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CLIP n° 206 del 08/12/2008 Anno 10° - Editore Consodata S.p.a. Via Mosca 43/45 - 00142 Roma Reg. Tribunale Roma - n° 177del 22/04/2002 - 50% - Stampa: ATI S.p.A.Edizione non in vendita
Una città...
una squadra!
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EDITORIALE
Periodico di informazione Editore Consodata S.p.A. Direttore responsabile: Andreas Steiner Reg. Trib. Roma n. 177 del 22/04/2002 Stampa ATI SPA
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• Si parte! Ecco a voi la storia d’amore tra città e squadra, il tifo e poi interessanti curiosità sull’inno ‘non-ufficiale’, lo stemma, le maglie e il ritiro della storica casacca numero dieci.
LA STORIA ‘Grande Napoli’ è un progetto editoriale completo ed esaustivo, dedicato a tutti coloro che vogliano conoscere o anche solo approfondire la lunga storia di questa squadra storica: una rivista agile che si rivolge non solo ai suoi fedelissimi tifosi ma anche a chi non ha un cuore azzurro ma riconosce comunque al club rifondato dal patron Aurelio De Laurentiis un posto importante nel Pantheon del calcio internazionale, se non altro guardando indietro, ai tempi di Sivori, Altafini, Savoldi e soprattutto Maradona, uno dei più grandi artisti del pallone che proprio al Napoli ha dedicato i suoi anni migliori. Tra excursus storici, formazioni, calendari, schede tecniche, statistiche e altre curiosità ce n’è davvero per tutti i gusti. Buona lettura!
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• Dalla fondazione del Naples andremo, passo dopo passo, a scoprire la storia del club azzurro tra trionfi e delusioni, roboanti vittorie e amare sconfitte. Passando per Diego Armando Maradona!
LO STADIO
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• Una sezione tutta dedicata al San Paolo, autentico tempio del calcio partenopeo, molto più che un semplice luogo di ritrovo per affezionati supporters del Napoli…
LA SOCIETÀ
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• Un club rinnovato, osservato attraverso le carriere degli uomini che lo hanno fatto tornare ad essere grande: ed ecco allora l’organigramma societario, ma anche il palmares, sponsor e fornitori tecnici.
LA SQUADRA
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• Andiamo a scoprire insieme quella che sarà la rosa ufficiale del Napoli nella prossima stagione: ad ogni giocatore è assegnata una scheda tecnica, una disamina essenziale ma esaustiva.
IL CALENDARIO
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• Quali squadre affronteranno gli azzurri? E quando sono previsti gli incontri-chiave per il campionato? Eccovi servite tutte le date del nuovo torneo!
IN EUROPA
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• Ripercorriamo in breve l’appassionante parentesi azzurra nelle coppe europee, un’avventura che parte da molto lontano e che culmina con la vittoria in Coppa Uefa nel 1989.
IL TIFO AZZURRO
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• Perché la passione degli innamorati di questa maglia è davvero unica: un viaggio all’interno del tifo organizzato sulle due curve che animano le domeniche del San Paolo!
INFO UTILI
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• In chiusura, una serie di dati utili riguardo luoghi e modalità di acquisto dei biglietti, i libri e i siti Internet dedicati al Napoli, al suo passato ma soprattutto al suo presente e futuro.
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Una città...
una squadra!
L’amore per il calcio ha saputo unire come mai era stato prima di allora le varie anime di Napoli: il facoltoso professionista dei quartieri alti così come lo ‘scugnizzo’ dei sobborghi più degradati.
La pizza e la mozzarella di bufala, certo, il mandolino e le statuette del presepe a San Gregorio Armeno, ci mancherebbe! E poi le poesie di Salvatore Di Giacomo, il teatro di Viviani, Scarpetta ed Eduardo De Filippo, le dolci serenate di Roberto Murolo e Sergio Bruni. Senza dimenticare il cinema di Totò, Vittorio De Sica, Massimo Troisi, le sceneggiate di Mario Merola e il rock di Pino Daniele ed Edoardo Bennato. Tutto questo è stata, è tuttora e sempre sarà Napoli, incantevole brezza marina all’ombra del Vesuvio. Eppure non possiamo raccontare fino in fondo la metropoli e il suo affascinante, variopinto melting pot senza parlare anche di calcio, certamente la passione più grande in assoluto per i suoi abitanti, a prescindere dall’età. L’affetto, l’attaccamento alla maglia azzurra e ai suoi giocatori è immenso e totale da generazioni, fin dai tempi della fondazione del primo club, il ‘Naples Football & Cricket’, nell’ormai remoto 1904, più di un secolo fa. Da allora la febbre per il calcio e per il tifo (scatenato quanto si vuole, magari
Le zone calde del tifo in città • Va detto subito: quando c’è da tirare fuori il cuore, la voce e l’anima per tifare Napoli, tutta la città, specie nei momenti più difficili, si unisce e fa quadrato attorno ai suoi ragazzi, non importa da dove arrivi questo o quel tifoso, se dalle periferie degradate a nord, come Scampìa o Secondigliano, dal centro storico tristemente abbandonato a se stesso (Rione Sanità, Quartieri Spagnoli) o dai ricchi quartieri collinari, residenziali e borghesi (Vomero, Posillipo). Quando arriva il momento della discesa in campo dell’undici titolare, un’unica grande voce troneggia dallo stadio San Paolo e non abbandona la squadra fino alla fine: e allora ‘Forza Napoli!’.
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Il Napoli è tra le prime cinque squadre italiane per numero di tifosi, senza prendere in esame anche le centinaia di ‘Napoli Club’ sparsi per tutto il mondo.
a volte perfino un po’ troppo esagitato, ma sempre molto corretto e rispettoso delle regole) ha accompagnato e scandito la vita dei napoletani, quasi fosse un rito religioso. Vite intere dedicate al culto del pallone, delle formazioni, la gioia incontenibile per un gol firmato Sivori, Savoldi o Diego Armando Maradona, l’ultimo ‘santo’ ad essere consacrato come nuovo profeta per i vicoli di tutta la città. Eccoli lì, seduti uno a fianco all’altro, ad acclamare le gesta dei loro gladiatori moderni, gagliardetto alla mano, sciarpa al collo e striscione bene in vista. E in caso di vittoria, tutti insieme a festeggiare intasando di clacson e motorini il traffico per le vie del centro storico, in pochi minuti trasformato in teatro di cori inneggianti ai propri beniamini, canti che colorano il cielo napoletano di un azzurro ancora più intenso, ancora più speciale. Unico come quei tifosi e la squadra azzurra: se non la ami incondizionatamente, non ami neanche Napoli. O comunque non la capirai mai fino in fondo.
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Una città innamorata della sua squadra
Lo stemma
Un amore sincero, totale, assoluto, incontrastato, che affonda le sue origini fin dalla fondazione ufficiale della squadra, più di un secolo fa. La passione e la devozione con la quale da generazioni i supporters napoletani seguono le gesta agonistiche degli azzurri, condividendo con loro ogni tipo di gioie e di dolori, è paragonabile alla fede, altrettanto indiscutibile, per l’adorato San Gennaro, patrono del capoluogo partenopeo. Non a caso il Napoli è tra le prime cinque squadre italiane per numero di tifosi, una cifra destinata a salire ancor di più se prendiamo in esame anche le centinaia di ‘Napoli Club’ sparsi per tutto il mondo, specie negli Stati Uniti, in Europa continentale e in Australia, là dove è più alta la presenza di emigrati napoletani.
Il primo storico vessillo della squadra partenopea è un cavallo bianco eretto sulle zampe posteriorie poggiato sopra un pallone da calcio, con le iniziali della società bene in vista; il cavallo sarà poi sostituito l’anno dopo da un asino. Ulteriore variazione nel 1964: via anche ‘O Ciuccio’ (rimasto tuttavia storica mascotte della squadra) per fare posto ad un cerchio bianco ed ‘N’ dello stesso colore su sfondo azzurro, stemma che rimarrà quasi completamente invariato fino ad oggi.
