Pittore David Petri Opere 1986 2007

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DAVID PETRI OPERE 1986 – 2007

Catalogo Curato da Antonio DELL’AVERSANA 5


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NOTE BIOGRAFICHE David PETRI nasce a Roma il 02/9/1967. Nel 1986 si diploma presso l’Istituto Statale d’Arte di Orvieto. Frequenta i Pittori Arrigo FORA e Walter DI BARTOLO (allievo, quest’ultimo, di Pittori quali GUTTUSO, ZIVERI, MACCARI e MAZZACURATI). Nel 1987 stringe amicizia con il Pittore e Scrittore Ennio MACCARI. Fin dall’infanzia frequenta la Pittrice Arianna GRANDE, figlia del celebre Pittore torinese Giovanni GRANDE , Ceramista di “CASA LENCI”. Frequenta, inoltre, presso l’Università LA SAPIENZA di Roma, la Facoltà di Lettere con indirizzo in Storia dell’Arte sotto la guida di Maurizio CALVESI. Dal 1990 frequenta diverse Botteghe di restauro dei Mobili. Infatti, le cornici che adornano i suoi dipinti sono disegnate e realizzate dall’Artista stesso. La sua ricerca si ispira all’analisi attenta della Pittura italiana dell’inizio del XV secolo.

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MOSTRE PRINCIPALI

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Galleria Comunale (Città della Pieve (Pg) ) – 1986; Spazio Alternativo (Mugnano (Pg) ) – 1987; Galleria “Bernhardt Waldrich” (Svizzera) 1987; Chiesa SS. Annunziata (Cetona (Si) ) – 1988; Locali Banca del Monte dei Paschi di Siena (Tavernelle (Pg) ) – 1989; Galleria “Athena Arte” (Roma) – 1989; Galleria “Athena Arte” (Roma) – 1990; Mostre itineranti Roma e dintorni – 1990; Galleria “Athena Arte” (Roma) – 1991; Galleria “Il Professionista “ (Roma) – 1992; Galleria “ La Tartaruga” (Roma) – 1992; Galleria “Forum Interart” (Roma) (gli viene conferita la Targa Joan MIRO’) – 1993; Galleria “Il Logogramma” (Roma) – 1994; Biblioteca Comunale (Castiglione del Lago (Pg) ) 1995; Spazio Interattivo Ambusch (Roma) – 1996; Funck Bank Denzlingen (Germania) – 1997; Museo D’Arte Moderna e Contemporanea Fondazione A. FORA – 1998; Spazio Comunale Saint Cyr sur Mere (Francia) – 1998 ; Chiesa di S.Agostino (Panicale (Pg) ) – 2000; Spazio Ranzani S.p.a. (Bologna) – 2000: Galleria Giudice (Chianciano Terme (Si) ) – 2001; Galleria “Il Professionista” (Roma) – 2002; Chiesa SS. Annunziata (Cetona (Si) ) – 2003; Bar degli Artisti (Città della Pieve (Pg) ) – 2004; Mostra itinerante per i Castelli Romani – 2005; Spazio Comunale (Montegabbione (Tr) ) – 2006; Galleria “Camelù” (Roma) – 2007.

Nel 1991 ha partecipato a 2 Aste di Arte del 900 in Via dei Greci in Roma.

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Tra il 1986 ed il 1987 David espone con il cognome anagrafico PEZZETTA. Dal 1988 assume il cognome d’arte PETRI come quello del padre Mario, famoso cantante lirico ed attore.

