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DI PLÒOS



S O Ă’ LP ID

Diletta Albertini



i m ag e s



C ON T E N T S

Introduction 9 Material Tulle

13 Volume Write in light

25 Colour Chromatic Biography

35 Conclusion 47



I N T RODUC T ION Vestirsi nella visione di Eicher, Evenson, Lutz è un processo con cui si modifica il corpo direttamente, aggiungendovi elementi. Le modificazioni del corpo possono essere temporanee o definitive e riguardano il colore, il volume, le proporzioni, la forma e la struttura, la texture. * Quest’appendice mette in luce la grammatica compositiva degli abiti, ho individuato tre matrici su cui focalizzare il mio lavoro: Material, Volume e Colour. Il volume è organizzato in tre sezioni in cui gli abiti della capsule collection Diplòos compaiono a gruppi di due o tre outfit per servizio fotografico, questa scelta si adattava alle mie esigenze di valorizzare una componente rispetto alle altre due.   Mi sono avvalsa della fotografia come strumento di analisi, come tramite di suggestioni. Ho creato delle narrazioni muovendomi nel territorio dello styling, guardando gli abiti come oggetti da fotografare, non occupandomi solo della costruzione del capo e dell’invenzione della silhouette, ma articolando un discorso più complesso. La fotografia in queste pagine diventa quasi una scrittura, il mio modo di comunicare e di attribuire senso al mio operato. Non sono interessata solo ai vestiti ma anche alla loro messa in scena e alla loro interpretazione, concentrandomi sulle mie ossessioni: in modo particolare per la simmetria, per la ripetizione, per il doppio che si sono infiltrate anche nella composizione del miei servizi fotografici, in questo caso come stratagemma per spersonalizzare il soggetto fotografato. In tutti gli scatti il volto della modella è volutamente non definito e identificabile, relegandola al ruolo di manichino privo di personalità. Le fotografie sono state scattate da persone diverse con immagi-

* Segre Reinach Simona (saggio di), Dalla testa ai piedi: tutto il corpo, pezzi di corpo, in Zone Moda Journal Morphing, Pendragon, 2009, pp. 36 – 42 / citazione a p. 38.

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nari e sensibilità notevolmente contrastanti.   La scelta della location non poteva che prevedere nei primi due servizi uno studio fotografico per mettere in evidenza le componenti strutturali dell’abito, mentre nell’ultimo la sensazione doveva essere più intima. Chi guardava doveva essere coinvolto emotivamente e ciò non poteva essere fatto in un ambiente freddo, ma all’esterno dove la luce è più vera, reale ed abbagliante.   I servizi Material e Color si presentano luminosi ed onirici, mentre lo shooting Volume è a livello d’impatto visivo più torvo e tenebroso, risultando un elemento imprevisto, di frizione nel progetto stesso. A livello grafico ho voluto riproporre come filo conduttore il mio stilema, il doppio in varie declinazioni. Nella prima sezione ho utilizzato la doppia esposizione in fase di scatto, nella seconda ho sfruttato la stessa inquadratura, lo stesso tipo d’illuminazione, ruotando la posizione della modella e nella parte finale invece ho specchiato lo stesso fotogramma riproponendolo però in bianco e nero.   L’impaginazione è lineare e pulita quasi da trattazione scientifica, la scelta di non inserire le didascalie delle immagini è voluta per non disturbare l’esperienza visiva.

