Bollettino Diocesano Luglio-Settembre 2016

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO XCII - N. 3 - Luglio - Agosto - Settembre 2016 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.2170009 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


D OCUMENTI

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C HIESA USNIVERSALE OMMARIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Lettera apostolica in forma di motu proprio con cui si istituisce il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

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Lettera apostolica in forma di motu proprio con cui si istituisce il Dicastero per lo sviluppo umano integrale

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Discorso nella Giornata mondiale di preghiera per la pace (Assisi, 20 settembre 2016)

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DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica Linee orientative per la gestione dei beni negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica

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DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente Comunicato finale dei lavori della sessione autunnale (Roma, 26-28 settembre 2016)

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NOMINE

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO ASSEMBLEA DIOCESANA L’Assemblea diocesana e la Traccia pastorale per l’anno 2016-2017

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO CURIA METROPOLITANA Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

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Settore Presbiteri Settimana di formazione per i sacerdoti del decennio (20-24 giugno 2016)

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Settore Diaconato e ministeri istituiti Relazione sulle attività pastorali del 2015-2016

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Settore Vita consacrata A dieci anni dalla beatificazione di suor Elia di San Clemente

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Settore Laicato. Ufficio per la pastorale giovanile La Missione Giovani e la GMG

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Settore Laicato. Sezione Confraternite Il Giubileo delle Confraternite dell’Arcidiocesi (4 luglio 2016)

311

FONDAZIONE FRAMMENTI DI LUCE “Frammenti di luce”. Al servizio della Bellezza... con Arte

315

FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Relazione socio-pastorale 2015

321

CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO La Chiesa barese e la Prima Guerra Mondiale (Bari, 26 ottobre 2016)

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Luglio 2016 Agosto 2016 Settembre 2016

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MAGISTERO PONTIFICIO Lettera apostolica in forma di Motu Proprio

Istituzione del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

La Chiesa, madre premurosa, ha sempre, lungo i secoli, avuto cura e riguardo per i laici, la famiglia e la vita, manifestando l’amore del Salvatore misericordioso verso l’umanità. Noi stessi, avendo questo ben presente in ragione del Nostro ufficio di Pastore del gregge del Signore, ci adoperiamo prontamente a disporre ogni cosa perché le ricchezze di Cristo Gesù si riversino appropriatamente e con profusione tra i fedeli. A tal fine, provvediamo sollecitamente a che i Dicasteri della Curia Romana siano conformati alle situazioni del nostro tempo e si adattino alle necessità della Chiesa universale. In particolare, il Nostro pensiero si rivolge ai laici, alla famiglia e alla vita, a cui desideriamo offrire sostegno e aiuto, perché siano testimonianza attiva del Vangelo nel nostro tempo e espressione della bontà del Redentore. Pertanto, dopo avere accuratamente valutato ogni cosa, con la Nostra autorità apostolica istituiamo il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che sarà disciplinato da speciali Statuti. Competenze e funzioni finora appartenuti al Pontificio Consiglio per i Laici e al Pontificio Consiglio per la Famiglia, saranno trasferiti a questo Dicastero dal prossimo 1° settembre, con definitiva cessazione dei suddetti Pontifici Consigli.

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Quanto stabilito desideriamo che abbia valore ora e in futuro, nonostante qualsiasi cosa contraria. In Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, 15 agosto 2016, nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, Giubileo della Misericordia, anno IV del nostro Pontificato Francesco

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MAGISTERO PONTIFICIO Lettera apostolica in forma di Motu Proprio

Istituzione del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

In tutto il suo essere e il suo agire, la Chiesa è chiamata a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo alla luce del Vangelo. Tale sviluppo si attua mediante la cura per i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato. Il Successore dell’apostolo Pietro, nella sua opera in favore dell’affermazione di tali valori, adatta continuamente gli organismi che collaborano con lui, affinché possano meglio venire incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che essi sono chiamati a servire. Pertanto, allo scopo di attuare la sollecitudine della Santa Sede nei suddetti ambiti, come pure in quelli che riguardano la salute e le opere di carità, istituisco il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Tale Dicastero sarà particolarmente competente nelle questioni che riguardano le migrazioni, i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura. Nel nuovo Dicastero, retto dallo Statuto che in data odierna approvo ad experimentum, confluiranno, dal 1° gennaio 2017, le competenze degli attuali seguenti Pontifici Consigli: il Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace, il Pontificio Consiglio “Cor Unum”, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ed il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori

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Sanitari. In quella data questi quattro Dicasteri cesseranno dalle loro funzioni e verranno soppressi, rimanendo abrogati gli articoli 142-153 della Costituzione apostolica Pastor Bonus. Quanto deliberato con questa Lettera apostolica in forma di “motu proprio”, ordino che abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su “L’Osservatore Romano”, quindi pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis, entrando in vigore il 1° gennaio 2017. Dato a Roma, presso San Pietro, il 17 agosto 2016, Giubileo della Misericordia, anno IV del nostro Pontificato Francesco

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso nella Giornata mondiale di preghiera per la pace (Assisi, 20 settembre 2016)

Vostre Santità, illustri rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle Religioni, cari fratelli e sorelle! Vi saluto con grande rispetto e affetto e vi ringrazio per la vostra presenza. Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio, la Diocesi di Assisi e le Famiglie Francescane che hanno preparato questa giornata di preghiera. Siamo venuti ad Assisi come pellegrini in cerca di pace. Portiamo in noi e mettiamo davanti a Dio le attese e le angosce di tanti popoli e persone. Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto. «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Molti di voi hanno percorso un lungo cammino per raggiungere questo luogo benedetto. Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace: non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell’animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede, esortandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza. È un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro

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stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza. Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell’oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c’è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita. Noi non abbiamo armi. Crediamo però nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si è fatta invocazione a Dio, perché cessino guerre, terrorismo e violenze. La pace che da Assisi invochiamo non è una semplice protesta contro la guerra, nemmeno «è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera» (Giovanni Paolo II, Discorso, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX, 2 [1986], 1252). Cerchiamo in Dio, sorgente della comunione, l’acqua limpida della pace, di cui l’umanità è assetata: essa non può scaturire dai deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi. Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza non è motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri. San Giovanni Paolo II in questo stesso luogo disse: «Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace» (Id., Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1268). Continuando il cammino iniziato trent’anni fa ad Assisi, dove è viva la memoria di quell’uo-


MAGISTERO PONTIFICIO mo di Dio e di pace che fu san Francesco, «ancora una volta noi, insieme qui riuniti, affermiamo che chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l’ispirazione più autentica e profonda» (Id., Discorso ai rappresentanti delle religioni, Assisi, 24 gennaio 2002: Insegnamenti XXV,1 [2002], 104), che ogni forma di violenza non rappresenta «la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione» (Benedetto XVI, Intervento alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, Assisi, 27 ottobre 2011: Insegnamenti VII, 2 [2011], 512). Non ci stanchiamo di ripetere che mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra! Oggi abbiamo implorato il santo dono della pace. Abbiamo pregato perché le coscienze si mobilitino a difendere la sacralità della vita umana, a promuovere la pace tra i popoli e a custodire il creato, nostra casa comune. La preghiera e la collaborazione concreta aiutano a non rimanere imprigionati nelle logiche del conflitto e a rifiutare gli atteggiamenti ribelli di chi sa soltanto protestare e arrabbiarsi. La preghiera e la volontà di collaborare impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficoltà e si volta dall’altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l’approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno. La nostra strada è quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre; di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; di percorrere con coerenza vie di bene, respingendo le scorciatoie del male; di intraprendere pazientemente, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà, processi di pace. Pace, un filo di speranza che collega la terra al cielo, una parola tanto semplice e difficile al tempo stesso. Pace vuol dire perdono che, frutto della conversione e della preghiera, nasce dal di dentro e, in nome di Dio, rende possibile sanare le ferite del passato. Pace significa accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto.

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Pace vuol dire collaborazione, scambio vivo e concreto con l’altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore. Pace significa educazione: una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignità dell’uomo. Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio. I credenti siano artigiani di pace nell’invocazione a Dio e nell’azione per l’uomo! E noi, come capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace. Ci rivolgiamo anche a chi ha la responsabilità più alta nel servizio dei popoli, ai leader delle nazioni, perché non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento: non rimangano inascoltati l’appello di Dio alle coscienze, il grido di pace dei poveri e le buone attese delle giovani generazioni. Qui, trent’anni fa san Giovanni Paolo II disse: «La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale» (Discorso, Piazza inferiore della Basilica di San Francesco, 27 ottobre 1986: l.c., 1269). Sorelle e fratelli, assumiamo questa responsabilità, riaffermiamo oggi il nostro sì ad essere, insieme, costruttori della pace che Dio vuole e di cui l’umanità è assetata. 222


D OCUMENTI

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DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica

Linee orientative per la gestione dei beni negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più (Lc 12, 48) Carissimi fratelli e sorelle, il campo dell’economia è strumento dell’azione missionaria della Chiesa. A conclusione del Simposio celebrato nel mese di marzo del corrente anno sul tema “La gestione dei beni ecclesiastici degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica a servizio dell’humanum e della missione nella Chiesa”, al quale ha partecipato un notevole numero di Superiori generali ed Economi di molti Istituti, in attesa di regolare con un’apposita Istruzione la materia in questione, questo Dicastero con la presente lettera si rivolge in particolare ai responsabili ai vari livelli, per indicare gli elementi fondamentali sulla gestione dei beni e offrire suggerimenti utili alla riorganizzazione delle opere. Il Simposio ha ribadito che i beni degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica sono «beni ecclesiastici». Infatti detti

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Istituti e Società sono «persone giuridiche pubbliche»1, costituite dalla competente autorità perché «entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della Chiesa compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro affidato in vista del bene pubblico»2. Per tale ragione, la necessità dei beni economici non deve eccedere mai «il concetto dei “fini” a cui essi devono servire e di cui deve sentire il freno del limite, la generosità dell’impiego, la spiritualità del significato»3. Oltre alla comprensione del significato e delle finalità dei beni ecclesiastici, il Simposio ha offerto, con relazioni, riflessioni ed incontri, validi esempi di gestione ed amministrazione dei beni ecclesiastici, indicando nella loro gestione trasparente e professionale un mezzo utile alla missione dei singoli Istituti. Dalle riflessioni è emersa innanzitutto la memoria di scelte innovative e profetiche che, operate dai consacrati lungo i secoli nel campo dell’economia, sono state messe a servizio dell’intera società. Tali scelte sono quanto mai urgenti nell’attuale contesto socio-economico, in cui è fondamentale la testimonianza profetica dei consacrati. La dimensione economica è intimamente connessa con la persona e la missione. Attraverso l’economia passano scelte molto importanti per la vita, nelle quali deve trasparire la testimonianza evangelica, attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle. L’attenzione alla dimensione evangelica dell’economia non deve, pertanto, essere trascurata nella dinamica formativa, in modo particolare nella preparazione di coloro che avranno responsabilità di governo e che dovranno gestire le strutture economiche in ordine ai principi di gratuità, fraternità e giustizia, ponendo le basi di un’economia evangelica di condivisione e di comunione4. Il carisma fondazionale è inscritto a pieno titolo nella «logica del dono» che «non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno»: nell’essere dono, come consacrati, diamo il nostro vero contributo allo sviluppo economico, sociale e politico che, «se vuole essere autenticamente umano», deve «fare spa1

Codice di Diritto Canonico, can. 1257 § 1. Codice di Diritto Canonico, can. 116 § 1. 3 PAOLO VI, Udienza generale, 24 giugno 1970. 4 Cfr At 4, 32-35. 2


DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE zio al principio di gratuità come espressione di fraternità»5. «Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza»6. Le presenti linee orientative ed i principi per la gestione dei beni si offrono come un aiuto perché gli Istituti rispondano con rinnovata audacia e profezia alle sfide del nostro tempo, per continuare ad essere segno profetico dell’amore di Dio. Questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica invita a farle conoscere ai membri dell’Istituto, particolarmente ai Superiori e agli Economi, e a inviare, entro il 31 gennaio 2015, con una lettera indirizzata a Sua Eccellenza Monsignor José Rodríguez Carballo, O.F.M., Arcivescovo Segretario, pareri e suggerimenti per migliorare e porre sempre più a frutto le risorse che la Provvidenza ha messo a disposizione della Chiesa affinché svolga con maggiore efficacia la propria missione di servire Cristo e i poveri, secondo i diversi carismi.

1. Gestione dei beni In questa prima sezione vengono esaminati alcuni elementi e procedure che favoriscono una corretta e sana gestione dei beni negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica. 1.1. Carisma, missione, opere e progettualità La «fedeltà al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio spirituale di ciascun Istituto»7 è, insieme alle esigenze evangeliche, il primo criterio di valutazione delle decisioni e degli interventi che si compiono, a qualsiasi livello, in quanto «la natura del carisma dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l’unica missione»8. 5

BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate (29 giugno 2009), 34. Ibidem. 7 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Vita consecrata (25 marzo 1996), 36. 8 Ivi, 45. 6

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Si rende necessario, pertanto, intraprendere una rilettura della missione in funzione del carisma, verificando se l’identità carismatica delle istanze fondanti emerge nelle caratteristiche delle risposte operative. Le opere mutano secondo i bisogni del tempo e assumono declinazioni diverse a seconda del contesto sociale e culturale. Può accadere, infatti, di gestire opere non più in linea con l’espressione attuale della missione, e immobili non più funzionali alle opere che esprimono il carisma. È necessario, quindi, che ogni Istituto di vita consacrata e Società di vita apostolica: – definisca quali opere e attività proseguire, quali eliminare o modificare e su quali nuove frontiere iniziare percorsi di sviluppo e di testimonianza della missione rispondenti ai bisogni di oggi, in piena fedeltà al proprio carisma; – attui procedure che permettano una buona pianificazione delle risorse, prevedendo l’utilizzo di budget e di bilanci preventivi, la realizzazione e la verifica degli scostamenti, il controllo di gestione, la lettura oculata dei bilanci, le verifiche e la rimodulazione dei passi da fare; tali procedure sono indispensabili sia per l’apertura di nuove opere sia per compiere scelte oculate anche in fase di dismissione o alienazione di immobili; – elabori piani pluriennali e proiezioni, in modo da prevenire, per quanto possibile, l’insorgere di problemi o da affrontarli quando essi sono ancora gestibili; – utilizzi il bilancio preventivo non solo per le opere, ma anche nelle comunità, come strumento di formazione alla dimensione economica, per la crescita di una consapevolezza comune in questo ambito, e di verifica del reale grado di povertà personale e comunitaria; – avvii appropriati sistemi di monitoraggio per le opere in perdita, metta in atto piani di rientro dal deficit e superi la mentalità assistenzialistica: coprire le perdite di un’opera senza risolvere i problemi gestionali significa dissipare risorse che potrebbero essere utilizzate in altre opere; – ponga attenzione alla sostenibilità (spirituale, relazionale ed economica) delle opere e, ove questa non fosse assicurata, riveda le opere stesse; – costruisca, se necessario, nuove strutture, che siano agili e facili da gestire, meno onerose nel tempo e, in momenti di difficoltà


DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE vocazionale, facilmente cedibili o parzialmente utilizzabili senza alti costi di gestione. 1.2. Trasparenza e vigilanza: garanzia di correttezza La testimonianza evangelica esige che le opere siano gestite in piena trasparenza, nel rispetto delle leggi canoniche e civili, e poste a servizio delle tante forme di povertà. La trasparenza è fondamentale per l’efficienza e l’efficacia della missione. La vigilanza e i controlli non vanno intesi come limitazione dell’autonomia degli enti o segno di mancanza di fiducia, ma come espressione di un servizio alla comunione e alla trasparenza, anche a tutela di chi svolge compiti delicati di amministrazione. La prassi di vigilanza – secondo le modalità determinate dal diritto universale e proprio – non solo risponde al dovere di controllo proprio dei Superiori, ma costituisce un elemento imprescindibile per la natura dei beni ecclesiastici e del loro carattere pubblico, quali mezzi a servizio delle finalità proprie della Chiesa9. Per raggiungere tale obiettivo i Superiori Maggiori, insieme ai loro Consigli: – elaborino sistemi di controllo interni appropriati alle dimensioni delle opere, basati su un’adeguata separazione dei compiti e su un chiaro sistema di autorizzazioni; – si assicurino che la missione, svolta attraverso i beni, si compia nel rispetto dei principi evangelici e al tempo stesso con obiettivi di economicità; – abbiano un quadro chiaro di come vengono gestite tutte le opere all’interno di ogni Provincia, sia quelle di proprietà dell’Istituto, sia quelle promosse o di emanazione dell’Istituto (esempio associazioni); – approvino i piani di investimento e i budget all’inizio dell’anno; esigano un’adeguata documentazione e registrazione delle diverse operazioni. 9

Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 1254.