David Petri con il padre Mario

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COMMENTI CRITICI

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Una giovane promessa David Pezzetta giovane artista presenta , per la prima volta, una serie di lavori sui quali è evidente il tentativo di non riempire la superficie dei fogli ma di occuparne lo spazio con figure che appaiono statiche e nello stesso tempo vive sia che usi materia piatta oppure corposa. Il suo spazio asettico, le sue luci impossibili, le sue ombre misteriose, i suoi corpi seducenti che sanno di storie arcane, sono in movimento confermando, così, l’osservazione di Leonardo per cui una cosa in movimento accanto ad una cosa ferma anche quest’ultima sembra muoversi. Il lavoro di David, anche se rivisita esperienze di grandi movimenti della pittura, è tutto proteso alla ricerca della creazione per cui la sua poetica si avvale di un proprio modulo espressivo che è insito nella complessa vicenda della cultura artistica. Le sue immagini ben delineate, emotivamente aggressive, composte di una raffinata materia filtrata sino ai limiti dell’astrazione rivelano la sua sensibilità e purezza intellettuale. Purezza e sensibilità tali che, a volte, nei suoi lavori l’immagine e lo spazio si confondono, il razionale e l’irrazionale convivono come possono convivere sogno e realtà. Tutto il suo lavoro anche, a volte, ostenta il racconto è, in realtà, il frutto dell’ommaginario e della sua capacità visionaria la cui atmosfera testimonia l’insopprimibile vigore generativo della metafisica. Le figure di David, a volte tenere e a volte aggressive, vanno ben oltre il loro significato visivo. Esse non sono altro che simboli dell’incoscio, lo specchio del carattere, il frutto delle reazioni ad uno stato d’animo plasmato dalle vicende del vivere ma sempre guidato dalla sensibilità, dalla cultura e da un grande amore per l’Arte. Non va dimenticato, a questo proposito, che David ha vissuto ed è cresciuto “respirando” in una atmosfera fatta di grande musica e di grande canto. Arrigo Fora Città della Pieve , luglio 1986

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A Città della Pieve espone Pezzetta E’ tradizione che durante il periodo estivo gli artisti si sentano di casa e ad ogni angolo del centro storico sboccino mostre e rassegne. Ha suscitato vivo interesse, come se si trattasse quasi di una rivelazione, la Mostra che David Pezzetta ha allestito nella galleria comunale, anche perché l’artista non è ancora ventenne. “Non va dimenticato”, dice Arrigo Fora nella sua presentazione, “che David è cresciuto respirando in una atmosfera fatta di grande musica e di grande canto”. David è infatti figlio di quel Mario Petri cantante lirico di fama ed attore eclettico. Oggi è forse esagerato definirlo un genio, ma è senza dubbio una promettente promessa: introverso perché riservato, schivo ai complimenti, si presenta con umiltà, ma ha tutte le carte in regola. Infatti , la sua preparazione si fonda su solide basi; David non solo si è precocemente diplomato presso l’Istituto Statale d’Arte di Orvieto, ma ha affinato le sue ricerche e le sue esperienze artistiche anche durante gli studi universitari perfezionandosi privatamente. Visitando la Mostra di Pezzetta si evidenziano i suoi quattro momenti principali: con Durer alla ricerca sul pessimismo nordico; il periodo costruttivista-futurista; il ripensamento sui pittori del Due-Trecento da Pietro Cavalli a Giotto; e nelle opere più recenti il pessimismo nordico del XX secolo. Rivisitando dunque esperienze dei grandi movimenti pittorici, David Pezzetta è già approdato ad un suo modulo di figurazioni diverse tra il razionale e l’irrazionale, come tra sogno e realtà. Mario Villani Città della Pieve, agosto 1986 (dal quotidiano Il Messaggero)

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David Pezzetta “Astrazione sublime”, dal segno baroccheggiante, “Baccanale”, una introspezione psicologica delle figure filtrate attraverso lo studio caricaturale, entrambe del 1986, “Tempo di sinfonia”, un cubismo addolcito eppure dal segno deciso, “Deposizione rossa”, non una provocazione ma semplice studio monocromatico, queste ultime realizzate nel primo semestre del 1987, sono tra le altre opere di David Pezzetta quelle che mi hanno maggiormente sollecitato l’interesse e portato ad accrescere la conoscenza della sua complessa personalità artistica. Non dobbiamo farci ingannare dalla sua giovane età poiché quotidiano è il suo intenso viver come prisma di cristallo e tutti artistici sono i suoi molti interessi, siano essi figurativi, musicali, poetici. Le figure che emergono come zone di colore dalle sue opere – che potrebbero essere scambiate come un’aggressione realistica dovuta a recrudescenze concrezionali del collage e che scaturiscono invece da quella tensione spirituale sorretta sempre da un approfondito studio operato su matrici culturali di reale incidenza umana – hanno una eleganza cromatica di ritmica nell’ascensionalità della composizione mentre appare addolcito, quasi permeato di languido romanticismo, quel pessimismo suo discorso iniziale il cui filo conduttore, che si dipana con gli anni, fa riconoscere David Pezzetta, un artista che, se assolve l’esigenza di scavare nel profondo anche psicologico, sa essere riguardoso verso la sensibilità del fruitore. Mario Villani Città della Pieve, luglio 1987