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M AT E R I A L



TULLE Una rete sottile, fatta da una macchina con una maglia esagonale di seta o di cotone o fibra industriale... Chiamato così per la città di Tulle durante il diciannovesimo secolo questo termine è stato applicato a tutte le stoffe a maglia esagonale indipendentemente da dove erano state create. Fatto per la prima volta da una macchina a Nottingham in Inghilterra nel 1768. L’invenzione della macchina a bobina nel 1809 ha aiutato ulteriormente l’industria e la prima fabbrica con tale macchinario fu aperta a Tulle nel 1817. Nel 1834 furono creati i primi tulle stampati da una macchina, nel 1842 i tulle cuciti furono prodotti applicando il metodo jacquard alla macchina da cucire. * Questo materiale è sinonimo di abito da sposa da quando nel 1840 la Regina Vittoria indossò il giorno delle sue nozze un abito candido e vaporoso, ornato di merletti. Il Tulle è stato associato inoltre alla funzione di tessuto strutturante fin da quando, combinato da Charles Frederick Worth a strati e abbinato alla crinolina, aggiungeva ricchezza e ampiezza alle gonne e ai vestiti. Nei primi anni del ‘900 il tulle cominciò ad impreziosire gli abiti da sera e la biancheria intima. Nel 1914 allo scoppio della prima guerra mondiale i canoni della moda subirono un mutamento: si parla della cosiddetta ‘crinolina di guerra’, si accorcia la gonna che diventa scampanata e imbottita di tulle detta anche a ‘paralu’. Nel dopoguerra Dior creò abiti sfarzosi e romantici con profonde scollature e metri di tulle per l’ampissima gonna. Cinquant’anni dopo Giorgio Armani rievoca le emozioni del balletto classico con le sue gonne leggiadre come tutù di ballerine a volant di tulle e Vivienne Westwood nel continuo gioco di vedo non vedo per abiti, camicie e gonne spesso sottolineate da balze e ruches danzanti, utilizza ancora questo tessuto. In Diplòos conserva ancora le antiche sensazioni di leggerezza e tenuità ma perde la sua carat-

* Tortora Phyllis, Fairchilds Dictionary of textiles, New York, Fairchild, 1996.

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teristica strutturante poichè crea il volume complessivo dell’abito. Le piccole strisce di tulle arricciato con le loro altezze e colori compongono il ‘motivo’ e la linea del vestito, la sua morfologia si presenta come una superficie vibrante e pulsante. Si concretizza in queste immagini il mio desiderio di tridimensionalità nella progettazione e lavorazione di questo tessuto, importante quanto l’abito in sè.   Per gli scatti Material è stata utilizzata la tecnica della doppia esposizione per far si che la sua componente fisica si potesse mescolare alla resa dell’abito indossato. Nella fotografia si è volutamente distorto l’immagine creando uno sfondo impalpabile, illusorio da cui come una folgorazione, esce la matericità del tessuto che da evanescente diventa incisivo. In tal modo, grazie alla sovrapposizione di più immagini, emerge il particolare e riesce ad animare il tutto. In questi scatti a differenza dei successivi l’elemento umano è ancora presente nella sua interezza anche se il volto, quasi mascherato, lo rende sfuggente e incorporeo.

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VOLU M E



W R I T E I N L IG H T La fotografia è, anzi meglio, funziona come una specie di realtà traslata e replicata nella quale le cose si ripropongono con la stessa intensità della realtà ‘vera’. Ha sempre funzionato come una potentissima realtà virtuale... La fotografia ha sempre potuto creare illusioni credibili. * La sezione Volume è organizzata anch’essa su doppia pagina, lo shooting è avvenuto in una location particolarmente buia. L’oscurità che si crea alle spalle della modella, dovuta dalla proiezione dell’ombra non è stata volutamente cancellata, ha l’intento di delineare maggiormente la silhouette dei capi. Per l’illuminazione ho utilizzato un solo faretto da studio fotografico: è evidente che nella sua ‘semplicità’ la fonte luminosa posizionata ai piedi della modella è preponderante. Il fascio di luce è volutamente studiato per dare un effetto quasi sculturale all’abito, lavorando sulla sua forma e sul suo rigore strutturale. La superficie dell’abito diventa uno spazio fatto di vuoti e pieni, una nuova dimensione in cui le curve femminili si spostano in zone inaspettate. La silhouette si staglia sinistra e si enfatizzano i contrasti tra le linee morbide ed aeree dei vestiti con le pose dure ed artificiose della mannequin. La modella assomiglia quasi al pupazzo di un ventriloquo con il volto quasi completamente oscurato dall’ombra, la teatralità, presentando un forte intento performativo, viene esplicitata con la scelta delle pose che rendono il messaggio penetrante. E’ importante l’elemento di rottura in quanto non si ricerca infatti la perfezione estrema dello scatto ma, quasi a livello amatoriale, si è cercato di cogliere l’immediatezza comunicativa dell’immagine. Per valorizzare l’immaginario di questo servizio e differenziarlo a livello grafico, le fotografie sono a tutta pagina e la grammatura di carta più pesante è percepibile al tatto.

* Marra Claudio, Botulino, silicone, pixel, in Zone Moda Journal Morphing, Pendragon, 2009, pp. 44 – 50 / citazione a p. 46.

