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contiene I.R.

PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LIX - N. 1 - GENNAIO 2013 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC - Direttore responsabile: Francesco Partisani

MESSAGGIO DI MONS. NEGRI ALLA DIOCESI PER LA QUARESIMA L’ anno 2013 è per tutta la Chiesa, secondo l’indicazione di Benedetto XVI, l’Anno della Fede. Indicendolo il Papa ha scritto nella Lettera Apostolica Porta Fidei una frase fondamentale: «Fin dall’inizio del mio ministero, come successore di Pietro, ho ricordato l’esigenza di discutere il cammino della fede per mettere in luce, con sempre maggiore evidenza, la gioia e il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo».

nostra vita nel tempo, come profezia della vita eterna.

Elementi fondamentali in questo anno di approfondimento dell’esperienza della fede e della sua coscienza nella persona come nella comunità è il riferimento al ConciSiamo dunque chiamati a rinnovare, nella verità della nostra lio Ecumenico Vaticano II, allo vita quotidiana, l’incontro con Cristo, a riviverlo nella vita della scadere del 50º anno dalla sua incomunità ecclesiale in modo che tutta l’esperienza della Chiesa, dizione. Il Papa chiede a tutte le comunità di riferirsi, con particolare intensità e forza, ai documenti del dalla singola persona fino a tutte le artiConcilio Vaticano II nel quale si è sintetizcolazioni in cui si esprime l’unità ecclesiazata la coscienza che la Chiesa aveva di sé le, trovi nella fede il suo fondamento vero di fronte al cambiamento così radicale e il suo movimento. LUIGI NEGRI delle condizioni stesse di vita della Chiesa È necessario rinnovare l’esperienza delnella società. Accanto al Concilio Vaticala fede con Cristo, Redentore dell’uomo e no II, altro elemento fondamentale, secondel mondo che ci viene incontro nella sua do il Papa, in questo cammino, è il cateobiettività e concretezza esistenziale, nella chismo della Chiesa cattolica, espressione comunità della Chiesa, Corpo mistico del della volontà di Giovanni Paolo II di forSignore. nire a tutta la Chiesa uno strumento cateLa presenza di Cristo costituisce la chetico fondamentale che recuperasse e Chiesa popolo del Signore e luogo in cui rendesse agibile nella vita della coscienza si incontra il Signore in modo determinadella Chiesa il Concilio Ecumenico Vatito, e l’autorità che la guida nella proclacano II. Con opportune iniziative la nostra mazione della Parola e nella vita sacraChiesa riprenderà un contatto vitale con il mentale. Concilio soprattutto per i presbiteri, i reliCristo, così, diventa l’incontro di oggi, giosi e religiose e i responsabili delle vaMessaggio che vive in modo assolutamente decisivo, rie comunità ecclesiali; si conta di far parALLA DIOCESI PER LA QUARESIMA 2013 in riferimento alla Sacra Scrittura e alla tire una serie di iniziative di approfonditradizione, punti insostituibili nei credenti mento dei testi del Concilio e anche dello per un’autentica vita di fede, nella comusviluppo che i testi del Concilio hanno nità cristiana cui ognuno è chiamato a partecipare. Il cristiano è avuto nell’interpretazione autentica di essi, del magistero pontichiamato ad appartenere, con la totalità della sua intelligenza e ficio e nello scandirsi delle decisioni dei Sinodi. Per quanto ridel suo cuore, alla Chiesa, a realizzare in essa la vita cristiana guarda il catechismo la nostra Chiesa si impegna a rendere più in cammino dietro il Signore crocifisso e risorto che porta, gior- agile il riferimento all’uso di questo soprattutto da parte dei cano dopo giorno, a guadagnare in modo graduale ma inesorabile techisti che hanno una responsabilità determinante per la matula resurrezione stessa di Cristo come dimensione autentica della Continua a pag. 2 Vescovo di San Marino-Montefeltro


razione della coscienza dei nostri ragazzi e dei nostri giovani.

Anche qui credo che saranno necessarie alcune iniziative di formazione dei catechisti allo spirito del catechismo della Chiesa cattolica e al suo adeguato uso. Questo rinnovamento della nostra fede nel Signore risorto, dovrebbe attuarsi anche come rinnovata responsabilità della missione da parte dell’intera Chiesa, nella vita della persona come dell’intera comunità; la coscienza più autentica della fede e della sua originalità di vita e di moralità dovrebbe tendere a rendere la Chiesa stessa responsabile della grande missione, cioè della comunicazione di Cristo al cuore degli uomini di oggi così normalmente lontani dall’avvenimento della fede. Infatti, la maggioranza degli uomini che incontriamo ogni giorno e che ci vivono accanto – e questa è stata una sottolineatura molto importante del Sinodo cui ho partecipato sulla nuova evangelizzazione – sono stati, magari, toccati una volta dall’annuncio della fede, ma con maggiore o minore responsabilità se ne sono distaccati e vivono, adesso, una sostanziale lontananza, il più delle volte senza alcun problema relativo alle grandi questioni della fede che sono le grandi questioni della vita personale. Ecco, dunque, che la missione, in un contesto come questo, deve assumere proprio il volto di questa nuova evangelizzazione, per coloro che da vicini che erano,

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PERIODICO DELLA DIOCESI DI SAN MARINO -MONTEFELTRO NUOVA SERIE Anno LIX - N. 1 - gennaio 2013 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC Aut. Trib. di Pesaro n. 72 del 3.4.1956 Iscritta al R.O.C. n. 22192 del 19.4.2012

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DALLA PRIMA PAGINA

o addirittura da “nostri” che erano, sono diventati lontani.

Per rinnovare una missione popolare della nostra comunità ecclesiale diocesana e parrocchiale o, quanto meno, di vicariato, sia un grande strumento di educazione il riproporre in termini molto essenziali e radicali, attraverso la testimonianza di religiosi che non vengono direttamente dalla nostra Diocesi, delle grandi verità della fede, della speranza e della carità, come esperienza di vita nuova da vivere con molta forza e decisione da tutti gli uomini.

Tutto questo può aiutare i fedeli ad essere protagonisti della nuova evangelizzazione in questa società che, essendo lontana da Cristo, finisce per essere, come ci insegna in modo puntuale e pertinente Papa Benedetto XVI, lontana fondamentalmente da se stessa.

La persona umana che rifiuta Cristo vive in una sostanziale lontananza da se stesso. Prego il Signore che, soprattutto con la mediazione amorevole della Beata Vergine delle Grazie, sia concesso al nostro popolo il rinnovarsi dell’esperienza della fede come partecipazione alla vita nuova di Cristo in noi e come tensione a comunicare ai nostri fratelli uomini, nelle circostanze concrete della vita, il grande annunzio che viviamo nella nostra vita personale e comunitaria. L’Anno della Fede, dunque, ci aiuti a rinnovare l’e-

sperienza della missione che, come ci ha insegnato il Beato Giovanni Paolo II, è un dinamismo di autorealizzazione della Chiesa stessa. Agli uomini del nostro tempo siamo chiamati a dire la parola di verità, la parola della verità di Dio che è il volto del Signore Gesù Cristo; è la parola che rivela la verità dell’uomo all’uomo stesso e che ci spinge a dare un giudizio netto, e insieme caritatevole, su quelle verità che non sono verità che agitano il cuore e la mente di tanti nostri fratelli uomini. Una verità umana, dedotta dalle scienze, dalle tecniche, dalla psicologia, come una volta dalle ideologie, non è la verità di Cristo e della Chiesa e, non essendo la verità di Cristo e della Chiesa, non è neppure la verità per l’uomo perché queste false verità privano l’uomo di ogni grandezza nella sua umanità. Dobbiamo anche saper accogliere ogni persona che vive accanto a noi in un modo totalmente aperto, impegnandoci nel dialogo con lui, nella convivenza con lui secondo la grande dimensione di Cristo. Questa è l’unica, vera alternativa all’egoismo e alla violenza che sembrano essere diventati, di fatto, i segni più caratteristici della convivenza nella società disumana in cui la Chiesa è chiamata a vivere, oggi, la sua presenza e la sua missione.

L’Associazione ”Carità senza Confini” onlus organizza anche quest’anno il

XVI INCONTRO DI SOLIDARIETÀ Si terrà domenica 10 marzo 2013, con inizio alle ore 16:00, presso il Best Western - Palace Hotel di Serravalle. Il titolo di questa edizione è “Non buttare il pane del povero. Vivere oltre lo spreco”. Un tema che tocca il rapporto fra il variegato mondo degli sprechi, anche quelli presenti nella nostra società, e le realtà di povertà sempre più diffuse. Una particolare attenzione viene riservata all’importanza dell’aspetto educativo nella lotta per evitare lo spreco e per far prevalere la consapevolezza che una società più giusta e più equa, anche in termini di risorse, è una società più pacifica. Relatore dell’incontro sarà il prof. STEFANO ZAMAGNI, profondo conoscitore sia del mondo dell’economia e delle sue regole che del mondo della solidarietà e della gratuità. Come sempre, durante l’incontro, saranno illustrati i progetti che l’Associazione sta realizzando, poi seguiranno una cena semplice e l’estrazione della lotteria, ricca di premi.


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LA TERZA

“ L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA” Un fatto al mese di Suor Maria Gloria Riva *

Patì sotto Ponzio Pilato Un altro autore, che si è cimentato nella raffigurazione degli articoli del credo Apostolico, è Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, artista senese (pittore, scultore e orafo), nato nel 1410 e morto nel 1480. Nel Battistero di Siena attorno al 1450 egli affresca le volte della seconda campata con gli articoli del Credo. All’interno di una campitura triangolare il quarto articolo: «patì sotto Ponzio pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto», viene raffigurato con una serie di scene, armonicamente sviluppate attorno a un patio che rappresenta il Pretorio. Sotto il patio, al centro, abbiamo Cristo flagellato alla colonna e, sopra, un ideale trono cui si accede mediante tre gradini, Pilato assiste alla scena. All’esterno del patio, a sinistra, abbiamo una donna, forse la committente o più semplicemente l’anima credente che, contemplando la scena, esprime la sua professione di fede con la parola: «Credo». Nello spazio triangolare la parte alta dell’affresco è occupata dal Cristo crocifisso; la base della croce poggia proprio sopra il tetto del patio della flagellazione. Dall’altro lato, sempre all’esterno, si trova il sepolcro con il Cristo ivi deposto e avvolto dal lenzuolo. Sorprende che nella scena della flagellazione, Lorenzo di Pietro non raffiguri altra persona (non i flagellatori, ad esempio) all’infuori di Pilato. Il motivo sta non solo nella menzione di questo nome nell’articolo del credo, ma anche nella sua importanza storica. Noi oggi, infatti, trascuriamo la fondamentale importanza di questo nome: Ponzio Pilato, un nome sconosciuto ai libri di storia ufficiali e divenuto famoso soltanto per il Vangelo. Nella solennità degli articoli del credo che abbiamo fin qui declinato: «Credo in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra e in Gesù Cristo suo unico figlio e nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo e nacque da Maria Vergine», in una tale sobria, eppur sontuosa declinazione di articoli, come ha mai potuto entrare un nome tanto oscuro come quello di Ponzio Pilato?

Mathias Stomer, Cristo davanti a Pilato, XVII sec., collezione Koelliter, Skira.

