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ciale, di Tito Cauchi, pag. 32); Liliana Porro Andriuoli (Le parole a comprendere, di Do- menico Defelice, pag. 33); Lorenzo Spurio (Quando la parola trema di eternità, di Maria Benedetta Cerro, pag
by Domenico
Il libro è preceduto da una puntuale prefazione di Sandro Gros Pietro.
Liliana Porro Andriuoli
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MARIA BENEDETTA CERRO
QUANDO LA PAROLA TREMA DI ETERNITÀ
a cura di Bonifacio Vincenzi, Macabor Editore, Francavilla Marittima (CS), 2022.
“Abbiamo creduto di essere vivi / […] / Eppure vivemmo / ma inconsapevolmente” (poesia “Perfezione dell’incontro” in Lo sguardo inverso, 2018; 102)
Da qualche anno l’editore Bonifacio Vincenzi ha raccolto, in seno al marchio editoriale Macabor, una collana di pubblicazioni poetico-saggistiche dedicate ai “poeti del sud” e ai “poeti del centro Italia”1. Volumi di particolare pregio, ben strutturati nelle loro componenti che vedono, dopo una presentazione biografica dell’autore del quale ci si occupa, delle testimonianze critiche di scrittori, saggisti e giornalisti sull’opera del dato poeta e, a continuazione, una sostanziosa scelta di liriche da quasi tutte le pubblicazioni che costituiscono la produzione poetica dell’autore preso in esame. Tra di essi – ma invito ad approfondire la conoscenza mediante il sito della casa editrice – ricordo quelli dedicati al poeta in lingua e in dialetto Pietro Civitareale, al poeta partenopeo Antonio Spagnuolo nonché alla poetessa romana Anna Cascella Luciani. Nel volume dedicato alla poetessa laziale Maria Benedetta Cerro – sul quale mi accingo a dire qualcosa – ritroviamo Spagnuolo citato nella folta produzione critica sull’opera della Cerro. Su di lei, che esordì in poesia nell’ormai non così vicino 1982 – hanno scritto nel tempo alcune tra le penne più insigni della critica nostrana. Voci che hanno letto, apprezzato e fatto oggetto di analisi, studi e approfondimenti la sua pregevole produzione lirica. Tra loro – ma invito a ricercare e ad appropriarsi del libro per una conoscenza che non sia lacunosa come quella che, per motivi di spazio, sono obbligato a “rischiare” – cito Elena Clementelli, Daniele Giancane, Ubaldo Giacomucci, Dante Maffia, Giorgio Bàrberi Squarotti, Francesco De Napoli, Vito Riviello, Plinio Perilli, Giuliano Ladolfi, Amerigo Iannacone, Anna Maria Curci, Rosa Elisa Giangoia, Giuseppe Napolitano e, appunto, Antonio Spagnuolo. Nomi ai quali –con una rilassatezza che mi proviene da una convinzione piuttosto unanime – non c’è senz’altro da aggiungere altro.
Il volume dedicato alla Cerro2 – poetessa nata a Pontecorvo nel 1951 ma residente a Castrocielo, nel Frusinate, dal 1975 – porta quale titolo Quando la parola trema di eternità. Tema, questo dell’eternità, che, aggrovigliato a numerosi fili indistinti a quelli del tormento esistenziale, dell’assenza e del pensiero ricorrente della morte, fanno in qualche modo da padroni nel percorso creativo della Nostra. “Sarà di vuoto irreparabile / e fredda / l’eternità” ha scritto la Cerro in “Dimore delle altezze” (2) da “Le dimore sonore” in La congiura degli opposti (2012), p. 96 del testo.
Le testimonianze critiche che Vincenzi ha raccolto nel volume sulla Cerro sono state prodotte da Anna Maria Curci, Marta Celio, Francesco De Napoli, Marcello Carlino, Antonia Ventrone, Domenico Adriano, Tommaso Di Brango, Luca Lorenzini, Riccardo Scrivano e Alfonso Cardamone. A Castrocielo nel 1975 la Cerro vinse il concorso magistrale ed entrò ordinaria nell’attività di insegnamento che ha esercitato per un quarantennio. La poesia, presente sin da giovane tra i principali interessi e quale naturale vocazione, è stata una felice costante nel corso della sua vita. Con Ipotesi di vita nel 1982 vinse la pubblicazione al noto Premio “Carducci-Pietrasanta” e l’opera sarebbe stata pubblicata in volume solo qualche anno dopo, nel 1987, con la preziosa postfazione di Raffaele Pellecchia per i tipi di Lacaita Editore. Nel frattempo era uscita la plaquette Licenza di viaggio, nel 1984 con Edizioni Dioscuri di Sora.