L’inno ufficiale Pur non avendo un vero e proprio ‘canto da battaglia’ adottato ancora oggi all’unanimità da ogni frangia della tifoseria (anche se ‘Napoli Napoli’ di Nino D’Angelo’ negli anni Ottanta ci andò davvero molto vicino), i supporters degli azzurri al termine delle vittorie più importanti hanno l’abitudine di inneggiare ai loro beniamini intonando ‘O Surdato ‘Nnammurato’, certamente una delle canzoni popolari napoletane più amate e conosciute, in Italia e nel mondo. In tempi recenti assai gettonata è anche ‘Lavezzi’ di Luca Sepe, dedicata all’omonimo attaccante.
Le maglie Di pari passo all’avvio, nel 1995, della regola dei numeri ‘fissi’ e del cognome di ogni giocatore dietro la maglia, il Napoli, anche se solo nell’estate del 2000, decide di ritirare ufficialmente l’ormai leggendaria maglia numero ‘10’, appartenuta negli anni d’oro a Diego Armando Maradona, affettuosa forma di tributo al grandissimo campione argentino. Gli ultimi ad avere l’onore d’indossare la tanto blasonata casacca sono stati, rispettivamente, Pizzi (‘95/96), Beto (‘96/97), Protti (‘97/98) e Bellucci (‘98/00, ma in serie B). Per ragioni di regolamento, tuttavia, lo storico numero è stato ristampato sulle maglie dall’1 all’11 in concomitanza con la militanza della squadra in serie C1 (2004/2006).
IL RITIRO DELLA STORICA NUMERO ‘10’ Di pari passo all’avvio, nel 1995, della regola dei numeri ‘fissi’ e del cognome di ogni giocatore dietro la maglia, il Napoli, anche se solo nell’estate del 2000, decide di ritirare ufficialmente l’ormai leggendaria maglia numero ‘10’, appartenuta negli anni d’oro a Diego Armando Maradona, affettuosa forma di tributo al grandissimo campione argentino. Gli ultimi ad avere l’onore d’indossare la tanto blasonata casacca sono stati, rispettivamente, Pizzi (‘95/96), Beto (‘96/97), Protti (‘97/98) e Bellucci (‘98/00, ma in serie B). Per ragioni di regolamento, tuttavia, lo storico numero è stato ristampato sulle maglie dall’1 all’11 in concomitanza con la militanza della squadra in serie C1 (2004/2006).
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1904: anno di fondazione del Naples • La nascita del club è databile tra la fine del 1904 e i primi mesi del 1905. In realtà sul territorio partenopeo erano state attive anche altre rappresentative calcistiche. Tra queste citiamo l’Open Air, fondata dal marchese Ruffo; l’Helios di Matteo Giovinetti, dalla maglia a scacchi bianco-neri; infine i biancoverdi dell’Audace, il club di Gustavo Romano e del portiere Pepèn Cangiullo.
NAPOLI 1926 • lLa foto di rito ritrae i giocatori del Napoli prima dell’inizio del campionato 1926/27: proprio il primo di agosto del 1926 la ragione sociale della squadra era mutata da ‘Football Club Internazionale Naples’ (a sua volta fusione del Naples e dell’Internazionale, le uniche due squadre campane esistenti all’inizio degli anni Dieci) in ‘Associazione Calcio Napoli’. Giorgio Ascarelli viene eletto primo presidente del nuovo corso della squadra.
1904-2010 la storia continua Ne è passata di acqua sotto i ponti, e anche di sole sulla raggiante città vesuviana, dai tempi in cui il Napoli, all’epoca ancora ‘Naples Football Club’, si faceva le ossa in tornei minori e gettava in campo cuore, sudore e lacrime senza neppure la soddisfazione di avere uno stadio tutto suo. Ne sono passati di anni dai tempi del grande Bruno Pesaola e dai gol della coppia Sivori/Altafini, seguiti da quelli, non meno spettacolari, di Savoldi, Maradona e Zola. La squadra azzurra è stata grande sul tetto d’Europa ma ha conosciuto anche, e di recente, anni bui di retrocessioni e amare delusioni. Ma poi, complice il progetto vincente del presidente De Laurentiis, c’è stata la rinascita, il ritorno in serie A e un club nuovamente competitivo in campo nazionale e internazionale. Ed eccoci giunti al campionato 2009/2010: la grande storia azzurra continua!
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IL MITICO PESAOLA Con le sue 240 presenze in campionato (e i suoi27 gol), l’attaccante Bruno Pesaola, militato nel Napoli prima come giocatore (1952-1960), quindi come allenatore (1962/1968; 1976/77; 1982/83) è uno dei grandi simboli della squadra azzurra. Distintosi per la sua velocità, per le prodigiose finte e per le sue reti, l’oriundo Pesaola (figlio di italo/portoghesi emigrati in Argentina), detto anche ‘O Petisso’, il piccoletto, per via della sua statura, è stato anche un grande tecnico, anche se talvolta tacciato dai suoi detrattori di eccessivo difensivismo nell’interpretazione di gioco.
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1904 – 1922 Dalle origini all’FBC Internaples La storia della squadra azzurra affonda le sue radici all’inizio del secolo scorso, più precisamente al 1904. La fondazione del club è dovuta all’impegno di due grandi ‘padri’ appassionati: da un lato c’è l’inglese James Poths, un figlio della terra dove è nato e cresciuto questo sport; dall’altra l’ingegnere partenopeo Emilio Anatra. All’inizio il team da loro costituito prende il nome di ‘Naples Football & Cricket Club’, due anni più tardi si trasformerà in ‘Naples Foot Ball Club’. Fino al 1912, però, il Naples deve accontentarsi di competere in tornei minori, come la coppa Lipton, non potendo iscriversi al campionato nazionale in quanto riservato in un primo momento solo alle squadre del Nord Italia. Nel 1911 avviene una prima scissione: la frangia ‘napoletana’ si distacca da quella ‘inglese’, dando vita alla seconda rappresentativa calcistica campana, l’Unione Sportiva Internazionale Napoli, diretta antagonista dell’ex-sorella ‘inglese’ del Naples. Una volta ammesse entrambe dalla F.I.G.C alla massima divisione, le due squadre si affronteranno più volte, con risultati alterni. Finita la Prima Guerra Mondiale, nel 1919, il campionato riprende: ora però i club campani, da due che erano, si sono moltiplicati, così come è aumentato in modo esponenziale il seguito affezionato di tifosi. Le due squadre napoletane non raggiungono tuttavia grandi risultati, arrivando al massimo alle semifinali inter-regionali. Il 1922 segna un altro grande evento: Il Naples Football Club e L’Unione Sportiva Internazionale Napoli danno vita infatti ad una nuova fusione, resa indispensabile da esigenze finanziarie: ecco allora nascere ufficialmente il Foot Ball Club Internazionale Naples, noto anche come FBC Internaples. 1926 – 1962 Dall’Associazione Calcio Napoli al primo trionfo Il primo di agosto del 1926 arriva un’altra decisione storica: i soci fondatori della squadra partenopea scelgono infatti di cambiare un’altra volta nome al loro club, che diventa ora Associazione Calcio Napoli. Il giovane e facoltoso industriale napoletano Giorgio Ascarelli ricoprirà l’impegnativo e difficile ruolo di primo presidente. Sotto la sua guida, la direzione tecnica del mitico allenatore inglese William Garbutt e le prodezze dell’attaccante paraguayano Attila Sallustro, l’AC Napoli vivrà le prime timide soddisfazioni agonistiche (tanto che in quegli stessi