Un funzionario romano confinato in una terra, quella di Palestina, che per la grande Roma doveva risultare barbara e scomoda, come ha potuto ritagliarsi un posto nel credo ed essere citato innumerevoli volte dalla storia dell’arte cristiana al punto da divenire proverbiale? Non diciamo noi forse «se n’è lavato le mani», intendendo così denunciare colui che pur potendo intervenire in una questione grave si comporta alla maniera di Ponzio Pilato? Ebbene Pilato entra a pieno titolo nel credo e in tutte le rievocazioni della passione di Gesù perché rappresenta la garanzia della storicità di Gesù. Gesù, il Cristo, non è finzione letteraria, personaggio creato dalla fantasia di chi, disperato, aveva assolutamente bisogno di fabbricarsi un Redentore. Gesù è vissuto davvero nella Palestina occupata dai Romani nel primo secolo dell’era volgare, sotto un governatore inviato da Roma di nome Ponzio Pilato. Giovanni, fra gli evangelisti è quello che maggiormente si sofferma sul rapporto che Gesù, proprio nell’ora della sua passione, ebbe con Pilato. Tutto il dialogo fra Gesù e Pilato, in Giovanni, verte at-

torno ad una domanda lapidaria fatta dallo stesso governatore: che cos’è la verità? Se al quarto vangelo è sotteso un grande processo intentato contro Gesù è evidente che qui, nel Pretorio, il processo giunge al suo culmine: Cristo è finalmente in mano a chi lo può assolvere o condannare, rimandare libero o mandarlo in croce. I giudei questo lo sapevano e perciò attendono fuori dal pretorio con ansia. Ma dentro al Pretorio le sorti si capovolgono, Pilato abituato a giudicare si sente ad un certo punto giudicato da questo singolare “malfattore”: «Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: “Tu sei il re dei Giudei?”. Gesù rispose: “Dici questo da te oppure altri te l’hanno detto sul mio conto?”. Pilato rispose: “Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?”. Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quagContinua a pag. 4


MONTEFELTRO giù”» (Gv 18, 33-36). Ed è all’interno di questo dialogo – in cui Gesù per la prima volta rivela ad un funzionario pagano la sua vera identità: egli è il Re dei re, il Signore dei signori – che scaturisce la domanda fondamentale: «Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: ”Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Gli dice Pilato: “Che cos’è la verità?”» (Gv 18, 37-38). Continua da pag. 3

Matthias Stomer, artista olandese, attivo a Palermo e di matrice caravaggesca, ha scattato il fotogramma di questo stesso istante, in modo straordinario. Alla luce di una lampada egli coglie l’istante in cui Pilato esprime la domanda: che cos’è la verità. È un attimo eterno perché, di fatto, il Vangelo lascia questa domanda aperta e senza risposta. Pilato non è vestito alla moda romana, non è sbarbato e con la classica toga romana, ma può essere qui scambiato per il sommo sacerdote Caifa, o per Anna e invece il titolo recita proprio così: Cristo davanti a Pilato. Perché Matthias Stomer ha vestito Pilato in quel modo, diremmo orientale? Perché nella domanda di Pilato si nasconde la domanda di tutti, romani, ebrei, arabi. In quel Pilato c’è Caifa, Anna, Erode, ci sono gli infiniti Pilato, Anna, Caifa, Erode della storia umana. Ci siamo noi con le nostre vesti brune, così terrosi, sempre, eppure così bisognosi di una luce che rischiari la nostra opacità. E la luce, Stomer, la pone ben in vista: non può restare nascosta una lucerna, ma la si pone sul candelabro perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Non può restare nascosta la verità, ma emerge in tutta la sua chiarezza non appena lo spirito della menzogna esaurisce le sue forze. Cristo, dunque, non può restare nascosto. È vero: è un Cristo legato, messo alla berlina della storia, è un Cristo nudo, disarmato, proprio come il Cristo di Stomer, ma Cristo resta la verità che illumina, così come in questo dipinto la vera luce viene da lui e non dalla lucerna. Pilato ha parlato, ha già espresso la sua domanda e rimane immobile, in attesa, con la mano sul cuore. Il volto non rivela la sua adesione a Cristo, rimane il volto del dubbioso del ricercatore aperto, ma pieno di riserve. Cristo invece ha le labbra aperte, sembra in procinto di replicare, ma non ci è dato di conoscere come. Ciò che conosciamo è l’esile canna che tiene fra le mani, una freccia puntata verso la luce. Una canna che preannuncia già il legno della

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DALLA TERZA

croce, come il manto rosso preannuncia il sangue che dovrà versare e le corde raccontano di lui come agnello, mansueto condotto al macello. Quid est veritas? Che cos’è la verità? Est vir qui adest, corregge, anagrammando la frase latina, la tradizione medievale: è l’uomo che sta davanti a te. La verità non è «cosa» è «persona», la verità nella Chiesa è una relazione, per questo il credo, dopo aver parlato del Mistero di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, ci narra dell’uomo Cristo Gesù, del Dio fatto uomo, Figlio di Dio e figlio di Maria, concepito di spirito Santo eppure sottoposto

al giudizio degli uomini, Pilato, sotto al cui governo ha patito, è stato crocifisso, è morto e venne sepolto. Perciò Cristo, pur avendo la bocca semi aperta, non parla, perciò secondo l’evangelista Giovanni, non proferisce parola a Pilato in risposta alla sua domanda, perché egli è il Verbo, è la Verità e la Vita che i Pilato della storia dovrebbero costantemente cercare. Non una verità intellettuale, professa la nostra fede, ma una persona: Quid est veritas? Est vir qui adest. * Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia


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GIORNATA PER LA VITA

DOMENICA 3 FEBBRAIO 2013

XXXV GIORNATA PER LA VITA

Dice l’On. Carlo Casini: “È simbolicamente importante che coincida con un rinnovato avvio dell’iniziativa dei cittadini europei denominata Uno di noi, che intende risvegliare la coscienza dei popoli volgendo lo sguardo sull’essere umano nel suo primo comparire nell’esistenza, quando lo chiamano embrione”.

Domenica 3 febbraio si celebra la XXXV Giornata per la vita. Istituita l’indomani della Legge sull’aborto (22 maggio 1978) per mantenere viva la coscienza del valore della vita umana nonostante l’affermata liceità giuridica della sua distruzione, anno dopo anno essa ha proposto la riflessione su aspetti diversi collegati con il tema della vita umana. Così nel 2013, nel pieno della grande crisi economica, il messaggio dei vescovi italiani auspica che la luce proveniente dai “valori non negoziabili” susciti energie capaci di risolvere anche i problemi economici e sociali del momento. Ma, alla base di tutte le “giornate” vi è un comune unico principio, che esige di non rassegnarsi alle crescenti aggressioni contro la vita umana: l’uomo è sempre uomo, uno di noi, portatore di una dignità così grande da non poter essere misurata e quindi da non poter essere oggetto di paragone in termini di quantità maggiore o minore. Su questo si fonda l’affermazione dell’eguaglianza di tutti gli esseri umani, proclamata in tutti i più importanti documenti del nostro tempo, ma, purtroppo, continuamente traditi quando si accetta la discriminazione di alcune particolari categorie di uomini, quali sono, in particolare, i bambini non ancora nati. Perciò è simbolicamente importante che la 35ª “giornata” coincida con un rinnovato avvio dell’iniziativa dei cittadini europei denominata Uno di noi, che intende risvegliare la co-

scienza dei popoli volgendo lo sguardo sull’essere umano nel suo primo comparire nell’esistenza, quando lo chiamano embrione. In tal modo si intende ottenere l’impegno dell’Unione Europea a non finanziare mai più azioni che nel mondo attuano o propagandano l’uccisione di bambini non ancora nati, come avviene con l’aborto e con la distruzione di embrioni generati artificialmente in provetta. Il recente Trattato di Lisbona impone una discussione su questo punto se sarà raggiunto entro la fine del prossimo ottobre almeno un milione di adesioni in almeno 7 Stati membri dell’Unione Europea al quesito che un apposito comitato organizzativo ha presentato e che è registrato sul sito www.oneofus.eu. Ma è necessario un consenso popolare molto più vasto affinché la voce di chi non ha voce divenga una “gran voce”, che non può essere censurata. Perciò la Giornata per la vita è una occasione da non perdere per ottenere subito un gran numero di adesioni. Il sostegno può essere dato sottoscrivendo il quesito sull’apposita scheda cartacea che si potrà trovare nei luoghi a ciò destinati oppure utilizzando l’apposito sito internet www.oneofus.eu. In un momento in cui in Italia i cattolici sono stati più volte autorevolmente invitati a rendersi unitariamente presenti nella vita pubblica, stretti attorno ai “valori non negoziabili”, è motivo di conforto constatare che i dirigenti di tutte le associazioni e movimenti cattolici hanno sottoscritto un appello a sostegno di questa iniziativa. Un vero rinnovamento civile e morale ha bisogno di tutti, credenti e non, ma se non sono uniti i cattolici, non è pensabile una unità più grande. Forse lo sguardo sul più piccolo e povero tra gli uomini potrà essere il punto di partenza per un risveglio di energie morali di cui abbiamo bisogno non solo per ragioni etiche e religiose, ma anche per ragioni civili e sociali. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, “la questione antropologica è divenuta questione sociale”. Carlo Casini


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EVENTI

R ES O N O TO I L M ES S AG G I O D EL PAPA P E R L A G I O R N ATA M O N D I A L E D E L M A L AT O ( 1 1 F E B B R A I O 2 0 1 3 )

BENEDETTO XVI

COME IL BUON SAMARITANO

“Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine”. A ripeterlo ai malati, usando le parole dei Padri del Concilio, è oggi il Papa, nel Messaggio per la Giornata a loro dedicata, che si celebrerà l’11 febbraio, sul tema: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10,37). “Mi sento particolarmente vicino a ciascuno di voi – esordisce Benedetto XVI – che, nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa, vivete un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza”. Nel messaggio, il Papa si sofferma sulla “figura emblematica” del Buon Samaritano, che “indica qual è l’atteggiamento che deve avere” ogni discepolo di Cristo “verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura”. “Attingere dall’amore infinito di Dio – il suggerimento del Santo Padre – attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto o privo di risorse”. Come fa Gesù, che “si china, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Di qui l’invito a vivere l’Anno della Fede come “occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto”. Trovare senso al dolore. La parabola evangelica narrata da san Luca, ricorda il Papa, “si inserisce in una serie di immagini e di racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuol far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore”. L’esempio del Buon Samaritano, commenta Benedetto XVI, “vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma per tutti, anche per lo stesso malato, che può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede”. “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo – spiega il Santo Padre citando la Spe salvi – ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”. “Vari Padri della Chiesa – annota il Papa – hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti

Adamo, l’umanità smarrita e ferita per il proprio peccato. Gesù è il Figlio di Dio, Colui che rende presente l’amore del Padre, amore fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che si spoglia del suo abito divino, che si abbassa dalla sua condizione divina, per assumere forma umana e accostarsi al dolore dell’uomo, fino a scendere negli inferi, come recitiamo nel Credo, e portare speranza e luce”. Valorizzare la sofferenza. Nella seconda parte del Messaggio, il Papa segnala “alcune figure, tra le innumerevoli della storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale”. Santa Teresa del Bambino Gesù, che seppe vivere “in unione profonda alla Passione di Gesù” la malattia che la condusse “alla morte attraverso grandi sofferenze”; Luigi Novarese, che “avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes”. “Mosso dalla carità verso il prossimo – prosegue Benedetto XVI – Raoul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote del pianeta, promuovendo tra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra”. Madre Teresa di Calcutta “iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono ‘non voluti, non amati’”. Infine, Sant’Anna Shäffer di Mindelstetten, che “seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo”. Accogliere. Il Messaggio per la Giornata del Malato si conclude con un pensiero di “viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e alla stessa società civile, alle diocesi, alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria, alle associazioni degli operatori sanitari e del volontariato”. “In tutti – l’auspicio del Papa, citando la Christifideles laici di Giovanni Paolo II – possa crescere la consapevolezza che nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione”.


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LEGGENDO LA PORTA FIDEI

PORTA FIDEI : come la fede allarga la ragione ed è pertinente alle esigenze della vita LA PORTA DELLA FEDE È L’UNICA PORTA CHE DECIDE DELLA VITA CE N’È UNA SOLA: LA VITA DI COMUNIONE CON DIO Venerdì 11 gennaio presso la Sala del Castello di Domagnano (San Marino), è intervenuto Don Ambrogio Pisoni dell’Università Cattolica di Milano, invitato dalla Cooperativa culturale “Il Sentiero” per un contributo alla conoscenza della lettera apostolica di Benedetto XVI, Porta Fidei. Titolo dell’incontro era: “Porta Fidei: come la fede allarga la ragione ed è pertinente alle esigenze della vita”. Una sala gremita ed attenta ha potuto incontrare un uomo di fede, don Ambrogio, che ha permesso, con la sua testimonianza e riflessione, il riaccadere di un avvenimento, cioè dell’incontro vivo con l’umanità permeata dall’incontro con Cristo. Ed ha iniziato dicendo che Benedetto XVI nella Lettera apostolica Porta Fidei, con cui indice l’Anno della Fede, afferma che, se è vero che «la porta della fede [...] è sempre aperta per noi» (n. 1), è altrettanto vero che «capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggiore preoccupazione per le conseguenze sociali culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti questo presup-

posto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato» (n. 2). È stato un “aperitivo” dell’intera lettura della lettera ma con grande decisione don Ambrogio ha affermato che la porta della fede è l’unica porta che decide della vita. Ce n’è una sola: la vita di comunione con Dio. È Lui l’unica strada che permette alla nostra vita di essere compiuta”. Ed il bello è che questa porta è sempre aperta per ciascuno di noi e, “la porta del cielo aperta, viene a bussare alla porta della nostra vita. C’è qualcuno allora capace di aprire la porta a colui che busserà?”. Questa domanda è risuonata insieme a quelle forse ancora più drammatiche: “Quando ci alziamo al mattino, cosa attendiamo? Cosa cerchiamo?, Il nostro cuore che cambiamento desidera? Chi attende? L’“aperitivo” apre al lavoro di un anno che attende ciascuno di noi con l’augurio di Giovanni Paolo II di “aprire, anzi di spalancare le porte a Cristo!” a Colui che bussa alla porta del nostro cuore alla ricerca delle ragioni della vita e del significato delle nostre giornate.

