Dicembre 2014
www.biomediccenter.com ONCOLOGIA
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IMMUNOLOGIA
MEDICINA
DIMAGRIMENTO
BIORISONANZA
OSTEOPATIA
FISIOTERAPIA
Il Biomedic è un Centro Medico polispecialistico privato di riferimento nazionale coadiuvato dal proprio Centro di Ricerca autofinanziato, ove lavorano e collaborano medici e naturopati. Presso il nostro Centro, vengono fornite prestazioni mediche, di medicina naturale, offrendo ai pazienti, anche nel campo della medicina naturale, controlli e verifiche al fine di garantire la tutela della salute dei pazienti stessi. Oltre 25 anni di esperienza e più di 20.000 pazienti seguiti nel corso del tempo, ci hanno permesso di collaudare protocolli ampiamente sperimentati e metodiche esclusive nel campo della medicina naturale. Particolare attenzione viene infine riservata all’accoglienza, al colloquio e all’ascolto del paziente, al fine di poter garantire quell’atmosfera di professionalità e cordialità che è doverosa nel nostro ambito.
ONCOLOGIA
IMMUNOLOGIA
MEDICINA
Ci occupiamo di terapie complementari nelle patologie batteriche e virali, terapie complementari nelle patologie autoimmuni, nonchè di terapie complementari nelle patologie oncologiche e forniamo un supporto sia in fase diagnostica, sia durante il periodo della terapia farmacologica per alleviarne eventuali effetti collaterali, nonchè al termine del percorso terapico, dando la possibilità di ritrovare le forze per accelerare il percorso di guarigione.
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Al Biomedic le visite mediche sono accurate e approfondite. Ad ogni paziente viene dedicata un’intera ora al fine di avere un responso il più preciso possibile; solo con un ampio spazio di tempo è infatti possibile raccogliere l’intera storia clinica della persona, esaminare la sua eventuale documentazione medica, effettuare la visita, prescrivere esami precisi e fornire, se opportuno, indicazioni terapeutiche.
BIORISONANZA
OSTEOPATIA
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I nostri trattamenti si rivelano non invasivi e privi di effetti collaterali. Essi attivano i processi di autoregolazione propri dell’organismo che lo portano così a migliorare il proprio stato di salute. Grazie a 25 anni di ricerca nel campo della biofisica, siamo in grado di trattare molteplici problematiche, nonchè annullare le intolleranze alimentari.
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PROGRAMMA DI DIMAGRIMENTO
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Non una comune dieta ipocalorica, ma una vera e propria riprogrammazione del metabolismo corporeo, 3 che riabilita la capacità dell’organismo di nutrirsi dei propri grassi in eccesso. Fase
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Appiano Gentile
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Beregazzo con Figliaro
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Binago
7 Lurate Caccivio 8 Montano Lucino
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Bizzarone
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Oltrona di San Mamette
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Rodero
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Ronago
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San Fermo della Battaglia
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Foto: Archivio Fotografico iNetweeK
Solbiate
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Stampa: Reggiani Brezzo di Bedero (Va)
Bulgarograsso
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Cagno
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Cassina Rizzardi
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Castelnuovo Bozzente
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Cavallasca
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Appiano Gentile, la mecca dei fedeli
I Chiesa Parrocchiale
l paese dell’Inter. E’ certamente questo l’aspetto più noto di Appiano Gentile. Dal 23 agosto 1964, quando venne inaugurata «La Pinetina», migliaia e migliaia di tifosi nerazzurri si sono avvicendati per salutare i gioca-
