in acciaio.

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8. Tipologie di giunti

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L’unico collegamento deve essere garantito mediante i barrotti o altri elementi che impediscono movimenti relativi verticali tra le due lastre ma, permettono, gli spostamenti orizzontali. Tali movimenti produrrebbero la nascita di salti di quota, che soprattutto con il passaggio di carrelli elevatori e muletti, favorirebbero lo sbrecciamento ed il degrado del giunto.

>8.2 GIUNTI DI dilatazione Ove possibile, per ragioni di economia di lavoro e di riduzione delle discontinuità, è bene fare coincidere tali giunti con quelli di costruzione. Le modalità di esecuzione sono analoghe ai giunti di costruzione stessi. L’ampiezza ΔL del giunto può essere calcolata cautelativamente con la relazione:

Δl = ±α∙l∙ Δt

21_Fenomeno di sbrecciamento.

Anche la posa dei barrotti deve essere fatta con estrema attenzione e precisione. Infatti, non collocando il barrotto in posizione perfettamente parrallela alla superficie della lastra potrebbe impedire lo scorrimento orizzontale e inoltre se molto inclinato far nascere in corrispondenza della parte superiore delle spiacevoli fessure.

(4)

dove: l = lunghezza della piastra fra due giunti; α = 10-5 °C-1 coefficiente di dilatazione lineare del calcestruzzo; Δt = escursione termica media a livello baricentrico. Tra le lastre che formano il giunto deve essere inserito un materiale comprimibile il cui spessore possa consentire l’allungamento delle stesse senza che vengano a contatto diretto tra loro, dimensionato in relazione alle deformazioni previste (considerando sia il ritiro che le variazioni termiche). La dimensione del giunto deve essere determinata verificando che, nella massima fase di chiusura, il materiale di riempimento (soggetto a pressioni elevate) non fuoriesca dal giunto stesso. In caso di deformazioni particolarmente ampie si consiglia di prendere accorgimenti tali da evitare aperture del giunto eccessive all’estradosso della piastra, inserendo giunti a pettine o altri accorgimenti opportuni. La profondità dell’eventuale taglio, da realizzarsi in fase successiva per l’inserimento del riempitivo, è ininfluente ai fini delle prestazioni del giunto.

>8.3 GIUNTI DI isolamento Gli spiccati in elevazione vengono normalmente separati, con materiale comprimibile ed impermeabile, al fine di rendere il pavimento dal punto di vista deformazionale indipendente dalle strutture ad esso adiacenti in modo da assecondare gli inevitabili movimenti differenziali di natura termo-igrometrica. 22_Posa errata del barrotto.

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8. Tipologie di giunti

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1_ corpo di fabbrica 2_ giunto di isolamento

2

1 23_Problematiche causate dalla mancata esecuzione del giunto di isolamento.

La mancata realizzazione di tali giunti produrrebbero la formazione di spiacevoli fessure. Quindi come vedremo nei progetti successivi oltre alla realizzazione del giunto di isolamento vanno prese anche altre precauzioni. Quindi, va posato uno strato di materiale isolante per staccare e rendere indipendente il pavimento da strutture ed elementi esistenti. Gli eventuali “giunti a perimetro”, vengono realizzati, su richiesta, in prossimità del perimetro interno del capannone parallelamente all’allineamento dei pilastri perimetrali; l’area interessata dal riempimento tra pilastro e pilastro è la meno costipata per cui soggetta a cedimenti. La loro realizzazione deve essere prevista in progetto e specificata in capitolato poiché comporta un costo suppletivo. La distanza del taglio parallelo ai muri perimetrali deve essere tale da consentire alla lama della taglierina di operare nei due sensi di marcia.

24_Esempi di posizionamento dei giunti di isolamento

1_ giunto di controllo 2_ giunto di isolamento 3_struttura in elevazione

1 2

3

25_Schema giunti di isolamento e contrazione/controllo.

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8. Tipologie di giunti

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hg (1/4 - 1/5)

Nota: vanno eliminati tutti gli elementi di collegamento con le strutture esistenti: non devono esistere collegamenti con plinti, cordoli, setti, pilastri, pannelli prefabbricati di tamponamento e partizione, ecc.

h

26_Dimensioni corrette del giunto

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8. Tipologie di giunti

h2 < h1

h2

h

h1

27_Formazione, in sede errata, della fessura da ritiro per scarsa profondità del taglio in presenza di un sottofondo irregolare.

hg (1/4 - 1/5)

I giunti di contrazione o giunti di controllo, vengono eseguiti per mitigare gli effetti del ritiro secondo uno schema presente nel progetto della pavimentazione. Tali giunti, non eliminando le fessure da ritiro, consentono di favorire l’apertura delle fessurazioni da ritiro in opportune sezioni, evitando che le stesse si manifestino caoticamente, al fine di non causare problemi di ordine estetico e funzionale nel pavimento. Per raggiungere questo scopo le sezioni di giunto vengono realizzate eseguendo un taglio nella parte superiore del pavimento al fine di ridurne lo spessore. I tagli devono essere eseguiti quando l’azione della lama non provoca lo “sbrecciamento” e la rimozione degli aggregati grossi dai lembi del taglio. I tagli per i giunti devono essere realizzati prima possibile dopo l’indurimento del calcestruzzo, sempre in funzione delle condizioni climatiche, ambientali, del tipo di cemento e del rapporto acqua/cemento, allo scopo di prevenire fessurazioni indesiderate. In linea di massima non dovrebbero essere eseguiti oltre le 24 e 48 ore dal getto, rispettivamente con clima mite ed in periodo invernale. Per quanto riguarda i tempi, si possono dare alcuni riferimenti in funzione delle condizioni climatiche, indicativamente va attuata entro 18 ore se la temperatura media dell’ambiente è di circa 15 °C, anche entro 12 ore nel periodo primava-estate, entro 48 ore nel periodo invernale. Particolari attrezzature e tecnologie permettono di anticipare tali operazioni anche dopo poche ore da getto. I giunti lungo il perimetro interno dell’edificio, da realizzare per limitare le deformazioni in una zona ritenuta a rischio, devono essere indicati dal progettista. In funzione delle caratteristiche dei materiali utilizzati, delle condizioni ambientali e delle condizioni al contorno (spessore e strati di scorrimento), le tempistiche, le distanze e le profondità dei tagli saranno da valutare caso per caso. A tale scopo, al fine di prevenire il rischio di fessurazione, è possibile anticipare l’esecuzione del taglio, anche se questa potrebbe comportare la formazione di limitati sbrecciamenti del bordo del taglio eseguito, purchè non comportino danni funzionali ma solo di carattere estetico. La distanza tra i tagli nelle due direzioni deve essere preferibilmente della stessa

hg (1/4 - 1/5)

>8.4 GIUNTI DI contrazione o giunti di controllo

h

28_Il materiale usato per sigillare i giunti deve avere una deformabilità tale da colmare l’aumento di ampiezza del giunto, che avviene per la contrazione dei due quadrotti contigui, senza rompersi o distaccarsi.

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a b

≤ 1.2

(con a > b)

Giunti particolari, ad esempio lungo il perimetro interno dell’edificio oppure da realizzare per limitare le deformazioni in una zona ritenuta a rischio, devono essere indicati nel progetto. In caso di utilizzo di barriera a vapore, a parità di spessore, di condizioni climatiche ed ambientali, del tipo di cemento e del rapporto acqua/cemento, vanno ridotte le distanze delle campiture di circa il 20%. La distanza massima tra i giunti, se non previsto diversamente, in funzione dell’effettivo valore del ritiro igrometrico del calcestruzzo, può essere indicativamente correlata alla formula seguente:

2 3

4,00m

3

4,00m

1

1_ giunto di contrazione/ controllo 2_ fessure possibili 3_ corpo di fabbrica

4,30m

dimensione ma, comunque, non superiore ad un rapporto tra le due direzioni non superiore 1/5. Appena realizzato, il giunto, va protetto con un “profilo preformato”, che sarà successivamente rimosso per eventuale sigillatura. La profondità del taglio è generalmente compresa tra 1/4 e 1/5 dello spessore e comunque eseguita con l’attenzione di non tagliare la rete superiore. Le protezioni antinfortunistiche delle macchine tagliagiunti non consentono, di prolungare i tagli fino agli spiccati in elevazione dovendosi fermare obbligatoriamente a circa 15 -20 cm, oltre i quali si produrrà una fessurazione spontanea irregolare del pavimento in calcestruzzo. I riquadri che si vengono così a formare devono avere la forma più regolare possibile ed il rapporto dei lati, a e b, deve rispettare la condizione:

4,00m

4,00m

4,00m

4,00m

29_Attenzione: possibili e frequenti errori nell’esecuzioni dei tagli che comportano la nascita di fessurazioni.

1 2

1_ giunto di contrazione/ controllo 2_ giunto di isolamento 3_ corpo di fabbrica

3

L=(18∙h)+100 dove: L è la distanza massima tra i giunti, espressa in centimetri; h è lo spessore della piastra, espresso in centimetri. Comunque, è sempre opportuno, approfondire lo studio in base all’effettivo valore del ritiro igrometrico del calcestruzzo, in letteratura esistono vari metodi a cui ci si può riferire.

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8. Tipologie di giunti

30_Possibili suggerimenti nell’esecuzioni dei tagli per mitigare la nascita di fessurazioni. I vertici, delle strutture esistenti e spiccati verticali, possono essere rinforzati come riportato al paragrafo 11.

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9. riempimenti e sigilLature I giunti delle pavimentazioni sono generalmente chiusi mediante riempimenti eseguiti con materiali preformati. Nel caso venga richiesta una sigillatura questa dovrà essere prescritta progettualmente, tenendo presente anche i tempi di esecuzione delle operazioni in relazione alle previste deformazioni delle lastre. Le funzioni di riempimento e/o di sigillatura, a seconda delle prestazioni richieste alla pavimentazione, possono presentarsi congiunte o disgiunte.

>9.1 RIEMPIMENTI I riempimenti hanno la funzione di colmare le cavità formatesi a seguito del taglio dei giunti; particolari accorgimenti consentono anche di migliorare la resistenza dello spigolo del giunto allo sbrecciamento da urti. Per garantire nel tempo tali funzioni si richiede al materiale di riempimento un buon ancoraggio alle pareti del giunto e la capacità di sostenere i movimenti reciproci delle superfici affiancate. Sono consentiti distacchi parziali del materiale dalle pareti purché non comportino la caduta o la fuoruscita del riempimento. È opportuno posizionare preformati comprimibili a cellule chiuse tra le due superfici del giunto per ottenere la sezione idonea a garantire al riempimento la sua capacità di lavoro; ciò previene anche l’eventuale adesione del materiale al fondo del taglio. Come riempimento temporaneo, se non progettualmente specificato, si possono utilizzare semplici profili morbidi in PVC o similari, semplicemente inseriti a pressione, con il solo scopo di proteggere il taglio nei primi periodi di vita della pavimentazione. Il profilo verrà successivamente rimosso quando il committente deciderà di effettuare le operazioni di riempimento o sigillatura. L’inserimento del profilo in pvc ha una sua motivazione: il taglio dei giunti avviene con disco diamantato raffreddato ad acqua. Il profilo rigido è l’unico materiale che può operare in presenza di acqua. Le resine, invece, non possono venir applicate su un supporto umido o in presenza di acqua in quanto perderebbero sia le loro prestazioni

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9. Riempimenti e sigillature

meccaniche che l’adesione ai bordi del giunto. Quindi, sarà compito del progettista prescrivere il sigillante adeguato in sostituzione del profilo in pvc (il quale è solo temporaneo e mai definitivo). Terminato il tempo per l’evaporazione dell’acqua dovuta al taglio e all’umidità del calcestruzzo, ma a maggior ragione trascorso il tempo dedicato al compimento del ritiro del calcestruzzo, i giunti di contrazione e/o controllo possono essere sigillati con idonee resine, previa completa rimozione del profilo in pvc.

