Miti, leggende, fiabe e altro ancora ‌
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Modulo C 1 – FSE – 2011 – 2084 “VERDE MONDO” Percorso di ampliamento delle conoscenze del mondo vegetale, attraverso la scoperta e la sperimentazione rivolto agli alunni delle classi 2^, 3^ e 4^della scuola primaria. ESPERTO: prof. GUIDO ARCANGELO MEDOLLA TUTORS : ins. MIRANDA MARTINO ins. SANTORO ANTONIETTA
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Per scoprire i segreti delle “erbe buoneâ€?, cioè di quelle piante che non coltiva nessuno, quelle che nascono nella terra di tutti senza che nessuno le coltivi o le concimi, il nostro esperto ha accompagnato le nostre ricerche con affascinanti e magici racconti che la fantasia dei bambini ha trasformato in immagini colorate.
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LA CICORIA
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LE MIE ORIGINI LEGGENDARIE
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LA CICORIA al tempo dei Normanni a Salerno Quando arrivarono nella nostra bella città e ne diventarono i padroni, i Normanni, popolo proveniente dal Nord dell’Europa e discendenti dai Vichinghi della Scandinavia, che, per primi, erano arrivati in America, si portarono dietro storie e leggende. Se le portarono perché non sapevano scrivere, erano dei guerrieri rozzi, ma che, a contatto con la cultura greca e latina, che ancora impregnava l’Italia, si civilizzarono e fecero cose molto buone. Dopo una giornata di combattimenti e cavalcate, queste bande di bravacci si sedevano attorno ad un fuoco e dopo una cena frugale chiacchieravano e qualcuno raccontava una leggenda, perché i più giovani non dimenticassero le origini del loro popolo; una di queste racconta della cicoria e di Donna Floor, la più bella signora del mondo. 6
I protagonisti
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Donna Floor era la signora dei fiori, portava la primavera, la bellezza, il profumo dei prati e risvegliava la natura, la voglia di vivere e l’amore. Era talmente bella che il Sole, signore dei cieli, si innamorò di lei. 9
Una mattina sorse più splendente del solito e, quando Donna Floor aprì la finestra della sua casetta incantata, le disse: “Come sei bella Floor, mi vuoi sposare?”. Ma lei, altezzosa, rispose: “No, perché sei troppo caldo!”. 10
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Per la vergogna il sole tramontò che era appena sorto e tutto il mondo sprofondò nel buio e ci fu una notte dopo un’altra notte, e tutti, uomini, piante e animali, erano spaventati e non sapevano che fare. 12
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Il giorno dopo il Sole sorse ancora più bello, bussò delicatamente alla finestra di Floor e quando ella aprì le chiese gentilmente: “Sono tanto innamorato di te Floor, mi vuoi sposare?” Lei, ancora più imbronciata, lo scacciò dicendo: “No, sei così giallo che non mi piaci!” 14
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Ancora piÚ offeso, il Sole tramontò appena sorto e per la terza volta consecutiva il mondo e tutte le sue creature furono avvolti dalle tenebre: il terrore si diffuse e tutti facevano pazzie e stranezze.
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Dopo la notte il Sole sorse di nuovo, rosso per l’ira e l’umiliazione e, con decisione, bussò alla finestra di Donna Floor; quando lei aprì, con tono perentorio, le chiese: “Floor, chiedo ancora il tuo amore, mi vuoi sposare?”. Lei non fece neppure in tempo a dire: “No, perché…”, che un raggio di sole, infuocato, la trafisse e quella bellissima donna si ritrovò trasformata in una pianticella insignificante: la cicoria.
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Pentita per la sua arroganza, Donna Floor avrebbe voluto chiedere perdono al Sole, ma lui, ora non la voleva più; allora lei, per commuoverlo, passava tutta la primavera e l’estate a guardarlo con i suoi bei fiorellini azzurri, sempre rivolti verso il Sole, ma lui era irremovibile. Nella speranza di incontrarlo, la cicoria cominciò a crescere sui bordi delle strade e dei sentieri, nel caso il Sole passasse di lì, ma non lo incontrò mai ed ancora ci prova. Così gli antichi Normanni spiegavano dei semplici fenomeni naturali: i fiori di cicoria guardano sempre il sole (sono “elioscopi”) e la pianticella cresce, abbondante, ai bordi dei sentieri, dove il terreno è più acido. A cura di Guido Arcangelo Medolla
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DALLA LEGGENDA ALLA POESIA Nel buio della notte, al calore del fuoco il rude combattente calma lo spirito furente all’ascolto di antiche leggende… Adesso ti racconto come per Floor il sole s’accese d’amor… Ma la sdegnosa più volte si rifiutò e non si curò se un putiferio scatenò. E l’innamorato respinto non più sopportò i capricci di Donna Floor e la folgorò. E lei, meschina, una cicoria diventò. Ahimé! Che tristezza vivere da cicoria! Lei che di splendida bellezza un dì si ammantò. Passano i giorni, passano gli anni e lei ancora, sola soletta un caldo raggio aspetta.