tori della squadra del cuore, assistere agli allenamenti e portare a casa qualche autografo. Eppure, se questa è la storia più recente, conosciuta e popolare dell’abitato, vi è comunque una storia più nascosta, a prima vista sottaciuta ma che ha portato il paese al suo stato attuale. Andiamo con ordine. Le prime fonti che riportano l’esistenza del paese risalgono al V secolo (in riferimento ad alcuni privilegi che l’arcivescovo di Milano concesse ad Appiano Gentile), ma con tutta probabilità, insediamenti sul territorio dovevano esserci già da epoche precedenti come hanno mostrato i reperti archeologici. Successive notizie, databili intorno al IX secolo, raccontano di quando il paese entrò a far parte del contado del Seprio, che mantenne la sua importanza fino alle vicende che videro il Barbarossa attaccare Milano. La conclusione fu il predominio di Milano, in particolare di Ottone Visconti, su queste terre. L’attenzione sull’antico villaggio torna nel XVII secolo: ci riferiamo al momento in cui a prendere il possesso del territorio fu la famiglia Del Rio Noreiga fino al 1675, quando passò sotto la proprietà dei Castiglioni. E poi ancora gli Imbonati e i Litta. In età napoleonica, infine, il paese acquisì la sua indipendenza che conservò una volta per tutte. Una storia un po’ più svincolata dalle grandi vicende prosegue però negli ultimi secoli. In particolare, da un punto di vista sociologico, è interessante osservare come tra il XIX e il
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nerazzurri XX secolo il territorio passa da una dimensione strettamente contadina e rurale a un principio di industrializzazione. Per quanto riguarda il toponimo, Appiano Gentile ha una doppia derivazione. Il termine «Appiano» lo si riferisce solitamente al latino «ad planum» facendo quindi riferimento alla conformità territoriale. L’appellativo Gentile dovrebbe invece derivare dalla presenza nel paese di «gentili», ovvero pagani, nei tempi in cui il cristianesimo iniziava a diffondersi nei comuni limitrofi. Dal punto di vista artistico, un primo cenno va fatto alla chiesa parrocchiale che comprende, nella parte sinistra della facciata, un precedente edificio religioso in stile tardo romanico e dedicato a Santo Stefano. La facciata della chiesa fu ideata dall’architetto Pellegrino de’ Pellegrini su richiesta di San Carlo Borromeo, proprio in modo da non dover demolire questa struttura più antica, notevole per la presenza di semicolonne addossate a lesene che danno un effetto nuovo e originale alla parete. E’ per questo motivo, cioè per conservare questa parte più antica, che Pellegrini ideò una doppia scalinata per raggiungere l’ingresso della parrocchiale, che risulta quindi sopraelevata rispetto alla carreggiata. La nuova facciata della chiesa consiste in un loggiato scandito in tre parti che sostiene una balaustra con due sculture in pose plastiche. In alto, a dominare la struttura un frontone triangolare che echeggia lo stile antico e trasmette un contrasto tra le parti. All’interno della struttura è presente anche il battistero, che faceva anch’esso parte della vecchia chiesa.
Altri edifici religiosi sono la chiesa del Lazzaretto, la chiesa della Fontana e la chiesa romanica di San Bartolomeo al Bosco. L’edificio religioso è patrimonio nazionale dal 1925. Pur essendo molto antica (databile intorno al XII secolo) è solo dalla fine del XIX secolo che venne resa un luogo idoneo anche per celebrare le funzioni religiose. Il paese di Appiano Gentile conserva anche una serie di aneddoti e di racconti folcloristici che oggi come oggi costituiscono una parte indispensabile della memoria storica del paese. In particolare, un cittadino che visse nel Primo Novecento, Paolo Grilloni, e che ricoprì anche la carica di vicesindaco ha tramandato una serie di scritti in cui appunto si conservano preziose narrazioni. Compito per ogni appianese quello di andare a sbirciare tra questi antichi scritti carichi di significato per tutta la comunità.
