4 the invention of the urban project

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l’invenzione del progetto urbano laboratorio di progettazione urbanistica con sociologia urbana A prof. antonio di campli coll. stefano radoni

Torino, 25 novembre 2010


Il progetto per la città e il territorio ridefinito in termini di progetto di paesaggio come nelle esperienze del Landscape Urbanism, la ricerca della sostenibilità ambientale come strumento per la promozione immobiliare di nuovi quartierienclaves, il progetto di infrastruttura urbana e ambientale come progetto di interior design, costituiscono un insieme di ricerche progettuali che, sotto diversi aspetti, può essere ricondotto entro una cornice di urbanesimo liberale, un importante ciclo di esperienze pianificatore e progettuali durato circa trent’anni il cui avvio può essere fatto concidere con il recupero dei Docklands di Londra nel 1979 e con i progetti per i giochi olimpici di Barcellona. In questo trentennio, che ha visto l’avvio con l’arrivo al potere di Margareth Thatcher in Gran Bretagna e negli Stati Uniti la sperimentazione delle reaganomics, un insieme di politiche economiche ispirate alle ideologie neoliberali di Milton Friedman, le principali trasformazioni urbane vedono un declino dell’azione pubblica e una crescente forza degli operatori privati

Anni ‘90 urbanesimo liberale > progetto urbano


La relazione tra questo tipo di economie liberali e pratiche del progetto urbanistico ha messo in primo piano la dimensione del progetto urbano, ambito operativo attraverso il quale si sono avviati: processi di trasformazione urbana decisi attraverso processi di benchmarking favorito lo sviluppo dei servizi e accresciuto il peso della finanza entro le economie urbane promosso pratiche dell’abitare che vedono la città come spazio di consumo ed elevato il turismo a stile di vita.

In questo periodo le principali immagini di riferimento dell’azione pianificatoria e progettuale, attraverso le quali si consolida la figura del progetto urbano, sono almeno due:

la dispersione insediativa, che ha messo al centro del progetto urbanistico il tema del paesaggio come spazio pubblico

la crescita reticolare dell’infrastruttura per la mobilità privata, con il progetto della città-rete.


Il progetto urbano si trova preso dentro la doppia esigenza di essere flessibile ma calato localmente, capace di rafforzare un’identità locale e di adattarsi al modificarsi delle economie globali, entro uno stato di veglia costante per catturare risorse. In una fase in cui gli amministratori guardano alla pianificazione come azione strategica, il progetto urbano diviene “riqualificazione dell’immagine” presso i designers e “progetto di città” presso pubblicitari e uomini politici. Fondamentalmente non tecnico, a differenza del piano fatto di regole, il progetto urbano è mediatico, volto a produrre l’effetto città, si comunica solitamente attraverso uno slogan e attraverso il quale si rimanda a questioni politiche in maniera vaga al fine di non produrre tensioni, di non ostacolare l’azione dei promotori. Le immagini progettuali più frequenti fanno riferimento alla città storica, al patrimonio cittadino e all’identità locale al fine di sottolineare lo scarto con logiche antistoriche o decontestualizzate, che hanno dominato le pratiche pianificatorie moderne.


Gli anni Ottanta e Novanta hanno visto i progetti di trasformazione urbana più vistosi concentrarsi prevalentemente nelle aree centrali delle città, nelle aree industriali e portuali dismesse come sui waterfront. I trasporti, gli eventi, in particolare quelli di portata internazionale, come Expo e giochi olimpici, divengono soggetti di primo piano per avviare politiche di rigenerazione urbana; la cultura e i suoi luoghi divengono centrali. La logica degli eventi ha favorito processi di concorrenza tra città , la costruzione di progetti iconici, la concezione di parti di città come scene di paesaggio e ha definito modelli di sviluppo locale individuando le vocazioni delle città e dei territori .

La città è un particolare luogo di decantazione e materializzazione di processi economici. Le economie liberiste degli ultimi decenni hanno considerato lo spazio urbano come ambito entro il quale cercare risposte al ridimensionamento delle vecchie economie industriali. La città viene vista come uno dei principali luoghi di produzione e consumo di ricchezza, allo stesso tempo unità di produzione di immagini e bene di consumo.


anni 90 / 00. principali declinazioni del progetto urbano

progetto della dispersione progetto delle reti / infrastructural urbanism landscape urbanism (auto)sostenibilitĂ



modelli dinamici. trame, reti, sequenze La complessità degli usi e degli stili, l’ibrido, la mescolanza di cose, possono essere assunti come valore all’interno del progetto attraverso strategie progettuali basate su sistemi aperti, sistemi caratterizzati da un elevato grado di astrazione, in grado di definire strutture sensibili alle variazioni, alle distorsioni, in cui la forma è in stand-by sullo sfondo di un processo evolutivo. Il progetto si presenta come un processo che si sviluppa nel tempo, esso mutua dalla disciplina paesaggistica l’idea delle fasi, delle mutazioni e dei progressivi cambiamenti; non si definiscono assetti e forme precise ma si cerca una trasformazione dell’esistente secondo diverse strategie e scenari.L’enfasi sulla definizione di una trama di supporto flessibile caratterizza gli studi attenti alla concezione di matrici evolutive, modelli capaci di di generare configurazioni diverse, in grado di superare il rigido ordine reticolare, capaci di generare trame sequenze flessibili. Matrici concepite come scacchiera combinatoria o come codici a barre, “binari di movimento da interlacciare”. Sequenze aperte capaci di assorbire le dissonanze, le interruzioni, i processi locali.


MVRDV, Quadrante Hoorn, Delft 1992 Il progetto riguarda 750 alloggi disposti mediante un sistema di divisione in bande basate sulla griglia dei parcheggi in un lotto diviso in due, Una parte totalmente inedificata in cui è previsto lo scavo di un lago, contrapposta ad una saturata. Il risultato è un tessuto residenziale poroso ottenuto assemblando diversamente ogni banda. Ogni abitazione è garnde al massimo 100 mq su 3 livelli, il giardino è di 40 mq con 1,2 posti-auto per abitazione. Un “tappeto di case in cui ogni abitazione è dotata di una stanza-torre o di un patio.