>9.2 SIGILLATURE La sigillatura deve garantire la tenuta del giunto al passaggio di liquidi. Il materiale costituente la sigillatura deve possedere adeguata resistenza chimica nei confronti dei liquidi con i quali verrà a contatto ed essere in grado di sostenere, senza lacerarsi e senza distaccarsi dal supporto, i movimenti previsti per il giunto. Inoltre il materiale deve avere caratteristiche meccaniche tali da rimanere integro ed aderente, alle temperature di esercizio previste, anche in presenza di grandi deformazioni. In ogni caso le specifiche di realizzazione e del materiale da impiegare devono essere prescritte dal progettista. La sede del giunto deve essere allargata in modo tale da ridurre l’allungamento specifico del materiale sigillante. Si tenga però presente che giunti larghi sigillati con materiale deformabile tendono a sbrecciarsi più rapidamente, soprattutto se transitati da carichi concentrati elevati (esempio ruote piccole e dure). L’ampiezza della sede del materiale può essere indicativamente calcolata mediante la formula:

b = e/a

dove: e è il movimento della lastra, espressa in millimetri; b è l’ampiezza sede del materiale, espressa in millimetri; a è la capacità di lavoro del materiale, espressa in percentuale. Le prescrizioni generali indicate non assicurano automaticamente la tenuta all’acqua

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del pavimento ma solo l’impermeabilità del giunto. Data la sollecitazione di tipo soprattutto termico e fisico-meccanico del giunto posto all’estradosso della lastra in calcestruzzo si possono facilmente prevedere distacchi o degradi localizzati che dovranno essere oggetto di specifico programma di manutenzione. In ogni caso un sistema sigillante mai potrà sostituire una corretta specifica impermeabilizzazione. 9.2.1 CARATTERISTICHE DEI SIGILLANTI I sigillanti sono caratterizzati da specifiche prestazioni indicate dai produttori che ne identificheranno il campo d’impiego. Tra le altre, in particolare, dovrà essere valutato il valore di allungamento in relazione alle deformazioni previste. A titolo di esempio, nella tabella che segue, si riportano le caratteristiche principali di alcuni prodotti utilizzati come sigillanti. allungamento di lavoro

tab 10

tipo

10-25%

25-35

polisolfurico

10-25%

25-45

epossi poliuretanico

10-25%

40-70

Materiali impiegabili come sigillanti dei giunti

Possono essere utilizzati inoltre anche altri tipi di materiali, tra i quali prodotti siliconici, acrilici, o epossidici.

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10. Distanziatori, traliccio e rete

La rete elettrosaldata (per le pavimentazioni a piastra interamente reagente), avendo il solo scopo di tenere unite le piastre dopo l’esecuzione dei tagli per la realizzazione dei giunti di controllo, va disposta ad una distanza dall’estradosso pari a 1/3 dello spessore del pavimento.

h/3 h

durezza shore a

poliuretanico

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10. distanziatori, traliccio e rete

26_ Posizionamento corretto della rete elettrosaldata nel caso di pavimentazioni con piastra interamente reagente.

È consigliato l’uso della rete di diametro 8 mm, o diametro superiore, con maglia 20 x 20 cm, o inferiore, più resistente alle deformazioni indotte dal calpestio delle maestranze, durante la posa del calcestruzzo. Per qualsiasi altre funzione della rete elettrosaldata e/o barre e/o armature in acciaio, cioè pavimenti a ritiro compensato, pavimenti con armatura strutturale, pavimenti con impianti di riscaldamento e/o raffrescamento a pavimento, l’armatura e/o la rete vanno posizionate secondo quanto previsto in fase di progettazione Naturalmente per il corretto posizionamento si dovranno utilizzare i tralicci metallici e/o opportuni distanziatori in altro materiale. Attenzione: a contatto con il terreno vanno posti solo distanziatori in materiale plastico e/o cementizio, al fine di garantire il corretto copriferro. Inoltre, bisogna prestare la cura necessaria nel dare continuità alla rete elettrosaldata,

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utilizzando pannelli preconfezionati per lo scopo o affiancare i singoli pannelli di rete ed effettuare le sovrapposizioni con barre singole dello stesso diametro. Tutto ciò al fine di evitare che le sovrapposizioni creino delle stratificazioni, di rete, che potrebbero essere pericolose in fase di taglio dei giunti di contrazione causa il rischio di tagliare la rete ed anche imporre alla rete una posizione non coerente con le prescrizioni progettuali.

11. rinforzi vertici strutture esistenti e/o elementi di servizio (pozzetti, griglie di raccolta acque, ecc.) Nell’esecuzione dei giunti prestare molta attenzione ai possibili inneschi delle fessurazioni come pozzetti, grate, pilastri a base quadrata e/o rettangolare, corpi di fabbrica esistenti; è opportuno tracciare il giunto lungo la linea naturale di sviluppo della fessura. Inoltre, si può armare per un tratto con almeno 5 - 8 barre di acciaio (es. diametro 12 mm – lunghezza 60 cm – interasse 5 cm) disposte trasversalmente alla direzione dello sviluppo dell’eventuale fessura.

È consigliato l’utilizzo di pozzetti rotondi senza nervature di rinforzo al fine di non innescare fessurazioni. Volendo si possono utilizzare anche casserature circolari per pilastri ed altri elementi.

12. calcestruzzo Il calcestruzzo dovrà essere scelto in funzione delle esigenze statiche, di durabilità e di posa in opera. Tuttavia, per realizzare pavimentazioni in calcestruzzo non vanno usati calcestruzzi, seppur di ottima qualità, pensati per la realizzazione di strutture tipo travi, pilastri, solai, setti, ecc., ma bisognerà utilizzare calcestruzzi specifici progettati solo ed esclusivamente per la realizzazione delle pavimentazioni.

>12.1 PREMESSA In accordo alla Normativa Tecnica Vigente il calcestruzzo dovrà essere prodotto in impianti dotati di un Sistema di Controllo della Produzione (FPC), certificato da un organismo terzo indipendente autorizzato. Il progettista dovrà prescrivere il calcestruzzo, secondo quanto previsto dalla Normativa Tecnica Vigente, specificandone, quantomeno, le seguenti caratteristiche principali: ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ

27_Esempio con 5 barre di acciaio disposte trasversalmente alla direzione dello sviluppo dell’eventuale fessura.

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Classe di esposizione ambientale; Classe di resistenza caratteristica; Diametro massimo nominale dell’aggregato; Classe di consistenza.

Inoltre al fine di ottenere le prestazioni desiderate è opportuno specificare le “Prescrizioni aggiuntive” che variano a seconda del risultato che si vuole ottenere. Per garantire la durabilità dei pavimenti in calcestruzzo, esposti all’azione dell’ambiente interno ed esterno, si devono adottare i provvedimenti atti a limitare

11. Rinforzi vertici strutture esistenti e/o elementi di servizio - 12. Calcestruzzo

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gli effetti di degrado indotti dall’attacco chimico e/o fisico, dai cicli di gelo e disgelo e, per i pavimenti con armatura strutturale armate, gli effetti di degrado derivante dalla corrosione delle armature. Al fine di ottenere le prestazioni richieste, in fase di progetto, valutate le condizioni ambientali di posa e servizio, si devono fissare le caratteristiche del calcestruzzo, le procedure di posa e le prescrizioni in merito agli obbligati processi di maturazione. Per la valutazione della durabilità, nella formulazione delle prescrizioni sul calcestruzzo, si potranno prescrivere anche prove per la verifica della resistenza alla penetrazione agli agenti aggressivi (ad esempio si può tener conto del grado di impermeabilità del calcestruzzo). A tal fine può essere determinato il valore della profondità di penetrazione dell’acqua in pressione in mm. Per la prova di determinazione della profondità della penetrazione dell’acqua in pressione nel calcestruzzo indurito vale quanto indicato nella norma UNI EN 12390-8. Inoltre, allo scopo di ottenere la prestazione richiesta in funzione delle condizioni ambientali, per la definizione della relativa classe, si deve fare riferimento a quanto contenuto nelle norme UNI EN 206-1 ed UNI 11104.

>12.2 INGREDIENTI 12.2.1 AGGREGATI Gli aggregati da utilizzare nel confezionamento dei calcestruzzi per pavimenti devono essere dotati di marcatura CE ai sensi della norma UNI EN 12620, con criterio di conformità di tipo 2+ e nel rispetto dei requisiti previsti dalla norma UNI 8520/2. Particolare attenzione deve essere posta alla verifica della presenza di minerali nocivi quali solfati, solfuri ossidabili e, soprattutto, di minerali potenzialmente reattivi con gli alcali, i quali possono provocare danni funzionali alle pavimentazioni, anche se presenti in minima quantità. Nel caso in cui l’analisi petrografia avesse evidenziato la presenza di minerali potenzialmente reattivi con gli alcali come la selce, l’opale il calcedonio, il quarzo microcristallino, ai sensi della norma UNI 8520/2 gli aggregati possono essere utilizzati se superano una delle due prove di espansione su prismi di malta previste dalla norma UNI 8520/22, rispettivamente al p.to 7 (prova accelerata) e al p.to 8 (prova a lungo termine). Data la pericolosità che riveste la presenza di minerali effettivamente reattivi con gli alcali in una pavimentazione in calcestruzzo è opportuno che la marcatura CE di tali aggregati sia stata ottenuta con superamento della seconda prova (a lungo termine)

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12. Calcestruzzo

che risulta più accurata e attendibile della prima. Particolare attenzione deve essere posta, inoltre, al contenuto di contaminanti leggeri (elementi lignei e vegetali) per i quali la norma UNI 8520/2 prevede, nel caso di aggregati da utilizzare per pavimentazioni, un limite massimo di queste sostanze pari alla metà di quello consentito per gli aggregati per utilizzo ordinario (8520/2 – prospetto 5: Contenuto di contaminanti leggeri per calcestruzzi per pavimentazioni: aggregati fini ≤0,25% e aggregati grossi ≤0,05% ). Nel caso di pavimentazioni esterne in zone esposte a cicli di gelo-disgelo (classi di esposizione XF3 o XF4), devono essere impiegati aggregati in categoria F1 e MS18 per quanto attiene al requisito di resistenza al gelo. Nelle pavimentazioni appartenenti alle classi B, C e D della Tabella 2 soggette a intenso traffico e usura superficiale, si dovranno impiegare aggregati caratterizzati da coefficiente di Los Angeles inferiore o uguale a 30 (categoria LS30 o inferiori). 12.2.2 ADDITIVI In funzione delle caratteristiche della pavimentazione da realizzare e delle condizioni ambientali al momento del getto possono essere impiegate, nel calcestruzzo, le seguenti tipologie di addittivi: 1. superfluidificanti o riduttori d’acqua; 2. ritardanti o acceleranti; 3. additivi ad azione mista; 4. aeranti; 5. riduttori di ritiro (SRA); 6. espansivi non metallici. 12.2.2.1 SUPERFLUIDIFICANTI O RIDUTTORI D’ACQUA Sono additivi, che, aggiunti in quantità dell’ordine dello 0.5÷5% sul peso del cemento, incrementano la lavorabilità del calcestruzzo, a parità di quantità di acqua introdotta ovvero consentono una riduzione della quantità d’acqua necessaria per conseguire una data lavorabilità. L’impiego di additivi superfluidificanti nei calcestruzzi per pavimentazioni è essenziale per ottenere conglomerati fluidi ma, nel contempo, caratterizzati da buone caratteristiche meccaniche, bassa porosità e basso ritiro igrometrico. Gli additivi superfluidificanti per calcestruzzo devono essere dotati di marchio CE ai sensi della norma UNI EN 934-2 prospetti 3.1 e 3.2. 12.2.2.2 RITARDANTI O ACCELERANTI Additivi ritardanti della presa possono essere utilizzati, soprattutto in condizioni climatiche caratterizzate da elevate temperature, al fine di ridurre la perdita di

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lavorabilità del conglomerato nel periodo di tempo che va dal confezionamento alla messa in opera. Tali additivi devono essere conformi al prospetto 8 della UNI EN 934-2 e vanno utilizzati in aggiunta (non in sostituzione) di un normale additivo superfluidificante. Gli additivi acceleranti si dividono in acceleranti di presa e acceleranti di indurimento. Acceleranti di indurimento e blandi acceleranti di presa possono essere utilizzati nei calcestruzzi destinati alle pavimentazioni in calcestruzzo al fine di abbreviare i tempi di lavorazione in presenza di basse temperature. Tali additivi devono essere conformi al prospetto 7 della UNI EN 934-2 e vanno utilizzati in aggiunta (non in sostituzione) di un normale additivo superfluidificante. 12.2.2.3 ADDITIVI AD AZIONE MISTA Nel settore del calcestruzzo e, in particolare, in quello delle pavimentazioni, è diffuso l’utilizzo di additivi che combinano, all’azione superfluidificante, un effetto ritardante o accelerante. Ci si riferisce, in particolare, agli additivi specifici per pavimenti in calcestruzzo presenti sul mercato in due versioni: la versione estiva (superfluidificante e ritardante) e quella invernale (superfluidificante e accelerante). I primi devono essere conformi ai prospetti 11.1 e 11.2 della UNI EN 934-2 mentre i secondi, al prospetto 12 della stessa norma. 12.2.2.4 AERANTI Gli additivi aeranti, utilizzati per la produzione di calcestruzzi resistenti al gelo, da impiegare in pavimentazioni in classe di esposizione XF3 o XF4, devono essere conformi al prospetto 5 della UNI EN 934-2. 12.2.2.5 RIDUTTORI DI RITIRO I riduttori di ritiro (SRA) sono additivi di recente introduzione nel mercato che, se impiegati in ragione di 2-5 kg/m3 di calcestruzzo, sono in grado di ridurne il ritiro igrometrico in percentuali variabili a seconda della tipologia e del dosaggio impiegato. L’impiego di questi additivi si è dimostrato particolarmente efficace, nelle pavimentazioni in calcestruzzo, nel ridurre sia i fenomeni fessurativi causati dal ritiro igrometrico impedito che il curling dovuto alla variazione del ritiro igrometrico lungo lo spessore. Essendo additivi di concezione molto recente, gli SRA, al momento del presente prontuario tecnico, non sono ancora stati inquadrati in una norma comunitaria armonizzata, pertanto, allo stato attuale, essi vengono commercializzati senza marchio CE.