Chiesa del Lazzaretto
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Albiolo, il paese dei "curbatt"
U Chiesa di San Martino
n paese caratteristico al confine tra Como e Varese. Parliamo di un Comune che conserva tutto il fascino dell’antico e che, nonostante le piccole dimensioni (neanche tre chilometri quadrati), nasconde particolari degni di interesse. Innanzitutto, Albiolo sorge su tre colli che non superano i 500 metri: Colle Albiolo, Colle Montenuovo e Colle Muffetta. Il paese si trova inoltre a soli cinque chilometri dalla Svizzera. Riguardo l’origine del nome vi sono diverse ipotesi: quelle che attualmente riscuotono più successo lo fanno derivare dal latino “alveolus”, quindi da “alveus” che indica il letto di un fiume. Del resto, nel territorio nascono due corsi d’acqua: nella parte a est il Luretta che poi si immette nel torrente Lura mentre nella parte a ovest il Renone che si immette nel torrente Lanza, quindi nel fiume Olona. Gli abitanti di Albiolo, invece, sono detti anche “curbatt”, cioè corvi. Questo nome deriva da una leggenda popolare per cui nel vicino paese di Cagno gli abitanti, preoccupati dall’erba che cresceva sul campanile, decisero di legare un asino a una corda e – tramite una carrucola – lo fecero salire in modo che mangiasse tutta quella fastidiosa vegetazione. Purtroppo, però, l’asino morì e la gente del luogo invitò la popolazione dei paesi limitrofi a mangiarne la carne. Gli albiolesi, secondo il racconto, arrivarono però tardi quando la pietanza era quasi tutta finita e così si buttarono sugli avanzi proprio come corvi. Le vicende storiche che hanno caratterizzato il paese si inseriscono nella più ampia storia della provincia comasca, in particolare nell’ambito degli scontri con la città di Milano.
CASA di ENRICO
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Dal punto di vista artistico, merita sicuramente un cenno la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Annunciata e costruita nel 1625. Al suo interno conserva un dipinto d’altare, del 1579. Ma ad attirare l’interesse per gli amanti della storia dell’arte è la chiesa di San Martino (detta di S. Anna). La struttura risale al XIII secolo, come ben si può notare dallo stile romanico. Ma la bellezza di questo edificio non si esaurisce alla parte esteriore: al suo interno sono conservati dei singolari affreschi, visibilmente di scuola lombarda, databili tra il XV e XVI secolo, situati nell’abside, nella navata (ma anche sotto il porticato esterno). Il campanile esterno risale invece al XVII secolo. La chiesa è ormai da tempo luogo di culto e meta di pellegrinaggio mariano, specialmente in occasione della tradizionale sagra a luglio. Un’altra caratteristica di Albiolo è la presenza, ancora oggi, delle tipiche case a corte, che erano molto diffuse in Lombardia e derivano dalla domus romana, della quale mantenevano alcuni elementi proprio per dimostrare la continuità nel tempo dei canoni architettonici. Tra l’Alto Medioevo e il primo Rinascimento queste abitazioni furono costruite secondo alcuni canoni specifici: la parte edificata dell’abitazione si trovava opposta o perpendicolare alla strada. Generalmente l’edificio era a tre piani e per salire vi erano delle scale esterne posizionate sotto la loggia, che sormontava il porticato. Il piano terra tradizionalmente era adibito a stalla, deposito o officina e bottega per il lavoro. Il primo piano era il focolare domestico vero e proprio, mentre la parte più alta veniva utilizzata come granaio.
CASA di GUIDO
Comunità Socio Sanitaria. Accoglie 10 adulti con deficit intellettivi e disturbi psichiatrici.
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Comunità Alloggio Handicap. Accoglie 6 adulti con problematiche psichiatriche e sociali.