MVRDV, Quadrante Hoorn, Delft 1992


MVRDV, Quadrante Hoorn, Delft 1992


Cero9, Cristina Diaz Moreno, Efren Garcia Grinda, europan 6, 2002 5 tipologie di abitazione + 99 patii + 6 strisce = 99 case diverse. Le 99 case sono elevate, liberando il terreno sottostante. Il progetto riguarda abitazioni e servizi per il tempo libero all’imbocctura di un lago in una zona turistica della Finlandia. Sopra: spazi privati frammentati; sotto: spazio publico continuo. Partendo da un sistema astratto di superfici, densità e tipi di case, il programma è organizzato a strisce orientate da nord a sud che alternano abitazioni e patii privati. Le abitazioni sono orientate secondo il corso del sole. Questo sistema spaziale permette la mutabilità delle unità residenziali e la possibilità di 5 tipi diversi di abitazione.


Cristina Diaz Moreno, Efren Garcia Grinda, 99 case, europan 6


Cristina Diaz Moreno, Efren Garcia Grinda, 99 case, europan 6


Cristina Diaz Moreno, Efren Garcia Grinda, 99 case, europan 6


De Clerck-Van der Ploerg-Wjinen-Willemen, 'S-Hertogenbosch europan 3, 1992 Il progetto propone una struttura lineare che si appoggia ad un “rastrello” di strade dirette verso l’acqua generando così una successione serrata di pineni e vuoti. Lo spazio della residenza è introverso, si tratta di un sistema di case a patio poste all’interno di uno schema in linea con possibilità di crescita in elevazione variabile.


De Clerck-Van der Ploerg-Wjinen-W illemen, 'S-Hertogenbosch europan 3, 1992


Roagna-Ehrensperger-Cennini, Yverdon, europan 3, 1992 Un blocco compatto che occupa la totalità del suolo disponibile, “una città dentro la città”. Al livello interrato si trovano una serie di funzioni miste, (luoghi del tempo libero, piccoli commerci, servizi), altri servizi si trovano al livello del suolo. Il primo piano serve da parcheggio, le abitazioni si trovano a partire dal secondo piano. Ad un primo livello si trovano gli accessi alle abitazioni, disposte in bande composte di un volume e di un patio, infine sul tetto si trova una piscina comune.


Roagna-Ehrensperger- Cennini, Yverdon, europan 3, 1992


Actar Arquitectura, meccanismo residenziale misto, Graz, 1996 Una sequenza di linee parallele segna il lotto, un codice a barre variabile, cadenze pronte a distorcersi e deformarsi seguendo le sollecitazioni del contesto. Le unitĂ residenziali sono variabili, possono essere di 3 o 4 piani e alloggiano al pt commercio e servizi, tra questi si inflitrano “intrusiâ€? con regole proprie, che possono anche essere preesistenze, con materiali e colori differenti; le residenze, in genere di 70 mq, sono fatte di elementi prefabbricati modulari.


Actar Arquitectura, meccanismo residenziale misto, Graz, 1996


Actar Arquitectura, meccanismo residenziale misto, Graz, 1996


Marta Baretti e Sara Carbonera, Parco delle Imprese, Montebelluna, 2001 Questo progetto riguarda la Variante al Piano per gli insediamenti produttivi posti lungo la statale Feltrina a Montebelluna. Il progetto lavora tramite un’azione di scavo e rimodellazione del suolo ponendo lo spazio delle attività produttve piÚ in basso rispetto a quello del pettine dei percorsi ciclopedonali, che separano i diversi spazi incavati ai quali si accede con una rampa. I muri di contenimento che sostengono il percorso in quota principale, possono ospitare scritte pubblicitarie e loghi delle imprese.


Marta Baretti e Sara Carbonera, parco delle imprese, Montebelluna, 2001


KCAP, Areas 1 & 2, Langerak, Leidsche Rjin, 1998 Langerak è parte del programma Vinex e comprende un totale di 30000 nuove abitazioni. Il progetto KCAP riguarda 1600 alloggi. Il layout dell’intervento segue le direzioni dei campi e dei canali di scolo delle acque.


KCAP, Areas 1 & 2, Langerak, Leidsche Rjin, 1998


KCAP, Areas 1 & 2, Langerak, Leidsche Rjin, 1998

1600 alloggi su 45 ettari densitĂ : 36 alloggi/ettaro


Kazuyo Sejima, studio di abitazioni metropolitane, 1996 Lo scopo di questo studio è l’inclusione degli spazi esterni nel progetto di residenze collettive. La proposta di Sejima parte dalla considerazione che attualmente la produzione di alloggi tiene conto prevalentemente della distribuzione interna. In questa proposta, partendo dal modello con la pianta di 70 mq e una densità di 120 abitazioni/ettaro, si definiscono 5 diverse soluzioni. Il risultato è un prototipo variamente declinabile in base alle condizioni dello spazio aperto e del contesto urbano.


tipologia estesa con giardini autonomi Ogni abitazione si compone di un piano interrato+due livelli in elevazione e comprende un giardino all’aperto, cucina, servizi, tre camere da letto e terrazza sul tetto. Questa è la versione piĂš estesa, basata su una maglia di9 bande parallele al cui interno si alternano unitĂ residenziali e giardini privati intagliati da una traccia libera di una strada interna. superficie occupata 6034 mq di cui 8796 mq abitazioni 3240 mq parcheggi numero di abitazioni 120 Kazuyo Sejima, studi di abitazioni metropolitane, 1996


tipologia in linea Una serie di blocchi in linea di dimensioni variabili alti 10 piani con una residenza per piano posti al centro del lotto; Il blocco dei sevizi è posto al centro della linea. occupazione del 12% superficie occupata 1236 mq di cui 8470 mq abitazioni 1518 mq zone comuni 1236 mq pilotis numero di abitazioni 117 Kazuyo Sejima, studi di abitazioni metropolitane, 1996


modelli dinamici. sezioni miste sviluppate in altezza questa strategia è basata su un complesso lavoro in sezione che cerca di definire dispositivi articolati in sviluppi volumetrici misti dal profilo mutevole; basamenti da cui si emergono aggiunte concepite come “gemmazioni, germogli”. Si prefigura uno scenario di crescite successive con un’attenzione rivolta alla frammistione degli usi, alla complessità geometrica, alla verticalità in senso non monumentale.


Ben van Berkel, Borneo Sporenburg, 1994 Una densa rete di piccoli blocchi di abitazioni concepite secondo modelli spaziali diversi, chiusi a patio oppure aperti verso l’esterno e disposti, tramite la sovrapposizione di “strati ritagliati�, secondo una matrice intesa come una trama neutra, una rete invisibile. Il modello strutturale, organizzato su 4 corridoi/gallerie, definisce un dispositivo aperto e flessibile, capace di assorbire successive modificazioni. Ogni blocco contiene 10 residenze.


