Polaris Magazine

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OLTRE LA GRAVITĂ€ Richard Branson inaugura la nuova frontiera di viaggi nello spazio

DIANA NYAD Non si è mai troppo vecchi per rincorrere i propri sogni

GIOVANNI SOLDINI Nuove ed emozionanti imprese per il miglior navigatore solitario di tutti i tempi

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Polaris - film

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L’EDITORIALE LA GENTE CHE NON SI FERMA MAI VIVE PIÙ A LUNGO La storia dell’uomo è sempre stata ricca di esploratori e avventurieri disposti a intraprendere viaggi incredibili e a lanciarsi in sfide travolgenti. Questa fame di sfida e volontà di mettersi alla prova ha mosso gli animi di molti pionieri della storia che hanno superato i confini geografici e mentali del tempo tracciando rotte mai percorse e aprendo nuovi mondi, realtà e culture sconosciute. Esistono ancora questi intrepidi viaggiatori? Con l’evolversi della società, l’uomo ha mantenuto questo spirito d’iniziativa? Questo istinto è ancora radicato nell’uomo e la nostra rivista è nata per dimostrarvelo. Polaris vi parla di avventura, intraprendenza, voglia di mettersi in gioco e rischiare, vi offrirà esperienze uniche e affascinanti in luoghi inesplorati e vi racconterà storie di vite mosse dalla passione e dall’energia per la scoperta e il viaggio. Polaris è la stella polare, il punto di riferimento che da millenni guida i viaggiatori verso i loro obiettivi e la nostra rivista oggi è ancora il faro per coloro che amano l’avventura che sognano un viaggio straordinario immersi nella natura.

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Indice Personaggi 8

Jopeph Ismay

la nascita di un mito

12 Diana Nyad una nuotatrice da record

18 Giovanni Soldini un uomo vero

24 Ramon Larramendi terre polari

Viaggi 28 Vagabondo la tana del viaggiatore all’avventura

36 Spedizioni ai confini del mondo 40 Richard Branson L’uomo che ci porterà sulla luna

46 Polo Sud: la nuova sfida la spedizione antarica di Saunders

Film 52 Into the Wild 54 Vita di Pi 56 Billy Elliot 58 NO - i giorni dell’arcobaleno

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Polaris - Personaggi

JOSEPH ISMAY

LA NASCITA DI UN MITO

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’uomo che ha stabilito un nuovo canone di lusso e tecnologia nel mondo dei transatlantici navali, colui che ha portato all’apice del successo la White Star Line. Joseph Bruce Ismay nacque a Crosby, in Inghilterra, il 1 Dicembre 1862. Era figlio di Margaret Bruce e Thomas Ismay, che fu socio principale della Ismay, Imrie and Company, nonché fondatore della White Star Line. Joseph Bruce Ismay frequentò la scuola di Elstree e di Harrow, quindi fece da tutore in Francia per un anno. Passò a lavorare come apprendista nell’ufficio del padre per quattro anni, poi viaggiò nel resto del mondo. Si trasferì in ultimo a New York per lavorare come rappresentante e agente della sua società. Il 4 dicembre 1888, si sposò con Julia Florence Schieffelin a New York, con la qua-

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le ebbe cinque bambini (uno dei quali morì in infanzia). J.B.Ismay era un uomo vivace, curioso, intraprendente, amante dell’avventura. Dopo aver girato il mondo e accumulato anni di esperienze in ambito finanziario e sociale, grazie alla sua spiccata intelligenza e al senso per gli affari, si trovò presto a guidare una delle compagnie navali piùimportanti dell’epoca, la White Star Line. Dimostrando grande spirito d’iniziativa e determinazione , raccolse una delle sfide più difficili che gli si potessero presentare: sfidare la Cunard Line, l’eterna rivale che stava primeggiando nel settore navale. Dopo aver versato ingenti somme di denaro per l’innovazione tecnologica, che gli permisero di ottenere diversi premi e riconoscimenti, avviò la costruzione delle navi più grandi e lussuose del mondo.


Ma cosa distingueva Joseph Ismay dalle altre persone? Come fece ad ottenere tanto successo e ammirazione? La risposta la si può trovare nel suo carattere fortemente influenzato dalla tradizione britannica. Il suo essere gentiluomo, elegante e preciso, rispecchiano bene questa sua caratteristica. Ma anche l’ambizione, il mettersi in gioco e rischiare, fino alla fine, puntando sempre al massimo risultato in qualsiasi

settore, l’essere intraprendente e sicuro di sé, aver fiducia in se stesso e dimostrarsi generoso con il prossimo. Tutto questo gli permise di realizzare delle opere “vive”, in cui si potevano intravedere tutte le sue più profonde qualità e tutto il suo impegno per soddisfare gli ideali di chiunque viaggiatore. Dopo che il successo svanì a causa di sfortunati incidenti, seppe rialzarsi e andò avanti nella sua avventura, non

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dimenticandosi di chi lo aveva reso grande.. Per questo motivo donò £ 11.000 per avviare un fondo dei marinai perduti e, nel 1919, donò £ 25.000 al fine di preparare un fondo per riconoscere il contributo dei marinai morti nella Prima guerra mondiale. Il suo viaggio si concluse il 15 Ottobre 1967, a Mayfair, vicino Londra, lasciando dietro di se delle tracce che chiunque voglia mettersi in gioco potrà seguire e prendere ispirazione. Un noto giornale inglese, The Times, scrisse sulle sue pagine una breve descrizione di ciò che è stato, volendolo ricordare così:

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“Era un uomo di spiccata personalità e in qualsiasi azienda avrebbe attirato l’attenzione e dominato la scena. Coloro che lo conoscevano poco vedevano un carattere prepotente e di conseguenza immaginavano fosse un duro, ma i suoi amici sapevano che sotto l’aspetto esteriore si nascondeva una natura timida e sensibile , ed una profondità di affetto e comprensione che è proprio di pochi. Forse la sua caratteristica saliente era la sua profonda sensibilità e simpatia per il ‘ perdente ‘ e lui era sempre ansioso di aiutare chiunque in difficoltà.”


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Polaris - Personaggi

DIANA NYAD

UNA NUOTATRICE DA RECORD

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a mattina del 31 agosto 2013, la nuotatrice sulla lunga distanza Diana Nyad si è tuffata in mare ad Havana, Cuba, e ha iniziato il suo percorso di 110 miglia che l’ha portata a Key West, Florida. Era il quinto tentativo della 64enne per questa traversata caratterizzata da forti correnti, squali e meduse.

“Una volta che sei su quelle rocce ad Havana, devi credere che ce la farai. Non ci sono se. Ci riuscirai. Farai poi i conti con quello che succede solo quando avrai fallito” 52 ore, 54 minuti e 18 secondi dopo, Nyad raggiunge la spiaggia di Key West e diventa la prima persona ad aver nuotato da Cuba agli Stati Uniti senza una gabbia antisqualo. È stata la fine di un odissea per Nyad. Per quattro anni ha dedicato la sua vita all’allenamento e alla raccolta fondi per ripagare i suoi precedenti tentativi. Quando era ventenne, Nyad è stata una campionessa di maratone a nuoto. Ha firmato il record mondiale di velocità nuotando per 28 miglia intorno a Manhattan e ha percorso le 102 miglia che separano le Bahamas dalla Florida. Nel 1978 ha tentò il tragitto Cuba-Florida, ma le forti correnti in mare aperto la spin12


sero di molto fuori rotta e fu costretta a fermarsi. Si ritirò dalla scena competitiva del nuoto l’anno seguente, dopo la traversata Bahamas-Florida e si dedicò alla sua carriera in giornalismo. Per decenni, la tratta Cuba-Florida senza gabbia antisqualo è stata considerata una delle ultime grandi traversate incompiute. Successivamente alla morte della madre nel 2007, Nyad iniziò a riflettere sulla propria vita. Nel 2009, la ormai sessantenne, decise di voler trovare una sfida che l’avrebbe consumata completamente e che avrebbe richiesto la sua massima concentrazione.