anni il cavallo bianco rampante verrà sostituito nello stemma della squadra da un asinello, il famoso ‘ciucciariello’), ospite per la prima volta di uno stadio tutto suo, il “Vesuvio” per accogliere adeguatamente i fans sempre più numerosi. A metà degli anni Trenta subentra alla presidenza il potente imprenditore Achille Lauro, anche lui figlio del Sud e soprattutto con in dote un enorme disponibilità economica che, tradotta in acquisti mirati di giocatori di valore, avrebbe aperto al Napoli le porte dei primi veri trionfi sportivi. Così non è, purtroppo: la permanenza in serie A dura sì ininterrottamente dal 1926 al 1941, ma il risultato più importante raggiunto è un terzo posto in classifica nel campionato 1933/34, che apre al club la strada, subito sfumata, dell’Europa e del prestigioso trofeo Mitropa Cup. Nel 1942 il diciassettesimo posto in classifica costerà al Napoli la retrocessione in serie B. Nel 1946, quando riprende il campionato al temine del secondo conflitto mondiale, il Napoli torna nella massima divisione, per poi ricadere subito tra i cadetti della B (1948). Due tornei ed il Napoli ha modo di tornare alla ribalta in A e rimanervi per undici edizioni del campionato. Dopo un’ulteriore anno di B e l’ennesima resurrezione dalle ceneri, il Napoli agguanta finalmente la prima vittoria davvero importante, la conquista della Coppa Italia (1962), sotto la guida dell’allenatore Bruno Pesaola, che era stato anche un grande attaccante nelle file degli azzurri. 1963 – 1968 dalla Coppa delle Alpi all’era Ferlaino Delusioni e successi continuano a susseguirsi a ritmo elevatissimo nell’eccitante storia calcistica degli azzurri: dalla nuova retrocessione in serie B al ritorno trionfale in A, un terzo posto, quindi la tonificante, attesa vittoria in Coppa delle Alpi (1966), trofeo riservato a club italiani, svizzeri, tedeschi e francesi. Due anni prima la società aveva assunto la ragione sociale di Società Sportiva Calcio Napoli, forte di un capitale di 120 milioni di lire, ottanta delle quali versate dai nuovi soci. Con la nuova presidenza
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Delusioni e successi continuano a susseguirsi a ritmo elevatissimo nell’eccitante storia calcistica degli azzurri: dalla nuova retrocessione in serie B al ritorno trionfale in A
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di Roberto Fiore i giovani tifosi degli azzurri hanno finalmente l’occasione di vedere un grande Napoli, quello che loro, così come i loro padri e forse anche i loro nonni, avevano sempre sognato. Grazie a due importantissimi ‘colpi’ di mercato, con il benestare del presidente onorario, Don Achille Lauro, Fiore si aggiudica, a poca distanza l’uno dall’altro, due campioni, prima l’argentino Omar Sivori, quindi il brasiliano José Altafini, entrambi attaccanti dalla blasonata Juventus. E’ il 1965 e la rigenerata squadra in maglia azzurra (completata da altri grandi come Juliano, Cané, Montefusco, Postiglione, etc.) riesce a imporsi e a dire davvero la sua in campionato, prima con un terzo posto (1966), quindi un quarto (1967) e poi, addirittura un secondo posto nel 1968, subito dietro al Milan. In quello stesso anno spunta tra i dirigenti un giovane ingegnere di poche parole: si chiama Corrado Ferlaino e cambierà la storia del Napoli. 1969 – 1992 gli anni della presidenza Ferlaino Ha 37 anni e una gran voglia di fare quando, nel gennaio 1969, Corrado Ferlaino ottiene imponendosi la presidenza del Napoli, una volta acquisita la maggioranza avendo comprato le azioni societarie dalla vedova dell’ex-patron Antonio Concione, morto prematuramente. Anche se legati da un rapporto di amore/odio e gioie/dolori, i supporters della squadra azzurra devono alla presidenza Ferlaino tutti i trofei più importanti della storia del club, per non parlare dell’acquisto del campione più amato di sempre, l’argentino Diego Armando Maradona, meglio noto come
il trio da scudetto
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‘El pibe de oro’. Dopo una serie di dorate illusioni, frammiste a cocenti delusioni per colpa di obiettivi mancati ma a portata di mano, con Ferlaino si apre una lunga ed esaltante stagione di importanti vittorie e traguardi prima solo carezzati: per poco manca di aggiudicarsi lo scudetto nell’annata 1970/71, ma vince la sua seconda Coppa Italia nel 1975/76 oltre alla Coppa di Lega italo-inglese (1976). Allo stesso tempo, almeno nei primi anni, Ferlaino si cura di risanare il bilancio societario e decide di vendere, prematuramente per molti suoi detrattori, giocatori di valore assoluto come il portiere Dino Zoff, il già citato Altafini e l’ala destra Claudio Sala, per poi acquistare vecchie glorie e solide realtà come Nielsen, Hamrin, Soriani e Clerici. Ma l’arrivo destinato a rivoluzionare l’ambiente Napoli in quel periodo è nel 1973 quello del nuovo allenatore, il ‘leone’ Luiz de Menesez Vinicio, già in campo con gli azzurri tra il ’55 e il ’60. Per lui il presidente Ferlaino costruisce ponti d’oro che si traducono in acquisti di spessore (su tutti Beppe ‘Goal’ Savoldi, dal Bologna), sviluppo e valorizzazione di giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, Esposito) e mantenimento delle ‘vecchie’ glorie come il capitano Antonio Juliano. Vinicio ripaga il patron rivoluzionando la squadra, sperimentando sul campo, per primo in Italia, l’elegante modello di calcio ‘totale’ proposto dagli olandesi ai mondiali del 1974: pressing, fuorigioco e attaccanti, centrocampisti e difensori mai
MA.GI.CA: Il trio delle meraviglie • Una sigla, una garanzia: ‘MA.GI.CA’ evoca nel cuore di tutti i tifosi napoletani i fasti del tridente d’attacco degli azzurri nell’annata 1987/88, vale a dire MAradona, GIordano e CAreca, una macchina da goal che andò a segno in quel campionato ben 47 volte, a fronte di 97 presenze.
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La storia troppo ancorati al proprio ruolo, anzi, liberi di spostarsi sapendo di essere prontamente sostituiti dai compagni, così da mantenere inalterata la disposizione tattica. La compagine guidata da Vinicio traghetta la storia del Napoli con alterne fortune fino ai primi anni Ottanta, decennio che si apre con un nuovo colpo di mercato: grazie all’intuito fondamentale del suo diretto collaboratore, l’ex-bandiera azzurra Juliano, in quel momento direttore generale, Ferlaino ha modo di comprare il difensore olandese Ruud Krol, pilastro dell’Ajax campione d’Europa, profeta indiscusso del già citato modello di ‘calcio totale’. Il sogno tanto inseguito dello scudetto si infrange nuovamente nella primavera del 1981 per colpa di un autogol di Ferrario ma i tifosi del Napoli, si sa, hanno imparato ad essere pazienti e incoraggiare i propri beniamini nonostante tutto, in attesa del miracolo che, questa volta, arriva davvero, come un fulmine a ciel sereno, dal Barcellona, con lo zampino del solito Juliano. Il ragazzo ha 23 anni, è argentino, esuberante, piccolo di statura e scuro di capelli. Ma è soprattutto un grande, grandissimo campione, forse il più grande di tutti i tempi: si chiama Diego Armando Maradona e con le sue perle cambierà per sempre la storia della squadra e la città. Nella seconda metà degli anni Ottanta, grazie alle 1993 – 2004 l’addio di Ferlaino e il fallimento Un altro importante addio è quello del presidente, Corrado Ferlaino, che esce di scena dapprima temporaneamente, nel 1993, quindi in maniera definitiva nel 2000, lasciando la società, neppure l’ombra di quella dei grandi trionfi degli anni Ottanta targati Maradona, a Giorgio Corbelli, romagnolo, re delle televendite e patron di Telemarket. Nel frattempo la squadra, orfana del suo inimitabile campione, si lecca le ferite ma riparte in maniera assai dignitosa: con in panchina Ranieri prima (1991-93) e Lippi poi (1993/94), forte di talenti vecchi e nuovi (Ciro Ferrara, nuovo capitano e idolo della tifoseria azzurra; Careca, Zola, Fonseca, Policano, Blanc, ma anche giovani come Cannavaro e Pecchia) rimane sempre salda tra le prime sei/sette squadre in classifica. Con la partenza nel 1995 di Marcello Lippi
intuizioni e i goal del genio sudamericano (supportato da innesti di valore come Bagni, Garella, Renica, Carnevale, Careca, Giordano) il Napoli allenato dal ct Ottavio Bianchi pensa in grande ed è in grado di realizzare i desideri dei suoi sempre più numerosi tifosi: nel 1987 arriva l’agognato primo scudetto e la terza Coppa Italia, nel 1989 la Coppa Uefa, nel 1990 il secondo scudetto e l’anno successivo la Supercoppa. Dopo tanti bei trionfi e una città mai come in quel momento affezionata ai propri undici gladiatori, ecco arrivare l’inaspettata crisi, lenta ma davvero inesorabile. La prima, gravissima perdita è proprio quella di Maradona, costretto dopo alcuni controlli antidoping (che lo certificano positivo alla cocaina) a lasciare Napoli e l’Italia, squalificato per un anno e mezzo dai campi e subito dopo ceduto al Siviglia.
