April 2021 Starred Chefs: Klugmann & Metullio D'antan cusine Trieste local tastes Cambusa A tutta birra Food & Drink
N°12
Foto Max Morelli
progetto editoriale Prandi Comunicazione & Marketing
Parlando con le stelle di Isabella Franco
segreteria di redazione Fabiana Parenzan redazione@prandicom.it Via Cesare Battisti 1, 34125 Trieste hanno collaborato Micol Brusaferro, Alice Fabi, Isabella Franco, Nicolò Giraldi, Rino Lombardi, Lorenzo Michelli, Ilaria Romanzin, Francesca Pitacco con il contributo di Stefano Cosma, Furio Baldassi, Maddalena Giuffrida, Enrico Maria Milič, Ottavio Silva marketing advisor Stefania Boccabianca illustrazione Jan Sedmak traduzioni Rita Pecorari Novak, Eugenia Dal Fovo, Rebecca Blakey progetto grafico Matteo Bartoli – Basiq impaginazione Elisa Dudine – Basiq
C I T TÀ D A V I V E R E LIVE THE CITY 4
Focolari d’antan 12 di Nicolò Giraldi Contrasti 18 in cucina di Furio Baldassi
fotografie Giulia Belli, Elisa Caldana, Massimo Cetin, Michele Colucci, Massimo Crivellari, Ulderica Da Pozzo, Paola De Cassan, Ernesto D’Elia Fotografo, Fulvio E. Bullo, Isabella Franco, Fabrice Gallina, Marino Ierman, Giuliano Koren, Alessandro Michelazzi, Marijan Močivnik, Mattia Mionetto, Roberto Pastrovicchio, Dominique Pozzo, Nicoletta Quazzolo, Ilaria Romanzin, Laura Tessaro, Terroir Films, Federico Valente, Consorzio Montasio, Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte, Servizi Musei e Biblioteche, Archivio Discover Trieste, Archivio PromoTurismo FVG, Archivio Adobe Stock si ringraziano Laura Carlini Fanfogna, Claudia Colecchia, Patrizia Fasolato, Michela Messina
Ies Magazine Trieste Lifestyle N°12 – April 2021 Autorizzazione del Tribunale di Trieste del 16 marzo 2018, numero periodico 9/2018 V.G. 847/2018.
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Pintaudi. 52 L’eccellenza a colazione A tutta birra! 54 di Paola De Cassan
Cambusa di Francesca Pitacco
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Porto Vecchio 58
Interno 8 di Ottavio Silva
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Andar per erbe sul Carso 60 di Maddalena Giuffrida
Storie e racconti di... vini di Stefano Cosma
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Produttori eroici, 32 prodotti unici di Alice Fabi Un vento in cucina di Rino Lombardi
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stampa Riccigraf foto di copertina Roberto Pastrovicchio
Gastronomia e arte esotica di Lorenzo Michelli
Ballando con la šopeta di Enrico Maria Milič
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Food & Drink di Micol Brusaferro
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F U O R I C I T TÀ OUTSIDE THE CITY Paff!
PORTFOLIO Cibo d’autore di Roberto Pastrovicchio e Sara Bertolini
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C I T TÀ D A G U S TA R E TAST E T H E C I T Y
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direttore responsabile Giovanni Marzini
coordinamento Paola De Cassan
Sommario
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Al Dolce Eremo con l’e-bike 78 40
Hotel Saisera: 80 sapori e coccole al castello La cucina del Tarvisiano 82 di Ilaria Romanzin Lungo il Tagliamento
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www.triestelifestyle.com
Editoriale
BUON PRANZO! di /by Giovanni Marzini
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Cooking and Eating: the ultimate solace of our time, in a way while also remaining two of life’s most primordial basic needs and undeniable forms of every people’s cultural expression, even the most diverse. As contradictory as it may seem, culinary traditions and their local variations were deliberately chosen as the focus of this issue of IES: it is our belief that food and drink represent a significant step forward on the long way back to “normal” eating and drinking as reassuring acts in their joyous simplicity, be it over lunch or dinner, with family or friends, eating at home or eating out, at a restaurant or a pub… or at an osmiza, as traditional country inns are known in these parts extremely popular destinations among locals, especially in spring. Culinary traditions are first and foremost a way of life for the city of Trieste and its surrounding areas. Our journey starts from the very heart of tradition: “cucina triestina”. Despite scepticism, Trieste’s very own cuisine does exist, as the result of countless contaminating influences, as numerous as the peoples and traditions that have met at this crossroad throughout history. Unique products that reach the end customer via a zero-mile supply chain: meat, cheese, vegetables, fruit, fish, and shellfish, come to meet the local wine realm, ranging from sparkling to still wine varieties not to mention the century-long tradition of local breweries. This mouth-watering issue of IES pays homage to all those who work in the food&drink industry thousands of people, whose job is also, and most importantly, their greatest passion in life, and whose livelihood was hit the hardest during the past year. We are convinced that, soon, the time will come when we can wish each other once again buon appetito an invite and a wish that we cherish, despite what is stated in the Rules of Polite Behaviour. And we are therefore proud to greet all our readers echoing the words of Pope Francis: “buon pranzo”!
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Cook and Food, cucina e cibo. Elementi, se volete consolatori di questi tempi, prima ancora che ataviche esigenze di vita e innegabili forme di cultura, tra popoli, razze e genti diverse. Oggigiorno, potrebbe sembrare un controsenso individuare nelle tradizioni culinarie di un luogo e nelle sue variegate proposte, il percorso di questo numero di IES ed invece abbiamo scelto il “mangiare” ed il “bere” come significativo messaggio nella lunga strada verso il ritorno alla normalità anche di un gesto semplice, gioioso e rassicurante come un pranzo o una cena, in famiglia o con gli amici, a casa o in un ristorante, una trattoria, un agriturismo… una delle tante osmize sparse sul territorio e che nella stagione primaverile vivono il loro periodo più bello. Perché la cucina ed il cibo di Trieste e dintorni sono e continueranno ad essere proprio uno “stile di vita”. Ed ecco la strada, il percorso da seguire, partendo dalle ricette di una volta, di una “cucina triestina” che a dispetto degli scettici esiste, nata com’è dalle mille contaminazioni di un luogo crocevia di popoli e tradizioni, porto di transito, arrivi e partenze. Per raccontare poi di prodotti unici, della cortissima filiera esistente tra chi produce e ti serve in piatto: la carne, i formaggi, le verdure, la frutta, pesci e crostacei, che si sposano con l’universo del bere, dalle bollicine ai vini fermi fino a sconfinare in quello storico universo apertosi secoli addietro con la produzione delle birre. Uno IES con l’acquolina in bocca, che idealmente vogliamo dedicare alle migliaia di addetti che del “cook and food” hanno fatto la loro ragione di vita, la loro passione, il loro primo lavoro e che più di altri hanno sofferto e ancora soffrono le conseguenze di quanto vissuto nell’ultimo anno. Torneremo presto a dirci quelle due parole che –a dispetto di un galateo che le sconsiglia– a noi piacciono davvero tanto: buon appetito o se preferite, citando il più famoso dei Francesco… “buon pranzo”!
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Klugmann & Metullio: stelle della cucina ‘made in Trieste’ — Klugmann & Metullio: starred chefs made in Trieste
PARLANDO Si definiscono cuochi anche se sono entrambi chef stellati, “perché il nostro mestiere è cucinare.” Triestini, con molti punti di contatto, ad esempio sull’utilizzo di materie prime “di prossimità”, e strade diverse percorse alla ricerca della felicità. 4
di /by Isabella Franco
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CON LE STELLE Taste the city
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ntonia Klugmann, classe 1979, imprenditrice di sé stessa, è approdata da qualche anno all’acquisto di un ristorante: L’Argine a Vencò, “il posto dove mi sento libera”. Matteo Metullio, dieci anni in meno, ha conquistato due stelle Michelin dopo un percorso professionale al fianco di chef blasonati, anche all’estero, e ora è a capo della brigata dell’Harry’s di Trieste. Matteo, Antonia, presentatevi in poche parole. M Sono un cuoco. Ho due grandi passioni, l’enogastronomia e lo sport, particolarmente il calcio, che ho coltivato grazie allo studio, alla passione e alle persone che ho avuto la fortuna di conoscere. A Sono una cuoca fortunata perché faccio quello che mi piace e sono nel luogo dove vorrei essere, in campagna dove nel poco tempo libero posso anche passeggiare, correre, raccogliere i frutti della terra, leggere. Qual è il vostro rapporto con il delivery in questo momento così particolare per la ristorazione? M Noi abbiamo studiato a fondo nel primo lockdown come convertirci al delivery, proprio alla fine di una ristrutturazione del ristorante quando ci aspettavamo di riaprire. Dopo aver capito che non avremmo riaperto presto, abbiamo cercato aziende che producessero un packaging adatto a quello che avevamo deciso di fare, cioè preparare tutto il necessario, dalle attrezzature ai prodotti, portandolo a casa del cliente in box dotate di QR code che rimandavano a istruzioni precise su come completare il piatto, compreso un mini-film da 15 minuti con la formula del tutorial. In questo modo siamo riusciti a portare a casa del cliente lo stesso piatto che avremmo servito in ristorante. A Durante il primo lockdown abbiamo strutturato il delivery utilizzando la creatività in chiave imprenditoriale con numeri ridotti su base giornaliera e con una cucina che non avevo mai fatto di rivisitazione della tradizione e di impianto totalmente casalingo, arricchita dall’esperienza e dalla tecnica che abbiamo acquisito in questi anni. Nessun problema nella gestione del piatto, un take away solo da riscaldare, l’esatto opposto di quanto avviene all’Argine. Nel secondo lockdown, quando le persone erano a casa meno ore, abbiamo aperto 6
un luogo di distribuzione a Trieste in Cavana, dove il cliente nel pomeriggio può ritirare il piatto preparato il giorno prima a Vencò. Costi sostenibili? M Io stesso ho consegnato le box a casa dei clienti. L’input da parte della proprietà era il contenimento dei costi ma restare aperti e no alla cassa integrazione. In questo modo è stato possibile dare dignità economica ai dipendenti, offrire un servizio ma non certo guadagnare! A Noi abbiamo lavorato sempre sul tutto venduto con numeri più bassi, un menù più ampio e zero sprechi come al solito. Quando avete fame a cosa pensate?
In alto: gli interni del ristorante “L’Argine a Vencò” a Dolegna del Collio.
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Antonia Klugmann è uno dei 9 chef italiani inseriti nella classifica internazionale “The Best Chef Top 100” nel 2020. — In 2020 Antonia Klugmann is one of only nine Italian chefs featured in “The Best Chef Top 100.”
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Chef e proprietaria del ristorante L’Argine a Vencò che dal 2015 si è sempre aggiudicato una stella Michelin. Abbandona giurisprudenza per avvicinarsi al mondo della cucina. A soli 27 anni apre l’Antico Foledor Conte Lovaria in provincia di Udine. Durante i 4 anni necessari per costruire il suo ristorante, lavora a Venezia come Chef prima de Il Ridotto e successivamente dello stellato Venissa. Nel 2020 Klugmann è uno dei 9 chef italiani inseriti nella classifica internazionale “The Best Chef Top 100”. È stata uno dei quattro giudici della settima stagione di Masterchef Italia. Ha, infine, pubblicato con Giunti Editore il libro “Di cuore e di coraggio”, in cui racconta la sua storia e presenta una selezione delle ricette più rappresentative della sua carriera.
Chef and owner of L’Argine a Vencò restaurant, which has been awarded one Michelin star every year since 2015. Former law student, Antonia abandons university to focus entirely on her culinary passion. At 27 she opens her first restaurant, Antico Foledor Conte Lovaria, in the municipality of Udine. The restaurant is built over a period of four years, during which Antonia works as chef in Venice, first at Il Ridotto, and later at starred restaurant Venissa. In 2020 Antonia is one of only nine Italian chefs featured in The Best Chef Top 100. She was one of the four judges in the seventh edition of Masterchef Italia. Her book “Di cuore e di coraggio” [lit. Of Heart and Courage], published by Giunti Editore, tells the story of her life and includes a selection of her best recipes.
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Antonia Klugmann
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Matteo Metullio È sia lo chef più giovane a conquistare una stella Michelin, che il più giovane a conquistarne due. A soli 12 anni sa già che la sua strada sarà quella della cucina, si iscrive dunque alla scuola alberghiera di Falcade. L’esperienza decisiva è al ristorante “Alle Codole” a Canale d’Agordo (BL), dove arriva la chiamata da parte dello chef Norbert Niederkofler. È sous chef presso il ristorante La Siriola e nella primavera del 2013 a Matteo viene proposto di guidare la cucina stellata. Conferma la stella Michelin e ottiene riconoscimenti sempre più importanti. Quando decide di lasciare la Siriola, a Febbraio 2019, ha già ottenuto la seconda stella della Rossa. Da chef del ristorante Harry’s Piccolo di Trieste, ottiene la seconda stella Michelin il 25 novembre 2020, un traguardo grandioso che attribuisce a sé stesso e al suo fedele partner in cucina, Davide De Pra, compagno di avventura dal 2013.
He is the youngest chef to be awarded one Michelin star and also the youngest chef to be awarded two of them. At 12 Matteo already knew that cuisine was going to be his life, which is why he enrolled in Falcades’ scuola alberghiera [lit. hotel management high school]. While working at Alle Codole restaurant in Canale d’Agordo (BL), he is contacted by chef Norbert Niederkofler. He then works as sous chef at La Siriola starred restaurant, until he is offered the chef position in spring 2013. After confirming the restaurant’s Michelin’s star, Matteo gains considerable visibility and praise. In February 2019, Matteo leaves the now two-starred La Siriola and starts working as head chef at Harry’s Piccolo in Trieste, where he is awarded his second star on the 25th November 2020 an extraordinary commendation, for which Matteo also thanks Davide De Pra, loyal business partner and right hand since 2013.
Matteo Metullio è lo chef più giovane a conquistare una stella Michelin e il più giovane a conquistarne due. — Matteo Metullio is the youngest chef to be awarded one Michelin star and also the youngest chef to be awarded two of them.
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espite their Michelin stars, these two chefs still call themselves “cooks”, “because this is what we do”. Both born in Trieste, they share a commitment to local ingredients and a long journey to find happiness. Antonia Klugmann, born in 1979, self employed, has recently acquired her own restaurant, L’Argine a Vencò, “where I can finally feel free”. Matteo Metullio, ten years her junior, was awarded two Michelin stars after working side by side with renowned professionals, both in Italy and abroad, and is now head of staff at Harry’s group in Trieste. Matteo, Antonia, describe yourselves in a nutshell. M I am a cook. I have two passions: cuisine and sport, more specifically football. I was able to nurture both thanks to hard work, dedication, and the help of the people I had the luck to meet along the way. A I am a very fortunate cook, because I do what I like and I am where I want to be, namely in the countryside, where I can devote the little free time I have to nature walks, running, reading, and cultivating the land. What do you think about food delivery at a time so critical for the catering industry? M During Italy’s first lockdown we investigated numerous options regarding delivery opportunities incidentally, we had just completed the restaurant’s renovations and were about to re-open. When it was clear to us that “business as usual” would not resume any time soon, we started looking for businesses able to provide us with packaging options tailored to our project: delivering not only food, but also the necessary pieces of equipment and information to our customers. We have devised a unique, QRcoded delivery box, able to redirect the customer’s code-reading device to a set of instructions containing the finishing touches of each course, including a 15-minute video tutorial. This allows us to deliver not only our food, but also part of the restaurant experience, directly to our customer’s door.
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In alto: l’impiattamento di un risotto preparato da Chef Metullio In basso: gli interni del ristorante “Harry’s Piccolo” in Piazza Unità a Trieste.
M Spaghetti al pomodoro, come se non ci fosse un domani. Con olio, aglio e basilico, e parmigiano. A Alici crude con olio evo e limone. E invece, quale piatto vi rappresenta? A Per me tutti, anche se scelgo l’ultimo. In questo momento cavolo nero e pomodoro, che non è ovviamente così basico come si racconta. M Nel tempo la mia cucina si è modificata parecchio, da Siriola per esempio nel menù era impensabile replicare un ingrediente in più piatti. Ora invece comanda la stagionalità. Indimenticabile la bruschetta scampi e ricci di mare di Massimiliano Alajmo. In un piatto conta di più la creatività o la qualità del prodotto? M Entrambe! Credo nel chilometro vero, nella qualità senza limiti territoriali con, alla base, la stagionalità e la ricerca di chi lo produce nel modo corretto. Ovviamente la creatività conta altrettanto. A Non siamo talebani e quindi comprare locale deve essere sempre in relazione alla qualità del prodotto. Non riesco a fare una distinzione tra le due componenti, il processo creativo è legato profondamente alla natura e alla osservazione dell’ingrediente da parte dello chef, che deve dare sempre un senso diverso alla materia prima: è un rapporto sincero, intimo che si crea tra noi e l’ingrediente. Vino preferito? M Io sono innamorato di due grandi produttori e vini del nostro territorio, la Vitovska di Paolo Vodopivec e l’altro è la Ribolla di Josko Gravner. A Amo i vini nostri ma ho un ristorante nel Collio…
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Una cucina ricercata e un’attenta predilezione nel selezionare le migliori materie prime perché la creatività va a pari passo con la qualità. — Refined style and careful selection of ingredients to offer the best quality and highest level of creativity.
A During Italy’s first lockdown we relied on entrepreneurial creativity to devise our delivery system, which is based on a limited number of daily orders and –for me– a completely new interpretation of traditional recipes in a homemade-food perspective, while also preserving at least part of the skills and techniques we have developed over the years. Unlike what we used to do at the Argine, we started delivering ready-toeat meals that only require re-heating. During the second lockdown, when people could leave their homes, we opened a new distribution hub in the city area of Cavana, where our customers could pre-order their Vencò meals and pick them up the following day. Sustainable costs? M I personally took part in the delivery process. Harry’s owners were committed to offering affordable prices, while also avoiding layoffs and payroll subsidies at all costs. This has meant acceptable pays for employees and continuity of service for customers throughout the entire year albeit no real turnover for the company. A Our target was delivering our entire daily quota by the end of the day, even if that meant limited orders, greater variety in our offer, and, as usual, no wastefulness. What do you think of when you are hungry? M Spaghetti al pomodoro, no doubt. With a dressing of olive oil, garlic, and basil, and a sprinkle of parmesan cheese. A Raw sardines with a dressing of extra virgin olive oil and lemon juice. And what is your flagship recipe? 10
A I love every single recipe I work on, so I will just mention my latest: collard greens and tomatoes which, of course, is not as simple to make as it may sound. M My approach has changed and evolved over the years. For instance, while I was working at La Siriola, we would never dream of using a single ingredient in more than one dish. Right now, however, we focus on seasonal products. I will never forget Massimiliano Alajmo’s bruschetta with prawns and sea urchins. Creativity or quality of product: what would you consider more important in a dish? M Both equally important! I believe in quality without borders, namely seasonal products resulting from the research and know-how of local producers, who also know how to preserve their
quality throughout the supply chain. Creativity is also pivotal, of course. A We are not purists, so, even if we do believe in zero-mile ingredients, quality always comes first. I would not know how to separate quality and creativity: the latter is necessarily based on a chef ’s ability to observe and analyse his or her ingredients, in order to always find new ways of interpreting them. We develop an intimate, sincere relationship with every component of our dishes. Favourite wine? M I am hopelessly in love with two great producers, and, therefore, two great wines, of our territory, namely Paolo Vodopivec’s Vitovska, and Josko Gravner’s Ribolla. A I love local wines, but my restaurant is in the Collio area…
Nel cuore di Trieste, in Piazza della Borsa, ritrova vita Casa Romano, prestigioso edificio in stile barocco. Un nuovo e ambizioso progetto che riporta Casa Romano alla sua dimensione originaria. Con la stessa cura ed attenzione di allora vengono realizzati tredici esclusivi appartamenti di metrature differenti con finiture di pregio, alta tecnologia e sistema domotico.
