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Resistenza, il tuo nome è donna, di Giuseppe Leone, pag

RESISTENZA, IL TUO NOME È DONNA

Il bel libro di Pati Luceri

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di Giuseppe Leone

CON una presentazione di Anna Caputo, presidente dell’Arci provinciale di Lecce, che dichiara subito la sua soddisfazione per il presente lavoro, perché “mette fine all’idea che le donne abbiano avuto un ruolo solo complementare nella Resistenza, che siano state risparmiate alle atrocità in quanto donne, che il loro lavoro sia stato tutt’altro che secondario” (5); e una prefazione, in cui l’autore invita le giovani generazioni … a ricercare, nelle sei province pugliesi i figli e le figlie, i nipoti e le nipoti, i parenti, delle settantamila donne che parteciparono alla Resistenza nel nostro Paese, per restituire un nome e un cognome a tutti i tasselli mancanti” (7), Pati Luceri, già scrittore di altri testi come Partigiani e antifascisti in terra d’Otranto (2012), I deportati salentini leccesi nei lager nazifascisti (2015) o, ancora, Partigiani e deportati deceduti di Bari e provincia (2019), ha pubblicato nel marzo 2021 Brillan nel cielo … Le donne della Resistenza, le decorate al valore, le partigiane pugliesi, edito dalle Grafiche Giorgiani di Castiglione (Lecce). Un volume, nel quale si propone di ricostruire quel bellissimo mosaico che prende il nome di Resistenza, che non sarebbe stata, come l’ha descritta finora la storiografia ufficiale, una guerra combattuta solo al maschile, con le donne sullo sfondo e in penombra, ma che è stata, a tutti gli effetti, una lotta di popolo e del popolo, per la prima volta in Italia, con la partecipazione di uomini e donne nello stesso tempo.

Lo fa, in otto capitoli di varia lunghezza, con tanto di note e bibliografia, attraverso i quali recupera i giorni della Resistenza, partendo dal territorio pugliese, per poi espandere la ricerca anche in altre regioni italiane e raccontare, in particolare: “L’attività antifascista prima dell’8 settembre; “Il 1943, un anno decisivo nella Storia italiana”; quindi, “Le efferatezze dei tedeschi, in Puglia, durante la ritirata, dal 9 settembre al 20 ottobre 1943. E poi, ancora, i nomi delle “134 … pugliesi, fra partigiane, patriote, staffette e benemerite”, “Invisibili, dimenticate, ignorate”; e la “scarsa considerazione se non addirittura, pettegolezzo, infamità, umiliazioni, emarginazione”. Infine le 119 partigiane decorate con la Medaglia d’oro al valore militare tra cui 15 alla memoria.

Il tutto attraverso centinaia di biografie, la maggior parte corredate di fotografie delle donne resistenti, di lapidi che ne testimoniano il sacrificio, di attestati di medaglie d’oro, d’argento e bronzo, al merito civile e al valor militare, per attività partigiana; di testate di giornali e riviste, “perché non si è ancora saputo, e diversi sono stati i motivi: - scrive l’autore - perché le partigiane non vollero che si sapesse; perché non seppero della domanda da inoltrare; perché ritenevano di aver compiuto

soltanto ciò che andava fatto e quanto bastava; perché pur avendo collaborato e rischiato più volte la vita, non avevano impugnato le armi” (7-8).

Chiudono il libro due interviste: la prima, a Rosi Romelli, partigiana già a tredici anni, assieme al padre, vice comandante della 54ª brigata “Garibaldi”, e alla madre, che condivideva con babbo Luigi gli stessi ideali di resistenza, che rievoca gli anni terribili della lotta partigiana, svoltasi in condizioni disagiate, con poco vestiario e poco cibo, e poche armi, ma tanta voglia di libertà (157-158); l’altra, a Maria D’Itria Licheri, oggi ex maestra in pensione, che, non ancora novenne il 26 settembre del ’44, aveva assistito al ferimento a morte della madre Maria Teresa Sparascio, staffetta partigiana, a Langhirano, dove viveva allora la sua famiglia e dove suo padre Efisio prestava servizio di carabiniere; e che così descrive quel tragico giorno: “un plotone di tedeschi, venuti (dalla vicina) Parma, in seguito ad informazioni sulleattività partigiane di papà, ma anche e soprattutto della mamma … si piazzò proprio di fronte alla nostra casa e puntarono la mitragliatrice verso i finestrini della soffitta dove abitavamo: videro la mamma che cercava di chiudere le imposte e subito spararono più e più volte colpendo lei ai polmoni e punteggiando la parete di fronte di decine di fori in cui le pallottole si disperdevano. Io mi trovavo dietro la mamma e solo per fortuna non venni colpita alla testa. Mi gettai su di lei, immersa in un lago di sangue che ancora ricordo rabbrividendo. Le mie sorelle erano riuscite a scappare in cantina, poi, su i tedeschi assassini per verificare se l’obiettivo fosse stato raggiunto. La mamma respirava ancora ma non vollero trasferirla all’ospedale. Io non volevo separarmi da lei, e alcune persone amiche, dopo la partenza dei tedeschi, mi staccarono a fatica dal corpo di mamma. Ero anch’io tutta insanguinata” (161-162).