Ben van Berkel, Borneo Sporenburg, 1994


Ben van Berkel, Borneo Sporenburg, 1994


Ben van Berkel, Borneo Sporenburg, 1994


IaN+, europandom, Guyana francese, 1999 L’occasione offerta dal concorso europan nelle ex-colonie francesi, è quella di ripensare il sistema di aggregazione proprio delle città coloniali evitando il ricorso a geometrie precostituite, qui prevale un concetto dello spazio abitato non legato a standard dimensionalifunzionali, ma alla crescita e alla trasformazione. Il progetto si risolve in un’unità abitativa costituita da livelli sovrapposti, in cui il livello intermedio è uno spazio libero, un luogo di incontro; può ospitare più nuclei familiari o la crescita di uno stesso nucleo in grado di modificarsi in base alle esigenze degli utenti, cambiare nel tempo attraverso processi di autocostruzione dall’interno e di auto-correzione nei confronti dello spazio aperto. Dispositivo-chiave di questa possibile mutazione sono le terrazze-verande che occupano l’intero secondo livello; aperte e protette, sono i luoghi quotidiani dello scambio, del relax e della vita sociale; la composizione interna delle singole unità abitative che vi si affacciano è variabile. Il livello inferiore è occupato da attività commerciali e artigianali.


IaN+, Europandom, Guyana francese, 1999


IaN+, Europandom, Guyana francese, 1999


modellazione del suolo E’ possibile capovolgere la visione tradizionale dell’edificio che si staglia sullo sfondo utilizzando lo spazio aperto, il paesaggio come materiale privilegiato, per la definizione di sistemi insediativi. Questi progetti cercano di esplorare la potenzialità di di generare una forma capace di introdurre qualche misura di trasformazione topografica nel paesaggio, adottando modelli di edificazione orizzontale. L’idea è che una sorta di basamento, un “agglomerato di forma” secondo una definizione data da Fuhimiko e Maki, possa essere inserita in una struttura urbana così da consentirne stabilità nel lungo periodo, ma nello stesso tempo rendendo possibile che le singole strutture appoggiate sopra vengano sottoposte ad un ciclo più veloce di modifiche.


NL architects, Flat city, Leidsche Rjin, 1999 Flat city è un prototipo per la città di Leidsche Rjin, una futura espansione all’interno della Randstad. Il progetto prevede il sollevamento del livello del suolo di 3,2 m, articolato attorno ad un nastro piegato, un argine fatto con la sabbia estratta dalla escavazione di un lago vicino che permette l’accesso ai 220 lotti tutti posti perpendicolari all’argine. L’argine si costituisce come una strada carrabile pubblica, un “campo di abitazioni” si sviluppa da questa infrastruttura reintroducendo il classico modello olandese a nastro in una forma piegata, più densa. Le abitazioni, alte un piano, hanno un tetto piano erboso calpestabile; L’orizzonte è pulito, i 4/5 della massa costruita sono posti sotto il livello dell’orizzonte, le uniche architetture visibili sono le cosiddette “quinte stanze” che emergono dal nuovo suolo. Alcune case sono distanti dall’argine, una rampa conduce al livello inferiore, è pertanto possibile parcheggiare nella “quinta stanza, che può essere anche un portico, o dentro casa. Un ruolo centrale è affidato ai giardini, sul tetto e incavati, che assumono l’immagine dei pixel, non mediano tra gli edifici, danno forma agli interni.


NL architects, Flat city, Leidsche Rjin, 1998


NL architects, Flat city, Leidsche Rjin, 1998


NL architects, Flat city, Leidsche Rjin, 1998


NL architects, Flat city, Leidsche Rjin, 1998




Njiric&Njiric, struttura stratificata, Europan 1993 Il progetto propone una struttura basata su uno schema triplo: 1. piccole struture trasparenti che fungono da entrata ai patii e alle residenze poste al livello inferiore. 2. Una serie di 4 blocchi abitativi. 3. le case a patio ed i servizi posti al livello pi첫 basso.


Njiric&Njiric, struttura stratificata, Europan 1993


Njiric&Njiric, struttura stratificata, Europan 1993


diluizione e raddensamento dell’edificato L’assenza di significato della forma urbana, la ricerca di un’integrazione tra ambiente costruito e ambiente naturale-agricolo e le attitudini progettuali diffuse proprie di uno spazio riflessivo, individuano 2 strategie di interazione nei territori della dispersione. Una prima strategia propone la diluizione dell’edificato nel territorio tramite modelli di urbanizzazione debole che assumono l’idea di parco come quella in grado di restituire qualità diffuse al territorio; una seconda cerca un riassetto delle modalità insediative attraverso il raddensamento dell’edificato esistente; in questa ipotesi il materiale privilegiato è la casa isolata.


diluizione / i modelli di urbanizzazione debole I modelli di urbanizzazione debole introducono il concetto di reversibilità d’uso, e di integrazione tra ambiente progettato e ambiente agricolo, una direzione progettuale che vede la città come un insieme di microstrutture di servizi e di relazioni che solo in minima parte possono essere attribuite all’architettura tradizionale e in gran parte sono di competenza di attitudini progettuali diffuse. Una linea di ricerca nata nei primi sistemi a rete interni a No-Stop city /(1972) degli Archizoom e all’esperienza di Agronica sviluppata per la Philips da Andrea Branzi dove l’impianto architettonico tradizionale si frantuma in una serie di componenti costruttive mobili disperse in un parco agricolo urbanizzato. In questa ipotesi si attribuisce al mondo della produzione degli oggetti il ruolo dei grandi simboli urbani del passato, secondo una “diffusione planare dei processi costruttivi che corrisponde ad un mondo senza cattedrali”. Se l’architettura del XX secolo ha stabilito un asse di riferimento preferenziale con il mondo dell’industria, adottandone la logica razionale e le tecnologie costruttive, adesso che nei contesti dell’economia postindustriale la fabbrica ha perduto la sua centralità, e altre logiche produttive, legate a tecnologie deboli e diffuse stanno elaborando nuovi modelli di riferimento i modelli di produzione seriale evoluta puntano all’agricoltura come universo di tecnologie naturali complesse, come sistema di trasformazione ambientale in grado di fornire serie diversificate di prodotti, capace di adattarsi a programmazioni reversibili, alimentata da energie deboli, stagionali, ecocompatibili.