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Cucine d’antan: fascino e tradizione intramontabile — D’antan cuisine: appeal and timeless tradition
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FOCOLARI D’ANTAN
In alto: il libro di Maria Stelvio “Cucina triestina” A sinistra: Pancogole di Servola e ragazzi sulla strada Trieste, 1910 ca. (Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte)
Taste the city di isole e coste mediterranee protette dalle temperature del sud), le arance del castello di Miramare testimoniano di come un tempo gli orizzonti –anche culinari– potessero espandersi senza limiti. Nel passato, l’aranceto voluto da Massimiliano d’Asburgo non ebbe fortuna e c’è voluto il recupero di un progetto a 360 gradi destinato al Parco del castello per ridar vita all’orangerie adriatica. Non finiranno nelle cucine del castello, ma esprimono idee innovative, di cose che accadono in questa città e che continuano a legare il tessuto sociale all’arte del cibo. I fuochi capaci di cucinare il cibo non sono soltanto i consueti fornelli, bensì anche quei forni dove far lievitare il pane. Pagnotte che, secondo la narrazione, dai laboratori del rione di Servola finivano sulle tavole viennesi, portate dalle “pancogole”, vale a dire le donne che realizzavano il pane made in Trieste. Essi rappresentano luoghi dimenticati dai più e che ad oggi sopravvivono nel Museo etnografico del rione, sito guarda caso in una via che porta il nome di Pane bianco. Trieste continua a cucinare e a sperimentare grazie alle nuove presenze in città. Negli ultimi anni sono sorti ristoranti etnici che affondano le radici nell’enogastronomia balcanica e gettano lo sguardo verso territori che un tempo non così lontano venivano raggiunti dai piroscafi triestini. Dall’India al Libano, fino a cucine regionali italiane, il lavoro dietro ai fornelli si è tinto di colori e fragranze del tutto sconosciute nel presente, eppure così richieste da take away imposto dalle normative. Nelle stanze del palazzo reale di Bruxelles, la dinastia reggente del Belgio possiede uno degli acquerelli più famosi del pittore istriano Cesare Dell’Acqua. Il titolo è “Turco valacco e sensale” e l’ambientazione è quella del caffè Tommaseo, sulle rive triestine a due passi dalla chiesa greco-ortodossa di San Nicolò. Se per quanto riguarda il personaggio proveniente dal Medioriente non vi sono grossi dubbi, 13
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segreti della cucina triestina non si trovano solamente nelle tradizionali pietanze presenti sul territorio. Nell’avvicinarsi all’enogastronomia locale a Trieste esiste una particolare mappa dei luoghi che un tempo ospitavano il cerimoniale dello stare assieme e della più generale convivialità. Una geografia nascosta e per lo più dimenticata, quasi mai accessibile e “perduta” nel passato. Se forme di trasmissione culturale sopravvivono grazie a “Cucina triestina”, libro scritto da Maria Stelvio nel lontano 1927 e ad oggi giunto ormai alla sedicesima edizione, è altrettanto vero che il sedersi a tavola risponde ad un bisogno primario che anche a Trieste si manifesta con contemporanea puntualità. In questo particolare periodo in cui l’emergenza sanitaria ha imposto rigidi calendari ed un’altalena di chiusure-aperture dei molti ristoranti della città, l’argomento che lega la realizzazione del cibo da servire a tavola è più vivo che mai. Il luogo per eccellenza dove prepararlo è la cucina e in questa città ne esistevano alcune decisamente particolari, da quelle del castello di Miramare alle “segrete” di Villa Sartorio, in pieno centro. Le dimore nobiliari possedevano spazi dove il personale lavorava alla preparazione dei cibi e dove la continuità culinaria veniva portata avanti nel segno della tradizione. Se ad oggi risultano essere chiuse al pubblico, un tempo esse brulicavano di profumi e di aromi che contribuivano a dar vita ad un chiacchiericcio culinario dai toni a dir poco invitanti. Dal tradizionale rapporto con l’Adriatico fino alle contaminazioni provenienti dai mondi tedeschi e slavi, la cucina degli albori ha ancora oggi il fuoco acceso, nonostante nel corso dei secoli abbia stravolto, modificato e, accettandole alla stregue di vere e proprie novità, sperimentato le influenze e le altrettante transizioni culturali. Seppure la loro presenza in cucina sia legata alla loro particolare stagionalità (e la loro provenienza racconta
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Cucine storiche e “segrete” di castelli e dimore storiche come Miramare e Villa Sartorio. — Historic and “secret” kitchens of castles and manors, such as Miramare and Villa Sartorio.
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di /by Nicolò Giraldi
Città da gustare
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Le arance nel Parco di Miramare
Antiche arti come la panificazione le cui fragranti pagnotte arrivavano sulle tavole viennesi portate dalle pancogole. — Ancient arts and crafts, like bread baking, so refined that Trieste’s bread loaves would travel all the way to Vienna’s dining rooms, in the baskets of the local pancogole.
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il sensale è mestiere estinto ma che potrebbe fare al caso nostro: il “mediatore in contrattazioni di prodotti agricoli e zootecnici”, rappresenta una zona di operazioni florida per chi anche nel passato, doveva acquistare le materie prime da trasformare successivamente nelle cucine. Il Carso produce cibo amato dalla città, come la stessa penisola istriana che guarda al mercato cittadino. I piatti che nascono qui sono il prodotto di contaminazioni su più larga scala: è per questo che si trovano versioni del goulasch, piatti di carne e patate raggiunti da nomi esotici (la “calandraca”, solo per citare un esempio) e secondi di pesce marinati grazie a spezie dai profumi mediorientali, e ancora, dolci asburgici, ungheresi, balcanici, e distillati spiritosi contro l’indigestione (brinjevec) prodotti grazie alle bacche di ginepro; si trovano formaggi di capra e vaccini, succulenti pietanze che mischiano regolarmente e senza alcuna difficoltà tradizioni adriatiche a quelle della Mitteleuropa: a Trieste si degustano i bolliti come i risotti di frutti di mare, ma anche prelibatezze come i crostoli (le chiacchiere) o le “fritole” durante il periodo di Carnevale. Alla stregua della sua storia, anche la cucina triestina è un vortice di sovrapposizioni culturali. I tempi passati raccontano di una Trieste emporio a cielo aperto, dove poter vendere e comprare praticamente di tutto. Una buona parte di questi prodotti erano cibo che finiva nelle cucine più rinomate o a casa dei triestini. Il cucinare rappresenta infatti lo stadio iniziale di un’operazione molto più complessa e cara ai cittadini di questa città: ancora oggi, “magnar e bever” simboleggia l’espressione più autentica del desiderio di stare assieme che tanto è mancato nell’ultimo anno. Un gesto che oggi, guardando con speranza ad un possibile ritorno alla normalità e nonostante la sua giustificata assenza, non corre alcun rischio di sprofondare nel dimenticatoio. Non a Trieste, non tra l’Adriatico ed il Carso.
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he secrets of Trieste’s culinary tradition are to be found not only in local delicacies: traditional cuisine finds its way into the very heart of the city, following a route that connects those places once home to conviviality and social gaiety rituals. A hidden, often forgotten, map that remains concealed to most, almost completely lost to oblivion. Yet, there are few traces of the past that still survive: some are preserved in Maria Stelvio ‘s 1927 book “Cucina triestina” [lit. Trieste’s cuisine], now in its 16th edition; others are rekindled every day, in the simple act of sitting together at the table to share a meal, as regular as clockwork. The current pandemics requires rigid schedules and fluctuating opening times for every restaurant in town –and yet, perhaps even because of this trying time, discussing food and the ways to serve it is all the more relevant. Food preparation necessarily starts from the kitchens– and the city of Trieste has played host to a number of them deserving mentioning, such as the large kitchens of the Miramare castle or the “secret” ones of Villa Sartorio, in the heart of downtown Trieste. The mansions of local noble families had whole rooms entirely devoted to food preparation, where the household staff would ensure the preservation of culinary traditions throughout the centuries. Now empty and closed to the public, these kitchens used to bustle with activity, enveloped in an appetizing whirlwind of mouth-watering scents and fragrances. Nurtured by the influences from near and far, such as the Adriatic sea, the Habsburg Empire, and the Slavic regions, local cuisine has endured over time, like a burning fire fuelled by the wind gusts of cultural transitions and novelties. Suffice it to mention Miramare’s oranges: their very existence, albeit limited to only one season of the year, cherishes the memory of the southern sun that kisses far-away Mediterranean islands and coastlines, and bears witness to a past, when
La cucina di Villa Sartorio (Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte)
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(culinary) horizons knew no borders. It was Maximilian I who insisted on having an orange orchard in the castle’s park – yet, it is only now, thanks to recent renovation interventions, that this peculiar Adriatic orangerie can finally thrive. Although they never saw the castle’s kitchens, these oranges are the very expression of Trieste’s spirit of innovation and the close relation between the city’s social fabric and culinary art. A burning fire, like the flames of a stove, or the blaze of a wood-fired baking oven. It is said that the bread made in the bakeries of Rione di Servola would travel all the way to Vienna’s dining rooms, in the baskets of Trieste’s pancogole –i.e. local bread pedlars, traditionally women. Although forgotten by most, the memory of these women and their dwellings survives in the local ethnographic Museum, which, incidentally, is located in Via Pane Bianco – lit. white bread street. Trieste has never ceased to experiment in the culinary field, welcoming every new influence with open arms: in the past few years an increasing number of ethnic restaurants have populated the city’s streets, most plunging their roots in the Balkans’ traditions –a renewed connection to the regions that, not so long ago, were the trade destination of Trieste’s steamships. And then Indian, Lebanese, and
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Cucina ricca di contaminazioni: dalle spezie dai profumi mediorientali ai dolci asburgici, ungheresi, balcanici. — Culinary traditions resulting from countless contaminations, ranging from Middle-Eastern spices to Austrian desserts, from Hungarian delicacies to Balkan delights.
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Il Caffè Tommaseo
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Magnar e bever oggi più che mai simboleggia il desiderio di stare assieme. — Today more than ever Magnar e bever is the truest expression of a longing desire for conviviality.
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even Italian regional cuisine– each one of them experiencing drastic changes in order to survive and adapt to the requirements of home-delivery and takeaway services. The Royal art collection on display in the Royal Palace of Brussels includes one of Istria-born painter Cesare Dell’Acqua’s most famous watercolour paintings: “Turco valacco e sensale” [lit. Wallachian Turk and mediator] illustrates the two men described in the title as they meet at Caffè Tommaseo, sitting on Trieste’s seafront, just a few steps from the Greek Orthodox Church of San Nicolò dei Greci. While the Wallachian Turk is still recognizable, the other character’s profession may no longer be familiar to contemporary readers: the Italian term “sensale” comes from the Arabic “simsàr”, and used to indicate trade go-between in Levantine ports. In Italy, sensali acted not only as mediators but census clerks as well, overseeing trade operations involving produce and livestock – which brings us back to the topic of food. Karst’s products are much beloved by the city of Trieste, as are those originating from the Istrian peninsula, real favourites among local delicacies. They are the result of contaminating influences that have crossed numerous borders before reaching Trieste’s tables: this is how local menus feature multiple goulash versions and meat dishes alongside exotic-sounding recipes, such as calandraca [a stew of veal meat, tomatoes, and potatoes, N/T], and marinated seafood; cow cheese as well as goat cheese; Middle-Eastern spices
and Austrian desserts; Hungarian delicacies and Balkan delights; distilled liquors and spirits, as well as digestives made from juniper berries. The succulent dishes of Trieste’s cuisine effortlessly combine the culinary traditions of both the Adriatic sea and Mittel Europe: here you can taste rich stews as well as seafood risotto, but also crostoli [local version of the Italian chiacchiere – traditional Mardi Gras fritters, N/T] and fritole [traditional Mardi Gras fried pastries, N/T] during Carnival. The number of cultural influences that characterise Trieste’s cuisine is matched only by the number of cultures that have met in this city in the past centuries. For a long time, Trieste was an openair emporium, where almost nothing was impossible to find, buy, or sell. Especially food, which would then either embark on a long journey towards the most noble of tables, or travel just a few steps, to the kitchen stove of a Triestino’s home. Indeed, food preparation is just the first stage of a complex process that the citizens of Trieste love: “magnar e bever” [local vernacular, lit “eating and drinking” N/T] has always been and still is the truest expression of a longing desire for conviviality – something that the past year painfully lacked. And yet, despite its current –albeit justified– absence, conviviality remains the ultimate goal of those who keep up their hopes of overcoming the present difficulties, and a yearning that time or oblivion could never diminish. Not here, not in Trieste, where the Karst meets the Adriatic sea.
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di /by Furio Baldassi
Città da gustare
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rieste vive di contraddizioni, anche a tavola. Avete mai visto, del resto, una città di mare dove la cucina tipica sia quella della carne e non del pesce? Un posto dove, per giunta, si celebra e santifica soprattutto, alla maniera austro-ungarica, la carne del maiale piuttosto che quella del branzino? Una contraddizione, ma non sicuramente l’ultima. Perché i triestini, mediamente goderecci, amanti della vita sempre, hanno fatto della loro maniera di tirare avanti una scuola di vita. Nel micro-territorio della provincia di Trieste, lanciatevi alla scoperta delle sue unicità e avrete solo che belle sorprese. Perché la gente non solo ama divertirsi, anche e soprattutto attorno a un desco ben fornito, ma è anche capace di autentici colpi di genio. Dove trovate, del resto, un produttore di formaggi che per invecchiare i suoi prodotti li porta personalmente sotto terra per 80 metri, in una grotta? Succede, nel piccolo paese di Prepotto famoso per ospitare alcuni dei migliori vignaioli del Carso, ma anche appunto per i prodotti di Zidarich, come il suo Jamar. Tutto, del resto, nella stretta lingua di terra che va da Muggia a Duino, parla di una ricerca del particolare, della preminenza data a prodotti genuini e fuori dal comune.
Ci voleva dell’autentica fantasia ad esempio, per far arrivare a Sales i Longhorns, i famosi manzi scozzesi dalle lunghe corna che fanno la gioia di chi frequenta la Bajta. Volete sapere un’altra curiosità? Spingetevi nel piccolo paesino di Santa Croce abbarbicato in collina ma separato da soli cinque minuti di strada dal mare e guardatevi la sua storia. Scoprirete così, magari degustando degli ottimi sardoni da Bibc, che qui vivevano, e qualcuno vive tuttora, i pescatori che fino al 1954 animavano la sottostante tonnara. Sì, ci sono anche i tonni nel Golfo di Trieste, anche se la loro pesca massiva non è più tipica. Se invece sono i latticini ad essere maggiormente nelle vostre corde, a Samatorza, lungo la strada principale c’è la fattoria Gruden, in cui degustare prodotti caseari di tutti i tipi, da quelli di capra a quelli più tipici di mucca, e magari far giocare i bambini con animali veri. Sulla via del rientro in città, proverete magari curiosità attraversando la frazione di Prosecco, prima di affrontare la panoramicissima Strada del Friuli. Il Prosecco, sì il vino famosissimo delle colline di Valdobbiadene, arriva proprio da qui, da dove nei secoli scorsi furono espiantate alcune barbatelle di Glera. Certo, i veneti ne hanno
TRIESTE LIFESTYLE
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Viaggio nei sapori tipici triestini — Paradoxes in the kitchen A journey through Trieste local tastes
Andrej Bole e il suo Prosecco. A destra: un piatto di bolliti.
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CONTRASTI
Né carne né pesce? Trieste è un melting pot di sapori.
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triestine dove la cucina, fortunatamente, è ancora tradizionale. Potrete variare e scegliere tra una vasta quantità di prodotti. Attenzione, però, non illudetevi di poter mangiare sul bordo del mare come è tipico delle città affacciate sull’acqua. Qui i posti dove si mangia veramente sull’Adriatico e non solo affacciati, si contano sulle dita di due mani. Motivi di demanio di conformazione geografica, chissà. Di sicuro, l’ultima contraddizione.
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Neither flesh nor fowl? Trieste is a melting pot of tastes.
In basso: i piatti a base di cozze del Pescaturismo al Villaggio del Pescatore
IN CUCINA
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rieste lives of paradoxes, even at the table. After all, what other seaside city has a traditional meat –rather than seafood– cuisine, so much so that pork meat, rather than sea bass, is the most celebrated ingredient– in line with the Austro-Hungarian tradition? A paradox, perhaps, yet most certainly not the only one: indeed, Triestini, with their fair amount of viveur spirit, are known to live their life to the fullest, and, over the years, this particular trait of theirs has become a full-fledged life school. Trieste’s unique territorial microcosm is full of pleasant surprises: while enjoying life, especially around a table laden with food, Triestini have come up with more than one stroke of genius throughout history. Take the cheese maker that personally carries his cheese wheels in a cave 80 metres underground to season them: Zidarich and his Jamar cheese are the flagship of the little town of Prepotto, also known for its local Karst wine makers. The narrow land stripe connecting Muggia and Duino is inhabited by a particularly resourceful people, whose products are as genuine as they are unique. 19
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fatto un prodotto mondiale, ma senza il toponimo non avrebbero avuto la DOC europea. E a proposito di Prosecco, se rientrando in città privilegerete invece l’irto colle di Roiano, fermatevi da Andrej Bole, un piccolo produttore che è stato il primo a dare al suo vino frizzante il nome di Prosecco Trieste. Un paio di chilometri ed eccoci nel cuore della città più particolare d’Italia. Qui i luoghi di ristoro li sentite a fiuto. È l’odore delle caldaie dei buffet che perpetuano da secoli l’arte del bollito di maiale presentato in tutte le forme, dal carré alla salsiccia. Un bollito misto è quasi una forma d’arte, perché propone delle leccornie perlopiù assolutamente sconosciute alla gran parte degli italiani, come la porcina. Che non è la porchetta, ma l’ossocollo (coppa) del maiale cotta in acqua aromatizzata. Una sosta in uno di questi locali, sfiora quasi l’esperienza mistica. Non c’è problema per trovarli. A Trieste ne resistono almeno una trentina, tutti di ottimo livello e ben distribuiti sul territorio. Qualcuno a questo punto potrebbe domandarsi: e il pesce? Non preoccupatevi è ottimo e abbondante lungo tutta la costa. Dalle incredibili polpette fatte con le cozze del Villaggio del pescatore alle molte meraviglie delle Rive
Città da gustare
Formaggi affinati in grotta, manzi scozzesi e tonni: un viaggio nelle contraddizioni culinarie triestine.
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Cheese seasoned in caves, Scottish cattle, and blue-fin tuna fish: a journey through Trieste’s culinary paradoxes.
It was thanks to such resourcefulness that the Scottish breed of cattle called Highland Longhorn reached the little hamlet of Sales, and became a beloved attraction of the local Bajta. If you proceed onwards in the same direction, you will reach the tiny village of Santa Croce, latching on to the hillside, yet only a five-minute drive from the coast. A look at its history, possibly while enjoying a serving of delicious sardoni at Bibc, reveals that up until 1954 Santa Croce used to be home to the fishermen working at the local tonnara (tuna netting fence). A few of them still live there, although tuna netting in the Gulf of Trieste is not as intensive as it used to be. If your interest leans towards cheese, you may want to head towards Samatorza: following the main road, you will encounter Gruden farm, where you can taste countless varieties of local cheese products, ranging from goat to cow milk – while the little ones play with the farm animals. On your way back to the city, immediately before accessing the scenic route of Strada del Friuli, you will drive through Prosecco, home to the world-famous vine of the same name that grows on the hills of Valdobbiadene. In the past few centuries, a few Glera shoots were uprooted and transplanted in the neighbouring region of Veneto. Prosecco’s fame may be due to those few shoots, yet it is the original toponym that earned it its European DOC label. If you choose to drive back following the steep hill side of Roiano, you may want to stop at Andrej Bole’s little winery, where you can taste the first sparkly wine carrying the name of Prosecco Trieste. 20
Another couple of miles, and you will find yourself in the heart of Italy’s most peculiar city – where good food is found by following your nose. Follow the scent of caldaia of local buffets, perpetuating the fine art of pork meat boiling throughout the centuries and preserving countless recipes, ranging from pork loin to sausages. Boiled pork meat is, indeed, a form of art, able to surprise and delight the palate of foreigners and Italians alike. Suffice it to mention the local porcina: unlike the more famous porchetta, it is made of seasoned coppa cuts [dry-cured muscle running from the neck to the fourth or fifth rib of the pork shoulder or neck, N/T]. Your first mouthful of porcina is an almost mystical experience. And it is not at all hard to find: there are at least thirty local buffets in Trieste and surroundings that still serve an excellent traditional porcina. At this point you may be wondering: what about seafood? Do not fret: there is plenty of it along the coast and it is particularly tasteful. There are fried mussel cakes at the Villaggio del pescatore, as well as countless other delicacies to be enjoyed along the city’s seafront, where culinary traditions are still preserved and cherished. You can choose among numerous different products – yet do not expect your table to overlook the sea directly. Unlike many other seaside cities, Trieste’s Adriatic delights are rarely served on the sea. It may be due to the Gulf geography, or to some obscure public property regulation. Either way, here is one more paradox.
Furio Baldassi Attivo nel settore fin dagli anni ‘70 è giornalista professionista dal 1984. Ha lavorato in radio, televisione e per oltre trent’anni, nel quotidiano di Trieste, il Piccolo. Negli ultimi decenni si è specializzato nella realizzazione di guide, quella di Repubblica e Best Gourmet, per le quali segue il settore enogastronomico Appassionatissimo di musica rock, ha anche scritto due romanzi, Dal fondo del bicchiere e Appuntamento in cantina. Vive a Trieste con moglie e figlio. – Furio Baldassi has been involved in journalism since the 1970s and has worked as professional journalist since 1984. He has worked in radio, television and in Trieste’s daily newspaper, Il Piccolo, for over thirty years. Over the last few decades, he has specialised in producing guides, such as those for La Repubblica and Best Gourmet, for which he follows the food and wine sector. A great lover of rock music, he has also written two novels, Dal fondo del bicchiere and Appuntamento in cantina. He lives in Trieste with his wife and son.
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Cooking in the ship’s galley
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el settembre 1828 Josef Ressel stipulava con l’imprenditore Fontana un contratto per la progettazione e la costruzione della nave Civetta da utilizzare per il collegamento tra Monfalcone e l’Istria. Chissà se, quando la Civetta poco dopo la partenza alla velocità di 6 nodi si fermò bruscamente nel Golfo per problemi non imputabili all’elica sviluppata da Ressel bensì al motore (decretando l’interruzione del progetto del boemo) ci si rese conto che si stava bloccando anche l’evoluzione della cambusa. Le navi a vela dipendevano dal vento e in un Adriatico spesso bizzoso quanto al meteo (ma fortunato per le rotte vicine alla costa) ciò che si doveva caricare a bordo per il sostentamento dell’equipaggio era affare d’importanza fondamentale. L’introduzione dell’elica e del motore segna l’avvio di una nuova epoca: le bonacce non fanno più paura –anzi– ed è possibile sapere fin dalla partenza il tempo che si impiegherà per raggiungere la meta. Cambiano quindi le mense di bordo, che tuttavia non sono paragonabili alla cucina di terraferma. Bisognerà attendere l’arrivo delle navi bianche per assistere alla nascita di veri e propri ristoranti galleggianti. Il Deposito a vista dell’archivio del Lloyd Triestino, visitabile al Magazzino 26 di Porto Vecchio, è una ricchissima miniera di notizie anche per quel che riguarda preparazioni e servizio durante le crociere. Non possono non essere ammirati i servizi in finissima porcellana o in argento marchiati con il logo
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imprese che mettono a frutto l’esperienza d’alto livello fatta per mare. E oggi? Per i triestini doc la crociera non è più sinonimo di nave, bensì di barca a vela. Non c’è baia della Croazia dove d’estate non si veda sventolare qualche guidone delle società del Golfo e se l’approdo è dotato di un ristorante viene subito considerato più accogliente. A bordo si cucina ancora, soprattutto se l’equipaggio sa pescare. La migliore esca? Pare siano le kune (valuta croata) quando ci si trova nei pressi di un pescatore che sta rientrando con le reti piene di pesce freschissimo.