e la cessione di pezzi pregiati come Ferrara, Cannavaro e Benny Carbone inizia però il lento e graduale calvario della squadra partenopea. L’affetto incondizionato dei suoi tifosi, purtroppo, non basta più: dopo un biennio assai opaco dal punto di vista delle prestazioni, malgrado una girandola di allenatori e di acquisti che fanno ben sperare (su tutti Protti e Bellucci), il Napoli precipita in serie B, per la prima volta dopo più di trent’anni. Due anni nella serie minore e gli azzurri tornano in A, guidati dal Ct Walter Novellino. Alla presidenza siede a questo punto il già menzionato Giorgio Corbelli, che punta, senza successo, sugli allenatori Zeman e Mondonico per la rinascita: nulla di fatto, il Napoli precipita nuovamente in serie B. Arrestato Corbelli nell’ambito dello scandalo delle televendite, gli subentra Salvatore Naldi, imprenditore con interessi nel ramo alberghiero, che acquisisce nella primavera del 2002 il
98% delle azioni della squadra. Gli allenatori vanno e vengono, ma la squadra resta mediocre e affonda sempre di più nella serie cadetta. Siamo nel 2004: i grossi guai finanziari della società vengono a galla e il club finisce in tribunale sotto istanza di fallimento. Il 2 agosto 2004, per sentenza della settima sezione fallimentare del Tribunale Civile di Napoli, la Società Sportiva Calcio Napoli viene decretata fallita. Il debito sfiora i 79 milioni di euro. Impossibilitata finanziariamente a restare in B, il Napoli ha bisogno di nuove e grosse somme, un nuovo management, una nuova, carismatica guida. Ed ecco allora l’ultimo colpo di scena: come l’araba fenice, con l’aiuto del nuovo patron Aurelio De Laurentiis e dell’allenatore Edoardo Reja il Napoli rinascerà, seppur gradualmente, delle ceneri della serie C1, tornado definitivamente alla ribalta della massima serie. Ma questa è già storia d’oggi.
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Diego Armando Maradona è stato senza dubbio uno dei più grandi calciatori della storia, se non il migliore in assoluto.
Lo ‘scugnizzo’ argentino prima del Napoli • 30/10/1960: Nasce nel quartiere povero di Villa Fiorito, a sud di Bueons Aires, quinto di otto fratelli. • 20/10/1976: Inizia la sua carriera professionistica nelle giovanili dell’Argentinos Juniors; non ha ancora compiuto sedici anni. • 27/02/1977: Cesar Luis Menotti, l’allenatore della nazionale argentina convoca Maradona in vista di un’amichevole contro l’Ungheria allo stadio di Buenos Aires. • 1979/1980: Vince per ben due volte di seguito il ‘Pallone d’Oro’ sudamericano. • 1981/1982: Corona il sogno del padre andando a giocare col Boca Juniors: l’ambiente gli è però ostile, a partire dai dirigenti per finire con l’allenatore, Silvio Marzolini. • 1982: Maradona viene venduto al Barcellona per la cifra record di dodici miliardi di lire.
il giocatore più forte
del mondo
Diego sapeva incantare gli stadi di tutto il mondo: il suo piede sinistro era capace di prodezze impossibili, gol da calcio d’angolo, su azione e su punizione da posizioni spesso proibitive, e poi un altruismo e un’intuizione davvero fuori dal comune. Le imprese più impensabili Maradona le faceva sembrare giochi da ragazzi: anche per questo Diego sarà annoverato tra gli ‘artisti’ del pallone ancora per molto, molto tempo.
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Il suo gol più bello! Stadio Azteca, Citta del Messico, domenica 22 giugno 1986: Argentina-Inghilterra, partita valida per i quarti di finale dei Mondiali. Di fronte ad un pubblico di ben 115mila persone, dopo aver già segnato un assai discusso gol ‘di mano’, Maradona, partendo dal suo centrocampo si invola a fronteggiare la squadra avversaria e, uno ad uno, dribbla come fossero birilli di marmo i giocatori inglesi, arriva fino all’area di rigore difesa dal portiere Shilton, gli è quasi addosso, cade, riesce a tirare, segna. L’intero stadio è in deliro per quello che, a detta di molti, è il ‘gol del secolo’.
Prima ancora che iniziasse una qualsiasi partita, bastava vederlo palleggiare a bordo campo per innamorarsi delle sue doti: vedevi il pallone rimbalzare sui suoi piedi, sulle ginocchia, quindi restare fermo, immobile sulla sua testa, con una naturalezza sbalorditiva.
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Maradona... “o re” di Napoli Se dovessimo indicare un solo giocatoresimbolo del Napoli e allo stesso tempo un beniamino indiscusso dell’intera città, non avremmo dubbi: diremmo Diego Armando Maradona, l’argentino genio e sregolatezza che tra il 1984 e il 1991 ha portato gli azzurri a trionfi e traguardi assolutamente impensati fino ad allora, una serie positiva di vittorie (2 in campionato; 1 Coppa Uefa; 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana) che ha galvanizzato la città, fiera di portare in trionfo Diego neanche fosse un nuovo eroe nazionale, una divinità pagana, un vero mito intramontabile, celebrato e ricordato ancora oggi con un misto di gioia e nostalgia per fasti calcisticamente mai più vissuti da ormai quasi vent’anni a questa parte. Fin dal suo primo arrivo a Napoli, in occasione della cerimonia ufficiale di presentazione del giocatore allo Stadio San Paolo (5 luglio 1984), l’atmosfera è elettrica: sessantamila tifosi invadono pacificamente l’arena e acclamano il loro nuovo gladiatore, il loro campionissimo arrivato dal Barcellona per la cifra record di tredici miliardi, finalmente in azzurro dopo un inizio estate di trattative estenuanti, conferme e smentite col club catalano. Un po’ per la sua fama da fuoriclasse, un po’ per i suoi modi, semplici e sinceri, da simpatico ‘scugnizzo’ della porta accanto, Diego si guadagna immediatamente l’affetto dei suoi fans, che lo adottano come un figlio, una bandiera e un condottiero in grado di dare al Napoli soddisfazioni internazionali e la fama di squadra d’élite, con tutto il ritorno di immagine che ovviamente ne consegue. In realtà, la prima stagione di Maradona in azzurro (1984/85) non fu come molti si
aspettavano: la squadra stentava a decollare e questo perché le prodezze del genio argentino non erano supportate da un team all’altezza della sua classe e così, dopo un avvio di stagione mediocre, il Napoli riesce solo a fine campionato a raggiungere la ‘sicurezza’ di metà classifica. Con l’arrivo nell’annata successiva di rinforzi di spessore (Giordano, Bagni, Garella, Renica), il Napoli riuscirà, non a caso, a chiudere il campionato 1985/86 in continua ascesa, congedandosi con un ottimo terzo posto in classifica. Il primo anno d’oro però, quello da prendere e incorniciare negli ‘Annales’ azzurri, è certamente il 1986/87, con ulteriori nuovi innesti (Andrea Carnevale su tutti) e un Maradona reduce dal Mondiale messicano e carico come mai prima di allora. Il Napoli dominerà il campionato dalla prima all’ultima giornata, quasi sempre in vetta alla classifica, condotto per mano da Diego e dalle sue magie. Fino al 10 maggio 1987, fatidico giorno del primo scudetto, data che i napoletani aspettavano da una vita e che scatena un gioioso, allegro pandemonio in città, addobbata a festa e sveglia per settimane fino a notte fonda per festeggiare il grande evento. La stagione 1987/88 è quella della grande delusione: il Napoli (coi nuovi arrivati Careca e Alemao) esordisce col botto, una serie incredibile di vittorie e il primo posto in classifica mantenuto per quasi tutto il campionato, fino a cinque giornate dalla fine. Inspiegabilmente poi, proprio sul finale, forse a causa di problemi ‘di spogliatoio’ e attriti interni, gli azzurri perdono tutte le ultime partite e si vedono soffiare lo scudetto dal Milan.