Andrea Branzi, Agronica,1994 Agronica prevede un parco agricolo produttivo e un sistema mobile di elementi architettonici che scorrono su pilotis per realizzare servizi urbani diffusi e reversibili. Il tentativo è quello di costruire un modello di urbanizzazione basato sulla reversibilitĂ degli usi, sull’inespressivitĂ dei manufatti, assenza di significato globale della forma urbana, integrazione tra ambiente progettato e ambiente naturale-agricolo, separazione tra tipologia e funzioni.


Andrea Branzi, Agronica 1994


Andrea Branzi, progetto di riconversione per Eindhoven, 2000 Il progetto prevede l’istituzione di un parco agricolo in grado di connettere due parti separate della città di Eindhoven. In quest’area possono aver luogo attività che richiedono volumetrie variabili nel tempo, con destinazioni non definite in maniera normativa e gestibili, come in agricoltura, con criteri variabili nel tempo. Il disegno del terreno non è basato su un tracciato stradale ma su un tartan di percorsi pedonali, ciclabili e tranviari su cui si distribuiscono layers autonomi: un asse di servizi concentrati, teatri, luna-park, una wind farm, edifici storici. La nuova edificazione si attua attraverso un sistema di prefabbricazione trasformabile e smontabile.


Andrea Branzi, progetto di riconversione per Eindhoven, 2000


Andrea Branzi, progetto di riconversione per Eindhoven, 2000


Andrea Branzi, progetto di riconversione per Eindhoven, 2000


Andrea Branzi, progetto di riconversione per Eindhoven, 2000


Stefano Boeri, filament city, Hoeksche Waard, Rotterdam 1999 Il progetto cerca di far proprie le dinamiche di un futuro incerto, di cui viene però assunto come certo il carattere disperso ed individuale dell’abitare e propone 11 insediamenti lineari nel territorio agricolo a ridosso delle strade che seguono i tracciati di colmo delle antiche dighe. Qui la residenza unifamiliare coabita con altre funzioni. In ogni filamento la residenza è concepita come un dispositivo di connessione tra la strada e il piano della campagna.


Stefano Boeri, filament city, Hoeksche Waard, Rotterdam 1999


Stefano Boeri, filament city, Hoeksche Waard, Rotterdam 1999







Kengo Kuma, ecoparticelle, 1998 All’interno dei modelli di urbanizzazione debole, una possibile linea di ricerca è quella legata alla definizione di nuove forme di ruralità. Il tentativo di Kengo Kuma è quello di individuare una forma urbana che si costituisca come “interfaccia” tra spazio abitativo e ambiente naturale. Il progetto propone di operare su scala vasta il processo di amplificazione dei segni della natura operato dai sistemi religiosi, 2 giardini a Miyakjimi (Utaki e Gaa) che Kuma assume come punti di partenza per la sua riflessione. Utaki è una strutttura religiosa posta “nel mezzo del bosco”, questa viene concepita non tanto come un edificio quanto come un giardino, un paesaggio; Gaa è una grotta da cui si prende acqua. Nella “città sotto la bosco” ci si richiama al modello Utaki, le residenze, e i servizi vengono “sgranati” nelle loro particelle costitutive e dissolte nel bosco dando in tal modo significato all’ambiente. Nella “città sotto al lago” un suolo artificiale costruito come un ecosistema acquatico che opera il recupero dell’acqua piovana, ricopre le residenze e i servizi.


ecoparticelle, tavola sinottica delle diverse unitĂ funzionali in rapporto alla vegetazione


ecoparticelle, disposizione in fasce della cittĂ ecologica





raddensamenti E’ possibile affrontare i temi posti dalla dispersione insediativa partendo direttamente dalla casa unifamiliare, un materiale complesso che è possibile scomporre nei suoi elementi costitutivi e rimontare secondo strategie che, in parte, assecondano le tendenze in atto, ma ipotizzano configurazioni più dense. Il problema è quanto vicini possiamo abitare, fino a che altezze, che tipo di spazio interno vogliamo. Progettare la casa isolata significa infine tener conto delle cose che accumuliamo, dei valori simbolici che ad esse associamo. I progetti che seguono riguardano una particolare declinazione della dispersione insediativa: il suburbio americano, nelle strategie che propongono gioca un ruolo strategico il valore del prato antistante l’abitazione, luogo per eccellenza dell’entertainment domestico.


ridefinizione del rapporto sfondo/figura

le trame delle superfici degli spazi aperti


Roger Sherman, Prototipo 6 Il progetto propone la divisione del lotto residenziale tipico di Los Angeles (15 X 45 m), assecondando un tendenza verso una dimensione ridotta dell’abitazione tradizionale. Attraverso l’eliminazione della attuali forma di zoning che prevedono un arretramento rispetto alla strada, la casa è organizzata rispetto ad uno spazio aperto che permette di razionalizzare l’uso del’intera proprietà. All’interno di questi lotti dimezzati viene inserito un alfabeto di tipologie, una combinazione di vari pattern creati da diversi rapporti di figura/sfondo che connotano ciascuna residenza. Elemento di interfaccia tra lo spazio residenziale e la città sono i recinti che segnano i confini di proprietà, muri che danno continuità al fronte stradale e al tempo stesso rafforzano il carattere anonimo e generico della zona, sottolineando in tal modo la relazione esistente tra spazi pubblici e privati esistente in Los Angeles segnati dall’ossessione per la privacy.


Roger Sherman, Prototipo 6


Roger Sherman, Prototipo 6


Janek Bielsky, Prototipo 1 Il progetto propone il superamento della divisione fra spazio pubblico e privato sviluppando tipologie alternative che permettano agli abitanti di avere spazi e servizi in comune. Il progetto lavora su una tipologia ibrida che fonde l’abitazione unifamiliare con il tipo a corte, in tal modo si mantengono i privilegi e le responsabilità della casa indipendente aumentando la densità e lo spazio comune. Il lotto losangeleno di 15 X 45 viene diviso nel senso della lunghezza eliminando le fasce verdi ai lati che divengono un unico giardino largo circa 8 m parallelo agli edifici, l’edificabilità è estesa fino ai confini del lotto; il risultato è un alternanza di fasce di pieni e vuoti, lo spazio aperto è un cortile chiuso sui due lati dagli edifici e sugli altri due da siepi e steccati che trasformano le unità in piccole proprietà private.