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n September 1828 Austrian forester and inventor Josef Ressel and local entrepreneur Carlo d’Ottavio Fontana signed a contract to design and build the steam-powered boat Civetta, that was to connect the ports of Monfalcone and Istria. One year later, as Ressel was test-driving the Civetta in the Gulf of Trieste at six knots, the steam conduits suddenly exploded. The city police banned further testing, although the explosion was found to be due to an engine malfunction, and not to Ressel’s propeller. The ban interrupted not only 23
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della compagnia, ma soprattutto il quaderno degli ordini della Saturnia, che a New York si riforniva di cibi freschi per la traversata di rientro nel Mediterraneo. Già nel 1875 le navi del Lloyd erano dotate della produzione artificiale del freddo e dal 1881 entrava in funzione l’energia elettrica, che permetteva una sempre migliore conservazione. In base al mercato e di conseguenza agli ingredienti disponibili cambiano le ricette, ma i liners del Lloyd come Saturnia, Vulcania e Victoria rimangono famosi per “la cucina squisita”, che rimane una delle principali attrattive. In un opuscolo degli anni Venti il vanto del vitto è esplicito: “nella classe di lusso si svolge il servizio misto à table d’hotel e à la grande carte come in pochissimi alberghi di eccezione. Una carta del giorno presa a caso è ricca di ben dieci antipasti, di sei potages e brodi, di due qualità di pesci, di sei piatti di carne, di quattro verdure, di un assortimento di quattordici varietà di carni al buffet freddo, di quattro insalate, di sei dolci, fra cui un gelato, di sei formaggi, delle più squisite qualità di frutta nostrane e delle regioni tropicali”. Osservare poi il menù di Natale dove si intrecciano sapienza grafica e culinaria è una delizia per gli occhi e il palato. Il Lloyd è comunque attento alle necessità dei propri ospiti ed è interessante notare come una proposta completamente kosher sia disponibile anche dopo la dichiarazione delle leggi razziali del 1938. Una volta scesi a terra chef, barman, bartender e maître creano fortunate
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Dalle mense a bordo a veri ristoranti che non hanno nulla da invidiare a quelli presenti sulla terra ferma. — From galleys to fullfledged restaurants comparable only to the best hotels on land.
Città da gustare
Servizi in finissima porcellana o in argento marchiati con il logo della compagnia sulle tavole imbandite delle navi bianche.
Documenti e reperti visibili presso la mostra permanente del Museo del Mare ‘Deposito a vista’ presso il Magazzino 26 del Porto Vecchio. Info www.museodelmaretrieste.it
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Sets of china and precious silverware carrying the company’s logo on the ocean liners’ restaurant tables. the development of boat propulsion, but also the evolution of ship’s galleys. Sail boats were heavily dependent on the wind, which meant that their storage space had to fit enough supplies to sustain the crew during crossings of variable duration, especially on the Adriatic sea, where the weather is known to be capricious – with the exception of coast lines. The invention of propellers and engines ushered in a new era in seafaring: dead calm ceased to be a threat –quite the opposite– and crossing times could be planned with certainty even before the anchor was raised. Pantries and galleys were changing accordingly – although they were still a long way from their land counterparts. Only with ocean liners would galleys effectively turn into floating restaurants. The open-plan Deposit located at Magazzino 26, in the area of Porto Vecchio, and currently hosting the Lloyd Triestino shipping company’s collection, is an invaluable receptacle of documentation recording the rules and procedures of food preparation and service on cruise ships. This impressive display includes full sets of china and precious silverware carrying the company’s logo, as well as the order book of the ocean liner MV Saturnia, recording the supplies of fresh food acquired in New York before the Atlantic crossing that would lead her back to the Mediterranean sea. Lloyd’s ships were equipped with refrigerating technology as early as 1875, and with the introduction of electricity in 1881, food 24
preservation improved drastically. Despite their menu variations, depending on market prices and availability of ingredients, Lloyd’s liners such as MV Saturnia and MS Vulcania, and subsequent modern motor vessel Victoria, were known for their “delicious cuisine on board”, which accounted for one of their main attractions. The liners’ refined food service was explicitly praised in contemporary leaflets, such as the following one: “the first-class lounge offers both à table d’hotel and à la grande carte service, comparable only with the best hotels on land. An average daily menu offers no less than ten hors d’oeuvre, six potages and consommés, a choice between two seafood and six meat main courses, four vegetable side orders, a buffet assortment of fourteen different cold cuts, four side salads, six different desserts – including ice cream, six varieties of cheese, and a rich array of home-grown as well as tropical fresh fruit”. The Christmas menu is a true eye- and palate-pleaser, with its elaborate graphics and sumptuous dishes. The company carefully catered to every passenger’s needs, as witnessed
by the full kosher menu offered on its liners even after racial laws were first promulgated by Fascist Italy in 1938. Once their contract was over, chefs, barmen, bartenders and maîtres would launch their own, almost always successful, catering enterprises, capitalising on their haute cuisine experience at sea. And today... when Triestini think about sea voyages, they do not envision ocean liners, but sail boats. In the summer months every little nook in the Croatian coast line displays the colours of at least one of the Gulf ’s sailing schools, especially when the mooring has access to a restaurant or a taverna. On-board cooking is still an option, especially if the crew feels like fishing. Best bait? It is said to be Croatian kunas, to be cast when approaching a fisherman heading back with the catch of the day.
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di /by Ottavio Silva
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Cucine al tuo servizio — Kitchens at your service
La cucina sempre più focolare domestico e cuore di ogni casa.
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The kitchen is the heart of every home.
Contributors
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lways at the heart of every home, the domestic hearth is now renewed and becomes a real workshop. The kitchen is no longer confined to the role of a place where food is prepared, but it is also a place for recreation, for cultivating hobbies and passions and, above all, for spending moments of intimacy and conviviality. All the more so during the pandemic. This is why, from a design point of view, we are moving towards a concept of an active workplace. Worktops move towards the centre of the room so that the various stages of food preparation can be shared with other people. More and more often they are made of conglomerates, the result of a mix of quartz and silica inserts: they do not absorb and do not break, resulting effective both in terms of hygiene and aesthetics. High, spacious containers are placed at the sides and along the walls, where pots, dishes, glasses, etc. can be stored in a functional way. The same applies to the large drawers, which are equipped with mechanisms for coherent and studied internal organisation, aimed at making the best use of space. Surfaces are covered with laminates, which are easy to clean and resistant to impact and wear. Extremely important are the accessories and tools. Wine cellars provide well-preserved wines at all times for an unexpected guest, even when living in a flat. Induction cooking replaces the open flame, also with a view to energy saving, and is combined with modern ventilation devices. Similarly, sink purifiers mean that you don’t have to buy plastic water bottles. The steam oven replaces pressure cookers. And fryers, griddles, grills, woks and microwaves are also valuable allies for those who are not professional cooks: thanks to technological developments, the business person can invite someone to dinner, even if he or she is out of the house from morning to night, with great results.
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lati e lungo le pareti sorgono contenitori alti e capienti, dove poter conservare in maniera funzionale pentole, stoviglie, bicchieri e così via. Lo stesso vale per i cassettoni, dotati di meccanismi di organizzazione interna coerente e studiata, finalizzati a risolvere al meglio l’uso dello spazio. Le superfici si ricoprono di laminati, facili da pulire, resistenti a urti e usura. Importantissimi diventano poi supplementi e strumenti accessori. Le cantinette permettono di avere sempre a disposizione di un ospite improvvisato dei vini ben conservati, pur vivendo in appartamento. La cottura a induzione prende il posto della fiamma viva, anche in un’ottica di risparmio energetico, e fa il paio con moderni dispositivi di aerazione. Analogamente i depuratori da lavello consentono di non comprare casse di acqua in plastica. Il forno a vapore va sostituendo la pentola a pressione. E ancora la friggitrice, la piastra, la griglia, il wok, il microonde si rivelano preziosi alleati pure per chi non è professionista dei fornelli: grazie allo sviluppo tecnologico la persona in carriera può invitare qualcuno a cena, pur essendo fuori dalla propria abitazione da mattina a sera, con un risultato di grande livello.
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a sempre nel cuore di ogni casa, il focolare domestico oggi si rinnova e diventa un vero e proprio laboratorio. La cucina non è più relegata al mero ruolo di luogo in cui si confezionano dei cibi ma è anche dove ci si svaga, si coltivano passatempi, passioni e soprattutto si trascorrono momenti di intimità e di convivialità. A maggior ragione durante la pandemia. Ecco perché, dal punto di vista della progettazione, si va verso un concetto di zona operativa attiva. I piani di lavoro si spostano verso il centro della stanza, allo scopo di poter condividere con altre persone le varie fasi di preparazione dei piatti. Sempre più spesso sono realizzate in conglomerati, frutto di un mix a base di quarzo e inserti silicei: non assorbono e non si rompono, risultando efficaci sia a livello igienico che estetico. Ai
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STORIE E RACCONTI DI... VINI
di /by Stefano Cosma
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lthough Val Rosandra, Moccò, Bagnoli and Muggia are part of the DOC Carso area, they are not geologically a karst zone, but are in part already Istria. The pedological composition is different: there is no red earth or dolines, but sandymarly soils. Excellent wines have been produced here since the Middle Ages. I say this with a touch of pride, because among the first documents regarding viticulture recorded by the Vicedomini, the notaries of the Municipality of Trieste, there is the purchase of a vineyard dating back to 1417, bought by Luchex, son of Mathias Cosmat del Breiseç, my ancestor, and 3 years later his brother Gregorius de Cosmaç bought another vineyard. However, already in the previous century we find vineyards sold in Bagnoli. These wines were so popular that they were regulated in the Trieste Statutes of 1318 and 1350, with rules to protect their production. People who were not from the Moccò valley or who did not live there, for example, could not and should not bring there wine made outside the diocese or the territory of Trieste. In 1321, private forests were allowed to be cleared, provided that vineyards were planted, in order to eliminate the import of wine. It is hard to say what kind of wines they were; the varieties present in past centuries were many more than today, but only a few were mentioned: Terrano, Malvasia and Ribolla. The visits that the bishop of Trieste periodically made to the Parish of Dolina (San Dorligo della Valle), were described in the socalled “catapani”: that of 1694 speaks 29
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Malvasia, Rifosco, Moscato, Bersamin, Pergolla, Pinella– che forestiere –Tokay, Zibibbo, Burgunder, Pinou, Malaga ecc.– il che favorì l’introduzione di queste ultime. In quegli anni anche Girolamo Agapito descrisse il territorio, ricco di “vini abboccati e salubri”, e in particolare cita quelli di Rizmagne (San Giuseppe della Chiusa) e di Muggia, i vigneti di Cattinara e della valle di Zaule. Nel 1873 le varietà del territorio al di fuori della città erano Merzamin, Pignoletta, Piccola nera, Pinot nero, Refosco, Terran, Rossara, Muscat, Gargagna, Malvasia e Glera. Ma torniamo un passo indietro, al 1844, quando Matija Vertovc, anch’egli sacerdote come Seraschin, nel suo Vinoreja sa Slovenze, descrive alcuni vini di Rizmanjie e del Breg: la Gljera, il Gnjet detto Reshara, la Gerganija e la Breshanka. Ovvero la Brežanka, bianco tipico della valle di Moccò, il cui nome deriva da Breg, lo stesso del toponimo medievale Breiseç: l’odierno Zabrežec. Della Brežanka ne parlarono persino poeti sloveni come Prešeren e Vodnik, perché il mercato di sbocco era Lubiana. Era un uvaggio composto senz’altro da Malvasia, Vitovska e Glera, e forse da altre uve a bacca bianca elencate dal reverendo Anton Sancin di Bagnoli, in un manoscritto del 1894. Oggi la Brežanka è prodotta solo da Rado Kocjančič, viticoltore autoctono, come i Parovel, gli Ota, gli Zahar, i Merlak e i Sancin. Fino agli inizi del ’900 spedivano il loro vini a Vienna dalle stazioni ferroviarie di Moccò e di Draga Sant’Elia: oggi su quel tracciato potete andare in bici o a piedi a godervi il paesaggio. Magari con una sosta enoica!
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The first wines? As early as the Middle Ages! The first documents relating to the sale of a vineyard date back to 1417.
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a Val Rosandra, Moccò, Bagnoli, come pure Muggia, seppur rientrino nella Doc Carso, non sono geologicamente zona carsica, ma in parte già Istria. La composizione pedologica è diversa: non ci sono la terra rossa né le doline, ma terreni arenaceo-marnosi. Qui, sin dal Medioevo, vengono prodotti ottimi vini. Lo dico con un pizzico di orgoglio, poiché fra i primi atti riguardanti la viticoltura registrati dai Vicedomini, i notai del Comune di Trieste, c’è la compravendita di una vigna del 1417, acquistata da Luchex, figlio di Mathias Cosmat del Breiseç, mio antenato, e 3 anni dopo suo fratello Gregorius de Cosmaç acquistò un vigneto. Già nel secolo precedente troviamo però vigne vendute a Bagnoli. Erano vini che piacevano, tanto da essere disciplinati negli Statuti triestini, del 1318 e del 1350, con norme volte a tutelarne la produzione. Le persone che non erano della valle di Moccò o che non vi abitavano, ad esempio, non potevano far condurre lì il vino fatto fuori dalla diocesi o dal territorio di Trieste. Nel 1321 venne permesso di dissodare le selve di proprietà privata, purché si impiantassero vigneti onde eliminare l’importazione di vino. Che vini fossero è difficile a dirsi, le varietà presenti erano molte più di oggi, ma solo poche erano citate: Terrano, Malvasia e Ribolla. Le visite che periodicamente faceva il vescovo di Trieste alla Parrocchia di Dolina (San Dorligo della Valle), venivano descritte in cosiddetti “catapani”: quella del 1694 parla di vino eccellente, ma non ne rivela il nome, mentre quella del 1741 parla di Ribolla e Refosco. Nel ’700 i vini triestini detti Liquori –“i Migliori, con diligenza fatti” come scrisse il governatore Zinzendorf– erano il Moscato bianco e nero, il Marzemino e il Refosco, oltre al Prosecco “o sia Vino dolce di Trieste anticamente detto Ribolla”. A Cattinara, nel vivaio del cappellano Giuseppe Seraschin, dal 1814 al 1833 fu possibile acquistare quasi 30 differenti varietà di barbatelle, sia autoctone – Picolit, Ghergania (attuale Vitovska),
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I primi vini? Già nel Medioevo! Risalgono al 1417 i primi documenti relativi ad una compravendita di una vigna.
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Ghergania, Rifosco, Pinella sono solo alcuni dei 30 vitigni che nel tempo sono stati impiantati in Val Rosandra.
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Ghergania, Rifosco and Pinella are just some of the 30 grape varieties that have been planted in Val Rosandra over time.
Stefano Cosma Nato a Trieste nel 1966, laureato in giurisprudenza, vive a Gorizia, dove si occupa di comunicazione e di enogastronomia. Al 1992 risale il primo libro del settore Dotato d’eccellentissimi vini è il contado di Goritia.... Nel 2001 ha scritto Vitti di Toccai… 300, nel 2005, con Mario Busso e Walter Filiputti, Collio. I volti di una terra e nel 2008 Vitovska – tra i vigneti dal mare al Carso. Ha diretto il mensile Fuocolento, collabora con Il Piccolo e con diversi periodici nazionali, fra cui il mensile di economia Espansione; è curatore regionale di Vini Buoni d’Italia (TCI) e di alcune guide del Gambero Rosso e de La Repubblica. Premio Collio nel 2010, Premio Città Impresa nel 2012. Nel 2016 ha curato per LEG le edizioni italiane del Diario di guerra 1914-1918 di Ernst Jünger e Francesco Giuseppe di Jean-Paul Bled. Nel 2019 ha esordito con il suo primo romanzo storico Langoris. Storie di vini e di cavalieri.
Born in Trieste in 1966, he has a degree in law and lives in Gorizia, where he works in the fields of communication and food & wine. His first book in the sector dates back to 1992: Dotato d’eccellentissimi vini è il contado di Goritia.... In 2001 he wrote Vitti di Toccai... 300, in 2005, with Mario Busso and Walter Filiputti, Collio. I volti di una terra and in 2008 Vitovska - tra i vigneti dal mare al Carso. He has been editor-in-chief of the monthly magazine Fuocolento, and contributes to Il Piccolo and various national periodicals, including the monthly economics magazine Espansione; he is regional editor of Vini Buoni d’Italia (TCI) and of several Gambero Rosso and La Repubblica guides. He won the Collio Award in 2010 and the Città Impresa Award in 2012. In 2016 he was in charge of the Italian editions of Ernst Jünger’s Diario di guerra 19141918 and Jean-Paul Bled’s Francesco Giuseppe for LEG. In 2019 he made his debut with his first historical novel Langoris. Storie di vini e cavalieri [lit. Stories of wines and knights].
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A sinistra: immagini tratte da Giuseppe Caprin Il Trecento a Trieste, 1897
of excellent wine, but does not reveal its name, while that of 1741 mentions Ribolla and Refosco. In the 18th century, the wines from Trieste known as Liqueurs –“the Best, diligently made”, as Governor Zinzendorf wrote– were white and red Moscato, Marzemino and Refosco, as well as Prosecco “or Sweet Wine of Trieste formerly known as Ribolla”. In Cattinara, from 1814 to 1833, in the nursery of Chaplain Giuseppe Seraschin, one could buy almost 30 different varieties of vines, both autochthonous –Picolit, Ghergania (present-day Vitovska), Malvasia, Rifosco, Moscato, Bersamin, Pergolla, Pinella– and foreign –Tokay, Zibibbo, Burgunder, Pinou, Malaga, etc.– which favoured the introduction of these new varieties. In 30
those years, Girolamo Agapito also described the territory as rich in “sweet and healthy wines”, and in particular he mentions those of Rizmagne (San Giuseppe della Chiusa) and Muggia, the vineyards of Cattinara and the Zaule valley. In 1873, the varieties in the area outside the city were Merzamin, Pignoletta, Piccola nera, Pinot nero, Refosco, Terran, Rossara, Muscat, Gargagna, Malvasia and Glera. But let’s go back to 1844, when Matija Vertovc, also a priest like Seraschin, in his Vinoreja sa Slovenze, describes some of the wines of Rizmanjie and Breg: Gljera, Gnjet or Reshara, Gerganija and Breshanka. Brežanka, a white wine typical of the Moccò valley, whose name derives from Breg, the same as the medieval
place-name Breiseç, today’s Zabrežec. Even Slovenian poets such as Prešeren (1800-1849) and Vodnik (1758-1819) spoke of Brežanka, because its market was Ljubljana. It was undoubtedly a blend of Malvasia, Vitovska and Glera, and possibly other white grapes listed by Reverend Anton Sancin of Bagnoli in a manuscript of 1894. Today Brežanka is produced only by Rado Kocjančič, an autochthonous vine-grower, like the Parovel, Ota, Zahar, Merlak and Sancin families. Until the beginning of the 20th century, they used to send their wines to Vienna from the Moccò and Draga Sant’Elia railway stations: today you can cycle or walk along that track and enjoy the landscape. Perhaps with a wine stop!
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PRODUTTORI EROICI, PRODOTTI UNICI
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Heroic producers, unique products
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Working the land here is no easy task: the soil is rocky, the underground a labyrinth of tunnels and caves, and the wind is strong. inserimento lavorativo e recupero di terreni agricoli abbandonati per offrire prodotti a chilometro zero. Per vantarci ancora un po’, una volta c’erano pure le saline. A Servola, in Borgo Campo Marzio, a Zaule e pure in Borgo Teresiano. Oggi ci sono le saline di Pirano, a un tiro di schioppo, il cui fior di sale è un’eccellenza. Ora proviamo a raccontarvi qualcosa di nuovo, sorprendendo, forse, anche chi è triestino “patocco”, vero. Una selezione di prodotti unici, 3 nomi che stanno ravvivando il passato proiettandolo al futuro. Zobec è l’unico produttore di salmone in Italia e il più a sud d’Europa. Punta ad una produzione artigianale di qualità elevatissima allevando i pesci in vasche ampie di acqua
sorgiva cristallina. Non vengono utilizzati né farmaci né antibiotici: attivi dal 1984, non hanno mai riscontrato malattie. Il loro salmone ha minimo 3 anni di età e potete sceglierlo direttamente voi dalle vasche. Martin Merlak è una delle grandi giovani promesse del nostro panorama vitivinicolo, storia di un ritorno alla terra con interventi minimi in cantina, lieviti indigeni e fermentazioni in tini aperti. Martin ha visione e determinazione, e non ha paura di sperimentare –sempre con approccio naturale– guardando attentamente cosa succede in vigna. La stessa filosofia è applicata alla produzione del suo eccellente olio extravergine. Di m i t r i C a c o v i ch , 2 2 a n n i . Giovanissimo, idee chiare alimentate da passione vera. È il miele il responsabile del suo ritorno alla terra: a 15 anni ha due arnie, oggi è tra i maggiori produttori con 65 arnie posizionate tra i vigneti e allevate in naturalità. Millefiori, acacia, tiglio e pure una piccola produzione di marasca. Dicevamo i vigneti: 7 vini da tenere d’occhio, il futuro vitivinicolo del territorio è in buone mani… Concludiamo questa panoramica con un accenno al foraging –la raccolta di erbe spontanee– che riserva grandissime sorprese sul nostro territorio e ci permette di lasciarvi con una ricetta. È a primavera che bisogna approfittarne! Dalle nostre parti abbondano ortiche, tarassaco, aglio selvatico, malva, melissa, achillea... Ma è l’asparago selvatico che vi faremo cucinare. Più amaro dell’asparago comune, presente in tutto il mediterraneo e ugualmente ricco di antiossidanti. Buon appetito! 33
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Essere agricoltori qui non è semplice: la terra è pietra, il sottosuolo un groviera di grotte e cavità e il vento è sferzante.