LA COLLETTA ALIMENTARE “ALIMENTA” L’AMICIZIA E LA SOLIDARIETÀ

Un gesto per tutti

Mi chiamo Eugenio Mularoni e da quando esiste la Colletta Alimentare a San Marino dove lavoro e abito non manco mai a questo gesto tanto bello quanto semplice. Di natura sono un po’ rompiscatole tanto da cominciare a propagandare l’evento già a febbraio dicendo ad amici e colleghi di lavoro di non prendere assolutamente impegni per quel giorno molto importante... un gesto di carità cristiana. La prima volta che ho invitato i miei colleghi di lavoro mi hanno guardato con un di scetticismo perché dove si fanno le cose buone c’è quasi sempre la Chiesa (lavoro in un istituto di credito). Dopo il gesto mi sono venuti a ringraziare ed io mi sono commosso dalla gioia, segno che avevo fatto breccia nel loro cuore. Ora sono loro che mi vengono a chiedere: “Eugenio quando c’è la Colletta Alimentare”? Io rispondo loro sempre: “L’ultimo sabato di novembre tenetevi pronti!”. Da qualche anno per 6-7 miei colleghi di lavoro è diventato un appuntamento irrinunciabile, taluni non potendo partecipare vengono comunque a fare spesa per condividere il bisogno del povero. Delle volte me lo dice anche mia moglie: “Ma come fai a invitare la gente io non ne avrei coraggio” mi dice... Le rispondo: “Bisogna metterci la faccia davanti alle cose sapendo poi che nel gesto che fai per il povero c’è il volto di Gesù”. Tanto volevo scriverti e spero di aver espresso bene i concetti e tutto quello che volevo dirti. Grazie Eugenio, San Marino

Ciao Eugenio, ti ringrazio molto per quello che mi hai raccontato: mi ha colpito molto quello che hai scritto perché noi siamo proprio così: selezioniamo tutto della realtà e decidiamo a priori cosa possa o non possa succedere, ma la realtà è molto più grande di quello che ci possiamo anche solo immaginare e ci spiazza sempre, lasciandoci stupiti a bocca aperta a guardare i piccoli miracoli che accadono. La realtà è molto più grande delle nostre aspettative proprio perché Dio è presente nella realtà e nelle opere. Ti ringrazio e se non hai nulla in contrario farei pubblicare sul nostro sito internet la tua testimonianza. Grazie! FB


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I VENERDÌ DELL’AC

“PROFEZIA E ANNUNCIO CRISTIANO”

FINE DEL MONDO? LA VITA CONTINUA... Se state leggendo queste parole, vuol dire che il mondo, inteso come universo, non si è fermato il 21 dicembre 2012, ma ha proseguito il suo viaggio verso una fine certa, che noi non potremo mai stabilire né prevedere. C’è allora da chiedersi perché, se anche questa volta, come tutte le altre volte, è stata scongiurata la fine del mondo, queste profezie continuino ad emergere ciclicamente... Perché, in un mondo come il nostro, così razionale e laico, queste profezie hanno così successo? La conclusione del prof. Adolfo Morganti, il quale ha tenuto sul tema un incontro organizzato dall’Azione Cattolica il 23 novembre scorso a Borgo Maggiore, è stata che alla base di tutto questo sta il malessere di una vita priva di senso. L’uomo ha bisogno di sapere perché vive, di chiedersi che senso abbia la sua vita... Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? L’assenza di significato e di motivazione porta ad una psicosi diffusissima, caratterizzata da profonda angoscia e disillusione, che fa sperimentare la precarietà strutturale della realtà e spinge a credere in profezie che eliminerebbero alla radice questo “problema di senso”. Il millenarismo, l’imminenza della fine del mondo, è inoltre diventato una moda culturale e il cinema è ricco di esempi di film dalle tematiche apocalittiche. Ogni tradizione religiosa conosce il concetto di fine del mondo, perché la consapevolezza della fragilità dell’universo creato ci aiuta ad essere liberi, a non attaccarci a ciò che non dura.Anche il profetismo esiste da sempre, ma la tensione cristiana di attesa della fine dei tempi è completamente diversa dal millenarismo dei Testimoni di Geova, che annunciano la battaglia finale, l’Armageddon, per fare proselitismo, come è diversa dalle profezie New Age (come appunto quella del 21 dicembre scorso), le quali hanno esclusivamente scopi commerciali. La cosiddetta “profezia Maya” era stata smentita dalla comunità geofisica e astronomica, come pure da studiosi della storia dei Maya. Le date indicate dai Testimoni di Geova dal 1799 ad oggi sono state puntualmente superate: 1914, 1918, 1925, 1942,

1969, 1975, poi si diceva entro il 2000... Sarà capitato che nei giorni precedenti il 21 dicembre qualcuno si sia chiesto.. “e se alla fine fosse vero?”. Per eliminare ogni dubbio basterebbe ascoltare Gesù, quello che ci indica nel Vangelo: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mt 24,36 - Mc 13, 32) e dopo la Passione Gesù risponde così agli Apostoli riguardo alla fine del mondo: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (At 1,7). Speriamo allora che queste situazioni si trasformino in occasioni per riscoprire la bellezza della verità rivelata nel Vangelo e per riconciliarsi con gli altri e con Dio. “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21, 25-28). Silvia Angelini


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CENTRO MISSIONARIO

PENITENZA QUARESIMALE DI CARITÀ 2013 La fede si rende operosa per mezzo della carità (Gal 5,6) La Quaresima è il tempo privilegiato per fare spazio nel proprio cuore, lasciare più tempo alla preghiera, riscoprire la dimensione missionaria caratteristica di ogni battezzato. Ci invita “a un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo” (Benedetto XVI, Porta fidei, 6). In questo periodo siamo chiamati a purificare il cuore, a convertirci per vivere un cammino pasquale. Siamo invitati a nuovi stili di vita per andare al di là delle apparenze, per scoprire quella dimensione vera, profonda, autentica che sta al di là di molte cose che facciamo e che viviamo, che ci porta al cuore delle scelte, che ci fa incontrare il Signore nell’ascolto della Sua Parola e nella condivisione della vita con i fratelli, soprattutto i più bisognosi. In quest’anno della fede siamo chiamati a intensificare la testimonianza della carità e ricordando le parole dell’apostolo Giacomo “la fede se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta” (Gc 2, 17), la nostra Diocesi di San Marino-Montefeltro, propone dei progetti da condividere con ciascuno di noi e a sua volta con i poveri. Il Centro Missionario e la Caritas Diocesana, facendo proprie le indicazioni di tutta la Chiesa e del nostro vescovo Luigi, invitano le comunità della Diocesi a sostenere i seguenti due progetti:

L’agricoltura è l’attività economica prevalente della zona e consiste soprattutto nella produzione di cereali e nell’allevamento di bestiame; solo una piccola percentuale della popolazione è impiegata in attività non agricole. Il progetto intende offrire un contributo per ristrutturare la sacrestia, ampliare la chiesa e acquistare le panche per permettere ai fedeli, in considerevole aumento, di assistere alla S. Messa in Chiesa e in modo meno scomodo: attualmente molti sono costretti a rimanere fuori dall’edificio e seduti per terra.

1. ETIOPIA: Parrocchia di “DURAME KIDANE MEHERET”

2. ECUADOR: Parrocchia “BEATO PIO IX” dell’Arcidiocesi di Portoviejo

“Allargamento della chiesa parrocchiale, acquisto di panche per i fedeli e ristrutturazione della sacrestia”.

La Chiesa cattolica “Durame Kidane Meheret” è situata nel Sud dell’Etiopia, nella regione del Kambatta Tambarro, la cui capitale è la città di Durame. Questa parrocchia fa parte del nuovo Vicariato Apostolico di Hosanna, conta più di 5.000 fedeli e dista circa 350 km da Addis Abeba. Secondo il rapporto del 1986, la densità della popolazione è di 489,29 persone per km2 e sta ulteriormente aumentando. La temperatura nel corso dell’anno, varia da un minimo di 16 °C ad un massimo di 30 °C, con una altitudine che va da 800 a 3.208 metri/s.l.m.

“Costruzione di 5 aule per la formazione umana e cristiana dei bambini”.

“La Parrocchia Beato Pio IX, appartenente alla arcidiocesi di Portoviejo, è stata eretta 10 anni fa e conta una popolazione di 22.300 abitanti. La maggior parte di essa si dedica al commercio formale e informale (ambulanti), specialmente nel Mercato cittadino, ubicato proprio nel territorio della nostra circoscrizione ecclesiastica. In molti casi la loro rimunerazione non arriva a coprire neanche le necessità più vitali della propria famiglia, specialmente quando ci sono figli. Si tratta di una parrocchia pastoralmente viva: in questi anni sono stati formati quasi 370 Agenti di Pastorale che colla-

borano nella catechesi, nella pastorale dei malati, nella promozione umana, nell’aiuto, nell’animazione dell’Infanzia Missionaria e nel servizio liturgico. Attualmente frequentano gli incontri più di 1.300 bambini, provenienti generalmente da famiglie difficili o caratterizzate da disintegrazione sociale. La catechesi ha una frequenza settimanale, ma dobbiamo organizzare anche doppi turni durante tutta la settimana, perché vi sono solamente due aule disponibili allo scopo. In questi dieci anni i catechisti e i genitori hanno lavorato insieme per costruire le due aule menzionate, che, tuttavia, non soddisfano la grande esigenza di spazi; per questo riteniamo prioritario costruire almeno altre cinque aule, nel terreno stesso della Parrocchia, per dare ai nostri bambini ambienti sufficienti e degni, in cui possano essere educati nella fede e nell’esperienza vitale di Chiesa, mediante l’incontro con Gesù”. (P. Walter J. Coronel M., responsabile e referente del progetto) ***

È stato programmato un campo di lavoro Missionario in ECUADOR, dal 2 al 24 agosto 2013. Chi è interessato/a a parteciparvi è pregato di contattare il Direttore del Centro Missionario Diocesano, don Rousbell Parrado (cell. 3385765224; e-mail rousbelp@yahoo.com). Le iscrizioni sono aperte fino al 31 marzo 2013 e si considerano chiuse al numero limite del gruppo di 12 persone *** MARCIA – VEGLIA MISSIONARIA: NOVAFELTRIA-TALAMELLO Venerdì 22 marzo, ore 20.30: partenza dalla Piazza centrale di Novafeltria e arrivo al Santuario di Gesù Crocifisso di Talamello. Al termine della marcia porteranno la loro testimonianza alcuni Missionari. Si raccomanda vivamente a tutte le Parrocchie, Associazioni, Movimenti e Gruppi della Diocesi la partecipazione a questo evento ecclesiale. Ai partecipanti viene chiesto di privarsi, venerdì 22 marzo, della cena e di devolvere il corrispettivo in denaro per le suddette micro-realizzazioni. I Responsabili


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SPECIALE CONGEDO DAL VESCOVO