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12. Calcestruzzo

12.2.2.6 ESPANSIVI NON METALLICI Gli espansivi non metallici sono additivi in polvere utilizzati per produrre all’interno del calcestruzzo una reazione chimica espansiva controllata. Questa espansione, se adeguatamente contrastata dalla presenza di un’armatura metallica tradizionale, viene trasformata in una coazione di compressione che serve a compensare le trazioni successivamente prodotte dal ritiro igrometrico. Mediante l’impiego di agenti espansivi non metallici è possibile produrre calcestruzzi a ritiro compensato utilizzabili nella realizzazione di pavimenti in calcestruzzo privi di giunti di contrazione, per porzioni di pavimentazione fino a 1.000 m2 e oltre. Gli espansivi non metallici devono essere conformi alla norma UNI 8146. Le prestazioni di un calcestruzzo a ritiro compensato in termini di espansione/ritiro nel tempo devono essere valutati mediante la procedura descritta nella norma UNI 8148. Vedi Nota al paragrafo 5.2. Nota: le quantità riportate in questi paragrafi sono puramente indicative e non prescrittive. 12.2.3 AGGIUNTE MINERALI Le aggiunte minerali sono materiali inorganici finemente suddivisi utilizzati nel calcestruzzo allo scopo di migliorarne alcune proprietà o di ottenere proprietà speciali. Sono possibili due tipologie di aggiunte minerali: ˁˁ aggiunte praticamente inerti (tipo I); ˁˁ aggiunte pozzolaniche o ad attività idraulica latente (tipo II). Le aggiunte di tipo I devono essere dotate di marcatura CE ai sensi della UNI EN 12620 e nel rispetto dei requisiti previsti per i filler nella UNI 8520/2. Le aggiunte di tipo II utilizzabili nei calcestruzzi per pavimenti possono essere: ˁˁ ceneri volanti conformi alla norma UNI EN 450; ˁˁ fumi di silice conformi alle norme UNI EN 13263/1 e UNI EN 13263/2; ˁˁ loppe d’altoforno conformi alla UNI EN 15167-1.

>12.3 CLASSE DI RESISTENZA CARATTERISTICA A COMPRESSIONE La classe di resistenza da prescrivere per un pavimento di calcestruzzo è quella che soddisfa, contemporaneamente, le esigenze statiche, derivanti dal progetto

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strutturale, e le esigenze di durabilità con il rispetto della classe di resistenza minima corrispondente alla classe di esposizione ambientale prescelta (riferimento: prospetto 4 della UNI 11104). Si deve comunque di prescrivere l’impiego di un calcestruzzo con classe di resistenza minima almeno pari alla C25/30.

>12.4 CLASSE DI ESPOSIZIONE AMBIENTALE Il calcestruzzo utilizzato per la realizzazione di un pavimento può essere soggetto ad azioni di degrado in funzione delle condizioni ambientali alle quali è sottoposto. A seconda di queste azioni la UNI EN 206-1 e UNI 11104 individuano le classi esposizione ambientale del calcestruzzo. 12.4.1 PAVIMENTAZIONI INTERNE - CARATTERISTICHE DEL CALCESTRUZZO Per le pavimentazioni all’interno di edifici e complessi artigianali o industriali, ma anche per le pavimentazioni esterne in zona a clima temperato trattandosi di strutture non armate il calcestruzzo per pavimenti non deve soddisfare alcun requisito di durabilità escluso il caso di aggressione chimica al calcestruzzo. Pertanto, la scelta del conglomerato deve soddisfare le sole esigenze di natura strutturale. La resistenza caratteristica minima a compressione, per questa tipologia di opere dovrà essere minimo C25/30. Comunque, il consiglio di chi scrive, è di non andare mai al di sotto delle prescrizioni minime previste dalla classe di esposizione XC3 con resistenza caratteristica a compressione minima C28/35. Se eventualmente ci fossero problematiche di aggressione chimica, si rimanda a quanto previsto nella UNI EN 206-1 e UNI 11104 ed ad eventuali trattamenti superficiali protettivi eventualmente necessari. Qualora ci trovassimo nel caso di pavimentazioni con armatura strutturale, andranno valutate anche le problematiche relative alla protezione delle armature e anche in questo caso si rimanda a quanto previsto nella UNI EN 206-1 e UNI 11104 e all’EC 2 – UNI EN 1992-1-1. 12.4.2 PAVIMENTAZIONI ESTERNE - CARATTERISTICHE DEL CALCESTRUZZO Nel caso di pavimentazioni esterne, esposte ad un clima rigido esiste il rischio di aggressione del calcestruzzo ad opera sia dei cicli di gelo-disgelo che dei sali disgelanti. Pertanto, per queste pavimentazioni, in classe di esposizione XF4 in accordo alla UNI EN 206-1 e UNI 11104 occorre impiegare calcestruzzo con classe di resistenza minima

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12. Calcestruzzo

di C28/35 (Aerato), confezionati con additivi aeranti e aggregati non gelivi. Si fa notare che, in caso di utilizzo di calcestruzzi inglobanti aria ai fini della resistenza al gelo, è sconsigliabile la finitura delle pavimentazioni con semina di indurenti superficiali e successiva fratazzatura meccanica in quanto tale lavorazione provoca l’espulsione dell’aria inglobata in corrispondenza della parte corticale del pavimento e, quindi, vanifica il beneficio derivante dall’introduzione dell’aria nel calcestruzzo proprio laddove il pavimento risulta maggiormente esposto al gelo. Inoltre, è stato riscontrato più volte un incremento della probabilità di innesco di fenomeni di delaminazione in pavimentazioni in calcestruzzo realizzate con conglomerati inglobanti aria ai fini della resistenza al gelo e sottoposte ad una finitura mediante aspersione di indurenti superficiali e successiva fratazzatura meccanica. Qualora l’utilizzo di una finitura con semina di indurenti superficiali e successiva fratazzatura meccanica sia irrinunciabile in una pavimentazione esposta al gelo e ai sali disgelanti, è consigliabile di evitare l’impiego di un calcestruzzo aerato. Ciò è possibile, per le classi di esposizione XF3 e XF4, ai sensi della UNI EN 206-1 e della UNI 11104, se si dimostra che il calcestruzzo prescritto, privo di aria inglobata, abbia una resistenza al gelo comparabile con quella di un analogo calcestruzzo per il quale tale requisito è già stato provato, come riportato anche alla nota a) del prospetto 4 della UNI 11104: quando il calcestruzzo non contiene aria aggiunta, le sue prestazioni devono essere verificate rispetto ad un calcestruzzo aerato per il quale è provata la resistenza al gelo/disgelo, da determinarsi secondo la UNI 7087. In aggiunta, dal momento che i cicli di gelo e disgelo provocano degrado nel calcestruzzo solo se questo è saturo o prossimo alla saturazione, è opportuno prendere tutte le precauzioni atte ad evitare il ristagno di acqua sulla superficie del pavimento (organizzazione di adeguate pendenze verso le caditoie, rispetto dei requisiti di planarità, sigillatura dei giunti con resina, ecc…) e una eccessiva risalita capillare di umidità dal sottofondo. Se oltre al ciclo gelo/disgelo ci trovassimo in casi di aggressione chimica si rimanda a quanto previsto nella UNI EN 206-1 e UNI 11104 ed ad eventuali trattamenti superficiali protettivi eventualmente necessari. Qualora ci trovassimo nel caso di pavimentazioni con armatura strutturale, andranno valutate anche le problematiche relative alla protezione delle armature e anche in questo caso si rimanda a quanto previsto nella UNI EN 206-1 e UNI 11104 e all’EC 2 – UNI EN 1992-1-1.

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>12.5 SCELTA DELLA CLASSE DI CONSISTENZA La scelta della classe di consistenza del calcestruzzo per pavimenti dipende dalle modalità di realizzazione della piastra. Quando la stesa del conglomerato avvenga manualmente è opportuno utilizzare una classe di consistenza S5 preferibilmente con uno slump di riferimento 230 mm ± 20 mm (UNI EN 12350-2), accertata l’assenza di segregazioni e fenomeni secondari. In alternativa alla misura dello slump si potrà utilizzare la classe di spandimento misurata alla tavola a scosse prescrivendo conglomerati di classe di spandimento F5 o F6 (UNI EN 12350-5). Se la stesa del calcestruzzo avviene meccanicamente (come ad esempio laser screed) la classe di consistenza ottimale per questo tipo di applicazione è la S3/S4 o la classe di spandimento F3. Per le pavimentazioni a casseri scorrevoli la classe di consistenza da prescrivere per il calcestruzzo è la S1, o più correttamente determinare la consistenza del calcestruzzo fresco mediante la misurazione del tempo di Vébé (UNI EN 12350-3) e precisamente classe V4.

>12.6 BLEEDING Nei calcestruzzi per pavimenti occorre attenuare il fenomeno di bleeding per evitare che la resistenza all’abrasione superficiale della piastra venga compromessa. Allo scopo è opportuno che il volume di acqua di Bleeding, misurato secondo la procedura riportata nella norma UNI 7122, risulti inferiore allo 0,1%, oppure a 0,5 l/m2/h ) .

>12.7 RITIRO IGROMETRICO Il ritiro igrometrico è una contrazione di volume che si verifica fisiologicamente nel calcestruzzo indurito esposto ad ambiente insaturo d’acqua. Dal momento che il ritiro è, in genere, impedito dalla presenza di vincoli interni ed esterni, esso comporta l’innesco di sollecitazioni di trazione che, laddove superano la resistenza a trazione posseduta dal materiale, causano la formazione di fessure. Il ritiro igrometrico del calcestruzzo viene misurato secondo la UNI 11307. È opportuno che il ritiro igrometrico di un calcestruzzo per pavimenti, misurato a 28

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12. Calcestruzzo

gg con la procedura sopra indicata, sia preferibilmente inferiore a 500 μm/m. Con l’utilizzo degli agenti espansivi si possono confezionare calcestruzzi con ritiro molto inferiori a quanto soprariportato (per es. 250 μm/m o minore).

>12.8 CONTENUTO DI ARIA Un eccessivo contenuto di aria nel calcestruzzo può essere causa o concausa di fenomeni di delaminazione. A tal proposito occorre distinguere tra aria intrappolata e aria inglobata o aggiunta ai fini della resistenza ai cicli di gelo e disgelo. 12.8.1 ARIA INTRAPPOLATA Il calcestruzzo dovrà avere allo stato fresco un contenuto di aria intrappolata inferiore al 3%, misurata in base alla norma UNI EN 12350-7 sul calcestruzzo fresco. È opportuno segnalare che quella descritta nella UNI EN 12350-7 è l’unica procedura attendibile per valutare il contenuto d’aria in un calcestruzzo. La prova descritta nella norma UNI EN 480-11, emanata per definire una modalità di verifica l’efficacia degli additivi aeranti, ed eseguita sul calcestruzzo indurito, non fornisce valori attendibili del volume d’aria intrappolata o inglobata nel calcestruzzo. 12.8.2 ARIA INGLOBATA Nel caso di calcestruzzi esposti a cicli di gelo-disgelo, il contenuto di aria inglobata (mediante l’utilizzo nelle miscele di additivi areanti) dovrà rispettare quanto specificato dalla UNI 11104. In difformità a quanto stabilito dalle normative soprariportate, i valori di aria inglobato dovranno essere attentamente valutati ed eventualmente ridotti nel caso di calcestruzzi finiti con l’applicazione di uno strato superficiale. In relazione allo spessore e alla limitata porosità di tale strato applicato, l’impiego incontrollato di tale aria inglobata è vivamente sconsigliato.

>12.9 PRESCRIZIONI IN MERITO AL RISCHIO DI REAZIONI ALCALI-AGGREGATO Nei calcestruzzi per pavimenti è fondamentale limitare il rischio di reazioni alcaliaggregato all’interfaccia strato di usura-piastra di calcestruzzo.