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l nostro è un territorio di produttori eroici. Essere agricoltori qui non è facile, la terra è pietra, il sottosuolo un groviera di grotte e cavità e il vento è sferzante, capace di sradicare. Geograficamente affascinanti, siamo difficili da collocare. Continentali? Assolutamente. Celebriamo il maiale, tutto, e in tutte le salse: bollito nelle caldaie dei buffet, stagionato nei salumi delle osmize e delle aziende agricole (provate quelli dell’azienda Ostrouska ad esempio, da razza Krško Polje). Mediterranei? Assolutamente. Il pesce lo peschiamo e amiamo da sempre: cozze, orate, branzini ma soprattutto il pesce azzurro, “povero” solo di nome: sardoni barcolani, sgombri, suri. Siamo tra i produttori più a Nord di olio extravergine d’oliva, con una certa esperienza in materia: in Val Rosandra lo si produceva già ai tempi dei Romani. Abbiamo varietà autoctone e una DOP (Tergeste DOP dedicata alla varietà bianchera), l’unica in Italia a dover esprimere l’anno di raccolta in etichetta, indice di qualità. Non apriremo qui il capitolo vino se non per sottolineare le eccellenze artigiane che il mondo ci invidia, con fermentazioni in tini di pietra e cantine scavate nella roccia che parlano di un rapporto d’amore con il Carso minerale. Se guardiamo ai formaggi, c’è chi come Antonič produce pecorini (a latte crudo) ripopolando le pecore di razza autoctona Istro-carsolina.È certamente un territorio difficile per frutta e verdura, ma quasi tutte le aziende agricole hanno piccole produzioni nei loro orti e ci sono splendide realtà come “Oltre i Grembani”, che si occupa di
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di /by Alice Fabi
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ocal producers are no less than heroic. Working the land here is no easy task: the soil is rocky, the underground a labyrinth of tunnels and caves, and the wind is strong enough to uproot trees and shrubs. A geographically fascinating territory, yet difficult to define. Continental? Absolutely. We celebrate pork meat, every cut of it, and serve it in every possible way: boiled in the caldaia of a local buffet, cured in the cold-cut platter of an osmiza or holiday farm (do not miss the Krško Polje cured meat of the Ostrouska farm). Mediterranean? Absolutely. We love fishing and we love seafood: mussels, sea bream, sea bass, but first and foremost blue fish – the so-called peasant variety, yet so rich in taste – such as sardoni barcolani [Barcola’s sards], mackerel, and jacks, also known as common scads. We are the northern-most producers of olive oil, and we are no beginners at that either: olive oil has been produced in Val Rosandra since the ancient Roman Empire. We have a considerable number of indigenous varieties and one PDO-status (Protected Designation of Origin) variety, namely the Tergeste DOP bianchera variety, which is the only one in Italy required to indicate the yielding year on its label – a sign of quality. Local wine making is too vast a topic to discuss in this limited space – suffice it to mention the local artisan excellences that are known and praised throughout the world, fermented in stone vats and aged in cellars dug in the Karst rock. They tell the tale of love between our people and this rocky plateau. 34
Siamo tra i produttori più a nord di olio extravergine d’oliva e abbiamo il produttore di salmone più a sud d’Europa!
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We are the northern-most producers of extra virgin olive oil and we have the southern-most salmon farm in Europe!
As regards cheese, probably one of the most telling examples is Antonič, who, like others in this area, specialises in raw-milk pecorino production, thereby repopulating the territory with indigenous Karst-Istrian sheeps. Growing fruit and vegetables here is certainly a challenge, yet almost every local farm has its own home-grown selection of produce, and there are even some, like “Oltre i Grembani”, who combine job creation and recovery of abandoned agricultural land to offer zero-mile produce. Let us boast a little more: we even had our own salt pans once, in Servola, Borgo Campo Marzio, Zaule, and Borgo Teresiano. Today local salt is harvested just a few miles further east,
in Piran’s salt pans, whose product is yet one more local excellence. And now, something new - something that maybe not even Triestini know: a selection of three unique products, three names that are re-interpreting the past with a look to the future. Zobec is the southern-most salmon farm in Europe, and the only one in Italy. The farm’s ultimate goal is a totally artisan, high-quality farming method using only crystal-clear spring water. No antibiotics or other pharmaceuticals: since its launch in 1984, Zobec’s salmon has never tested positive to any kind of disease. Zobec farm sells salmon starting from their third year of age and allow customers to claim the specimen they desire directly from the pool.
Mettere a bollire una pentola d’acqua per la pasta. Tritare lo scalogno, in una padella scaldare un po’ d’olio e soffriggere lo scalogno, sfumare con il vino. Lavare gli asparagi e tagliare a pezzettini di circa 1 cm, eliminare la parte legnosa del gambo. Aggiungere al soffritto e cucinare a fuoco medio per una decina di minuti aggiungendo un po’ d’acqua se necessario. Poi aggiungere i filetti di salmone, cucinare 3 minuti per parte, aiutandosi con un cucchiaio sfaldare direttamente in padella. Salare l’acqua e cuocere la pasta. Aggiungerla alla padella 3 minuti prima della cottura indicata, aggiungere un paio di mestoli di acqua di cottura e il parmigiano. Risottare per circa 5 minuti. Servire con olio extravergine a crudo, fior di sale di Pirano e della scorza di limone grattugiata.
Bring a pot of water to a boil. While you wait, mince the shallot. Heat a spoon of oil in a pan, pour the minced shallot and let fry lightly, then add your ½ glass of Vitovska wine and let everything simmer until reduced. Carefully wash your wild asparagus and remove the stems. Chop it up in 1cm pieces. Put the pieces into the mirepoix pan and cook for approximately ten minutes on medium heat (add water if necessary). Add salmon fillets and cook for three minutes on each side. Now you can flake apart the salmon directly in the pan with the help of a spoon. The water in the pot should be boiling now: add salt and then pasta. Once your fusi or garganelli are al dente (it usually takes three minutes less than the cooking time indicated on the package), drain them and pour them directly into the fish pan, add two ladlefuls of salted cooking water and your parmigiano. Pan fry for 5 minutes. Serve with extra virgin olive oil, a pinch of Piran “Fior di sale” salt and grated lemon zest.
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Taste the city
½ kg fusi or garganelli pasta 1 shallot 1 bundle of wild asparagus 400 g fresh Zobec salmon (cleaned) Merlak extra virgin olive oil Piran “Fior di sale” salt Zest of 1 lemon ½ a glass of Vitovska wine 30g parmigiano reggiano
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½ kg fusi o garganelli 1 scalogno 1 mazzo asparagi selvatici 400 g salmone fresco di Zobec sfilettato Olio extravergine d’oliva Merlak Fior di sale di Pirano Scorza di 1 limone ½ bicchiere di vitovska 30g parmigiano reggiano
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Fusi with salmon and wild asparagus
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Martin Merlak is one of the up-andcoming young wine makers of our territory, endorsing an almost completely artisanal approach, limited cellar treatment, indigenous yeast, and open-vat fermentation. Martin has vision and determination, and is not afraid of experimenting –always respecting his natural approach– by observing his vineyard. He applies the same principles to the production of his outstanding extra virgin olive oil. Dimitri Cacovich, 22, has a clear idea fuelled by true passion. Honey is the reason why he came back to his origins: at 15 he had two beehives. Today he is one of the most important honey producers in this area, with his 65 naturally farmed beehives scattered through the vineyards. Wildflower, acacia, lime-bush, and even a small selection of Marasca cherry honey. As regards the above-mentioned vineyards, he currently produces seven promising wines – the future of local wine making is in good hands… By way of conclusion, our review turns to foraging, namely the gathering of spontaneous herbs and edible plants, which are surprisingly numerous in our territory – so much so, that we have decided to take our leave with a spring-time recipe. This area is rich in nettle, dandelion, ramsons, mallow, lemon balm, and yarrows. Yet, it is wild asparagus we are going to use – slightly more bitter than its cultivated counterpart, wild asparagus grows in Mediterranean undergrowth and is rich in antioxidants. Buon appetito!
Fusi agli asparagi selvatici e salmone
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Il vento si mangia e si beve — Eating and drinking the wind
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di /by Rino Lombardi Illustrazione /illustration by Jan Sedmak
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ercare sempre una connessione tra quello che faccio e il vento, per me è come una mania. Una volta a Marsiglia mi misi a girare nel quartiere del Panier per scoprire che fine avevano fatto gli antichi mulini a vento: sono finiti ad essere inglobati nelle case. Oppure, ad Atene, provai a fotografare dalla strada, con uno zoom piuttosto scarso, curiosi camini giravento contemporanei. O ancora eccomi a cercare altri mulini, però a Berlino, città infinita. Che gioia trovarne uno ancora funzionante e acquistare sul posto la farina appena macinata. Nel pane che mia madre fece da quella materia prima c’era il sapore dei tempi antichi e dei venti contemporanei. Ma torniamo a casa, alla nostra cara Bora. Ed entriamo nella cucina di casa! Qua il nostro vento è entrato ovunque. Ci sono spifferi dappertutto nella tradizione della cucina triestina e più in generale nei sapori locali. Se penso al vino, penso a quel giorno che da un produttore scoprii che grazie all’azione purificatrice della Bora i viticoltori qui devono effettuare meno trattamenti che altrove. Se penso all’olio, penso a un altro generoso imprenditore agricolo che ci donò una piccola foglia d’olivo della varietà bianchera (e anche una preziosa bottiglia frutto del suo lavoro). Me ne svelò la forma, aerodinamica, a elica, disegnata dalla Bora! La Jota è la risposta calda (o scaldata!) alla fredda Bora. Le vocali sono praticamente le stesse, per una legge algebrica inventata da me si annullano e le consonanti si affrontano. Quelle della BORA sono gelide e boriose: “BRRR”. La “T” contenuta nella parola Jota è come il segnale di una strada senza uscita: non si
Nella tradizione della cucina triestina ci sono spifferi dappertutto! — Trieste’s culinary tradition is windy like a draughty room!
può non amarla, perché ormai c’è una Jota per tutti. Anche per i vegani! E la “J”, mi fa sorridere. Non è detta anche Jota? Nome che capita a fagiolo... Qualche anno fa fui felice del coinvolgimento della Bora come testimonial a una bella kermesse culinaria dedicata tutta alla più triestina delle zuppe. Sarebbe bello riproporla per i cultori e non. Saliamo sull’altipiano dove le erbe spontanee danzano nel vento e così sono più in forma per finire nel formaggio! In una delle tante leggende del Carso, la Bora e suo figlio Borino vivono in una grotta, come alcuni dei grandi sapori del territorio: dai vini ai formaggi, al prosciutto del Carso. Sapori sopraffini, senza confini. E poi c’è il mare, là dove la Bora si tuffa e aiuta la vita nel nostro golfo,
UN VENTO IN CUCINA
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Vino, olio, zuppe e perfino i dolci migliorano grazie alla Bora! — Wine, oil, soup, and even cakes taste better thanks to the Bora!
rimescolandolo, vivificandolo. E i pesci e anche il loro sapore hanno tutto da guadagnarci! I sardoni barcolani li trovi solo qui, no? Anche i dolci sono influenzati dal vento. Tanto per dirne una… “Un dolce in una giornata di Bora e bel tempo viene molto più buono di uno fatto in giornate di pioggia, specialmente se è lievitato.” ha scritto Iolanda De Vonderweid nel suo classico Ricette triestine, istriane e dalmate antiche e moderne (Edizioni Lint). E poi, se il presnitz ha preso una forma così vorticosa, sotto sotto sarà anche colpa dei refoli, no? Finiamo con un bel caffè. Nelle giornate di Bora, quello appena torrefatto si diffonde nell’aria e invade la città. Respirarlo è un po’ come bere un espresso.
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always look for a connection with the wind, regardless of what I am doing. I cannot help it, it is a quirk of mine. In Marseille I walked every inch of Le Panier, one of the city’s oldest quarters, to look for its windmills –only to find out that they had been incorporated into the current buildings. In Athens I stopped in the middle of the road to adjust my camera’s (mediocre) zoom to take a picture of a series of peculiar modern chimney cowls. In Berlin, too, I went looking for old flour mills imagine my delight when I was able to finally find a working one, and even buy a sack of freshly milled flour on the spot. The bread that my mother baked with that batch of flour tasted of past tradition and contemporary wind. Which brings me back home, to our Bora wind and our cuisine and their inextricable connection. The wind seeps into every facet of the local culinary traditions, filling them like the rooms of a draughty house. Take wine, for instance: I was once told by a local wine producer that, thanks to the Bora’s formidable air-purifying force, grapes need significantly less treatment here than anywhere else in the world. As regards olive oil, I remember receiving a precious gift from a local producer, who offered me not only a bottle of his treasured oil, but also a tiny leaf from his bianchera olive grove. I shall never forget the secret he revealed to me on that day: the incredibly aerodynamic helix-like shape of the leaf was the Bora’s doing! Jota is the hot (or rather heated) remedy to the cold of the Bora two words, same set of vowels. I like to imagine a mathematical process, whereby those vowels cancel each other out, leaving the consonants to face each other: BORA’s consonants are as icy cold and conceited as they sound (BRRRR). The “T” in Jota is like a road sign indicating a
dead end: it matters not where you come from, there is a steaming Jota waiting for you at the end of your joruney (there is even a vegan-friendly version)! Finally, the letter “J”, which makes me smile. After all, is it not called “Jota” in ancient Greek? Quite fitting, I believe. A few years ago I was proud to find that the Bora had been selected as “testimonial” of a culinary kermesse focusing on Trieste’s most representative soup. I am convinced that, were it to be replicated, such event would be welcomed by enthusiasts and neophytes alike. On the Karst Plateau every leaf of grass dances with the wind, keeping the wild fines herbes fit to lend their dynamic taste to local varieties of cheese. According to one of the Karst numerous legends, Bora and her son Borino used to live in a cave which is also the perfect storage space of countless local delicacies, such as cheese, wine, and Karst cured ham. Exceptional flavours that know no borders. The Bora eventually dives into the sea, stirring the water and nourishing the Gulf ’s marine life. Indeed, local fish varieties have a unique taste after all, sardoni barcolani [local bluefish N/T] cannot be found anywhere else in the world, can they? Even Trieste’s confectionery tradition is influenced by the wind: indeed, “a cake baked on a sunny Bora day tastes significantly better than one baked on a rainy day, especially if the dough needs to rise first”, at least according to author Iolanda De Vonderweid in her Ricette triestine, istriane e dalmate antiche e moderne (Edizioni Lint) [Ancient and modern recipes from Trieste, Istria and Dalmatia, N/T]. Why else would the Presnitz [local stuffed puff pastry] be coiled in a spiral, like the vortex of a tornado? Finally, coffee: freshly roasted coffee on a Bora day invades every corner of the city with its delicious scent. Just breathing it in feels like sipping an espresso.
Ci sono infiniti buoni motivi per incoraggiare
la cultura,
quasi un processo di “geminazione”
e sostenere la cultura in tutte le sue migliori espressioni. La Fondazione lo crede da sempre.
Leggere un libro. Visitare una mostra. Ascoltare un concerto. Raramente si pensa che si tratta di autentici “privilegi”: oggi condivisi da molti, ma ancora (anche se può apparire strano) preclusi ai più. La cultura, per progredire, richiede continue “chiavi di accesso”. Dalle più elementari (come il saper leggere) ad altre più sofisticate, che la cultura stessa, quasi per “geminazione”, crea di continuo. Chiavi che ci consentono di scrutare orizzonti sempre più affascinanti e impegnativi (percepire l’enigma di una statua greca, di un quadro astratto o di un brano musicale, al di là della mera contemplazione). Chiavi che durano per sempre. Che affinano gusto e capacità di giudizio. Che non possiamo smarrire e che nessuno ci potrà mai rubare. Che potremo condividere e scambiare con altri. La cultura, innegabile segno di benessere sociale. Ma anche matrice di autentica felicità individuale.
il colore del benessere sociale
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CIBO D’AUTORE
Foto di /Photo by Roberto Pastrovicchio
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Styling by Sara Bertolini
Possiamo parlare di arte a tavola? Le pagine che seguono nel nostro Portfolio dicono di sì e IES è orgogliosa di presentare questa serie di “quadri” d’autore, dove nel ruolo di protagonisti sono “dipinti” i prodotti della nostra terra, quelli del nostro territorio, della nostra filiera a chilometro zero. Immagini da collezione, racchiusi per voi in una galleria d’arte aperta da due grandi professionisti dell’immagine che vi raccontano come olio, erbe, pane, formaggi, vini, miele, pesce e salumi siano il frutto di una terra dura ma generosa.
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Can we talk about art at the table? The pages that follow in our Portfolio say yes, and IES is proud to present this series of art paintings, where products of our land, of our zero kilometre supply chain are “portrayed” in the role of protagonists. Collectable images, enclosed in an art gallery created for you by two great image professionals who tell you how oil, herbs, bread, cheese, wine, honey, fish and cured meats are the fruit of a harsh but generous land.
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Portfolio Dialoghi geometrici, contrappunti cromatici, minimalismo estetico e ironia surreale, questi gli aspetti che contraddistinguono lo styling di Sara Bertolini. Nata a Udine alla fine degli anni Settanta, frequenta l’Istituto d’Arte e completa la sua formazione post diploma in graphic design. Giovanissima inizia a collaborare con alcuni studi fotografici come set stylist. Dal 2013 si dedica alla progettazione di scenografie per video musicali di artisti nazionali e commerciali, si specializza come stylist nel settore del food. – Geometric dialogues, chromatic counterpoints, aesthetic minimalism and surreal irony: these are the aspects that distinguish Sara Bertolini’s styling. Born in Udine in the late seventies, she attended the Art Institute and completed her postdiploma training in graphic design. At a very young age she began working with several photographic studios as a set stylist. Since 2013 she has been designing sets for music videos for national and commercial artists, and has specialised as a stylist in the food sector.
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Roberto Pastrovicchio (Trieste, 1975) è fotografo pubblicitario e industriale, specialista nel campo dello still life e appassionato osservatore di come la luce interagisce con il mondo circostante. Collabora da anni con importanti brand a livello nazionale e internazionale –tra cui Conad, Hilton, Italesse, Illycaffè, Fincantieri– curando il processo creativo dallo scatto iniziale fino alla postproduzione dell’immagine. Essenziale e minimalista, ricerca da sempre il suo “silenzio estetico”. – Roberto Pastrovicchio (Trieste, 1975) is an advertising and industrial photographer, a specialist in the field of still life and a keen observer of how light interacts with the surrounding world. He has been collaborating for years with important national and international brands –including Conad, Hilton, Italesse, Illycaffè, Fincantieri– taking care of the creative process from the initial shot to the image post-production. Essential and minimalist, he has always been seeking his “aesthetic silence”.
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Sara Bertolini
TRIESTE LIFESTYLE
I prodotti raffigurati in queste imaini sono l’olio Tergeste DOP di Rado Kocjančič, i vini Terrano e Malvasia di Edy Kante, la Pinza Pintaudi, i formaggi di Dario e Sandra Zidarich. Si ringraziano inoltre per la collaborazione e la fornitura di altri prodotti: Eataly Trieste, bicchieri Italesse, accessori e props di VUD Design, muschio Kokedamalove. – The products depicted in these pictures are Tergeste DOP oil by Rado Kocjančič, Terrano and Malvasia wines by Edy Kante, Pinza Pintaudi, and cheeses by Dario and Sandra Zidarich. We would also like to thank for the cooperation and supply of other products: Eataly Trieste, Italesse glasses, accessories and props by VUD Design, Kokedamalove moss.
Roberto Pastovicchio
Città da vivere
CORRISPONDENZE D’ARTE GASTRONOMIA E ARTE ESOTICA
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di /by Lorenzo Michelli
Zuccheriera del XIX sec. Servizio Musei e Biblioteche, Comune di Trieste 50
Il Gabinetto Cinese Wünsch — Gastronomy and exotic art: the Wünsch Chinese Cabinet
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affascinante binomio arte e cibo trova a Trieste, già nell’Ottocento, una singolare rappresentazione. In questa città cosmopolita i profumi del Carso si fondono con quelli del mare a sua volta portatore del fascino per l’esotico, per i luoghi e le culture lontane. Nel 1847 Pacifico Valussi esalta sull’Osservatore triestino l’apertura di un nuovo esercizio commerciale assai curioso e precursore rispetto a quanto accadeva in altre metropoli europee; il gestore di questa nuova realtà è Adolf Wünsch che unisce pasticceria ed esposizione di fascinosi oggetti orientali nel suo Gabinetto Cinese. Questa stravagante realtà triestina situata nel cuore cittadino, di fronte la Borsa, resta agli onori della cronaca per oltre un cinquantennio e si trasforma in un luogo da visitare, una tappa obbligatoria per il visitatore che potrà viaggiare verso altri mondi, fino al celeste impero o al mondo fluttuante, rimanendo in città. La cultura europea, desiderosa di nuovo, si lanciava in nuove esplorazioni, anche polisensoriali e Trieste era un portale a cui guardare per tuffarsi in segni artistici, sapori e gusti internazionali sconosciuti. Dall’Ottocento ad oggi. C’è un luogo in cui questi brani di cultura materiale esotica, di cucina, di tradizioni e arte del passato sono restituiti ai nostri occhi contemporanei e avvezzo ormai alla globalizzazione: è il Museo Orientale di Trieste, una raffinata istituzione museale situata nel palazzetto Leo, accanto a Piazza dell’Unità d’Italia, un altro portale per ulteriori avventure della mente.
Info Per la visita al Museo Orientale /For a visit to the Oriental Museum www.museoarteorientaletrieste.it 51
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Live the city
Il legame con l’Oriente viene dal mare e a Trieste, fin dall’Ottocento, ci si tuffa nei sapori e gusti internazionali. — The link with the East comes from the sea and since the 19th century Trieste has been diving into international tastes and flavours.