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C OL OU R



C H ROM AT IC BIO G R A PH Y È il disegno che da la forma agli esseri, è il colore che da loro la vita. * In questa narrazione fotografica colpiscono i colori ed i vestiti diventano delle biografie cromatiche che uso per dar vita a queste rappresentazioni cartacee. Gli scatti si avvicinano ad un immaginario pittorico, fatto di sensazioni eteree e sinfonie colorate evidenti. L’immagine rimanda al concetto di mondo interiore e la scelta della tecnica fotografica della sovraesposizione aiuta il chiaro riferimento ad un mondo emozionale. Lo sfondo bianco rappresenta un’espressione di purezza ed unità facendo emergere così il colore carico degli abiti, il bianco significa forza della fragilità e fragilità del tempo che passa.** Questo è l’unico servizio la cui location è in open space, per contestualizzarne il senso di movimento, di cambiamento e di evoluzione: la luce è più naturale e morbida anche se abbaglia. Sullo sfondo, anche se in tonalità tenui, la vegetazione irregolare ricorda l’immagine della copertina dell’album Unknown Pleasures, mio riferimento progettuale. La scelta di replicare, usando come asse di specchiatura la piega del libro, l’immagine in scala di grigi (bianco/nero) concretizza ancor più l’intento di isolare ed esaltare la componente cromatica. Nella composizione delle pagine le immagini sono collocate nella parte inferiore, in modo tale che il bianco del foglio non sia più uno sfondo ma parte stessa dello scatto. La scelta di non includere il volto o di averlo trasfigurato nei soggetti, si aggancia all’idea della donna irreale, della mia non-musa come ideale di bellezza inaccessibile. Le silhouette sono come un pattern visivo in cui l’attrazione di un colore diventa emblema, simbolo e segno di riconoscimento.

* Diderot Denis, May Gita, Essai sur la Peinture, Hermann, 1984.   ** Debo Kaat, Maison Martin Margiela, (20) The Exhibition exhibition catalogue, MoMu, 2008, citazione a p. 124.

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C ONC LUSION La capsule collection Diplòos è nata e si è sviluppata durante il laboratorio di progettazione 5 sotto la costante supervisione del professore Angelo Figus e dell'assistente Francesca Colombo. Diplòos è stato selezionato, al termine del percorso laboratoriale, per la sfilata di fine anno tenutasi al Teatro Comunale di Treviso il 7 luglio 2011. Nonostante ciò questi capi non sono stati concepiti, come traspare da queste pagine, per il Graduation Show. La sfilata non era l'obbiettivo principale ma solo l'inizio di un percorso più complesso.   Lo scopo è chiaro: la progettazione di questa capsule collection è di tipo visivo, non materiale. Il linguaggio che ho usato per creare questa narrazione è la fotografia e lo strumento per conferire un senso più profondo al mio lavoro è lo styling. E' un'idea più astratta, libera dagli ‘obblighi’ della moda, in cui la fotografia gioca un ruolo fondamentale nell'esaltare l'abito poichè ha la capacità di agire direttamente sulla sfera emotiva dell'osservatore, trascendendo dalla semplice trasmissione di informazioni. Il mio intento è quello di andare oltre, evocando immagini che ‘smaterializzino’ il vestito. Essendo delle costruzioni esterne al corpo, quasi intangibili, ho realizzato degli scatti in cui il potere dell'immagine fosse evidente. Le fotografie sono nate per un preciso motivo, quello di raccontare la costruzione degli abiti in modo che il lettore potesse entrare nell'ottica del progettista e coglierne le tre componenti fondamentali: Materiale, Volume e Colore. I tre servizi costituiscono un progetto fotografico che si presenta vario: scattati da due persone con background diversi, creano contesti ed immaginari contrastanti. Queste collaborazioni si sono rivelate però determinanti per la riuscita finale di Diplòos, dando forma alla mia immaginazione.

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s t y lis t Diletta Albertini photogr a ph er Benedetta Albertini and Silvia Pasquetto model s Francesca Bertini and Giulia Fattoretto m a k e –u p a rt is t Giulia Volpin book de sign er Nicolò Diamante © 2012 Diletta Albertini All rights reserved Printed in Italy No part of this book may be used or reproduced in any manner whihout written permission, except in the context of reviews.






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