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Per questo motivo occorre adottare prescrizioni più stringenti di quelle richieste, relativamente a questo aspetto, per altre tipologie strutturali. In particolare è opportuno: ˁˁ escludere l’utilizzo di aggregati che all’esame petrografico presentino forme alcali-reattive; ˁˁ prescrivere e/o utilizzare, nel confezionamento del calcestruzzo, di cementi tipo CEM III, ovvero CEM IV, ovvero CEM V oppure, in alternativa, cementi tipo CEM II-B seguiti da una delle seguenti lettere: P, Q, V o W; ˁˁ in zone ove il rischio di reazione alcali-aggregato è particolarmente elevato sarebbe opportuno prescrivere l’impiego di indurenti premiscelati specifici caratterizzati da basso tenore di alcali e presenza di aggiunte minerali pozzolaniche; ˁˁ utilizzo della barriera vapore.

13. tipo di finitura e strato d’usura Scopo dello strato d’usura è di migliorare le caratteristiche superficiali della pavimentazione in calcestruzzo ovvero la durezza, la planarità e la riduzione della polverosità. Non necessariamente lo strato d’usura è antipolvere ed antiolio, proprio perché realizzato con base cementizia. Nel caso necessiti ottemperare a tale richiesta, si dovrà effettuare un trattamento supplementare. Gli indurenti possono essere forniti premiscelati con il cemento, al fine di avere costanza di qualità e oppure sfusi e miscelati al cemento in cantiere. I premiscelati pronti all’uso disponibili in commercio, utilizzabili per lo strato di usura, applicati col metodo a spolvero o a pastina, sono: indurenti minerali, ricavati da macinazione di rocce dure (silicee, quarzifere, basaltiche, corindone naturale, porfidi) o da loppe di altoforno; indurenti metallici, ricavati da pezzi di materiale ferroso; indurenti metallurgici, ricavati da pezzi di carburo di silicio o corindone sintetico. La resistenza all’usura di un pavimento dipende soprattutto dalla tecnica applicativa. Qual’ora si utilizzassero calcestruzzi aerati in classe di esposizione XF3 e XF4,

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13. Tipo di finitura e strato d’usura

resistenti al ciclo gelo/disgelo, evitare una finitura delle pavimentazioni con semina di indurenti superficiali e successiva frattazzatura meccanica in quanto tale lavorazione provoca l’espulsione dell’aria inglobata in corrispondenza della parte corticale del pavimento e quindi vanifica il beneficio derivante dall’induzione dell’aria nel calcestruzzo proprio laddove il pavimento risulta esposto al gelo. Inoltre, si constata a livello pratico un incremento della probabilità di innesco di fenomeni di delaminazione in pavimentazioni in calcestruzzo realizzate con conglomerati inglobati aria e con una finitura come sopradescritta. Qualora l’utilizzo di una finitura con semina di indurenti superficiali e successiva frattazzatura meccanica sia irrinunciabile in una pavimentazione esposta al gelo e ai sali disgelanti, si deve evitare l’impiego di un calcestruzzo aerato. Ciò è possibile, per le classi di esposizione XF3 e XF4, ai sensi della UNI EN 206-1 e della UNI 11104, se si dimostra che il calcestruzzo prescritto, privo di aria inglobata, abbia una resistenza al gelo comparabile con quella di un analogo calcestruzzo per il quale tale requisito è già stato provato, come riportato anche alla nota a) del prospetto 4 della UNI 11104: quando il calcestruzzo non contiene aria aggiunta, le sue prestazioni devono essere verificate rispetto ad un calcestruzzo aerato per il quale è provata la resistenza al gelo/disgelo, da determinarsi secondo la UNI 7087. Lo strato d’usura può essere realizzato con i seguenti metodi: ˁˁ a “Spolvero”: sul calcestruzzo fresco, posato in opera a quota piano finito, viene applicato a “semina” un determinato quantitativo di miscela anidra d’aggregati e cemento. La scelta del materiale indurente e del quantitativo da applicare è determinata dall’entità dell’azione abrasiva sulla pavimentazione: maggiore è tale azione maggiore deve essere la resistenza meccanica del calcestruzzo e la resistenza all’abrasione dell’aggregato utilizzato per lo spolvero. ˁˁ a “Pastina”: sul calcestruzzo fresco posato in opera a quota meno 5-10 mm dal piano finito, viene applicato, fresco su fresco, un impasto d’aggregati, cemento e acqua (cui si possono aggiungere fibre sintetiche ed additivi fluidificanti) di spessore tale da raggiungere la quota finita. Anche in questo caso la scelta del materiale indurente e del quantitativo da applicare è determinata dall’entità dell’azione abrasiva sulla pavimentazione: maggiore è tale azione maggiore deve essere la resistenza meccanica del calcestruzzo e la resistenza all’abrasione dell’aggregato utilizzato per la “pastina”. ˁˁ a “Riporto”: posa di miscela indurente a forte spessore (1-3 cm) applicata sul calcestruzzo precedentemente indurito e stagionato. La superficie del calcestruzzo deve essere finita in modo che presenti una forte rugosità superficiale e ad avvenuta stagionatura deve essere preparata con estrema cura allo scopo di ottenere la massima adesione della miscela al supporto.

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L’aderenza del sistema riportato al supporto può essere ottenuta mediante l’applicazione di primer che possono essere a base cementizia o resinosa o mista. Sul primer ancora fresco viene applicato il materiale di riporto in strato unico. ˁˁ con “metodo senza indurente superficiale riportato”: è possibile eseguire la finitura della pavimentazione senza applicare sulla parte superficiale un prodotto cementizio indurente nella fase finale della lavorazione. La lavorazione viene eseguita solo con adeguato sistema di densificazione e lisciatura della parte superiore del calcestruzzo curando particolarmente la chiusura e la successiva stagionatura. In alcuni casi, ad avvenuto indurimento, si procederà ad eseguire una levigatura superficiale mediante utensili diamantati che permetterà di ottenere una superficie finale chiusa e planare, lasciando a vista la grana della miscela di calcestruzzo. Allo scopo di ottenere un miglioramento delle caratteristiche superficiali della pavimentazione può essere applicato un prodotto impregnante a forte azione indurente dando alla parte superiore della pavimentazione una resistenza meccanica particolarmente elevata. Nuovi sistemi si stanno affermando come consolidanti superficiali, tra questi, si ricorda di valutare l’utilizzo di “silicati”. Per quanto riguarda le quantità soprariportate riportate, si vuole ricordare che sono puramente indicative e non prescrittive. Per le prestazioni dello strato di finitura, si rimanda a quanto riportato nella Tabella al paragrafo 2.3. Nota: la realizzazione dello strato di usura, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, è solitamente preceduta dalle normali operazioni di livellatura della pavimentazione con stadie in alluminio o macchine “laser screed”. Sarebbe buona norma far seguire a tali lavorazioni una frattazzatura con il “bull-float” (frattazzo a manica lunga), poiché alcune zone potrebbero necessitare delle correzioni di planarità ed inoltre potrebbe presentarsi il bisogno di abbassare aggregati grossi del calcestruzzo affioranti. Nelle zone di difficile accesso questa operazione si può eseguire con una stadia a “manica corta” (“darby”).

>13.1 STRATO DI FINITURA E TRATTAMENTI SUPERFICIALI: PRESTAZIONI I principali requisiti prestazionali richiesti allo strato di finitura sono riportati nel seguito:

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13. Tipo di finitura e strato d’usura

ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ ˁˁ

Resistenza all’usura; Resistenza all’abrasione; Resistenza all’urto; Resistenza chimica; Polverosità; Pulibilità; Sdrucciolevolezza; Funzione estetica; Antistaticità; Protezione dalle azioni ambientali.

13.1.1 RESISTENZA ALL’ABRASIONE E ALL’USURA I premiscelati pronti all’uso in commercio, utilizzabili per lo strato di finitura applicati con il metodo a spolvero o a pastina, o con il riporto successivo, sono classificabili in base al tipo di indurente che ne caratterizza il comportamento fisico-chimico (vedere EN 13813): ˁˁ indurenti minerali, ricavati da macinazione di rocce dure (silice, quarzo, basalto, corindone, porfido) o da loppe d’altoforno; ˁˁ indurenti metallici, ricavati da pezzi di materiale ferroso; ˁˁ indurenti metallurgici, ricavati da pezzi di carburo di silicio o corindone sintetico. In alternativa all’impiego di premiscelati possono essere utilizzate altre tecnologie per migliorare la resistenza all’abrasione e all’usura della pavimentazione. Tra queste si segnala l’impregnazione della parte superficiale del calcestruzzo tal quale, dopo opportuna levigatura, mediante l’impiego di prodotti fluidi a effetto consolidante. Tali prodotti sono composti generalmente da soluzioni acquose di sali inorganici (es. silicati, in forma pura o modificati) che vengono fatte penetrare nelle porosità superficiali del pavimento e, ad avvenuto indurimento, aumentano le caratteristiche fisico-meccaniche della parte impregnata. La resistenza all’abrasione e all’usura può essere ottenuta anche mediante l’applicazione di sistemi resinosi ma solo se in malta fortemente caricata con indurenti duri.

>13.2 RESISTENZA ALL’URTO La resistenza all’urto può essere solo parzialmente modificata dallo strato di finitura in quanto dipende soprattutto dalle caratteristiche del calcestruzzo utilizzato. L’impiego di prodotti ad alto spessore (maggiore di 10 mm) migliora proporzionalmente Alaska concrete srl - via Galvani 4, z.i. 33080 Porcia (PN)


la resistenza all’urto della pavimentazione. Una migliore resistenza può essere ottenuta utilizzando prodotti caratterizzati da un’alta duttilità quali, ad esempio, prodotti con inerti a base di ferro e ghisa, malte ad alta resistenza a flesso-trazione (quali quelle a base di prodotti resinosi oppure incorporando nell’indurente delle fibre di rinforzo).

>13.3 RESISTENZA CHIMICA La resistenza chimica dello strato di finitura dipende dalla natura chimica del prodotto utilizzato. In linea di massima lo strato di finitura diminuisce fortemente (o annulla) la permeabilità della parte superficiale rispetto a quella del calcestruzzo sottostante e, pertanto, la sola presenza di tale strato migliora complessivamente la resistenza chimica della pavimentazione. Tuttavia, se il prodotto utilizzato è a base di cemento, pur caratterizzato da permeabilità estremamente bassa, potrà essere attaccato dai prodotti chimici, soprattutto se di natura acida. Qualora venisse richiesta una specifica resistenza chimica dovranno essere utilizzati sistemi specifici, generalmente a base di sistemi resinosi, da scegliere in relazione agli agenti aggressivi presenti.

>13.4 POLVEROSITÀ Lo strato di finitura correttamente applicato e adeguatamente stagionato diminuisce il rilascio di polvere superficiale che caratterizza il calcestruzzo. Tuttavia, questo miglioramento, non può essere considerato un vero e proprio trattamento antipolvere. Pertanto, l’assenza di polvere in una pavimentazione in calcestruzzo, potrà essere ottenuta esclusivamente mediante successivi trattamenti superficiali con prodotti ad effetto indurente conglomerante a base di sostanze inorganiche o sistemi polimerici.

>13.5 SDRUCCIOLEVOLEZZA La sdrucciolevolezza di una pavimentazione dipende dalla sua conformazione fisica superficiale ma anche dalle condizioni di utilizzo. La presenza di acqua o prodotti di altra natura sulla superficie, ad esempio, modifica le condizioni della pavimentazione, diminuendo l’effetto antisdrucciolo dello strato finale. Le pavimentazioni in calcestruzzo con strato di finitura effettuato con prodotti premiscelati a base di aggregati e cemento presentano generalmente un adeguato effetto antisdrucciolo. I prodotti applicati per impregnazione, e ancor più i rivestimenti resinosi, diminuiscono fortemente l’effetto antisdrucciolo se non vengono prescritti, ed applicati, specifici prodotti superficiali.

>13.6 FUNZIONE ESTETICA Lo strato di finitura può consentire il raggiungimento di una funzione estetica solo se espressamente progettato anche per tale scopo. I prodotti premiscelati a base di cemento possono assumere differenti colorazioni localizzate che dipendono proprio dalla stessa disomogeneità del calcestruzzo sottostante. Le fasi di lavorazione avvengono generalmente “fresco su fresco” e sono quindi influenzate dalle caratteristiche del supporto in calcestruzzo e dalle condizioni ambientali. Un migliore effetto estetico può essere ottenuto mediante l’utilizzo di prodotti ad alto spessore, mentre è possibile garantire una funzione estetica della pavimentazione applicando una finitura a base di resina.