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s early as the nineteenth century, the fascinating combination of art and food found a unique representation in Trieste. In this cosmopolitan city, the scents of the Karst blended with those of the sea, which in turn carried a fascination for the exotic, for faraway places and cultures. In 1847, Pacifico Valussi wrote in the Osservatore Triestino about the opening of a new shop that was very curious and ahead of its time compared to other European cities; the manager of this new business was Adolf Wünsch, who combined a pastry shop with a display of fascinating oriental objects in his Chinese Cabinet. This extravagant
Triestine business in the heart of the city, opposite the Stock Exchange, remained in the news for over fifty years and became a place to visit, a must for visitors who could travel to other worlds, to the Celestial Empire or the floating world, while staying in the city. European culture, eager for something new, launched itself into new explorations, including multi-sensorial ones, and Trieste was a portal to look at in order to dive into unknown artistic signs, flavours and international tastes. From the nineteenth century to the present day there is a place where these pieces of exotic material culture, cuisine, traditions and art of the past are restored to our contemporary eyes, now accustomed to globalisation: it is the Oriental Museum of Trieste, a refined museum institution located in the Palazzetto Leo, next to Piazza dell’Unità d’Italia, another portal for further adventures of the mind.
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In basso: Coppa da punch del 1780 ca., Servizio Musei e Biblioteche, Comune di Trieste
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In alto: il Gabinetto Cinese Wünsch, dal volume Giappone. Stampe e surinomo dalla collezione Orientale dei Civici Musei di Storia ed Arte di Luisa Crusvar, edizione Comune di Trieste, 1998
PINTAUDI. L’ECCELLENZA A COLAZIONE
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FOOD
Giuseppe Pintaudi ritratto negli spazi di Vud Design di via Diaz a Trieste. 52
tredici anni macinava le mandorle per farle diventare pasticcini. Giuseppe Pintaudi te lo racconta con emozione. Sognava di fare biscotti e il suo sogno si è avverato. Non biscotti qualsiasi, “I più buoni”, dichiara con orgoglio. Ti dice semplicemente “Assaggia” e capisci che quella è la promessa più potente, senza giri di parole. Puoi fidarti a occhi chiusi. Oggi Giuseppe non ha ancora 40 anni ma è già un produttore affermato, un punto di riferimento nel mondo dei biscotti e delle fette biscottate. E non si ferma. Guarda sempre avanti. Siciliano, vulcanico come la sua terra, ricca di calore, sapori, suggestioni, a Trieste ha incontrato la solarità mediterranea in versione adriatica, il rigore mitteleuropeo, e la concretezza di chi ogni mattina lavora con il Carso davanti. Perché la bellezza aiuta la bontà. Il suo lavoro è stato per anni silenzioso, al servizio di locali rinomati che hanno decretato giorno dopo giorno il successo dei suoi croissant e dei biscotti freschi che però erano unbranded, senza marchio. Ma un’alta qualità così straordinaria non poteva vivere nell’anonimato. Andava valorizzata e condivisa. Così Giuseppe Pintaudi ha deciso di crescere puntando sui prodotti per la colazione da casa. Una sfida vinta. La sua azienda oggi è quasi maggiorenne, ma Giuseppe continua a studiare, sperimentare, creare come fosse il primo giorno. “È una passione, è un piacere prima che un lavoro” è questa la sua filosofia. Il suo trionfo più recente sono le fette biscottate. Friabili, si sciolgono
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in bocca. Non si spaccano quando vi si spalma sopra la marmellata. Altamente digeribili, perché così deve essere!“Ci sono voluti due anni di prove e controprove per arrivare alla quadra perfetta”, dice lui. Definizione non casuale per questo prodotto premiato con il “Great Taste Award 2020”, dai contenuti semplici e genuini. Grano italiano 100% selezionato e controllato. Del resto, ingredienti selezionati 100% naturali, è la promessa su ogni confezione firmata Pintaudi: niente OGM, niente idrogenati, né coloranti né conservanti. Nelle Frolle, altro prodotto di punta della gamma, ottime da gustare con il tè o magari per accompagnare la degustazione di un buon vino, Giuseppe mette solo aromi naturali: solo frutta vera. E quel profumo lo senti quando apri la scatola! Frolle, biscottoni da inzuppo e fette biscottate da premio… Il nome Pintaudi è ormai sempre più sinonimo di prodotti eccellenti per una colazione di alta qualità. Il miglior modo di cominciare la giornata. In Italia e in America Pintaudi è di casa da Eataly, alla Rinascente e nei negozi di gastronomia di fascia alta. Il marchio cresce anche in Europa. È recente l’ingresso da Vinissimo, prestigioso punto vendita in Lussemburgo. E a casa vostra? Sono prodotti da assaggiare subito, magari domani, a colazione. Per poi non lasciarli più.
t the age of thirteen, he was grinding almonds to make pastries. Giuseppe Pintaudi tells you this enthusiastically. He dreamed of making sweets and his dream has come true. Not just any cakes, ‘the best ones’, he proudly declares. He simply says “Taste it” and you understand that this is the most powerful promise, without mincing words. You can trust him with your eyes closed. Today Giuseppe is not yet 40 years old but he is already a successful producer, a point of reference in the world of biscuits and cakes. And he never stops. He is always looking ahead. Sicilian, volcanic like his land, rich in warmth, flavours and suggestions, in Trieste he met the Mediterranean sunshine in an Adriatic version, the Central European rigour and the concreteness of those who work every morning with the Karst in front of them. Because beauty helps goodness. For years his work has been silent, at the service of renowned cafes that have decreed day after day the success of his croissants and fresh biscuits, which were however unbranded. But such extraordinary high quality could not live in anonymity. It had to be valued and shared. So Giuseppe Pintaudi decided to grow by focusing on packaged products. A successful challenge.
His company is now almost an adult, but Giuseppe continues to study, experiment and create as if it were the first day. “It’s a passion, it’s a pleasure before being a job”, this is his philosophy. His most recent triumph is his rusks. Resistant, they don’t break when you spread jam on them. Crumbly, they melt in your mouth. Highly digestible, because that’s how they should be! “It took us two years of trial and error to find the perfect recipe”, he says. Not a random definition for this product, which won the “Great Taste Award 2020”, with its simple and genuine contents. 100% selected and certified Italian wheat. After all, 100% natural top-quality ingredients is the promise made on every Pintaudi package: no GMOs, no oils of vegetable origin, no colouring agents or preservatives. In the Frolle (shortbread), another top product of the range, excellent to enjoy with tea or perhaps to accompany the tasting of a good wine, Giuseppe puts only natural flavours: only real fruit. And you can smell that scent when you open the box! Small biscuits, dipping biscuits and premium rusks... The Pintaudi name is increasingly synonymous with excellent products for a high quality breakfast. The best way to start the day. In Italy, Pintaudi is available at Eataly, La Rinascente and in high-end delicatessen shops. The brand is also growing in Europe. It recently entered Vinissimo, a prestigious shop in Luxembourg. And at home? These are products to try immediately, perhaps tomorrow for breakfast. And then you’ll never want to leave them.
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“It’s a passion, it’s a pleasure before being a job.”
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“È una passione, è un piacere prima che un lavoro.”
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di /by Paola De Cassan
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A TUTTA BIRRA!
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Live the city che propose al barone Pasquale Revoltella l’idea che diede il là alla nascita di questa storica birreria. Trieste era perfetta per “l’acqua di Aurisina”. Il sogno passò di mano in mano attirando grandi nomi come Elio de Morpurgo, presidente del Lloyd Austriaco che a sua volta coinvolse i Rotschild di Parigi fino alla nascita della grande fabbrica di 35.000 mq ai piedi del colle del Farneto, alla fine di viale XX Settembre, allora viale Acquedotto. La fabbrica comprendeva pure la prima birreria che, sebbene funzionasse bene, fu venduta assieme a tutto il complesso al commerciante viennese Antonio Dreher. Nei primi del Novecento, in piazza della Borsa, nacque una nuova birreria: il palazzo Dreher, ristorante vetrina per le birre di qualità prodotte, ora conosciuto come Borsa Nuova e da poco restaurato. Tuttavia la Dreher non fu la prima fabbrica di birra di Trieste: nel 1766, nel borgo Teresiano, nacque il birrificio Theresianer; si racconta che fu proprio Maria Teresa d’Asburgo a volerla. Una tradizione così forte prosegue ancor oggi grazie alla presenza di molti microbirrifici. A Muggia troviamo il birrificio Campagnolo i cui nomi delle birre evocano decisamente la triestinità e il suo vento caratteristico: Bora ciara (Weizen), Borin (Pils), Neverin (Ale doppio malto che stordisce proprio come l’omonimo evento atmosferico), Bora scura (una speciale rossa) e molte altre... Sul Carso il birrificio Cittavecchia è una birreria artigianale che utilizza le acque del Timavo. La sua birra “Àila”, una golden ale, riprende il tipico modo di dire locale che significa “eccola”, 55
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icuramente più democratica, perfetta da bere in compagnia ma pure in solitaria, la birra è una bevanda rinfrescante e dissetante che, a Trieste, è protagonista grazie alle influenze germaniche e austriache del passato. Ai tempi dell’Impero Austro Ungarico la bionda color oro era molto diffusa, pure sulle insegne “luccicanti” delle birrerie tedesche dal nome Al Pero d’oro, Al Cervo d’oro, All’Aquila d’oro, Al Cavallo d’oro… Ma la storia della birra a Trieste non è fatta solo di importazione; c’erano delle vere e proprie fabbriche come la celebre Dreher che continuò a lavorare fino al 1976, sopravvivendo ai due conflitti mondiali, dopo la nascita avvenuta nel 1865 grazie alla lungimiranza di un uomo d’affari di Praga, Carl Voelckner
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La tradizione birraia ha origine lontane: fin dal 1700 a Trieste scorrevano fiumi di birra, importata e prodotta localmente. — The brewing tradition goes back a long way: since the 18th century, rivers of beer have flowed through Trieste, imported and brewed locally.
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A destra: fabbrica di Birra Dreher, 1865 ca. (Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte)
Città da vivere A destra: la cucina fusion di Hops Beerstrò, a Trieste.
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In basso: l’offerta di prodotti del birrificio Campagnolo a Muggia
“guardala”; infine c’è Zanna Beer con le sue tre birre Polaris (Pils classica), Savinja (English bitter Ale) e Triple ZZZ, una birra in stile belga, non filtrata e non pastorizzata. Non mancano i brew pub, i locali dove viene servita la birra prodotta in loco, come la pizzeria Tazebao, un microbirrificio da 400 hl di birra l’anno, il piccolo birrificio Cavana tra le viuzze di Città Vecchia con le sue birre a rotazione e il birrificio Val Rosandra nato nella sede dell’agriturismo dove si allevano i salmoni che vengono serviti abbinati da un buon bicchiere di birra fresca, chiara e rossa. Infine, la birra è la prima donna pure a tavola. Da Hops Beerstrò, ristorante fusion, propongono piatti dai 56
sapori lontani, ma che si abbinano perfettamente a ottime birre artigianali provenienti da tutto il mondo, con un’attenzione ai prodotti di fresca produzione italiani; alla Taverna ai Mastri d’Arme si respira il Medioevo degustando panini e piatti a base di birra e il pane fatto con le trebbie, ovvero gli avanzi della fabbricazione della birra; al Mastro Birraio, pub di Daniele Stepancich ci si affida al “Mastro” che, oltre a proporre golosi hamburger, bruschette e un originale Birramisù, è un vero intenditore di birre, dalle classiche lager tedesche, alle belga, alle speziate nonché le particolari “birre acide” e una selezione di whisky single malt scozzesi, un’evoluzione più alcolica di una bevanda alla cui base c’è sempre il malto d’orzo!
Microbirrifici, brew pub ma anche tanti locali dove la birra è la protagonista indiscussa! — Microbreweries, brew pubs but also many places where beer is the undisputed protagonist!
Democratica, dissetante e rinfrescante: la birra è perfetta da bere in compagnia ma anche in solitaria. — Democratic, thirstquenching and refreshing: beer is perfect to drink in company but also alone.
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efinitely more democratic, perfect to drink in company but also alone, beer is a refreshing and thirst-quenching drink that, in Trieste, plays a leading role thanks to the Germanic and Austrian influences of the past. At the time of the Austro-Hungarian Epire the golden blonde was very popular, even on the “shiny” signs of German breweries named Al Pero d’oro, Al Cervo d’oro, All’Aquila d’oro, Al Cavallo d’oro... [lit. The Golden Pear, The Golden Stag, The Golden Eagle, The Golden Horse...]. But the history of beer in Trieste was not only a series of imported products; there were real breweries, such as the famous Dreher, which continued to operate until 1976, surviving two world wars, after being founded in 1865 thanks to the farsightedness of a Prague businessman, Carl Voelckner, who proposed to Baron Pasquale Revoltella the idea that gave birth to this historic brewery. Trieste was perfect for “the water from Aurisina”. The dream passed from hand to hand, attracting big names such as Elio de Morpurgo, president of Austrian Lloyd, who in turn involved the Rotschilds of Paris until the birth of the large 35,000 m2 factory at the foot of the Farneto hill, at the end of Viale XX Settembre, at that time Viale Acquedotto. The factory also included the first brewery which, despite working well, was sold along with the whole complex to the Viennese merchant Antonio Dreher. In the early 20th century, a new brewery was built in Piazza della Borsa: Palazzo Dreher, a showcase restaurant for its quality beers, now known as Borsa Nuova and recently restored. However, Dreher was not the first brewery in Trieste: in 1766, the Theresianer brewery was established in the Teresian quarter; it is said that it was Maria Theresa of Habsburg herself who wanted it. Such a strong tradition continues today thanks to the presence of many microbreweries. In Muggia we find the Campagnolo brewery, whose beers’ names definitely evoke the Trieste area and its characteristic wind, the Bora: Bora ciara (Weizen), Borin (Pils), Neverin (a double malt ale that stuns just like the neverin, a sudden storm), Bora scura (a special red) and many others.
On the Karst, the Cittavecchia brewery is a craft brewery that uses the water from the Timavo river. Its “Àila” beer, a golden ale, takes up the typical local saying that means “there she is”, “look at her”; finally, there is Zanna Beer with its three beers Polaris (classic Pils), Savinja (English bitter Ale) and Triple ZZZ, a Belgian-style beer, unfiltered and unpasteurised. There are also several brew pubs, places where beer brewed on site is served, such as the Tazebao pizzeria, a microbrewery producing 400 hl of beer a year, the small Cavana brewery in the narrow streets of the Old Town with its rotating beers, and the Val Rosandra brewery, which was born on the site of the farm where salmon are bred and served with a refreshing pint of pale and red beer. Finally, beer is also the prima donna at the table. At Hops Beerstrò, a fusion restaurant, they offer dishes with exotic flavours, but which go perfectly with excellent craft beers from all over the world, as well as with freshly brewed Italian products; at Taverna ai Mastri d’Arme, you can feel that medieval atmosphere while tasting sandwiches and dishes made with beer and bread made with spent grain, the cereal left over from brewing beer; at Mastro Birraio, Daniele Stepancich’s pub, you can rely on the “Mastro” who, as well as offering tasty hamburgers, bruschettas and an original Birramisu, is a true connoisseur of beers, from classic German lagers to Belgian and spiced beers, as well as special “sour beers” and a selection of single malt Scotch whiskies, a more alcoholic evolution of a drink based on barley malt!
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PORTO VECCHIO
In fondo alla sala l’opera “Follow” di Davide Salvadei, nome d’arte Eron
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Nel Porto Vecchio, cultura al centro — Culture is at the heart of Trieste’s Old Port
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n questo periodo dove tutto appare sospeso e immobile, ci sono luoghi dove si continua a lavorare al processo di trasformazione che nei prossimi anni contribuirà a cambiare il volto di Trieste. Negli oltre 60 ettari del Porto Vecchio prosegue lo sviluppo del polo culturale; agli edifici ristrutturati della Centrale Idrodinamica e della Sottostazione Elettrica e al vicino Centro Congressi inaugurato nel 2020, si stanno man mano aggiungendo gli altri pezzi del puzzle. Il Magazzino 26, da poco nuova sede dell’Immaginario Scientifico nonché dell’Infopoint turistico ospiterà a breve il Museo del Mare “intermedio” (in attesa del completamento del progetto Consuegra, previsto per il 2025) e il Nuovo Museo della Civiltà Istriana Fiumana e Dalmata, costituito dalle masserizie dei profughi custodite all’interno del Magazzino 18 e dai reperti di via Torino. Il polo scientifico sarà rafforzato con l’ampliamento del Museo del Mare e con lo spostamento del Museo di Storia Naturale. A disposizione, inoltre, tre sale espositive da circa 500 mq ciascuna che prossimamente ospiteranno la Biennale Internazionale Donna 58
2021 e la mostra Memorie Triestine dedicata a Leonor Fini, geniale icona del Surrealismo. Fiore all’occhiello del Magazzino 26 la Sala Luttazzi, una nuova sala polifunzionale capace di contenere 472 persone, con 325 posti a sedere, che sarà disponibile 365 giorni all’anno per congressi, presentazioni, spettacoli culturali. “Un lavoro fatto con il cuore –racconta l’Assessore alla Cultura Giorgio Rossi–. Si tratta di un nuovo spazio voluto per lanciare un messaggio e offrire un nuovo futuro ai giovani della città e a tutti gli artisti triestini che potranno organizzare qui i loro eventi, in un luogo simbolico, avamposto della trasformazione del Porto Vecchio e punto di riferimento e di ripartenza per l’attività culturale”. A suggellare ancor più il messaggio che si vuole trasmettere ci penserà l’opera “Follow” di Davide Salvadei, in arte Eron, writer di fama mondiale. La tela, realizzata nel 2017 all’interno del Salone degli Incanti, acquisita dalla Fondazione CRTrieste, offerta in comodato d’uso al Comune di Trieste ed esposta nella Sala Luttazzi, rappresenta una trama di fili spinati davanti a un
cielo nuvoloso da cui affiora una pallida luce che ricorda la forma di un cuore. Un cuore da seguire per abbattere le barriere di filo spinato e perseguire la pace, l’armonia, la non violenza e il rispetto. “È il lavoro che il Comune di Trieste sta portando avanti sin dal concerto organizzato dal Sindaco Dipiazza nel 2010 con i 3 Presidenti di Italia, Croazia e Slovenia –prosegue Rossi–. Trieste deve diventare ancor più una città senza barriere che offre prospettive concrete e un sentimento di umanità dove la cultura, troppo spesso trascurata, diventa l’elemento fondamentale per il cambiamento; sinonimo di libertà di parola, di democrazia, di opposizione costruttiva, deve contribuire alla creazione di un centro di gravità permanente culturale, come direbbe Battiato. E allora vogliamo o non vogliamo tagliare questo filo spinato?”.
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La nuova sala polifunzionale Luttazzi, disponibile 365 giorni all’anno, sarà il punto di riferimento e di ripartenza per l’attività culturale.
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t a time when everything seems suspended and motionless, there are places where work continues on the transformation process that will help change the face of Trieste in the coming years. In the over 60 hectares of the Old Port, the development of the culture centre continues; the renovated buildings of the Hydrodynamic Power Station and the Electricity Substation, as well as the nearby Congress Centre, inaugurated in 2020, are gradually being joined by other pieces of the jigsaw. Warehouse 26, which has recently become the new seat of the Science Centre Immaginario Scientifico as well as the tourist info point, will soon house the “intermediate” Maritime Museum (while awaiting the completion of the Consuegra project, scheduled for 2025) and the New Museum of Istrian, Fiuman and Dalmatian Civilization, consisting of the refugee belongings
stored in Warehouse 18 and the finds from Via Torino. The scientific centre will be expanded with the addition of the Sea Museum and the relocation of the Natural History Museum. There will also be three exhibition halls of about 500 square metres each, which will soon host the International Women’s Biennial 2021 and the exhibition Memorie Triestine (Memories of Trieste) dedicated to Leonor Fini, the brilliant icon of Surrealism. The pride of Warehouse 26 is the Luttazzi Hall, a new multifunctional hall with a capacity of 472 people and 325 seats which will be available 365 days a year for congresses, presentations and cultural performances. “It is a new space designed from the heart to convey a message and offer a new future to the city’s young generation and to all Trieste’s artists, who will be able to organise their events here, in a symbolic location, an outpost of the transformation of the Old Port and a reference and starting point for cultural activity” says Giorgio Rossi, Councillor for Culture. The message to be conveyed will be further underlined by the work “Follow” by Davide Salvadei, aka Eron,
a world-famous graffiti artist. The canvas, created in 2017 in the Salone degli Incanti exhibition hall, was bought by Fondazione CRTrieste and offered on a free loan to the Municipality of Trieste. The artwork is on display in the Luttazzi hall and it depicts a weave of barbed wires in front of a cloudy sky from which a pale light emerges in the shape of a heart. A heart to be followed to break down the barbed wire barriers and pursue peace, harmony, non-violence and respect. “This is the work that the Municipality of Trieste has been carrying out since the concert organised by Mayor Dipiazza in 2010 with the three Presidents of Italy, Croatia and Slovenia –continues Rossi–. Trieste must even more become a city without barriers that offers concrete opportunities and a feeling of humanity where culture, too often neglected, becomes the fundamental element for change; synonymous with freedom of speech, democracy, constructive opposition, it must contribute to the creation of a permanent cultural centre of gravity, as the Italian singer and songwriter Battiato would say. So are we or are we not going to cut this barbed wire?”. 59
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The new multi-purpose Luttazzi Hall, available 365 days a year, will be the reference and starting point for cultural activity.