S’INTENSIFICANO IN DIOCESI GLI APPUNTAMENTI FISSATI PER IL SALUTO AL VESCOVO NEGRI

Per salutare e ringraziare un grande amico A SERRAVALLE UNA SERATA DIVERSA E RICCA DI MOMENTI ANCHE DI SPETTACOLO “Una serata fra amici per salutare e ringraziare un grande amico”: con questo titolo Serravalle ha dato vita, sabato 12 gennaio, ad un momento di incontro e di ascolto presso il Centro Polivalente di piazza Bertoldi, per stringersi attorno al Vescovo Mons. Luigi Negri che fra pochi giorni lascerà la Diocesi di San Marino Montefeltro per insediarsi nella nuova sede di Ferrara Comacchio. Il gesto è stato introdotto dal padrone di casa, il Capitano di Castello Leandro Maiani. Si sono susseguiti diversi artisti, coordinati e presentati dal musicista Daniele Donati che ha dato il La con un brano di Benigni e Piovani (“Quanto t’ho amato”) e ha concluso con una sua composizione dedicata all’amicizia. Il coro parrocchiale di Serravalle, diretto da Claudia Gasperoni, ha eseguito alcuni dei brani più belli del suo repertorio. Il poeta Checco Guidi ha letto la sua poesia dedicata alla visita di papa Benedetto XVI (Acse’ znin, acse’ grand, così piccolo, così grande). Il pianista Davide Bianchi dell’Istituto della musica Armonia di Urbino ha eseguito l’Improvviso op. 90 n. 3 di Schubert; il più giovane collega Davide Cesari, bellariese, del Distretto musicale Valmarecchia, ha allietato i più giovani con un brano di Yruma (River flows in your). Al centro della serata il sipario umoristico con la straordinaria partecipazione di Giampiero Pizzol che ha interpretato uno dei suoi personaggi più riusciti Frate Godenzo del Montecucco, il religioso mattacchione che ha onorato e, come d’obbligo, anche un po’ dileggiato il Vescovo uscente. Adolfo Morganti ha rappresentato a pieno titolo la Cultura leggendo un brano di sant’Ireneo: è seguita la visione di uno speciale di San Marino TV realizzato da Annamaria Sirotti (http:// www.smtvsanmarino.sm/video/vetrina/nel -solco-pietro-11-01-2013), dove il Vescovo ha ricordato che nella vita tutti noi abbiamo bisogno di un padre (come è stato Giovanni Paolo II), ma anche di un maestro (come si è dimostrato Benedetto XVI). Infine mons. Negri ha preso la parola con un discorso a cuore aperto, che ha stupito e commosso i presenti. Ringraziando per questa serata informale e spontanea fra amici, ha ricordato che l’amicizia è la più

grande parola cristiana, prima non c’era e non c‘è fuori da Gesù Cristo. Dio chiama all’amicizia l’uomo e se questi risponde diventa suo amico. Così nasce la Chiesa, generata attraverso lo Spirito nella persona del Vescovo, amico di Dio che rende amici di Dio gli uomini. “Questa è la mia grande esperienza di questi anni. L’amicizia coinvolge e comprende tutto, neanche un capello, un pensiero, una lacrima, sono lasciati fuori. Il Signore mette dentro tutto in questa ami-

cizia, dove è possibile anche il tradimento (anch’io ne ho fatto esperienza)”. La serata è terminata con l’offerta al presule di alcuni doni: il video di SMTV, un’icona donata da Morganti ed un quadro della pittrice Giulietta Cavalieri con l’azzurra vision di San Marino che lo accompagnerà nella sua discesa verso il Po. Li ha consegnati Matteo Tamagnini, responsabile del Centro Sociale Sant’Andrea, che ha organizzato la serata. 14 gennaio 2013

“Carità senza Confini” ringrazia mons. Negri

L’Associazione “Carità senza Confini” onlus di San Marino desidera ringraziare Mons. Luigi Negri, alla vigilia della Sua partenza per il nuovo incarico, per gli anni che ha dedicato alla nostra Diocesi quale Vescovo, dimostrandosi attento e premuroso pastore. In particolare noi vogliamo esprimergli la nostra riconoscenza e il nostro apprezzamento per la costante attenzione che ha sempre riservato alla nostra Associazione, per la partecipazione assidua agli annuali Incontri di Solidarietà, per tutte le volte che ha reso visibile la Sua premura verso i giovani, sollecitandoli ad interrogarsi sul bene della vita e richiamandoli all’impegno di condividere la propria vita come Cristo ha condiviso la Sua, facendo della carità una “dimensione della nostra vita quotidiana”. Come Associazione di volontariato abbiamo apprezzato i suoi interventi dai quali emergeva un chiaro orientamento e una precisa definizione, richiamando con vigore la nostra attenzione al cuore di tutte le questioni: il rapporto dell’uomo con il senso vero e ultimo della sua vita che, per noi cristiani, non può prescindere dal rapporto con Dio. Un ringraziamento particolare per le parole che ha sempre rivolto all’Associazione: riconosciamo in questo la testimonianza della Sua sensibilità e del Suo interesse per il nostro umile impegno in nome della carità. Il Suo sostegno ci sprona nel continuare e nel rafforzare questo impegno a favore dei poveri e dei deboli, nella certezza che la carità vissuta nei confronti del prossimo sia anche impegno per la giustizia e la pace. Con questi sentimenti rivolgiamo a Mons. Luigi Negri i migliori auguri per il prossimo importante impegno pastorale. L’Associazione “Carità senza Confini” onlus

Saluto di commiato e ringraziamento ricevuto da Sua Eccellenza dal titolare di un’azienda locale

Eccellenza Monsignor Luigi Negri, con profondo dispiacere Le porgiamo un affettuoso saluto ringraziando di cuore per quanto Lei ha fatto per la nostra Diocesi. Lei è rimasto nei nostri cuori e faremo tesoro dei Suoi insegnamenti. Per noi non è un addio, ma un arrivederci. Le auguriamo grandi soddisfazioni per il nuovo incarico. Con affetto.


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SPECIALE CONGEDO DAL VESCOVO

S’INTENSIFICANO IN DIOCESI GLI APPUNTAMENTI FISSATI PER IL SALUTO AL VESCOVO NEGRI

Una serata fra amici

di Daniele Donati

Matteo Tamagnini non è nuovo a questi scherzetti. Prima ti invita ad una pizza per ricordare la bellissima esperienza dell’ufficio stampa alla visita del Papa, poi ti dice che la stessa sera ci sarà una serata dedicata al saluto al Vescovo che se ne va a Ferrara, poi… “Ah, già che ci sei, non è che mi daresti una mano a presentare?”. Dopo il primo sì, gli altri seguono inevitabilmente a ruota e così mi trovo insolitamente elegante a fare il padrone di casa in una serata molto particolare in terra “straniera”. Penso a Negri come ad un amico di vecchia data e non so mai se dargli del tu come facevo una volta o del lei come si conviene a una Sua Eccellenza di Santa Madre Chiesa. Ogni volta finisce con una Buona… ciao. Gli ho voluto dedicare “Quanto t’ho amato” di Benigni, perché mi pare in linea con le parole stampate sull’invito: “Ho amato questa Chiesa e in essa ciascuno di voi con tutte le mie forze” e anche perché termina ricordando che “in amor le parole non contano, conta la musica”. Ne fa fede un’interpretazione magistrale dell’Improvviso di Schubert da parte di Davide Bianchi che fa trattenere il respiro anche ai più lontani e mi costringe a ringraziarlo pubblicamente citando Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. L’ispirata poesia di Checco Guidi sul Papa: “furs t’u suris l’aviva un voil ‘t tristèza, el trasmitiva gioia e… tenerèza” evoca le parole familiari di Don Giussani: “Come sono belle le cose che fanno ridere e piangere insieme!” ed introduce adeguatamente Pizzol che inizia il suo intervento scherzando con i giornali locali. “Il Resto del Carlino ha descritto la situazione con la sua tradizionale precisione svizzera. ‘Negri va in Ferrari... Seconda guida con Alonso’ “. Si ride tanto con Gianpiero, tutti ci chiediamo quando lo ritroveremo a Zelig, ma in fondo è anche bello che rimanga solo nostro, così abbiamo l’esclusiva di goderci questo comico romagnolo che interpreta un frate mattacchione preoccupato che giù nella bassa ci sia “un tale livello di inquinamento che i passerotti della pineta, anziché cinguettare tossiscono; per non parlare dei bagni di Ferrara, che sono talmente stretti che pare che per fare le ciambelle dei water usino le caramelle Polo”. Dopo tanto riso, una stoccata finale: “in questa situazione di Ferrara che, abbiamo visto è un po’ critica, noi mandiamo il nostro Vescovo come una pecora in mezzo ai lupi e tutti pensiamo… poveri lupi!”. Proprio una bella serata, grazie Matteo per avermi indotto a partecipare e vorrei citare l’entusiasmo del coro, la bravura di Davide Cesari, la raffinatezza di Adolfo Morganti e la grande umanità che traspare nelle parole di Negri, il quale descrivendo gli ultimi due Papi implicitamente confessa che un vescovo porta su di sé il compito arduo di rappresentare il temperamento di entrambi: la paternità e il magistero. Essere Padre e Maestro è il duplice compito che alberga nel cuore di un vescovo. In bocca al lupo Sua Eccellenza e porta tutti noi nel cuore, noi che abbiamo imparato e assaporato anche grazie a te la grande ricchezza della fede nella nostra vita. 14 gennaio 2013

ACSE’ ZNIN... ACSE’ GRAND di Checco Guidi

U stadio at Seraval l’è pin at génta; us circa e’ post, us priga, us boi, us chénta. La confusioun... l’atoisa... l’emuzioun, e finalmènt l’ha fàt l’aparizioun: Sua Santità l’è ‘rvàt vistid at biénch, l’è pas pòch dlangh da me, girèd s’e’ fiénch. Sla mèna u salutèva e e binidiva, cuntènt... un po’ surprois... u suridiva; furs t’u suris l’aviva un voil ‘t tristèza, el trasmitiva gioia e... tenerèza. E cla figura ad om, soul... indifois, l’amniva pelegroin t el nòst Pajois prì dè fiducia, Lu tènt omli e znin, ma génta d’ogni età, vic e burdlin. Mo quand u c’ha trasmès u Su mesagg, sa tènta forza e anchè sa tènt curagg, al’impruvisa Lu l’è dvènt tènt Grand da dimustrè da putè règia e’ Mand. Perché quandè ch’u zcàrr ‘t pèsa e d’amour l’è el discèndènt dirètt del nost Signour, la Pjitra du che la è stè incisa l’improunta Universèla dla Su Cisa! (traduzione) Così piccolo... così grande

Lo stadio di Serravalle è gremito; / si cerca il posto, si prega, si beve, si canta. / La confusione... l’attesa... l’emozione, / e finalmente è apparso: / Sua Santità è arrivato vestito di bianco, / è passato poco distante da me, girato su un fianco. / Con la mano salutava e benediva, / contento… un poco sorpreso... sorrideva; / forse in quel sorriso traspariva un velo di tristezza, / trasmetteva gioia e... anche tenerezza. / E quella figura di uomo, solo... indifeso, / veniva pellegrino nel nostro Paese / per dare fiducia, Lui tanto umile e all’apparenza fragile, / a persone di ogni età, anziani e bambini. / Ma quando ci ha trasmesso il Suo messaggio, / con tanta forza e con tanto coraggio, / all’improvviso Egli è diventato tanto Grande / da dimostrare di poter governare il mondo. / Perché quando il Papa parla di pace e di amore / è il discendente diretto del nostro Creatore, / è la Pietra sulla quale è stata incisa / l’impronta della Sua Chiesa Universale.


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SPECIALE CONGEDO DAL VESCOVO

S’INTENSIFICANO IN DIOCESI GLI APPUNTAMENTI FISSATI PER IL SALUTO AL VESCOVO NEGRI

“Caro Vescovo, per noi sei stato un padre” “Caro Vescovo, per noi sei stato un padre. Anche se ora vai via, noi ti porteremo sempre nel nostro cuore e le nostre preghiere ti accompagneranno ogni giorno della tua nuova vita. Non ti dimenticheremo mai, padre”. Queste le parole di un canto che la Comunità Cattolica Africana di Lingua Inglese di Piandimeleto ha scritto ed eseguito in onore di S.E. Mons. Luigi Negri, in occasione della cena svoltasi al Centro Sociale San Biagio di Piandimeleto il 22 dicembre scorso. Questo incontro è stato voluto per ritrovarsi ed incontrarsi – volontari della Caritas Interparrocchiale di Belforte all’Isauro, Frontino, Lunano e Piandimeleto e loro assistiti – insieme a Mons. Negri che tanto aveva apprezzato e sostenuto, oltre che approvato, l’inaugurazione ed il riconoscimento ufficiale, nella nostra Diocesi, della Comunità Cattolica Africana nel settembre 2012. E, purtroppo per tutti noi, tale occasione si è trasformata anche in una cena di arrivederci al nostro Vescovo dopo l’annuncio dell’1 dicembre 2012, del suo prossimo trasferimento nella Diocesi di Ferrara-Comacchio. Il Centro Sociale si è presto riempito di circa 130 persone, tra cui, oltre agli assistiti Caritas ed ai volontari, erano presenti il Direttore della Caritas Diocesana, Diacono Giovanni Ceccoli (che si è prodigato ufficialmente ed attivamente perché questo evento prendesse corpo), don Rousbell (parroco di Piandimeleto), don Francesco (parroco di Belforte all’Isauro), don Graziano (parroco di Macerata Feltria, unitamente ad alcuni cari amici della Caritas di Macerata, che hanno voluto essere presenti, con nostro grande piacere), don Fidelis (vice-parroco di Piandimeleto, nonché pastore della Comunità Cattolica Africana) e Loris (seminarista diocesano e nostro costante tramite tra la Caritas Diocesana e il nostro Centro d’Ascolto). È stato un momento davvero bello e conviviale, oltre che ricco di emozioni, in cui le varie etnie della comunità africana e le religioni, cattolica e musulmana, rappresentate nel nostro Centro Caritas, hanno trascorso insieme momenti di serenità e fratellanza, sotto l’abbraccio paterno di Mons. Negri, che hanno voluto salutare e ringraziare della sua presenza fra noi: così Mathews, della comunità nigeriana cattolica e Fatimata, senegalese, musulmana (impegnata anche attivamente nelle attività della Croce Rossa Italiana) che sta collaborando per alcuni progetti con il nostro Centro d’Ascolto Interparrocchiale. Dopo la cena vera e propria (preparata dai volontari della Caritas di Piandimeleto,