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Gli Economi/e: – presentino una rendicontazione periodica ai Superiori Maggiori e ai loro Consigli sull’andamento amministrativo, gestionale e finanziario dell’Istituto o della Provincia o della singola opera; – documentino le transazioni e i contratti in maniera conforme ai requisiti legali della legislazione civile dei rispettivi luoghi; – utilizzino moderni sistemi di archiviazione e conservazione informatica dei dati. 1.3. La rendicontazione e i bilanci

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Papa Francesco nel messaggio ai partecipanti al Simposio ha invitato a coniugare «la prioritaria dimensione carismatico-spirituale alla dimensione economica e all’efficienza, che ha un suo proprio humus nella tradizione amministrativa degli Istituti che non tollera sprechi ed è attenta al buon utilizzo delle risorse»10. In questa direzione sono di fondamentale importanza gli strumenti relativi alla rendicontazione dei bilanci. In particolare è auspicabile che si consolidi la prassi di distinguere i bilanci delle opere da quelli delle comunità. La definizione di regole contabili e di schemi di bilancio comuni a tutte le realtà dell’Istituto (circoscrizioni intermedie, comunità, opere, servizi) costituisce un passaggio obbligato per uniformare, a livello nazionale e internazionale, il processo di formazione dei bilanci stessi. A questo proposito gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: – redigano bilanci secondo schemi internazionali uniformi, in troducendo regole contabili, modelli di rendicontazione e criteri di valutazione delle poste di bilancio comuni a livello nazionale e internazionale; – introducano per le opere la certificazione dei bilanci e i cosiddetti audit, garanzia di correttezza economico amministrativa da parte degli Istituti; – chiedano il supporto a esperti qualificati orientati al servizio della Chiesa e a docenti del settore sia presso Università cattoliche sia 10

Francesco, Messaggio ai partecipanti al Simposio internazionale sul tema La gestione dei beni ecclesiali degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica a servizio dell’humanum e della missione nella Chiesa, 8 marzo 2014.


DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE altri Atenei. Trasparenza e affidabilità delle rendicontazioni patrimoniali e gestionali possono, infatti, essere meglio conseguite con l’ausilio di esperti per garantire l’adozione di procedure idonee, tenendo conto della dimensione dell’Istituto e delle sue opere. Si fa presente che questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica in assenza di bilanci certificati potrebbe non concedere le autorizzazioni a procedure di finanziamento. 1.4. Gestione dei beni e patrimonio stabile Come è noto, l’insieme dei beni immobili e mobili, dei diritti e dei rapporti attivi e passivi della persona giuridica, unitariamente considerato, ne costituisce il patrimonio. Tale patrimonio, che consente la vita dell’ente, non può essere messo a rischio. In questa prospettiva risulta urgente riconsiderare e approfondire – nei rispettivi contesti ecclesiali e legislativi – la normativa canonica del cosiddetto “patrimonio stabile”. Il Codice di Diritto Canonico non lo definisce espressamente. Presuppone la nozione del concetto classico, elaborato dalla dottrina canonistica, di «beni legittimamente assegnati»11 alla persona giuridica come dote permanente – siano essi beni strumentali o redditizi – per agevolare il conseguimento dei fini istituzionali e garantire l’autosufficienza economica. In genere si considera patrimonio stabile: i beni facenti parte della dote fondazionale dell’ente; quelli pervenuti all’ente stesso, se l’autore della liberalità ha così stabilito; quelli destinati dall’organo di amministrazione dell’ente. Affinché un bene possa far parte del patrimonio stabile di una persona giuridica è necessaria una «legittima assegnazione»12. Questo Dicastero, pertanto, chiede che: – ogni Istituto di vita consacrata e Società di vita apostolica, dopo attenta valutazione del quadro complessivo e delle rispettive opere, disponga, nelle modalità più pertinenti, anche nei risvolti di legisla11 12

Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 1291. Cfr ibidem.

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zione civile, circa l’elenco dei beni costituenti il patrimonio stabile; – il Superiore Maggiore con il suo Consiglio o un organismo dotato di potestà collegiale (Capitolo generale, provinciale o assemblee analoghe) – determinato dal diritto proprio – mediante apposita delibera stabilisca la legittima assegnazione. L’obbligatorietà dell’introduzione del concetto di patrimonio stabile deve risultare nelle Costituzioni o almeno in un altro testo del diritto proprio dell’Istituto. La suddetta normativa non soltanto costituisce un’opportunità determinata dalla legislazione canonica, ma anche, in alcuni casi, si presenta come soluzione non dilazionabile per salvaguardare la continuità dell’Istituto come persona giuridica pubblica.

2. Collaborazione con la Chiesa locale, con gli altri Istituti e con i consulenti 2.1. Relazione con l’Ordinario del luogo e la Chiesa locale La missione della vita consacrata è universale e quella di molti Istituti abbraccia tutto il il mondo, tuttavia essa è anche incarnata in specifiche realtà locali. Gli Istituti, nelle loro diverse articolazioni, sono in costante relazione con la Chiesa universale e con la Chiesa locale. – Il dialogo con l’Ordinario del luogo è importante nel caso in cui gli Istituti abbiano intenzione di chiudere case o opere13 o di alienare immobili. – Prima di prendere decisioni relative ad un territorio, è bene che i Superiori Maggiori condividano le loro intenzioni con gli altri Istituti presenti su quel territorio, in modo da non lasciare una città o una diocesi sprovviste di presenze religiose. 230

2.2. Relazioni con collaboratori e consulenti Considerata la complessità delle questioni economiche e finanziarie nella gestione dei beni e delle opere, oggi è quasi impossibile prescindere dalla collaborazione con tecnici, laici o membri di altri Istituti. Occorre tuttavia evitare due estremi: da una parte di non servirsi di consulenti per non spendere denaro, rischiando di incorrere in pro13

Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 616 § 1.


DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE blemi legali, economici, fiscali; dall’altra di sperperare il denaro dell’Istituto nelle consulenze, talvolta intraprese senza discernimento, che non sempre si rivelano efficaci. È bene, però, ricordare che la responsabilità ultima delle decisioni in campo amministrativo, economico, gestionale e finanziario è sempre dell’Istituto e non può essere lasciata a laici o a membri di altri Istituti; i consulenti possono essere di aiuto, ma non possono sostituirsi ai responsabili dell’Istituto. A tale riguardo: – è necessario avvalersi di collaboratori laici nelle aree in cui l’Istituto non è dotato di professionalità specifiche o di competenze tecniche tra i propri membri; – le relazioni con i professionisti siano regolate attraverso contratti chiari e a termine, relativamente ai servizi che vengono forniti; – per l’Istituto possono essere di grande aiuto commissioni di studio che includono membri di altri Istituti o laici, con un regolamento formale che indichi gli scopi e la durata del servizio dei componenti. 2.3. Relazione e collaborazione con altri Istituti La collaborazione inter-Istituti – già oggetto di una specifica Istruzione di questa Congregazione sulla formazione14 – conosce esperienze di grande rilievo nell’interazione pastorale e caritativa delle Chiese particolari; si tratta ora di rafforzarla in una più convinta strategia ecclesiale. La condivisione di risorse, progetti, attività non è immediatamente intesa per salvaguardare la continuità di opere, ma per promuoverne la significatività carismatica, cioè ecclesiale. La collaborazione con altri Istituti religiosi (in termini di condivisione delle buone prassi, lavoro insieme su progetti comuni, avvio di modi nuovi per servire la Chiesa) è praticata come una via per rafforzare l’amministrazione e la gestione delle risorse e l’efficacia della missione di ogni Istituto. 14

Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione La collaborazione inter-istituti per la formazione (8 dicembre 1988).

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Un grande contributo per la crescita della comunione tra gli Istituti è offerto dalle Conferenze dei Superiori Maggiori. Queste, oltre a favorire la collaborazione e il dialogo, possono assicurare, specie per quanto riguarda la normativa civile, un valido aiuto e fornire utili indicazioni.

3. Formazione

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La formazione alla dimensione economica in linea col proprio carisma è fondamentale affinché le scelte nella missione possano essere innovative e profetiche. In quasi tutti gli Istituti gli aspetti economici sono affidati ad una persona, la figura dell’Economo/a, a cui si attribuisce un compito tecnico: questo ha generato disinteresse nei confronti dell’economia all’interno delle comunità, favorendo una perdita di contatto con il costo della vita e le fatiche gestionali e provocando, nella realtà che ci circonda, una dicotomia tra economia e missione. La formazione per gli Economi, inoltre, non sempre è adeguata alle nuove istanze e al cambiamento di ruolo dell’Economo nel passaggio da un’ottica di rendicontazione contabile a un’ottica gestionale. Pertanto: – i Superiori Maggiori siano consapevoli che non tutte le tecniche di gestione corrispondono a principi evangelici e sono in accordo con l’insegnamento sociale della Chiesa; – la formazione iniziale preveda percorsi di educazione alla dimensione economica e gestionale, ai costi della vita e della missione, come pure di responsabilizzazione nel vivere il voto di povertà nell’attuale contesto socio-economico; – la formazione degli Economi sensibilizzi i fratelli e le sorelle ai principi evangelici che muovono l’azione economica e fornisca loro competenze tecniche per poter svolgere il servizio di economato nella linea della gestione; – tutti i membri dell’Istituto siano consapevoli dell’importanza di abituarsi a lavorare con budget e preventivi, nella consapevolezza che questi riflettono i valori e lo spirito dell’Istituto, e li assumano come via pratica di formazione alla dimensione economica della missione e delle opere;


DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE – gli Economi siano aiutati e accompagnati a vivere il loro ruolo come servizio e non come dominio, ad essere generosi e prevenienti nel garantire la disponibilità dei beni per l’apostolato e la missione; – i laici che collaborano con l’Istituto (sia consulenti sia dipendenti) siano consapevoli di operare in un Istituto dotato di un carisma proprio e che, nello spirito di povertà, l’uso dei beni è finalizzato allo sviluppo della missione. Queste linee orientative, cari fratelli e care sorelle, hanno l’unico scopo di agevolare il vostro imprescindibile ruolo di responsabili delle varie Famiglie religiose. Il nostro Dicastero, in piena fedeltà alle direttive e agli orientamenti del Santo Padre, è ben lieto di offrire tale servizio, nella certezza che, vivendo evangelicamente la dimensione economica, gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica potranno ritrovare nuovo slancio apostolico per continuare la propria missione nel mondo. Sentiamo rivolto a noi personalmente il mandato implicito nelle parole del Santo Padre: «La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare»15; le nostre comunità riceveranno così «i più bei regali del Signore»16. Assicurando a tutti il nostro ricordo nel Signore, vi salutiamo con sincero affetto. Città del Vaticano, 2 agosto 2014 Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola João Braz card. de Aviz, Prefetto José Rodríguez Carballo, O.F.M., Arcivescovo Segretario 15 16

Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 273. Ivi, 272.

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sessione autunnale (Roma, 26-28 settembre 2016)

La via della progettualità con cui accostare il mondo del lavoro. La via del rinnovamento per avviare processi di formazione del clero a partire da alcune proposte qualificate. La via della collaborazione, passo concreto per accostare il tema del riordino delle diocesi. La via della riforma per attuare la volontà del Santo Padre nei Tribunali ecclesiastici italiani in materia matrimoniale. Lungo queste ‘strade’ si è snodata la sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente, riunito a Roma da lunedì 26 a mercoledì 28 settembre, sotto la guida del card. Angelo Bagnasco. Nel rinnovare sentimenti di fraterna solidarietà ai Pastori e alle popolazioni colpite dal terremoto, la prolusione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha evidenziato l’importanza di porre attenzione e cura ai piccoli centri: sono luoghi di fede e di umanità, espressione di una precisa visione della vita e di una cultura impregnata di umanesimo cristiano, la stessa che è a fondamento della Casa europea. Riprendendo l’analisi del card. Bagnasco sulla situazione del Paese, i vescovi si sono confrontati, innanzitutto, sulle dinamiche che interessano il mondo del lavoro, dando voce alle tante persone che faticano a causa della mancanza di un’occupazione o della sua precarietà. Con sguardo ad un tempo preoccupato e propositivo hanno, quindi, messo a fuoco il tema della prossima Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26–29 ottobre 2017), la metodologia e la finalità che devono animarla, nonché l’itinerario di preparazione a tale appuntamento.

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Nell’affrontare il tema del rinnovamento del clero, il Consiglio Permanente ha condiviso la proposta di un Sussidio, che disegni i diversi tasselli della formazione permanente a partire dalla valorizzazione delle indicazioni, iniziative e buone prassi emerse nel corso del lavoro degli ultimi due anni. Per attuare la riforma del processo matrimoniale introdotta da Papa Francesco, i vescovi hanno discusso e integrato una prima proposta di aggiornamento delle Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei tribunali ecclesiastici in Italia. I vescovi hanno accolto la richiesta di unificazione dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e del Servizio nazionale per l’edilizia di culto e dei rispettivi Comitati. Hanno, inoltre, preso in esame gli statuti di alcune Associazioni e Movimenti. Distinte comunicazioni hanno riguardato le risposte delle Conferenze Episcopali Regionali in merito al progetto di riordino delle diocesi; i primi riscontri – sempre dalle Conferenze Regionali – circa la proposta di accorpamento degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero; una proposta di revisione delle voci dei rendiconti diocesani; alcuni aggiornamenti giuridici e legislativi su temi sociali ed etici. Il Consiglio Permanente ha approvato il Messaggio per la Giornata nazionale per la vita e ha provveduto ad alcune nomine.