Città da vivere
di /by Maddalena Giuffrida
ANDAR PER ERBE
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Herbal walks in the Karst
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l Carso è un labirinto di pietre dove crescono anche piante aromatiche ed erbe spontanee. Uno dei sentieri più suggestivi del ciglione carsico, il Sentiero della Salvia, prende il nome proprio da una delle piante autoctone, la salvia officinalis. La comprensione della piante nella sua essenza è il cuore dei corsi di avvicinamento alle specie botaniche più caratteristiche presenti sul nostro territorio organizzati durante l’anno da Juna, un agriturismo sul Carso triestino, che sin dalla sua apertura ha proposto un ricco calendario di attività. L’obiettivo è di offrire dei percorsi esperienziali tra natura e cultura, proponendo a viaggiatori e curiosi delle originali iniziative nel nome di un turismo di prossimità, lento, sostenibile e responsabile. I corsi, tenuti dall’erborista Annalisa Conte, studiosa di fitoalimurgia terapeutica, si svolgono all’aperto sul Carso e sono rivolti a tutte le fasce di età, dai bambini agli adulti. Durante le “uscite ad erbe” si impara a riconoscere e raccogliere le più comuni erbe spontanee con rispetto e armonia. Ma non solo. Nel corso delle passeggiate Annalisa fornisce consigli sull’utilizzo delle erbe dal punto 60
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Non solo raccolta, ma degustazione di infusi e tisane ai profumi dell’altopiano.
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SUL CARSO
Not only picking, but also tasting infusions and herbal teas made with Karst products.
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he Karst is a labyrinth of stones where aromatic plants and wild herbs flourish. One of the most beautiful trails on the Karst ridge, the Sage Trail, is named after one of its indigenous plants, salvia officinalis. Understanding the essence of local plants is at the heart of the courses organised throughout the year by Juna, a holiday farm on Trieste’s Karst, which has offered a full calendar of activities since its opening. The aim is to provide experiential paths between nature and culture, offering travellers and curious people original initiatives for proximity tourism, which is slow, sustainable and responsible. The courses, held by herbalist 61
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di vista alimentare e terapeutico per la persona e per la comunità: le tecniche di elaborazione delle erbe selvatiche per la cura personale, l’autoproduzione di detergenti naturali, l’utilizzo delle erbe in cucina e nella tintura dei tessuti sono alcuni degli argomenti trattati, insieme alla narrazione di miti e storie di sapienza antica adattate alle necessità dell’uomo moderno, nel suo rapporto con la Natura. Le esperienze sono arricchite dalla degustazione finale di appetizers e sciroppi a base di erbe spontanee preparati da Annalisa e da infusi e tisane ai profumi del Carso, prodotti da aziende del territorio, come la Puressoil di Martina Malalan. Dal 2010 l’azienda agricola guidata da Martina, erborista e carsolina doc, coltiva e trasforma piante aromatiche e medicinali autoctone secondo i principi di agricoltura biologica. I suoi sali aromatizzati alle erbe, le pure spezie del Carso, come il finocchietto selvatico o la santoreggia, sono un concentrato di aromi da portare in cucina, per arricchire i piatti con l’armonia delle essenze del territorio. Il primo appuntamento dell’anno con le erbe spontanee a cura dell’Agriturismo Juna e di Annalisa Conte è fissato per primavera.
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Percorsi esperienziali sulla raccolta di erbe spontanee sul Carso triestino.
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Experiential walks picking wild herbs on Trieste’s Karst.
Annalisa Conte, an expert in therapeutic phytoalimurgy, take place outdoors on the Karst and are aimed at all age groups, from children to adults. During the “herb walks” you learn to recognize and collect the most common spontaneous herbs with respect and harmony. But that’s not all. During the walks, Annalisa gives advice on the use of herbs in the diet and as remedies for the individual and the community. She will explain for instance the techniques for processing wild herbs for personal care, how to make your own natural detergents, how to use herbs in the kitchen and for dyeing fabrics. She will also tell you myths and stories of ancient wisdom adapted to the needs of modern man in his relationship with Nature. The experiences are enriched by the final tasting of appetizers and wild herbs syrups prepared by Annalisa as well as infusions and herbal teas with the scents of the Karst, prepared by local companies such as Martina Malalan’s Puressoil. Since 2010, the farm run by Martina, a herbalist and a true Karst native, has been cultivating and processing autochthonous aromatic and medicinal plants according to organic farming principles. Her herb salts, pure Karst spices such as wild fennel or savory, are a concentration of aromas you can use for cooking to enrich your dishes with a blend of local flavours. The first appointment of the year with spontaneous herbs organised by the Juna Tourist Farm and Annalisa Conte is scheduled for spring.
Info www.agriturismojuna.it 62
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Noi portiamo ogni giorno i loro sapori a Trieste per te.
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BALLANDO CON LA ŠOPETA
Dancing with the šopeta
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di /by Enrico Maria Milič
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ica metterai anche questa ricetta dentro il libro? Iera miseria”. C’era questa vergogna tra le anziane che fecero da ‘informatrici’ di Vesna Guštin a fine anni ’90, quando grazie a loro scrisse “Xè più giorni che luganighe”, il libro punto di riferimento sulla cucina del Carso, da allora in perenne ristampa. Guštin in quelle formule vide qualcosa di più. Quelle ricette non erano solo fossili di una civiltà contadina che, forse, è stata tra le più povere d’Europa. Le ricette della jota, la šelinka, la šopeta, gli gnocchi di pasta lievitata, gli štrukelji e il pane al grano saraceno non vennero trascritte dalla scrittrice carsolina solo come reperti saporiti di estinte vite di stenti. Per capire il senso del suo libro e di quella raccolta di ricette dobbiamo seguire il corso di Vesna Guštin. Dobbiamo seguirla dagli anni ’50 quando nasce a Repen, a 11 chilometri dal centro di Trieste, all’interno delle stesse mura della casa in cui oggi abita. Sono gli anni in cui, anche in Carso, quel modo di vivere antico che si ripeteva nei cicli delle stagioni come fosse da sempre, inizia a disgregarsi.
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“Danno via le mucche quando ho 12 o 13 anni”, ricorda Guštin. Le vacche e le persone nei campi si diradano non solo dalla sua casa ma da tutta Repen e da tutto il Carso, insieme a una civiltà. Negli anni ’70, due terzi degli abitanti di Repen ormai lavorano nel terziario. “Iniziano a buttar giù le vecchie case costruite in pietra col ballatoio in legno, col loro focolare al centro, dove le donne cucinano, dove la famiglia si scalda e sta insieme, dove gli innamorati si scambiano di nascosto i primi baci. Al loro posto, costruiscono in cemento armato e tapparelle”. Succede però che Repen in quegli anni diventi il centro di un movimento. Trenta famiglie del territorio, di tasca loro, comprano una vecchia casa coperta da scandole in pietra e la “salvano”: nasce il museo della Casa Carsica. Non contenti, a Repen creano le Nozze Carsiche per celebrare, almeno una volta all’anno, un matrimonio vero con i riti e i costumi di una volta. In quel movimento di salvaguardia delle radici, qualche anno dopo Guštin dà il suo contributo più alto. Intervista oltre cento anziane carsoline per salvare le loro ricette, tramandate da mamma
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Live the city a figlia, da suocera a nuora. Nasce così il libro più noto di Guštin, “Xè più giorni che luganighe”. Il volume diventa la base per una lunga serie di corsi di cucina carsolina grazie ai quali l’autrice forma sia appassionati sia cuochi di spicco. Nel libro e nella tradizione, “ogni ricetta ha una collocazione precisa: le ricette di ogni giorno e delle domeniche, i cibi che devono sostenere le mietiture, le falciature e le vendemmie, le pietanze per i battesimi, i matrimoni e i funerali, i piatti per ogni festa cristiana o pagana”. Per Guštin, che ha studiato musica e dirige il coro maschile di Repen, ogni ricetta era una nota diversa dalle altre, che doveva essere espressa in un momento preciso sullo spartito delle occasioni, dei giorni e delle stagioni che si susseguono.
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“Ogni ricetta ha una collocazione precisa: i cibi di ogni giorno, per le domeniche, le falciature, le vendemmie, per ogni festa cristiana o pagana.” — “Every recipe has its own place: the daily dishes, those for Sundays, for mowing and grape harvests, dishes for every Christian or pagan holiday.”
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“Iera miseria”, dissero le informatrici del libro a Guštin ma, si legge nel suo libro, era una vita “umanamente forse più ricca”. Era una vita in cui nelle feste più antiche, come il Carnevale, i giovani erano una processione allegra tra i cortili del paese e i suoi abitanti. “In ogni casa ballavano con la padrona per il benessere della casa”. Il susseguirsi dei crauti con le salsicce, la kaša, le fritole con l’anima, i crostoli e i krapfen era una delle melodie della festa di quei giovani che, con le maschere, evocando gli antenati e gli spiriti della natura, ballavano perché rinascesse una nuova primavera.
“Iera miseria”, dissero le informatrici del libro a Guštin ma, si legge nel suo libro, era una vita “umanamente forse più ricca.” — “We lived in poverty”, the book’s informants told Guštin, but, we read in his book, it was perhaps “a humanly richer life.”
TRIESTE LIFESTYLE
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ENGLISH TEXT
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ou’re not going to put this recipe in the book, are you? We lived in poverty.” There was this shame among the elderly women who acted as Vesna Guštin’s trusted ‘informants’ at the end of the 1990s, when thanks to them she wrote “Xè più giorni che luganighe” [lit. There are more days than sausages], the landmark book on Karst cuisine, which has been reprinted ever since. Guštin saw something more in those formulas. Those recipes were not just fossils of a farming civilisation that was perhaps among the poorest in Europe. The recipes for jota, šelinka, šopeta, gnocchi made of leavened dough, štrukelji and buckwheat bread were not transcribed by the Karst writer merely as tasty relics of extinct lives of hardship. In order to understand the meaning of her book and that collection of recipes we have to follow Vesna Guštin’s path. We must follow her from the 1950s when she was born in Repen, 11 kilometres from the centre of Trieste, within the same walls of the house in which she lives today. These are the years when, even in the Karst, that ancient way of life that mirrored the cycles of the seasons 66
began to disintegrate. “They gave the cows away when I was 12 or 13 years old,” Guštin recalls. The cows and the people in the fields thinned out not only from her house but from Repen village and the entire Karst region, along with a local civilisation. In the 1970s, twothirds of the inhabitants of Repen were working in the tertiary sector. “They start tearing down the old stone houses with their wooden balconies, their hearths in the middle, where the women cook, where the family warms up and stays together, where lovers secretly exchange their first kisses. In their place, they build concrete buildings with shutters”.However, in those years Repen became the centre of a movement. Thirty local families
bought an old house covered with stone shingles out of their own pockets and “saved” it: the Karstic House Museum was born. Not content with that, in Repen they created the Karst Wedding to celebrate, at least once a year, a real wedding with the rites and customs of the past. A few years later, Guštin made her greatest contribution to the movement to safeguard their roots. She interviewed over a hundred elderly Karst women in order to save their recipes, handed down from mother to daughter, mother-in-law to daughter-in-law. This is how Guštin’s best-known book, “Xè più giorni che luganighe”, was born. This book became the basis for a long series of Karst cuisine courses through which the author trained both enthusiasts and top chefs. In the book and in the tradition, “every recipe has its own place: the daily and Sunday recipes, the food to support harvests, mowing and grape harvests, dishes for baptisms, weddings and funerals, dishes for every Christian or pagan festival”. For Guštin, who studied music and directs the men’s choir of Repen, each recipe was a unique note, which had to be expressed at a precise moment on the score of occasions, days and seasons that followed one another. “We lived in poverty”, the book’s informants told Guštin, but, we read in his book, it was perhaps “a humanly richer life”. It was a life in which on the oldest festivals, such as Carnival, the young people formed a merry procession through the courtyards of the village and its inhabitants. “In every house they danced with the mistress for the prosperity of the house”. A succession of sauerkraut with sausages, kaša, fritole with soul, crostoli and krapfen was one of the festive tunes of those young people who, wearing masks, evoked their ancestors and the spirits of nature and danced for the rebirth of a new spring.
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fioriture di Stefania Boccabianca
Da sempre li vogliamo sulle nostre tavole, nei nostri giardini e fra i nostri capelli. Sbocciano ovunque in primavera, spesso in modo spontaneo, macchie cittadine dai colori brillanti a ricordarci che ogni anno in natura tutto rinasce. i fiori non chiedono altro che di essere ammirati, anche se per farlo dobbiamo imparare a fermarci. alzare la testa dallo smartphone, rallentare la nostra corsa giornaliera, interrompere il flusso dei pensieri che ci porta lontano. ed essere presenti, spostando lo sguardo da quello che ci manca a una dose regalata di bellezza quotidiana.
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Un fiore nei capelli. Gli orecchini Flora in edizione limitata per il 20° anniversario dei bijoux Stranomavero sono fatti a mano in metallo e morbido tessuto. Perfetti in contrasto con abiti rigorosi e minimal. Stranomavero, via Felice Venezian 7/b.
2
Fiori Jaquard. Forte Forte riprende i colori dei primi giorni di primavera e li mescola in un motivo floreale su una camicia che è un po’ anche giacca. Da abbinare ad un pantalone blu, beige, ma anche ai jeans preferiti. Rosi Serli, Corso Italia 10.
“Trieste xe un bel fior” dice una famosa canzone popolare. Dei tanti angoli poco esplorati della città, il Parco di villa Bazzoni è un’oasi cittadina rimessa a nuovo di recente. a due passi da Cavana, salendo per la ripida via San Michele, che dalle rive ci porta a San Giusto, passa inosservato anche per chi vive nel rione. i pochi che lo conoscono entrano timidamente per brevi passeggiate senza tempo. È il posto ideale per fermarsi e annusare una rosa, come direbbero gli inglesi, nell’attesa che ritornino gli horti tergestini, la rassegna di piante e fiori che da ormai 15 anni si tiene tra i roseti del parco di San Giovanni. i fiori fanno primavera e ci invitano a una giornata di shopping a trieste. abiti, accessori, regali e prodotti enogastronomici di ispirazione floreale, per ricordarci di alzare lo sguardo e prenderci una pausa.
Come boccioli. Gli anelli in bronzo decorati con smalti colorati di elena CaMilla Bertelletti sembrano rose ancora schiuse fra le dita. Per le donne contemporanee l’abbinamento rosa e rosso è inusuale e sofisticato. Giada, via Roma 16/c.
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rossetto alla rosa. Come una donna senza tempo che si mette il rossetto. Burroso e sensuale, provocante e romantico. la rosa e la violetta riportano indietro negli anni, l’ambra e la vaniglia rassicurano come un abbraccio. liPStiCk roSe è il profumo più chic. Profumeria Essenze, Piazza Sant’Antonio Nuovo 4.
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Miele fiorito. la caciotta di capra di aSan e la MUSSa, è affinata per 8/10 giorni con miele di acacia e fiori di calendula, rosa canina, fiordaliso, menta, porro e foglie di fragola. Per i primi aperitivi in terrazza della stagione. Set, via di Cavana 13/a.
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Bella da mangiare. Delicata da guardare e buona da condire l’insalata con fiori edibili regala un sorriso alle amiche e incuriosisce gli uomini più attenti. Eataly, Riva Tommaso Gulli, 1.
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Dopocena con arte. Da accompagnare con cioccolato fondente il rUM Di ChairMan’S reServe nell’edizione limitata disegnata da llewelyn Xavier. Per godersi un ultimo momento di piacere con gli amici. Bischoff, via Mazzini, 21.
Fiori di montagna. il sapone e il dopo barba del SaPoniFiCio vareSino, contengono estratto di Stella alpina coltivata organicamente. Per i più “narcisi” affinché si ritaglino il tempo per farsi la barba come una volta, con il pennello di tasso. Man Room concept, via Torre Bianca 8/a.
Stefania Boccabianca Coach e consulente. appassionata di brand ama scoprire piatti, locali e prodotti sempre nuovi. non resiste alla cucina etnica e al cioccolato fondente.
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I luoghi del cuore di Stefano Tonut, Martina Serli, Ferdinando Avarino, Alessandra Leonori e Riccardo Zanellotti — The places dear to Stefano Tonut, Martina Serli, Ferdinando Avarino, Alessandra Leonori and Riccardo Zanellotti
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FOOD & DRINK
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di /by Micol Brusaferro
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Stefano Tonut Stefano Tonut nasce nel 1993 a Cantù, città nella quale il papà Alberto, anche lui grande cestista, giocava in quella stagione. Cresciuto sportivamente a Trieste, ormai da sei anni è una delle colonne portanti della Reyer Venezia. Quest’anno è stato eletto miglior giocatore italiano della serie A. Oltre alla pallacanestro, le sue grandi passioni sono il mare e la pesca. Uno dei miei luoghi preferiti è sicuramente Mug [1] (Piazza Hortis 6), dove mi fermo per un buon caffè. E poi nella zona di piazza Hortis ho tanti ricordi che riaffiorano spesso, perché lì si trova anche la scuola che ho frequentato, il Nautico. In più è un locale che mi infonde un senso di tranquillità, ho la sensazione di trovarmi a casa. Tra i locali che adoro c’è il Pier the Roof [2] (Molo Venezia 1), dove posso bere un ottimo drink, con la vista che spazia sul mare, in un punto privilegiato sul golfo, grazie alla splendida terrazza. È una tappa immancabile soprattutto d’estate. Amando il mare, uno dei miei ristoranti preferiti è la trattoria al Faro [3] (Scala Giuseppe Sforzi 2), che, anche in questo caso, ha un panorama stupendo proprio sul golfo. Propone un ottimo menù di pesce ed è quello che scelgo sempre di ordinare, quando voglio concedermi un pranzo o una cena in relax. Con una bottiglia acquistata all’enoteca Hortis [4] (piazza Attilio Hortis 2/a) non sbaglio mai. Il personale è molto preparato e sa sempre consigliare al meglio i clienti. Per questo è un punto di riferimento quando voglio regalare qualcosa di buono. Da Corner [5] (via Mazzini 28), c’è sempre tanta scelta, con un ottimo rapporto qualità prezzo e trovo sempre regali perfetti. È un negozio a cui sono affezionato ormai da
anni e che indubbiamente è anche uno dei miei punti vendita preferiti. – Stefano Tonut was born in 1993 in Cantù, the city where his father Alberto, also a great basketball player, was playing that season. He grew up in Trieste and has been one of Reyer Venezia’s mainstays for six years now. This year he was elected the best Italian player in Serie A. Besides basketball, his great passions are the sea and fishing. One of my favourite places is definitely Mug [1] (Piazza Hortis 6), where I stop for a good coffee. And then in the area of Piazza Hortis I have many memories that come back often, because there is also the school I attended, the Nautico. What’s more, it’s a place that gives me a sense of tranquillity, I feel at home. Among the places I love is Pier the Roof [2] (Molo Venezia 1), where I can have an excellent drink with a view over the sea, in a privileged position on the gulf, thanks to the beautiful terrace. It’s a must, especially in summer. As I love the sea, one of my favourite restaurants is the trattoria al Faro [3] (Scala Giuseppe Sforzi 2), which again has a wonderful view of the gulf. It offers an excellent fish menu and it’s the one I always choose to order when I want to treat myself to a relaxing lunch or dinner. With a bottle purchased from the Hortis wine shop [4] (Piazza Attilio Hortis 2/a), I never go wrong. The staff are very professional and always provide customers with the best possible advice. That’s why it’s a go-to place when I want to buy something good as a gift. At Corner [5] (via Mazzini 28), there’s always plenty of choice, excellent value for money and I always find perfect gifts. It’s a shop I’ve been fond of for years and it’s undoubtedly one of my favourite places.
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enjoy spending time. And it’s very close to the shop. ‘I’m very fond of the Antico Caffè Torinese [7] (Corso Italia 2), I’ve been going there for years, ever since I was a child, when my parents owned the Serli shop under the arcades of Galleria Protti, and I used to order a glass of mint and water. It reminds me of the historic bars in Turin, my home town. And it’s wonderful, I like sitting at the tables, inside, looking at the city in peace. There’s a nice atmosphere, from bygone days, and the cocktails are delicious. The trattoria La Valle [8] (via della Madonna del Mare 18) is a must for me. Inside you’ll find Paolo, who does everything: cooking, serving food and entertaining customers. He doesn’t have a fixed menu, he goes to the market every day and buys fresh produce of the day and what inspires him. Especially fish. Every time it’s a surprise, like his homemade pasta, which is fantastic. And you will never find the same dish. Often when I visit friends outside the city, I always bring, depending on the season, our typical sweets, which I buy at Bomboniera [9] (via Trenta Ottobre 3), such as putizza, pinza or presnitz. They are delicacies that always arouse curiosity, both because of their funny names and their Central European flavours. They are good and much appreciated souvenirs of the city. I think Zinelli&Perizzi [10] (via S. Sebastiano 1) is one of the most beautiful shops in the city. As well as being a furniture shop, it also has a section dedicated to giftware, with original accessories for the home and garden that are always a special idea for a great gift. There’s a wonderful display and you can always find great style.