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David Petri Spesso ciò che si vede aprendo una finestra è ambiguo e mutabile. I contorni delle cose giocano con le luci e il loro movimento interno raggiunge delle vibrazioni interne che ne alterano completamente la forma. Per David Petri la realtà è “altro” da ciò che appare, e la materia pittorica è il suo personale strumento per una interpretazione che va sempre al di là dell’oggetto rappresentato. Nei suoi quadri l’armonia tra oggetto e soggetto è un ricordo, o meglio, un frammento di ricordo che tenta di ricostruire per evocazioni, e l’evocazione che ci raggiunge è quella della deformazione dello sconvolgimento materico e spirituale che conduce l’osservatore a cogliere un senso della realtà che pur avvicinandosi alla formula surrealista se ne allontana per la consapevolezza di un malessere che non è una alternativa del banale, ma unica certezza di un quotidiano che non può offrire altro se non una ironica drammatizzazione di se stesso. L’eroe problematico del ventesimo secolo ritrova nelle sue opere la grottesca ambizione del divenire, l’illusione romantica di riuscire ancora a provare un desiderio degli altri, insomma un’immagine di sé per sé che non può condurlo se non verso una precoce sconfitta. Il contrasto più eloquente è quello di un uso del colore assolutamente compiuto che riempie spazi e segni non finiti che il giovane artista preferisce allungare in un percorso senza termine per non disperderli inutilmente all’interno di un luogo che resta comunque limitato. Il linguaggio che ascoltiamo guardando le sue opere è quello senza parole, quello dell’intonazione intima che si risolve in un verso, in un suono dalla forza scultorea. Filippo Tornabuoni Cetona, settembre 1988 16


David Petri David è giovanissimo. E questo è unicamente un dato anagrafico poiché dipinge dall’età di cinque anni e al suo attivo ha una notevole lista di esposizione in Italia e per l’anno in Germania. Figlio d’arte – la madre ballerina classica, il padre cantante lirico – appartiene a quella razza di persone che hanno fatto del “vedere” la loro filosofia e del “trascrivere il veduto2 la loro vita. Nelle opere di David, infatti, ci si accosta a un mondo “incantato2 quanto reale, gravido di sequenze che paiono contraddirsi tra tema e soggetto, ma dove fuoriesce una storia paludata di classicismo ma odierna, contemporanea nei frammenti narrativi. “L’eroe e il suo destino” è un titolo che riconduce al Medioevo, alle belle gesta dei prodi paladini, ai racconti di Walter Scott…e, al contempo, a Gagarini, per esempio, e ad altri più vicini a noi. Secondo Paul Diel, “L’eroe rappresenta lo slancio evolutivo, il desiderio essenziale, la situazione conflittuale della psiche umana, attraverso il combattimento contro i mostri della perversione”: e queste opere, dove le spade alzate romanticamente – quasi fussilianamente – assumono un significato simbolico, sono il frutto di una ricerca all’interno dell’essere, sono l’esplosione o il rigurgito di emozioni trattenute, poiché troppo mature per un vedere ancora giovane, e l’eroe è esacerbato dall’eroismo e diviene l’eroe negato . Queste opere vanno così lette attraverso la lente della libertà guardando l’identità soggetto-oggetto e focalizzando nei tre momenti metafisici l’analisi: conosciuto, conoscitore, conoscenza. Tre momenti che portano gli “eroi” di David Petri a quella suprema prima vittoria su se stesso, che è poi quella junghiana. Queste figure sfuggono al pathos cariche come sono di un ethos proprio che sfugge anche all’artista avvinto dalla narrazione, e che diviene ascoltatorelettore pur sempre partecipe in prima persona ma quasi estraneo, come 17


