Dislivelli.eu n. 113 dicembre 2021-febbraio 2022

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di Luca Pisoni Uno studio sull’Alta Vallarsa conferma come i processi di costruzione dei confini e delle "identità" si fanno più forti se le occorrenze sovralocali, come ad esempio le guerre nazionali, lo richiedono. Altrimenti rimangono sopite e scavalcate localmente dalle piccole pratiche economiche, sociali o anche più semplicemente ludiche. Nel biennio 2019-2020 l'Università di Verona, con il progetto "Oltre il confine" diretto dalla professoressa Mara Migliavacca, si è occupata di una frontiera forse poco considerata ma foriera di risultati interessanti e talvolta sorprendenti dal punto di vista dei risvolti metodologici. Il progetto, caratterizzato da un'analisi GIS delle foto aeree, da una prospezione archeologica di superficie (realizzata da Anita Casarotto, Jessica Bezzi e Silvia Bandera) e da una serie di interviste etnografiche e di ricerche etno-storiche (realizzate dal sottoscritto), ha avuto come obiettivo quello di indagare il confine tra Veneto e Trentino in alta Vallarsa (Tn), un tempo frontiera tra Austria e Italia, oggi confine di regione e provincia valicabile al Pian delle Fugazze e al Passo di Campogrosso, ai piedi delle splendide Piccole Dolomiti. Nelle Alpi, la prima ricerca sul tema è stata quella condotta dagli antropologi americani J.W. Cole e E. R. Wolf che negli anni '60 hanno indagato la "differenza" tra l'abitato trentino di Tret e quello sudtirolese di St. Felix. Nei decenni successivi sono stati molti gli studi che si sono occupati di tematiche simili, prendendo in considerazione sia gli aspetti culturali che quelli ambientali. In sintesi, i risultati del progetto indicano come nei secoli i territori a cavallo dei due passi furono oggetto di contese durissime che sfociarono a volte in scontri con feriti (e in qualche caso morti) fino a quando, nel 1750, Austria e Repubblica veneta si accordarono per procedere alla posa di una serie di cippi confinari che contribuirono a normalizzare i rapporti tra le due comunità contermini. Fatta eccezione per la Prima Guerra Mondiale, della quale il progetto ha rilevato diversi resti di baracche, trincee e depositi, probabilmente le retrovie del fronte di Matassone, a metà valle, i reperti di carattere bellico militare costituiscono infatti una netta minoranza rispetto a quelli relativi alle attività di carattere agro-silvopastorale. Sullo sfondo rimasero però sensibili differenze relative alla pressione demografica, maggiore nel Vicentino, e alle caratteristiche ambientali che vedevano il versante trentino più freddo e secco, 33


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