Belforte, Frontino, Lunano e con il contributo di Maty, della comunità senegalese, che ha preparato un piatto della tradizione della sua terra, così come Benedetta, dell’etnia igbu nigeriana), ecco che iniziano le musiche e danze africane: i ritmi degli

un piccolo mondo multietnico, perciò ricco, nelle nostre parrocchie. Eccellenza, ci porti nel cuore, ovunque l’obbedienza al Santo Padre La porterà, e ci ricordi e sostenga nelle Sue preghiere, ne abbiamo tanto bisogno. Noi faremo altrettanto e, come già confidatoLe la sera della cena, dall’1 dicembre 2012 siamo tutti già un po’ orfani! Grazie per tutto quello che ha fatto per noi. Sonia Rosaspina (Centro Caritas Interparrocchiale di Belforte all’Isauro, Frontino, Lunano e Piandimeleto)

strumenti a percussione riempivano l’aria e “costringevano” a muovere le gambe per partecipare alla danza… Poi le voci… i canti dell’Africa, a me molto cari, che entrano nel cuore, suscitando non poche emozioni… E il danzare insieme, bianchi e neri, adulti e bambini… bellissimo!!! Mons. Negri ha voluto salutarci con un invito: quello di continuare sulla via della convivenza amichevole e dell’integrazione tra culture, religioni, persone provenienti dai vari Paesi del mondo. Tanta strada c’è ancora da fare…. Armonizzare culture, tradizioni, abitudini diverse non è affatto facile!! Ma il nostro Centro Interparrocchiale crede molto nella possibilità di riuscirci, conoscendoci a vicenda, stabilendo rapporti di correttezza reciproca, di rispetto e di fiducia, per poi arrivare all’amicizia, all’essere

P.S.: un grazie a tutti, proprio tutti, i volontari Caritas, ed in particolare a Pia (la nostra “sicurezza” e capacità organizzativa, oltre che ottima cuoca); Anna (la disponibilità sempre e comunque); Bibiana (l’esperienza e la collaborazione come stile di vita); Gabriella (l’entusiasmo e la carità cristiana in persona); Zaira (tutto appare più facile con lei.. alleggerisce i “pesi” di chi ha vicino semplicemente guardandolo negli occhi. I suoi problemi? Li affronta con un sorriso!); Miriam (sempre pronta ad aiutare materialmente e moralmente: grazie!); Melissa (ha tanti impegni ma è sempre pronta a prenderne uno in più per sollevare gli altri); Variana (poche parole, ma tanti, tanti fatti, e occhi che parlano ed emozionano); Giuliana (ad ogni richiesta di aiuto risponde: “Io ci sono!”, che meraviglia!); Beatrice (la simpatia che rasserena anche le giornate più nere! E quante ce ne sono!!!); Elena (la riservatezza e la dolcezza ricca di gesti e collaborazione). GRAZIE DI CUORE!!! Sonia

Il ringraziamento e il saluto di una giovane

Eccellenza carissima, Le sono riconoscente per la cura e l’attenzione che ha maturato per questa nostra Chiesa particolare. Credo fermamente che quanto abbiamo vissuto e condiviso insieme a Lei in questi anni sia stato realmente significativo per la nostra crescita umana e per la nostra formazione cristiana, sia personale, sia comunitaria. Eccellenza, continui a guidarci con la Sua preghiera, così come noi La affidiamo quotidianamente al Signore. Preghiamo affinché la B.V. Maria, Madonna delle Grazie, e i Santi Patroni Leone e Marino custodiscano il Santo Padre, Lei e i nostri sacerdoti, e aiutino il popolo cristiano a seguire in obbedienza il loro pastore. Colgo l’occasione per porgerle, anche a nome della mia famiglia, gli auguri di un Santo Natale. Cordiali saluti.


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PREGHIERA

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - FEBBRAIO 2013

’offerta quotidiana santifica la tua giornata. Cuore divino di Gesù, io ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre. In particolare, per le intenzioni affidate all’AdP dal Papa:

Donne in migrazione

PER L’INTENZIONE AFFIDATA DAL PAPA PER IL MESE DI FEBBRAIO

❏ “Perché LE FAMIGLIE MIGRANTI, in particolare le madri, siano sostenute ed accompagnate nelle loro difficoltà”. econdo l’Organizzazione Internazionale dei Migranti (OIM) il numero dei poveri in giro per il mondo, che era di 150 milioni nell’anno 2000, sotto la pressione della miseria, delle guerre, dei cambiamenti climatici e dei disastri naturali, sarebbe già arrivato a 214 milioni nell’anno 2010. Fino a pochi anni fa, la maggior parte dei migranti era costituita da padri di famiglia, che venivano a guadagnare qualche soldo da mandare alla moglie ed ai figli, nella prospettiva di ritornare un giorno nella loro terra. Oggi, invece, l’emigrazione è sempre più femminile: sono milioni di donne, che, senza documenti, spesso diventano vittime del mercato degli esseri umani nei gorghi della delinquenza e del vizio organizzati. Il numero complessivo delle donne in migrazione tende ad uguagliare ormai quello degli uomini. Ciò ha riflessi di grande rilevanza sul mondo femminile. Si pensi innanzitutto alle donne che vivono la lacerazione degli affetti, per aver lasciato la propria famiglia nel Paese d’origine. Spesso ciò è la conseguenza immediata di leggi che ritardano, quando addirittura non rifiutano, il riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare. Se si può comprendere un provvisorio rinvio della ricomposizione della famiglia per favorirne la successiva, migliore accoglienza, si deve respingere l’atteggiamento di chi la rifiuta, quasi si trattasse di una pretesa senza alcun fondamento giuridico. A questo proposito l’insegnamento del Concilio Vaticano II è esplicito: Nel regolare l’emigrazione sia messa assolutamente al sicuro la convivenza domestica (Apostolicam actuositatem, 11).

S

C’è da sottolineare il fatto che, nella situazione di emigrazione, il peso della famiglia viene sovente a ricadere in buona parte sulla donna. Le società più evolute, che maggiormente attirano i flussi migratori, creano già per i propri componenti un ambiente in cui i coniugi si sentono spesso costretti a svolgere ambedue un’attività lavorativa. A tale sorte soggiacciono anche maggiormente quanti in esse si inseriscono da migranti: essi devono sottoporsi a ritmi di lavoro spossanti sia per provvedere al quotidiano sostentamento familiare, sia per favorire l’attuazione degli scopi per i quali hanno lasciato il loro Paese d’origine. Una simile situazione impone in genere i compiti più gravosi alla donna, che di fatto è costretta a volgere un doppio lavoro, ancor più impegnativo quando ha figli da accudire. Nella Familiaris consortio, al numero 77 si dice: «Le famiglie dei migranti… devono poter trovare dappertutto, nella Chiesa, la loro patria. È questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo segno di unità nella diversità». Tocca a noi credenti farci carico di questi più poveri tra i poveri. Si tratta di incoraggiare tante persone, che sono distrutte interiormente, a ritrovare la fiducia in se stessi. Si tratta di operare affinché siano difesi i loro diritti e la loro dignità. Si tratta di offrire loro un alloggio a prezzi onesti e convenienti, rinunciando ad approfittare della loro presenza in mezzo a noi per far soldi con affitti da strozzinaggio. D’altra parte va chiesto loro uno sguardo aperto e positivo verso la società che li accoglie, facendoli sentire partecipi di quella costruzione della “casa comune”, “casa di tutti”, che si profila all’orizzonte.

INTENZIONE PROPOSTA DAI VESCOVI ITALIANI

❏ “Perché LE PERSONE CONSACRATE diano testimonianza che seguire Gesù Cristo con cuore libero e ardente nel

Rinunce e sacrifici, strada alla gioia

servizio dei fratelli conduce alla vera gioia”.

opo aver descritto la vocazione religiosa, il Concilio Vaticano II afferma: «Perciò la professione dei consigli evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana» (LG 44). Ciò significa che l’impegno radicale dei consacrati nella sequela di Cristo, incoraggia tutti i cristiani a prendere una coscienza più viva della propria chiamata e ad apprezzarne meglio la bellezza; li aiuta ad accettare con gioia gli impegni che fanno parte della loro vocazione e li stimola ad assumere compiti che rispondano ai bisogni concreti dell’attività apostolica e caritativa. La vita consacrata è dunque un segno che rafforza lo slancio di tutti nel servizio del regno. Cerchiamo di approfondire il contenuto di questo insegnamento conciliare. Anzitutto possiamo dire che lo stato religioso rende pre-

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sente, nel momento attuale come in tutti i tempi della storia cristiana, la forma di vita assunta dal Figlio di Dio incarnato. Perciò fa scoprire meglio il Cristo del Vangelo. Coloro che attualmente seguono Gesù, abbandonando tutto per lui, rievocano gli apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciarono a tutto il resto (…). La vita secondo i consigli evangelici manifesta la soprannaturale e trascendente maestà del Dio Uno e Trino e, in particolare, l’altezza del piano del Padre che ha voluto il dono completo della persona umana come risposta filiale al suo infinito amore. Essa rivela la forza attrattiva di Cristo, Verbo incarnato che si impadronisce di tutta l’esistenza per nobilitarla nella più alta partecipazione al mistero della vita trinitaria; al tempo stesso, essa è segno della potenza trasformante dello Spirito Santo che effonde in tutte le anime i doni dell’eterno Amore e vi opera tutte le meraviglie dell’azione redentiva.


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IN RICORDO

La scomparsa di Otello Giovanetti Grande cordoglio per la morte di Otello, uomo di fede, figura esemplare di insegnante impegnato nel sociale e nella politica, incaricato per diversi anni dell’Ufficio IRC diocesano per il quale ha profuso tutta la sua esperienza e tutto il suo amore per la scuola. Ci ha lasciato il 23 dicembre all’età di 79 anni. È stato ricordato da tante persone che hanno partecipato numerose alle esequie celebrate nella Pieve di Ponte Messa, accompagnandolo poi nella sua ultima dimora, il piccolo cimitero di Sant’Antimo. Qui anche noi vogliamo ricordarlo e partecipare al cordoglio dei suoi familiari con la pubblicazione dell’omelia pronunciata dal concelebrante Don Armando Evangelisti.