Janek Bielsky Prototipo 1


esercizi di densificazione questi progetti non propongono azioni radicali basate su un nuovo principio insediativo che preveda un processo unitario di ricostruzione e riparcellizzazione; qui si ipotizzano processi incrementali di modificazione e trasformazione, che permettono di mantenere le qualitĂ esistenti di privacy e isolamento.


esercizio 1 In una lottizzazione residenziale di piccoli edifici su lotto si è immaginato l’avvio di un processo di aggiunta incrementale di piccoli volumi che consentano di di avere nuove unitĂ abitative, aumentre i posti-auto coperti, inserire piccole attivitĂ ; i nuovi volumi sono posti in aderenza agli esistenti, distanti dalla strada 1,5 mdefinendo una cortina edilizia continua ma irregolare. Anche qui viene affidato ai muri di cinta, in muratura, il ruolo di definire cortine edilizie continue e di definire piccoli patii.


esercizio 1


esercizio 2 La situazione esplorata è quella in cui più case insistono su un lotto/proprietà comune formando microagglomerazioni, ambiti di pertinenza di uno stesso clan familiare. Un super-isolato dai contorni irregolari definito dai recinti verso la strada, in cui retri degli edifici si aprono verso la campagna di proprietà della stessa famiglia. Invece di riempire con lottizzazioni questi spazi interclusi si sperimenta la possibilità di relazionare lo spazio pubblico della strada con lo spazio interno attraverso la costruzione di piccoli edifici disposti in lunghezza in grado di ospitare funzioni lavorative. Qui il tema è quello del riuso dei campi agricoli che vengono riconvertiti in boschi, prati e giardini.


esercizio 2



parchi e spazi aperti: alcuni riferimenti


Rem Koolhaas, Parco La Villette, Parigi 1992 Questo lavoro fu redatto in occasione del concorso del 1983 per il parco de la villette a Parigi dove si contrapposero le logiche dello zoning e della layerizzazione Il progetto propone la sovrapposizione di quattro layer: una serie di strisce parallele con caratteristiche programmatiche, una serie di elementi sparsi in scala ridotta, distribuiti in modo uniforme per tutto il sito, uno schema di accesso e circolazione, e l’impianto dei più importanti fabbricati esistenti e di strutture a larga scala addizionali. Ogni layer mostra una diversa logica e composizione. Come in un film, è la successione delle immagini, il montaggio a creare l’impressione completa. Obiettivo del progetto è realizzare una struttura debole, flessibile, dalla relativa autonomia delle parti; in grado, di poter sopportare nel tempo possibili cambiamenti e aggiustamenti. 1 bande: larghe circa 50m ospitano giardini tematici, campi da gioco, giardini naturalistici. Le bande sono divise da schermi di alberi che formano quinte differenti in base alle specie; 2 confetti: chioschi, bar, aree picnic 3 accessi e circolazione: connessione tra i principali edifici presenti nel parco 4 emergenze: la relativa neutralità dei primi 3 layer forma un backgound su cui si stagliano alcuni oggetti di taglia media, il museo della scienza, la foresta circolare, la Grand halle.


bande

confetti

Rem Koolhaas, La Villette, Parigi 1992

circolazione

emergenze


Rem Koolhaas, La Villette, Parigi 1992


Bernard Tschumi, Downswiew park, the digital and the coyote,Toronto 1992 Massimizzare, attrarre e sedurre è la strategia messa punto per la costruzione di questo parco di medie dimensioni posto all’interno di un tessuto urbano a Toronto. Dita, bobine e schermi sono i tre dispositivi messi a punto per attuare la strategia. Le dita definiscono l’interfaccia tra il tessuto urbano e l’interno del parco e sono costituite da un rilevato in terra variamente modellato il cui scopo è massimizzare il perimetro del parco. Le bobine sono contenitori di attività culturali, sportive e di eventi; per annunciarli e conferire una comune identità agli edifici presenti si prevede di rivestire gli edifici con grandi schermi.


dita, bobine e schermi Bernard Tschumi, Downswiew park, the digital and the coyote,Toronto 1992

il parco tra 5, 10, 15, 50 anni


Bernard Tschumi, Downswiew park, the digital and the coyote,Toronto 1992


Rem Koolhaas, Bruce Mau, Downswiew park, tree city, Toronto 2001 Il progetto definisce una matrice circolare delle zone piantumate che ricoprono il 25% dell’area tenute insieme da una vasta rete di sentieri pedonali. L’intera area è attraversata da una croce di strade di attraversamento preesistenti su cui si attestano le principali attrezzature urbane. Il parco, concepito come infrastruttura urbana in grado di accrescere il suo valore nel tempo, è il tentativo di costruire un ambito urbano definito da elementi vegetali in cui esplorare le possibilità di una vita metropolitana a bassa densità. Il capitale generato dalla rivalutazione delle aree sarà utilizzato per l’attuazione, in tre fasi, del progetto.


Rem Koolhaas, Bruce Mau, Downswiew park, tree city, Toronto 2001


Rem Koolhaas, Bruce Mau, Downswiew park, tree city, Toronto 2001


Rem Koolhaas, Bruce Mau, Downswiew park, tree city, Toronto 2001


James Corner, Fresh kills Parkland, Staten Island, New York, 2001 Il progetto riguarda un parco ricavato dalla bonifica di un’area occupata da edifici industriali dismessi; l’area viene definita dall’intreccio di ambienti differenti attraverso un processo di ricolonizzazione in grado di insediare una varietà stratificata di 12 ecosistemi, attraverso una rete di distribuzione per l’acqua (threads), di isole dove creare habitat protetti per coltivazioni speciali (islands) e di superfici permeabili che regolino l’erosione e la trasformazione del terreno (mats). Le attrezzature e strutture collettive, di vario genere, sono collocate strategicamente in funzione della disposizione dei diversi ecosistemi. L’evoluzione del parco è prevista in più fasi: recupero dell’ambiente naturale originale; infrastrutturazione e adattamento.