Da quel momento in poi non mancarono nuovi lavori che citiamo a continuazione: Nel sigillo della parola (1991), Lettera a una pietra (1992, contenente scritti di, tra gli altri, Ferruccio Ulivi e Giorgio Bàrberi Squarotti), Il segno del gelo (1997), Allegorie d’inverno (2003, risultata nella terna dei finalisti al rinomato Premio “Frascati-Antonio Seccareccia”), Regalità della luce (2009) sino alle opere più recenti: La congiura degli opposti (2012, vincitrice del Premio “Città di Arce”), Lo sguardo inverso (2018) e La soglia e l’incontro
1 I volumi che Macabor ha dedicato ai poeti del centro Italia vedono monografie attorno ai poeti (nell’ordine) Rodolfo Di Biasio, Dario Bellezza, Mariella Bettarini, Franca Maria Catri, Margherita Guidacci e Maria Benedetta Cerro. 2 Per esattezza la prima parte del volume, quella monografica, dal momento che nella seconda parte c’è una sezione dedicata a poeti scomparsi e una terza che si occupa di vari autori contemporanei, secondo le linee organizzative della collana editoriale di Bonifacio Vincenzi.
(2018).
Da Ipotesi di vita cito dalla poesia “Penombra” dove, nell’incipit, si legge: “Tu non tornare. / Ha un assetto la vita anche dopo la morte. / Qualcuno manca ma ignare restano le cose / […] / Tu non infrangere / la forzata quiete che m’impongo” (81). Parole che evidenziano un ampio scavo nella materia e un lavorio di cesello negli illimitati spazi della coscienza personale. Il pensiero-tormento della morte, quale tema presente e non eludibile, si conserverà in modi e forme diverse nelle produzioni successive, unito spesso a quello dell’assenza e della difficoltà del ricordo.
La visione di minute e sparute luci nel denso oceano della notte della poesia “Lucciole” è foriera di versi di un miscuglio di passione e riflessione, di acuta osservazione e scandaglio nell’interiorità: “La notte è intenta a sospendere / nel buio piccole luci di passaggio / e tutta se ne allieta la via / in uno scialle avvolta di segreti. // […] / Potesse così frivolo il pensiero / farsi d’un tratto. // […] / Non vuole intendere / che non è spiacevole morire. / È come riposare da un gioco che non stanca” (da “Lucciole” in Lettera a una pietra, 1992; 85).
Particolarmente pregno di attenzione per lo scrivente è il nesso semantico dei concetti e parolechiave di “assenza”, “vuoto” e “nulla”, terminologie che troviamo con assidua frequenza nell’opera della Nostra e che testimoniano l’atteggiamento speculativo caratteristico di una poetica di alta levatura e che, seppur non abbraccia direttamente i moniti del mondo civile, rigetta il solipsismo per offrire tentativi di lettura del mondo e di forme sperimentali di sopravvivenza a dilemmi e angosce esistenziali.
L’isotopia della mancanza della Cerro ha a che vedere con una circumnavigazione dell’indicibile che non ha pretese di facili soluzioni (“E ripenso che ciò che esiste da sempre / di te è invece la tua assenza”, dalla poesia “Alba sull’Autosole” da Ipotesi di vita, 1987; 82) ed è vissuta non con la desolazione del rimpianto e l’accecata sofferenza della solitudine ma, al contrario, è metabolizzata da forme del ricordo e dall’esperienza indelebile e totalizzante del sentimento che c’è stato – e che, se c’è stato, c’è ancora – come nella poesia “Variazioni sull’assenza”: “Qui non fa male l’amore che manca” (in Allegorie d’inverno, 2003; 91).
L’assenza presuppone la consapevolezza dell’avvenuta realizzazione di uno stato di mancanza, per sottrazione, allontanamento o negazione. Si tratta di una sorta di atto epifanico nel quale l’io realizza la compiutezza di un cambiamento che s’è introdotto, pur senza volerlo. C’è, però, traccia dell’antecedente coniugato a un’età in cui l’assenza era impronunciabile, incredibile o ritenuta lontana e inconcepibile: “Poiché sono sola e l’assenza / lascia un buco a forma di vento” (poesia da “L’orologio di Dalì” in Allegorie d’inverno, 2003; 90). La Cerro ci parla di un qualcosa che manca e, pertanto, non dovrebbe essere connotato perché difficilmente configurabile eppure non ne definisce i tratti nelle immagini fosche del baratro, dell’ombra, della perdizione in una verticalità che sprofonda. “Il vuoto è dolce” annota in “La torre di Scardanelli” a cui fa seguire “Sa d’immenso” (in La congiura degli opposti, 2012; 98). Nel medesimo libro, la riflessione sull’assenza o l’impossibilità di dire è esperita dalla Nostra come possibilità e diversione, occasione e nuova forma creativa coniugata a un animo resiliente che potrà traghettarla verso una nuova significazione: “Il nulla è. / Ma tu puoi colmarlo / e l’incompiuto si fa spinoso dono” (poesia “Dimore delle altezze” (1) da “Le dimore sonore” in La congiura degli opposti, 2012; 96).