>13.7 ANTISTATICITÀ I prodotti di finitura a base di cemento possono essere considerati antistatici, pertanto non permettono l’accumulo di cariche elettrostatiche pericolose. Analogo comportamento possiedono anche i prodotti di finitura a base resinosa

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13. Tipo di finitura e strato d’usura

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in quanto le resine utilizzate sono generalmente caratterizzate da buone capacità isolanti o addirittura dielettriche. In quest’ultimo caso l’effetto antistatico dipenderà dal tipo di prodotto utilizzato, dallo spessore applicato, dalla sua formulazione e dalle condizioni ambientali. Un pavimento antistatico deve essere espressamente progettato.

>13.8 PROTEZIONE DALLE AZIONI e aggressioni AMBIENTALI Così come trattato alla voce “Resistenza chimica”, il trattamento di finitura può migliorare e proteggere la pavimentazione dagli effetti negativi dell’ambiente. La diminuzione della permeabilità superficiale limita l’assorbimento di acqua e dei prodotti inquinanti in essa disciolti e, conseguentemente, ne limita l’azione aggressiva. Essendo l’azione chimica direttamente dipendente dal tempo di contatto, si dovranno progettare correttamente le pendenze della pavimentazione per facilitare il deflusso dell’acqua. La protezione nei confronti del fenomeno del gelo, coinvolgendo anche gli strati sottostanti del calcestruzzo, dovrà essere oggetto di specifica progettazione.

14. impianti a pavimento Nel caso della presenza di impianti a pavimento (idraulico, raffrescamento e/o riscaldamento, ecc…) vanno effettuate, prima della posa del calcestruzzo, tutte le prove di tenuta idraulica. I tubi dell’impianto a pavimento devono essere adeguatamente fissati e bloccati. Al di sopra va posizionata la rete elettrosaldata, che permette una distribuzione dei carichi durante il getto, per attenuare le possibilità di danneggiamento. Si può derogare alla posa di tale rete, qualora progettualmente sia prevista un’armatura superiore, la quale andrà posata su opportuni distanziatori e/o tralicci che hanno la possibilità di essere appoggiati sul supporto del pavimento ed inseriti nello spazio libero tra i singoli tubi. In caso di utilizzo di calcestruzzi fibrorinforzati senza la presenza della rete

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14. Impianti a pavimento - 15. Stagionatura/maturazione

elettrosaldata, con il compito di mantenere unite le lastre dopo la realizzazione dei giunti di contrazione, non si può assolutamente derogare alla posa della rete al di sopra dei tubi per la distribuzione dei carichi. Lo spessore di progetto va garantito dal lembo superiore di tali tubi. Qualora trattasi di impianto a pavimento idraulico, raffrescamento e/o riscaldamento, durante l’esecuzione dei getti, l’impianto va mantenuto in pressione al fine di individuare qualsiasi perdita dovuta alle operazioni di posa.

15. stagionatura/maturazione Per raggiungere le potenziali prestazioni attese dal calcestruzzo, soprattutto nella zona corticale, occorre proteggerlo e stagionarlo accuratamente. La stagionatura e protezione del pavimento deve iniziare appena possibile dopo la fase di lisciatura con frattazzatrice meccanica o manuale. La stagionatura consiste nell’evitare una prematura essiccazione provocata soprattutto dall’irraggiamento solare e dal vento. La protezione è volta a prevenire gli effetti derivanti da: ˁˁ Esposizione, anche durante il getto e la lavorazione, a condizioni climatiche avverse nonché all’irraggiamento solare e alla ventilazione; ˁˁ Il dilavamento per pioggia o ruscellamento dell’acqua; ˁˁ Il rapido raffreddamento durante i primi giorni successivi al getto; ˁˁ Differenze di temperatura superiori ai 20 °C tra il centro e la superficie del pavimento; ˁˁ Il congelamento. I principali sistemi di protezione per la stagionatura del pavimento, utilizzabili singolarmente o in combinazione tra loro, consistono nel: ˁˁ Coprire la pavimentazione con teli di plastica (oppure con materassini di tipo isolante in caso di basse temperature); ˁˁ Rivestire con teli umidi; ˁˁ Nebulizzare acqua sulla superficie in maniera uniforme ed ininterrotta; ˁˁ Applicare prodotti stagionanti che formano pellicole protettive. Tutti metodi indicati sono comunque inefficaci quando la temperatura del calcestruzzo fresco è inferiore ai 5 °C.

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Nota: è opportuno non effettuare i getti a temperature inferiori a 10° C e superiori a 27°C. La realizzazione di pavimenti esterni in presenza di temperature rigide (< 5° durante il giorno e che scendono sotto 0° la notte) va assolutamente evitata. La stagionatura umida può essere interrotta momentaneamente solo per la realizzazione dei giunti di controllo mediante taglio, nel caso che questi vengano realizzati prima della scadenza prevista per il periodo di maturazione umida.

16. planarità La planarità è lo stato di una superficie piana che non presenta irregolarità, sia convesse che concave. La planarità è indipendente dalla pendenza e dall’orizzontalità. Il grado di planarità di una pavimentazione deve essere definito in fase progettuale, anche ai fini della scelta del metodo costruttivo.

tab 10

tolleranze sulla planarità* distanza tra due punti di controllo tolleranza

1m

2m

4m

±4 mm

±5 mm

±6mm

*Scostamento di concavità o convessità rispetto al piano nominale determinato dal regolo utilizzato per la misurazione.

Nota: Tolleranze più restrittive di quelle indicate, per esempio per magazzini destinati a stoccaggio con alte scaffalature ed impiego di carrelli elevatori a grande altezza, non sono contemplate nella norma UNI 11146:2005 e devono essere eventualmente specificate nel progetto.

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16. Planarità - 17. Orizzontalità

I limiti di accettazione della planarità, che consideriamo in questo paragrafo a titolo di esempio, sono quelli definiti nel prospetto 2 della Norma UNI 11146:2005, successivamente riportata o definite contrattualmente. La planarità deve essere verificata utilizzando o il metodo descritto nell’appendice A della Norma UNI 11146:2005 o altri metodi che consentano una precisione uguale o maggiore. Qualora progettualmente sia stato previsto un altro metodo per prescrivere la planarità (vedi quanto riportato al paragrafo 2.4), anche le verifiche postume devono seguire il metodo prescelto. Diverse tolleranze potrebbero essere previste a livello contrattuale. Inoltre, allo scopo di verificare la corretta posa del pavimento in calcestruzzo, le tolleranze richieste CONTRATTUALMENTE devono essere verificate entro e non oltre le 72 h successive al termine delle operazioni di fratazzatura e lontano almeno 50 cm dai pozzetti, dai giunti di costruzione e dagli spiccati in elevazione. La pavimentazione è accettata alla verifica di due condizioni: 1. Almeno il 90% delle misurazioni preventivamente concordate deve essere conforme ai valori di riferimento; 2. Il 10% delle misurazioni preventivamente concordate non può comunque superare il valore di riferimento aumentato del 25% in ogni singola rilevazione. Per altre esigenze o tipologia di prescrizione della planarità in relazione all’uso previsto ed in particolare al tipo di movimentazione e di stoccaggio delle merci, le tolleranze di planarità dovranno essere prescritte progettualmente in relazione all’altezza delle scaffalature e al tipo di carrelli utilizzati nella movimentazione delle merci.

17. orizzontalità Quanto previsto nel presente punto è applicabile quando nel pavimento non siano previste pendenze per il deflusso dell’acqua. In tal caso si applica il punto successivo. Il pavimento in calcestruzzo viene normalmente raccordato agli elementi circostanti

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già posizionati in quota e livello stabiliti (soglie, chiusini, basamenti, piani di scarico, ecc.) che costituiscono i raccordi del pavimento. In tali casi, l’orizzontalità non necessariamente risulta requisito applicabile. I riferimenti dei piani quotati devono essere stabiliti progettualmente e marcati su pilastri e muri con tratti precisi ed indelebili a cura del committente. I riferimenti quotati devono essere verificati dalla direzione lavori. In assenza di punti di raccordo, il progetto deve stabilire la quota di riferimento rispetto a capisaldi prefissati. (soglie, chiusini, basamenti, piani di scarico, ecc.). Le tolleranze riferite alla quota di riferimento devono essere quelle definite nel prospetto 3 della Norma UNI 11146:2005 o definite contrattualmente. Diverse tolleranze potrebbero essere previste a livello contrattuale. Inoltre, allo scopo di verificare la corretta posa del pavimento in calcestruzzo, le tolleranze richieste CONTRATTUALMENTE devono essere verificate entro e non oltre le 72 h successive al termine delle operazioni di fratazzatura e lontano almeno 50 cm dai pozzetti, dai giunti di costruzione e dagli spiccati in elevazione. La pavimentazione è accettata alla verifica di due condizioni: 1. Almeno il 90% delle misurazioni preventivamente concordate deve essere conforme ai valori di riferimento; 2. Il 10% delle misurazioni preventivamente concordate non può comunque superare il valore di riferimento aumentato del 25% in ogni singola rilevazione.

tab 11

tolleranze sull’orizzontalità distanza tra due punti di controllo tolleranza

<10 m

<25 m

<50 m

<100 m

±15 mm

±20 mm

±25 mm

±35 mm

18. pendenza Quanto previsto nel presente punto è applicabile quando non sia richiesto il soddisfacimento del requisito di orizzontalità. Per evitare ristagni d’acqua è necessario prevedere pendenze di almeno 15 mm/m. Le pendenze per il deflusso delle acque verso i punti di raccolta, devono essere espresse in millimetri al metro e devono essere indicate dal progettista. Per rispettare tali pendenze, la quota di colmo deve essere determinata misurando la distanza tra il punto più lontano e il punto di raccolta delle acque. Il grado di planarità dei pavimenti in pendenza può essere misurato con il metodo di controllo riportato nel paragrafo 16.

19. note e criticità dovute alla particolarità delle lavorazioni 19.0.1 MICRO CAVILLATURE Le microcavillature sono una caratteristica frequente in una pavimentazione in calcestruzzo rifinita con spolvero cementizio in quanto possono dipendere dalle naturali operazioni di finitura e dalle condizioni termoigrometriche presenti al momento delle lavorazioni e nei primi periodi di indurimento. Possono essere contenute eliminando l’azione diretta del sole e le correnti d’aria. La repentina applicazione di una corretta stagionatura diminuisce tale fenomeno. Normalmente sono estremamente piccole, tanto da essere spesso individuate solo dopo una preventiva leggera bagnatura del pavimento. Le microfessure a ragnatela non possono essere considerate un difetto, soprattutto se interessano alcune parti limitate della superficie, salvo che tale fenomeno sia

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18. Pendenza - 19. Note e criticità dovute alla particolarità delle lavorazioni

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accompagnato da distacchi parziali dello strato di finitura. Se tali possibili microcavillature non risultino accettabili per l’uso previsto si dovrà prevedere un trattamento superficiale di riporto (ad esempio una verniciatura, resinatura, ecc.) e specificarlo nel progetto. Quindi, va sempre spiegato ed anticipato ai committenti che sulla superficie del pavimento siano presenti quasi sicuramente cavillature superficiali, tipiche di tutte le strutture a base cementizia. 19.0.2 FESSURE E TOLLERANZE Le fessure si differenziano dalle microfessure per la forma, l’ampiezza e la loro distribuzione sulla superficie del pavimento. Le fessure sono spesso evidenti ad occhio nudo, con un’ampiezza da qualche centinaio di microns fino a qualche millimetro. Normalmente presentano un andamento lineare irregolare o possono suddividere un riquadro di calcestruzzo in due o più zone distinte. A volte possono presentare uno scalino tra i due lembi. Le cause della fessurazione sono molteplici, ad esempio il ritiro del calcestruzzo, la presenza di colonne, pilastri, strutture ad angolo retto, spiccati in elevazione in genere, fosse o vasche, carichi eccessivi sulla pavimentazione rispetto alle previsioni progettuali, rotture dei bordi delle lastre di calcestruzzo imbarcate a causa del fenomeno del curling, insufficiente portata del supporto, assestamenti differiti nel tempo del sottofondo. La presenza di eventuali fessure può essere classificata come difetto lieve, medio o grave in relazione sopratutto alla loro estensione e alla loro ampiezza, o anche rispetto alla specifica destinazione d’uso della pavimentazione. Fessure sottili, con ampiezza inferiore a 0,3 mm possono essere considerate accettabili, mentre fessure più ampie potranno essere oggetto di verifica puntuale con un semplice controllo del loro andamento e del loro deterioramento nel tempo e di puntuale manutenzione nel caso si verifichi una progressione del degrado dei cigli della fessura. In tal caso si dovrà provvedere a un intervento di sigillatura con sistemi resinosi adeguati o prodotti specifici per l’intervento. Nel caso di fessure ancora attive si dovranno utilizzare dei sistemi flessibili o elastici. Quindi, per quanto riguarda la nascita di eventuali fessure, che il pavimento in calcestruzzo realizzato presenterà quasi sicuramente, e cioè fessurazioni naturali, fessurazioni nate da elementi e strutture esistenti, bisognerebbe già in fase contrattuale, stabilire un criterio di accettazione ad esempio 1 o 2 o 3 cm/m2, di ampiezza superiore a 0,3mm. Quindi, per una pavimentazione di 100 m2, la comparsa