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La leggenda della calendula A cura di G.A. Medolla
Narra una bella e triste leggenda che Venere, dea della bellezza e dell’amore, si fosse innamorata del piÚ bello tra tutti gli uomini: Adone, principe greco.
La dea, però, come accade a molte donne, era affascinata dai gioielli, dalle pietre preziose e da tutto quanto costituisca ornamento alla bellezza femminile. Purtroppo, di queste bellissime cose era ricco il dio Vulcano, che vivendo nelle viscere della terra era padrone di tutte le ricchezze del sottosuolo ed era anche un abilissimo cesellatore di gioielli. Vulcano era brutto, zoppo da una gamba e cieco da un occhio e puzzava sempre di fumo e di zolfo, come il mondo nel quale viveva, ma era terribilmente ricco e pazzamente innamorato di Venere‌
Ogni tanto la bellissima dea lo andava a trovare e gli diceva parole gentili e lui la ricopriva di collane, bracciali e diademi della pi첫 fine fattura, sperando almeno in un bacio, ma la crudele Venere, ricevuti i doni, con una scusa, fuggiva.
L’amore del dio Vulcano divenne sofferenza e poi gelosia e questa si trasformò in furia, quando, sbirciando da una fessura della terra, nel mondo di sopra, vide la bellissima dea dell’amore che copriva di tenerezze il giovane Adone.
Non potendo vendicarsi di lei, in quanto dea e immortale, decise di farla soffrire in un modo diverso. Un giorno, che il bell’Adone era a caccia con gli altri nobili, Vulcano, prese le sembianze di un mostruoso cinghiale, balzò fuori dalla terra ed aggredito Adone lo fece a pezzi, spargendone i brandelli su tutto il mondo.
Venere, disperata, volava sul mondo, raccogliendo, qua e la, i resti dell’uomo amato, per dar loro almeno una decorosa sepoltura. Volando la dea piangeva e dove le sue lacrime cadevano, lÏ nascevano i fiori della calendula.
Fine
A cura di G.A. Medolla
In Sicilia si narra la leggenda di una regina che un giorno, passeggiando nel giardino del suo castello, vide una rigogliosa pianta di rosmarino carica di nuovi germogli. Questa immagine la rese molto triste poichĂŠ da tempo desiderava un figlio.
In Sicilia si narra la leggenda di una regina che un giorno, passeggiando nel giardino del suo castello, vide una rigogliosa pianta di rosmarino carica di nuovi germogli. Questa immagine la rese molto triste poichĂŠ da tempo desiderava un figlio.
Non passò molto che la sovrana si accorse di essere incinta, e al termine della gravidanza partorÏ una piccola pianticella di rosmarino. La regina accolse quel dono con tanta tenerezza, che decise di battezzare la piantina con il nome di Rosamarina; nutriva quella creatura ogni giorno con il proprio latte.
Ma un giorno, il nipote del re di Spagna, incuriosito, rubò la piccola pianticella, piantandola poi nel proprio giardino e curandola a sua volta con amore, annaffiandola con latte di capra.
Il tempo passò, il ladruncolo divenne un giovane saggio sovrano, che sereno trascorreva il suo tempo a suonare il flauto nei giardini. Ma un giorno vide apparire, dalla piantina di rosmarino, una figura femminile molto graziosa e dolce; il giovane se ne innamorò immediatamente. CosÏ da quel giorno il sovrano si recò spesso nei giardini regali a suonare il flauto per rivedere la delicata principessa del rosmarino.
Ma un giorno, il re dovette partire per la guerra; disperato, diede al proprio giardiniere il compito di curare e proteggere quella magica pianticella a lui cosÏ cara. Le sorelle del re approfittarono della sua assenza, per malmenare la pianta e sfogare la loro rabbia, la loro gelosia immensa verso Rosamarina; la principessa sparÏ e lentamente l'arbusto cominciò a deperire.
Il giardiniere, spaventato, fuggÏ dalla reggia temendo la reazione del suo sovrano. Esausto per la lunga fuga, il giovane si riparò su un albero per un sonno ristoratore, e si assopÏ; allo scoccare della mezzanotte, fu destato da un vociare che proveniva da sotto le fronde: un drago chiacchierava con la sua compagna.
All'inizio il giardiniere si spaventò, ma ben presto si rese conto che quella coppia voleva aiutarlo; infatti il drago spiegò come ridare la vita al Rosmarino: entrambi si sarebbero sacrificati per la principessina.
Usando il sangue di lui e il grasso di lei, il giardiniere doveva preparare un unguento da spalmare sulla pianticella e questa sarebbe tornata rigogliosa e vitale. Detto fatto, il giovane preparò l'unguento e pazientemente annaffiò e curò la pianta con l'intingolo dei draghi; finalmente l'incantesimo si spezzò, la principessa ricomparve e non si trasformò più.
Al ritorno del giovane sovrano si festeggiarono grandi nozze: Rosamarina ed il re vissero sereni e felici per tanti e tanti anni.
A cura di G. A. Medolla
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