1. Lavoro, la via della progettualità

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La scelta del tema della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26–29 ottobre 2017) si è rivelata per i membri del Consiglio Permanente l’occasione per un partecipato confronto in merito alla situazione del Paese. Già la prolusione del card. Bagnasco, nel «dare voce a chi non ha voce o ne ha troppo poca», ne aveva tratteggiato il volto: la fatica di tanti a mantenere la propria famiglia, l’aumento della distanza fra ricchi e poveri, l’impoverimento del ceto medio, il disagio – se non la disperazione – legato alla disoccupazione e, più in generale, all’incertezza, la sfiducia e la rassegnazione di molti giovani rispetto a un futuro dal quale si sentono esclusi, mentre per vivere sono costretti a rimanere aggrappati a genitori e nonni. Su questo sfondo, i vescovi hanno sottolineato l’importanza di maturare una piena consapevolezza dei cambiamenti radicali che attraversano il mondo del lavoro: conoscerne le dinamiche appare


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA decisivo per evitare il rischio di fermarsi ad analisi datate o, al più, alla drammatica realtà di quanti ne pagano le conseguenze. Nell’esperienza dei Pastori, la Chiesa – impegnata a ridurre una certa lontananza dal mondo del lavoro – sul territorio rimane un interlocutore credibile nella sua capacità di attivare una rete solidale tra i diversi soggetti. Anche nelle realtà più piccole, infatti, essa costituisce un riferimento a tutela e promozione di tutti. Carichi di tale responsabilità, i membri del Consiglio Permanente hanno rimarcato come la prossima Settimana sociale non possa né pensarsi né rivolversi secondo le logiche della convegnistica, ma debba puntare ad essere un’esperienza ecclesiale che apre alla progettualità: dalla denuncia di ciò che non va nel mercato della domanda e dell’offerta – e che dice la necessità di un’etica dell’impresa – al racconto dell’esperienza e del senso del lavoro; dal rilancio di pratiche rivelatesi feconde all’individuazione di proposte per la creazione di lavoro nel Paese. In questa luce si colgono anche le ragioni che hanno portato a individuare il tema di fondo dell’appuntamento di Cagliari: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Il cammino di preparazione – curato dal Comitato organizzatore – vede, in particolare, la partecipazione al Festival della dottrina sociale a Verona (24-27 novembre 2016) e al Convegno promosso dai Presidenti delle cinque Regioni ecclesiastiche del Sud a Napoli (gennaio/febbraio 2017); un Seminario nazionale della Pastorale sociale e del lavoro a Firenze (23–25 febbraio 2017) e alcune iniziative messe in campo da Retinopera a Roma (aprile–maggio 2017).

2. Clero, la via del rinnovamento Un Sussidio che consegni a diocesi e Conferenze episcopali regionali alcune proposte qualificate e lasci intravedere i percorsi di comunione necessari a realizzarle; un testo che suggerisca piste per il confronto e l’avvio di processi concreti di rinnovamento del clero. Sulla base del mandato dell’Assemblea generale dello scorso maggio

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– che ha affidato al Consiglio Permanente il compito di valorizzare il lavoro svolto a più livelli negli ultimi due anni – i vescovi hanno condiviso la proposta di realizzare entro la primavera un testo che affronti i diversi tasselli del mosaico della formazione permanente. Al riguardo, ecco le dimensioni maggiormente evidenziate: il percorso assicurato dal Seminario, i criteri di ammissione e di valutazione, l’investimento nella qualità degli educatori; le modalità di esercizio da parte dei vescovi della paternità nei confronti dei presbiteri, l’impegno a favorirne il senso di appartenenza al presbiterio e la cura per la vita fraterna; la vita interiore, questione essenziale, che precede e sostanzia il servizio ministeriale, che vive all’insegna della piena disponibilità al popolo di Dio; una più convinta promozione degli organismi di partecipazione, che – oltre a favorire una più piena esperienza ecclesiale – partecipi più efficacemente alla responsabilità amministrativa del sacerdote. Il filo conduttore del Sussidio è individuato nel discorso con cui il Santo Padre ha aperto l’Assemblea generale della CEI lo scorso maggio. Sulla base di tale testo verranno ripresi e rilanciati suggerimenti, iniziative, proposte e buone prassi emerse nel lavoro che negli ultimi due anni ha coinvolto Conferenze episcopali regionali, Consiglio Permanente e Assemblea generale. Il desiderio dei vescovi – è stato evidenziato – è quello di assumere con sacerdoti e diaconi percorsi che favoriscano la comunione e la ministerialità, il cammino spirituale e il rinvigorimento dell’attività missionaria, insieme a una migliore e più snella gestione delle questioni economiche e amministrative. Tutto questo nel quadro di un’etica dei rapporti infra-ecclesiali, che aiuti il sacerdote a interpretarsi nell’appartenenza al presbiterio e alla comunità cristiana. 238 3. Tribunali, la via della riforma L’attuazione della riforma del processo matrimoniale, introdotta dal Motu Proprio di Papa Francesco, comporta una revisione delle Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici italiani. Al riguardo, la scorsa Assemblea generale aveva messo a fuoco alcune scelte determinanti, sulla base delle quali ha affidato al Consiglio Permanente il compito di predisporre una proposta di


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA aggiornamento: condivisa dai vescovi nel corso dei lavori di questa sessione, a giorni sarà inviata alla consultazione delle Conferenze episcopali regionali, per ritornare quindi a gennaio in Consiglio Permanente ed essere infine sottoposta ad approvazione nel corso della successiva Assemblea generale. Tra le questioni affrontate, i soggetti di imputazione dei rapporti giuridici; la definizione dell’entità del contributo della CEI per l’attività dei Tribunali e i criteri di ripartizione; l’attenzione dei vescovi ad evitare che i fedeli siano distolti dall’accedere ai Tribunali della Chiesa a causa delle spese. Su queste linee e con l’attenzione a favorire l’omogeneità delle procedure, il Consiglio Permanente predisporrà anche un Regolamento per l’organizzazione amministrativa.

4. Diocesi, la via della collaborazione Ai vescovi è stato presentato il quadro – ancora parziale – delle risposte fornite dalle Conferenze episcopali regionali in merito al progetto di riordino delle diocesi. Tra i criteri di valutazione viene evidenziata l’importanza della prossimità del vescovo al clero e alla popolazione, nonché la custodia del patrimonio e della storia di fede. Diffusa è la disponibilità a continuare a rafforzare forme di collaborazione tra diocesi vicine o in ambito regionale, nell’ottica di una condivisione che qualifichi servizi e strutture. In alcuni casi si considera utile una revisione e razionalizzazione dei confini delle diocesi esistenti, al fine di assicurare un migliore servizio pastorale. Una volta complete, le risposte delle Conferenze regionali saranno inoltrate per competenza alla Congregazione per i Vescovi.

5. Varie Un campo nel quale il Consiglio Permanente ha avvertito l’opportunità di sviluppare una maggiore collaborazione tra le diocesi con-

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cerne la valorizzazione del patrimonio. Nel merito i vescovi – oltre a rilanciare la via delle offerte liberali per il sostentamento dei sacerdoti – si sono confrontati sulla proposta di accorpamento degli Istituti diocesani Sostentamento Clero, a partire dai primi riscontri giunti dalle Conferenze episcopali regionali. Il tema troverà approfondimento nella prossima Assemblea generale, ma fin d’ora è stata rilevata la disponibilità al ripensamento della distribuzione degli Istituti sul territorio nazionale. Muove in tale direzione la volontà di favorire una gestione più virtuosa e razionale, che in un’economia di scala consenta un significativo abbattimento dei costi di gestione. Tra le altre questioni poste all’ordine del giorno, il Consiglio Permanente ha costituito l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, accogliendo la proposta di unificazione dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici con il Servizio nazionale per l’edilizia di culto. Di conseguenza, ha pure riunito i rispettivi Comitati in uno solo, articolandolo in due sezioni in base alle competenze. In tal modo, il nuovo Ufficio può svolgere il suo servizio in modo integrato, attraverso modalità univoche, offrendo alle diocesi la capacità di ‘vedere insieme’ l’intero patrimonio e di considerarlo secondo le finalità essenziali della missione della Chiesa. Ai membri del Consiglio Permanente è stata presentata una proposta di revisione delle voci dei rendiconti diocesani; sono stati, inoltre, offerti alcuni aggiornamenti giuridici e legislativi su temi sociali ed etici, in merito ai quali verrà diffusa ai vescovi una comunicazione periodica. I vescovi hanno approvato il Messaggio per la 39ª Giornata nazionale per la vita (12 febbraio 2017), dal titolo: “Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”. Infine, il Consiglio Permanente ha esaminato e approvato le richieste di modifica di statuto dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), dell’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari (ARIS), del Movimento Apostolici Ciechi (MAC), del Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC), della Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia (FACI) e dell’Associazione nazionale Familiari del Clero.


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 6. Nomine Nel corso dei lavori, il Consiglio Episcopale Permanente ha provveduto alle seguenti nomine: - Membro della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi: S.E. mons. Alceste CATELLA, vescovo di Casale Monferrato. - Membro della Commissione episcopale per il laicato: S.E. mons. Francesco MANENTI, vescovo di Senigallia. - Membro della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo: S.E. mons. Orazio SORICELLI, arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni. - Membro della Commissione Episcopale per le migrazioni: S.E. mons. Domenico CORNACCHIA, vescovo di Molfetta-RuvoGiovinazzo-Terlizzi. - Direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto: don Valerio PENNASSO (Alba). - Presidente del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto: S.E. mons. Michele CASTORO, arcivescovo di Manfredonia-Vieste- S. Giovanni Rotondo. - Assistente ecclesiastico nazionale dell’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali (UNITALSI): S.E. mons. Luigi BRESSAN, arcivescovo emerito di Trento. - Rappresentante della CEI presso la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontariato (FOCSIV): S.E. Mons. Luigi BRESSAN, arcivescovo emerito di Trento. - Assistenti nazionali dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC): * per la Branca Lupetti: don Angelo BALCON (Belluno-Feltre); * per la Branca Esploratori: don Marco DECESARIS (Terni-Narni-Amelia); * per la Branca Rover: don Nicola Felice ABBATTISTA (Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi);* per la Branca Coccinelle: p. Peter DUBOVSKY, S.J.; * per la Branca Guide: don Giovanni FACCHETTI (Bolzano-Bressanone); * per la Branca Scolte: p. Andrea COVA, O.F.M.Cap.

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- Consulente ecclesiastico nazionale della Federazione Italiana Scuole Materne (FISM): don Gesualdo PURZIANI (Senigallia). - Coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici cinesi in Italia: don Paolo Kong XIANMING (Napoli). - Coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici filippini in Italia: p. Paulino BUMANGLAG, S.V.D. (Balanga-Filippine). Nel corso dei lavori, inoltre, il Presidente ha dato comunicazione della nomina in data 22 luglio 2016 del vice assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana: don Antonio MASTANTUONO (Termoli– Larino) e delle seguenti nomine della Presidenza del 15 giugno 2016: - Presidente nazionale maschile della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI): Gianmarco MANCINI; - Presidente dell’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali (UNITALSI): dott. Antonio DIELLA.

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Nella riunione del 26 settembre 2016, la Presidenza ha proceduto alle seguenti nomine: - Membri del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto: don Valerio PENNASSO (Alba). Sezione Beni culturali: Mons. Federico PELLEGRINI (Brescia), don Luca FRANCESCHINI (Massa Carrara-Pontremoli), don Nunzio FALCICCHIO (Altamura-GravinaAcquaviva delle Fonti), don Roberto GUTTORIELLO (Sessa Aurunca), don Fabio RAIMONDI (Caltagirone); Sezione Edilizia di culto: Don Stefano ZANELLA (Ferrara-Comacchio), Massimiliano BERNARDINI, ing. Giorgio Rocco DE MARINIS, don Franco MAGNANI (Direttore Ufficio liturgico nazionale), mons. Liborio PALMERI (Trapani). - Assistenti pastorali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: sede di Milano: don Fabrizio INFUSINO (Locri-Gerace); sede di Roma: don Francesco DELL’ORCO (Trani-Barletta-Bisceglie). Roma, 29 settembre 2016


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NOMINE Mons. Alberto D’Urso nominato Delegato regionale FIES

Carissimo Mons. Alberto, sentito il parere favorevole del tuo Arcivescovo, Mons. Francesco Cacucci, ti nomino Delegato regionale della Regione Puglia per le attività della FIES (Federazione Italiana Esercizi Spirituali), in sostituzione del carissimo Mons. Franco Colucci, che ha declinato l’incarico per giustificate ragioni di salute. Conosco le tue capacità e sono ben contento di inserirti nella collaborazione della FIES per la Regione Puglia. È un incarico che richiede passione e coinvolgimento di tutti i Delegati diocesani e i Direttori delle Case di Esercizi Spirituali. Promuovi la pastorale della spiritualità in collaborazione con i Vescovi incaricati delle singole Diocesi, suggerendo genio e creatività per appassionare i sacerdoti della Regione all’esperienza indispensabile degli Esercizi Spirituali. Grazie della tua generosa disponibilità: ti auguro una gioiosa esperienza di fraternità sacerdotale. In comunione di preghiera. Mons. Giovanni Scanavino O.S.A. Presidente della FIES Firenze, 20 settembre 2016

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ASSEMBLEA DIOCESANA “Immagine viva dell’Amore di Cristo” In cammino con le nostre famiglie L’Assemblea diocesana e la traccia pastorale per l’anno 2016-2017

Si è svolta a Bari, martedì 20 settembre 2016, presso la Scuola Allievi della Guardia di Finanza la consueta Assemblea dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci per l’apertura del nuovo Anno Pastorale. L’Assemblea si è aperta alle ore 18.00 con l’annuncio da parte del vescovo della visita a Bari di Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli in occasione della Festa di San Nicola del 6 dicembre, un evento questo di grande significato ecumenico, che segna la Chiesa di Bari-Bitonto e che contribuisce al dialogo tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa. Il Patriarca, il 5 dicembre mattina, nella Basilica di San Nicola, terrà la prolusione per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2016-2017 della Facoltà Teologica Pugliese, ricevendo il premio “San Nicola” da parte dell’Istituto Ecumenico. Il giorno dopo, il 6 dicembre, nella stessa Basilica interverrà alla solenne Celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto. Dopo l’annuncio, l’Assemblea ha avuto inizio con la “traccia pastorale” dettata dal Vescovo. «Quest’anno, - ha ricordato - alla luce del cammino finora compiuto e della Settimana Liturgica Nazionale vissuta a Bari lo scorso anno sul tema Eucaristia Matrimonio Famiglia, prolunghiamo la