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“Quando hai 60 anni - indipendentemente dalla salute o dalla prestanza fisica - stai per raggiungere la fine dei quella strada sui cui tutti viaggiamo” dice Nyad. “Mi sono chiesta, Sono davvero diventata una persona che ammiro? Non mi sentivo sveglia, all’erta e viva come volevo sentirmi per il resto dei miei giorni.” Inizialmente, Nyad considerò diverse sfide, come scrivere un altro libro, oppure iniziare una campagna per la salute che avrebbe incluso dei viaggi in bicicletta per tutto il paese. Mentre guidava vicino casa a Los Angeles, la memoria le ha ricordato della sua nuotata da Cuba che non aveva portato a termine.

“Ero in ritardo di 31 anni, però pensavo che forse le spalle erano ancora li e potevano reggere il nuoto,” ricorda Nyad. “Forse anche la forza di volontà è ancora li.” Nell’estate del 2011, Nyad e il suo team di amici, allenatori e nutrizionisti hanno lavorato per metterla in forma. Un catamarano progettato per l’occasione, equipaggiato con una luce sottomarina l’avrebbe accompagnata fungendo da linea guida per permetterle da rimanere sulla rotta giusta. Seguirono tre tentativi disastrosi. L’asma e diversi dolori alle spalle posero fine al suo primo tentativo. Fu costretta a risalire sulla barca dopo quasi 29 ore in mare. Durante il secondo tentativo, un mese dopo, una medusa la punse sul collo, provocandole difficoltà respiratorie 67 miglia al largo. Nel 2012, 14

altre punture di medusa e una tempesta bloccarono Nyad molto presto.

“Il team aveva dimostrato grande coraggio, dedizione, avevamo imparato molto e mostrato a noi stessi quanto fosse vera la nostra grinta e il nostro orgoglio. Dovevo trovare il modo di complimentarci,” dice Nyad. “Ero sinceramente contenta di questo, ma allo stesso tempo, c’era un profondo dispiacere” Per l’ultimo, e di successo, tentativo, Nyad ha utilizzato una muta completa e una maschera per proteggersi dalle punture di medusa che l’avevano osta-


colato nelle nuotate precedenti. Il suo team ha tracciato un tragitto perfetto che sfruttasse a suo vantaggio le correnti del Golfo. Così, 35 anni dopo il primo tentativo, Nyad riuscì a completare quello che una nuotatrice più giovane e più forte non seppe fare. Non amando stare con le mani in mano, dopo il suo successo, Nyad ha nuotato per 48 ore in una piscina progettata per l’occasione, posta al centro di Herald Square a New York nel mese di Ottobre. La sua fatica ha permesso di raccogliere piu di 110,000$ per le vittime dell’uragano Sandy.

“Cammino fiera di me e dei miei

compagni di squadra, non perchè ce l’abbiamo fatta, non perchè mi hanno assegnato questo prestigioso premio o perchè incontrerò il Presidente Obama. Queste cose sono molto importanti, ma io cammino a testa alta per quello che sono e per quello che ho provato di essere stata negli ultimi quattro anni.”

L’INTERVISTA: Innanzi tutto, congratulazioni. Ti abbiamo seguito passo dopo passo e abbiamo sperato nel tuo successo sin dall’inizio. È stato veramente soddisfacente fare qualcosa che nessuno è mai riuscito a fare, soprattutto a quest’età, quando nuotatori più giovani, più forti e più veloci hanno provato.

Hai detto che nel 2009 stavi cercando una sfida che ti avesse tenuta impegnata e a cui dedicarti completamente. Sapevi già che sarebbe stata la traversata da Cuba? Sentivo questo malessere nell’agosto del 2009. La traversata da Cuba non è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Ricordo di aver pensato, Cosa posso fare? Scriverò un libro? Farò volontariato? Ho persino pensato di guidare un gruppo di milioni di persone in bicicletta in giro per il paese. Un giorno stavo guidando la mia macchina e guardando nello specchietto retrovisore, ho 15


intravisto un riflesso nei miei stessi occhi e mi è venuta questa idea. Mi ha tolto il fiato. Durante questi 30 anni in cui non ho nuotato, non ero fissata o ossessionata con Cuba. Era solo un piccolo sfarfallio che mi girava per la testa.

fatto. Ma, se fossi andato a Las Vegas per scommettere sulla traversata il giorno prima, ti avrei detto “perderai se scommetti che ce la farò”. C’erano ancora molte altre cose che potevano ostacolarmi.

Hai provato una volta quando avevi vent’anni. Credevi che ce l’avresti fatta?

Quattro anni è un lungo lasso di tempo per raggiungere un singolo traguardo. Cosa ti mancherà? Cosa sei felice di lasciarti alle spalle?

Non ci avrei nemmeno provato se non avessi pensato che era possibile.

Pensavi che questo sarebbe stato l’anno giusto? Questa volta avevo più possibilità. Abbiamo eliminato la variabile meduse dall’equazione. Nessuno l’aveva mai

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Non mi mancherà sentirmi debole. Non mi mancherà il mio stomaco dolorante. Stavo bene per un po’, poi dopo 20-30 ore iniziavo ad avere dolori allo stomaco. Forse era l’acqua salata o la posizione supina, ma stavo male. È facile avere forza di volontà quando si sta bene, ma quando stai vomitando, quando non ti


stai nutrendo e hai freddo, allora è difficile andare avanti. Sinceramente, non mi mancherà nulla della traversata, perchè non si trattava della traversata in sè. Per me era molto di più, era la mia vita. Mi sono tuffata con coraggio, concentrazione e senza avere un momento di mancanza di fiducia.

Hai detto di averlo fatto per diventare una persona che potessi ammirare. Ci sei riuscita? O pensi di essere sempre stata quel tipo di persona? Quando avevo sessant’anni, non ave-

vo lo stesso vigore che ho adesso. Non sono mai stata una larva sdraiata sul divano a mangiare Cheetos tutto il giorno, ma sento che ora sono a un livello ancora più alto.

L’anno sta per finire. Ora cosa farai? Tutti continuano a dirmi che dovrei rilassarmi, mangiare ciambelle e riposare. Io non sono così. Ho appena firmato un contratto per un libro e sto preparando il mio ufficio. Potrebbe esserci una possibilità di partecipare a Ballando con le Stelle e ho sempre voluto farlo.

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Polaris - Personaggi

UN UOMO VERO GIOVANNI SOLDINI

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l 16 febbraio scorso ha tagliato la linea del traguardo sotto il Golden Gate Bridge di San Francisco, aggiudicandosi il record della Rotta dell’oro nella categoria dei motoscafi. Stiamo parlando di Giovanni Soldini, riconosciuto da molti come il miglior navigatore solitario di tutti i tempi. Nato Milano il 16 maggio 1966, fin da bambino si è appassionato al mare e alla barca a vela; la sua fame di avventura e spirito di intraprendenza lo porta a soli 16 anni compie per la prima volta nella sua vita la traversata dell’Atlantico. Diventa famoso come navigatore solitario durante La Baule-Darak del 1991 e così incentiva centinaia di persone ad avvicinarsi allo sport della barca a vela. Nel 1998 partecipa alla competizione nautica “Around Alone”, il giro del mondo a vela per navigatori solitari.