Beregazzo con Figliaro, unite da un fil di seta
O
riginariamente, sulle colline dove ora sorge un unico paese, Beregazzo e Figliaro erano due abitati autonomi e anche piuttosto ostili tra di loro, a causa del campanilismo. La loro fusione avvenne nel 1912 e portò con sé alcune complicazioni. Una per tutte in merito al nome, che subì alcune variazioni nel tempo. In quella data, infatti, il Comune prese la denominazione Beregazzo con Figliaro, anche se di fatto è Figliaro (un tempo denominato Fié) il centro più importante. Nel 1927, però, venne unito al paese anche Castelnuovo Bozzente e per indicare il nuovo abitato fu scelto il nome Figliaro. Come ci si può immaginare, la decisione non convinse gli abitanti di Beregazzo che non sentendosi debitamente riconosciuti protestarono. Quindi, nel 1931 venne inaugurato un nuovo toponimo, senza alcun legame tra i due: il paese infatti prese il nome di Mirabello Comasco, dal nome di un colle nelle vicinanze del Comune. Nel 1948 si ritornò alla denominazione Beregazzo con Figliaro (nel frattempo Castelnuovo Bozzente ha avuto la sua autonomia). Etimologicamente il nome dei due paesi deriva per Beregazzo, con tutta probabilità, dal celtico «berricum» che indica una terra senza alberi; per quanto riguarda invece Figliaro, sembra che il nome debba riferirsi al latino «fictiliarum» che indica la fornace, quindi – è ipotizzabile – la presenza di terra argillosa. Passiamo alla storia più antica. La nascita di Figliaro sembra risalire al 1121, anno in
cui avvennero la presa e la distruzione del castello di Binago da parte dei comaschi. Del resto, non vi è ancora traccia di questo Comune in un elenco delle Pievi che facevano parte del Contado del Seprio. Elenco che venne stilato nel IX secolo. Al contrario, risale al 1289 un altro documento storico di rilievo che attesta invece la presenza dell’abitato. Si tratta di un elenco, in cui sono menzionate le quarantaquattro chiese che erano soggette ad Appiano Gentile. Quindi – citando il manoscritto - si legge «[…] In plebe Appiani loco Filiaro ecclesia S. Remigii». Il riferimento va a una chiesa che, secondo gli studi, nel Medioevo doveva sorgere nei pressi dell’attuale parrocchiale. Ora l’edificio non è più visibile ma resta traccia, in condizione di completo abbandono, di una costruzione denominata «cittadella», costituita da un cortile circondato da un porticato con colonne e archi quattrocenteschi. La chiesa parrocchiale, invece, è intitolata ai Santi Remigio e Ilario e sarebbe stata ricavata da un convento abbandonato di frati. Questa venne poi abbattuta e nel 1896 venne costruita l’attuale chiesa. Per quanto riguarda Beregazzo, il paese divenne sede parrocchiale solo nel 1931. Beregazzo faceva parte, come Figliaro, della pieve di Appiano. Nel 1650 l’abitato era un feudo della famiglia Del Rio Norega ma nel 1675 passò ai Conti Castiglioni, quindi nel 1714 alla famiglia Imbonati e ai Litta fino al 1739. L’economia dei due paesi, per molto tempo, è stata legata in particolare all’industria serica.
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Binago, T baluardo milanese contro Como
Chiesa dei SS. Pietro e Paolo in località Monello
erra d Terra di vicende storiche di rilievo e di passaggio, Binago è attestata nella storiografia a partire dal 774 (con denominazione «Binaco»). Il nome sembra risalire al romano «Bivanius». Nota di folclore: gli abitanti vengono denominati anche «Scusaritt», ovvero grembiulini. Infatti, stando sempre alla famosa leggenda dell’asino di Cagno, al banchetto organizzato dagli abitanti per mangiare l’animale, i binaghesi anzi di mangiare sul luogo, si riempirono i grembiuli con il cibo e se ne tornarono a casa. Il paese sorge su una collina che venne scelta dai Milanesi come ubicazione per far sorgere una fortezza, data la posizione strategica, nella decennale guerra contro Como. In particolare, tra il 1118 e il 1127 si svolsero una serie di battaglie per il predominio sul territorio. La guerra sarebbe poi terminata con la presa di Como da parte dell’esercito milanese, con la sua distruzione e con l’acquisizione di tutti i territori un tempo sotto la giurisdizione comasca. I motivi di tale ostilità, cresciuta a dismisura tra le due città, erano dovute al tentativo da parte di entrambe di affermare la propria supremazia ai danni del Comune nemico. In particolare, Milano era accusata di prepotenza nei confronti dei territori limitrofi, dal momento che cercava in tutti i modi di imporsi su Como, dal punto di vista politico, economico e anche religioso. Il tutto si inserisce nel quadro della lotta tra Papato e Impero che caratterizzò quegli anni. Tralasciando però le vicende a livello europeo e venendo a noi, la goccia che fece traboccare il vaso (della rivolta), fu il tentativo da parte di Milano di imporre a Como un proprio vescovo: tale Guido da Cavallasca. La reazione dei comaschi portò tra l’altro all’uccisione di due nipoti dell’ecclesiastico in segno di contrarietà. Ovviamente non ritardò la risposta di Milano che quindi dichiarò guerra, come abbiamo già visto.