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19. Note e criticità dovute alla particolarità delle lavorazioni

di fessure sarà regolamentata, in quanto allo stato attuale delle conoscenze, non totalmente eliminabile e avremo che: ˁˁ con 1 cm/m2 la lunghezza tollerabile sarà 100 cm = 1 m; ˁˁ con 2 cm/m2 la lunghezza tollerabile sarà 200 cm = 2 m; ˁˁ con 3 cm/m2 la lunghezza tollerabile sarà 300 cm = 3 m. Ovviamente, più stringente sarà la tolleranza, più alto sarà il costo della pavimentazione. La misurazione dell’apertura può essere effettuata mediante microscopi ottici dotati di reticolo di riferimento (in genere centesimale) o microscopi digitali opportunamente calibrati. L’eventuale rilievo della stabilità nel tempo richiede una ripetizione sistematica delle misure, mediante comparatori meccanici di precisione (Whittemore), fessurimetri ottici a interferenza (moiré tell-tales) o sistemi automatizzati di monitoraggio (trasduttori induttivi, potenziometrici, resistivi, ecc). 19.0.3 DELAMINAZIONE La delaminazione è un fenomeno particolare che può interessare una pavimentazione in calcestruzzo che comporta il distacco localizzato della parte corticale della lastra di porzioni con spessori variabili da pochi millimetri a 1-2 cm e oltre. Il fenomeno può essere suddiviso in due distinte modalità: delaminazione adesiva, con il distacco netto della parte di finitura riportata nelle operazioni terminali della lavorazione del calcestruzzo; delaminazione coesiva, con il distacco all’interno della matrice di calcestruzzo, nella sua parte superficiale, con spessori variabili fino a qualche centimetro. La presenza di alcune zone circoscritte di delaminazione coesiva può essere ripristinata mediante la rimozione della parte ammalorata e il suo ripristino con sistemi resinosi o cementizi modificati ricostruendo i volumi originari. Tale intervento deve essere valutato sotto il profilo tecnico e della sua durabilità, mentre rimarrà una differenza estetica tra le zone ripristinate e il resto della pavimentazione. Quando l’aspetto estetico dovesse assumere un’importanza particolare questa dovrà essere espressamente prescritta progettualmente. Nel caso di delaminazione coesiva che interessi alcune limitate zone della pavimentazione, si dovrà procedere alla scarifica della zona interessata fino al raggiungimento della parte sana del calcestruzzo e procedere in seguito al ripristino mediante sistemi resinosi o cementizi adeguati. Ove fossero presenti più zone delaminate nella stessa lastra è opportuno scarificare totalmente la superficie della stessa e procedere al suo ripristino secondo le modalità indicate in precedenza.

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Anche in questo caso l’intervento di recupero è di tipo tecnico e non estetico. Se i riquadri interessati dal fenomeno della delaminazione riguardano zone estese, o il recupero superficiale risulta essere difficile o incerto nel suo risultato tecnico, si può valutare la demolizione totale della zona interessata.

>19.1 criticità IN PROSSIMITÀ DI ELEMENTI PRESENTI A CONTATTO CON LA PAVIMENTAZIONE La posa di pozzetti, griglie ed altri elementi quali guide per porte, portoni, finestre, spiccati di varie strutture, pilastri, muri, setti, vani ascensore, compreso l’utilizzo di elementi e materiali idonei per il fissaggio, il tutto appropriato ad assolvere a carichi e prestazioni richieste progettualmente. Si ricorda che la superficie adiacente a tali elementi avrà sicuramente delle problematiche di degrado, poiché nessuno è in grado di lavorare con precisioni millimetriche ed il normale utilizzo con passaggio di mezzi di vario tipo, provocherà la nascita di sbrecciature superficiali. Inoltre, se si prevede di realizzare un pozzetto di ispezione adiacente ad una griglia di raccolta acqua, di dimensioni trasversali diverse, in prossimità di tali elementi si avrà un indebolimento della sezione e conseguente frantumazione del calcestruzzo (inevitabile).

>19.2 criticità DOVUTE ALLA REALIZZAZIONE SU PAVIMENTO ESISTENTE Qualora si decida di realizzare il pavimento in calcestruzzo sopra pavimenti esistenti, potranno emergere con molta probabilità dei vizi e difetti presenti nel pavimento sottostante. Tali vizi e difetti saranno difficilmente gestibili e poco controllabili.

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19. Note e criticità dovute alla particolarità delle lavorazioni

>19.3 criticità SU STRUTTURE CHE NON SONO PAVIMENTAZIONE MA OPERE GENERICHE Occorre fare molta attenzione a non confondere solette, fondazioni, massetti e strutture in genere, comprese quelle realizzate su strutture prefabbricate, frattazzate meccanicamente e corrazzate con strato di usura superficiale, con le pavimentazioni in calcestruzzo isolate dalle restanti strutture, ma, totalmente legate e collaboranti. In tali casi le pavimentazioni, risentiranno di tutte le sollecitazioni delle strutture adiacenti, con conseguenti nascite di problematiche.

>19.4 criticità DOVUTE AL SUPPORTO PARTICOLARE: TRAVI E SOLAI PREFABBRICATI Quando si realizza un pavimento in calcestruzzo su travi e solai prefabbricati, la nascita di eventuali fessure, potrebbe essere totalmente indipendente da modalità esecutive del pavimento, e riconducibile invece alla tipologia ed al comportamento di supporto.

>19.5 DIFFERENZE DI FINITURA E CROMATICHE IN ADIACENZA A STRUTTURE O ELEMENTI PRESENTI A CONTATTO CON LA PAVIMENTAZIONE Va sempre spiegato e specificato che in prossimità di pozzetti, griglie ed altri elementi quali guide per porte, portoni, finestre, spiccati di varie strutture, giunti di costruzione, giunti di isolamento, pilastri, muri, setti, vani ascensore, e ripresa manualmente con un’inevitabile diversità dell’aspetto e del colore.

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>19.6 INTERRUZIONE DEL TAGLIO PER LA REALIZZAZIONE DEL GIUNTO DI CONTROLLO In prossimità di pozzetti, griglie ed altri elementi quali guide per porte, portoni, finestre, spiccati di varie strutture, giunti di costruzione, giunti di isolamento, pilastri, muri, setti, vani ascensore, compreso l’utilizzo di elementi e materiali idonei per il fissaggio, il tutto appropriato ad assolvere a carichi e prestazioni richieste progettualmente, le protezioni antifortunistiche delle macchine tagliagiunti non consentono di prolungare i tagli oltre 15 – 20 cm dagli spiccati o altri elementi; pertanto la conseguente fessurazione che compare come prolungamento del taglio è una logica conseguenza e non è da ritenersi un difetto.

>19.7 PRESENZA DI FIBRE IN SUPERFICIE Qualora si utilizzi un calcestruzzo fibrornforzato con fibre di qualsiasi natura, è normale che alcune fibre siano presenti in superficie; tale presenza non è da considerarsi un difetto ma è una caratteristica del calcestruzzo fibrorinforzato.

>19.8 PRESENZA DI CONTAMINANTI LEGGERI IN SUPERFICIE La presenza di contaminanti leggeri in superficie è dovuta alla natura degli ingredienti del calcestruzzo (aggregati naturali) e quindi si deve accettare tale presenza. Il contenuto di contaminanti leggeri, nel limite ammissibile <0,05% nel caso di aggregati grossi, come riportato nella norma UNI 8520-2, pagina 6.

>19.9 DIFFERENZE CROMATICHE

procedere della stagionatura. La colorazione iniziale inoltre tende a variare nel tempo a causa con l’evoluzione del processo di idratazione. L’utilizzo di teli umidi, teli in polietilene per la maturazione umida, comporteranno sicuramente la nascita di colorazioni diverse e macchie che non possono essere oggetto di contestazione. Anche dopo le operazioni di taglio, causa le acque di raffreddamento della lama, nasceranno delle colorazioni diverse e macchie in prossimità del taglio. Pertanto, tali fenomeni non possono essere considerati oggetto di di contestazione. Quindi, per quanto soprascritto, non è possibile ottenere una colorazione omogenea con il solo calcestruzzo e spolvero ma, l’omogeneità e la persistenza della colorazione potrà essere ottenuta solo mediante successivo trattamento verniciante o in spessore. Tale requisito, se importante, dovrà quindi essere chiaramente specificato nelle prescrizioni progettuali.

>19.10 PRESENZA DI GIBBOSITÀ La presenza di gibbosità dovute alla particolare lavorazione, frattazzatura meccanica, la quale non è perfetta come operatività. Infatti, le pale ruotanti producono dei punti alti e punti bassi più o meno pronunciati. Questi punti, non dipendono dalla sensibilità dell’operatore, ma dalla caratteristica della lavorazione. Queste gibbosità, sono più o meno presenti su tutti i pavimenti, ma non per questo si tratta di “cattiva esecuzione” e non possono essere considerate un difetto. Le gibbosità devono essere tollerate, purchè rientrino nelle tolleranze della planarità. Quindi non diventare oggetto di contestazione. Qualora fosse necessario avere una pavimentazione senza tali fenomeni, va prescritto in fase progettuale e si deve passare ad un trattamento superficiale a base di resine, poiché non avrebbe senso ne economicamente ne tecnicamente, cercare di eliminarle, utilizzando speciali levigatrici, che andrebbero si ad eliminare le gibbosità, ma anche parte dello strato d’usura.

A causa delle naturali differenze cromatiche dei vari materiali utilizzati, delle variabili nelle lavorazioni e delle condizioni ambientali durante la posa l’aspetto superficiale della pavimentazione potrà presentare differenze cromatiche non uniformi. Tali differenze solitamente tendono a mitigarsi entro alcune settimane, con il

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19. Note e criticità dovute alla particolarità delle lavorazioni

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20. corretto utilizzo della pavimentazione Le caratteristiche prestazionali della pavimentazione raggiungono il loro massimo valore in relazione al tempo di stagionatura rispetto alle condizioni termoigrometriche presenti. Per tale motivo fino al raggiungimento di tali valori la pavimentazione deve essere protetta e/o non sollecitata precocemente. In assenza di specifiche indicazioni il pavimento non potrà essere sollecitato completamente prima di 28 giorni di stagionatura accertando l’esito positivo delle prove previste. Qualora fosse necessario sovraccaricare prima l’opera, il progettista prescriverà il valore di resistenza minima a compressione necessario per resistere ai carichi di servizio. Se non fosse progettualmente specificato, sono ammesse deroghe al progetto solo se espressamente autorizate dal Direttore Lavori. Tale resistenza, prevista da progetto o richiesta dal Direttore Lavori deve essere verificata tramite le prove complementari secondo quanto previsto dalla Normativa Tecnica Vigente. Inoltre si dovrebbero prevedere delle prove di verifica della messa in opera mediante prove distruttive e non distruttive (non sono riconosciute le prove effettuate con lo sclerometro). Traffico pedonale o limitato potrà essere autorizzato espressamente in relazione alle condizioni ambientali e prestazionali del pavimento, comunque indicativamente non prima di 7 giorni.

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20. Corretto utilizzo della pavimentazione - 21. Uso e manutenzione

21. uso e manutenzione >21.0 INTRODUZIONE In coerenza con quanto previsto dalla Normativa Tecnica Vigente, che prevede la redazione di un piano di manutenzione in fase di progetto, anche per le pavimentazioni industriali deve essere predisposto un “Piano di uso e manutenzione”, allo scopo di garantire la funzionalità nel tempo del pavimento stesso. La vita nominale della piastra in c.a. e della massicciata, da adottare in fase progettuale, è non inferiore a 50 anni, per quanto riguarda gli elementi della pavimentazione: giunti di costruzione, strato di usura, sigillature giunti, la vita di servizio è ovviamente minore e dipenderà dal tipo di prodotti utilizzati e dalla tipologia di traffico e uso a cui è soggetta la pavimentazione. Il “Piano di uso e manutenzione” dovrà comprendere la manutenzione dei giunti, in particolare di costruzione ed espansione, dello strato di finitura, fessure e deformazioni spontanee della piastra, come pure dei particolari esecutivi soggetti a maggior sollecitazione, individuati dal progettista.