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nostra riflessione sulla carità, lasciandoci interrogare da una domanda: c’è un luogo, un ambito particolare in cui l’amore si specifica e prende volto?». L’esperienza umana insegna che la figura più compiuta paradigmatica dell’amore emerge nell’amore di sposo e sposa, che assume anche l’amore di amicizia. La Sacra Scrittura lo conferma, come ricorda Papa Francesco: «La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr Gen 4), fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’Agnello (cfr Ap 21,2.9)» (Papa Francesco, Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia 8). Papa Francesco si avvicina alle famiglie con premura, senza rinunciare a proporre il progetto di Dio. La Chiesa, ha detto il Papa, è un «ospedale da campo», ma anche punto di riferimento, «segno elevato fra le nazioni» per essere strumento di salvezza. Perciò ha voluto dedicare due anni al Sinodo sulla famiglia. Né dobbiamo sottovalutare il fatto che, dopo il Sinodo, l’Esortazione apostolica sulla famiglia sia stata offerta alla comunità cristiana nell’Anno giubilare della Misericordia (cf. AL 5). Il nuovo Anno liturgico sarà vissuto con il cuore attento al Vangelo dell’amore nuziale che trova in Cristo e nella Santa Trinità l’origine e il fine della vocazione all’amore alla quale Dio chiama ogni donna e ogni uomo. Inoltre, da un punto di vista pastorale, sarà opportuno prendere in seria considerazione un maggiore coinvolgimento della comunità nei matrimoni celebrati in parrocchia che spesso rischiano di apparire celebrazioni private. Un aiuto concreto può essere quello di coinvolgere la comunità parrocchiale, possibilmente attraverso coppie di animatori, nell’animazione liturgica della celebrazione del matrimonio. Nel cammino dell’anno liturgico la Chiesa di Bari-Bitonto si lascerà guidare e ispirare da alcuni “modelli” di “coppie bibliche” che daranno risalto ai vari momenti della vita di coppia: Maria e Giuseppe con la valorizzazione del tempo di fidanzamento e della scoperta della vita matrimoniale come vocazione; Abramo e Sara, come desiderio di dare «sapore» al proprio amore e occasione per la memoria del proprio Battesimo e richiamo alla responsabilità dei genitori verso i figli;


ASSEMBLEA DIOCESANA Adamo ed Eva come bisogno di sentirsi perdonati e accolti ancora una volta e occasione per approfondire in comunità, con i pastori, il capitolo ottavo dell’Amoris Laetitia sulle vite ferite e sulle situazioni dette «irregolari»; il Giardino, segno biblico che compare sin dall’inizio della storia sacra, paradigma della ricerca e del dialogo di amore, che mette in luce diverse “coppie”: Adamo ed Eva, l’Amato e l’Amata (del Cantico dei Cantici), fino alla ricerca del Maestro da parte della Maddalena il primo giorno dopo il sabato per evidenziare il rapporto tra la mensa eucaristica e quella domestica e suggerire alle nostre famiglie un modo più cristiano di vivere la Festa dei sacramenti, nella sobrietà e aperta ad un segno concreto di carità; Isacco e Rebecca – Giacobbe e Rachele: ambedue, presso un pozzo, incontrano la futura sposa. Il pozzo, immagine della sete del cuore, diventa il luogo dove si incontra l’amore. Un’attenzione particolare sarà rivolta verso le giovani famiglie della parrocchia. La celebrazione del matrimonio non deve sigillare la fine di un rapporto tra la coppia e la comunità cristiana: la stessa premura che si riserva nella preparazione al Matrimonio deve continuare anche dopo. A conclusione dell’Assemblea, S.E. l’Arcivescovo ha comunicato le “provviste” per questo nuovo anno pastorale. don Carlo Cinquepalmi Direttore Ufficio Comunicazioni sociali

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CURIA METROPOLITANA Cancelleria

Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti - La sera del 2 luglio 2016, vigilia della XIV domenica del Tempo Ordinario, S.Ecc. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di BariBitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, nella parrocchia “S. Nicola” in Toritto, ha ordinato diacono, in vista del presbiterato, l’accolito seminarista diocesano Francesco Spierto, incardinandolo nel clero dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto; - la sera del 10 settembre 2016, vigilia della XXIV domenica del Tempo Ordinario, S.Ecc. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, nella parrocchia-santuario “SS. Medici” in Bitonto, ha ordinato presbitero il diacono Nicola Gioacchino Tatulli, del clero diocesano; - la sera dell’11 settembre 2016, XXIV domenica del Tempo Ordinario, S.Ecc. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di BariBitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, nella parrocchia “S. Maria del Carmine” in Noicattaro, ha ordinato diacono, in vista del presbiterato, l’accolito seminarista diocesano Antonio Lattanzio, incardinandolo nel clero dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto.

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Nomine e decreti singolari

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A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data - 2 luglio 2016 (Prot. n. 42/16/D.A.S.-N.), don Natale Modesto all’ufficio di consigliere ecclesiastico della Confcooperative Puglia in Bari; - 2 luglio 2016 (Prot. n. 43/16/D.A.S.-N.), don Antonio Stizzi all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia-santuario “Santi Medici Cosma e Damiano” in Bitonto; - 2 luglio 2016 (Prot. n. 44/16/D.A.S.-N.), don Marco Carozza all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Resurrezione” in Bari; - 2 luglio 2016 (Prot. n. 45/16/D.A.S.-N.), don Giuseppe Tunzi all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Santa Croce” in Bari; - 1 settembre 2016 (Prot. n. 49/16/D.A.S.-N), don Cosimo Memoli all’ufficio di cappellano del Compartimento di Bari delle Ferrovie dello Stato; - 2 settembre 2016 (Prot. n. 54/16/D.A.S.-N.), don Nicola Gioacchino Tatulli all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Maria SS. Annunziata” in Modugno; - 12 settembre 2016 (Prot. n. 55/16/D.A.S.-N), don Vito Campanelli, riconfermandolo per altri cinque anni, all’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport; - 12 settembre 2016 (Prot. n. 56/16/D.A.S.-N), don Giovanni Lorusso, riconfermandolo per altri cinque anni, all’incarico di vice direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport; - 14 settembre 2016 (Prot. n. 57/16/D.A.S.-N), don Francis X. Jagatha Papaiah all’ufficio di assistente spirituale della Confraternita di Sant’Elena, già Santa Filomena, in Bitonto. B) S. Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data - 1 settembre 2016 (Prot. n. 47/16/D.A.S.-I), p. Gianluca Capitaneo, O.F.M., all’ufficio di amministratore parrocchiale della parrocchia “S. Maria di S. Luca” in Valenzano; - 1 settembre 2016 (Prot. n. 48/16/D.A.S.-I), p. Vito Dipinto, O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia “S. Antonio” in Bari; - 1 settembre 2016 (Prot. n. 50/16/D.A.S.-I.), p. Luigi Lauriola,


CURIA METROPOLITANA O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “S. Antonio” in Bari; - 1 settembre 2016 (Prot. n. 51/16/D.A.S.-I), p. Leonardo Civitavecchia, O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “S. Leone Magno” in Bitonto; D) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data - 19 luglio 2016 (Prot. n. 46/16/D.A.S.), ha riconosciuto il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità, al sacerdote diocesano mons. Francesco Colucci.

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CURIA METROPOLITANA Settore Presbiteri

Settimana di formazione per i sacerdoti del decennio (20-24 giugno 2016)

Fraternità e condivisione sono state le cifre del viaggio di formazione dei giovani sacerdoti, che quest’anno si è svolto nella cornice della nostra bella Sardegna. Una settimana (20/24 giugno) vissuta principalmente nel segno dello stare insieme tra noi sacerdoti giovani con il nostro vescovo e con la partecipazione del vicario generale, mons. Domenico Ciavarella, e del vicario episcopale per il clero, don Vittorio Borracci: una settimana dedicata ad approfondire le relazioni di amicizia e di fraternità sacerdotale e visitare la regione sarda ricca di storia, arte e fede. Prima tappa del nostro viaggio è stata la città di Cagliari con la visita del famoso santuario di Nostra Signora di Bonaria: il santuario mariano, che unisce tutti gli isolani nella fede e in cui papa Francesco ha svolto la sua prima visita pastorale in Italia per sottolineare il legame tra la città di Cagliari e Buenos Aires, la capitale dell’Argentina che proprio da questo santuario prende il nome. Di lì abbiamo fatto una escursione nel centro storico visitando la Cattedrale di Santa Maria Assunta e di Santa Cecilia, le Torri trecentesche ed altro. Nel pomeriggio siamo ritornati indietro nel tempo, visitando i “misteriosi” e maestosi nuraghi, in particolare il nuraghe Losa nelle campagne di Abbasanta: queste costruzioni sono la testimonianza visibile dell’antica civiltà nuragica.

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Il giorno seguente abbiamo fatto visita al paese di Fonni, e, proseguendo il nostro itinerario, siamo giunti a Nuoro, dove abbiamo potuto immergerci nella cultura sarda visitando il Museo Etnografico e la piccola Chiesa della Solitudine, dove riposano le spoglie della scrittrice Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura (1926). Il pranzo di questo giorno l’abbiamo condiviso con i pastori di Orgosolo, tipico paese barbaricino famoso per i suoi “murales” e per il film “Banditi a Orgosolo” (del 1961, diretto e prodotto da Vittorio De Seta). Il terzo giorno del nostro viaggio abbiamo potuto vivere un po’ di mare sulle spiagge di Cala Granu e del Pevero; mentre il giorno seguente, l’escursione all’arcipelago di La Maddalena e la visita del paese omonimo ci hanno fatto trascorrere una giornata immersa in questa bellezza naturale dalle acque incontaminate color smeraldo. L’ultimo giorno, con la visita della città di Olbia e della sua chiesa monumentale di San Simplicio, si è conclusa questa nostra sosta estiva dalle attività pastorali. Ogni giorno la nostra preghiera si intrecciava con la bellezza della natura e dei monumenti della regione, di cui ha ben detto lo scrittore britannico David Herbert Lawrence: «Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo». don Nicola Tatulli

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CURIA METROPOLITANA Settore Diaconato permanente e ministeri istituiti

Relazione sulle attività dell’anno 2015-2016

Il 13 giugno 2016 si è concluso l’anno di corso di preparazione al diaconato permanente, frequentato non solo da coloro che a suo tempo hanno chiesto di intraprendere il cammino per detto ministero, ma anche dagli aspiranti al ministero istituito dell’accolitato, sempre tutti sostenuti dal proprio Superiore ecclesiastico e dalla preghiera della Comunità. Il corso, come negli ultimissimi anni, ha comportato: la frequenza a due lezioni settimanali, lunedì e venerdì (dalle 18,00 alle 20,30) presso l’Oasi di S. Martino, per i candidati accoliti; ad una lezione settimanale (lunedì dalle 18,00 alle 20,30) per i soli candidati al diaconato permanente. Per questi ultimi è stata obbligatoria anche la frequenza presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose per alcune discipline, sempre attinenti al corso per il diaconato permanente. Hanno completato l’anno di studio-preghiera, per i soli candidati diaconi, alcune giornate fuori sede (periodi di tre giorni di seguito e per due volte nell’anno). Un anno, invece, di esperienze pastorali è stato osservato dai candidati frequentanti il quinto anno di preparazione. I candidati frequentanti sono stati: quattordici candidati diaconi (14), di cui due soli per il quinto anno e per le esperienze pastorali fuori dell’Oasi, e cinque (5) extradiocesani; nonché 20 candidati accoliti, di cui due extradiocesani. Nel corso dell’anno 4 candidati per l’accolitato si sono ritirati.

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Oltre al Vicario episcopale per il diaconato permanente e i ministeri istituiti, mons. Vito Bitetto, che ha guidato il corso “Principi e norme della Liturgia delle Ore”, per quattordici ore di lezione (10+ 4 per i soli candidati al diaconato), diversi sono stati i docenti che si sono avvicendati nell’insegnamento delle varie discipline e nella formazione-preparazione dei candidati: – Prof. Beppe Micunco ha guidato il corso di “Dottrina e pastorale della domenica”, per complessive sei ore di lezione, con esami finali; inoltre ha guidato il corso di “Storia della Chiesa locale” per complessive cinque ore oltre esami finali; – Don Mario Castellano ha guidato il corso di “Teologia e liturgia della Parola” per complessive dieci ore di lezione e di “Teologia e liturgia eucaristica” per altre dieci ore di lezione, con esami finali per le due discipline; – Don Oronzo Pascazio ha guidato il corso di “Istruzione generale del Messale Romano” per complessive sei ore di lezione con esami finali; – Diacono Bruno Ressa ha guidato il corso di “Anno e Calendario liturgico” per complessive sei ore di lezione con esami finali; – Don Vito Piccinonna ha guidato il corso di “Liturgia e carità” per complessive sei ore di lezione con esami finali; – Diacono Bruno Ressa ha guidato il corso di “Orientamenti e norme liturgiche per gli accoliti” per complessive sei ore di lezione con esami finali; – Diacono Luigi Inversi ha guidato il corso di “Culto eucaristico fuori della Messa”, coadiuvato, per la parte pratica, dal diacono Nicola Rondinone, per complessive cinque ore di lezione con esami finali; – Diacono Bruno Ressa ha guidato il corso di “Ministeria Quaedam” per accoliti, per complessive sei ore di lezione con esami finali e di Esercitazioni pratiche per complessive tredici ore di lezione; Mons. Nicola Bonerba ha tenuto due ritiri spirituali per tutti i candidati, in sede. Hanno completato l’iter formativo le seguenti altre attività: – un incontro di un pomeriggio con S.E. l’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci; – un incontro di un pomeriggio con i diaconi; – un incontro di un pomeriggio con le mogli dei candidati diaconi e gli stessi candidati;


CURIA METROPOLITANA – un incontro di un pomeriggio con i seminaristi di Teologia, presso il Seminario Regionale di Molfetta; – la partecipazione alla Messa crismale. La festa di fraternità alla fine dell’anno formativo ha concluso il cammino annuale nella gioia. Inoltre, durante i giorni di condivisione-studio presso l’Oasi di S. Maria in Cassano delle Murge, a novembre e a giugno, si è avuto modo di riflettere, in un clima di fraternità e preghiera più intensa, sul documento della Pontificia Commissione Biblica Ascolto e lettura spirituale delle Sacre Scritture e sul Direttorio per il ministero e la vita del diacono sotto la guida di mons. Vito Bitetto; nonché sulla Christifideles laici, a cura del diacono Bruno Ressa. Un ritiro spirituale nei giorni di condivisione-studio, tenuto da mons. Nicola Bonerba ai candidati diaconi, ha contribuito non poco al discernimento della propria vocazione e alla consapevolezza della necessità-importanza della preghiera personale e comunitaria dell’Adorazione. Nell’ambito delle attività annuali, nel tempo di Avvento e di Quaresima, a vantaggio dei lettori e accoliti istituiti, si sono realizzati due incontri per ciascun ministero. In questi incontri, dopo un momento di intensa preghiera comunitaria, si è passati ad un utile approfondimento-studio tenuto dal direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano, mons. Angelo Latrofa, sulla Enciclica di Papa Francesco Laudato si’. Inoltre, grazie a Dio, avendo terminato il piano di studio ed il periodo formativo, il 19 giugno 2016 sono stati istituiti accoliti diciannove corsisti (5 dei quali partecipanti al cammino diaconale), nella celebrazione eucaristica presieduta da S.E. mons. Francesco Cacucci in Cattedrale, e precisamente: Michele Cassese (parrocchia Preziosissimo Sangue in S. Rocco, Bari), Antonio Ciani (parrocchia S. Leucio, Bitonto), Francesco Lo Buono (parrocchia S. Luca, Bari), Nicola Lopez (parrocchia S. Andrea, Bari), Antonio Memmi (parrocchia S. Croce, Bari), tutti candidati al diaconato permanente;

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Vito Abbinante (santuario Madonna della Grotta in Bari), Fabio Antonacci (parrocchia Preziosissimo Sangue in S. Rocco, Bari), Angelo Bruni (parrocchia Maria SS.ma del Carmine, Sannicandro di Bari), Francesco Clavelli (parrocchia Maria SS.ma del Carmine, Sannicandro di Bari), Giuseppe De Iudicibus (parrocchia S. Maria Maggiore, Gioia del Colle), Gianluca Di Cerbo (monastero S. Teresa, Bari), Gerardo Di Pasquale (parrocchia S. Giuseppe, Bari), Vito Gala (parrocchia SS.mo Sacramento, Bitonto), Giuseppe Gattolla (parrocchia Stella Maris, Bari-Palese), Giuseppe Grande (parrocchia S. Carlo Borromeo, Bari), Walter Mallardi (parrocchia S. Giovanni Bosco, Bari), Claudio Mezzi (parrocchia Buon Pastore, Bari), Francesco Murgolo (parrocchia S. Egidio, Bitonto), Carlo Regina (parrocchia S. Maria di Monteverde, Grumo Appula).