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All’alba del 3 marzo 1999 a Punta del Este il 60 piedi condotto da Giovanni Soldini, taglia vittoriosamente il traguardo della terza tappa. Si conclude così felicemente un’impresa eroica, la cui valenza sportiva, pur importante, è passata in secondo piano, sopraffatta largamente dalla grande dimostrazione di coraggio del navigatore milanese, protagonista del salvataggio di Isabelle Autissier, rovesciatasi in pieno Pacifico meridionale e lontana da qualsiasi possibile intervento di salvataggio a causa delle condizioni meteorologiche. Questo atto di coraggio e generosità è stato riconosciuto dal presidente francese Jacques Chirac che gli ha conferito la Lègion d’Honneur. Se è vero, infatti, che Isabelle è una sua grande amica, sicuramente Giovanni non avrebbe comunque esitato ad ac-


Ecco alcune delle molte imprese compiute da Soldini:

1988 1º Classificato - Giraglia 1º Classificato - 200 per Due 1989 1º Classificato - Transoceanica A.R.C. 1991 1º Classificato - Brent Walter Cup 1994 3º Classificato - La Baule-Dakar in solitario 1996 1º Classificato - Roma x 2 in coppia con Isabelle Autissier correre in soccorso di chiunque si fosse trovato in pericolo, come nel caso di Marc Thiercelin, il più diretto rivale del navigatore italiano alla vittoria finale. Questi ha infatti disalberato in Atlantico subito dopo aver doppiato Capo Horn, ma ha rifiutato l’aiuto prontamente offerto da Soldini. Dopo ventidue anni di regate oceaniche, due giri del mondo in solitario e 40 transoceaniche, Soldini ha compiuto quest’estate un’avventura in equipaggio sul Vor 70 Maserati. Partito da Los Angeles il 14 luglio 2013, insieme a un equipaggio di otto velisti professionisti, era impegnato a battere il record della 47a edizione della Transpac Race 2013: una regata di 2.225 miglia nautiche che separano Los Angeles da Honolulu e che Maserati ha percorso in 7 giorni,

1998 1º Classificato - Atlantic Alone (classe 60') in solitario. Vincitore Overall e record della regata 1999 1º Classificato - Around Alone 2002 1º Classificato - Roma x2 2007 1º Classificato - The Transat, in doppio, con Pietro D'Alì 2013 Stabilisce nuovo record del mondo sulla Rotta dell’oro (New York-San Francisco) con Maserati VOR 70. 21


5ore, 2 minuti, 38 secondi aggiudicandosi la seconda posizione. Maserati è la prima barca senza winch elettrici della classe 1 a tagliare il traguardo Transpac. La Transpac Race è nata nel 1906 per volontà del navigatore hawaiano Clarence MacFarlane che, ispirato dal pensiero del re Kalakaua, era convinto che una regata fino alle Hawaii potesse rafforzare i legami economici e culturali con la terraferma, il percorso di regata prevede oggi lo start al largo della scogliera di Point Fermin e l’arrivo di fronte al faro di Diamond Head, Oahu, Hawaii (est di Honolulu). La carica e l’intraprendenza che caratterizza questo straordinario navigatore da record nell’impresa titanica della

Transpac Race è testimoniata nel blog riguardante la sua ultima impresa, in cui Soldini riporta i traguardi del suo equipaggio passo per passo, rendendoci partecipi in prima persona dei pericoli e delle emozioni di questa imperdibile avventura: Siamo pronti per questa nuova sfida che si preannuncia interessante perché per la prima volta gareggeremo in regata contro altri concorrenti. Alcuni di loro sono temibili, come Ragamuffin, un 100 piedi con i winch automatici che deve navigare con il motore sempre acceso. Partirà con a bordo 700 litri di gasolio, noi ne porteremo solo 30. Ci sono poi altre barche tra i 65 e i 70 piedi che sono molto leggere e vanno veloci con poco vento. In generale Maserati diventa performante con venti dai 17 nodi in su. Dai 2 ai 13 nodi di vento soffriamo, dai 14 ai 16 ce la caviamo, dai 17 in su diventiamo molto forti. Per la partenza al momento sono previsti 13 nodi, speriamo ce ne sia qualcuno in più.

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luglio

2013

........................................................... Alle 22 in punto ore italiane (le 13 locali) il tradizionale colpo di cannone ha dato il via alla terza e ultima partenza scaglionata (a seconda delle classi in gara) della 47a edizione della Transpac 2013, la regata di 2.225 miglia che si corre da Los Angeles a Honolulu.Venti deboli per Maserati, che per poter esprimere potenza e velocità ha bisogno di venti dai 17 nodi in su. Attualmente naviga in terza posizione e sta recuperando un po’ sul secondo, Wizard (R/P 74), mentre il 100 piedi Ragamuffin è al momento in testa. Nella classifica generale Maserati è quarta. Ci sono 13, 15 22


nodi di vento e Maserati naviga a 11, 12 nodi di bolina per 240°, con un angolo di 50° al vento. L’equipaggio aspetta fiducioso l’aumento del vento previsto nelle prossime ore.

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luglio

2013

............................................................ “Stiamo lottando col coltello tra i denti. Purtroppo fin dalla partenza sapevamo che Ragamuffin sarebbe stato avvantaggiato con venti deboli. Ora il vento dovrebbe rinforzare un po’ e stabilizzarsi sui 10-15 nodi, così Maserati può accelerare l’andatura”. Continuano le condizioni meteo svantaggiose per Maserati con venti intorno ai 10 nodi. Giovanni Soldini e il suo team navigano in seconda posizione, a 800 miglia dall’arrivo a Honolulu. Due giorni consecutivi di poco vento hanno infatti permesso al 100 piedi australiano Ragamuffin di superare l’equipaggio italiano e di distanziarlo di 150 miglia.

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luglio

2013

.......................................................... Siamo molto contenti e soddisfatti, la regata è stata bellissima, le nostre scelte tattiche si sono rivelate vincenti. Il bordo a sud ha pagato, siamo riusciti a distanziare Wizard. Con Ragamuffin c’è stato poco da fare, è un 100 piedi molto più grande e leggero di noi, con winch elettrici. Sotto i 20 nodi di vento in poppa riesce a andare 2 nodi più di noi anche se al traverso riusciamo a giocarcela. L’equipaggio è super rodato e affiatato, abbiamo girato benissimo, ormai facciamo manovre da manuale. Maserati ha tagliato il traguardo della 47a edizione della Transpac Race 2013 alle ore 3.02.38 italiane (le 15.02.38 locali) del 21 luglio in seconda posizione (classe 1). L’equipaggio italiano ha percorso le 2.225 miglia da Los Angeles a Honolulu in 7 giorni, 5 ore, 2 minuti, 38 secondi. 23


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Polaris - Personaggi

RAMON LARRAMENDI TERRE POLARI

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ra il 12 Febbraio 1990 e il 25 Marzo 1993 Ramon Larramendi assieme a Rafael Peche, Antonio Martinez e Manuel Olivera realizzò un’incredibile spedizione dalla Groenlandia all’Alaska spostandosi solo con slitte di cani e kayak. Furono percorsi 14000 kilometri durante i tre anni ininterrotti di viaggio, al largo di tutta la costa ovest della Groenlandia, attraverso il nord-ovest del Canada e terminando in Alaska. Con marce a piedi, utilizzando unicamente i mezzi di trasporto tradizionali eschimesi (le slitte di cani e il kayak) e senza ricorrere a mezzi meccanici per spostarsi, senza rifornimenti aerei e senza alcun mezzo elettronico per la navigazione. Un viaggio dalla Groenlandia all’Alaska con slitte di cani era stato realizzato in precedenza solo da Knud Rasmussen tra il 1921 e il 1924 e dal giapponese Naomi Uemura tra il 1974 e il 1976. La Spedizione Circumpolare è la più lunga traversata polare non meccanizzata della Storia ed è considerata l’Esplorazione Geografica spagnola più importante del XX Secolo. Fu al ritorno da questa spedizione che Ramon decise di creare un’agenzia che potesse far rivivere le sue esperienze in maniera più accessibile. L’obiettivo principale di Terre Polari è quello di far conoscere e rendere accessibili a tutti le zone più remote del pianeta, soprattutto l’Artico e l’Antartico, attraverso dei tour che si ispirano allo spirito d’esplorazione polare di cui hanno cercato di recuperare l’essenza.

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L’INTERVISTA:

gie di tour accessibili a tutti: da semplici escursioni in Norvegia a traversate polari con gli sci al Polo Nord, questi viaggi sono davvero speciali. Tutti i percorsi sono studiati da professionisti del settore, sono originali e frutto di una ricerca costante degli angoli più interessanti dell’Artico. Per questo proponiamo viaggi che non ha nessun’altra agenzia in Italia. Collaboriamo infatti con professionisti che operano direttamente sul terreno per poter proporre tour originali ed esperienze indimenticabili che rappresentano il nostro innato “spirito di esplorazione”. Nel predisporre questi tour, gli organizzatori lavorano a stretto contatto con la popolazione locale, e in Groenlandia hanno sviluppato diversi progetti come “SOS Thule”, con il fine di contribuire alla preservazione dello stile di vita tradizionale Inuit.

Ramon parlaci dei viaggi che organizzate

Perchè scegliete zone desolate per le vostre escursioni?