>21.1 USO DELLA PAVIMENTAZIONE // VARIAZIONI DI DESTINAZIONE D’USO L’uso della pavimentazione, in calcestruzzo, DEVE essere definito in fase progettuale; eventuali variazioni della destinazione d’uso e dell’uso comporterà, in buona parte dei casi, un adeguamento della pavimentazione, previa verifica progettuale. Tali interventi di adeguamento saranno “più o meno” invasivi a seconda dell’attività che si prevedrà in futuro. Tutto ciò comporterà anche una modifica delle fasi di manutenzione programmata. Invece, la pavimentazione viene infatti utilizzata in modo inadeguato in quanto, molti, ritengono che sia sufficiente solo una buona realizzazione per ottenere durabilità per decenni. Praticamente, mentre la piastra di calcestruzzo, se opportunamente dimensionata

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e realizzata, presenta durabilità di lunga durata, corrispondente all’aspettativa di vita del manufatto, alcuni particolari della stessa soggetti a sollecitazioni puntuali presenteranno durata inferiore (vedi tutte le tipologie di giunto). La pavimentazione è soggetta a specifiche sollecitazioni, soprattutto urti ed abrasioni, e pertanto in alcune zone si potranno presentare difetti e degradi che dovranno essere oggetto di manutenzione programmata o puntuale durante la vita di esercizio. Lo stesso dicasi nel caso venga cambiato l’uso o la destinazione oppure nel caso vengano modificati alcuni parametri della sollecitazione, quali ad esempio la movimentazione, passando da ruote morbide a ruote rigide. Modificando solo alcuni parametri relativi all’uso, la pavimentazione potrà infatti presentare aspettative di vita completamente differenti, soprattutto nella parte corticale a diretto contatto con le sollecitazioni. Sarà necessario in tal caso predisporre modifiche alle tempistiche e alle modalità dei cicli di manutenzione, con particolare riguardo ai giunti e ad alcuni particolari esecutivi. Si riportano nel seguito alcuni consigli per un corretto uso della pavimentazione: ruote dei carrelli: le ruote dei carrelli sollecitano particolarmente la pavimentazione soprattutto ad abrasione, a trazione e a taglio. Devono essere pertanto verificate e, se deteriorate, dovranno essere sostituite. carico dei carrelli: il carico dei carrelli non deve superare quello massimo previsto dal fabbricante. Vanno evitati i disallineamenti del carico o la movimentazione dello stesso con altezze eccessive. prodotti per la pulizia: devono essere utilizzati prodotti neutri o leggermente basici, con mezzi adeguati e cicli opportuni (lavaggio, risciacquo). rimozione di parti friabili e sciolte: spesso sulle pavimentazioni sono presenti parti friabili e sciolte derivate da rotture e sbrecciamenti, dalle stesse lavorazioni presente che devono essere rimosse con frequenza. rimozione di liquidi: alcuni prodotti presenti sulla pavimentazione possono presentare una azione aggressiva nei confronti dello strato di finitura e pertanto devono essere rimossi il prima possibile. sali disgelanti: l’impiego di sali disgelanti produce azioni aggressive nei confronti delle pavimentazioni che possono portare a fenomeni di rottura e distacco dello strato finale della stessa. Pertanto l’uso di sali disgelanti dovrà essere evitato o dovranno essere presi gli accorgimenti necessari al fine di proteggere la pavimentazione da tale contatto. gelo disgelo: l’azione del gelo disgelo che agisce sulle pavimentazioni esterne deve essere contenuta mediante un buona progettazione e manutenzione. curling: il curling è causato da un fenomeno di deformazione spontanea della piastra

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21. Uso e manutenzione

che può evidenziarsi già nei primi periodi o nel tempo. In presenza di curling si dovrà intervenire allo scopo di prevenire o limitare un eventuale degrado del giunto. 21.1.1 TIPOLOGIA DI MANUTENZIONE DELLE PAVIMENTAZIONI I pavimenti in calcestruzzo, per poter continuare a svolgere le proprie funzioni prestazionali ed estetiche, devono essere sottoposti a una periodica manutenzione e pulizia in accordo a quanto riportato nel “Piano di manutenzione dell’opera”. La mancanza di tale manutenzione comporta la conseguente caduta di responsabilità da parte dell’esecutore dovuti alla negligenza del committente nel controllo giornaliero, nelle verifiche periodiche e nell’assenza di interventi mirati di ripristino. Le attività previste nel “Piano” sono state redatte secondo le indicazioni suggerite dalle norme vigenti, tengono conto delle specifiche caratteristiche del calcestruzzo utilizzato e definiscono le attività di manutenzione speciale che dovessero rendersi necessarie durante la vita nominale delle pavimentazioni, in funzione delle sollecitazioni meccaniche e delle eventuali aggressioni chimiche cui le stesse saranno assoggettate. Il programma di manutenzione integra le normali garanzie di legge dell’impresa esecutrice e ha lo scopo di mantenere sempre efficiente la pavimentazione dal lato della sicurezza, della durabilità, nonché dell’estetica. 21.1.2 TIPOLOGIA DI MANUTENZIONE DELLE PAVIMENTAZIONI La “Manutenzione ordinaria” da eseguire durante la vita nominale della pavimentazione sarà prescritta dal progettista in concerto con il committente e si suddivide in: ˁˁ pulitura; ˁˁ ripristino puntuale della sigillatura dei giunti; ˁˁ ripristino localizzato dell’eventuale trattamento superficiale e dello strato di finitura; ˁˁ ripristino puntuale del giunto di costruzione, di espansione e di contrazione in presenza di patologie di degrado evidenti; ˁˁ controllo e verifica dello stato fessurativo e della sua evoluzione, in presenza di patologie di degrado particolarmente pronunciate; ˁˁ verifica delle patologie di degrado in funzione delle deformazioni spontanee della piastra; ˁˁ verifica sullo stato della superficie in prossimità di chiusini, griglie, spiccati verticali, giunti di costruzione, giunti di dilatazione, guide di portoni, soglie e altri elementi inseriti nella pavimentazione; ˁˁ Nascita di fessure. Verifica sulla nascita di qualsiasi problematica, dovuta all’usura, deve essere immediatamente ripristinata. Si ricorda che, per esempio, è quasi impossibile

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Uno dei particolari più sollecitati, durate la vita di servizio, è il giunto di costruzione (e/o dilatazione). A sostegno delle valutazioni del progettista nella scelta di questo particolare esecutivo, si riporta una tabella indicativa (tab 12) con un’ipotesi di durata. Il tutto in relazione al tipo di giunto utilizzato ed a una tipologia di sollecitazione come la rigidezza delle ruote. La tabella riportata (tab 12) è da intendersi puramente indicativa al solo scopo di porre l’attenzione del progettista a questo importante particolare esecutivo, affinché sulla base delle specifiche condizioni possa trovare la tipologia più appropriata tra quelle offerte dal mercato. Questo perché la durata nel tempo di un giunto dipende da svariati fattori tra i quali certamente le sollecitazioni e dalla loro frequenza, ma anche dall’ampiezza

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21. Uso e manutenzione

dell’apertura del giunto stesso, dall’ambiente (esterno, interno) e dalla deformazione lineare della lastra e dall’imbarcamento derivante dalla escursione termica ed igrometrica, dalla natura e dalle dimensioni delle ruote. La sigillatura con sigillanti elastici non migliora le prestazioni meccaniche del giunto. La corretta manutenzione dei giunti permette di ottenere una adeguata funzionalità nel tempo se accompagnate da una corretta manutenzione. Nel periodo indicativo sotto riportato la manutenzione si intende di tipo ordinario. Dopo il periodo indicato, è possibile ipotizzare, anche puntualmente, una manutenzione straordinaria che consisterà nel ripristino della connessione tra calcestruzzo ed inserto metallico oppure del rifacimento del travetto. tipologia di giunto di costruzione rifiniti con taglio meccanico

ruote morbide

(anni di durata)

ruote dure

(anni di durata)

2-5

0

5

0

ininfluente

ininfluente

10

5-10

giunti metallici preformati semplici

5-10

2-5

giunti metallici preformati rinforzati

10-20

5-10

rifiniti con rinforzo cementizio del bordo e spigoli arrotondati sigillati con sigillante giunti a travetto di resina

21.1.3 PROGRAMMA DI MANUTENZIONE Il soggetto responsabile della manutenzione è il committente. Il programma di manutenzione si basa su una serie di sopralluoghi che verranno effettuati con la seguente cronologia: ˁˁ Dopo 6 mesi o 1 anno dall’entrata in esercizio della pavimentazione, in funzione della sollecitazione prevista ; ˁˁ I successivi sopralluoghi avranno una cadenza temporale stabilita dal progettista in funzione delle sollecitazioni previste (1- 3 anni);

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realizzare giunti di costruzione e intersezioni pavimentazione pozzetti/griglie senza difetti quindi, vanno sempre controllati, monitorati ed eventualmente immediatamente ripristinati. Nella stessa relazione, sulla base dei riscontri emersi dal sopralluogo circa lo stato delle superfici ripristinate, dovranno essere indicati gli interventi, sia in termini di procedure che, di materiali da utilizzare, da attuare per l’eliminazione delle difettosità riscontrate. In linea di massima, riguardo ai trattamenti di ripristino dello strato superficiale del pavimento in calcestruzzo, possono essere eseguiti con un intervento superficiale, dopo preparazione della superficie e idonea pulizia, mediante posa di uno strato superficiale di materiale con caratteristiche tali da assolvere alle prestazioni del pavimento. Qualora il sopralluogo evidenzi che l’ammaloramento non si limiti solo allo strato superficiale, ma coinvolge in misura maggiore il calcestruzzo, occorre intervenire con provvedimenti di carattere locale, quali: ˁˁ Ripristini localizzati di distacchi causati da urti accidentali; ˁˁ Rifacimenti localizzati in seguito a mancanza di monitoraggio da parte del committente. Bisogna sempre verificare che non ci siano danneggiamenti meccanici i quali potrebbero ripercuotersi negativamente sulla funzionalità della pavimentazione stessa. La nascita di fessure, dovute a nature diverse e la mancanza della loro sigillatura immediata, comporterà un decadimento accelerato della durabilità della pavimentazione per l’entrata di sostanze aggressive, sbrecciamenti, gelo/disgelo,ecc.. Inoltre, anche una radicale pulizia contribuisce a prolungare la vita nominale.


Al primo sopralluogo è opportuno che siano presenti: ˁˁ Il committente; ˁˁ Il Direttore Lavori; ˁˁ Un tecnico dell’impresa esecutrice dei lavori; ˁˁ Il Direttore Lavori dovrà redarre il “Il verbale di sopralluogo”. I successivi sopralluoghi saranno organizzati dal committente o dal concessionario con il supporto di un tecnico del settore. A seguito dei quali, verrà redatta una “Relazione tecnica riassuntiva sullo stato della pavimentazione e degli eventuali interventi da effettuare”, da conservare allegare al “Piano di manutenzione dell’opera.” In occasione del sopralluogo dovranno essere esaminati: 1. Lo stato dei giunti di costruzione e/o dilatazione, espansione, isolamento e contrazione; 2. Lo stato della pavimentazione in corrispondenza dei punti di contatto con le canaline di raccolta dell’acqua, pozzetti di vario genere, intersezione con strutture esistenti e strutture perimetrali; 3. Lo stato dei giunti di controllo ed del riempitivo temporaneo e/o sigillatura; 4. Lo stato dello strato di finitura; 5. Lo stato fessurativo della pavimentazione; 6. Lo stato dell’eventuale trattamento protettivo resinoso, inorganico con eventuali patologie di degrado dello steso o degli strati presenti al disotto; 7. Patologie di degrado riconducibili alle deformazioni spontanee della piastra. 8. Eventuali cedimenti dovuti all’azione dei carichi e alla resistenza del supporto.

>21.2 PULIZIA Al programma di manutenzione sopra menzionato, la Committenza dovrà affiancare una periodica pulizia con opportuni detergenti in acqua fredda o moderatamente calda, evitando shock termici e la pulizia a vapore. La detersione consiste nel pulire la superficie attraverso l’asportazione di polvere e sostanze che in qualche modo sporcano o imbrattano la pavimentazione. Essa deve essere effettuata con prodotti specifici, a caldo o a freddo, manualmente o con attrezzature idonee (per esempio idropulitrici, spazzolatici meccaniche) rispettando le seguenti condizioni: ˁˁ La scelta dei prodotti deve essere effettuata tenendo conto delle indicazioni del produttore del calcestruzzo o del rivestimento e dell’applicatore, al quale vanno

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A. Appendice

richieste le schede tecniche dei prodotti utilizzati; ˁˁ Per la prima pulizia con un determinato prodotto/sistema effettuare sempre e comunque una prova su una porzione limitata della superficie; ˁˁ Evitare gli shock termici, che possono danneggiare il rivestimento. In ogni modo, per la maggior parte dei sistemi, non superare mai la temperatura di lavaggio di 40 °C; ˁˁ Impiegare macchine spazzolatici idonee per il tipo di struttura e di finitura oggetto della pulizia, tali da non ROVINARE la superficie trattata. Se si noterà la presenza di superfici sporche di grasso la pulizia si attuerà con detergenti che emulsionano i grassi e ne facilitano l’asportazione. Dopo il lavaggio, in questi casi occorre risciacquare abbondantemente con acqua pura, che va rimossa completamente per evitare la nuova deposizione del grasso.