L’omelia di Don Armando Evangelisti

Stiamo dando l’ultimo saluto ad un amico carissimo, totalmente immersi nell’atmosfera natalizia, con la statuina del bimbo Gesù, che ci sorride dalla culla e gli addobbi natalizi che parlano di vita e di gioia. Potrebbe sembrare un controsenso parlare di morte, in questo clima gioioso. Invece è proprio questa atmosfera natalizia, che rende il nostro “addio” all’amico Otello più consolante, più vero, più profondo. Dio s’è fatto come noi, per farci come lui! Ecco la consolante verità, che cambia completamente la visione della morte. Siamo usciti dalle mani di Dio, che ci ha creato, per vivere sempre. Siamo fatti per l’eternità, e la vita presente serve solo per preparare quella futura. “Io sono la Risurrezione e la Vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno”. Siamo qui accanto alla bara di un fratello, che nella sua vita terrena ha avuto la fortuna di incontrare Cristo. Ora chi incontra Cristo entra in comunione con la vita stessa ed ha già attraversato la soglia della morte, perché è in contatto con la vita vera. Nell’eucaristia entriamo in contatto, anzi in comunione, con il corpo risorto di Cristo, entriamo nello spazio della vita già risorta, della vita eterna. Il Signore nel Vangelo di Giovanni dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Vita in abbondanza non è, come alcuni pensano, consumare tutto, avere tutto, poter fare tutto ciò che si vuole. In quel caso vivremmo per le cose morte, vivremmo per la morte. Vita in abbondanza è essere in comunione con la vita vera, con l’amore infinito. È così che entriamo realmente nell’abbondanza della vita e diveniamo portatori della vita anche per gli altri. Il cristiano è colui che va verso Cristo ogni giorno, anche se la sua vita è contraddetta dal peccato e dall’infedeltà, connaturati alla fragilità della condizione umana. E Gesù non lo respinge (“colui che viene a me, non lo respingerò!) anzi lo abbraccia, gli chiede di accogliere la remissione dei peccati e lo conduce nella via eterna rivelandogli: “Chi crede in me ha la vita eterna: io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Davvero la morte è un passaggio, una “pasqua”, un esodo da questo mondo al Padre. Per questo i primi cristiani amavano definirsi: “Coloro che non hanno paura della morte”. Dando il nostro “addio” ad Otello noi ricordiamo con piacere queste solenni verità e gli diciamo grazie perché Otello ha cercato di «raccontarci, con la sua esistenza, che la vita cristiana è “buona”». Annunziare Cristo è compito di ogni cristiano e proprio ai nostri giorni, di fronte ad un mondo sempre più materialista, sempre più pagano, occorrono uomini e donne che narrino con la loro esistenza che la vita cristiana è buona. Otello ha saputo svolgere questo compito, ha saputo fare della sua vita un esempio di vita cristiana proprio nel settore oggi più malfamato, il settore della politica. Sorrideva sempre compiaciuto quando gli dicevo: “Adesso capisco perché il Signore ti ha chiamato fuori del sacerdozio: c’era da dare testimonianza in un campo ancora più difficile, ancora più importante: quello del servizio nella cosa pubblica”. Un politico pulito, onesto, galantuomo che ha saputo mettere sempre gli interessi della popolazione prima dei suoi interessi personali, familiari o di partito, oggi ci appare una rarità, specialmente se lo guardiamo sullo sfondo dello sfacelo politico progressivo, che la televisione quotidianamente ci racconta. Otello si era preparato con impegno e dedizione per essere un bravo parroco in una delle tante parrocchie del Montefeltro: siamo stati insieme compagni di classe per dodici anni, prima nelle medie e nel ginnasio nel Seminario di Pennabilli, poi nel liceo e nella teologia nel Seminario regionale di Fano. Quando stavamo per concludere il percorso, Otello ha scoperto che il Signore lo chiamava a dargli testimonianza in settori altrettanto difficili, come quello della scuola e della politica. Onore al merito: oggi dobbiamo dirgli grazie per essere stato un cristiano autentico in tutti gli impegni assunti. Davvero si può dire di lui, che ha anticipato il programma di vita suggerito dal Papa nello stadio di Serravalle: siate cristiani vivi, attivi, responsabili! Stavamo scherzosamente programmando la nostra vecchiaia (essendo ormai tutti e due sulla soglia degli ottanta) quando per lui è arrivata sorella malattia. Voglio segnalare – a comune edificazione – la straordinaria tranquillità d’animo dimostrata nella tribolazione: mai un lamento, mai una recriminazione. Molto l’hanno sorretto il filiale, sincero affetto e le straordinarie, ammirevoli premure di familiari e nipoti, ma certamente l’ha sostenuto la sua fede, che gli ha fatto guardare in faccia serenamente sorella morte. Quando gli ho detto: In virtù della facoltà datami dalla Sede Apostolica, io ti concedo l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i peccati, nei suoi occhi spalancati c’era un “grazie” grande come il monte Carpegna. Ora pregherà per noi, che per lui stiamo offrendo a Dio la nostra preghiera di suffragio.


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IN RICORDO

I nipoti: ci hai insegnato che non si finisce mai di essere un “maestro” Se penso ai ricordi legati allo zio, mi vengono alla mente tante situazioni, frasi, immagini che hanno lasciato il segno nella mia vita e in quella di tutti i parenti. Segni che si trasformano inevitabilmente in insegnamenti. Caro zio, ci hai insegnato che non bisogna necessariamente avere dei figli per essere un padre. Ci hai insegnato che i rapporti umani vanno curati con le piccole attenzioni: una telefonata, un biglietto, un regalo, un sorriso, una visita. Ci hai insegnato che la generosità non si misura. Ci hai insegnato che i legami tra le persone vanno continuamente coltivati che si può essere presenti anche se lontani. Ci hai insegnato che dopo la pensione si può ancora essere attivi e utili agli altri. Ci hai insegnato che si può essere giovani a qualsiasi età: a noi nipoti dicevi sempre che avevi 28 anni. E io ci credevo. Ci hai insegnato che si può essere eleganti in ogni situazione, perché è uno stato dell’anima. Ci hai insegnato che leggere è importante, apre la mente e il cuore. Ci hai insegnato che bisogna ricordarsi delle ricorrenze di tutti, parenti e amici. Ci hai insegnato che non si finisce mai di essere un “maestro”. Ora tocca a noi fare in modo che questi e altri insegnamenti rimangano vivi. Da parte nostra: mia, di Simonetta, Roberto, Katia, Sandro, Barbara e Monia, grazie.

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IL CINEMA ARRIVA ANCHE A SAN MARINO CON IL “SAN MARINO FILM FESTIVAL” La prima edizione del “San Marino Film Festival”, si è vista dedicare sei intere giornate all’insegna del cinema internazionale dal 10 al 15 dicembre 2012, dedicate al poeta e sceneggiatore Tonino Guerra. Esposto sul Palazzo del Cinema possiamo ammirare il manifesto, come simbolo di ottima riuscita di questo nuovo progetto, che ci invita a partecipare calorosamente alla seconda edizione del Festival che si terrà dal 9 al 14 dicembre 2013, evento annunciato durante la conferenza stampa da Roberto Valducci, patron dell’evento. La manifestazione, la cui direzione artistica era presieduta da Romeo Conte, ha proclamato come miglior film Io sono Li del regista Andrea Segre; come miglior regia, il premio è stato assegnato a Pippo Mezzapesa con Il paese delle sposi infelici. Hanno vinto il premio rispettivamente come miglior attore e miglior attrice Luca Zingaretti ne La kriptonite nella borsa che ha vinto il premio anche come miglior sceneggiatura per i lungometraggi e Laura Morante ne Appuntamento ad Atene. Come miglior documentario è stato premiato Il mundial dimenticato e come miglior cortometraggio La sera prima, mentre come sceneggiatura per i corti è stato scelto Pizza Verdi. Alfonsina y el mar ha ricevuto il premio Tonino Guerra per la poetica e la visionarietà che ha saputo trasmettere. Premiate anche Sophia Loren per aver inaugurato il Festival e Lucia Bosé che ha ricevuto il premio alla carriera. Eccellenti le emozioni vissute durante tutta la durata del Festival, che si è dimostrato «in grado di elogiare la qualità dei film italiani e che cerca di incoraggiare soprattutto i giovani autori e appassionati del mestiere», così come ha annunciato Pupi Avati, presi-

dente di giuria dei lungometraggi, ed è proprio con questa esortazione che conclude il suo discorso durante la conferenza stampa: «Che eventi come questi incitino i nuovi talenti a continuare, a non cedere allo scoraggiamento». La scelta del tipo di film proiettati all’interno del festival è stata proprio la decisione che probabilmente ha messo in risalto questa manifestazione. Infatti all’evento sono state proiettate pellicole appartenenti al cinema d’autore, ovvero ad un cinema più sperimentale e indipendente, difficilmente trovabile in un multisala e questo secondo me è stato uno dei punti forti del festival. Oltre a pellicole appartenenti al cinema d’autore sono stati trasmessi dei film “storici” come Amarcord, Le ragazze di piazza di Spagna, Matrimonio all’italiana e Blow up e il film Fabrizio Misce Caselli, un atleta, un uomo, un eroe, con la presenza dell’atleta in sala. Unica pecca a questo festival è stata la scarsa partecipazione da parte del pubblico, che probabilmente potrà essere alimentata per la prossima edizione informandolo ogni giorno della programmazione prevista per il giorno successivo tramite giornali e siti web. Ed è proprio uno degli obiettivi che sicuramente il “San Marino Film Festival” raggiungerà nella prossima edizione! Melissa Nanni


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CRONACA

Il Coro parrocchiale di Serravalle si presenta Qualche giorno fa un amico ci ha chiesto di scrivere un articolo di presentazione per questo giornale. E così eccoci qua. Siamo il coro della parrocchia di Serravalle, un gruppo di circa venti persone che vanno dai diciotto agli… beh, non c’è limite d’età per chi ama cantare! Siamo tutti cresciuti in questa parrocchia con il catechismo, la Colonia di Chiusi di La Verna, l’Ac e Don Peppino. Da quando eravamo ragazzini animiamo la Santa Messa della nostra parrocchia, in modo particolare quella domenicale delle 11:15. Ci accomuna la grande passione per il canto e la musica e la consapevolezza che essi avvicinano a Dio mutandosi in gioiosa preghiera. Per diversi anni siamo stati un coro un po’ scalcinato, con tanta voglia di cantare, ma poca esperienza e molte

difficoltà, anche ad impegnarci seriamente. Poi, stufi delle figuracce, abbiamo deciso di impegnarci a fondo e finalmente, dopo tantissime prove, con l’aiuto anche di altri cori e con l’ingresso di alcuni elementi musicalmente molto validi, siamo cresciuti e abbiamo raggiunto un livello dignitoso. A proposito, approfittiamo di questa occasione per dire che il nostro coro è aperto a tutti quanti amino la musica e abbiano voglia di cantare o suonare (A.A.A. cercasi pianista!). Da qualche anno a questa parte abbiamo iniziato a comporre pezzi nostri, a studiare e ad eseguire pezzi gospel e classici ed inoltre abbiamo animato parecchi matrimoni in parrocchia e fuori, chiedendo un’offerta che da un lato serve per sostenere logisticamente le nostre attività, dall’altro per aiutare le nostre suore francescane, parte attiva del

coro e presenza indispensabile nella nostra comunità. Dopo la partecipazione ad alcuni eventi del nostro castello e diocesi (la Tombola di Natale, il saluto a sua eccellenza Monsignor Luigi Negri…) molte persone ci hanno chiesto di dare al nostro coro un nome che lo identificasse meglio. Ci abbiamo pensato, ma poi, ricordando la nostra storia, ci siamo detti che per un gruppo di ragazzi cresciuti a pizza e chitarra nei locali della parrocchia l’unico nome possibile rimane questo: IL CORO PARROCCHIALE DI SERRAVALLE! P.S. Per contattare il nostro coro telefonare al numero 0549 961210 (Claudia e Daniele); inoltre a breve sarà pronto anche il nostro sito.


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VITA CLAUSTRALE

IL MONASTERO DELLE AGOSTINIANE DI PENNABILLI VIVE UNA NUOVA GIOVINEZZA CON LE QUATTRO MONACHE GIUNTE DA POCO

Uno tsunami dolce si è abbattuto sul convento della Rupe D o p o i l v e n t o d e l L i ba n o u n ’ a l t r a v e nt at a h a p o r t a t o f i n q u a s s ù q u a t t r o s u o re p r ov e ni e n t i dal Monastero di Lecceto. Ora sono otto oltre ad una postulante. Le nostre suorine sono sempre state per noi pennesi un punto di riferimento molto importante e modello di preghiera costante alla quale, spesso, ci rivolgiamo con fiducia per chiedere aiuto e protezione. Tanti anni fa le monache erano giovani e numerose e le stanze del Monastero, nonostante la regola ferrea della clausura, echeggiavano di suoni allegri e di canti angelici. Poi, con il passare del tempo, l’eco di quelle voci si è attenuata e ha lasciato il posto alla silenziosa preghiera di Suor Michelina, Suor Vittoria e della Madre Superiora Suor Veronica, che ha conservato ancora quell’entusiasmo di ragazzina quindicenne che, come mi raccontava la mia cara mamma, saliva di corsa verso la Rupe perché aveva deciso di farsi monaca nonostante il parere contrario dei suoi genitori. Quando sembrava che tutte le porte del Monastero fossero destinate a chiudersi per sempre, un caldo vento del Libano soffiò su quelle stanze silenziose e con l’arrivo di Suor Abir la comunità iniziò la sua metamorfosi: locali, prima fatiscenti, e adibiti a magazzini, ristrutturati e trasformati in sale per convegni, concerti sacri, esercizi spirituali aperti a tutti coloro che ne sentissero il bisogno, come le due giovani che nel frattempo erano arrivate al Monastero: Giuseppina che, con il nome di Sveva della Trinità, ha deciso di incontrare il Signore nella solitudine del suo eremo a Castello di Bascio e Francesca che, grazie agli esercizi spirituali svoltisi nel Monastero di Pennabilli, ha poi deciso di lasciare, pur conservandoli gelosamente intatti nel suo cuore, la sua Torino, il lavoro di insegnante elementare, i suoi amici e, soprattutto, la sua famiglia, per iniziare un cammino di fede con Gesù. Il Signore, però, aveva in serbo ancora grandi cose per il nostro Monastero; a quel vento del Libano è seguito uno tsunami vero e proprio con l’arrivo avvenuto circa due mesi fa di quattro monache provenienti dal Monastero delle Agostiniane di Lecceto, località nei pressi di Siena: Suor Claudia, Suor Clarissa, Suor Elena e Suor Eva. Tutte giovani e desiderose di contagiare con la loro fede gioiosa tutti e di ravvivare ancora