James Corner, Fresh kills Parkland, Staten Island, New York, 2001


James Corner, Fresh kills Parkland, Staten Island, New York, 2001


James Corner, Fresh kills Parkland, Staten Island, New York, 2001


Abalos & Herreros, Parco del sudest, Madrid, 1997 Il progetto riguarda la riconversione a parco di una discarica posta all’interno di un parco regionale. Il nuovo parco, porta della riserva e dell’area metropolitana di Madrid, è concepito come un’area di “impunità”, dove cioè possano trovare luogo tutte quelle pratiche insolite, stravaganti che, come l’immondizia, vengono di solito espulse dalla città. Le dimensioni sono simili al Central Park di Olmsted; materiali del progetto sono gli odori, il vento, la fauna, i processi di erosione del suolo tipici della Mancha. Particolare attenzione è rivolta allo studio della vegetazione, è prevista la costruzione di un vivaio che si occupi della produzione di specie resistenti in grado di colonizzare il territorio circostante.


impianto trattamento rifiuti

circuiti per gare di automodellismo piscine vivaio giardini-pilota golf bike

Abalos & Herreros, Parco del sudest, Madrid, 1997

diagramma degli odori

diagramma della circolazione


bosco 70% pino d’Aleppo macchia

bosco 40% pino d’Aleppo

Abalos & Herreros, Parco del sudest, Madrid, 1997


Toyo Ito, Parco della Gavia, Madrid, 2004 Il bando di concorso riguarda un parco urbano lungo le rive del Gavia a Madrid da attrezzare con un sistema di filtraggio delle acque reflue fognarie in grado di trattare 6000 mc d’acqua al giorno. La risposta del progetto è stata la massa a punto di un doppio dispositivo in grado di adattarsi all’orografia, un corso d’acqua non-lineare, l’albero d’acqua di crinale e l’albero d’acqua di fondovalle, questo nuovo sistema tributario permette una lenta percolazione dellea acque dal crinale al fondovalle, che si depurano grazie alla presenza del terreno scosceso e della vegetazione impiantata. Accanto a queste strutture il parco si compone di boschi, pascoli arborati, paseos e piazze.


Toyo Ito, Parco della Gavia, Madrid, 2004


Toyo Ito, Parco della Gavia, Madrid, 2004


Toyo Ito, Parco della Gavia, Madrid, 2004


Herzog e De Meuron, bacini di depurazione, Barcellona 1992 Il progetto riguarda la costruzione di una nuova interfaccia tra la città e il mare tramite lun sistema di bacini di depurazione delle acque reflue urbane sul sito di un vecchio tracciato ferroviario al termine della Diagonal. Il disegno delle vasche è fatto secondo tracciati sinusoidali che ricalcano i vecchi allineamenti dunali; un percorso in rilevato di terra permette di osservare i diversi tipi di vegetazione presenti nelle acque. Accanto a questo sistema è prevista una serie di piccoli parchi urbani ricavati all’interno della maglia di Cerdà che vengono irrigati tramite una rete di canali interrati con l’acqua depurata. Questi giardini sono ribassati di 2 m rispetto al livello della strada secondo la tradizione islamica


Herzog e De Meuron, bacini di depurazione, Barcellona 1992


Desvigne & Dalnoky, parco urbano a Issoudun, 1995 il progetto riguarda la costruzione di un parco urbano sulle rive del Théols in un’area occupata un tempo da piccoli giardini ed ora in abbandono. Il disegno del parco richiama il carattere campestre dell’area recuperando la trama delle vecchie divisioni particellari sottolineate da nuove alberature. Il grande quadrato di iris che si affaccia sull’acqua è un esplicito riferimento alla tradizione del giardino francese seicentesco e funge da nesso spaziale con i diversi spazi urbani di collegamento tra monumenti cittadini; il suo prolungamento oltre il percorso principale, per contrasto, è costituito da un giardino di salici nani ed infine da un bosco pieno di salici. La creazione di percorsi interni, in erba e in legno, consente il collegamento tra i quartieri isolati dal fiume grazie alle passerelle che collegano le due sponde.


Desvigne & Dalnoky, parco urbano a Issoudun, 1995.


23000 mq Desvigne & Dalnoky, parco urbano a Issoudun, 1995.


Desvigne & Dalnoky, giardini, piazzali e parcheggi della fabbrica Thomson, Guyancourt Il progetto riguarda la sistemazione degli spazi aperti di una fabbrica posta in territorio agricolo. La superficie dell’intervento è estesa circa 20 ettari, su un pianoro ventoso su un terreno con problemi di drenaggio. Poichè l’allacciamento alla rete fognaria non era previsto nel breve periodo, la soluzione attuata ha previsto la costruzione di una vasca di raccolta delle acque e di una rete di canali; questi, lasciati a cielo aperto, servono all’irrigazione ei filari di salici e pioppi che scandiscono la geometria dell’area di parcheggio e ripropingono la trama e gli orientamenti delle piantumazioni agricole. I filari di salici delineano una prima sistemazione ambientale, la seconda fase del progetto, di territorializzazione, prevede prevede l’introduzione di querce e faggi per uniformarsi al paesaggio circostante.


1

3

2

1

creazione rete di canali e piantumazione a salici

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completamento pioppeti

3

pioppeto maturo

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stato adulto con querce e faggi

4

Desvigne & Dalnoky, giardini, piazzali e parcheggi della fabbrica Thomson, Guyancourt


sistema dei canali paralleli Desvigne & Dalnoky, giardini, piazzali e parcheggi della fabbrica Thomson, Guyancourt


Yves Brunier, Museumpark, Rotterdam, 1993 Il progetto riguarda la sistemazione degli spazi aperti posti di fronte alla nuova kunsthal. Il progetto propone di strutturare l’area in una serie di spazi con caratteri e materiali differenti da attraversare in sequenza, dalla strada, al museo. zona1: una superficie ricoperta di ghiaietto bianco che espande lo spazio della strada; qui è piantato un meleto coi tronchi dipinti di bianco, Questi piccoli alberi contrastano coi grandi pioppi preesesistenti che, anch’essi dipinti di bianco, divengono segnali urbani; questo spazio è duplicato all’infinito da una superficie in acciaio che la separa dalla zona successiva. zona2: Una superficie di asfalto nera che contrasta col bianco dell’arboreto in cui sono presenti isole di vegetazione, bambù e sequoie piangenti, un podio, superficie sopraelevata che contiene i terreni di scarto. zona3: ci si accede tramite una rampa ed è un vecchio giardino romantico preesistente restaurato. zona4: quella antistante la Kunsthal, si compone semplòicemente di due superfici, un prato ed una parte pavimentata.