Tutti i tour sono attivi, ci piace viaggiare in modo semplice, naturale e tranquillo, in totale autonomia, a piedi, in kayak, con gli sci, con i cani da slitta, la canoa o le mountain bike attraverso zone poco conosciute o frequentate sentendoci al centro di una natura selvaggia e vergine dove ci muoviamo nel pieno rispetto del luogo che ci accoglie senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio.

Mentre in ampie aree del nostro pianeta il sovraffollamento e la congestione degli spazi impediscono di ammirarne pienamente le bellezze intrinseche, l’Artico rappresenta una vera eccezione. Un luogo dove l’incontro con altri umani regala ancora una rara sensazione di gioia, e dove la forza della natura selvaggia, che altrove diventa ogni giorno meno accessibile, continua a essere onnipresente. I gruppi sono piccoli, solitamente di 7 o 8 persone e con un massimo di 12 persone. Noi crediamo che, per apprezzare al meglio la bellezza dei luoghi e le inte-

Chiunque può partecipare ai vostri viaggi? Proponiamo diversi livelli e tipolo-

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ressanti attività proposte, siano fattori molto importanti lo spirito e la dimensione del gruppo. Il nostro stile è quasi familiare, flessibile, con uno spirito di collaborazione, di inserimento e di partecipazione come se si trattasse di un gruppo di amici, desiderosi di godersi il tour in allegria e con spirito di condivisione.

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“Terre Polari è frutto della passione per l’esplorazione, dell’esperienza, del desiderio di semplicità e dell’amore per la natura che ci sono innati. Una filosofia che vogliamo condividere con i nostri viaggiatori e che vi invitiamo a conoscere e vivere personalmente.”


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Polaris - Viaggi

VAGABONDO

LA TANA DEL VIAGGIATORE ALL’AVVENTURA

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ravamo perduti nelle foreste pluviali attraversate da decine di fiumi e torrenti alimentati dalle incessanti piogge che cadono nella catena montuosa che attraversa il paese. Il popolo dei Korowai-Batu costituisce uno dei numerosi gruppi etnici che vive nel sud di Irian Jaya, oggi Papua, l’estrema provincia orientale dell’Indonesia nell’isola della Nuova Guinea. Queste parole arrivano direttamente dal Uliano un girovago all’avventura nelle foreste pluviali alla ricerca del villaggio di Alikatun che scrive sul sito del “vagabondo”, che rappresenta una vera e propria miniera d’oro per i viaggiatori alla ricerca di nuove avventure. Sul sito vengono condivisi i racconti di esperienze di viaggi fuori dal comune, divisi per continenti e Paesi ma non solo: vi sono anche segnalate occasioni

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di eventi per la partecipazione comune a viaggi all’avventura, guide e manuali per i viaggi, gruppi di viaggiatori o viaggiatori singoli in giro per il mondo. L’Amministratore del sito è un orso marsicano un po’ bizzarro e fricchettone, ovvero l’Orso Vagabondo. Il sito “Vagabondo” è stato fondato nel 1999 da Fiamma, Matteo e Martino, qualche anno dopo si è aggiunta al gruppo Sarita: Fiamma: la meno informatica del gruppo, si occupa del Caffè di Fiamma: il luogo dove i viaggiatori raccontano le loro avventure. Matteo: si occupa del sito, della progettazione, della grafica e di ciò che riguarda i viaggi avventurosi. Martino: è il programmatore, quello che nascosto nell’ombra guarda schermate di numeri e sa cosa vogliono dire... ed


scono tutti, è la moderatrice dei forum e l’anima dei Viaggi di Vagabondo. L’idea di fondo che ha spinto il gruppo a impegnarsi nella gestione di un sito di tali difficoltà organizzative e logistiche è la stessa passione per i viaggi che da

talmente nascosto nell’ombra che dopo anni ed anni ancora non ha scritto nulla sul suo profilo! Sarita: al contrario di Martino, la cono-

sempre li ha animati e non può essere meglio espressa che dalle parole del gruppo stesso: “Ogni viaggio potrebbe offrire tantissime opportunità che spesso non si riescono a cogliere solo perché non si conoscono: quante cose non si fanno solo perché non si sa che si potrebbero fare? Chiunque abbia provato a sfruttare Internet per organizzare un viaggio per conto proprio si sarà sicuramente trovato a navigare per ore in un mare di pubblicità di alberghi e ristoranti, di tour operators e di agenzie di viaggio prima di trovare un paio di siti interessanti. Eppure Internet può essere uno strumento eccezionale per i viaggiatori:

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migliaia di persone che condividono questi interessi ogni giorno navigano in Internet e sanno che incontrandosi possono realizzare progetti che, da soli, non potrebbero portare avanti! Vagabondo nasce con l’idea di riunire, e quindi rendere disponibili, tutte queste risorse, e di mettere in contattato persone che, anche provenendo da diverse culture e condividono la stessa passione per i viaggi. Ma questo non è il nostro unico proposito: siamo convinti che il turismo debba valorizzare le caratteristiche locali tipiche, sia culturali e storiche che naturali, contro lo “standard internazionale” dei villaggi turistici e delle grandi catene alberghiere, uguali in tutto il mondo e che queste caratteristiche

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tendono a distruggere. La nostra Idea Guida è quindi una rete che unisce tutto il mondo, ma per esaltare la infinita varietà di luoghi, natura e culture.” Oltre alle guide e a mettere in contatto i vari viaggiatori dal mondo il sito www. vagabondo.net registra e mette a disposizione i diari di bordo degli impavidi avventurieri, dando la possibilità ai fruitori del sito in prima persona di vivere le esperienze dei viaggiatori in presa diretta con immagini, video e testimonianze:

Alikatun

............................................................ Marciamo nella foresta da piu' di tre ore immersi in un mondo monocromatico, accompagnati dall'incessante stridio metallico delle cicale e dalle grida di allarme dei kakatua, pappagalli che abitano la volta arborea. A volte un piccolo ruscello ci sbarra il cammino costringendoci ad una traversata in bilico su tronchi scivolosi. Il suolo e' tappezzato di radici avventizie che si propagano come una ragnatela alla ricerca di quelle poche sostanze nutritive apportate dalle torrenziali piogge equatoriali. Strani funghi e piccole piante carnivore crescono sul suolo umido della foresta. La nostra meta e' il villaggio di Alikatun nel cuore della foresta vergine a tre giorni di canoa da Agats, uno sperduto villaggio palafitticolo sulla costa meridionale dell'isola della Nuova Guinea. Qui vivono alcuni nuclei familiari dell'etnia dei Korowai-Batu, uno dei 250 gruppi etnici che abitano l' Irian Jaya. Costruiscono le loro case sulle cime degli alberi a 20-25 metri di altezza per


difendersi dagli insetti, ma soprattutto per proteggersi da eventuali attacchi di tribu' nemiche. La caccia alle teste ed il cannibalismo erano pratiche comuni fino a pochi anni fa e forse, ancora oggi, negli angoli piu' reconditi della foresta pluviale, sono tuttora praticate. Prossimi alla meta, i portatori korowai emettono richiami sonori per avvisare della nostra inaspettata presenza. D'improvviso, in una radura, prendono forma le rumah-tinggi, tipiche capanne indigene, che svettano a 12-15 metri dal suolo. Gli uomini imbracciano arco e frecce, portano monili di osso nel naso e nelle orecchie, splendidi bracciali di fibra nelle braccia e una foglia accuratamente arrotolata a ricoprire il pene. Le donne invece indossano un gonnellino di fibra di corteccia, piccoli bastoncini

conficcati nel setto nasale e collane di denti di cane se sono sposate. Tutte le mattine gli uomini lasciano le capanne per andare a caccia nella foresta mentre le donne vanno alla ricerca di tuberi e frutti portando con se', in apposite sacche di fibra, i bambini piu' piccoli e i maialini. Completa la loro alimentazione il sago, una sostanza amidacea ricavata da una particolare palma che cresce spontanea nella foresta pluviale.