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Martina Serli, laureata in Lingue orientali, ha vissuto a Venezia, Pechino e Londra prima di tornare a Trieste e dedicarsi a RosiSerli, negozio di famiglia, insieme a sua mamma. Cresciuta tra vestiti e accessori, nutre una grande passione per la moda, che ha ereditato dai genitori. Nel tempo libero suona il piano e ascolta musica, ama la natura e lo sport. Studia le lingue e adora viaggiare... ma anche andare a passeggiare in Carso facendo una pausa in osmiza. Mi piace fermarmi per una tazzina all’hotel Modernist [6] (Corso Italia 12), una pausa che condivido anche con chi mi viene a trovare al negozio o con chi devo incontrare per lavoro. Il personale è gentile, il caffè molto buono, il restauro eseguito sulla struttura e nei vari spazi è stato bellissimo, è quindi un locale dove trascorro un po’ di tempo sempre volentieri. E poi è vicinissimo al negozio. Sono affezionata all’Antico Caffè Torinese [7] (Corso Italia 2), sono legata da anni a questo locale che frequento fin da quando ero bambina, quando i miei genitori avevano il negozio Serli sotto i portici di Galleria Protti, ed ero abituata a ordinare un bicchiere di acqua e menta. Mi ricorda i bar storici di Torino, mia città natale. E poi è stupendo, mi piace stare seduta sui tavolini, all’interno, a guardare la città in tranquillità, c’è una bella atmosfera, d’altri tempi, e poi i cocktail sono buonissimi. La trattoria La Valle [8] (via della Madonna del mare 18), per me è una tappa obbligata. Dentro trovi Paolo, che fa tutto, cucina, serve le portate e intrattiene i clienti. Non ha un menù fisso, va al mercato ogni giorno e compra prodotti freschi, di giornata, e ciò che gli ispira. Soprattutto pesce. Ogni volta
è una sorpresa, come le sue paste fatte in casa, che sono fantastiche. E non trovi mai lo stesso piatto. Spesso quando vado a trovare amici fuori città, porto sempre, a seconda della stagione, i nostri dolci tipici, che acquisto alla Bomboniera [9] (via Trenta Ottobre 3), come la putizza, la pinza o il presnitz. Sono golosità che incuriosiscono sempre, sia per i nomi buffi, sia per i gusti mitteleuropei. Sono souvenir della città buoni e molto apprezzati. Zinelli&Perizzi [10] (via S. Sebastiano 1), credo che sia uno dei negozi più belli della città. Oltre ad essere un negozio di arredamento, ha anche una sezione dedicata all’oggettistica con accessori originali per la casa e per il giardino che si rivelano sempre un’idea speciale, per un regalo azzeccato. C’è un’esposizione meravigliosa e si respira sempre buon gusto. – Martina Serli, who has a degree in Oriental Languages, lived in Venice, Beijing and London before returning to Trieste and setting up RosiSerli, her family’s shop, together with her mother. Growing up among clothes and accessories, she has a great passion for fashion, which she inherited from her parents. In her free time she plays the piano and listens to music, loves nature and sport. She studies languages and loves to travel... but also to go for a walk in the Karst and take a break at an osmiza. I like to stop for a cup of coffee at the Modernist hotel [6] (Corso Italia 12), a break that I also share with people who visit me at the shop or whom I have to meet for work. The staff is friendly, the coffee is very good, the renovation of the building and its rooms is beautiful, so it is a place where I always
TRIESTE LIFESTYLE
Martina Serli
Città da vivere
Ferdinando Avarino Ferdinando Avarino, volto dell’emittente televisiva Telequattro, è vicedirettore del gruppo Medianordest, il primo gruppo televisivo locale d’Italia. Ha iniziato la sua carriera a Padova, fondando la prima radio universitaria a livello nazionale, impegnato fin da subito anche all’interno di redazioni televisive. Con Trieste ha un profondo legame, lavorativo ma soprattutto personale. Qui infatti ha anche trovato l’amore. Adoro caffè [11] (via di Cavana 8) è un punto per me abituale, mi piace l’atmosfera, un luogo comodo e centrale per godersi
una tazzina in tutta tranquillità. È una chicca nel cuore di Cavana, dove mi fermo spesso. Al Nettare Divino [12] (via Diaz 6/b) prendo sempre un calice di Montepulciano d’Abruzzo; in più i gestori sono molto bravi, puoi mangiare anche ottimi piatti o stuzzichini, e spesso l’aperitivo diventa una cena tra amici. A Barcola, al ristorante Grifone [13] (viale Miramare 133), mi sento a casa, l’atmosfera è intima, ed è a pochi passi dal mare. I piatti che scelgo sono sempre nel menu di pesce, adoro le linguine con il granchio, e ho scoperto proprio qui quanto è buono il baccalà, che prima non amavo e adesso
invece adoro. La bottiglia per eccellenza, la prima scelta tra i luoghi dove fare acquisti di questo tipo, è sicuramente Bischoff [14] (via Mazzini 21), ma capita che come regalo io scelga anche dolci, per farli apprezzare a chi ancora non li conosce, i classici triestini, che compro da Eppinger. Ho una vera passione per le librerie, sono cresciuto in mezzo ai libri, ne ho tantissimi e li compro di continuo. E credo siano anche un ottimo regalo, sempre apprezzabile. A Trieste scelgo il Caffè San Marco [15] (via Battisti 18), che unisce la bellezza di un caffè storico alla possibilità di trovare sempre il volume giusto.
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“Adoro caffè è un punto per me abituale, mi piace l’atmosfera, un luogo comodo e centrale per godersi una tazzina in tutta tranquillità.” — “Adoro caffè is a regular spot for me, I like the atmosphere, it is a convenient and central place to enjoy a cup of coffee in peace and quiet.”
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The bottle par excellence, the first choice among places where you can buy this kind of gift, is certainly Bischoff [14] (via Mazzini 21), but sometimes as a gift I also choose sweets, the classic “Triestini” that I buy at Eppinger, a must for those who have never tried them before. I have a real passion for bookshops, I grew up surrounded by books, I have lots of them and I buy them all the time. And I think they also make great gifts, which are always appreciated. In Trieste, I choose Caffè San Marco [15] (via Cesare Battisti 18), which combines the beauty of a historic café with the chance of always finding the right book.
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heart of Cavana, where I often stop. At Nettare Divino [12] (via Armando Diaz 6/b) I always have a glass of Montepulciano d’Abruzzo; what’s more, the owners are very clever, you can also eat excellent dishes or snacks, and the aperitif often turns into a dinner with friends. At Barcola, at Ristorante Grifone [13] (viale Miramare 133), I feel at home, the atmosphere is intimate and it’s just a few steps from the sea. The dishes I choose are always from the fish menu, I love linguine with crab, and I discovered right here how good cod is, which I didn’t love before but now I do.
Live the city
Ferdinando Avarino, Telequattro TV channel anchorman, is deputy director of the Medianordest group, Italy’s leading local television group. He began his career in Padua, founding the first university radio station on national level, and was immediately involved in television newsrooms. He has a deep bond with Trieste, not only professionally but above all personally. Here he also found love. Adoro caffè [11] (via di Cavana 8) is a regular spot for me, I like the atmosphere, it is a convenient and central place to enjoy a cup of coffee in peace and quiet. It’s a gem in the
Città da vivere
Alessandra Leonori
TRIESTE LIFESTYLE
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Alessandra Leonori è dottoressa in fisioterapia e biologa nutrizionista, due mestieri che le danno la possibilità di essere una guida nel cambiamento delle persone per indirizzarle ad una vita più sana, felice e consapevole. La passione e l’entusiasmo caratterizzano il suo modo di vivere e lavorare. Adora cucinare e sperimentare abbinamenti creativi utilizzando prodotti genuini e bilanciati tra loro. Ginger [16] (via dell’Annunziata 3) è perfetto, ci trovo il caffè americano che amo, soprattutto una grande scelta di dolci vegani, tra i quali l’apple pie, buonissima, arricchita con tanta cannella. Il Cemut – Piccola Osteria Friulana [17](via dei Capitelli 11) è uno dei miei posti preferiti soprattutto d’estate, per bere un calice di Moscato rosa nello spazio esterno, dove mi piace l’atmosfera casalinga, semplice, un angolo particolare della città, tra le case di Cavana. Adonis Ristobar [18] (via San Francesco 30) è perfetto per i miei gusti, sono un’amante dell’humus e qui ne hanno tre varianti, uno al tartufo, che è spettacolare, quello classico e uno al lime, anche questo molto buono. E poi tutte le specialità libanese che amo
molto, specialità che fanno parte del menù. La cantina di Eataly [19] (Riva Tommaso Gulli 1) è ben fornita ed è il luogo ideale se voglio regalare una buona bottiglia, ma spesso mi piace regalare anche le farine del Molino Moras, che a Trieste trovo, con un’ampia selezione, da UnSaccoMoras [20] (via Felice Venezian 13). Da Monti [21] (via Mazzini 27/a), mi piace acquistare i profumi Carthusia, e in particolare quello mediterraneo, di agrumi, che fa pensare subito all’estate. Ma lo stesso negozio conta anche su un ambiente molto bello, fresco, luminoso e accogliente. – Alessandra Leonori is a doctor of physiotherapy and a nutritionist biologist, two professions that give her the opportunity to be a coach in helping people change towards a healthier, happier and more aware life. Passion and enthusiasm characterise the way she lives and works. She loves cooking and experimenting with creative combinations using genuine and balanced products. Ginger [16] (via dell’Annunziata 3) is perfect, I find the American coffee I love there, and above all a great selection of vegan desserts, including apple pie,
“Il Cemut è uno dei miei posti preferiti per bere un calice nello spazio esterno, semplice, un angolo particolare della città.” — “Cemut is one of my favourite places to drink a glass in the outdoor area. The simple atmosphere in a very special corner of the city.”
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which is delicious, enriched with lots of cinnamon. Cemut-Piccola Osteria Friulana [17] (via dei Capitelli 11) is one of my favourite places, especially in summer, to drink a glass of Moscato rosa in the outdoor area. I like the homely, simple atmosphere in a very special corner of the city, among the houses of Cavana. Adonis Ristobar [18] (via San Francesco 30) is perfect for my tastes, I’m a humus lover and here they have three variations, one with truffles, which is spectacular, the classic one and one with lime, which is also very good. And then all the Lebanese specialities that I love so much, specialities that are part of the menu. The wine cellar of Eataly [19] (Riva Tommaso Gulli 1) is well stocked and is the ideal place if I want to buy a good bottle as a gift. Often I also like to buy Molino Moras flours, which I find in Trieste, at UnSaccoMoras [20] (via Felice Venezian 13) offering a wide selection. At Monti [21] (via Mazzini 27/a), I like to buy Carthusia perfumes, especially the Mediterranean citrus one, which immediately brings to mind summer. But the shop also has a very beautiful, fresh, bright and welcoming environment.
“Nero di Seppia, un ambiente rilassante, dove poter mangiare pesce e altre specialità a pochi passi dal centro.” — “Nero di Seppia, a relaxing environment where you can eat fish and other specialities just a short walk from the centre.”
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ice cream and sandwiches are also excellent. And since I live in Opicina, it’s also very convenient. The best barman in Italy used to be the one at the Hotel Duomo in Milan, who is no longer working due to his old age. But in Trieste I found someone of the same level, Matteo, from the Antico Caffè Torinese [7] (Corso Italia 2). The cocktails are simply extraordinary. I love the Negroni before dinner and the Old Fashioned after dinner. Not far from the Savoia you can find the Nero di Seppia [23] (via Cadorna 23), a relaxing environment where you can eat fish and other specialities just a short walk from the centre. But I would also like to mention Suban [24] (via Comici 2), for more classic dishes and especially those of Trieste tradition. I fell in love with the Teresiane, which years ago won the competition for the new Triestine dessert. Designed and produced by Lisa Angelini’s Liberty bakery [25] (via Carpison 7), they are an excellent gift for those who want to savour a bit of the local atmosphere. I really like Cesca 26 [26] (via Roma 10) if I don’t know what to get as a gift, I always find the right idea by looking inside. It’s fantastic, it has so many proposals, in a nice organised chaos that makes you happy.
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Cresciuto in Africa, dove la famiglia si era trasferita, per anni ha trascorso le vacanze in Italia, mantenendo sempre il legame con il Paese d’origine. È tornato poi in Europa per studiare, frequentando la scuola alberghiera in Svizzera. Ha lavorato successivamente nelle più grandi catene alberghiere del mondo, per approdare poi a Trieste nel 2001 e dal 2009 è alla guida del Savoia Excelsior Palace. Ammetto che molte tazzine le prendo in ufficio, perché adoro il caffè Illy, che qui non manca mai. Ma quando sono in giro, un punto di riferimento è il Bar Vatta [22] (via Nazionale 38), dove sono molto professionali, e il locale, a mio parere, è molto bello. Ottimo anche il gelato e pure i panini. E abitando a Opicina è anche molto comodo. Un tempo il miglior barman d’Italia era quello dell’hotel Duomo a Milano, che ora, per limiti d’età, non lavora più. Ma a Trieste ho trovato una persona di pari livello, Matteo, dell’Antico Caffè Torinese [7] (Corso Italia, 2). I cocktail sono semplicemente straordinari. Amo il Negroni pre cena e l’Old Fashioned post cena. Non lontano dal Savoia c’è il Nero di Seppia [23] (via Cadorna 23), un ambiente rilassante, dove poter mangiare pesce e altre specialità a pochi passi dal
centro. Ma ci tengo a ricordare anche Suban [24] (via Comici 2), per i piatti più classici e soprattutto quelli della tradizione triestina. Mi sono innamorato delle Teresiane, che anni fa hanno vinto il concorso come nuovo dolce triestino. Sono ideate e prodotte dalla pasticceria Liberty [25] (via Carpison 7) di Lisa Angelini, sono un ottimo regalo da donare a chi vuole assaporare un po’ dell’atmosfera locale. Mi piace moltissimo Cesca [26] (via Roma 10), se non so cosa regalare, trovo sempre l’idea giusta curiosando dentro. È fantastico, ha tante proposte, in un bel caos organizzato che mette allegria. – He grew up in Africa, where his family had moved, and for years he spent his holidays in Italy, always maintaining the link with his country of origin. He then returned to Europe to study, attending Hotel School in Switzerland. He then worked in the world’s largest hotel chains, arriving in Trieste in 2001 and since 2009 he has been at the helm of the Savoia Excelsior Palace. I admit that I have many cups in the office, because I love Illy coffee, which is a must here. But when I’m out and about, a point of reference is the Vatta [22] (via Nazionale 38), bar in Opicina, where they are very professional, and the place, in my opinion, is very nice. The
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Riccardo Zanellotti
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COMICS
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Il palazzo–villa dei fumetti a Pordenone — The Comics palace-villa in Pordenone
Uno spazio dedicato all’arte del fumetto, di cui Pordenone è una delle capitali italiane.
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A space dedicated to the art of comics, of which Pordenone is one of the Italian capitals.
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i sono poche cose più piacevoli da fare in un giorno qualsiasi, a Pordenone, che entrare in uno dei bei parchi pubblici centrali della città ed essere ricevuti a Palazzo, cioè visitare PAFF!, acronimo di Palazzo Arti Fumetto Friuli. Che cos’è PAFF!? Uno spazio dedicato all’arte del fumetto, di cui Pordenone è una delle capitali italiane: qui autori affermati anche fuori confine hanno fatto crescere a bottega giovani talenti. Ma PAFF! è soprattutto un contenitore culturale multifunzionale (esposizioni, formazione, eventi, concerti e altro) di respiro internazionale ospitato nell’ottocentesca Villa Galvani e nelle due nuove e moderne ali espositive. Sotto il segno, è il caso di dirlo, del fumetto. È il primo esempio del genere in Italia –probabilmente il più elegante ed accogliente– e tra i pochi esistenti in Europa. Il fumetto (cartooning, arte sequenziale, nona arte, comics, come volete chiamarlo) è forma d’arte ormai
storicizzata, che ha conosciuto negli ultimi decenni uno sviluppo come forse nessun’altra. Basti pensare ai grandi esempi di romanzo grafico, come Maus di Spiegelman, ma anche con illustri esempi italiani, da Pratt a Zerocalcare. Per questo un team di professionisti del territorio di competenze diverse, seguendo le più moderne metodologie progettuali, ha strutturato un ambizioso ed articolato progetto di reinvenzione smart, divertente, accogliente e creativa del centro culturale attraverso la chiave di lettura del fumetto PAFF! attraverso i comics dialoga con tutte le altre espressioni artistiche e si apre a tutte le fasce di pubblico. Piacevolissima la caffetteria, invitante il negozio del museo, pieno di appetibili storie disegnate, saggi sui comics, ma anche di giochi e curiosità. Imperdibile per qualsiasi ospite, fumettaro o no. Dal 2018, tante esposizioni di grande rilievo. Come Gradimir Smudja, serbo, uno dei più eleganti e talentuosi autori viventi, una scoperta per il pubblico italiano; Matite & Manette. La Polizia nel Fumetto, sui maggiori personaggi di polizia dei comics: Topalbano, Basettoni, Cocco Bill, Dick Tracy, l’Agente X-9, Rip Kirby, Tex, l’ispettore Ginko e altri; Giorgio Cavazzano, uno dei principali autori italiani di storie con Topolino e Paperino; il maestro dei maestri Milton Caniff con tavole originali degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso; lo scontro titanico tra i supereroi Marvel&DC. Prossimamente, una imperdibile antologica di uno dei massimi autori italiani e il nuovo non-museo dei comics.
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here are very few things more pleasant to do on any given day in Pordenone than to enter one of the city’s beautiful central public parks and be welcomed to the Palace, i.e. visit PAFF!, an acronym for Palazzo Arti Fumetto Friuli. What is PAFF!? It is a space dedicated to the art of comics, of which Pordenone is one of the Italian capitals: here, well-known authors, even
from Pratt to Zerocalcare. For this reason, a team of local professionals with different skills, following the most modern design procedures, has developed an ambitious and articulated project of smart, fun, welcoming and creative reinvention of the cultural centre through the interpretation key of comics. Through comics, PAFF! engages in dialogue with all other artistic expressions and opens up to all audiences. The cafeteria is very pleasant, the museum shop inviting, full of attractive graphic stories, essays on comics, but also games and curiosities. A must for any guest, comic book enthusiast or not. From 2018, many outstanding exhibitions. Such as Gradimir Smudja, Serbian, one of the most elegant and talented living authors, a discovery for the Italian public; Matite & Manette- La Polizia nel Fumetto, on the major police characters of comics: Topalbano, Basettoni, Cocco Bill, Dick Tracy, Agent X-9, Rip Kirby, Tex, Inspector Ginko and others; Giorgio Cavazzano, one of the main Italian authors of stories featuring Mickey Mouse and Donald Duck; the master of masters Milton Caniff with original plates from the 1930s and 1940s; the titanic clash between Marvel&DC superheroes. Coming soon, an unmissable anthology of one of the greatest Italian authors and the new non-museum of comics.
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PAFF! è un ambizioso ed articolato progetto di reinvenzione smart, divertente, accogliente e creativa.
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PAFF! is an ambitious and articulated project of smart, amusing, welcoming and creative reinvention.
Info www.paff.it 77
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abroad, have nurtured young talent in their workshops. But PAFF! is above all a multifunctional cultural container (exhibitions, training, events, concerts and more) with an international scope, housed in the 19th-century Villa Galvani and in the two new, modern exhibition halls. In the name of comics. It is the first example of its kind in Italy - probably the most elegant and welcoming - and one of the few in Europe. The comic strip (cartooning, sequential art, ninth art, comics, whatever you want to call it) is an art form that is now historicised, which has developed in recent decades like perhaps no other. Just think of the great examples of the graphic novel, such as Spiegelman’s Maus, but also with renowned Italian examples,
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AL DOLCE EREMO CON L’E-BIKE
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RELAX
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ia dell’Eremo, toponimo di un’erta che sale verso la collina dalla via Rossetti, immediata periferia triestina. In una città come la nostra, significa stare in mezzo alla natura ma poter raggiungere il centro in meno di dieci minuti di auto, poco più di un quarto d’ora a piedi. E non poteva quindi che chiamarsi “Al Dolce Eremo” il B&B di Fabiana e Roby che le sliding doors della vita hanno convertito in appassionati “albergatori” e ancor più riuscite “guide cicloturistiche”. Sì, perché il segreto di questa dimora in mezzo al verde, dove al mattino è il cinguettìo degli uccelli a suonarti la sveglia, sta esattamente a metà strada tra la magia di una casa di campagna e la sua posizione strategica che ti permette 78
di raggiungere mete inimmaginabili in sella ad una bici, rigorosamente a pedalata “assistita”. Una passione nata pochi anni or sono, ma che dal 2017 ad oggi ha fatto balzare questo incantevole bed and breakfast (tre comode stanze, un ampio giardino ed un facile parcheggio) ai vertici di gradimento dell’autorevole Booking.com che non scende mai sotto il 9,4 come valutazione della struttura. “Il nostro valore aggiunto –commenta Roby– è di essere quasi in centro città, nella pace di una periferia immersa nel verde e nella tranquillità, da dove poter partire per impareggiabili gite che soddisfano ogni tipo di esigenza”. Dal Dolce Eremo si moltiplicano itinerari a due ruote di varia durata e scarsissima
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Strengths: the charm of a country house and its strategic location.
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ia dell’Eremo is the name of a steep slope leading up the hill from Via Rossetti, in the immediate outskirts of Trieste. In a city like ours, it means being in the middle of nature but being able to reach the centre in less than ten minutes by car, just a little more than fifteen minutes on foot. Fabiana and Roby, as a result of life’s sliding doors, have become passionate “hoteliers” and even more successful “cycling guides”, and their B&B could only be called “Al Dolce Eremo” [lit. the Sweet Hermitage]. Yes, because the secret of this home in the middle of the countryside, where the chirping of birds in the morning is the alarm clock, lies exactly halfway between the magic of a country house and its strategic
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I punti di forza? La magia di una casa di campagna e la posizione strategica.
location that allows you to reach unimaginable destinations in the saddle of a pedal-assist e-bike. A passion born a few years ago, but that since 2017 has made this charming bed and breakfast (three comfortable rooms, a large garden and easy parking) jump to the top of Booking.com ranking, which never drops below 9.4 rating. “Our added value –comments Roby– is that we are almost in the city centre, in the peace of a suburb immersed in greenery and tranquillity, from where we can set off on unparalleled excursions that satisfy every need”. The Dolce Eremo is the starting point for a variety of two-wheel itineraries of varying lengths and with very little effort (that’s the fun of the electric bike, guys!). In addition to the ever-present tour (especially for foreigners) through the old town centre to reach Miramare Castle, Fabiana and Roberto (she manages the hospitality, he is a certified guide at the Mountain Bike Academy) have added a whole series of itineraries immersed in nature for those who already have their own e-bike but also for those who wish to use the one made available by the hotel. The Val Rosandra cycle path, or the Karst ridge, and then (once again when possible) a trip to neighbouring Slovenia to see the Lipizzaner horses, or a trip to the sea along the Parenzana, are just some of the destinations proposed by this couple, whose pervasive passion has attracted an ever wider clientele, making this hermitage a popular reference point in Trieste and its surroundings, all waiting to be discovered.