kunsthal

giardino romantico

podio

frutteto Yves Brunier, Museumpark, Rotterdam, 1993


Yves Brunier, Museumpark, Rotterdam, 1993


Yves Brunier, Museumpark, Rotterdam, 1993


bibliografia Aadrian Geuze, Nuovi parchi per nuove città, in Lotus 88 West 8, Skira, Milano, 2000 Desvigne & Dalnoky, Il ritorno delpaesaggio, Motta, Milano, 1996 Desvigne & Dalnoky, trasformazioni indotte, in Lotus 87 Desvigne & Dalnoky, elogio del paesaggio povero, in Lotus 87 Abalos & Herreros, Recycling Madrid, Actar, Barcellona, 2001 Yves Brunier, landscape architect paysagiste,Arc en Reve, Birkhauser, Basilea, 1993 Jacques Herzog & Pierre de Meuron, L’eau de la Ville, inPages Paisages, “territoires”, ed. Paysage et diffusion, Parigi, 1993 Bernard Tschumi, Downswiew park, in Lotus 109 PROAP. estudios e projectos de arquitectura paisagista, Artes graficas, Lisbona 2002 Toyo Ito, Il parco della Gavia, in Domus 868 James Corner, Fresh Kills parkland, in Lotus navigator 5, “fare l’ambiente” OMA, Rem Koolhaas, S, M, L, XL, 010 Publishers; Rotterdam 1995 Rem Koolhaas, Bruce Mau, Downswiew park, in Lotus 109

























































































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Per descrivere meglio alcuni dei caratteri che connotano le esperienze del progetto liberale è possibile fare ricorso a tre immagini principali: il progetto-rete o progetto leggero, locuzione che descrive come la pratica del progetto urbanistico si sia ridefinita come pratica reticolare, che mette assieme più attori e saperi, producendo un offuscamento della dimensione critica del progetto e più in generale delle riflessioni su questioni di diseguaglianza spaziale ; il trionfo dei concetti sfocati o delle parole-valigia mostra il carattere comunicativo che connota il progetto contemporaneo per la città e al contempo il declino della dimensione modelica e della ricerca spaziale; il mito dello spazio pubblico è un’immagine che descrive i modi in cui la città tende ad essere riletta come un grande spazio estetizzato e narrativo , che funziona da archivio ordinatore di valori.

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Se l’urbanistica funzionalista, costruita secondo un modello scientifico, si è costituita come un corpo di saperi dove le esigenze tecniche sono la giustificazione delle scelte operative, l’urbanesimo liberale si caratterizza per un indebolimento di questi caratteri e per la moltiplicazione degli attori che partecipano alla decisione e all’azione, così come dei saperi. Il mercato, la legge della domanda e dell’offerta s’impongono, gli investitori e i promotori si fanno sentire ben al di là del loro impegno finanziario l’immagine del mercato trasparente acquisisce il ruolo di un referente forte, di un potere semplificatore. In questo universo segnato dall’avvento di una molteplicità di attori e poteri il progetto diviene cooperativo, strategico, richiede flessibilità e l’adozione di un linguaggio di base, comprensibile a tutti e capace di catturare e metabolizzare i malintesi, si impone in tal modo la figura delle rete . Con la locuzione progetto-rete non ci si riferisce solo al progetto della città-reticolare, attraverso le economie liberiste il progetto urbano si configura esso stesso come una rete, costruito attraverso una moltiplicazione di incontri e connessioni tra attori, saperi e tecniche volte a definire usi e configurazioni spaziali, il progetto è l’occasione, temporanea, per questa connessione. Contro il sistema rigido modernista la rete si presenta come un “piano d’immanenza”, direbbe Gilles Deleuze, dove l’azione è definita come prova di forza o come composizione dei rapporti, come incontro privo spazi di riflessione e di giudizio morale. Nel sistema-rete la scelta e legittimazione delle strategie operative è direttamente legata alla dimensione degli attori, alla loro grandezza. L’affievolimento della dimensione critica del progetto descrive il progetto-rete come progetto leggero, privo di conflitti ma aperto alle differenze, povero di una dimensione critica, capace di accettare aggiustamenti progressivi, di non ostacolare i movimenti, diversamente da quanto accade nel progetto modernista, pesante o assolutista, attento alla difesa dei valori universali. Nel progetto-rete le sole azioni critiche sono quelle del rigetto e l’esclusione dei soggetti e delle pratiche indesiderate.

Il progetto-rete o progetto leggero.


“Il rizoma connette un punto qualunque con un altro punto qualunque ed ognuno dei suoi tratti non

rinvia necessariamente a tratti della stessa natura; mette in gioco regimi di segni molto differenti ed anche stati di non-segni. Il rizoma non si lascia riportare né all’uno né al molteplice. Non è fatto di unità ma di dimensioni o piuttosto di direzioni in movimento, non ha inizio né fine ma sempre un mezzo, per cui cresce e straripa” (G.Deleuze e F.Guattari, Rizoma, Pratiche editrice, Parma-Lucca, 1977).

Con il termine rizoma (rizhome) i francesi Deleuze e Guattari (1977) intendevano un particolare modello semantico da opporre a tutti i modelli basati sulla concezione ad albero. Il modello ad albero prevede una gerarchia, un centro, e un ordine di significazione. Nell’albero i significati sono disposti in ordine lineare. A differenza degli alberi o delle loro radici, il rizoma collega un punto qualsiasi con un altro punto qualsiasi, e ciascuno dei suoi tratti non rimanda necessariamente a tratti dello stesso genere, mette in gioco regimi di segni molto differenti.


Il progetto di rete è un progetto di relazione e di comunicazione costruita attraverso l’uso di linguaggi e di concetti comprensibili e comunicabili a tutti. La necessità di relazionare e comunicare ha portato all’adozione, da parte delle pratiche progettuali, di un insieme di concetti fluidi, di parole-valigia che, nella sfocatezza, hanno il vantaggio di lasciare a ciascun soggetto della rete la possibilità di produrre la propria interpretazione e strategia d’azione, di facilitare una comunicazione fatta per aggiustamenti successivi. Queste parole-valigia non servono ad analizzare e comprendere meglio la città ed il territorio, per quanto spesso siano state impiegate con questo scopo, ma a strutturare la comunicazione, marginalizzando uno strumentario forse più preciso, ma meno facilmente condivisibile e ritenuto meno efficace. In particolare le parole-valigia permettono di comunicare riducendo le situazioni urbane ad un numero limitato di dimensioni, funzionano come dei simboli, generano semplificazioni. Mixité urbana e sociale , paesaggio, sostenibilità sono esempi di concetti sfocati attraverso i quali si sono definite altrettante forme del progetto per quei luoghi. L’insieme delle parole-valigia ha ridefinito il progetto urbano come strategia, come espressione di strategia. Se il progetto urbanistico moderno lavora per modelli (la Grosstadt di Hilberseimer, la città lineare di Soria Y Mata, le unità d’insediamento di Mies Van den Rohe, la città cubista di Le Corbusier), il progetto urbano rilegge, di volta in volta, un dato contesto urbano isolandone alcuni valori e definendo su di essi le strategie d’azione, la narrazione di uno spazio urbano. In tal senso il progetto urbano ha un carattere circolare, è giudicabile a seconda della coerenza tra azioni di trasformazione proposte e la strategia espressa attraverso un’immagine guida, che essa stessa ha costruito. In questo quadro i saperi che hanno acquistato rilevanza sono quelli della storia della città, delle tecniche di gestione economica, del paesaggio. La perdita dei modelli ha corrisposto ad una diminuzione della stessa trasmissibilità della ricerca sulle configurazioni spaziali , dal momento che lo sforzo è tutto nella scrittura della narrazione progettuale e nella sua comunicazione, meno nella definizione delle prestazioni del campo urbano.