Quello che colpisce, allora, sfogliando le 168 pagine di questo volume, impreziosito in prima di copertina da un’illustrazione della professoressa Francesca Leo, che dilata spazi e tempi della Resistenza, attraverso un medaglione in cui compaiono in senso orario dal basso verso l’alto i volti di Angela Davis, Rosi Romelli, Monica Erti, Ada Gobetti, Ebru Timtik, Carla Capponi, Leyla Rhaled; e in quarta, da alcuni aforismi sulla Resistenza a firma di Piero Calamandrei, è la passione umana e civile che spinge Pati Luceri a raccogliere materiali, aneddoti, storie da raccontare, documenti … per dare un senso alla micro-storia affinché ogni memoria sia traccia indelebile, testimone della Resistenza … e perché ognuno dei lettori e delle lettrici di quest’opera possa farsi un’idea di ciò ch’è successo e, con lo sguardo rivolto al passato, diventare ancora di più protagonista del futuro (7).

Un testo bello e interessante che Luceri ha voluto pubblicare in tempo per l’8 marzo scorso, per onorare la giornata internazionale della donna, con l’obiettivo di fornire un contributo alla conoscenza delle donne nella Resistenza, in particolare, di quelle settantamila partigiane italiane, fra centinaia di cittadine pugliesi, combattenti della Guerra di Spagna, partigiane, patriote, staffette e donne deportate decedute nel lager, persino suore, come suor Enrichetta Alfieri, suor Caterina Del Savio, suor Maria Luigia Pucheria, suor Cecilia Vannucchi, suor Jole Zini, che non si sono sottratte al sacrificio.

Ma non solo bello e interessante, Brillan nel cielo … è anche un libro utile e pedagogico, perché insegna a considerare la Resistenza nella sua effettiva, completa realizzazione, come un fatto che ha riguardato uomini e donne, e non l’epopea di soli uomini. Ed era ora, per esprimere, se non una polemica, almeno un forte risentimento nei confronti di questa smemorata e ancora incompiuta Repubblica come la nostra, se dopo 75 anni si contano 12 presidenti uomini e donne nessuna.

Dodici, quanti gli apostoli nei vangeli, le ore del giorno e della notte, i mesi dell’anno, le case dello zodiaco, le stelle nella bandiera dell’Unione Europea: un numero dalla beneaugurante simbologia per indicare la fine di un ciclo e l’inizio di una trasformazione?

Non occorre molto tempo per scoprirlo. Pochi mesi ancora e il Parlamento italiano sarà convocato per eleggere il nuovo capo dello Stato. Pati Luceri non lo dice espressamente, ma che attraverso il suo libro invochi, tra le righe, una donna al Quirinale, non è poi così difficile immaginarlo.

Giuseppe Leone

Pati Luceri: Brillan nel cielo …, Grafiche Giorgiani Castiglione Lecce, 2021, Pp. 168.

RITO FUNEBRE

Venivo qui, viandante senza progetto d’avventura, nei giorni gravi d’autunno, ad assaporare la quiete dei viottoli deserti, del bosco e degli ulivi spogli di drupe, immersi nella scarna luce d’albe umide di guazza e profumate di ciclamini. Natura abbandonata, con segni di malinconia tra rami perdenti foglie a soffi di venti boreali. Venivo a primavera quando il sole s’inarcava sulla collina e fiero volgeva a Mezzogiorno il sorriso. Torno ora, laico sacerdote, a celebrare il rito funebre di questa Amica bruciata viva, messa al rogo per l’esercizio di bontà, castità e amore che elargiva a suoi figli d’ogni specie, veste e colore. Inerte, su nero immenso catafalco, giace supina, arsa e inaridita, vittima incolpevole di biechi folli figli assassini. A te, Madre, questi versi a ricordo d’un dolore che ti colse e ti estinse a lampi di fiamme, che ancora avvampano nei cuori di quanti ti videro morire.

Antonio Crecchia

4 agosto 2021, Termoli, CB

Il 1° agosto, a Termoli e dintorni, abbiamo avuto una giornata d’inferno: 100 ettari di pineta distrutta a Campomarino, 500 ettari di terreno bruciato a Guglionesi, altri a San Giacomo, alle porte di Termoli, per un totale di quasi mille ettari di terreno divorati dalle fiamme, molti dei quali coltivati a ulivi.

Antonio Crecchia

LA MUSICA

Bastano i suoni della sua melodia a comunicare sentimenti e sensazioni e con il ritmo esprimere allegria o sofferenza, dolcezza o dolore.

La musica col ritmo e con la melodia comunica senza parlare, perché è la musica un discorso fatto senza parole.

23 giugno 2021

Mariagina Bonciani

Milano

LA SCALA DI JACOB

Siamo portati su una scala mobile, ne scorriamo i gradini stando fermi fino a che rientra l’ultimo scalino.

Ti lascio, figlio, una scala di legno; è una scala a pioli fatta a mano eretta in verticale verso il cielo: devi scalarla come un sesto grado.

Ogni gradiente ne genera un altro perché è una scala che non può finire

finché senti il bisogno di salire.

Corrado Calabrò

Da La scala di Jacob, Premio Città di Pomezia 2017, Ed. Il Croco/Pomezia-Notizie.

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