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fatica (è il bello della bici elettrica ragazzi…!). All’immancabile giro (per gli stranieri soprattutto) nel centro storico per arrivare fino al castello di Miramare, Fabiana e Roberto (lei a gestire l’hospitality, lui guida certificata all’Accademia delle Mountain Bike) aggiungono infatti tutta una serie di itinerari immersi nella natura per chi è già dotato di una propria e-bike ma anche per chi vorrà usare quella messa a disposizione dalla loro struttura. La ciclabile della Val Rosandra, piuttosto che il ciglione carsico, per poi spingersi (quando nuovamente si potrà) nella vicina Slovenia a vedere i cavalli lipizzani, oppure affacciarsi al mare sfruttando la Parenzana, sono solo alcune delle mete proposte da questa coppia, la cui passione dilagante ha attratto una clientela sempre più vasta, rendendo quest’eremo un apprezzato punto di riferimento nella Trieste e i suoi dintorni, tutti da scoprire.
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FUORI PORTA
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ituato al limitare dell’abitato di Valbruna, su un’altura panoramica, nascosto parzialmente dalla vegetazione, c’è l’Hotel Saisera: un connubio di storia, eleganza, sapori e natura. Edificio dalle fattezze simili ad un castelletto, ha una storia che, per certi aspetti, può ricordare una fiaba. La sua costruzione, voluta nel 1910 da Andrea Keil, è stata resa possibile grazie al lascito da parte di uno zio americano. La sua posizione strategica, il fatto che la vallata era dal 1904 riserva di caccia del re Federico Augusto III di Sassonia, lo fa diventare sede operativa e residenza dei guardiacaccia al seguito del sovrano, durante le sue permanenze in zona. Nel corso degli anni poi, la struttura ha visto soggiornare nelle sue stanze altri illustri ospiti tra cui l’ultimo sovrano d’Italia, Umberto II di Savoia, e il famoso l’alpinista Julius Kugy. L’hotel oggi è per i suoi ospiti luogo di relax e benessere dove rigenerarsi a contatto con la natura. È punto di partenza ideale per numerose escursioni nell’affascinante val Saisera: profonda vallata, attraversata dal torrente omonimo, incorniciata dalle vette imponenti dello Jôf Fuart e dello Jôf di Montasio è sorta secondo la leggenda, da un lago, “za jezero” in sloveno appunto “dietro il lago”, avrebbe assunto la conformazione attuale dopo un violento terremoto. Paradiso dello sci da fondo d’inverno, la Val Saisera offre a primavera ad alpinisti ed escursionisti un caleidoscopio di attività tutte da scoprire: da qui partono i percorsi per i rifugi Grego e 80
HOTEL SAISERA: SAPORI E COCCOLE AL CASTELLO
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ituated on the edge of the village of Valbruna, on a panoramic hill, partially hidden by vegetation, lies Hotel Saisera: a combination of history, elegance, flavours and nature. This castle-like building has a history that, in some ways, could be compared to a fairy tale. Its construction, commissioned in 1910 by Andrea Keil, was made possible by a bequest from an American uncle. Its strategic position, the fact that the valley had been the hunting reserve of King Frederick Augustus III of Saxony since 1904, made it the operational headquarters and residence of the gamekeepers accompanying the sovereign during his stays in the area. Over the years, other illustrious guests have stayed in the hotel, including the last king of Italy, Umberto II of Savoy, and the famous mountaineer Julius Kugy. Today the hotel is a place of relaxation and wellbeing for its guests, where they can regenerate in contact with nature. It is the ideal starting point for numerous excursions in the fascinating Val Saisera: a deep valley, crossed by the stream bearing the same name, framed
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Punto di partenza per escursioni sulle vette delle Alpi Giulie o per sentieri di facile percorrenza nella Val Saisera.
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Starting point for excursions to the peaks of the Julian Alps or for easy trails in the Saisera Valley. 81
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Pellarini, il Forest Sound Track, tracciato tra gli Alberi di Risonanza, il grande Parco Tematico della Grande Guerra (Abschnitt Saisera) e una moltitudine di semplici sentieri di facile percorrenza. La sera, dopo una giornata trascorsa all’aperto, lo staff dell’hotel coccola gli ospiti con le proposte culinarie dallo chef Matteo Popovic. Un ragazzo giovane, entusiasta, curioso, formatosi in ristoranti stellati, che nel rispetto dell’ambiente in cui opera, utilizza i semplici ingredienti della cucina tradizionale, soprattutto vegetali di stagione e carni del luogo, cercando di elevarli, lavorandoli con maggiori tecnicismi. Le proposte del menù sono ricche, le porzioni abbondanti ed i sapori i più vari. Da non perdere, per concludere un pasto in dolcezza, il gelato alla lavanda o al fieno meliloto: una delizia per il palato che ad ogni cucchiaiata riporta ai prati d’estate, caldi e assolati. Per la stagione primaverile la struttura sta preparando degli appositi percorsi di degustazione, dedicati alla rivisitazione della cucina tipica.
by the imposing peaks of Jôf Fuart and Jôf di Montasio, which, according to legend, rose from a lake, “za jezero” in Slovenian, meaning “behind the lake”, and took on its current shape after a violent earthquake. A cross-country skiing paradise in winter, in spring Val Saisera offers mountaineers and hikers a kaleidoscope of activities to be discovered: from here there are routes to the Grego and Pellarini huts, the Forest Sound Track, traced among the Resonance Trees, the great Great War Theme Park (Abschnitt Saisera) and a multitude of easy trails. In the evening, after a day spent outdoors, the hotel staff pamper guests with culinary delights from chef Matteo Popovic. A young, enthusiastic, curious guy, trained in starred restaurants, who, while respecting the environment in which he works, uses the simple ingredients of traditional cuisine, especially seasonal vegetables and local meat, aiming to transform and enhance them with great technical skills. The menu is rich, the servings generous and the flavours varied. Not to be missed, to round off a meal on a sweet note, is the lavender or sweetclover hay ice cream: a delight for the palate that takes you back to warm, sunny summer meadows with every spoonful. For the spring season, the hotel is preparing special tasting courses, designed to reinterpret traditional cuisine.
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L’arte culinaria di unire i sapori di tre confini. — The cuisine of the Tarvisio area: the culinary art of blending the flavours of three bordering territories.
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di /by Ilaria Romanzin
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coprire quali siano i piatti tipici del Tarvisiano e della Val Canale non è impresa facile. Vari e articolati menù sono proposti al turista, ma per individuare quali siano le tipicità della gastronomia locale, bisogna seguire le tracce della storia. Nella Val Canale convivono tre diverse etnie: la latina a Pontebba rimasta a lungo sotto il Patriarcato di Aquileia, la slava che comprende Camporosso, Valbruna, Ugovizza e quella tedesca a Tarvisio, Cave del Predil, Fusine, Malborghetto e Pontafel. Questo ha portato ad una cultura culinaria singolare, sfaccettata, realizzata con ingredienti semplici che oggi vengono declinati ed amalgamati con fantasia dagli chef della valle. Da ricondurre alle tradizioni d’oltre confine è la Sasaka, ancora oggi ampiamente diffusa in Carinzia e Slovenia. Una particolare
“marmellata di maiale”, presidio Slow Food, come raccontano le voci esperte di Giuseppina Alsido e Alfredo Domenig, fatta di lardo e guanciale speziati, bagnati con vino nel quale si è fatta macerare della cipolla, il cui sapore è particolarmente esaltato dal pane nero. La ricetta nasce dalla necessità di conservare il lardo avanzato dalla preparazione dei salumi ed era lo spuntino dei boscaioli. La Sasaka si trova in molti ristoranti che ne interpretano il gusto in modo particolare: lo chef Ilija Pejic del Golf Club Restaurant ci ha lasciato in eredità l’abbinata con la rosa di Gorizia e alla ricotta, farcita con aceto di lamponi, mentre Matteo Popovic, chef della Saletta Il Saisera di Valbruna, la usa per farcire un roll, con ricotta fermentata, cotto nella brace e servito con salsa di pere Klotzen e olio di nocciolo: una vera prelibatezza!
LA CUCINA DEL TARVISIANO
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t is difficult to identify the typical dishes of the Tarvisiano and Val Canale. Many different and varied menus are proposed to tourists, but in order to find out what the typical local gastronomy is, you have to follow the traces of history. Three different ethnic groups live together in the Val Canale: the Latin one in Pontebba, which remained under the Patriarchate of Aquileia for a long time, the Slav one in Camporosso, Valbruna, Ugovizza and the German one in Tarvisio, Cave del Predil, Fusine, Malborghetto and Pontafel. This has led to a singular, multi-faceted culinary culture, made with simple ingredients that today are declined and mixed with imagination by the chefs of the valley. The Sasaka, which is still widely available in Carinthia and Slovenia, is a product of cross-border traditions. A special “pork jam”, a Slow Food presidium, as described by the experts Giuseppina Alsido and Alfredo Domenig, made from spiced lard and jowl, soaked in wine in which onions have been macerated, and its flavour is particularly enhanced by black bread. The recipe originates from the need to preserve lard left over from the preparation of salami and it was the snack of the woodcutters. Sasaka can be found in many restaurants that interpret its taste in a particular way: chef Ilija Pejic of the Golf Club Restaurant has left us the combination with Gorizia rose salad and ricotta cheese, filled with raspberry vinegar, while Matteo Popovic, chef of the Saletta Il Saisera in Valbruna, uses it to stuff a roll, with fermented ricotta cheese, cooked on the grill and served with Klotzen pear sauce and hazelnut oil: a true delicacy! Fermented ricotta, also characteristic of the valley, is a symbol of the inventiveness of a simple cuisine that doesn’t want to sacrifice flavour. The Klotzen (or Tepka in Slovenian) pear, a variety that has adapted to living in mountain areas, is also a Slow Food 83
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A melting-pot of flavours of Latin, Slovenian and German origin.
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Un melting-pot di sapori di derivazione latina, slovena e tedesca.
La ricotta fermentata, anch’essa caratteristica della valle, è simbolo dell’inventiva di una cucina semplice che non vuole però rinunciare al sapore. Presidio Slow Food è anche la pera Klotzen (o Tepka in sloveno), varietà che si è adattata a vivere nelle zone di montagna. Raccolta e fatta maturare al caldo della stube, veniva essiccata e utilizzata durante l’inverno. Oggi è ingrediente principe, con la ricotta di Ugovizza, del ripieno, dalle tinte raffinate, dei ravioli spadellati al burro con foglie di menta, proposti dall’Hotel Saisera. Sempre dall’Austria derivano gli gnocchi di susine (albicocche in estate), guarniti con zucchero e cannella. Servito come piatto unico, era terreno di sfida domestica tra i bambini che facevano a gara per chi lasciasse sul piatto più noccioli, a testimonianza che si erano mangiati più gnocchi degli altri! Non si sa quale sia la ricetta originale dei cjalçons –deliziosi ravioli ripieni–, importati dalla Carnia; ogni paese, anzi, ogni famiglia, ha la sua e la conserva gelosamente. Come per i cjalçons anche il frico ha origine friulana. Ideato per consumare tutti gli avanzi del formaggio, viene preparato in modo diverso di casa in casa. Le due principali varianti sono quella più croccante e friabile, fatta solo con formaggi stagionati e quella più morbida che vede l’aggiunta di cipolla e patate. E i dolci? Lo strudel di mele è decisamente il più diffuso. Viene servito, come Al Vecchio Skylift, caldo con la panna montata o con la salsa di vaniglia tiepida. Tipico delle festività pasquali invece è il tedesco Reindling, morbido dolce fatto con lievito, uvetta e cannella, o lo sloveno Menih, soffice, delicato decorato con un uovo sodo.
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Nel menù del Tarvisiano spazio anche ai piatti friulani come i cjalçons e il frico, quest’ultimo magari con il formaggio di malga Montasio.
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The menu in the Tarvisio area also includes Friulian dishes such as cjalçons and frico, the latter possibly with Montasio malga cheese.
Presidium. Harvested and left to ripen in the warmth of the stube, it was dried and used during the winter. Today it is the main ingredient, together with ricotta cheese from Ugovizza, in the refined filling of ravioli cooked in butter with mint leaves, offered by Hotel Saisera. Also from Austria come the plum dumplings (apricots in summer), topped with sugar and cinnamon. Served as a single dish, it was the subject of a domestic challenge among children who competed to see who left the most stones on the plate, proving that they had eaten more dumplings than others! The original recipe for cjalçons –delicious filled ravioli, imported from Carnia– is unknown; every village, or rather, every family, has its own and keeps it jealously. Like cjalçons, the frico is also of Friulian origin. Created to use up all the leftover cheese, it is prepared differently from house to house. The two main variants are the crunchier, crumblier version, made only with mature cheese, and the softer version, with the addition of onions and potatoes. And the desserts? Apple strudel, in its many familiar variations, is definitely the most popular. Like at Al Vecchio Skylift, it is served warm with whipped cream or warm vanilla sauce. Typical of the Easter holidays, on the other hand, is the German Reindling, a soft cake made with yeast, sultanas and cinnamon, or the Slovenian Menih, a soft, delicate cake decorated with a boiled egg. 84
Montasio Per un assaggio dei prodotti tipici, tappa d’obbligo è l’altopiano del Montasio: vasto terrazzamento sotto il massiccio meridionale dello Jôf di Montasio. Fonte di frescura e relax durante la canicola estiva, meta ideale per un’escursione adatta a tutti, garanzia di un panorama mozzafiato sia d’estate che d’inverno. Questi pascoli sono la zona di produzione del formaggio Montasio: tra le Dop per eccellenza, sinonimo di prelibatezza e di gusto, dall’aromaticità intensa e la pungenza esaltata dalla stagionatura, che va da 3 mesi a un massimo di 7 anni. La sua origine risale al XIII secolo quando i monaci dell’Abazia di Moggio Udinese iniziarono a lavorare il latte per trovare un metodo di conservazione e per combattere le difficoltà alimentari dell’inverno alpino. Nel 1700, grazie alla qualità del latte prodotto, ora come allora dai pascoli estivi, sia per le tecniche sempre più evolute, si è affermato il formaggio Montasio qual prodotto di alto prestigio. Il Montasio si può acquistare anche a valle, nel caseificio di Ugovizza, dove i contadini valligiani conferiscono il latte prodotto nelle malghe della zona. Qui è possibile trovare una ampia varietà dei prodotti caseari locali: il Kuncir simile ad una ricotta acida da abbinare alle patate lesse e la gustosissima ricotta fresca.
If you want to taste the typical products, a visit to the Montasio plateau is a must: a vast terrace under the southern massif of the Jôf di Montasio. An ideal source of coolness and relaxation during the summer heatwave, the perfect destination for an excursion suitable for everyone, offering breathtaking views in both summer and winter. These pastures are the production area of Montasio cheese: one of the PDO cheeses par excellence, synonymous with delicacy and flavour, with an intense aroma and pungency enhanced by the maturing process, which ranges from 3 months to a maximum of 7 years. Its origin dates back to the 13th century when the monks of the Abbey of Moggio Udinese began to process milk in order to find a method of preservation and to tackle food shortage during the Alpine winter. In the 1700s, thanks to the quality of the milk produced, now as then from summer pastures, and to increasingly advanced techniques, Montasio cheese became a highly prestigious product. Montasio can also be bought in the valley, at the cheese factory in Ugovizza, where the valley farmers deliver the milk produced in the local mountain pastures. Here you can find a wide variety of local dairy products: Kuncir, similar to sour ricotta cheese to be served with boiled potatoes, and the very tasty fresh ricotta cheese.
F R A N C I AC O R TA OUTLET
VALDICHIANA OUTLET
MANTOVA OUTLET
PA L M A N O VA OUTLET
LAND of FASHION
VILLAGE CARD
PUGLIA OUTLET
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FVG DOC
LUNGO IL TAGLIAMENTO
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Dalla Carnia al mare — From Carnia to the sea
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n fiume alpino che ha segnato la storia del Friuli Venezia Giulia, ma anche la cultura, gli stili di vita, le tradizioni, la lingua e i dialetti. Dalla montagna al mare, il Tagliamento fluisce attraverso territori che si estendono tra le province di Udine e Pordenone, caratterizzati da architetture rurali, corsi d’acqua, borghi e boschi da ammirare. Partiamo dal Gemonese dove troviamo il Pan di sorc, un pane dolce e speziato realizzato con tre farine diverse e l’aggiunta di fichi secchi e spezie, e il formaggio di latteria turnaria, entrambi presìdi Slow Food. Scendendo a valle e oltrepassando Osoppo, con il colle che ospita una fortezza monumento nazionale, si lambisce la Riserva naturale del lago di Cornino, dove nidificano i maestosi grifoni. Si arriva quindi a San Daniele del Friuli, patria dell’omonimo prosciutto, la cui prelibatezza è dovuta all’incontro tra l’aria di montagna e quella proveniente dal mare Adriatico, che si mescolano lungo il loro conduttore naturale, il Tagliamento. Qui troviamo anche la Regina di San Daniele: una trota allevata nelle fresche acque del Tagliamento, 86
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ovest si arriva a Lignano Sabbiadoro: tra calamari alla griglia e strigoli con scampi, si assaggiano anche le sarde in saôr. Un dedalo di isolotti di suggestiva bellezza introduce la laguna di Marano Lagunare, che custodisce un grazioso centro storico dalle fattezze veneziane. Per gli amanti del birdwatching, è qui che si estendono le riserve naturali della valle Canal Novo e delle foci dello Stella. Quest’ultima è raggiungibile solo via mare e svela una sorpresa con il suo villaggio di antichi casoni in legno, nati come rifugio per i pescatori. Tra le tante specialità da assaggiare il bisato in spèo e il brodetto, piatto in cui il pesce viene privato delle spine e passato al setaccio.
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From the mountains to the lagoon you will find slow food presidia, farm products, wines and dishes rich in history.
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n Alpine river that has marked the history of Friuli Venezia Giulia, but also its culture, lifestyle, traditions, language and dialects. From the mountains to the sea, the Tagliamento flows through territories extending between the provinces of Udine and Pordenone, characterised by rural architecture, waterways, villages and forests to be admired. We start in the Gemona area where we find Pan di sorc, a sweet and spicy bread made with three different flours and the addition of dried figs and spices, and turnaria dairy cheese, both Slow Food presidia. Descending to the valley and passing Osoppo, with its hill that houses a fortress that is a national monument, we pass the Cornino Lake Nature Reserve, where the majestic griffon vultures nest. We then arrive at San Daniele del Friuli, home of the ham bearing the same name, the delicacy of which is due to the combination of mountain air and the breeze from the Adriatic Sea, which mingle and flow along the natural course of the Tagliamento river. Here we also find the Regina di San Daniele: a trout reared in the cool waters of the Tagliamento, then 87
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poi spinata a mano e affumicata. Verso ovest, tra le distese di colline, ad Arcano Superiore un suggestivo castello veglia su di un borgo dove si producono vino e olio biologici. A Codroipo, invece, la splendida Villa Manin di Passariano, residenza dell’ultimo Doge di Venezia, è uno spot da non perdere. A ridosso delle colline di Varmo e Rivignano, l’intera pianura è formata da terreno di origine alluvionale e prevalentemente sassoso, dove si coltivano vitigni autoctoni, dai quali nascono vini eleganti, freschi e fruttati nelle varietà bianche; armonici, profumati e corposi in quelle rosse. Dal Friulano al Verduzzo, dal Pinot Nero al Refosco dal Peduncolo Rosso, sono i vini della Doc Friuli Grave, la più vasta zona Doc della regione. Nelle terre di risorgiva, dove scorre il limpido fiume Stella che sfocia nella laguna di Marano, a Pocenia viene proposta la selvaggina acquatica di laguna, mentre a Precenicco, oltre al pesce, vi è chi propone le specialità d’oca. Tra le due località è d’obbligo una sosta a Muzzana del Turgnano, patria del prezioso tartufo bianco raccolto nei boschi della zona. Spostandosi poco più a
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Dalla montagna alla laguna si incontrano prodotti presìdi Slow Food, piccole produzioni agricole, vini e pietanze ricche di storia.
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Sapori di terra, di mare e di fiume per un viaggio cultural-gastronomico lungo il fiume Tagliamento.
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TRIESTE LIFESTYLE
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Flavours of land, sea and river for a culturalgastronomic journey along the Tagliamento river.
hand-boned and smoked. Towards the west, amidst the expanses of hills, at Arcano Superiore an enchanting castle watches over a village where organic wine and oil are produced. In Codroipo, on the other hand, the splendid Villa Manin di Passariano, residence of the last Doge of Venice, is a spot not to be missed. Behind the hills of Varmo and Rivignano, the entire plain is formed by alluvial and mainly stony soil, where autochthonous vines are grown, producing elegant, fresh and fruity wines in the white varieties; harmonious, fragrant and full-bodied in the red ones. From Friulano to Verduzzo, from Pinot Nero to Refosco dal Peduncolo Rosso, these are the wines of the Friuli Grave DOC, the largest DOC area in the region. In the area of springs, where the limpid Stella river flows into the Marano lagoon, Pocenia offers lagoon game, while Precenicco offers not only fish but also goose specialities. Between the two towns a stop at Muzzana del Turgnano is a must, home of the precious white truffle picked in the local woods. A little further west is Lignano Sabbiadoro, where you can enjoy grilled squid and strigoli with scampi, as well as sardines in saôr. A labyrinth of beautiful little islands leads to the lagoon of Marano Lagunare, which has a charming historic centre with Venetian features. For birdwatchers, it is here that the nature reserves 88
Info Scopri i produttori e i ristoranti della Strada del Vino e dei Sapori del Friuli Venezia Giulia lungo il corso del Fiume Tagliamento su www.tastefvg.it
of the Canal Novo valley and the Stella river mouth extend. The latter can only be reached by sea and reveals a surprise with its village of old wooden huts, created as a refuge for fishermen. Among the many specialities to taste are bisato in spèo and brodetto, a dish in which the fish is stripped of its bones and sifted.