finiscono per essere estraniati lo spazio, il tema, la storia: “Non dunque l’anima o la sensibilità di un’epoca, non già i gruppi, le scuole, le generazioni, o i movimenti, e neppure il personaggio dell’autore nel gioco di scambi che ha annodato la sua vita alla creazione, ma la struttura propria di un’opera” poiché – sempre secondo Foucalt – non si può obbligare a un dato unico e semplificante ciò che scaturisce da diversi fattori i quali, infine, si concentrano in un solo punto generando, come in questo caso, un disegno o un dipinto. Una pittura particolarissima questa di David Petri, legata, più che all’illustrazione di un linguaggio onirico, a quell’immaginario collettivo che è un infuso di poesia e liricità il cui apice si tocca raggiungendo, stralunati, la vetta di Fantasia dove si perde la cognizione del Tempo e dello Spazio; E può essere il Mare della Tranquillità o l’Universo di Petri, questo “menestrello” del ventesimo secolo. Mario Cappelletti Roma, febbraio 1990

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David Petri Fiorisce come prato in primavera la multiforme attività di David Petri. Giovane d’anni, ma già ricco di esperienze sinestetiche notevoli, un passaporto artistico ricco di visti prestigiosi, intelligenza mirata a rappresentare se stesso nel fatto creativo: così un incontro con David, figlio di tanto padre, l’indimenticabile basso Mario Petri, diventa motivo di allegrezza. Se si vuole per un gradito ritorno alle origini territoriali, meglio ancora se si punta l’accento sulla volontà dell’operare che in linea diretta si coniuga alla bontà degli esiti. Non è pittore scontato e neppur retorico, ma racchiuderlo entro un’etichetta sembrerebbe far torto alle sue voci espressive, che son molte pur se riconducibili a fonte primaria. David guarda la gente e il mondo, l’episodio e la storia, il simbolo e l’evento, non dimentica la traccia sgranata di una conoscenza invidiabile. … Ed in superficie l’osservatore coglie le sferzate del colore e del segno tipiche di un Heckel, la ruvida intonazione di un mondo mai retorico e sereno, l’esigenza architettonica derivata dall’assidua e amorosa lettura dei grandi classici, l’adesione agli umori potenti ed alle desolazioni urbane d’un Sironi (…) Mimmo Coletti Roma, aprile 1992

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David Petri Nell’opera dei giovani artisti, è raro trovare la tensione etica che permea, invece, le realizzazioni pittoriche di David Petri. Senza nulla concedere alla facile retorica, nelle forme e nei colori, Petri segue un linguaggio rigoroso, che non giudica né commenta la rappresentazione; in maniera molto più penetrante, la fa presente alla coscienza di chi guarda. I lavori di David Petri non si accontentano, dunque della superficie delle cose, bensì tendono ad uno scavo multi direzionale, anche in termini di ricerca stilistica, che viene ad abbracciare financo la sfera religiosa. E’ difficile racchiudere in una formula criptica l’intenso confronto di David Petri con il quadro. Ma ciò che non possono le parole, superflue a confronto dei significati riposti nell’immagine, lo può la vitalità interna di ciascuna rappresentazione, l’impatto emozionale che genera nel riguardante, il tentativo di sciogliere l’enigma che l’opera di David Petri rappresenta, semplicemente tacendolo. Francesca Albertini Roma, 1994