Il trionfo dei concetti sfocati


Il progetto urbano lavora ad una scala intermedia, tende a controllare edificato e spazi aperti con la stessa precisione, ma la narratività che il progetto intende definire è affidata in buona parte a questi ultimi, caricandoli di particolare enfasi e attenzione. In particolare sono i processi di rigenerazione, sperimentati negli ultimi anni nelle città europee, soprattutto nelle loro parti più antiche, ad aver prodotto spazi di qualità, ma il desiderio di controllo su di esse a volte ha portato a ridefinire questi spazi come dispositivi di esclusione verso abitanti o soggetti considerati indesiderati. Le ramblas e i lungomare di Barcellona, i nuovi parchi e le piazze di Rotterdam e Parigi, i waterfront delle città della costa orientale degli Stati Uniti sono divenuti clichés per generazioni di designer, architetti e urbanisti. Il successo di questi modelli è legato ad una mancanza di riflessioni attorno ai caratteri e alle prestazioni del progetto di spazio pubblico, in particolare al fatto che l’immaginario di attori importanti, come amministratori, progettisti e impresari, quando si tratta della progettazione dello spazio aperto urbano, tende ad uniformarsi attorno a pochi riferimenti. Attraverso il progetto urbano, il processo di rigenerazione diventa un meccanismo che tende a rimuovere i conflitti sociali e le pratiche d’uso dello spazio ritenute illecite. In particolare Barcellona, secondo il sociologo Manuel Delgado , è stata esempio di un processo di semplificazione spaziale ottenuto attraverso la ricerca di rappresentazioni collettive standardizzate, e pertanto false, dove lo spazio urbano è pensato in maniera simile ad un prodotto commerciale. Attraverso l’esperienza di Barcellona, diverse città europee hanno agito sullo spazio aperto riconfigurandolo come spazio-immagine, estetizzato, di seduzione, e hanno favorito la sua colonizzazione da parte di una serie di popolazioni di consumatori che ha prodotto indirettamente l’espulsione di un insieme di soggetti indesiderati ed un aumento dei livelli di conflittualità e insicurezza degli spazi urbani circostanti le aree rigenerate. Guardare alla città come spazio di consumo porta a mettere in primo piano le diversità ,ma nei fatti queste vengono ridefinite come un insieme di situazioni, luoghi a tema, dove fare sempre la stessa scelta, prendere la stessa decisione, fare sempre la stessa cosa.

Il mito dello spazio pubblico


Lo spazio urbano estetizzato, protetto , è un particolare spazio teatrale dove gli abitanti sono al contempo osservatori e figuranti ma, sostengono Michael Sorkin e Charles Moore , è anche un luogo produttivo. Se la città del progetto moderno è una città-fabbrica dove tempi e luoghi del lavoro e del tempo libero sono distinti, qui si perde questa scansione temporale, la produzione è dentro la città che riproduce l’immagine di se stessa . Strade e piazze si riconfigurano come luogo che ospita particolari attività, un archivio di valori, di diversità culturali e sociali, ordinato, privo di conflitto al suo interno, trasparente e bonificato attraverso il discorso culturale. I problemi legati all’opacità dello spazio urbano vengono risolti attraverso la rimozione di elementi e soggetti che ne ostacolano l’appropriazione da parte di popolazioni ansiose di un bagno nella narratività storica, nel sapore locale, nel multiculturalismo.

Nel progetto liberale la selezione dei valori, degli elementi identificanti come immagini strutturanti , è la principale strategia che rende chiaro e omogeneo l’ambiente urbano, sul piano cognitivo così come su quello percettivo. Incarnare valori e semplificare la visione riduce la ridondanza di informazioni e le possibilità d’uso di uno spazio diafano fatto di alcune informazioni che legano valori socioculturali, pratiche e comportamenti ritenuti pertinenti. La ricerca della trasparenza non significa pertanto apertura o accessibilità ma controllo, sorveglianza, separazione.


Bibliografia Antonio di Campli, Adriatico. La ricostruzione del Crystal Palace, Quodlibet, Macerata, 2010. Alain Bourdin, L’urbanism d’après crise, L’aube, La Tour d’Aigues, 2010. Manuel Delgado, La ciudad mentirosa. Fraude y miseria del modelo Barcelona, Catarata, Madrid, 2007

AA.VV, Urban reGENeration. Città delle immagini. Città in rete, Alinea, Firenze, 2004. Simon Anholt, Competitive Identity: the new brand management for nations, cities and regions, Palgrave Macmillan,Basingstoke, 2007 . Roberto Camagni, De Blasio Giuliano (a cura di), Le reti di città. Teoria, politiche e analisi nell’area padana, Angeli, Milano, 1993. Manuel Castells, La nascita della società in rete, Egea-Università Bocconi Editore, Milano 2002. Gilles Deleuze, Félix Guattari, Rhizome, Les Éditions de Minuit, Paris, 1974. Giuseppe Dematteis, Progetto implicito. Il contributo della geografia umana alle scienze del territorio, Angeli, Milano, 2002. Richard Florida, Cities and the Creative Class, Routledge, New York, 2004. Paola Gregory , La dimensione paesaggistica dell’architettura nel progetto contemporaneo, Laterza, Bari 1998. Giovan Francesco Lanzara, La logica del bricolage, in Gemelli G., Squazzoni F., a cura di, NEHS / Nessi, Baskerville, Bologna 2003. Alberto Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2000. Maurice Roche, Mega-Event and Modernity, London, Routledge, 2000. Michael Sorkin (ed), Variations on a Theme Park The New American City and the End of Public Space, Hill and Wang, New York, 1992 Francesco Remotti, Contro l’identità, Laterza, Bari 1996


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