Secondo posto anche nel 1988/89, con un Napoli piegato dall’Inter dei record, ma che festeggia ugualmente per la bellissima vittoria in Coppa Uefa, anche questa con lo zampino del campione argentino. Anche se turbata dalle prime voci riguardanti tensioni tra Maradona e la dirigenza del Napoli (oltre che dall’addio dell’allenatore Ottavio Bianchi), la stagione 1989/90 registra la seconda vittoria in campionato degli azzurri, trainata tra l’altro anche da giovani talenti come Zola e Ferrara: è un’autentica marcia trionfale fatta di sedici vittorie, un pareggio e nessuna sconfitta, con un indimenticabile testa a testa col Milan fino all’ultima giornata. L’ultima stagione di Diego Armando Maradona in maglia azzurra è quella del 1990/91: l’annata si apre con una bella vittoria in Supercoppa Italiana ma prosegue in maniera deludente: prima l’ennesima eliminazione in Coppa dei Campioni, quindi lo scadente rendimento in campionato (alla fine la squadra si classificherà settima), declino inesorabile che culminerà il 17 marzo del 1991, dopo un controllo antidoping effettuato al termine dell’incontro Napoli-Bari che darà il triste responso di positività per Maradona alla cocaina. Per il Napoli è davvero la fine di un’era, di un’epopea di vittorie e prestazioni targate Maradona: con Diego se ne va un bel pezzo di ‘cuore azzurro’, tanto che quattordici anni dopo, quando lui tornerà per la prima volta in città, in occasione della partita di addio al calcio del vecchio amico Ciro Ferrara (giugno 2005), sarà un tripudio, con tutta la città in festa, in estasi per salutare ancora una volta il suo antico gladiatore, fuoriclasse indimenticabile e indimenticato.
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I precedenti stadi del Napoli prima del San Paolo Stadio Militare dell’Arenaccia: dal 1926 al 1929 Venne inaugurato nel 1923 con un evento tanto singolare quanto spettacolare: una corrida aperta al pubblico, che avrebbe dovuto conquistare una coccarda tricolore precedentemente sistemata sulla schiena di un toro. Stadio Collana (Vomero): dal 1929 al 1930; dal 1933 al 1934; dal 1942 al 1943; dal 1946 al 1959 La squadra vi giocò saltuariamente all’inizio: divenne il campo di gioco ufficiale durante i lavori di ristrutturazione dell’Ascarelli, scelto per ospitare i Mondiali del 1934. Gli azzurri vi tornarono solo durante la Seconda Guerra Mondiale, anche perché la Wermacht lo utilizzava come campo di concentramento per i napoletani da inviare in Germania. Il Napoli tornerà a disputare qui le sue partite dal dopoguerra al 1959, in quanto il ‘Vomero’ era l’unico impianto a garantire un minimo di agibilità e sicurezza. Completamente ristrutturato alla metà degli anni Settanta. Stadio Ascarelli (poi ribattezzato ‘Partenopeo’): dal 1930 al 1933; dal 1934 al 1942 Voluto fortemente dallo storico primo presidente del Napoli, l’industriale Giorgio Ascarelli, completamente pagato a sue spese, l’impianto era proprietà privata del club e sorgeva nel Rione Luzzatti, nei pressi della stazione. Fu inaugurato nel 1930 ma finì distrutto dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale.
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la “casa del Napoli”
lo stadio San Paolo
Si tratta del più importante impianto polisportivo della città, noto soprattutto per essere lo storico teatro delle partite casalinghe del Napoli e quindi meta di decine di migliaia di tifosi festanti ogni domenica. In realtà lo stadio, essendo appunto una struttura polisportiva, è dotato di varie palestre, persino di un campo da basket. Poteva ospitare quasi ottantamila persone: oggi il numero totale di posti a sedere è 60.240, una cifra comunque notevole.
Uno stadio rinnovato
Cenni storici Costruito in cemento armato, a pianta ovale, su progetto dell’architetto Carlo Cocchia e realizzato nell’arco di ben dodici anni (tra il 1948 ed il 6 dicembre 1959, data d’inaugurazione ufficiale), l’impianto prese inizialmente il nome di ‘Stadio del Sole’, cambiando denominazione nell’attuale San Paolo solo successivamente. La prima partita mai giocata nel grande e amatissimo tempio del calcio partenopeo fu una Napoli-Juventus terminata 2-1 per i padroni di casa. All’inizio si prevedeva un solo anello per ospitare la tifoseria, ma poi, a grande richiesta, ne fu aggiunto un altro che ne aumentò la capacità considerevolmente, rendendolo capace di ospitare quasi novantamila persone. Una curiosità: lo stadio ha avuto in passato l’onore di ospitare al suo interno grandi concerti rock e star internazionali: tra queste ricordiamo Frank Zappa e i Rolling Stones (entrambi nell’estate del 1982), gli U2 (luglio 1993) ma anche affermati artisti italiani come Edoardo Bennato, Pino Daniele, Claudio Baglioni, Gigi D’alessio, Ligabue e Vasco Rossi.
In occasione prima dei Campionati Europei (1980) e in seguito dei Mondiali italiani di calcio (1990) lo stadio ha subito una serie di ristrutturazioni: in particolare è stata edificata la copertura e la nuova tribuna stampa, rammodernate la pista di atletica e l’impianto di illuminazione, il tutto in base alle regole di sicurezza imposte dalla FIFA. Successivamente la costruzione di un terzo anello di posti a sedere portò la capienza del San Paolo a 76.824 posti a sedere ma venne definitivamente smantellato per problemi di vibrazioni che si diramavano nel terreno ad ogni gol del Napoli portando fastidi e problemi agli abitanti delle case nei dintorni.
Guida all’accesso QL’acquisto del titolo valido per l’accesso e la permanenza nell’impianto sportivo in occasione dell’evento, comporta l’accettazione incondizionata del “Regolamento di utilizzo dell’impianto”. L’inosservanza dello stesso comporterà l’immediata risoluzione del contratto di prestazione, con il seguente allontanamento dall’impianto del contravventore, nonché l’applicazione delle disposizioni e delle sanzioni previste dalla normativa vigente. Il Club, a prescindere dalle decisioni adottate dalle competenti Autorità, può rifiutare l’ingresso allo Stadio alle persone che abbiano violato il presente Regolamento. Fermo restando la possibilità per la polizia giudiziaria di effettuare perquisizioni personali secondo le vigenti disposizioni di legge, con l’acquisto del titolo di accesso allo Stadio, lo spettatore aderisce al Regolamento di utilizzo dell’ impianto e, conseguente-
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lo stadio mente, autorizza implicitamente gli stewards ad effettuare controlli accurati, sia pure solo visivi, sulla persona e sulle borse al fine di verificare che non vengano occultati e introdotti nello stadio oggetti non consentiti. Essi possono rifiutare l’ingresso o allontanare dallo Stadio chiunque non sia disposto a sottoporsi a tali scrupolosi controlli. Pertanto, all’accesso ai varchi e per tutto il tempo di permanenza nello Stadio, i possessori di regolare titolo di accesso, che dovrà essere conservato fino all’uscita dall’ impianto e mostrato, in qualsiasi mo-
Nuova normativa striscioni La S.S.C. Napoli S.p.A. ha istituito un servizio per le richieste di autorizzazione all’accesso e al posizionamento all’interno dello stadio di striscioni e/o coreografie per le gare interne. Procedura per ottenere l’autorizzazione 1 - La richiesta va presentata in forma libera, specificando: a) le dimensioni ed il materiale utilizzato per la realizzazione dello striscione; b) il contenuto e la grafica corredati in apposita documentazione fotografica; c) il settore in cui verrà esposto; d) la partita per la quale è richiesta l'esposizione. La richiesta così compilata dovrà essere siccessivamente inviata: • via fax al numero 081.5093917 oppure • via e-mail all’indirizzo napoli@lega-calcio.it entro e non oltre i 7 giorni lavorativi precedenti la partita oggetto della richiesta. 2 - Si precisa che S.S.C. Napoli S.p.A. esaminerà le richieste pervenute rispettando l’or-
mento, a richiesta del personale preposto, potranno essere sottoposti a tali controlli da parte degli stewards. Si ricorda che gli stewards della S.S. Calcio Napoli, nell’esercizio delle proprie funzioni, sono giuridicamente equiparati agli “incaricati di un pubblico servizio”. In particolare, ad essi viene estesa la tutela prevista dagli artt. 336 (violenza o minaccia a pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a pubblico ufficiale) del Codice Penale.