Vivere nella foresta

............................................................. Intanto alcuni adulti si prodigano a rafforzare una palafitta a poco piu' di un metro da terra che sara' la nostra casa per i prossimi giorni. Sulle rive di un corso d'acqua poco lontano dal villaggio gli uomini stanno costruendo una 33


long-house, fulcro del festival tradizionale previsto per il prossimo mese di aprile che durera' ca. 3 settimane. Lunghi pali sono abilmente legati con corde vegetali fino a formare il telaio sul quale vengono posizionate foglie di palma sovrapposte che renderanno la struttura impermeabile. L'accesso alle rumah tinggi e' consentito da un palo basculante, dotato di tacche incise, che puo' essere fatto oscillare per impedire l'entrata ad eventuali intrusi. Entrambi i sessi vivono sotto lo stesso tetto, in ambienti contigui ma separati da un muro di cann I bambini piu' piccoli vivono con le donne, mentre i giovani, che hanno superato con successo la prova di iniziazione, ottengono il diritto di vivere con gli uomini adulti. Mentre una donna e' intenta ad allattare il suo piccolo, un uomo nell'angolo opposto sta cuocendo del sago in padella. Ha una consistenza gelatinosa ed e' particolarmente insipido. Lo sguardo mi cade tra le assi del tetto

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dove, celate tra le foglie di palma, sono custoditi gli archi e le frecce utilizzati per la caccia. Le punte delle frecce che possono essere di osso, legno o canna, assumono forme diverse a seconda della preda da cacciare: di forma lanceolata per i maiali selvatici o piccoli mammiferi, a punteruolo per i pesci, seghettate per gli uccelli o gli uomini. In un angolo penzolano alcune ceste di fibra intrecciata piene di tuberi della foresta. Legato ad uno dei pali portanti dell'abitazione c'e' un piccolo maialino diventato orfano dopo l'uccisione della madre. Data l'importanza di questi animali, se necessario, le donne del villaggio sono pronte anche ad allattarli al seno. Da un baule di legno viene estratto una specie di cilindro, probabilmente di bambu', stile calumet, e uno piu' piccolo che servono per fumare il tabacco tradizionale. Nel nostro girovagare intorno al villaggio ci imbattiamo in una palafitta semi-nascosta dalla vegetazione stracolma di ossa di animali uccisi durante


le battute di caccia, li' offerti in dono ai loro spiriti allo scopo di ingraziarseli. Ci infiliamo nei sacchi a pelo dopo aver acceso zampironi al piretro ovunque sperando che questi stratagemmi le possano tenere lontane il piu' a lungo possibile. Il silenzio che attanaglia la foresta viene interrotto la notte da un diluvio che dura fin quasi all'alba. Canti melodiosi e voci sommesse provenienti dalle rumah tinggi dolcemente ci risvegliano.

Il sago, fonte di vita

............................................................ Verso le 08.00 le donne scendono dalle capanne portando con se' i pestelli del sago e le inseparabili sacche di fibra vegetale mentre gli uomini imbracciano archi, frecce e asce. In fila indiana li seguiamo nella foresta alla ricerca di una palma da sago. Dopo 20 minuti la vittima designata si staglia imponente davanti ai nostri occhi ignara della sorte che il destino le ha riservato. I colpi ritmici dell'ascia incidono la sua dura corteccia spaventando i piccoli abitanti della giungla. Un colpo sordo, un lungo fruscio, un tonfo cosi' forte da far tremare il terreno intorno anticipano le grida di gioia dei korowai-batu. Con lunghi pali a fare da leva staccano la corteccia della palma scoprendo le bianche fibre sottostanti. Intanto con il machete tagliano i rami superiori portando allo scoperto il cuore commestibile della pianta che gentilmente ci offrono insieme a delle succulenti larve di sago, una vera prelibatezza. I rami, di forma concava, vengono portati alle donne nei pressi di un corso d'acqua poco lontano mentre altre cominciano a battere con i pestelli

le fibre vegetali scandendo il ritmo con melodie che suscitano in me impagabili emozioni. Bartol, un bambino korowai la cui madre e' stata uccisa nella foresta da tribu' nemiche, cattura una piccola lucertola; il padre la prende, gli schiaccia la testa con le dita e ce la offre in pasto. Rifiutiamo ringraziando. Nel frattempo le donne hanno legato fra loro due lunghi rami costruendo un canale. Il ramo superiore e' in posizione obliqua mentre quello inferiore viene posizionato sub-orizzontalmente. Venti cm sopra la congiunzione un filtro di natura vegetale e' bloccato con delle mollette costruite con parti della pianta. Subito dopo le fibre, ridotte in poltiglia, vengono dilavate in questi canali artificiali; l'acqua che passa attraverso il filtro trasporta con se' una sostanza giallognola che si deposita nella sottostante 35


concavita' sedimentandosi. L'acqua in eccesso defluisce sul terreno. Il sago ora compatto viene staccato dal canale e caricato nelle sacche di fibra per essere trasportato al villaggio. Nel frattempo due grosse ceste prendono vita dal fogliame della palma abilmente intrecciato. Le fibre del sago oramai inutili vengono sparse nelle ceste e ricoperte con altro fogliame. Queste, calate nelle acque di un vicino torrente, costituiscono delle valide trappole per ignari pesci che vi entrano per cibarsene senza riuscire piu' ad uscire. Una fruttuosa spedizione di caccia pomeridiana ci permette di gustare per cena un succulento spezzatino di maiale selvatico guarnito con del sago cotto in padella. Le tenebre abbracciano velocemente la foresta spalancando le porte alle creature della notte. L'alba ci sorprende, madi-

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di di sudore, rifugiati nei sacchi-letto per sfuggire agli attacchi notturni delle zanzare anofele. Preparati gli zaini salutiamo i nostri amici addentrandoci, ancora una volta, nell'inferno verde. Questa è soltanto una delle innumerevoli e straordinarie esperienze registrate sul sito, che è diventato uno dei migliori punti di riferimento per chi desidera scoprire il mondo, la natura e le culture che lo compongono. Il successo di questo canale di comunicazione è stato possibile soprattutto grazie ai numerosi fans e a tutti coloro che hanno contribuito direttamente con le loro idee interessanti ed esperienze fenomenali, come gli stessi amministratori sottolineano tutti gli amici che li hanno aiutato a realizzare questo sito e ai canali di comunicazione che l’hanno recensito e sponsorizzato.


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SPEDIZIONI AI CONFINI DEL MON ARGENTINA, BORNEO E CAPO HORN: METE DI VACANZE PER TURISTI CORAGGIOSI

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er quanto vi possa parere strano, è alla vostra portata. Le mete di cui avete letto sui libri di esplorazione e i luoghi mille volte sognati sui romanzi possono oggi diventare le mete delle vostre vacanze. Un po’ di spirito di adattamento, la disponibilità a sopportare qualche disagio, una buona dose di ottimismo costituiranno il miglior viatico per i vostri viaggi in capo al mondo. Ciò che un tempo era appannaggio degli esploratori è oggi accessibile al turista avventuroso, che sappia muoversi fra le proposte di tour operator grandi e piccoli. Ma solo i migliori sapranno garantire la solida organizzazione, senza cui è impensabile o folle avventurarsi in luoghi remoti riducendo al massimo i rischi. Il turismo estremo rappresenta oggi una riconoscibile nicchia dell’industria turistica. Si rivolge a chi vuo-

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le recuperare l’identità di viaggiatore, umiliata da pacchetti all inclusive e da villaggi vacanze. Certo ci sono i pro e i contro. La sensazione che non ci sia più lontananza la si deve anche a questo settore in crescita dell’odierno turismo, che pone una serie di ulteriori problemi: la preparazione del viaggiatore e la sua capacità di adattamento, l’inquinamento di aree remote, la gestione delle emergenze e l’eventuale evacuazione. Quanto ai pro, c’è tutto il mondo che non rientra nei circuiti tradizionali a disposizione di chi sia convinto che il viaggio non sia solo servizi, ma sia anche cultura e avventura.