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David Petri La sua pittura unica e irripetibile, densa di misticismo e di atemporalità, si slega di fronte all’essere umano, alla sua solitudine, alle sue contraddizioni. E’ l’uomo-eroe, la sua forza, i suoi muscoli, le sue mani, il suo lavoro quotidiano che lo spinge oltre il finito a fare dell’arte di David Petri un emblema di tradizione e di visione ideale del mondo che ci circonda. La più recente esposizione di questo giovane ma già affermato artista, è stata un’ulteriore testimonianza di questo suo immaginario a volte perverso, ma pur sempre calato nella realtà del mondo odierno. Un’arte che coinvolge e sconvolge allo stesso tempo anche lo spettatore più attento, che coglie l’autenticità del dramma umano di fronte a quegli sguardi stralunati e a volte assenti, come nella donna dell’opera “Gli ordinò di danzare” o nei quattro uomini persi in un tempo infinito di “Aspettando il tram”. Tra realismo e lirismo, con un uso moderato del meraviglioso anche quando trapassa nel sogno, Petri con un tocco di maestria fa sì che le sue figure plastiche, statiche seppure a volte senza occhi, naso, bocca, rappresentino il veduto, il vissuto, l’inconscio collettivo denso di un ascetismo che riconduce all’età medievale tanto fantastica, adombrata quanto amata. Suscita quasi paura quel sarcofago rappresentato nel “Divano verde” che appare di nuovo in un'altra opera, “Le tre uova”: ambedue con una intensa carica emozionale ci riportano alle origini. Parvenze etrusche, dunque, proprie di queste zone che ritornano più volte alla mente dell’autore, alla mente di un uomo attaccato alla sua terra che cerca però di andare oltre i confini e la stessa cornice. Basti vedere “L’aratura lunare, dove tradizione e quotidianità si incontrano in una realtà lontana. Notevoli altre sue opera : “L’angelo apocalittico”, “La morte di Salomè”, “Gli assetati”, in cui lo spettatore è chiamato a risalire dalla realtà concreta alla forma ideale, all’immagine scritta nel cervello. Figlio d’arte, David Petri, comincia il suo cammino artistico a soli cinque anni; ferreo adulatore della pittura italiana, esalta l’essere umano e la sua interiorità. Serena Ricci Città della Pieve, agosto 1995 21


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DIPINTI

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“Costruttori di bambole”

“Presso la Via Appia”

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“Accordo di Strumenti”

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“Gli ordinò di danzare”

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“Sciopero”

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“Marcia verso sinistra”

“Idillio”

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“Idillio con suonatore”

“Il padrone del falco”

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“Incontro siciliano”

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“L’apparizione del Profeta”

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“Gita al Museo”

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“Il cavallino bianco”

“Le tre uova”

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“Bagno di giovani guerrieri”

“Gli assetati”

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“Pescatori”

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“Cinque figure”

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“Se lo raccontavano”

“Meste figure”

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“Edificio con due archetti”

“Gli scarti”

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“Trafugamento dell’anfora”

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“Gli eletti”

“Il comizio della statua”

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“Bucolico con geometrie”

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“Deposizione”

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“Veneriamo il cavallo”

“La messaggera”

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“Pierrot lunare”

“Situazione alcolica”

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“Modella e pittore�

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“Morte di Salomè”

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“Profondità di un paesaggio”

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“In veranda”

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“La donazione dell’Abside”

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“Interno” 56


“Tramonto” 57


“Scampagnata”

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“Trattoria”

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“La donazione del modello”

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“L’anfora”

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“Lettura sospesa”

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“La donazione della torre”

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“Il pazzo”

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“La fonte sorgiva” 65


“Visita al Museo”

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“Lo stilita”

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“Costruzioni con irregolarità”

“Post numero”

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“Parco giochi”

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“La leggenda del pescatore”

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“Operai”

“Sogno di volare”

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“Interno”

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“Saltimbanchi verdi”

“Giocatori di niente” 73


“Sindrome da riposo”

“Dolmen di oggi”

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“Albero di nessuna cuccagna”

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“Mura perimetrali”

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“Chiromante”

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“Pomeriggio”

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“Trattoria”

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“Le due basiliche”

“Piccolo molo”

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DISEGNI

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RASSEGNA STAMPA (LOCANDINE ED ARTICOLI )

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