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Infine, grati a Dio, per sua volontà e per l’imposizione delle mani di mons. Francesco Cacucci, si spera che il 26 dicembre 2016 vengano ordinati 4 diaconi permanenti: Liberato De Caro della parrocchia S. Pasquale in Bari; Giuseppe De Serio della parrocchia S. Cuore in Bari; Luigi Fanelli della parrocchia del Salvatore in Bari-Loseto e Vito Frasca della parrocchia Stella Maris in Bari-Palese. Con quest’ultima ordinazione, il numero complessivo dei diaconi permanenti nella nostra Diocesi è di settantatre (73), oltre ad Antonio Buongiorno, Francesco Camaggio, Raffaele Chirico, Giuseppe Ciocia, Oronzo De Santis, Luigi Del Vecchio, Matteo Dellerba, Carlo Lassandro, Sabino Malerba, Guglielmo Marengo, Orlando Matani, Michele Mizzi, Vito Romito, Giuseppe Simone, Giuseppe Viti, Lucio Vitolli, che il Signore ha chiamato a sé perché vivano con Lui nella gioia eterna. Nel formulare a tutti gli auguri di buon lavoro, accompagnati dalla grazia di Dio, chiediamo per loro, per gli altri già ordinati e istituiti, la preghiera delle comunità in mezzo alle quali eserciteranno ed esercitano già il ministero, perché sia reso a Dio un canto di lode e di ringraziamento e alla Chiesa un autentico servizio. È infatti necessario che tutti noi richiamiamo alla nostra mente la grande verità espressa in maniera sintetica ma luminosa nella Lumen gentium: «questi carismi sono appropriati alle necessità della Chiesa e perciò si devono accogliere con gratitudine e gioia» (n. 12). Tutto è dono di Dio, a lode sua sia l’esercizio del loro servizio ai fratelli.


CURIA METROPOLITANA I pastori d’anime con l’aiuto dello Spirito Santo siano solleciti ad individuare tra i fedeli chi ha particolare attitudine al servizio. La volontà di Dio e le preghiere faranno il resto. Chi è chiamato, da parte sua, sappia che «servire Cristo vuol dire regnare». mons. Vito Bitetto Vicario Episcopale diac. Bruno Ressa Collaboratore dell’Ufficio

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CURIA METROPOLITANA Settore Vita consacrata

A dieci anni dalla Beatificazione di Suor Elia di S. Clemente, Carmelitana Scalza (18 marzo 2006 – 18 marzo 2016)

La Beata Elia di S. Clemente: una vita brevissima, 26 anni appena, che può essere riassunta in poche righe. Nata a Bari il 17 gennaio 1901 da Giuseppe Fracasso e Pasqua Cianci, viene battezzata il giorno 21 con il nome di Teodora. Cresimata nel 1903, riceve la Prima Comunione l’8 maggio1911. Il 30 aprile 1914 si iscrive – con speciale dispensa data la giovanissima età – al Terz’Ordine Domenicano presso la chiesa del SS.mo Rosario in Piazza Garibaldi, ricevendo il nome religioso di Agnese; ma il suo cuore è altrove e l’8 aprile 1920 entra nel Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze, in Bari. In occasione della vestizione religiosa il 24 novembre 1920, prende il nome di suor Elia di S. Clemente; fa la sua prima professione che pronunzia il 4 dicembre 1921 (e in quella data fa l’offerta di tutta se stessa all’Amore Misericordioso). Poco tempo dopo emetterà anche il “voto del più perfetto” ed emette la sua professione perpetua l’11 febbraio 1925. Muore improvvisamente il 25 dicembre 1927 per encefalite. Queste poche e scarne date nascondono in realtà un profondo ed arduo cammino interiore fatto di lavoro, preghiera, fede, carità, abnegazione, mitezza, umiltà e nascondimento, di cui troviamo una traccia nei numerosi e intensi scritti (pagine di diario, poesie, meditazioni) che ha lasciato alla sorella di sangue Domenichina, anch’essa monaca nello stesso monastero con il nome di suor

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Celina di San Carlo: ad essi si deve aggiungere un nutrito epistolario, destinato ai familiari e al direttore spirituale. Molto più lunga è, invece, la cronologia che prende avvio dal momento della sua morte, cioè il resoconto della sua ascesa verso il riconoscimento ufficiale della Chiesa, e il racconto delle grazie che da subito ha elargito a piene mani. Il primo prodigio a lei attribuito – la guarigione subitanea di una sua conoscente, in grave pericolo di vita, che l’aveva sognata – risale ai primi del 1928, mentre quello che le ottiene il titolo di Beata (la guarigione totale e definitiva da una massiccia emorragia cerebrale) è del 2002. In questi 80 anni il dialogo tra il popolo di Dio e la nostra piccola sorella non si è mai interrotto. È stata beatificata il 18 marzo 2006 nella Cattedrale di Bari. Per festeggiare il decennale della beatificazione, il vice postulatore mons. Alberto D’Urso e padre Luigi Gaetani, Provinciale dei Carmelitani Scalzi, hanno ideato e messo in atto un ricco e articolato programma di eventi: celebrazioni liturgiche ed appuntamenti culturali, nonché la peregrinatio di una reliquia della Beata che tuttora è in corso poiché la “lista d’attesa” per ospitarla è risultata molto lunga. La peregrinatio continuerà pertanto anche nel 2017. Diamo un breve prospetto riassuntivo del programma. Il cuore della festa, cioè il giorno del decimo anniversario, è stato solennizzato dalla presenza del nostro Arcivescovo mons. Francesco Cacucci, del Preposito Generale dei Carmelitani Scalzi p. Saverio Cannistrà e del Postulatore generale dell’Ordine p. Romano Gambalunga ad una solenne celebrazione eucaristica in Cattedrale, presieduta dall’Arcivescovo nel pomeriggio del 17 marzo 2016. Ha fatto seguito la mattina seguente la S. Messa solenne celebrata dal p. Cannistrà nella chiesa del Monastero di S. Giuseppe. Nei giorni precedenti l’anniversario il vice postulatore mons. Alberto D’Urso ha concordato con più relatori e moderato man mano un ciclo di conferenze aventi per tema la spiritualità della Beata, presentata sotto diverse angolature. Peraltro, la felice e provvidenziale coincidenza con il Giubileo della Misericordia ha indotto i collaboratori dell’iniziativa a sottolineare soprattutto questo aspetto del cammino interiore di suor Elia, la cui vita è stata un inno alla misericordia di Dio non solo in monastero ma anche negli anni in cui, laica e poi terziaria, ha svolto una intensa ma nascosta attività a favore dei poveri e dei sofferenti. Hanno relazionato p. Luigi Gae-


CURIA METROPOLITANA tani, O.C.D. (L’esperienza della tenerezza e della misericordia negli Scritti della Beata Elia) il 29 gennaio 2016, presso la parrocchia Maria SS.ma del Carmine in Sannicandro di Bari; suor Nicla Spezzati, A.S.C., sottosegretaria della Congregazione per la vita consacrata (La famiglia, la società e la vita consacrata, luoghi della tenerezza e della misericordia nella vita della Beata Elia) l’8 aprile 2016 nella Sala Odegitria della Cattedrale di Bari; il prof. Giuseppe Micunco, direttore dell’Ufficio Diocesano Laicato e biografo della Beata, con i due seguenti interventi nelle parrocchie SS.mo Sacramento e Maria SS.ma del Monte Carmelo, a Bari (La spiritualità eucaristica della Beata Elia e L’Eucaristia, fonte della tenerezza e della misericordia nella testimonianza della Beata Elia, rispettivamente il 26 e 27 maggio 2016). Nella ricorrenza della memoria liturgica della Beata Elia (29 maggio) la comunità monastica di S. Giuseppe ha avuto la gioia di ospitare solenni celebrazioni eucaristiche: la sera del 28 maggio ha celebrato il p. Luigi Gaetani, O.C.D.; il 29 il vice postulatore mons. Alberto D’Urso. Quest’ultimo ha in particolare sottolineato come la Provvidenza abbia voluto raccordare questa importante ricorrenza alla Solennità del Corpus Domini, quasi ad evidenziare il carattere profondamente eucaristico della spiritualità di suor Elia che per tutta la vita ha voluto essere una “piccola Ostia per amore”, spezzata sull’altare del mondo per tutti i sofferenti e i lontani da Dio. Un’ultima S. Messa, solennemente celebrata il 4 giugno nella chiesa del Monastero da mons. Arcivescovo, ha concluso il ciclo liturgico dei festeggiamenti, con la benedizione di un’effige marmorea della Beata, opera degli artisti Pino Massarelli e Meo Castellano donata da un generoso benefattore e collocata sul prospetto del Monastero in via Beata Elia. In serata, la Fondazione “Frammenti di Luce”, diretta da don Maurizio Lieggi, ha offerto un concertomeditazione sulla vita di suor Elia, dal titolo Nel silenzio, oceano d’Amore: Beata Elia di S. Clemente, presso la Basilica di Santa Fara, riscuotendo il consueto grande successo di pubblico con la delicata bellezza della scenografia, delle musiche e dei testi. Il concerto è stato poi replicato il 27 settembre alle ore 21 in Cattedrale, nell’ambito dell’appuntamento culturale “Notti sacre”

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che ogni anno a fine estate anima le piazze e le chiese della Città Vecchia. Precedentemente, alle ore 20, nella stessa giornata, un folto gruppo di fedeli si era riunito sulla Piazzetta S. Marco, antistante la casa natale della Beata, per un rosario meditato (con testi tratti dagli scritti di suor Elia), guidato da mons. D’Urso e da mons. Talacci, attuale direttore spirituale della chiesa. Altro riferimento importante dei festeggiamenti è la peregrinatio della reliquia della Beata, attualmente ancora in corso. Il Reliquiario, contenente un frammento di osso ed il piccolo Crocifisso in uso a suor Elia durante la sua vita religiosa, era già presente in Cattedrale il 17 marzo, in occasione della celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo. L’indomani è stato riportato in Monastero, accolto dal Padre Generale che, per provvidenziale coincidenza del tutto inattesa, stava in quel preciso momento entrando per la visita alle monache: una delicatezza del Signore, che ha commosso profondamente la comunità e lo stesso padre Cannistrà. Successivamente il Reliquiario ha iniziato il suo pellegrinaggio presso le parrocchie ed altre realtà ecclesiali che ne hanno fatto richiesta, anche fuori diocesi: un lunghissimo elenco di prenotazioni, che continua a nutrirsi di altre richieste, ha stupito tutti. Qui di seguito riportiamo uno scarno elenco: ma dietro ad ognuna di queste date si cela una vera festa popolare, che ogni comunità ha orchestrato secondo il proprio stile e la propria sensibilità che fa crescere e diffondere la fama sanctitatis della Beata. Unico dato che unanimemente tutti hanno fino ad oggi riferito è stato il numeroso affluire di fedeli e, soprattutto, il profondo atteggiamento di preghiera di ciascuno di essi. 264

10-16 aprile: Bari, chiese del Borgo Antico (Cattedrale, chiese di S. Marco e del Carmine, Basilica di S. Nicola). 17-20 aprile: Parrocchie di Bitonto (Concattedrale, S. Caterina, S. Leucio, S. Andrea, Crocifisso, SS. Medici, S. Egidio, Santi Martiri di Abitene, S. Leone Magno). 29 aprile: Bari, Parrocchia S. Croce. 30 aprile-5 maggio: Bari, Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII. 7-9 maggio: Matino (LE), Monastero delle Carmelitane Scalze. 10 maggio: Gallipoli e S. Simone (LE), Monasteri delle Carmelitane Scalze.