di più, con attività di preghiera, di cultura e di arte il nostro Monastero. È facile immaginare la meraviglia, l’incredulità e poi la contentezza delle nostre care suore di Pennabilli che hanno accettato con grande entusiasmo questo cambiamento perché, al contrario delle apparenze e nonostante la… carta d’identità, dentro di loro la giovinezza si era solo assopita… La più disorientata appare ancora Suor Michelina che con le sue quasi cento primavere i primi giorni si guardava intorno e chiedeva a Suor Veronica, suo punto di riferimento, il perché di tutta quella confusione. Contenta è Suor Vittoria, alla quale tutti, e non solo i pennesi, chiedono preghiere che, per le sofferenze che il dolore le procurano e che la costringono su una sedia a rotelle, si pensa siano più gradite al Signore. Suor Veronica ha ritrovato l’entusiasmo di quando era ragazzina e dispensa sorrisi a tutti. La felicità di Suor Abir traspare anche dalla grazia con cui le sue dita, magistralmente, sfiorano le corde della cetra e accompagnano le note di canti melodiosi che riempiono la Chiesa durante le funzioni sacre. Anche Francesca è felice, sembra aver ritrovato le amiche di un tempo che la seguiranno lungo tutto il percorso fino a diventare, anche lei, sposa di Gesù. Delle nuove suorine stiamo già apprezzando i talenti di cui il Signore le ha volute colmare: il canto dolce e la compostezza di Suor Clarissa; la voce angelica e la familiarità con il nostro Monastero di Suor Claudia dove era stata più volte in quanto maestra e guida di Suor Abir; la musicalità e la voce di Suor Eva e la bravura nel suonare con maestria diversi strumenti e infine l’arte di Suor Elena nello scolpire su pietra figure suggestive, opere che sono state apprezzate e ammirate ovunque. Con il tempo poi impareremo a conoscerle meglio e, nella preghiera collettiva, a ringraziare il Signore e Maria Santissima per tutti questi doni ricevuti. Virginia Ragnetti


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DAL SIR

RICEVIAMO

A tutte le persone che fanno belli e grandi i settimanali Fisc

Carissime e carissimi, dall’indirizzo mail “premiofallani”, che ha un significato particolare per la Fisc e per il Sir, desidero esprimervi il mio più vibrante grazie al termine della mia direzione dell’agenzia giornalistica voluta dalla Fisc e dalla Cei. Un’esperienza che per me ha avuto inizio nell’autunno del 1987 dopo un incontro con mons. Giuseppe Cacciami, mons. Gilberto Donnini e Giovanni Fallani. Non intendo ora raccontare la storia di questa audace impresa e i suoi sviluppi (ci saranno altre occasioni) ma voglio ricordare che nel cuore di tutte le scelte compiute da Sir c’è stata la Fisc con le sue radici, le sue idee, le sue proposte, le sue esigenze. Una straordinaria esperienza di unità nella diversità. Abbiamo ascoltato, pensato e raccontato insieme la Chiesa sul territorio e nei luoghi delle responsabilità nazionali, europee e universali. L’avventura continua in scenari culturali, sociali e politici diversi ma sempre mediaticamente affascinanti. È già sul campo il direttore Mimmo Delle Foglie che all’alta professionalità unisce grande sensibilità ecclesiale e sorridente umanità. A Dio piacendo (ma anche a voi…) continuerò il mio impegno nella valorizzazione della memoria Fisc-Sir (già avviata una ricerca storica) e nel tenere in piena attività il cantiere Sir Europa che è nato dalla passione europea della Fisc, come attestano da sempre le pagine dei settimanali e i convegni nazionali sull’Europa che nel 2014 avranno una importante tappa a Gorizia. Vi seguirò, con affetto e stima, attraverso la lettura delle vostre pagine cartacee e on line. Un abbraccio e un augurio. Roma, 21 gennaio 2013 Paolo Bustaffa

Carissimi Direttori e colleghi tutti dei Settimanali cattolici, nel momento in cui assumo la direzione del Sir, avverto l’urgenza di salutarvi con l’animo di un amico che sa di essere stato chiamato, dalla Chiesa italiana, a un servizio grande e impegnativo. Credo di interpretare il sentimento di tutti voi nel ringraziare con affetto l’amico Paolo Bustaffa che ha vissuto tutte le tappe del Sir, sino a diventarne il direttore che ne ha delineato l’attuale magnifica architettura. Da oggi tocca a me e non posso nascondere l’emozione di queste ore. Nella direzione del Sir mi lascerò guidare da un principio ispiratore che mi accompagna sin dai primi passi della mia ormai ultratrentennale vita da giornalista: “Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo”. Che, come scrissero i nostri Vescovi, non sono “due preoccupazioni diverse, bensì un unico atteggiamento spirituale”. Con questo spirito comincio questo mio primo giorno alla guida del Sir. So di poter contare sulla vostra pazienza e comprensione. E sono certo che non mancheranno i vostri preziosi consigli per valorizzare al meglio la ricchezza del territorio: vocazione prima del Sir. Da parte mia ci metterò la passione di chi, prima di essere chiamato ad Avvenire, ha avuto la fortuna di lavorare a lungo nel territorio. Carissimi amici, in questo 21 gennaio del 2013, voglio solo augurarvi buon lavoro. Con la redazione del Sir siamo impegnati a lavorare bene per il bene. Di tutti e di ciascuno.

Domenico Delle Foglie (direttore Sir) Roma, 21 gennaio 2013

Servizio Informazione Religiosa - www.agensir.it – sir@agensir.it - tel. 06/6604841

CARO ABBONATO, con questo numero prosegue la campagna di sensibilizzazione per il rinnovdell’abbonamento al periodico MONTEFELTRO che hai ricevuto, ad ogni uscita, anche nel corso dell’anno che sta per concludersi. Sostenere la stampa periodica diocesana deve essere un dovere di tutti coloro che riconoscono la funzione importante di collegamento, informazione, approfondimento che essa svolge. Non è tempo di attendere senza dare; i costi sono, purtroppo, aumentati vertiginosamente e senza il contributo di tutti i nostri lettori difficilmente potremmo garantire agli stessi il regolare invio del MONTEFELTRO. Ti invitiamo, quindi, a farlo con tempestività, servendoti del bollettino di c/c postale che trovi allegato a questo numero del giornale, sul quale sono già stampati il tuo nominativo e l’indirizzo. Questo ci faciliterà il regolare riscontro dell’avvenuto pagamento dell’abbonamento. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti in questa operazione di diffusione che si deve concretizzare anche invitando altri lettori e simpatizzanti interessati al giornale, ad abbonarsi. E poi, perché non pensare ad un abbonamento-regalo, magari a favore di un familiare, di un parente o di un amico lontano per farsi ricordare e festeggiare così, con un gesto utile e di grande significato, il Natale e il nuovo anno che sono alle porte? Attendiamo da tutti un riscontro positivo al nostro invito e a tutti rinnoviamo, fin da ora, i nostri ringraziamenti.


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USTAL-UNITALSI

Le iniziative di solidarietà in Diocesi L’USTAL (Unione Sammarinese Trasporto Ammalati LoretoLourdes) è un’associazione di laici che per la loro fede ed il loro particolare carisma, si propongono di incrementare la vita spirituale promuovendo un’azione di apostolato ed evangelizzazione verso i fratelli ammalati e disabili con riferimento al Messaggio Evangelico ed al Magistero della Chiesa. L’Associazione è nata nel 1943 come Delegazione di San Marino dell’UNITALSI italiana a seguito della visita in Repubblica del Presidente Nazionale principe Don Enzo di Napoli (11 febbraio 1943 prima riunione Delegazione Unitalsi presieduta da Mons. Luigi Ceccoli). Organizza il suo primo Pellegrinaggio nel maggio 1944 al Santuario della Madonna della Consolazione in Borgo (nel settembre 1944 il Santuario verrà distrutto dal bombardamento). Nel 1946 effettua il primo treno-malati a Loreto, continuando negli anni successivi. Le presenze dei partecipanti sono andate aumentando di anno in anno fino a oltrepassare il numero di cinquecento Nel 1982 ha assunto la denominazione USTAL ed è stata riconosciuta dall’Ecc. Consiglio dei XII della Repubblica di San Ma-

CONSIGLIO DIRETTIVO PRESIDENTE ASSISTENTE DIOC. VICE ASSISTENTE SEGRETARIO TESORIERE MEMBRO MEMBRO SINDACI REVISORI PROBIVIRI

Rastelli Giorgio Tel. 3391518592 Boschetti don Giuliano Fabbri mons. Mansueto Mularoni Fausto Giovannini Loris Gasperoni Cesare Antonio Gasperoni Sergio Tommassini Domenico Guidi Renzo Righi Giuseppe Rolli GianPaolo

RESPONSABILI DI ZONA Giglioli Picconi Sandra tel. 320 0293309 VALCONCA FOGLIA Filanti Maria Luisa tel. 333 4950306

rino e successivamente iscritta nel Libro delle Società in base alla Legge vigente in materia di Società. L’Unione attua le sue finalità svolgendo un servizio umanitario verso gli ammalati ed i disabili promuovendo il culto mariano attraverso i Pellegrinaggi verso Santuari mariani per i quali si fa promotrice e si assume l’organizzazione e la gestione. Si serve di volontari i quali si impegnano a prestare servizio gratuito in spirito di autentica carità cristiana, in sintonia con le scelte pastorali dell’Autorità ecclesiastica. Si prefigge lo scopo di aiutare i Soci nella loro formazione spirituale e culturale, di contribuire parzialmente o totalmente alle spese dei Pellegrinaggi per coloro che non possono sopportarle e di realizzare opere di pietà, di apostolato e di carità. L’Unione realizza altresì i propri fini statutari collaborando anche con le Autorità civili, sia nell’ambito dei servizi socio-sanitari-assistenziali, sia nel campo della prevenzione e dell’aiuto, in caso di calamità, in accordo con la protezione civile. Partecipa e collabora con le iniziative ed i programmi dell’UNITALSI.

SAN MARINO CITTÀ MURATA FIORENTINO CHIESANUOVA FAETANO DOMAGNANO BORGO MAGGIORE SERRAVALLE

DOGANA

VAL MARECCHIA

ACQUAVIVA

Nicoletti Nicolettina Sarti Rosanna Cenci Elsa Ceccoli Barbara Polidori Daniela Sebastiani Flora Gasperoni Corrado Morri Maria Luigia Bocchini Santina Venerucci Amedeo Sisti Veronica Ercolani Giuseppe Guidi Leo Zanotti Anna Maria Negretto Adele Ercolani Loris Pelliccioni Pier Giorgio Lividini Raffaele Alberto Bindi Mari


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CULTURA


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UNA FINESTRA SULLA CRISI

CRISI SOCIALE: I POVERI IN AGENDA L’Istat denuncia, ma la politica deve proporre. Una sfida anche per i potenti di Davos

Otto milioni di italiani fanno fatica a campare; quasi la metà di questi non ce la fa proprio e ha bisogno di una mano. I numeri snocciolati dall’Istat non potranno essere ignorati da nessuna forza politica che chiederà il voto per governare un Paese che si sta impoverendo. Non ci sono vaste bidonville, qui; non abbiamo (ancora) problemi di denutrizione: ma la povertà, quella vera e brutta, ce l’abbiamo già in casa.