Lorenzo Spurio Jesi, 23/10/2022
A gennaio 2023 ritorna il CARTACEO.
RINNOVATE L’ABBONAMENTO!
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Ausländer
Santiago reißt die Augen und ein Lichtblitz steigt auf.
Aber ich bin woanders, wach, dort, bei den Funken des Herdes, eine Sirene, die mich im Dunkeln ruft.
Da ist, das schlaflose Herz, im klaren Eingeborenen, der wie ein Glühwürmchen auftaucht.
Endlich schlafe ich, segelnd mit dem Mond von Kalabrien.
Rocco Cambareri
Straniero (da Assonanze e dissonanze, Pellegrini ed., 2004). Pomezia-Notizie, novembre 2022; p. 4. Traduzione in tedesco di Marina Caracciolo
SOLO QUEL AFFIDARSI
Ripercorrere i sentieri nei quali trovarono ristoro, dove i boschi decaddero e l'anima ancora respira l'orma metafisica.
Risorge la traccia del tempo, e non è vano pensare, anime che seguono "perché" irrisolti, certezze vaghe, e il pensiero filosofico. che ci mantiene vitali, ci consola appena.
Il mondo s'annulla nella concretezza di una ricerca solitaria che si fa palese e ci appartiene.
Noi stringiamo tra le mani solo: quell' affidarsi.
Wilma Minotti Cerini
Pallanza, Verbania
LA LINEA DELLA VITA
Guardo la mano; cerco inutilmente di leggere la linea della vita. L’andamento ne seguo, le spezzate, sino all’ultimo tratto che s’arresta perduto e indecifrabile. Il segreto non rivela della sua oscura corsa. Resta l’ansia, l’attesa che mi morde nel fondo e quel reticolo di segni ov’è inciso il destino. E son frammenti di un viaggio lungo ormai, che mi conduce verso una meta sempre più vicina. Ogni segno è un evento e del cammino una tappa. Ritornano stagioni a evocare visioni che vaniscono nel firmamento acceso dell’esistere (dal suo cielo mi fissa la grand’Orsa) ed è portento, è luce essere stati. Vengono cari volti dagli andati anni per sussurrarmi dentro un vento di voci, strepitose profezie. Io le accolgo all’incrocio delle vie d’una vicenda che parve infinita. Parole misteriose, senza tempo, mi ripete la vita.
Elio Andriuoli
Napoli
LE NOSTRE PESCHE
Le nostre piccole pesche ferite dagli uccelli gialle come l’arsura, mai viaggeranno con ali di carta dorata.
A volte cadono a svuotarsi nell’afa, miniere di formiche in file nere. Ma se vincono la lotta col sole rubano la sua essenza, sono gocce dolcissime d’estate. E un poco, mia terra, ti somigliano, tenerezza guerriera.
Ada De Judicibus Lisena
Da: Omaggio a Molfetta, Edizioni Nuova Mezzina, 2017.
A VOLTE
A volte, mentre solo con me stesso l’ora attendo del sonno, mi si fanno incontro i vecchi amici di una volta, con i volti sereni e sorridenti. Quante storie mi narrano! Io le ascolto, il cuore gonfio d’allegrezza, attento a tutto ricordare: uomini, eventi, avventure. Trascorre lieve il tempo e la notte mi coglie col suo velo dolce e leggero che su me si china a far men triste il volgere degli anni. Quando alfine mi scuoto è giunta l’ora del sonno e della quiete. Le mie ossa raccolgo e cerco piano il mio riposo, forse più assorto per ciò che ho veduto.
Ma quello che più amavo è ancora là che mi lega con l’ultimo saluto.
Elio Andriuoli
Napoli
SERA IN MONTAGNA
Per tutto il giorno si sono rincorsi fiocchi di nuvole bianche, abbaglianti, in un profondo cielo inazzurrato, nell’aroma dei boschi verdi e gialli dell’Appennino ligure, culla di sogni e di memorie per la mia anima ormai autunnale che solo quassù trova conforto ai graffi della vita cittadina.
Verso sera, da una bianca cappelletta su una balza tintinna il campanino delle ore. I paesetti adagiati nelle valli si addormentano in pace, a poco a poco, lievemente, senza inutili rumori.
Luigi De Rosa
Da: Fuga del tempo, Genesi Editrice, 2013.
RINNOVATE L’ABBONAMENTO!