CURIA METROPOLITANA 11-15 maggio: Brindisi-Jaddico, Santuario S. Maria, Madre della Chiesa. 20-21 maggio: Bari, Parrocchia Preziosissimo Sangue in S. Rocco in collaborazione con la parrocchia S. Cecilia. In questa circostanza il Reliquiario è stato portato in processione dalla chiesa del Monastero, lungo alcune strade della città (sotto la pioggia), guidata dal parroco don Mimmo Parlavecchia e dal vice postulatore, mons. Alberto D’Urso. Il giorno seguente è stata organizzata una tavola rotonda; relatori il prof. Giuseppe Micunco, sr. Giuseppina Fracasso, A.S.C., e il sig. Carlo Fracasso (rispettivamente cugina e nipote della Beata Elia), che hanno presentato alcune testimonianze, anche inedite, su Suor Elia e sulla sua famiglia. 22-24 maggio: Bari, Parrocchia Maria SS. del Rosario in Piazza Garibaldi. 25-27 maggio: Bari, Parrocchia S. Maria del Monte Carmelo. Anche in questa comunità è stata realizzata una tavola rotonda, moderata dal parroco, padre Pietro Baran, O.C.D., relatori il prof. Micunco e mons. D’Urso. 28 maggio – 31 maggio: Bari, Parrocchia S. Marco. 1-4 giugno: Bari, Seminario Arcivescovile. 8-9 giugno: Bari-Carbonara, Parrocchia S. Antonio. 11-13 giugno: Bari, Seminario Diocesano. 14 giugno-19 giugno: Cassano Murge (Chiesa Matrice, Parrocchia Madonna delle Grazie, Oasi S. Maria). In questo Centro di spiritualità le Suore Alleate Carmelitane Scalze della SS.ma Trinità hanno realizzato un’ora di adorazione, una Via Crucis e più volte il S. Rosario ispirato ai pensieri della Beata. Il Reliquiario è stato trasferito poi nell’Istituto Sacro Cuore in cui vive la nipote della Beata Elia, omonima della Beata (autrice di alcuni opuscoli sulla vita, di scritti, di lettere e di preghiere di suor Elia). La peregrinatio a Cassano si è conclusa presso il Santuario Madonna degli Angeli. 7 luglio: Palese, Parrocchia Stella Maris (in preparazione alla festa titolare della comunità, con intervento di mons. D’Urso e dei bambini della scuola che hanno realizzato una rappresentazione molto significativa).

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9-21 luglio: Sannicandro di Bari, Parrocchie del Carmine e S. Maria Assunta. Le due comunità parrocchiali hanno vissuto la permanenza del Reliquiario come un tempo di grazia che il buon Dio ha voluto donare. La sosta delle reliquie è coincisa con la preparazione alla festa della Madonna del Carmine, tanto amata e venerata dal popolo di Sannicandro. Un grande entusiasmo di popolo ha caratterizzato l’arrivo delle reliquie all’ ingresso del paese. Con tutte le confraternite si è formata una lunga e “colorata” processione, che tra canti e preghiere ha accompagnato le reliquie presso la parrocchia Maria SS.ma del Carmine. Qui c’è stata la solenne concelebrazione presieduta dal vice postulatore mons. D’Urso, che nella riflessione omiletica si è soffermato a lungo sulla figura della Beata Elia, proponendola come modello da imitare soprattutto per i giovani. Durante la settimana i fedeli che hanno sostato presso l’urna sono stati molto numerosi e altrettante sono state le preghiere elevate. I bimbi della scuola materna parrocchiale accompagnati dalle loro maestre hanno voluto conoscere la storia della Beata Elia, e, con fiori e striscioni precedentemente preparati, hanno vissuto piacevoli momenti di preghiera davanti alle reliquie. Ogni giorno, al mattino, i sacerdoti del paese hanno fatto visita agli anziani e agli ammalati facendo conoscere anche a loro la storia della Beata e con loro hanno pregato e ringraziato il Signore per il dono della Beata alla Chiesa di Bari-Bitonto. Momento centrale della peregrinatio è stata l’adorazione eucaristica, durante la quale il prof. Beppe Micunco ha presentato una profonda riflessione a partire dagli scritti spirituali della Beata. Un impegno è scaturito dalla peregrinatio delle reliquie: far conoscere ancora di più la storia di questa piccola donna che appartiene alla nostra terra. «A lei abbiamo chiesto come comunità parrocchiali di aiutarci a far fiorire la nostra vita, lì dove il Signore ci ha seminato!!!» (i parroci don Stefano e don Nicola). 17-19 settembre: Bari, Parrocchia S. Sabino. 23-30 settembre-pomeriggio 2 ottobre: Bari, Seminario Diocesano (per la Missione Giovani e l’incontro vocazionale guidato dai seminaristi di Molfetta). «Nella circostanza, la presenza dell’urna contenente le reliquie della Beata Elia di San Clemente ha caratterizzato la straordinaria esperienza della Missione Giovani 2016. I duecento giovani della comu-


CURIA METROPOLITANA nità del Pontificio Seminario regionale “Pio XI” di Molfetta, insieme ai tantissimi giovani della nostra Diocesi, hanno animato la vita delle parrocchie, hanno incontrato gli studenti delle scuole superiori, hanno abitato piazze, strade, locali pubblici in ogni parte della diocesi per un’intera settimana, da sabato 24 settembre a domenica 2 ottobre. Tutto per annunciare che dà vera gioia e riempie la vita, dare il “tutto x tutto” per il Vangelo, spronati dallo stesso titolo della Missione Giovani. In tutta la settimana le reliquie hanno sostatoi nella cappella del Seminario Arcivescovile di Bari, quasi come piccolo cuore della vita diocesana, per poi raggiungere nella serata del 1°ottobre la festa che si è tenuta presso piazza Prefettura nel centro di Bari. La straordinarietà della presenza dell’urna della Beata Elia è stata resa ancor più eccezionale dal contemporaneo arrivo in piazza anche dell’urna contenente le reliquie di Santa Teresa di Gesù Bambino che la Provvidenza ha portato proprio negli stessi giorni a Bari presso la parrocchia Maria SS. ma del Monte Carmelo in via Napoli. Le due sante, suor Teresina e suor Elia, hanno potuto essere presentate ai tantissimi giovani riuniti in piazza quali esempi di una vita bella perché vissuta per Gesù, con Gesù e come Gesù, non risparmiando nulla di sé, ma dando veramente il “tutto x tutto”. Sulla scia di questa magnifica esperienza, le reliquie della Beata Elia hanno anche accompagnato, giovedì 13 ottobre, l’avvio per questo nuovo anno pastorale dell’Adorazione eucaristica vocazionale, che ogni secondo giovedì del mese, da più di 30 anni, presso la parrocchia Buon Pastore accanto al Seminario Arcivescovile, è il cuore di tutta la pastorale vocazionale della diocesi» (don Donatello De Felice – Rettore Seminario Diocesano). 18 ottobre: Bari, Parrocchia S. Carlo. 9-10 ottobre: Bari-Catino, Parrocchia S. Nicola, con l’intervento omiletico di mons. D’Urso e di mons. Talacci. 11-12 ottobre: Bari (Quartiere S. Pio), Parrocchia Natività di Nostro Signore. 13 ottobre: Bari, Seminario Diocesano (per l’Adorazione vocazionale mensile).

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14-22 ottobre: Bari, Parrocchia S. Giovanni Battista. 23-30 ottobre: Parrocchie di Palo del Colle (S. Maria La Porta, S. Vito, Spirito Santo, Monastero di S. Giacomo delle Benedettine Olivetane, S. Giuseppe, S. Maria Assunta). 1-13 novembre: Parrocchie di Mariotto e Palombaio. Prossimamente il Reliquiario sarĂ ospitato 18-20 novembre: Grumo, Parrocchia S. Maria di Monteverde. 24-27 novembre: Bari, Parrocchia S. Pasquale. 30 novembre-3 dicembre: Bari, Parrocchia S. Giuseppe. 8-14 dicembre: San Nicandro Garganico, Parrocchia Maria SS.ma del Carmine. 5-10 febbraio 2017: Parrocchie di Gioia del Colle. 12-18 luglio 2017: Cerignola, Chiesa del Carmine (su espressa richiesta del Vescovo, S.E. mons. Luigi Renna).

Le Carmelitane Scalze del Monastero di S. Giuseppe in Bari Mons. Alberto D’Urso Vice Postulatore

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CURIA METROPOLITANA Settore Laicato. Ufficio per la pastorale giovanile

I giovani, la nostra profezia*

Introduzione: Emmaus Era, da poco, passato il sabato; già le prime luci dell’alba iniziavano a farsi spazio nella stanza al piano superiore della casa, ben chiusa contro ogni tipo di agente esterno e silente a causa dei cuori intristiti degli amici di Gesù che avevano perso per sempre il loro maestro. Anche i due amici inseparabili, Cleopa e l’altro, si trovavano nel cenacolo con gli Undici e altri discepoli; facevano parte del gruppo di uomini e donne che si erano lasciati pro-vocare dall’amore dell’uomo di Nazaret. Avevano lasciato tutto per condividere la sua missione e passione per il Regno, per annunciare la vita liberata dalla notte del peccato, dell’odio, dell’ingiustizia, della morte, e testimoniare la speranza di un Dio che vuole fare casa con l’umanità. Eppure, proprio la speranza sembrava aver levato le tende della sua dimora da Gerusalemme e dalla vita degli amici di Gesù, come costretta ad un esilio forzato ed imposto dalla tragica e potente verità di una croce ben piantata sul Golgota, segno ineludibile quanto evidente della fine degli ideali di giustizia, pace, *

Relazione tenuta da don Michele Birardi, direttore dell’Ufficio Giovani, alla seduta congiunta dei Consigli Pastorale e Presbiterale del 2 giugno 2016 presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge.

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amore; capisaldi, anche se ora non più forieri di certezze ultramondane, delle parole e dei fatti della storia di Gesù. Il cenacolo, che, qualche sera prima, era stato costituito prima cattedrale della cristianità perché aveva ospitato i segni celebrativi della vita che si fa comunione nel gesto del pane spezzato e dono nell’acqua che lava i piedi dei Dodici, e aveva custodito, come un testamento, le parole del Maestro consegnate alla memoria della chiesa nascente, pareva, ora, una cattedrale nel deserto, luogo del silenzio. Dov’era finito il dinamismo fatto di sguardi, di gesti, di dialoghi, di decisioni, che, poi, è il movimento che fa dell’amore la festa della convivialità e della reciprocità? Con Gesù tutto era stato inchiodato sulla croce in quel venerdì così tragico e assurdo, ed era rimasto come un fermo immagine nella mente degli apostoli, di Cleopa e dell’altro discepolo, che, mai come ora, si sentivano colpevoli e tristi per non essere stati presenti e pronti a ricevere in dono l’ultimo respiro di vita del Maestro, consegna e indicazione a restare nell’attesa per il compimento della promessa. E invece, avevano abbandonato il campo risparmiandosi la fatica e la pazienza di chi cerca, fino alla fine, il tesoro nascosto; rifugiatisi in una stanza senza più alcun segno di vita, con la porta del cuore sbarrata davanti al futuro, spaventati e increduli destinatari del grido morente dell’uomo della croce, del tuono ribelle dell’intera creazione, del pesante rotolare di un macigno sepolcrale. Avevano parlato a lungo, Cleopa e l’altro discepolo, durante quei due giorni, i più bui della loro giovane vita. “Perché restiamo ancora qui?”, si erano confidati l’un l’altro; non c’era più alcuno da aspettare. Gli Undici erano tutti lì, di nuovo insieme, uniti dall’ascolto del racconto di Giovanni dei fatti e delle parole vissute sul Golgota, e dalla confessione del tradimento di Pietro. Maria di Magdala e altre donne erano già uscite per andare a completare i riti della sepoltura interrotti – stupendo presagio! – a causa della festa della Pasqua ebraica. In quell’alba del giorno dopo il sabato, Cleopa e il suo amico avevano percepito che, chiuso il capitolo Gesù, era urgente ritornare alla vita, ritrovare un posto dove abitare, respirare un’aria diversa da quella soffocante o straziante del cenacolo. Lì, ormai, non si sentivano più a casa da quando, venuto a mancare il Signore di casa, erano stati accantonati e accatastati nel registro delle memorie i segni della mensa fraterna e i sogni di una comuni-


CURIA METROPOLITANA tà fondata nella comunione dell’amore. Avevano deciso che non valeva la pena aderire a quel progetto frantumatosi davanti alla grossa pietra del sepolcro del Maestro. Così presero congedo dagli Undici, come fanno degli amici che, dopo aver percorso un tratto di cammino insieme, si salutano e proseguono per un’altra strada. E in questo lasciarsi tutto alle spalle per andare, non restarono nelle parole delle donne che, ritornate in fretta dal sepolcro, aprirono le porte del cenacolo alla luce della tomba vuota. Ora i nostri due protagonisti rompono con questo orizzonte. Se ne vanno. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso pare proprio essere stato l’annuncio delle donne. Ci sembra di poter dire che i due discepoli fotografino molto bene il mondo giovanile. Molti dei nostri giovani tendono a lasciarsi Gerusalemme alle spalle; le certezze di ciò che è acquisito si seguono per un po’ di tempo, poi ci si incammina per altre vie. C’è allergia oggi, di fronte a tutto ciò che sappia di istituzione, di tradizione, di certezza assodata. Nella Gerusalemme di oggi restano i nonni che si lamentano perché i figli e i nipoti non fanno pasqua. I figli e i nipoti sono tutti in cammino verso Emmaus1.

Un cammino dove l’attesa di una promessa chiede di essere accolta nello spazio dell’incontro, dove il soggetto scopre la bellezza dell’appartenersi. Viviamo in un’epoca che, per le grandi invenzioni tecnico-scientifiche, ci proietta in un futuro, ad un tempo, programmatico e impercettibile, che per i ritmi più frenetici della vita/produzione non permette soste per gustare ed elaborare gli eventi che colorano e interrogano il presente. A volte ritorna la nostalgia di un passato che non c’è più e che la memoria sterile e malinconica si affanna a riconoscere ancora “di moda”, oppure si assiste alla ferma volontà di accantonare tutto ciò che riguarda “la storia di ieri” con il suo bagaglio culturale, troppo spesso pesante 1

PEREGO-MAZZA, Emmaus, icona dell’incontro con i giovani, in «Note di Pastorale Giovanile» 41 (2007) 8, p. 72.

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per il cammino odierno! Si tratta, perciò, di riconciliarci con la nostra umanità, di avere il coraggio di rimanere contemporanei a noi stessi radicandoci nel presente, di ridare “carne” alla nostra vita, in una parola di umanizzare ogni ambito di vita, quindi anche la fede come accoglienza della Rivelazione-salvezza-liberazione di Dio che si fa qui e ora per noi! Giovanni Paolo II, nel Messaggio per la XII Giornata mondiale della Gioventù, scriveva così: È lungo i sentieri dell’esistenza quotidiana che potete incontrare il Signore! E questa è la fondamentale dimensione dell’incontro: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno, con il Vivente.

È importante collocarsi in uno sguardo d’amore rispetto alla lettura del contesto della realtà attuale, per coglierne le sfide e le potenzialità che portano la riflessione teologica a ri-pensarsi e ri-formularsi secondo un modello ermeneutico in dialogo comunicativo con la vita concreta delle persone, in particolare dei giovani. Uno sguardo che ha guidato Padre Arcivescovo nelle visite pastorali alle comunità della diocesi (2007-2014) e che ha sempre incrociato il vissuto dei giovani. Scrive Luca Diotallevi:

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La pastorale giovanile emerge come l’unica e vera priorità e come principale preoccupazione. Per i giovani e giovanissimi vengono indicate strategie pastorali ben distinte. Priorità perché? La rapidità delle trasformazioni sociali, la velocità dei cambiamenti e la rapidità del susseguirsi degli stessi fanno risultare le istituzioni educative (familiari, ecclesiali, scolastiche..) non solo inadeguate ma impediscono il sedimentarsi delle nuove. Questo porta non solo disorientamento e sempre più frequente abbandono, ma mette in condizione chi resiste di far quasi tutto da solo e cominciare sempre tutto da capo. Per questo, l’educare non può essere opera individuale, ma necessita di un contesto normativo, valoriale e conoscitivo. Educare è una missione difficilissima poiché forte è il rischio non solo della diserzione educativa, ma anche della delega o del cedimento al fascino di superficiali scorciatoie educative (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 40).