dine cronologico di presentazione e fino ad esaurimento degli spazi disponibili. 3 - Le richieste, debitamente compilate e corredate da tutta la documentazione necessaria, saranno sottoposte all’approvazione del G.O.S. (Gruppo Operativo di Sicurezza) in una specifica riunione che si terrà presso la Questura di Napoli il 6° giorno lavorativo prima della gara. 4 - Le richieste che avranno ottenuto l’approvazione da parte del G.O.S. riceveranno da SSC Napoli la conferma di avvenuta autorizzazione attraverso lo stesso mezzo (fax o mail) con cui sono state presentate. SI PRECISA CHE, IN CASO DI MANCATA RISPOSTA, LA RICHIESTA E' DA CONSIDERARSI RESPINTA. 5 - I richiedenti autorizzati dovranno presentarsi, il giorno della gara, entro e non oltre 1 ora dall’apertura al pubblico dello stadio muniti: • della comunicazione pervenuta da SSC NAPOLI S.p.A.; • tutta la documentazione relativa alla sicurezza antincendio.
(testo parzialmente estrapolato dal sito ufficiale del Napoli Calcio)
6 - Il richiedente autorizzato, espletati i controlli d’ingresso, sarà accompagnato per l’esposizione dello striscione dagli stewards nel punto corrispondente allo spazio assegnato. 7 - Al termine della gara lo striscione e/o la coreografia (se riutilizzabile) dovranno essere rimossi . 8 - Vi informiamo che analoga disciplina dovrà essere applicata per le bandiere fatte salve quelle riportanti solo i colori sociali e quelle degli stati rappresentati in campo. Le bandiere (“drappo di forma rettangolare, attaccato per uno dei lati più corti ad un’asta, quest’ultima se consentita dalla normativa vigente”) potranno entrare purché di dimensioni non tali da impedire la visuale agli altri spettatori. 9 - Vi ricordiamo che è fatto divieto introdurre all’interno dello stadio tamburi e altri mezzi di diffusione sonora. (testo estrapolato dal sito ufficiale del Napoli Calcio) (testo estrapolato dal sito ufficiale del Napoli Calcio)
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Lo Sponsor • L’acqua Lete, effervescente naturale che sgorga dalla fonte omonima, nei monti del Matese, al confine tra Campania e Molise, è già dal settembre 2005 lo sponsor ufficiale del Napoli. Tra gli sponsor del passato più noti ai tifosi ricordiamo impressi sulle maglie dell’undici azzurro i marchi della Cirio (1984/85), compagnia specializzata in conserve di pomodoro, quindi l’industria alimentare Buitoni (1985/88) e la multinazionale dolciaria statunitense Mars (1988/91).
L'Organigramma della Società • Il presidente è Aurelio De Laurentiis, produttore cinematografico di lungo corso che nell’estate 2004 comprò la società a seguito del suo fallimento. In azzurro dal 2004 e fino al 28 settembre 2009 anche il direttore generale, Pierpaolo Marino (il quale già aveva fatto parte della società da dirigente negli anni Ottanta, quelli di Maradona e del primo scudetto), ‘aiuto-regista’ della rinascita azzurra ai livelli competitivi di un tempo. Con queste parole il presidente De Laurentiis ha raccontato il recentissimo ‘divorzio consensuale’ dall’ormai ex-Dg: “Lo ringrazio per il lavoro e i sacrifici che ha fatto per questa società, con lui ho condiviso cinque anni della mia vita; si è impegnato con grande dedizione, è un professionista serio che avrà un prosieguo di carriera brillante ma come capita nella vita e nel cinema i matrimoni a un certo punto finiscono”. Circolano già nomi papabili per la successione di Marino (Giuseppe Marotta, attualmente Dg della Sampdoria, e Salvatore Bagni, ex-centrocampista nel Napoli di Maradona e oggi manager e commentatore televisivo, restano i più accreditati) anche se la decisione definitiva pare debba arrivare non prima di gennaio. Nel consiglio d’amministrazione azzurro siede praticamente tutta la famiglia De Laurentiis: alla vice-presidenza c’è Jacqueline Baudit, compagna svizzera del produttore; i due figli, Luigi e Valentina, ricoprono i ruoli di consiglieri, mentre il più piccolo, Edoardo, si occupa del Team Management. .
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Una società
rinnovata Lo scorso marzo, complice l’esonero del tecnico di lungo corso Edoardo Reja (4 anni e 188 panchine tra campionato e coppe) e il conseguente arrivo sulla panchina azzurra di Roberto Donadoni (reduce da due anni d’esperienza maturati in qualità di tecnico della nazionale maggiore), contratto siglato per tre anni, sembrava si fossero calmate le acque in casa Napoli. Ebbene, così non è stato.
Già, perché malgrado le buone intenzioni iniziali, la stagione calcistica 2008/2009 si conclude al di sotto delle aspettative per i ragazzi allenati da Donadoni: dopo due pareggi con Reggina e Milan, la prima attesissima vittoria arriva inaspettata, contro l’Inter dei grandi campioni. Allo stadio San Paolo lo scorso 26 aprile è grande festa per quel sospirato 1-0, eppure non basta. Nelle undici partite di campionato rimanenti il Napoli raccoglie infatti solo briciole: due vittorie, cinque pareggi e ben quattro sconfitte, concludendo al dodicesimo posto in classifica con quarantasei punti. Il torneo dell’edizione 2009/2010, con l’arrivo di nuovi, importanti giocatori a dar man forte alla squadra (Quagliarella, De Sanctis, Hoffer, Zuniga, Campagnaro e Cigarini) e la possibilità per Donadoni di un lavoro certamente più sereno e metodico sui suoi ragazzi, promette bene. Purtroppo, i sette punti raccolti in sette partite, bottino piuttosto magro per una squadra in rilancio che punta di nuovo in alto, di-
mostrano il contrario, provocando l’ennesimo colpo di scena sulla panchina azzurra. Il 6 ottobre 2009 Roberto Donadoni viene infatti sollevato dall’incarico e prontamente sostituito con Walter Mazarri, proveniente dalla Sampdoria (di ritorno nel club partenopeo undici anni dopo l’esperienza di ‘vice’ di Renzo Ulivieri), firmando un contrato di un milione e mezzo di euro a stagione fino al 2011. E non è certo l’unica novità a modificare l’assetto dell’organigramma societario in questo ‘autunno caldo’: a seguito del congedo del Direttore Generale, Pierpaolo Marino, e in attesa di un suo degno successore, due nuovi volti si affacciano alla dirigenza partenopea. Da un lato c’è il nuovo Direttore Sportivo, Riccardo Bigon, figlio del mitico Alberto, allenatore del secondo scudetto azzurro (1989/90); dall’altro il nuovo Direttore dell’Area Tecnica, Gianpaolo Montali, già allenatore della nazionale italiana di volley e membro del CdA della Juventus. Le premesse per tornare a far bene ci sono, staremo a vedere.
IL PALMARES DEL NAPOLI CALCIO • 2 Scudetti vinti: 1986/87 e 1989/90 • 3 Coppe Italia: 1962; 1976; 1987 • 1 Supercoppa Italiana: 1990 • 1 Coppa Uefa: 1989 • 1 Coppa delle Alpi: 1966 • 1 Coppa Italo-Inglese: 1976
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un presidente... Il sogno del presidente De Laurentiis è far tornare il Napoli ai fasti del recente passato, restituendogli quel posto nel Pantheon del calcio internazionale che per anni ha meritato alla grande.