A. appendice >A 1 RUOLI A 1.1 PROGETTISTA Il Progettista ha la responsabilità diretta della progettazione della pavimentazione ed ha il compito di dimensionare e verificare la pavimentazione agli Stati Limite di Esercizio e Ultimi. Il Progettista dovrà produrre degli elaborati grafici di progetto nei quali dovrà essere riportato lo spessore, la posizione dei giunti di costruzione, di dilatazione e di contrazione, i dettagli costruttivi e quanto altro occorre per definire l’opera e per consentire la sua corretta esecuzione. Il Progettista dovrà produrre anche una relazione di calcolo dalla quale risultino, in modo chiaro ed esauriente, i calcoli eseguiti, le caratteristiche, le qualità dei materiali che verranno impiegati in aggiunta alla vita utile della pavimentazione. A 1.2 DIRETTORE DEI LAVORI Il Direttore dei Lavori ha la responsabilità dell’osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto e del controllo di qualità dei materiali impiegati ed ha il

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compito di verificare la rispondenza dell’opera al progetto. Nei cantieri, dal giorno di inizio a quello di ultimazione dei lavori, devono essere conservati gli elaborati di progetto, datati e firmati anche dall’impresa esecutrice e dal direttore dei lavori, nonché un apposito giornale dei lavori. Della conservazione e regolare tenuta di tali documenti è responsabile il Direttore dei Lavori, che è anche tenuto a vistare periodicamente, ed in particolare nelle fasi più importanti dell’esecuzione, il giornale dei lavori.

>A 3. SEQUENZA DELLE LAVORAZIONI

A 1.3 PRODUTTORE Il Produttore ha il compito di garantire le caratteristiche e le specifiche richieste in fase di contratto e presenti nel progetto e dalla marcatura CE, ove prevista.

A 3.1 FASI OPERATIVE DELL’ESECUZIONE DELLA PAVIMENTAZIONE È compito della Direzione Lavori verificare il progetto esecutivo e la rispondenza dell’esecuzione con quanto stabilito nel progetto, con particolare riferimento alla qualità dei materiali e alla esecuzione dei lavori. Le fasi operative in cui si articola la posa del pavimento in calcestruzzo debbono essere descritte nel progetto esecutivo. Esse sono di seguito cronologicamente riassunte: ˁˁ isolamento delle strutture verticali; ˁˁ posizionamento della barriera al vapore e/o dello strato di scorrimento; ˁˁ posa dell’armatura; ˁˁ posa dei casseri laterali (con eventuale inserimento dei “barrotti”); ˁˁ fornitura e posa in opera del calcestruzzo (manuale o meccanica); ˁˁ applicazione e lavorazione dello strato di usura; ˁˁ protezione del getto e stagionatura protetta (interrotta solo per l’esecuzione dei giunti e poi ripristinata); ˁˁ esecuzione dei giunti; ˁˁ riempimenti e sigillature; ˁˁ messa in esercizio della pavimentazione.

A 1.4 COSTRUTTORE Il Costruttore ha il compito di realizzare l’opera in modo conforme alle specifiche ed alle prescrizioni del Progettista. L’impresa esecutrice ha la responsabilità della corretta preparazione e gestione del cantiere, dell’osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, della scelta dei materiali impiegati, della sussistenza delle regolari condizioni per l’esecuzione, della posa in opera e maturazione.

>A 2. DOCUMENTAZIONE PrOGETTUALE Un progetto esecutivo deve contenere, in particolare, i seguenti documenti redatti in forma esaustiva: ˁˁ relazione tecnica illustrativa; ˁˁ relazione geotecnica; ˁˁ relazione sulla qualità dei materiali; ˁˁ relazione di calcolo; ˁˁ specifiche tecniche (capitolato tecnico); ˁˁ manuale di manutenzione; ˁˁ elaborati grafici in opportuna scala (planimetrie e sezioni quotate, particolari, fasi costruttive, etc). Inoltre deve essere accertata la presenza di prove di collaudo effettuate sul supporto per i singoli strati di cui è composto (prove di piastra, di carico con piastra di classificazione di massa volumica).

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A. Appendice

A 3.0 Verifica delle condizioni ambientali Si deve assicurare l’esistenza di adeguate protezioni degli ambienti contro condizioni climatiche avverse (vento, sole, pioggia, gelo) durante le fasi di getto, di lavorazione e di indurimento. Prima del getto è opportuno verificare le previsioni meteo della zona.

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d. disegni // Fasi operative dell’esecuzione della pavimentazione: processo completo

1. in fase preliminare alla pregettazione prove in sito per ricavare le caratteristiche del terreno esistente

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D. Disegni // Fasi operative dell’esecuzione della pavimentazione: Processo completo

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2. realizzazione strutture

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D. Disegni // Fasi operative dell’esecuzione della pavimentazione: Processo completo

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_prova di carico su piastra

_rullatura

_preparazione della massicciata

3. realizzazione della massicciata e prove di verifica

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1_barriera vapore 2_materassino per giunto di isolamento _dimensione minima del “sormonto�

1 1

1

2

15

2

cm

1 2

4. strato di scorrimento, barriera vapore, giunto di isolamento

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1_giunto di costruzione 2_posizionamento tralicci

_distanziatore

1

2

5. posizionamento tralicci

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D. Disegni // Fasi operative dell’esecuzione della pavimentazione: Processo completo

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6.1 schema armatura per pavimentazione con rete elettrosaldata

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6.2 schema armatura per pavimentazione con calcestruzzo fibrorinforzato

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1_giunto di isolamento

1

7. posa in opera del calcestruzzo

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3_operazione di “bullfloating” per correzioni della planarità e abbassare gli aggregati grossi affioranti

4_finitura manuale contro i muri ed elementi verticali

5_frattazzatura in più passate

2_staggiatura del calcestruzzo

1_leggera vibrazione contro i casseri, spiccati verticali ed altri elementi immersi nel calcestruzzo

8. schema riassuntivo delle fasi operative della realizzazione della pavimentazione

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9. maturazione con geotessuto mantenuto costantemente umido

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_tagliagiunti

_riempimento

Rimozione provvisoria teli in geotessuto (o in pvc) da riposizionare appena terminate le operazioni di taglio e riempimento provvisorio

10. esecuzione tagli pavimentazione e creazione giunti

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11. sigillatura definitiva giunti

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b. bibliografia Norme Tecniche Nazionali ˁˁ UNI 11146:2005. “Pavimentazioni di calcestruzzo ad uso industriale”. ˁˁ UNI EN 13813:2004. “Massetti e materiali per massetti” ˁˁ UNI EN 13892-4:2005 “Metodi di prova dei materiali per massetti – determinazione della resistenza all’usura BCA”. Norme Tecniche Internazionali ˁˁ D.M. 14.01.2008. “Norme tecniche per le costruzioni“. ˁˁ DIN 15185:1991. “Warehousesystems with guided industrial trucks; requirements on the ground, the warehouse and other requirements” (In lingua tedesca e inglese). ˁˁ DIN 18202:2005. “Tolerances in building construction – Structures” (In lingua tedesca e inglese). ˁˁ British Standard 8204:2002. “Screeds, bases and in-situ floorings. Concrete bases and cement sand levelling screeds to receive floorings. Code of practice” (In lingua inglese). ˁˁ UNI EN 206-1:2006 e UNI 11104:2004. “Calcestruzzo - specificazione, prestazione, produzione e conformità. Istruzioni complementari per l’applicazione della EN 206-1”. ˁˁ Eurocodice 1 - Basi di calcolo ed azioni sulle strutture - Parte 5: Azioni indotte da gru e altre macchine ˁˁ EN 15620:2008. “Steel static storage systems – Adjustable pallet racking – Tolerances, deformations and cleareances”. Documenti Tecnici Nazionali ˁˁ CONPAVIPER (2003). “Codice di Buona Pratica”. III Edizione. ˁˁ CONPAVIPER (2009). “Capitolato PAVICAL per calcestruzzo specifico per le pavimentazioni industriali”, IV Edizione. ˁˁ CONPAVIPER (2010). “Linee Guida CONPAVIPER per la prescrizione di calcestruzzi fibrorinforzati per la realizzazione di pavimentazioni”, 2010. Documenti tecnici internazionali ˁˁ The Concrete Society Technical Report n. 34 (2003). “Concrete industrial ground floors: A guide to design and construction”. Third Edition (In lingua inglese). ˁˁ ACI 302.1R-04 (2004). “Guide for Concrete Floor and Slab Construction”, American Concrete Institute (In lingua inglese). ˁˁ ACI 360 (2007). “Design of Slabs-on-Ground”, American Concrete Institute (In lingua inglese). ˁˁ Fib Model Code for concrete structures (2011), Bulletins 65 and 66, 2011.

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B. Bibliografia

ˁˁ Gianluca Pagazzi – Alessandra Buoso – Luigi Coppola – IL DECALOGO DELLE PAVIMENTAZIONI INDUSTRIALI – Ed. Alaska Cementi S.r.l. - 2009 ˁˁ Giuseppe Felice Zampetti – Prescrivere la prestazione superficiale del pavimento industriale per la sua corretta funzionalità – Pavimenti e Superfici Continue – N°15 ˁˁ Prof. Luigi Coppola - “Concretum”, pp.660, McGraw-Hill, Milano, Italia (2007), ISBN 97888-386-6465-6. ˁˁ Prof. L. Coppola, G. Pagazzi, A. Buoso, A. Caddeu, R. Caiaro, G. Ruggeri, D. Ruggeri, A. Farci, M. Iuorio, M. Conti, G. Albani, “Linee guida per la prescrizione delle opere in c.a.”, Il Sole 24ore (Ottobre 2007). ˁˁ G. Pagazzi, A. Buoso, A. Caddeu, R. Caiaro, G. Ruggeri, D. Ruggeri, A. Farci, M. Iuorio, M. Conti, G. Albani, “Linee guida per la prescrizione delle opere in c.a.”, Progetto Concrete (Febbraio 2008). ˁˁ G. Pagazzi, R. Caiaro, E. Ciferri, D. Ruggeri, A. Farci, M. Iuorio, G. Albani, “Linee guida per la prescrizione delle opere in c.a.”, Progetto Concrete (Febbraio 2010). ˁˁ Alessandra Buoso, Gianluca Pagazzi, Luigi Coppola, “Le Prescrizioni di Capitolato per le Opere in Calcestruzzo”, In Concreto, 80, Gennaio/Febbraio 2008, pp. 68-86. ˁˁ Gianluca Pagazzi, “Pavimentazioni industriali: problematiche e soluzioni nell’uso del calcestruzzo (parte 1 e 2)”, Dimensione Geometra, 12-2007 e 1-2008. ˁˁ Alessandra Buoso, Gianluca Pagazzi, “Pavimentazioni industriali: problematiche e soluzioni”, Geoide, 3-2008. ˁˁ Gianluca Pagazzi, “Pavimentazioni industriali: problematiche e soluzioni”, Pavimenti e superfici continue (Organo ufficiale del CONPAVIPER – Associazione Nazionale Pavimentazioni Continue), 02-2009. ˁˁ Alessandra Buoso, Gianluca Pagazzi, Luigi Coppola, “Iter progettuale ed esecutivo – I passaggi necessari per garantire la durabilità e la sicurezza delle strutture in c.a.”, GB News n. 30-2009. ˁˁ Gianluca Pagazzi, “La maturazione dei getti”, In Concreto, 98, Gennaio/Febbraio 2011, pp. 84-99. ˁˁ Gianluca Pagazzi, “Processo esecutivo per garantire la durabilità e la sicurezza delle strutture in c.a.”, In Concreto, 102, Settembre/Ottobre 2011, pp. 70-75. ˁˁ Gianluca Pagazzi - Studi per a redazione delle “Istruzioni CNR” relative alle pavimentazioni in calcestruzzo. ˁˁ Affidabilità del modello di Winkler di Claudio Com di Claudio Comastri, Elisa Maniezzo, Paola Zogno. ˁˁ Pavimenti Industriali - CONPAVIPER - 04 - 2004. ˁˁ Studi e bozze per la redazione delle istruzioni del CNR per le pavimentazioni in calcestruzzo. ˁˁ Nicola Canal, vignette e disegni a mano libera per conto di Alaska concrete srl.

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