CURIA METROPOLITANA Giovani e ricerca di senso Essere giovani, oggi, è un problema o una risorsa per la società? È questo l’interrogativo che muove il “mondo degli adulti” a fare tavole rotonde per parlare della realtà giovanile, a scrivere progetti che riguardino il loro futuro, a organizzare eventi/manifestazioni/servizi che li facciano sentire protagonisti unici e originali della loro vita. In tutto questo apparente interesse non manca una certa sfiducia di fondo che annullerebbe ogni sforzo per “dare vita e speranza” ai giovani. Si sente spesso ripetere l’espressione: “i giovani sono il futuro dell’umanità”; già, il futuro, qualcosa che per ora non c’è, perché al presente ci pensano gli adulti con la loro grande esperienza e saggezza esistenziali. Sono questi che hanno il compito di occuparsi dei giovani, di pianificare le loro scelte, il loro modo di vestirsi, di divertirsi, di studiare/lavorare; la società è un grande contenitore di proposte ben strutturate dove ciascuno può scegliere liberamente, ma in realtà solo fra quello che c’è ed è stato preparato in ogni dettaglio. Il mondo degli adulti inneggia, dilettandosi, nello sfoggio delle giovani promesse, e si prodiga nella presentazione di eccellenti, quanto imprecisati, programmi a termine indeterminato, in cui piuttosto che consegnare il futuro ai giovani, sono i giovani ad essere catapultati in un futuro senza nome né forma. Così facendo si attua un circolo vizioso che dalle false promesse evolve nella fine della promessa. La terra promessa è stata identificata con la vita virtuale, non quella sognata ma quella fantasticata e assaporata solo artificialmente e per un breve periodo. È come se il seme dovesse portare frutto stando sull’albero o rimanendo per aria, e non, invece, facendosi assorbire, diventando un’unica cosa con la terra. Accade, allora, che alla promessa, svuotata della sua intrinseca connotazione progettuale, si sostituisca l’arte del consumare, per cui si produce per consumare di più e si consuma per produrre di più2. In tutto questo, c’è ancora chi si lamenta dello stile di 2

«Il disagio non è più psicologico, ma culturale. E allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna agire, perché questa sofferenza non è la causa, ma

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vita, del modo di pensare la vita dei giovani, dimenticando che essi sono ciò che la società vuole che siano, come attori nello spettacolo del mondo che recitano il copione scritto dai grandi. Il loro protagonismo fantasioso e creativo, esuberante e trasgressivo, o rientra in schemi predeterminati in modo da essere accettato, oppure viene etichettato all’interno di una scala interpretativa che va dal deviante all’idealista. Si deve parlare dei giovani, ai giovani, per i giovani, ma ci si guarda bene dal parlare con loro o, peggio, dal lasciar loro la parola e mettersi in ascolto del loro vissuto. Scrive Padre Arcivescovo: Bisogna superare il paternalismo nei confronti delle nuove generazioni, ma coinvolgere i giovani anche nelle strutture di partecipazione, come il consiglio pastorale ed il consiglio per gli affari economici (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 210).

Ci vuole, quindi, uno sguardo simpatico e attento per cogliere nella loro vita le indicazioni direttrici che sta seguendo la società contemporanea, i problemi sociali, il nuovo modo di essere e di vivere, le trasformazioni in atto: è il modo di riconciliarci con la realtà di cui tutti, adulti e giovani, siamo plasmati e in cui si radicano sogni e progetti possibili per un futuro più umano e sensato. La cura educativa è il modo dell’educare, lo stile dell’educazione, perché accompagna il giovane nel mistero della propria vita con la logica del dono, cioè di una chiamata all’esistenza che cammina verso la realizzazione della promessa di sé nella piena umanità. La storia personale si snoda, così tra un’eredità ricevuta e un’eternità da conquistare. Come dire, una storia vocazionale3.

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Gli adulti devono farsi carico della crescita dei ragazzi e dei giovani. Tanti educatori dedicano tempo ed energie a servizio

la conseguenza di un’implosione culturale di cui i giovani, parcheggiati nelle scuole, nelle università, nei master, nel precariato, sono le prime vittime» (U. GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli Editore, Milano 2007, p. 12). 3 «È lungo la storia del soggetto che il mistero della sua identità ha preso progressivamente forma […]. Resta il fatto che è la storia personale dell’individuo l’ambito naturale ove è concretamente riconoscibile il suo volto attuale e ideale. Tale storia rappresenta dunque il criterio primo di discernimento vocazionale, sia per l’animatore sia per il giovane in questione; è essa la “casa del mistero”» (A. CENCINI, La storia personale casa del mistero. Indicazioni per il discernimento vocazionale, Edizioni Paoline, Milano 1997, p. 5).


CURIA METROPOLITANA dei più giovani e dei piccoli, ma essi devono essere sostenuti dall’intera comunità, anzi essi stessi sono espressione di una comunità che educa. Perciò oltre al sostegno della preghiera, si richiede dalla comunità anche la disponibilità ad integrare l’opera di catechisti ed educatori con altre figure complementari che potrebbero animare il gioco e organizzare forme di oratorio, per aggregare ragazzi e giovani e accompagnarli nella crescita (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 497). Aiutare i piccoli e i ragazzi a gustare insieme il gioco è diventata una vera “emergenza educativa”. Accompagnarli anche nel periodo estivo, evitando la dispersione (specie nelle messe domenicali) e l’isolamento inculcato dalle nuove tecniche comunicative assume una dimensione caritativa e sociale di prim’ordine (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 487).

S’impongono, dunque, due prospettive da assumere per restare in ascolto dei giovani esercitando la responsabilità della compagnia4 e della profezia5, capaci di dare significati alle esperienze, anche le più consumate, e integrarle in una vita che ritrovi i lineamenti del progetto. Si tratta della sfida e del servizio. Accostare il mondo giovanile partendo dall’ottica della sfida, vuol dire leggere il loro vissuto come provocazione a scommettere sui giovani, affinché le loro attese e spinte vitali non vengano ancora una volta bloccate. La realtà è fatta di luci e ombre e la tenebra stessa è una continua invocazione alla luce. Per poter comprendere i giovani bisogna avvicinarsi, imparare a stare con loro, non con la presunzione di chi ne sa di più, ma in un atteggiamento di servizio alla vita nella contemplazione del volto e nell’affermazione della dignità dell’altro. Don Tonino

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Questo termine rimanda ad un concetto teologico della storia intesa come «l’ingresso del Dio vivente nella vicenda umana, storia dell’alleanza fra l’umano andare e il divino venire, fra l’esodo e l’avvento» (B. FORTE, La teologia come compagnia, memoria e profezia. Introduzione al senso e al metodo della teologia come storia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1987, p. 6). 5 Nella vita del giovane, come nel cammino esodale, la «storia è memoria che, nella coscienza del presente, diventa progetto. Senza memoria il progetto sarebbe utopia; senza progetto la memoria sarebbe rimpianto; senza coscienza attuale, memoria e progetto sarebbero evasione» (ivi, p. 135).

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Bello rifletteva su come le comunità ecclesiali dovrebbero vivere la prossimità con i giovani. Noi ci affanniamo, sì, a organizzare convegni per i giovani, facciamo la vivisezione dei loro problemi su interminabili tavole rotonde, li frastorniamo con l’abbaglio del meeting, li mettiamo anche al centro dei programmi pastorali, ma poi resta il sospetto che, sia pure a fin di bene, più che servirli, ci si voglia servire di loro. Perché, diciamolo con franchezza, i giovani rappresentano sempre un buon investimento. Perché sono la misura della nostra capacità di aggregazione e il fiore all’occhiello del nostro ascendente sociale. Perché, se sul piano economico il loro favore rende in termini di denaro, sul piano religioso il loro consenso paga in termini di immagine. Perché, comunque, è sempre redditizia la politica di accompagnarsi con chi, pur senza soldi in tasca, dispone di infinite risorse spendibili sui mercati generali della vita. Servire i giovani, invece, è tutt’altra cosa. Significa considerarli poveri con cui giocare in perdita, non potenziali ricchi da blandire furbescamente in anticipo. Significa ascoltarli. Deporre i panneggi del nostro insopportabile paternalismo. Cingersi l’asciugatoio della discrezione per andare all’essenziale. Far tintinnare nel catino le lacrime della condivisione, e non quelle del disappunto per le nostre sicurezze predicatorie messe in crisi. Asciugare i loro piedi, non come fossero la protesi dei nostri, ma accettando con fiducia che percorrano altri sentieri, imprevedibili, e comunque non tracciati da noi. Significa far credito sul futuro, senza garanzie e senza avalli. Scommettere sull’inedito di un Dio che non invecchia. Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia6.

276 I volti dei giovani Andiamo, allora, ad incontrare i volti dei giovani, fermiamoci a contemplarli senza giudicarli, con il rispetto e la cura che si devono ad una realtà sacra che custodisce in sé un tesoro di inestimabile ricchezza: il Soffio dello Spirito. 6

A. BELLO, Tra le nuvole in fuga, La Meridiana, Molfetta (Ba) 1993, pp. 22-23.


CURIA METROPOLITANA Fissiamo il volto “disincantato” del giovane: la ricerca della propria identità e del sistema valoriale di riferimento si fa presto estenuante e difficile per cui egli non crede più alla realizzazione dei grandi ideali e all’incanto di fronte a modelli di umanità autentica da seguire; così si “sistema” nella quotidianità districandosi alla meno peggio tra bisogno di autonomia e bisogno di sicurezza, rinunciando alle scelte fondanti il proprio futuro e cercando di essere felice in quello che decide di essere/fare momento per momento. I giovani si sentono prigionieri e bloccati nel presente, perché esistenzialmente slegati da un passato che non appartiene più e da un futuro incerto e incomprensibile. L’istituzione, del resto, è in difficoltà a stabilire e favorire dei percorsi di crescita umana, sociale, professionale che diano al singolo la certezza di essere in cammino verso la maturità. Infatti, la società globalizzata non merita fiducia da parte delle nuove generazioni; essa, che si proclama eticamente neutra per rispetto della libertà plurale, si è deregolamentarizzata per farsi governare dalle leggi di un mercato guidato dalla flessibilità, dalla competitività, dal lavoro a tempo determinato, dalla mobilità, non solo dei capitali ma anche delle persone. Qui sta tutta l’incertezza e la precarietà del vivere umano: nell’impossibilità di fare scelte per il proprio futuro7. Travolti dal tempo, i giovani cercano di emergere dall’anonimato e dal non senso aggrappandosi al presente, al vivere qui e ora, tutto e subito, in uno smodato possesso di persone, cose e situazioni che li porta a rincorrere la novità nel moltiplicarsi delle esperienze, senza la possibilità di interiorizzare il vissuto per dargli un nome con la conseguente ricaduta nel già visto e già fatto. Questo “volto” del giovane è il riflesso e il prodotto dell’immagine di una società carat7 «La scarsità o precarietà del mercato del lavoro ha condotto le giovani generazioni a disinteressarsi dal futuro, vincolando impieghi o lavoretti al presente, ai soldi e al consumo immediato e compulsivo. […] In questo modo ed esasperando con tutti i mezzi i sensi e i desideri, il consumo è percepito dai giovani come uno stile di vita normale e una regola centrale e imprescindibile dell’integrazione sociale» (J.L. MORAL, Giovani senza fede? Manuale di pronto soccorso per ricostruire con i giovani la fede e la religione, Elledici, Leumann, Torino 2007, pp. 96-97).

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terizzata dalla complessità: non c’è più un centro unificatore e universale attorno a cui la vita trova senso e spiegazione, ma c’è una situazione pluricentrica dove coesistono diverse visioni e interpretazioni della realtà, diversi sistemi valoriali, diversi modi di vivere il proprio “essere umano”. È come andare al supermercato e scegliere di volta in volta il prodotto migliore al prezzo più accessibile. Come può la Chiesa restare fedele alla propria identità e, nello stesso tempo, essere presenza liberante in questo areopago moderno? La sfida per l’educazione alla fede è pressante: restituire ai giovani, che la società abbandona nell’insicurezza, nell’incertezza, nella precarietà, le risorse per costruire i ponti che li riconciliano con il futuro, con l’impegno per l’ideale, con la responsabilità del progetto, con l’anelito verso il trascendente, con l’integrazione dell’identità nella storia e nella cultura8. A tal proposito così si esprimeva Viktor E. Frankl: L’autorealizzazione è soltanto possibile nella misura in cui io mi perdo, mi dimentico, non vedo più me stesso. Devo avere un motivo per il quale realizzarmi. Il motivo sta nel dedicarsi totalmente a una cosa o a una persona9.

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Ed eccoci davanti un altro “volto” del giovane: obbediente, formalista durante la settimana, “trasgressivo”, libero nel week-end. I giovani accettano di sottomettersi al ritmo vitale ordinario, senza coinvolgersi più di tanto, per dare spazio alle loro emozioni, ai loro desideri, ai loro comportamenti più veri nel tempo libero/festivo; un tempo questo di cui si sentono incontrastati artefici e padroni e del quale non devono rendere conto a nessuno se non alla loro voglia di vivere. La società complessa può essere paragonata ad una strada affollata di gente a tal punto da farti sentire un elemento di un meccanismo che procede senza la tua volontà. E, comunque, ti senti solo, uno, nessuno, centomila, e fai fatica a distinguerti dagli altri, inglobato e globalizzato in una situazione senza una forma, un perché, un 8

Si tratta dei tre obiettivi dell’animazione culturale: la costruzione dell’identità personale dentro la cultura, la partecipazione solidale alla vita sociale, la ricerca della trascendenza e della religiosità (cfr M. POLLO, Animazione culturale. Teoria e metodo, LAS, Roma 2002, pp. 135-245). 9 V. E. FRANKL-P. LAPIDE, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo, Claudiana, Torino 2006, p. 27.