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presente
Nelle settimane successive alla dichiarazione ufficiale di fallimento, in quella maledetta estate del 2004, c’è a Napoli un autentico tumulto, aria di smobilitazione e incertezza. Dopotutto si tratta della squadra del grande Maradona, che appena quindici anni prima faceva innamorare i tifosi di tutto il mondo. Vederla così in difficoltà non piace a nessuno, men che meno ai tifosi azzurri. Inizialmente si fa avanti Luciano Gaucci, ma il presidente del Perugia non ha i mezzi necessari per far tornare agli antichi fasti la squadra e così, mentre infuriano le polemiche e i dubbi sulla possibilità reali della società di iscriversi nuovamente in B entra in scena il produttore cinematografico napoletano Aurelio De Laurentiis. E’ lui l’uomo giusto per la squadra, ha un progetto, una strategia. I tempi però restano strettissimi e bisogna agire in fretta: ed è così che l’imprenditore rileva la curatela fallimentare dal tribunale e iscrive con sigla inedita il ‘Napoli Soccer’ in C1 per la stagione 2004/05. Per De Laurentiis è l’esordio nel mondo del calcio, lui che per una vita aveva respirato cinema, da produttore e distributore, fondando nel 1975 la FilmAuro e portando al successo centinaia di pellicole: il suo sogno è fare anche del Napoli un ‘Blockbuster’, un campione d’incassi come i suoi titoli più fortunati, farlo tornare gradualmente competitivo e cucirgli intorno una squadra che sappia imporsi e accettare le grandi sfide che ha di fronte. Parlano di lui come l’uomo nuovo, il presidente della Provvidenza: dal canto suo, De Laurentiis saprà tenere fede alle promesse. Nella stagione 2004/2005 il Napoli del nuovo Ct friulano Edoardo Reja, saggio e pragmatico condottiero, vince ma non convince, nonostante alcuni innesti di livello come Emanuele
Calaiò, Inàcio Pià e Marco Capparella: si classifica terzo in campionato, ma perde la finale dei play-off con l’Avellino. Tutto da rifare, un altro anno da passare in C1 e, se ci si ferma a riflettere, considerando la storia recente del club, pare quasi surreale: gli azzurri, che non troppo tempo prima affrontavano a testa alta, umiliandole, le blasonate teste di serie in Coppa Uefa, oggi se la vedono con Manfredonia, Martina e Sangiovannese. Altri tempi. Sarà la stagione 2005/06 quella della prima svolta davvero positiva: sulle ali di nuovi acquisti mirati e azzeccati (Iezzo, Maldonado, Bogliacino), il Napoli si aggiudica il primo posto e la promozione in serie B con notevole anticipo e discreto stacco di punti rispetto alle inseguitrici. Nella primavera del 2006 il presidente De Laurentiis ha modo di mantenere anche un’altra promessa: restituire alla società la storica denominazione ‘S.S Napoli’ dopo due campionati giocati con la sigla ‘Napoli Soccer’. Per puntare alla promozione in A, impresa difficile vista la presenza nel medesimo torneo ‘cadetto’ della Juventus, penalizzata nel torneo 2006/07 e retrocessa per illeciti, gli azzurri puntano su innesti importanti: il ritorno a Napoli di Paolo Cannavaro, fratello minore di Fabio nonché capitano della squadra, e poi Dalla Bona, Domizi, Bucchi, Garics e De Zerbi. La prestazione complessiva è ottima: il club partenopeo concede poco o nulla, resta ben saldo fra le prime tre posizioni e alla fine si aggiudica l’agognato ritorno in A, in compagnia della Juve e del Genoa. La città, manco a dirlo, è in festa grande, un tripudio di festeggiamenti che non si vedeva all’ombra del Vesuvio da oltre un decennio. Nella stagione del ritorno in A, sul fronte mercato la società punta soprattutto su giovani talenti dal costo basso
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ma dalle promettenti prestazioni future: ed ecco allora arrivare Lavezzi, Hamsik e Gargano, affiancati dall’esperienza di compagni come Zalayeta, Blasi e Contini. La stagione 2007/08 si chiude con una salvezza tranquilla e buone prestazioni complessive, ottavo posto e qualificazione all’Intertoto, dopo quasi 14 anni dall’ultima gara a livello europeo. I nuovi acquisti per il campionato 2008/09 sono cinque: Rinaudo, Maggio, Denis, Russotto e Aronica. Il tecnico Edi Reja è confermato ancora una volta in panchina, a sottolineare il rapporto di fiducia tra lui e la società. A fronte di un buon girone d’andata è da segnalare la doppia sconfitta nelle coppe (eliminata al primo turno in Uefa e ai quarti in Coppa Italia) e un deludente girone di ritorno, che vedrà alla fine Reja esonerato a sorpresa e sostituito in panchina da Roberto Donadoni: l’ex-Ct dell’Italia, seppure con tutte le carte in regola per fare bene nonostante la giovane età, traghetterà il Napoli verso un finale di stagione incerto e sottotono. I punti racimolati sono pochi, la convinzione e la voglia di stupire latitano, la forma fisica lascia a desiderare, lo spettacolo, e sopratutto la classifica, ne risentono. Tuttavia il rapporto di fiducia che lega gli azzurri a Donadoni non si spezza immediatamente: c’è ancora lui infatti a guidare la squadra all’avvio di stagione 2009/2010, indubbio attestato di stima a dispetto delle prestazioni incolori del precedente campionato. Saranno i sette punti raccolti in sette partite, ben poca cosa rispetto alle ambizioni di una squadra in rilancio, a decretare l’esonero definitivo del commissario tecnico bergamasco. Al suo posto arriva l’allenatore Walter Mazarri, provenienza Sampdoria, l’uomo della rinascita blucerchiata, della qualificazione in coppa Uefa e della rivincita di Cassano. Ed è così che dalla prima settimana di ottobre 2009 per il Napoli inizia un nuovo ciclo, una nuova esaltante avventura!
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La tifoseria napoletana, notoriamente ‘caliente’ e appassionata nel sostenere i suoi beniamini, ha accolto De Laurentiis non solo come un nuovo membro della famiglia ma anche e sopratutto in qualità di ‘salvatore della patria’, caricandolo di grandi responsabilità. Dal canto suo, il presidente ha saputo mantenere le promesse, riportando la squadra azzurra a competere a grandi livelli.
Da Donadoni a Mazzarri, una scelta ponderata • Il presidente lo ha fieramente ribadito in conferenza stampa, nel contesto della presentazione del nuovo tecnico: “Siamo in ritardo, ma Walter Mazzarri è la scelta più ponderata, desiderata, voluta e giusta per noi”. E con questa affermazione De Laurentiis mette a tacere definitivamente le malelingue, voci di corridoio che sussurravano dell’ex-allenatore della Samp come di una seconda scelta, tramontata l’idea di ingaggiare Rossi o Mancini. "Hanno detto che non ho preso Mancini perché costava troppo, ma non è assolutamente così. Non ho mai fatto nella mia vita valutazioni su questioni economiche, ma sono talmente amico di Moratti che se avessi avuto una esigenza del genere l'avrei negoziata con lui. In realtà non ho mai avvicinato né Mancini né Delio Rossi, ho sempre avuto nella mia testa solo Mazzarri. Lo vedrei persino bene come giocatore di poker in un mio film".