Nel 1335 Binago passò sotto il dominio dei Visconti fino a quando il Nord Italia non venne spartito tra francesi e spagnoli. Da quel momento il Comune passò sotto l’amministrazione di vari feudatari, nell’ordine: Carcassola, Tassi e Castiglioni (con i quali il paese passò a far parte del quinto distretto di Appiano). Dal punto di vista artistico, per gli amanti della pittura, sono degne di nota due chiese locali. Innanzitutto la chiesa di Santa Maria Assunta che si trova nei pressi del cimitero e risale al XIV secolo. Essa conserva alcuni affreschi, con soggetti sacri, risalenti al Quattrocento e Cinquecento. Pur essendo la qualità piuttosto modesta, spiccano alcuni dipinti di alto livello. In particolare, grazie a recenti studi è stata notata una scritta sulla parete sinistra del presbiterio riportante la data 1488 e il nome «Jeronim» che sarebbe identificabile con Gerolamo, appartenente alla famiglia di pittori Campanigo che operò tra la zona di Brunello e Bizzozero. Oltre a questo affresco, meritano attenzione la crocifissione presente sulla parete di fondo del presbiterio e il trittico dipinto sulla parete sinistra, rappresentante la Madonna col Bambino tra le Sante Lucia e Caterina d’Alessandria. L’affresco doveva essere particolarmente significativo per i fedeli del luogo, tanto che anni dopo un altro artista aggiunse alla rappresentazione quattro dame inginocchiate, nell’atto di adorare le figure sacre. Tra queste, con tutta probabilità, è individuabile la committente del dipinto. Da visitare, però, anche la chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista. L’edificio fu costruito, secondo la documentazione a noi pervenuta, tra il 1574 e il 1585. I dipinti che si trovano nella chiesa sono da attribuire a Pier Francesco Mazzucchelli, chiamato il «Morazzone», nato a Varese intorno al 1573 e morto a Piacenza nel 1626.
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Sapessi com'è strano sentirsi innamorati a... Bizzarone
U
n Comune al confine con la Svizzera e situato in una posizione ben soleggiata, tra colline di origine moreniche da cui partono il torrente Lura e alcuni rami dell’Olona. Il nome anticamente era «Bianzon» ma ancora prima l’abitato era conosciuto come «Bisaronium». La sua esistenza è attestata già nel 1335, negli Statuti di Como e in alcuni atti notarili dell’epoca. Nel XIV secolo venne costruita la prima chiesa. Questo piccolo edificio religioso oggi non c’è più: rimane solo qualche traccia di pietra tra i cespugli. Al suo posto è visibile un’altra chiesa, dedicata a Santa Maria. Nella cultura locale di Bizzarone, si annidano anche divertenti racconti riguardanti in particolare i rituali del fidanzamento e che, pur non essendo in auge da tempo, resistono nei ricordi di quanti li hanno vissuti da giovani. Una di queste usanze aveva luogo durante la Domenica delle Palme: quando in chiesa venivano distribuiti i rametti di ulivi, ogni innamorato doveva, tramite un bambino, inviare il suo rametto all’amata. Se questa lo poggiava sulla panca, allora il fidanzamento poteva dirsi certo, ma se lo rifiutava perché innamorata di un altro, seguiva alla funzione religiosa un’usanza umiliante e beffarda. Fuori dalla chiesa giungeva colui verso il quale la ragazza nutriva il proprio amore e questi iniziava a schernire, battendogli le mani e invitando anche gli astanti a fare lo stesso, lo sven-
turato. Il momento finiva solo quando usciva dalla chiesa anche la ragazza che allora veniva salutata dal suo innamorato e veniva condotta per il paese con il cappello di lui sulla testa, in segno di possesso della donna. Un’altra tradizione riguardava invece i promessi sposi ed era considerata di buon auspicio. L’innamorato doveva recarsi fuori dalla casa della donna che amava e chiederla in sposa. Il rituale era preparato, ma faceva parte del gioco anche l’apparente stupore con cui la famiglia della ragazza accoglieva il giovane. A questo punto, iniziava nell’abitazione una sfilata davanti alla porta chiusa di tutte le ragazze della casa e il giovane che stava fuori doveva riconoscere qual era di esse la sua amata. Il compito veniva però facilitato dal fatto che la promessa sposa teneva tra le mani un lume che era visibile attraverso i battenti del portone. A quel punto si inscenava un rapimento da parte del giovane innamorato, che veniva scongiurato con la promessa che la ragazza gli sarebbe stata data al più presto in matrimonio. Infine, un ultimo rito cadeva il giorno di Santo Stefano. In quella data le fanciulle dovevano ricordarsi di preparare un tipico dolce del paese a base di castagne secche e i giovanotti dovevano ricordarsi di andare a casa della loro bella per assaggiarlo. Una semplice dimenticanza, da parte di uno dei due, avrebbe infatti compromesso il matrimonio.