Argentina. Altipiani del Noroeste

............................................................. A milletrecento chilometri a nord di Buenos Aires, sulla verticale del Tropico del Capricorno, si spalancano le soli-


NDO

tudini della Puna, il deserto d’alta quota argentino che si stende fra i tre e i quattromila metri. Si parte da Salta, la capitale della regione e ci si addentra subito in scenari mozzafiato. È il regno degli antichi minatori e delle città fantasma, dei laghi salati e prosciugati, dei vulcani che superano i 6.000 metri, dei condor e delle vigogne selvagge che forniscono la più preziosa lana del mondo. C’è anche un treno, il tren a las nubes, che va verso il Cile e sfiora i 5.000 metri, ma è più comodo viaggiare in fuoristrada. La spettacolare Quebrada di Cafayate scavata dalle acque ricorda il Grand Canyon, mentre a Purmamarca con il Cerro de Siete Colores la natura sembra imitare la pop art. Attraverso il Deserto del labirinto si giunge a Tolar Grande, un vero luogo da fin del mundo. Sopra

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le bizzarre formazioni di arenaria color mattone svettano i coni innevati dei vulcani. Il silenzio è irreale e lo spazio ha qualcosa di metafisico nell’essenzialità dei suoi elementi basici: sabbia, sale, argilla, neve .

Borneo. I sentieri dei tagliatori di teste

............................................................ Nel Borneo di Salgari l’avventura è nella giungla, sulle tracce degli iban e dei dayak, i mitici tagliatori di teste. La meta sono i Pinnacles, fantastiche formazioni rocciose nascoste al centro dei 500 kmq di intrico vegetale del parco di Gunung Mulu, il più vasto del Sarawak, una delle due regioni in cui è diviso il Borneo malese. Da Kuala Lumpur, capitale della Malesia, si raggiungono Kuching, poi Miri e di lì, con un piccolo aereo, il Gunung Mulu, atterrando su una pista che pare tagliata nella foresta con il rasoio elettrico. Poi ci sono solo le canoe, in uno scenario da Cuore di tenebra. La base di partenza è Camp Five, una rude struttura in cui si può trovare un riparo per la notte, a tre ore di marcia dal punto in cui si lasciano le canoe. All’indomani in altre quattro ore, superando ripidi tratti di giungla attrezzati con corde metalliche e scalette, si raggiungono i Pinnacoli. È il trekking più duro del Borneo e solo la metà di quelli che ci provano raggiunge la meta. Ma l’apparizione di queste decine e decine di punte di frecce di calcare tagliente, alte una cinquantina di metri e infisse nella foresta pluviale, è indimenticabile

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Capo Horn

............................................................. Il sogno di ogni navigatore può diventare una realtà grazie alle piccole navi della Cruceros Australis, che raggiungono la punta estrema del continente sud-americano, percorrendo passaggi mitici come lo Stretto di Magellano e il Canale di Beagle. Ogni giorno sono previste escursioni a terra con gli zodiac, conferenze scientifiche e attività di approfondimento dell’ambiente della Terra del Fuoco. Navigare nei mari di Magellano, di Drake, di Fitzroy e di Darwin, in mezzo alle onde lunghe che hanno compiuto più volte il giro del mondo, riserva un’emozione profonda. Altrettanto affascinanti gli sbarchi fra i pinguini dell’isola Magdalena o nei senos ingombri dei ghiacci che precipitano in mare da imponenti seraccate. Il momento culminante del viaggio, che parte da Punta Arenas o da Ushuaia, sono le rocce tempestose in cui Atlantico e Pacifico si incontrano. Cabo de Hornos è stato dichiarato nel giugno del 2005 Riserva della biosfera dell’Unesco ed è sormontato da un monumento metallico, che rappresenta un àlbatro, l’uccello dei marinai cantato da Baudelaire. È stato costruito per iniziativa della Cape Horn Captain’s International Brotherhood, la cui sede si trova a Saint Malo, in Francia. Di fronte a questo promontorio completamente privo di alberi e spesso avvolto dalla nebbia, l’immensità dell’Oceano del Sud, che si increspa per oltre 800 km fino alla Penisola Antartica.


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Polaris - Viaggi

RICHARD BRANSON

L’UOMO CHE CI PORTERÀ SULLA LUNA

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ichard Branson, fondatore della Virgin Galactic, inaugurerà la nuova frontiera di viaggi “turistici” nello spazio. È la sua più grande sfida.

“La gente che non si ferma mai vive più a lungo”. Questo è una delle frasi celebri attribuite a Richard Branson, o “Mr Virgin” il padre fondatore della Virgin Records, vera e propria multinazionale che spazia dalla musica, ai voli di linea, al cinema ed ora a due futuristici progetti. Richard Charles Nicholas Branson nasce in Inghilterra nel 1950, sale alla ribalta delle cronache quando a soli 22 anni fonda la Virgin Records, e con un’intuizione geniale decide di pubblicare i dischi dei Sex Pistols, allora rifiutati da tutte le altre etichette del regno unito per via dei loro testi troppo provocato42

ri. Da allora un continuo inanellarsi di successi lo hanno portato a diventare il ventesimo uomo più ricco della Gran Bretagna e ad essere nominato “Sir”, la più alta carica del regno unito, dalla regina. Ora la sua nuova sfida sarà quella di rendere accessibile a tutti i viaggi sulla Luna. Tutto inizia a Spaceport, nella zona sudorientale del New Mexico: la prima stazione per i voli turistici suborbitali della Virgin di sir Richard Branson è stata disegnata dall’archistar Norman Foster. Ed è qui che ormai da mesi si stanno susseguendo i test di volo della macchina dei sogni di Branson: l’aereo White Knight dalle lunghe ali a W e la VSS Enterprise, per futuri astronauti da weekend. Difficile, per ora, tracciare un profilo dei primi passeggeri (pare che si siano prenotati già in 500), anche se tutti hanno in comune, oltre alla pos-


sibilità di pagare i 200mila dollari di biglietto, l’età. Fanno parte della stessa generazione (come Branson), quella che era giovane e piena di attese all’inizio dell’era spaziale. Tutti ricordano perfettamente Neil Armstrong e le immagini del primo allunaggio quel 20 luglio del 1969. Il sogno del turismo spaziale non è recente, ma è nel 2004 che comincia a

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La SpaceShipTwo è uno spazioplano con un basso allungamento alare disegnato per trasportare passeggeri nello spazio. Ha una capacità massima di otto occupanti: sei passeggeri e due piloti. L’apogeo della navetta è previsto a 110 km (nella termosfera), 10 km più in alto della linea di Kármán.

LE TAPPE DI UN SOGNO 12 aprile 1961 La prima volta nello spazio Il russo Jurij Alekseevič Gagarin con il suo Vostok 1 è il primo uomo a orbitare intorno alla Terra

16 luglio1969 Allunaggio Lancio dell’Apollo 11 dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Il 20 luglio Neil Armstrong cammina sulla superficie lunare. 21 dicembre 2011 L’ultima partenza A bordo del Sojuz TMA-03M: il russo Oleg Kononenko, l’olandese André Kuipers e l’americano Donald R. Pettit.

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concretizzarsi. Burt Rutan – definito nell’ambiente come uno dei più testardi ingegneri di aeromobili al mondo – riesce a progettare e atestare il suo SpaceShipOne come il mezzo più sicuro per permettere un volo spaziale privato, vincendo così il prestigioso X-Prize. Branson si fa vivo subito. E non è un sognatore, ma un uomo d’affari che ha appena visto i margini di rischio di un’operazione simile ridursi entro proporzioni accettabili. La VSS Enterprise della Virgin non è altro che lo SpaceShipTwo, una versione ridotta del


modello che ha vinto l’X-Priz. Quando la Virgin Galactic sarà operativa, i sei, esclusivi, passeggeri otterranno esattamente quello per cui hanno pagato: circa sei minuti di fluttuazioni nello spazio più prossimo alla superficie lunare, in una cabina dove galleggeranno fronteggiando l’accelerazione di gravità e saranno avvicinati alla Luna il più possibile, con la Terra incastonata nell’oblò. A loro verrà garantito anche un addestramento pre-volo e l’accompagnamento di due membri dell’equipaggio: quattro giorni in tutto. Si inizierà con una partenza a settimana, per poi arrivare gradualmente ad almeno una al giorno. E il fattore paura? Per la Virgin Galactic sembra non essere un problema. Quando la Federal Aviation Authority darà alla compagnia la licenza operativa, un volo sull’espresso verticale di Branson sarà di gran lunga più sicuro di uno qualsiasi dei primi viaggi aerei. La differenza, semmai, sarà nello scopo. Un viaggio, per essere tale, ha bisogno di un luogo di partenza e di una destinazione, quando invece, come sottolinea bene anche Branson: «Qui non c’è un posto dove arrivare». In molti ritengono che quello di Virgin Galactic non sarà un vero viaggio, ma piuttosto un’esperienza: la più incredibile, la più eccitante che si possa fare. Oltre i limiti del timore, un salto sul trapezio tecnologico in cui meraviglia e paura sono sensazioni inscindibili, un’escalation continua contro la noia dall’attimo stesso in cui i voli spaziali diventeranno operativi. Sarà questa la prossima sfida di Richard Branson, la più difficile tra tutte quelle intraprese.