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la formazione
2009/2010 NICOLAS AMODIO Centrocampista
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10 marzo 1983 Montevideo (Uruguay) centrocampista 32 1,80 80
LUCA CIGARINI Centrocampista
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20 giugno 1986 Montecchio (R. Emilia) centrocampista 21 1,75 72
WALTER GARGANO Centrocampista
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23 luglio 1984 Paysandù (Uruguay) centrocampista 23 1,68 65
SALVATORE ARONICA difensore
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20 gennaio 1978 Palermo difensore 6 1,81 78
MATTEO CONTINI Difensore
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16 aprile 1980 Gemonio (Varese) difensore 96 1,82 76
MATTEO GIANELLO Portiere
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7 maggio 1976 Bovolone (Verona) portiere 22 1,89 84
ADRIAN BOGLIACINO Centrocampista
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2 giugno 1980 Sacramento (Uruguay) centrocampista 18 1,77 72
ARMANDO CAMPAGNARO difensore
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27 giugno 1980 Cordoba (Argentina) difensore 14 1,81 85
PAOLO CANNAVARO Difensore
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26 giugno 1981 Napoli difensore 28 1,85 83
JESUS ALBERTO DATOLO Centrocampista
GERMAN GUSTAVO DENIS Attaccante
MORGAN DE SANCTIS Portiere
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19 maggio 1984 Spegazzini (Argentina) centrocampista 15 1,77 67
GIANLUCA GRAVA Difensore
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7 marzo 1977 Caserta difensore 2 1,72 68
10 settembre 1981 L.de Zamora (Argentina) attaccante 19 1,83 78
MAREK HAMSIK Centrocampista
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27 luglio 1987 Bystrica (Slovacchia) centrocampista 17 1,83 73
26 marzo 1977 Guardiagrele (Chieti) portiere 26 1,90 86
ERWIN HOFFER Attaccante
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14 aprile 1987 Baden (Austria) attaccante 9 1,76 72
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GENNARO IEZZO Portiere
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8 giugno 1973 Cast. di Stabia (Napoli) portiere 1 1,85 81
FABIO QUAGLIARELLA Attaccante
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31 gennaio 1983 Cast. di Stabia (Napoli) attaccante 27 1,80 79
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JOAO BATISTA INACIO PIÀ Attaccante
EZEQUIEL IVAN LAVEZZI Attaccante
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22 marzo 1982 Ibitinga (Brasile) attaccante 12 1,78 68
LEANDRO RINAUDO Difensore
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9 maggio 1983 Palermo difensore 77 1,91 78
3 maggio 1985 Villa Gobernador (Argentina) attaccante 7 1,73 75
ERMINIO RULLO Difensore
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19 febbraio 1984 Napoli difensore 33 1,79 78
CHRISTIAN MAGGIO Centrocampista
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11 febbraio 1982 Montecchio M. (VI) centrocampista 11 1,84 79
MICHELE PAZIENZA Centrocampista
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5 agosto 1982 San Severo (Foggia) centrocampista 5 1,78 75
FABIANO SANTACROCE Difensore
JUAN CAMILO ZUNIGA Difensore
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24 agosto 1986 Camagari (Brasile) difensore 13 1,81 72
14 dicembre 1985 Chigorodo (Colombia) difensore 16 1,72 72
Tutti i nuovi acquisti 2009/2010 • La campagna acquisti estiva del Napoli è trascorsa sotto il segno del rinnovamento e del rilancio un po’ in tutti i reparti. Il primo, autentico ‘colpo di mercato’ porta il nome di Fabio Quagliarella: il ventiseienne attaccante di Castellamare, recenti trascorsi tra Samp e Udinese, oltre che nella nazionale maggiore, viene acquistato lo scorso giugno dal club friulano per 16 milioni di euro e contratto quinquennale. Senso del gol, opportunismo e tecnica hanno già fatto di ‘Masaniello’ un idolo della tifoseria. In luglio arriva poi dall’Atalanta Luca Cigarini, 23 anni, versatile mediano e abile regista di centrocampo, per alcuni l’erede naturale di Pirlo. Il reparto difensivo registra un doppio, interessante innesto con l’acquisto dell’argentino (ma di passaporto italiano) Hugo Campagnaro e del colombiano Juan Camilo Zuniga, presi rispettivamente dalla
Sampdoria e dal Siena: 29 anni, esperienza e qualità indiscusse il primo, tre gol e cinquanta presenza in serie A tra Piacenza e Sampdoria; appena 23 anni il secondo, terzino destro ideale in una difesa a quattro, corridore di fascia, abile nel saltare l’uomo per poi ‘crossare’ dal fondo. A difendere la porta azzurra sbarca all’ombra del Vesuvio l’estremo difensore Morgan De Sanctis, 32 anni di cui almeno 15 trascorsi tra le file di club italiani (Pescara, Juventus e Udinese) e stranieri (Siviglia e Galatasaray). La ciliegina sulla torta del mercato partenopeo ha le sembianze del ventiduenne attaccante austriaco Erwin ‘Jimmy’ Hoffer, velocissimo e cinico sotto porta, fortissimo in progressione e letale in contropiede. Con lui davanti il Napoli ha tutte le carte in regola per fare spettacolo, divertire e conquistare punti utili 19
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I paragoni con Fabio, il fratello campione del mondo Nato a Napoli il 26 giugno del 1981, Paolo Cannavaro è un gioiello del vivaio partenopeo, nonché grande tifoso azzurro.
Curiosità su Paolo • Dal 18 giugno 2003 è sposato con Cristina Martino: la coppia ha due figli, Manuel (2002) e Adrian (2004). • Intorno al suo prestante fisico sono impressi ben sette tatuaggi: i nomi dei suoi due figli (entrambi sotto le braccia); quello della moglie (sotto la pancia); due soli (spalla destra e polpaccio sinistro);
la data di ritorno in serie A del suo Napoli (10/06/2007, sul bicipite destro); un falco sul retro della spalla destra). • È stato testimonial d'eccezione per la campagna di sensibilizzazione alla raccolta differenziata tenutasi a Napoli, con motto: "Un mondo pulito non ha prezzo. I tuoi rifiuti sì". • Sugli scarpini che usa in partita, così come in allenamento, sono stati iscritti i nomi dei figli. • È stato soprannominato ‘Dandy’, dal telecronista napoletano Raffaele Auriemma. • A marzo 2009 è stato “complice” dello scherzo a Lavezzi nell’ambito della trasmissione televisiva ‘Scherzi a Parte’.
Una maldicenza certamente da rivedere: Paolo Cannavaro non è arrivato a Napoli con l’agevolata patente di "fratello di", ma grazie all’intuito del DG azzurro Pierpaolo Marino che fu abile a riportare il difensore dal Parma al club partenopeo. In ogni caso il paragone con Fabio è un dilemma ricorrente e non da poco, così come lo sarebbe per tutti i calciatori figli o, come in questo caso, fratelli d’arte. Paragoni ancor più pesanti se pensiamo che Fabio Cannavaro è uno dei difensori centrali più forti al mondo, già vincitore di un Mondiale e di un Pallone d'Oro. La verità è che Paolo merita di essere paragonato solo a sé stesso: un giocatore valido, affidabile, degno di una piazza importante come quella di un Napoli che punta alla Coppa Uefa.
Nato a Napoli il 26 giugno del 1981, sima serie per tornare nella sua amata Napoli, per Paolo Cannavaro è un gioiello del vi- contribuire in modo sostanziale a riportare la squavaio partenopeo, nonché grande ti- dra azzurra nel calcio che conta. Paolo Cannavaro, foso azzurro. Viene ceduto al Parma un difensore di tecnica e classe, è chiamato a connel '99-'00, club all’interno del quale fermare la sua crescita personale guidando la difesa del Napoli nella stagione del ritorno in serie ha modo di raggiungere suo fratello maggiore Fabio, un giocatore A. Fa il suo esordio con la Nazionale Under idolo della tifoseria e già valido, affida- 21 nel febbraio 2002, nell’ambito di una capitano della nazionale bile, degno di partita amichevole contro gli Stati Uniti, una piazza banco di prova in vista del Campionato Euitaliana ai Mondiali 2006. importante ropeo disputatosi nella primavera di quello Dopo una stagione in precome quella stesso anno. Paolo disputerà tutte le partite stito al Verona in serie A nel 2001-02, Paolo cresce di un Napoli della fase finale del torneo, fino alla semitecnicamente sempre di che punta alla finale persa con la Repubblica Ceca per 3più, riuscendo a collezioCoppa Uefa. 2. Il difensore giocherà anche tutte le partite di qualificazione all’Europeo 2004, anche nare ben 116 presenze nella massima serie e proponendosi come uno dei se non la fase finale. Nell’ottobre 2007 riceve l’attesa prima convocazione nella Nazionale Maggiore, una giovani difensori più validi delle ultime stagioni. A venticinque anni compiuti, in scadenza di con- gara amichevole contro il Sud Africa che non vedrà tratto con il Parma, decide di rinunciare alla mas- comunque la sua discesa in campo.
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