Pag. 46
EN BAS
En bas les pluies acides s’attaquent aux arbres roulent de Ponce à Pilate des pierres polies à San Pietro del Vaticano la Pietà n’est pas de marbre c’est une vraie femme et mère dont on a tué le fils qui le dit
Irène Clara
Francia
LA MANO DI DIO
La mano di Dio disegna percorsi per noi incomprensibili o solamente comprensibili se osservati nel tempo. Solo un giudizio dall’alto dei mesi o degli anni o delle ere ci mostra la vera ragione d’ogni cosa, solo un giudizio dall’alto può spiegare le ragioni che l’Altissimo conosceva quando mosse la Sua mano.
22 agosto 2022
Mariagina Bonciani
Milano
UN VOLUMETTO RICEVUTO OR ORA..... Versi endecasillabi sciolti intorno all'Opera
'ALLELUIA IN SALA D'ARMI –PARATA E RISPOSTA'
Un volumetto ricevuto or ora, Un vero spasso dall'ultima alla prima, In questa singolar tenzone stretta Fra parole ed immagini giocose, Pagina schietta, verbo che non mente, Là dove l'Amicizia fa cemento
E lega a sé pareri e discussioni. È tradizione italica far versi In rima sciolta, in armonia baciata E Dante insegna a trovarvi rifugio, Quando le avversità non son più blande. Il nostro Eroe, il Mimmo calabrese, che dalle nove Muse è coccolato E che Calliopé alquanto ispira, Ha trovato in Onàn giusto frangente, Ove porre gli accenti d'ironia, Onde serene ispirate alla Vita, Ma fuoco sacro contro ogni sopruso. Il viaggio di Rossano in Israele M'ha dato la misura del suo mondo, fatto d'Amor, di nostalgie mai stanche Di riproporsi in fremiti e desiri. Ora che ho visto il volto ed il sorriso, Lo posso immaginare innamorato Che implora distaccato nuove nozze A colei che non vuole cerimonie! 'Ma dove avran dormito...', mi domando, 'Lor due, l'Onàn e l'Emy sua diletta? Divisi? Separati da lenzuola? Nudi come gli Amanti del Canova, Ove la pelle sfida i rai del Sole? O forse sotto appositi indumenti A tener testa al tempo in divenire?' La mia immaginazione qui si blocca E lascio tutto interno a nebulosa, Ma mi sovviene tosto altro percorso, Che ha subìto scossone senza pari. Andavo a dire al nostro Eroe di penna, Dopo lo sforzo di un notturno invio Di materiale per la sua Rivista, Come qualmente lo pensavo stretto Nel talamo ed al fianco di sua Clelia, La cui dolcezza non sto qui a cantare. Mi arriva per e-mail rimbrotto amaro: 'Ma qual Morfeo? Ma quali dolci labbra, Le languide carezze a risanare I travagli del giorno ormai concluso? Io mi dibatto a chiudere i battenti, A far quadrar bilanci e riflessioni E scritti e poemetti e confessioni, Tutti che voglion vedere il loro nome stampato ad arte e poco o nulla dare? Quale attesa di caldo e amen ristoro? Ma no, non è così!', si sfoga il Mimmo E fa buon viso a sorte parentale Che lo vede dormire sul divano Con la piccola tana sottosopra, Libri stipati, spazio stretto ovunque! Allora gli rammento in gran segreto Che il poetar fa perder cognizione Del tempo, degli acciacchi, dei malori, T'immette a ben guardar in quei tremori Che d'Eros già segnalan la presenza Onde squassar la mente ed altri loci Preposti al godimento di Bellezza! Ma quando mai la carne è debolezza? Chi sostien ciò non sa che il predatore Scandaglia il campo, ha fame di gustare Quanto Natura gli regala innanzi E si prepara tosto a delibare I doni della vita e dell'altare. E nella mente Amor ha forza piena, Fa vivere gli spazi e le lor forme Compiutamente e senza falsi accenti Ove vital tensione ardente tende. Quanti gli endecasillabi fior fiore D'ispirazion che non ammette pari In questo volumetto in canto schietto! Perché l'Eroe, geloso di sue Muse, Segretamente le vuole compensare A modo suo, noi lo sappiam, è chiaro! Ecco qui esempi a miracol mostrare: “L'Italia e il mondo, immensa tartufaia, Di tuberosi e funghi-ipocrisia. Buoni i primi a condir molte vivande; Mèntori gli altri di bacchettoneria. E son questi, purtroppo, caro Onano, Ch'hanno coperto ormai monti e pantano....” Questo ed altro troviam specularmente: Mentre l'Onan in prosa mette in guardia Contro quel malcostume che dilaga, Don Mimmo in versi sciolti si protende A menare fendenti a destra e a manca! Ci sarebbe da dir molt'altro ancora, Ma adesso andiam, ho pronte le ginocchia A percorrer le strade della Vita, Munita come son di certi mezzi E l'Amicizia vostra ben m'aita! Di paterna saggezza ho qualche goccia, Nel mangiare risparmio fino all'osso Pur di partir per Verità cercare: Siatemi di sostegno voi Poeti,