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POLO SUD: LA NUOVA SFIDA LA SPEDIZIONE ANTARTICA DI SAUNDERS

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l piano: quattro mesi, 2.900 chilometri a piedi, a temperature fino a 50 gradi sotto zero, lungo lo stesso percorso che più di un secolo fa permise al capitano Scott e a quattro dei suoi uomini di raggiungere il Polo Sud ma costò loro la vita durante il viaggio di ritorno

I viaggi polari hanno fatto molta strada dai tempi di Scott, naturalmente. Tanto per cominciare, Scott non aveva computer portatili a prova di gelo, bevande elettrolitiche, o cellulari satellitari. Ma non solo. Ecco un confronto tra le attrezzature e il cibo delle due spedizioni al Polo Sud.

L’avventuriero britannico Ben Saunders e il suo compagno di squadra Tarka L’Herpiniere sono partiti dalla storica capanna di Scott sull’isola di Ross. Dovranno attraversare la barriera di Ross, superare il gigantesco ghiacciaio Beardmore e raggiungere così il gelido Plateau antartico fino al punto più a sud del nostro pianeta. In caso di successo, la Scott Expeditiondiventerà la più lunga spedizione umana mai portata senza team di supporto.

Dieta

.......................................................... L’alimento base del team di cinque uomini di Scott era il pemmican, un misto di carne e grasso essiccato a cui veniva aggiunta l’acqua. I ricercatori hanno calcolato che le razioni della squadra, che includeva anche carne di cavallo e molti biscotti, si aggiravano tra le 2.000 e le 3.000 calorie in meno della dose giornaliera necessaria per tenere il passo con le esigenze delle condizioni fisiche estreme.


polare presso lo Scott Polar Research Institute di Cambridge, sostiene la nuova spedizione è “una prospettiva diabolica”. E sottolinea che, dal momento che si sono impegnati a non ricevere alcun tipo di supporto lungo la strada, i due esploratori non potranno accettare nemmeno una tazza di tè dalla base permanente Amundsen-Scott South Pole Station - la stazione di ricerca statunitense al Polo Sud - prima di aver completato il percorso.

Slitte e pesi

............................................................ Saunders e L’Herpiniere hanno a disposizione delle slitte a mano in fibra di carbonio con basi in Kevlar. Leggere e abbastanza resistenti per sopportare gli urti contro il ghiaccio solido come conAl contrario, Saunders e L’Herpiniere consumeranno quasi 6.000 calorie al giorno, per un totale di 1,3 milioni di calorie lungo tutto il viaggio. In gran parte il menu liofilizzato comprende zuppa d’avena per la prima colazione, barrette snack energetiche e proteiche da innaffiare con calde bevande elettrolitiche e piene di carboidrati, finendo con un pollo al curry (per l’aggiunta di grassi) a cena. La dieta è la differenza principale tra allora e oggi, secondo Saunders .

“Abbiamo investito molti anni in prove e test di personalizzazione di una dieta che ci darà il sostentamento di cui abbiamo bisogno per coprire l’intero tragitto” spiega Ian Stone, ricercatore in storia 49


tro una roccia, le slitte sono appositamente progettate in modo che possano essere ridotte in dimensione quando la coppia consumerà i rifornimenti durante il viaggio di ritorno. Sebbene Scott avesse slitte di legno, per il viaggio di andata fino al Plateau Antartico utilizzò diversi tipi di trasporto: slitte motorizzate, così come pony e cani per il traino di carichi. La spedizione di Scott non si avvaleva di un vero e proprio team di supporto esterno. “Hanno cominciato con un ampio numero di uomini che mano a mano venivano rimandati alla base dopo aver trasportato la maggior parte dei carichi pesanti, in modo che il vero e proprio team di spedizione non avesse un carico eccessivo da portarsi dietro”, racconta Stone. Mentre ogni componente della squadra di Scott si trascinava dietro 91 chilogrammi, le slitte di Saunders e L’Herpiniere sono partite con un carico di 200 chilogrammi di peso. Il duo ha fatto di tutto per ridurre il peso dei bagagli: ha tagliato le etichette dei capi di abbigliamento, ha sostituito le zip di metallo con anelli di nylon, ha tagliato gli angoli dei pacchetti di cibo liofilizzato, e così via .

Sci

............................................................. Gli sci utilizzati nella Scott Expedition sono significativamente più corti e più leggeri degli sci utilizzati di solito in ambienti polari, e sono anche molto resistenti. Gli sci sono stati personalizzati con l’aggiunta di una pelle di nylon sul lato inferiore per fornire la trazione supplementare per i carichi pesanti . La squadra di Scott usava invece sci di legno. Beh, quattro su cinque, come sot50

toliea Stone. Il quinto membro, Henry Bowers era un inserimento dell’ultimo minuto del team, e non aveva i suoi sci con lui. “Il poveretto ha dovuto camminare per tutta la strada dalla parte superiore del ghiacciaio Beardmore al Polo Sud e viceversa”, ha detto Stone. Non che gli altri fossero molto abili con gli sci, a differenza della squadra norvegese, guidata da Roald Amundsen, che raggiunse per prima il Polo Sud, anticipando di quattro settimane Scott e compagni. “Nel team di Amundsen erano tutti sciatori consumati” racconta Stone. Per fortuna lo sono anche Saunders e L’Herpiniere. Abbigliamento: Saunders e L’Herpiniere saranno protetti da abbigliamento alpinistico ad alta tecnologia con tessuti esterni che sono stati cuciti su misura


per l’ambiente asciutto dell’antartico. Lì tutta l’acqua è congelata o cade come neve, quindi una membrana impermeabile non è necessaria. La traspirabilità, tuttavia, è cruciale: tirare una slitta di 200 chilogrammi accalora molto, anche a -45°C. La spedizione di Scott era sponsorizzata dalla Burberry, i cui indumenti erano in lana e cotone. La squadra di Amundsen indossava invece anche pellicce naturali.

“Se si guarda a una foto della spedizione di Amundsen sembrano tutti molto pelosi, mentre nelle foto della spedizione di Scott sembra stiano lì in procinto di scalare qualche piccola vetta nel Lake District [in Inghilterra]”, osserva Stone.

Comunicazione

............................................................ Una volta che la squadra di Scott raggiunse il Plateau Polare, erano da soli e tagliati fuori da qualsiasi possibilità di comunicazione. La storia del loro viaggio fatale è stata raccolta solo quando il diario di Scott venne recuperato dalla tenda in cui tutti gli ultimi sopravvissuti morirono. Saunders e L’Herpiniere rimarranno collegati e forniranno aggiornamenti regolari utilizzando il computer portatile collegato al satellite. I portatili ultraleggeri sono modificati in modo da far fronte a temperature di circa -40°C. Alimentati da pannelli solari portatili che si attaccano alle slitte o alla tenda, i computer portatili permetteranno ai due di guardare un po’ di film già scaricati sull’hard disk.