Nel medio-lungo periodo, ci si dovrebbe affidare alle ricette dei potenti della Terra, molti dei quali si troveranno questo fine settimana a Davos, tra le montagne svizzere, per studiare i grandi problemi dell’umanità (secondo gli ottimisti); o per sgranocchiare sapidi aperitivi, secondo chi valuta i risultati di questi consessi mondiali che esaminano cifre, lanciano allarmi, propongono grandi soluzioni senza poi finalizzarne alcuna. Ma mettiamoci tra gli ottimisti e speriaCinque anni consecutivi di crisi economica hanno portato mo che veramente, questa volta, governanti e potenti capia questo: un’ampia fetta di italiani sta scivolando verso una scano l’importanza del bene comune e sappiano portare a condizione di povertà assoluta, di mancanza cioè di mezzi casa risultati significativi. materiali sufficienti per affrontare dignitosamente la vita È difficile governare un mondo che non ha strutture di goquotidiana. verno condivise, visti gli affanni dell’Onu e Il riscaldamento, ad la parziale efficacia esempio: chiedere aldi altri organismi plale aziende erogatrici netari quali la Banca di gas quante mimondiale, l’Fmi, il gliaia di cittadini Wto e i vari G8, stanno sollecitando G20, G qualcosa. rateazioni sulle bol-

lette, o addirittura comunicano di non poterle pagare. A rischio di termosifoni spenti, di docce con l’acqua fredda. Non è melodramma a buon mercato, bensì la condizione – ad esempio – di centinaia di migliaia di anziani con pensioni inferiori a mille euro al mese (la metà dei pensionati italiani ne percepisce meno di 750…). Più che vivere, è sopravvivere.

È evidente che ogni barca sta andando per la propria rotta, e il massimo che si possa ottenere è di non far scontrare quella cinese con quelle occidentali; o quelle dei ricchi con quelle del Terzo mondo. I conflitti d’interessi – dall’ambiente all’energia, dalle condizioni di lavoratori e cittadini alle comunicazioni – sono solidi, tra Stati e tra sistemi economici. Purtroppo non c’è un condiviso problema mondiale di crescita (l’economia della Terra è comunque cresciuta del 2,3%, l’anno scorso), ma di equilibrare lo sviluppo di Paesi fortemente emergenti, con il declino delle vecchie potenze mondiali, tra le quali ci siamo anche noi.

O l’esplosione della morosità per gli affitti; o l’aumento esponenziale di persone che chiedono un sostegno addirittura per i pasti, ai Comuni o alle associazioni caritatevoli. Niente di drammatico, ma una diffusa condizione che interessa particolarmente il Mezzogiorno d’Italia e le città più Sui nostri poveri, il mondo non verserà una lacrima, al grido: grandi e costose. “C’è di peggio!”. Siamo noi che dobbiamo mettere al primo posto delle varie agende politiche un problema che non E ci fermiamo col parlare di chi coniuga a fatica il pranzo s’interromperà né al momento del voto, né nei mesi successicon il pane e latte serale; lasciando perdere quel vasto ceto medio che sta pian piano smantellando la propria qualità del vi. Disoccupazione (giovanile e non); invecchiamento della vivere. Più sobrietà, si dice o s’invoca. Ma non è una scel- popolazione; indebolimento del welfare; affaticamento delle famiglie: tutte facce della stessa medaglia che non ha ricette ta, per moltissimi italiani. magiche, né qui né altrove, che possano lucidarla all’istante. Una soluzione può e deve essere cercata in un welfare che Piuttosto, c’è bisogno di tanta attenzione e capacità da parte non può e non deve abbandonare le fasce più deboli della di classi dirigenti che, questa volta, devono fornire compepopolazione. Anche se è proprio questo che sta accadendo tenza e dedizione. Non cerottini o, peggio, disinteresse. oggi, per il fatto che Stato e Regioni stanno diminuendo le risorse a favore di malati, disabili, anziani. Nicola Salvagnin (SIR)


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TRA FEDE E CULTURA

IL CONCERTO SI È SVOLTO SABATO 5 GENNAIO 2013

Il 6 gennaio, Epifania del Signore, alle ore 16:30 nel Monastero di San Lazzaro e Santa Maria Maddalena in Pietrarubbia, si è tenuto un concerto per dire «grazie» a tutti coloro che ci hanno aiutato. Un concerto nato tra le mura del Monastero, alcuni brani per pianoforte e violoncello che commentano il percorso del Magi nel quale si riflette il percorso di ciascuno di noi alla ricerca della verità. È la prima volta che Danuta suona con lo scapolare. Entrata da noi il primo ottobre, a distanza di tre mesi, si cimenta nel suo primo concerto in comunità. È accompagnata da una sua carissima amica, che è diventata ormai, cara amica anche della comunità, una compagna di viaggio, vista la scelta di vita di Caterina May. Caterina è una Memor Domini e una bravissima violoncellista, più volte ha fatto concerti con Danuta e il loro suonare insieme è espressione di un’amicizia segnata dalla ricerca di Dio e della verità. L’occasione per il concerto ce la offre la necessità di dire grazie a tutti quelli che hanno lavorato per noi, che si sono impegnati fattivamente o economicamente per la realizzazione del restauro del Convento dopo la solenne nevicata dello scorso 2012. La cornice del concerto è la solennità dei Magi, culmine delle feste natalizie ma anche festa degli adoratori per eccellenza. Sarà per questo un concerto un po’ speciale che si avallerà dell’ausilio di testi e di immagini. Il percorso della serata prende l’avvio dalla Goccia di Chopin che esprime l’essenza del percorso dei Magi. Quel brano celebra, infatti, la domanda sulla vita che dà ragione alla vita stessa. Direbbe l’ebreo: l’uomo si conosce dalle sue domande. Direbbe Chopin: la qualità dell’esistenza è determinata dalla nota dominante che rimbalza, sempre uguale e sempre diversa, in un’alternanza di piano e forte, al di là e al di sopra di tutto, eppure dentro ogni circostanza. Per questo la serata inizia con una splendida riflessione di don Giussani proprio di questo brano di Chopin: «L’attrattiva del pezzo, la profondità del pezzo, la verità del pezzo non erano nella melodia di primo piano: erano in una nota che incominciava a farsi sentire leggerissima e poi cresceva, cresceva, cresceva, così che la melodia passava in seconda linea e invece ingrossava questa nota, sempre quella, sempre quella – proprio “mono-tono” –, sempre quella; e poi passava in secondo piano e poi ripassava in primo piano. Occorre che quella nota sia riconosciuta da noi in noi stessi, perché l’io è come un brano di musica fatto di quella nota, che ha come tema quella nota, anche se le cose che più fanno impressione sono quelle più superficiali. Quella nota distrugge continuamente l’istintivo e impedisce che tu ti fermi, ti arresti, perché l’istintivo dell’amore, della bellezza, del gusto del lavoro, della riuscita ti fossilizza, ti impietrisce. Al contrario è quella nota dominante che sbriciola le pietre e muove tutta la realtà del tempo e della nostra vita. Per questo tutte le domande che l’uomo può fare, tutte le attese che l’uomo può

avere, vanno a finire a questa nota: la sete di felicità» (Luigi Giussani). Si passa poi a Messiaen con Louange à l’Éternité de Jésus che propone la storia di uno sguardo tenuto fisso dentro il Mistero a dispetto, appunto, delle asperità del cammino. Proprio come i Magi. Il brano è commentato da un testo di Elliot e da alcune immagini del Bergagna sulla creazione: il mistero che ci ha generato si è fatto bambino per guardarci negli occhi. «Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo. Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo; bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima, Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce; Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via». (T. Elliot Cori dalla Rocca) Il brano seguente, di R. Schumann, Fantasiestücke op. 73, è commentato da un passo di Isaia e da una serie di immagini sui Magi. Schumann, che compone i Fantasiestücke nel 1949, a ridosso di una rivoluzione che sconvolge l’Europa, scrive in una lettera: «Bisogna creare finché non si leva il giorno». Così l’andamento di quest’opera nel suo evolversi prima delicato, poi animato, poi rapido, simile al fuoco, trasmette mirabilmente ogni cammino di ricerca e di scoperta della verità di sé. L’approdo è dell’Amore. Si cerca solo ciò che si ama e si è trovati solo quando si è guardati con amore. Per questo il Concerto culmina in un brano della stessa Danuta Conti: Letizia scritto a ideale commento di una bella poesia di Alda Merini tratta dalla collana “Corpo d’Amore”: «Ma io so che mi ama. E ti dirò, anche se tu non credi, che si preannuncia sempre con una grande frescura in tutte le membra come se tu ricominciassi a vivere e vedessi il mondo per la prima volta. E questa è la fede, e questo è lui, che ti cerca per ogni dove anche quando tu ti nascondi per non farti trovare». (Alda Merini) Ed ecco che l’Amore svela l’Amato. Uno dei passi più belli del Nuovo Testamento, il Prologo di Giovanni: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita [...], quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena». Questo passo, appunto, introduce l’ultimo brano della serata di Arvo Pärt: Spiegel im Spiegel. Il pezzo riassume l’intero percorso fatto fin qui però, con una leggerezza e un’allegrezza nuove. Ancora come i Magi, i quali tornando alle loro occupazioni quotidiane carichi dell’esperieinza vissuta, non erano più come prima.


MONTEFELTRO

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PROFESSIONE RELIGIOSA

DOPO LA PROFESSIONE RELIGIOSA DEL 5 GENNAIO

PROGETTO GEMMA

È L’AIUTO ALLA VITA NASCENTE che Giulia ha voluto beneficiare con le somme donate in occasione della sua professione religiosa. Adozione prenatale a distanza, sostieni una mamma in difficoltà e salvi il suo bambino.

Nel 1994 è nato Progetto Gemma, servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l’aiuto necessario.

Sr. Giulia Cenerini cp ci scrive

«Vi chiedo di continuare ad accompagnarmi con la preghiera perché possa essere fedele al Signore giorno dopo giorno, nella quotidianità, sia quando sarà più facile sia quando sarà più faticoso».

Con tanta gioia desidero ringraziare tutti, ma proprio tutti, coloro che si sono fatti vicini per il momento così importante che ho da poco vissuto: la mia professione religiosa tra le Suore Passioniste di San Paolo della Croce. A cominciare dalla mia famiglia, che si è letteralmente fatta in quattro e che mi ha sempre sostenuto in questo cammino, per arrivare a tutti: i sacerdoti, in modo particolare il Vescovo, le mie consorelle, le monache agostiniane, i parenti, gli amici, i conoscenti e anche tante persone che non avevo mai visto ma che si sono fatte presenti. Ringrazio chiunque si sia fatto vicino a me in qualsiasi modo: è stato bello vedere quel giorno tante persone care, ritrovarmi con la mia classe delle superiori quasi al completo, vedere i miei amici impegnati in vari modi, come cantare, suonare e anche organizzare scherzi simpatici. Ma non ringrazio solo chi è venuto fisicamente: tanti si sono fatti sentire in vari modi, e in particolare ringrazio tutti quelli che hanno pregato per me, che hanno sostenuto così nella maniera più efficace questo passo. Vi chiedo di continuare ad accompagnarmi con la preghiera perché possa essere fedele al Signore giorno dopo giorno, nella quotidianità, sia quando sarà più facile sia quando sarà più faticoso. Anch’io prometto a tutti di ricordarvi nelle mie preghiere. Ringrazio per la partecipazione che c’è stata, enorme, riguardo al “Progetto Gemma”: sono stati raccolti oltre 6mila euro, il che significa che di “Progetti Gemma” ne sono venuti fuori due interi più una buona parte di un terzo.

Mi piace vedere come il primo frutto di questo passo, che è un matrimonio, sia aiutare dei bimbi a nascere, aiutare le loro mamme e le loro famiglie a non doversi privare di una gioia così grande. Insomma, ringrazio di cuore tutti, e il grazie più grande va al Signore, che mi ha concesso un dono così prezioso come quello della vocazione religiosa e che mi ha messo accanto tutti voi. Abbraccio tutti con affetto. suor Giulia cp

Progetto Gemma offre ad una mamma un sostegno economico che le può consentire di portare a termine con serenità il periodo di gestazione, accompagnandola nel primo anno di vita del bambino.

È un’idea in più per collaborare con gli oltre 331 Centri di aiuto alla vita che offrono in tutta Italia accoglienza e sostegno alle maternità più contrastate. Il contributo degli adottanti è un segno tangibile di presenza e di aiuto concreto, nonché una prima risposta per dare coraggio alle mamme. Attraverso questo servizio, con un contributo minimo mensile di 160 euro, si può adottare per 18 mesi una mamma e il suo bambino. Chiunque può fare queste adozioni: singoli, famiglie, gruppi parrocchiali, di amici o di colleghi, comunità religiose, condomini e classi scolastiche. Hanno aderito al Progetto anche Consigli comunali e perfino gruppi di carcerati. Spesso l’adozione viene proposta come dono per matrimoni, battesimi, nascite o in ricordo di una persona cara.

Dal 1994 al 2011, i bambini nati grazie a Progetto Gemma sono stati circa 15.000 e solo per l’anno 2011 le mamme aiutate sono state più di 1.000. Che gioia sapere che un bambino è nato e una madre non ha abortito grazie alla tua solidarietà: sentirsi non solo genitori di un bambino, ma anche fratello o sorella di una mamma che finalmente sorride.


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