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Bulgarograsso, dai barbari a Sant'Agata
U Chiesetta di Sant'Anna
n Comune immerso nel verde e di origine barbarica. Bulgarograsso è un paese situato nella Bassa Comasca il cui nome sembra derivare dalla presenza sul territorio di una colonia di Barbari, negli anni della discesa in Italia dei popoli del nord Europa. Il nome, del resto, ha un evidente richiamo ai Bulgari, mentre il suffisso sembrerebbe derivar da «grasa» che significa «prato». Un richiamo che evidentemente sta proprio a indicare la presenza in passato di ampie zone verdi sul territorio. Il paese, oltre ad essere stato quindi un luogo di insediamento per le popolazioni barbariche, ha una storia che nel corso del Medioevo si intreccia con le vicende della storia di Como e Milano. In particolare, Bulgaro si schierò dalla parte della città comasca, contro il capoluogo Lombardo. La storia del paese, ad ogni modo, non fu mai indipendente rispetto alle vicende dei paesi limitrofi: per dirla tutta, l'abitato fece sempre parte di cittadine più grandi come Contado del Seprio (dall'844 al 1287) e Appiano Gentile. A Bulgarograsso, stando alla storiografia militare, era inoltre presente una fortezza. Una curiosità che mette in evidenza l'importanza strategica che un tempo dovette appartenere al Comune. La rocca era denominata «Santa Maria» e si trovava nella zona di Cascina Sant'Anna vicino all'antica chiesetta che diede il nome alla località. Stando sempre alla documentazione storica, proprio per la posizione strategica, questa roccaforte accoglieva nel periodo autunnale gli eserciti, quello austro-ungarico prima e quello italiano poi, per le esercitazione militari. In questo luogo, è visibile ancora oggi la chiesetta di Sant’Anna, risalente quindi al XIII secolo, insieme a parte delle mura che
dovettero un tempo appartenere a un cascinale di poco più antico. La chiesetta è ancora utilizzata durante alcune funzioni religiose, salvo aver subìto nel gennaio 2014 un crollo parziale che l’ha resa temporaneamente inagibile. Accanto alla storica chiesetta di Sant'Anna, da annoverare anche la chiesa parrocchiale dedicata a Maria Immacolata, a Sant'Agata e a San Giuseppe che vanta un campanile settecentesco appartenuto alla precedente struttura e un organo imponente al suo interno. La chiesa di Sant'Agata risulta citata nel «Liber notitiae sanctorum Mediolani», riportante cioè informazioni riguardanti figure sante a Milano, e risale alla fine del XIII secolo. L’edificio religioso è attestato come «capella» alla fine del XIV secolo nella pieve di Appiano e come «rettoria» nel 1564, sempre nella pieve di Appiano. Questo sempre ad indicare il legame amministrativo con il Comune confinante. Tra il XVI e il XVIII secolo, inoltre la parrocchia di Sant'Agata è costantemente annoverata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi di Milano e dai delegati arcivescovili nella pieve di Appiano. Momento di rilievo per il paese è la tradizionale Sagra di Sant'Anna, che cade il 26 luglio: una festa che nacque negli anni Settanta con l'idea di dare alla gente più povera la possibilità di mangiare insieme, in un clima di festa e spensieratezza, come fossero al ristorante. E così i contadini, che un tempo rappresentavano la maggior parte della popolazione del Comune, si concedevano questa pausa di mezz’estate e si trovavano una sera a gustare, seduti per terra, salamelle e costine cucinate sulla rete di un letto.
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