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INTO THE WILD

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a storia narrata è quella di Chris McCandless, ventiduenne fresco di laurea, con un promettente futuro di fronte a sè, deciso ad abbandonare tutto e tutti per partite all’avventura, verso l’ignoto, nella natura più selvaggia, Into The Wild. Nel corso del viaggio, durato due anni, Chris cerca disperatamente di capire se stesso ed il posto che dovrebbe occupare nel mondo, abbandonando la sua vecchia identità, creandosene una nuova, fuggendo dalla famiglia, bruciando soldi e averi, pronto ad intraprendere un viaggio lontano da una società consumistica, attaccata al vile denaro, violenta e rissosa, in cerca di una pace interiore ed esteriore, con un traguardo finale ben preciso… l’Alaska. Una pellicola toccante, poetica, tratta da una storia realmente accaduta, capace di emozionare, appassionare

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e far riflettere lo spettatore. Suddivisa in capitoli, dal momento della laurea in poi, quando il protagonista abbandona il vecchio io rinascendo con una nuova identità, Alexander Supertramp, partiti dall’infanzia, all’adolescenza fino all’età adulta, la pellicola si trasforma in un viaggio fisico e metafisico, interiore ed esteriore, lungo un’America baciata dalla natura, come poche altre volte avevamo visto sul grande schermo. Un road movie che porterà il giovane strepitoso protagonista ad incontrare tanti personaggi pittoreschi, ai margini della società, che cambieranno la sua visione della vita, e che saranno a loro volta cambiati per sempre dall’incontro con lui. Penn monta il film in scansioni temporali differenti, regalando allo spettatore dei paesaggi magnifici, dei veri e propri affreschi


ammaliare, con la propria gentilezza, intelligenza, immensa saggezza, bontà e voglia di vivere, chiunque abbia avuto la fortuna d’incrociare il suo cammino. Penn punta al cuore dello spettatore in più scene, riuscendo completamente a farlo suo, toccandolo, spremendolo, pugnalandolo, fino a fargli uscire le lacrime.

pittorici su pellicola, capaci di rappresentare quella “natura selvaggia” che è il manifesto di tutto il film, spingendolo direttamente dentro, a stretto contatto con lei. La Libertà e la Natura sono troppo belle per non essere vissute appieno, questo aveva capito Christopher McCandless, capace di mollare tutto per intraprendere un folle viaggio verso l’Alaska, nella natura più selvaggia, pronto a fuggire via da una famiglia che della menzogna aveva fatto abitudine. Il viaggio che tutti noi finiamo per intraprendere con Christopher McCandless è un viaggio spirituale, capace di metterci di fronte ad una visione del mondo che ormai difficilmente può essere vista in maniera credibile e fattibile. Un viaggio in solitudine lungo le strade d’America, questo è quello che compie il ventiduenne McCandless, capace di 55


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VITA DI PI

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ratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel, Vita di Pi ha il non indifferente merito di sottoporre all’attenzione del grande pubblico una tematica pressante, troppe volte e troppo malamente elusa dal cinema mainstream e non solo. Argomenti che non sono nelle corde di tutti e su cui sta o cade l’intera resa del film. Perché qui si discute apertamente di Dio, senza escamotage di sorta. L’intento è dichiarato sin dall’inizio, prendere o lasciare. Quella di Pi nasce come storia trasmessa oralmente, e che quindi come tale potrebbe benissimo funzionare descrivendola nero su bianco. Ciononostante, in questa sede ci limitiamo a poche, semplici indicazioni. Piscine Molitor Patel, anche detto Pi, è un giovane piuttosto irrequieto, che non si lascia scappare nemmeno un’occasione per cer-

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care di approfondire meglio il rapporto tra sé e Dio. Finché un giorno la nave mercantile sulla quale lui e la sua famiglia si imbarcano per raggiungere il Canada naufraga nell’Oceano Pacifico. Da qui ha inizio il vero viaggio di Pi, ad un quarto di strada rispetto a quando la sua storia ha avuto inizio. Ed è da questo momento in avanti che la pellicola si schiude come una crisalide. Ang Lee riesce a coinvolgerci in maniera brillante servendosi di pochi elementi per buona parte della narrazione: un ragazzo, una tigre del Bengala ed una scialuppa di salvataggio. Vita di Pi, al di là dei giganteschi significati a cui rimanda, è un’opera visivamente eccelsa. Se nella prima parte certe costanti sovrapposizioni, per quanto funzionali alla narrazione, tendano a stonare, buona parte di ciò che vediamo dal naufragio in


ci credere, l’ultima fatica di Ang Lee ha comunque un suo forte perché, laddove certi limiti attengono tutt’al più alla fonte da cui attinge. Visceralmente impreziosito da immagini vive, sgargianti, in un turbinio di colori che alla fine della fiera colpiscono senz’altro di più rispetto a certe speculazioni dallo spiccato retrogusto ecumenico. Va in ogni caso dato atto del coraggio di portare in sala qualcosa di un po’ più particolare, dipingendo un quadro il cui tenore oramai sembrava esclusivamente appannaggio di certa incantevole animazione. Vita di Pi è un’incredibile storia di avventura, che emoziona, coinvolge e sa far riflettere su argomenti di non facile trattamento.

poi esercita un fascino altamente suggestivo. Una magnificenza che si regge letteralmente sulle proprie gambe, astraendoci e astraendosi dalle vicende mostrate. Certo, qui siamo nell’ambito della favola, contemporanea per giunta. Ergo trattasi di quei racconti che soffrono una certa crisi d’identità, alla luce di certe idiosincrasie, mosse dal desiderio, altrettanto contemporaneo, di mettere d’accordo quante più cose possibile. Con un finale a sorpresa risolleva comunque le cose, essenzialmente per via di un colpo letterario che non a caso attiene per intero al romanzo. Dubbi a parte, Vita di Pi resta comunque un notevole esempio di cinema e di come la computer grafica possa lavorare in simbiosi con quanto s’intende descrivere, senza deturpare il volto di un film. Meno profonda di quanto vorrebbe far57


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BILLY ELLIOT

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l film narra delle vicende di un ragazzo di 11 anni, Billy Elliot appunto, che vive in un villaggio minerario del Nord dell’Inghilterra. L’azione si svolge per intero durante il mitico sciopero dei minatori inglesi tra il 1984 e il 1985. Anche la famiglia di Billy è mobilitata per lo sciopero. Il fratello maggiore è un minatore, attivista sindacale; anche il padre è minatore, mentre la madre è morta poco tempo prima. In casa Billy deve badare alla nonna affetta da una qualche forma di demenza senile. Billy si esercita, spinto dai famigliari e dall’ambiente, alla boxe, che non è il suo forte: è attratto molto di più dalla danza, che una maestra di ballo, Mrs. Wilkinson, insegna a un gruppo di ragazzine in uno spazio della palestra. Mrs. Wilkinson incoraggia Billy alla danza, che pratica di nascosto dal padre

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e dal fratello. Quando il padre si accorge che Billy, invece della boxe, fa danza è una tragedia, dato che pensa che la danza sia una cosa per ragazze. Billy allora, che spera di superare l’esame di ammissione al Royal Ballet School di Londra, si allena individualmente con Mrs. Wilkinson. Il padre scopre di notte, nella palestra, Billy allora lo “sfida” improvvisando una danza che convince il padre a sostenere il figlio. Mancano però i soldi per farlo andare a Londra a sostenere l’esame. Dopo che il padre è tentato di tradire lo sciopero per procurarseli (ed è fermato dal fratello di Billy), scatta la solidarietà dei minatori che riescono con una colletta a racimolare il necessario. Il film ci mostra una rosa di personaggi veri, persone socialmente contraddittorie. Anche l’operaio oppresso sul piano di classe può esse-


ma anche per l’intera comunità, l’intraprendenza è la sua guida: il suo successo è anche il successo di tutti, perché l’affermazione del diritto ad essere se stessi e il successo che ne consegue, diventano una luce che illumina la possibilità di un futuro diverso anche per gli altri.

re oppressore su quello generazionale o di genere, ecc. e l’unica maniera per uscirne è quello di intraprendere una vasta alleanza sociale tra tutti i soggetti sociali oppressi, per una liberazione che venga intrapresa su tutti i piani, nessuno escluso. Il film procede su un doppio binario stilistico e narrativo: da una parte lo sciopero dei minatori, le fatiche per la lotta, la disperazione, le tentazioni di cedere, gli scontri violenti con la polizia, dall’altra le scene in cui il ragazzo balla irrefrenabilmente lungo le vie del paese. Billy dimentica il quotidiano, si sente libero dalla povertà, dal dolore, dall’emarginazione, da quel grigio destino al quale sembrerebbe già predestinato dai familiari. La danza diventa per lui la forza che dà vigore e ritmo alle sue evoluzioni artistiche, l’occasione, non solo di riscatto per sé, 59


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Nicolò Fabio Banfi - Elena Boccalatte - Anna Maria Borgonovo Luca Carbone - Davide Colombo


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