CURIA METROPOLITANA fine. Vengono, dunque, a mancare quegli indicatori di marcia sociali che permettono di discernere tra il giusto e l’ingiusto, il bello e il brutto, il vero e il falso, il bene e il male, il soggettivo e l’oggettivo, l’io e il tu, il “mio” e il “comune”. La crisi delle ideologie e delle grandi narrazioni hanno privato il mondo di quell’orizzonte vitale che ampliava la prospettiva dell’essere individuale nell’essere sociale, spostando l’interesse dalla ricerca del benessere all’impegno nel promuovere il bene comune, fondando le ragioni ultime della vita in una realtà trascendente la semplice fattualità del singolo, sia che si tratti della divinità sia che tratti della comunità umana10. Per questo, i giovani avvertono il tempo libero/festivo come tempo dedicato a se stessi, alla loro libera iniziativa (anche fin troppo stravagante), all’amicizia, all’amore, a tutto ciò che è sentimento e movimento del cuore e che non trova spazio nella routine di tutti i giorni, orchestrata da adulti i quali hanno fatto tacere la voce della poesia e tarpato le ali ai sogni in favore di un meccanismo istituzionale che livella tutto e tutti sulle leggi del progresso e della produttività. Ripartire dalla festa per liberare in ciascuno la gioia di vivere e di appartenere ad una comunità11. Educare alla festa vuol dire riportare il tempo alla sua dimensione originaria di trascendenza, donare senso allo scorrere, apparentemente anonimo, dei giorni. La festa è, da un lato, rottura degli schemi ordinari e voglia di qualcosa di nuovo, dall’altro, un’esperienza così profondamente 10

«La società complessa produce una profonda crisi del Noi, ovvero della dimensione sociale della vita costituita da quella rete di solidarietà che consente ad ogni individuo umano l’utilizzo nel proprio progetto di vita delle risorse, materiali e spirituali, messe a disposizione dagli individui che con lui condividono lo spazio e il tempo» (M. POLLO, Animazione culturale, cit., p. 42). 11 «Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle persone. Il messaggio cristiano pone l’accento sulla forza e sulla pienezza di gioia donate dalla fede, che sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e attesa umani. Il compito dell’educatore cristiano è diffondere la buona notizia che il Vangelo può trasformare il cuore dell’uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Figlie di San Paolo, Milano 2010, n. 8, pp. 17-18).

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radicata nella vita dell’uomo, da rappresentare come un punto focale attorno al quale ruota tutto il vissuto in un circolo ermeneutico che unifica i singoli accadimenti. Lungi dall’essere una fuga nel virtuale e nel disimpegno, si dispiega secondo dinamiche che tengono elevata la soglia di vitalità: c’è una parte di esistenza che chiede solo di vivere gratis e con responsabilità non un tempo libero dagli impegni, ma il tempo impegnato liberamente. La sfida dell’educazione è sul piano dell’incontro, dove l’identità personale matura ritrovandosi nell’alterità e nell’altrove. Significa crescere tendendo verso qualcosa che non c’è ma che è desiderato, amato: è la passione per l’utopia, non un divagare nel sogno, non un perdersi nell’ideologia, ma il pensare con il cuore, il vivere nella speranza.

Giovani e comunicazione

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L’educazione alla fede non può prescindere dal fatto della comunicazione, dove questa, lungi dall’essere la mera trasmissione di un messaggio da un emittente verso un ricevente, si caratterizza come evento relazionale e coestensivo tra i mondi degli interlocutori e del messaggio stesso. La comunicazione è il vero motore della vita sociale, tutto comunica e tutto si fa comunicando. L’uomo è per natura sua un essere comunicativo, è capace di percepire la realtà fuori di sé e di sentire la propria realtà profonda, di elaborare nel pensiero l’esperito, di esprimere/esprimersi attraverso il linguaggio verbale e non verbale usando svariati codici linguistici. In questa attività comunicativa egli non trasferisce semplicemente delle idee/messaggi in chi gli vive accanto, ma porta in superficie e a conoscenza dell’altro ciò che egli è in quanto uomo. Comunicare è il modo di relazionarsi, di costruire legami che creano comunità, spazi e tempi di scambio reciproco ed elaborazione del senso della vita, nel gioco dialogale del riconoscersi gli uni presenti agli altri, offrendosi reciprocamente disponibili alla comune ricerca della verità. La comunicazione favorisce l’incontro con il tu, ci fa sentire cercati dall’altro e ci fa cercare l’altro non semplicemente per trasmettere nozioni, saperi, segreti, informazioni, ma principalmente perché senza il tu, nel suo valore assoluto, l’io non sarebbe: così ci si sente parte, si partecipa


CURIA METROPOLITANA alla storia gli uni gli altri nella costruzione di possibilità più umane di vita. Comunicazione, incontro, relazione, sono tre dinamiche esistenziali che creano la comunità, e che la rendono luogo affettivo ed effettivo di vita. A tal proposito, scrive Padre Arcivescovo: Sono stato colpito da alcune affermazioni fatte dai giovani nell’incontro che ho avuto con loro il primo giorno della visita pastorale. Con la schiettezza che è connaturale alla loro età e con una acuta capacità di analisi dell’attuale situazione sociale e culturale, hanno sottolineato i due aspetti principali che connotano il nostro tempo: da una parte si evidenziano i fenomeni di disgregazione, di frammentazione e di individualismo e, dall’altra i desideri e i bisogni di amicizia, di dialogo e di comunione. Per dirla con le parole del famoso sociologo Zygmunt Bauman, in una società complessa e globalizzata si avverte sempre più “la voglia di comunità” (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 86).

Cosa sono il parlarsi, il guardarsi negli occhi, lo stringersi la mano, lo stare insieme tra amici, il calore di un abbraccio con chi non si vede da tempo, l’armonia e lo schiamazzo delle voci che si rincorrono nei luoghi di vita (nella preghiera liturgica come nelle liturgie laiche), il sentirsi chiamati per nome, i suoni dinamici della musica, le parole “costrette” nei dialoghi o liberate nelle improvvisazioni del teatro, le lunghe passeggiate con l’amico/a del cuore o una serata al pub, i mari aperti e le terre lontane sotto cieli infiniti raggiunti navigando in internet, i racconti di storia quotidiana che lasciano la traccia nei veloci scambi di “sms”, se non il desiderio di non essere soli e la certezza che la vita è più bella quando la si condivide con gli altri. Il mondo di comunicare, di esprimersi, di vivere dei giovani è il segno/sogno di un’esistenza sensibile all’amore, che vuole sentire/toccare l’amore nel volto dell’altro, che non si accontenta di sentirselo dire solo a parole, che accusa di sterilità e di formalità sia i proclami pieni di fiducia e di speranza provenienti dal mondo degli adulti, sia i discorsi su Dio altisonanti e dottrinali provenienti dal mondo ecclesiale.

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La disattenzione nei confronti del mondo giovanile rischia di rendere meno credibile l’impegno pastorale complessivo. I giovani oggi sono trascurati dalla società. Non deve accadere altrettanto nella Chiesa. Non basta l’invito alla catechesi o a prestare un servizio. È necessario stare con loro, dedicare loro un tempo privilegiato. Forse questo richiederà delle scelte e delle rinunzie (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 520).

La sensibilità giovanile, allora, mette al centro il loro sentimento, con la possibilità di riconoscersi nei loro desideri più profondi e più veri, nel loro bisogno/richiesta di accoglienza e di amore incondizionato, nella loro espressività creativa, nel movimento affettivo del cuore e nella frenesia delle pulsioni; un “sentire la vita” non come un testo di norme già scritte da eseguire, ma come un quadro da immaginare liberamente e da colorare in maniera estrosa ed originale dove la città diventa a misura di giovane, pulsante di bellezza. Come si fa a ripetere – talvolta paternalisticamente – che i giovani non sono interessati a Cristo nella Chiesa? Anche laddove emergono espressioni singolari o disturbate bisogna cogliere spazi di invocazione, di aiuto a scoprire Cristo e il suo Vangelo e a sentirsi partecipi e corresponsabili nella Chiesa come nella società. Per questo è necessario rendere più credibile il dialogo fra le generazioni in una società in cui i giovani sembrano avere meno voce e meno considerazione (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 525).

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Bisogna stabilire un terreno comune di intese e di ideali, di norme e di sentimenti, luoghi accoglienti dove aprirsi all’altro senza timore di essere giudicati perché ci si sente a casa, riti e simboli che sanciscono la reciproca appartenenza ad una cultura, cioè ad un modo di vedere, leggere, esprimere, sentire la realtà, che manifesta la consapevolezza e la voglia di essere vivi, di essere interessati alla vita e di ricrearla quotidianamente su sentieri e in forme che ne comunicano tutto il valore. La prassi cristiana con e per i giovani che vuole comunicare, rendere partecipi i giovani dell’Amore di Dio per l’uomo e per tutto ciò che è umano deve seguire il movimento dall’auto-comunicazione di Dio in Gesù di Nazaret. Si tratta di compiere con coraggio e speranza quel cammino esodale che porta a lasciare le “certezze pastorali” già acqui-


CURIA METROPOLITANA site e perpetuate per anni che hanno reso schiavo l’agire ecclesiale della “lettera”, delle formule e di un certo sterile rigore morale, dottrinale e liturgico estraneo alla vita delle persone inquadrata come il campo dove applicare i discorsi di fede preparati a tavolino; e dirigersi verso la terra promessa dei giovani, luogo teologico che rende possibile la comunicazione di Dio che vuole parlare alla/della vita dei giovani. La sintassi viene regolata dalla semantica, il significante viene compreso nel suo significato, il segno acquista valore alla luce del simbolo, la parola si fa voce amica che scalda il cuore, la catechesi si riscopre nel suo legame affettivo ed effettivo alla vita, il ragionamento dell’intelletto dà spazio al movimento del cuore, il calcolato fissismo degli itinerari e dei programmi pastorali prende il dinamismo dei desideri e dei sogni dei giovani. Significa puntare su un’adesione di fede “colorata” dei loro colori, esperienziale ma anche contemplativa, personale ma anche condivisa e vissuta nel cammino di gruppo, e nella vita della comunità. Scrive Luca Diotallevi: L’incontro settimanale comunitario è presentato dal vescovo come una priorità senza eccezioni. Se ci sono ritmi di incontro e di lavoro che contrastano con questa indicazione, le altre attività assumano ritmi meno intensi e cedano il primato all’incontro comunitario settimanale, in quanto, dopo la Messa domenicale, manifesta e fa vivere consapevolmente la comunità cristiana. A questo incontro debbono prendere parte e portare il proprio contributo, allo stesso modo, tutti coloro che nella stessa comunità parrocchiale hanno un ministero, fosse anche il più piccolo. Allo stesso modo debbono farlo tutti i gruppi, di qualsiasi genere. L’incontro deve essere insieme di adulti e giovani. Diverso è il discorso per le fasce d’età che vanno dai più piccoli ai giovanissimi. L’incontro settimanale comunitario appare come l’alternativa al narcisismo improduttivo giovanile in pastorale e al conservatorismo fatale dei più anziani. In quella circostanza i giovani apprendono la fede dagli adulti che sono spinti al continuo rinnovamento dalla presenza “scomoda “ dei giovani (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 34).

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Come non lasciarsi coinvolgere dai loro volti durante le celebrazioni rese belle da segni e simboli della vita, dal silenzio adorante del loro cuore durante le veglie notturne ai campi scuola, dalla loro gioia nei giorni della GMG, dalla forza rivoluzionaria delle esperienze di servizio, dai loro schiamazzi nei giorni delle feste comunitarie? Non è forse questo, il desiderio di Dio da sempre nascosto nel profondo di ciascuno, che è poi quel fondo di umanità abitato dallo Spirito e che occorre risvegliare e portare alla luce in una “pratica ecclesiale” che si scopre sempre più “pratica umana”?

La domenica

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La domenica è, nel nostro immaginario collettivo, il giorno – simbolo per eccellenza della festa, che rende possibile la realizzazione del desiderio di respirare finalmente la vita, dopo giorni trascorsi a svolgere “compiti imposti” e immersi in mille cose da fare tanto da sentir mancar l’aria. Oggi, più che in passato, ci rendiamo conto di abitare una società inserita in un sistema ben strutturato dove la domenica si è persa nei meandri della ferialità e non viene più riconosciuta nel suo valore culturale di festa. Essere nella festa significa vivere lo spazio/tempo della comunione, è vivere estroversi, per riconoscersi vivi grazie al “tu” che ci sta di fronte. Così la festa mette in circolo la gioia, condivide la speranza, rinvigorisce il cuore, ribadisce che siamo nati non per essere isole ma per diventare il “noi” della storia. La festa è l’invito alla realizzazione di un’umanità nuova non sottoposta a mere leggi di mercato ma a quelle della gratuità, a intraprendere processi di liberazione che, attraverso la programmazione di tempi di vita comunitaria insieme ad atteggiamenti di ascolto e accoglienza della diversità, favoriscono l’esodo dal circolo vizioso dell’io, verso la ricchezza esistenziale dell’esserecon-gli altri. È urgente ricollocare la domenica – festa come centro esistenziale sia della vita sociale sia della dimensione religiosa. La domenica deve diventare punto di gravità attorno a cui organizzare la città degli uomini, terreno di continuità tra la storia personale e la storia della società, luogo teologico in cui l’uomo si riconosce come essere in situazione in cammino verso il futuro che infinitamente lo supera e gli dà pienezza di vita.


CURIA METROPOLITANA Il centro della festa domenicale, per noi cristiani, è la celebrazione eucaristica che conduce dall’isolamento, volontario o subito, all’incontro vivo ed efficace con Dio nell’esperienza gioiosa della comunità di uomini e donne che si riconoscono nell’essere discepoli di Gesù. Di questo è consapevole fin dalle origini, come attesta san Giustino (morto circa nel 165 d.C.) in una delle più antiche descrizioni della celebrazione eucaristica domenicale: Quelli che possiedono aiutano tutti i bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri. Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il Signore dell’universo per il suo Figlio e per lo Spirito Santo. E nel giorno chiamato “del sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città e delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli, gli scritti dei Profeti, finché il tempo lo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, colui che presiede ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere e rendimento di grazie ed il popolo esclama dicendo: “Amen”. Si fa quindi la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti. Quelli che hanno possibilità e tutti quelli che lo desiderano danno liberamente, ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso colui che presiede. Questo soccorre gli orfani, le vedove e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa; anche i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi. Ci prendiamo cura di chiunque sia nel bisogno (Giustino, Prima Apologia, 67, 1-6).

285 La domenica è «il primo giorno dopo il sabato» (Lc 24, 1): il giorno del Signore non indica più il sabato, il giorno della fine della creazione, ma la domenica, il giorno della nuova creazione. È l’alba di un mondo nuovo, l’inizio di una nuova storia per sempre consegnata alla luce e alla verità del Risorto, è il giorno in cui i cristiani si riuniscono nella casa di Dio per disperdersi nel mondo e impiantare il suo Regno. L’Eucaristia domenicale fa comunità eucaristica di comunione e fraternità, sollecita nel soccorrere i poveri e gli ulti-


mi, appassionata per l’educazione e ardente di missione. Essa è sorgente e vertice della vita parrocchiale, sacramento dal quale la comunità cristiana parte e al quale approda; illumina la vita quotidiana e riempie di gioia il tempo feriale. Scrive Padre Arcivescovo: Perché si respiri sempre più il clima di una Chiesa di popolo che raccoglie i fedelissimi, ma diventa accogliente anche verso coloro che conservano un rapporto “più debole” con la comunità cristiana, è necessario fare sintesi. Se questa unità non la vivono gli adulti, non ci può meravigliare se i ragazzi dell’iniziazione cristiana partecipano alla catechesi settimanale, ma “dimenticano” di vivere la messa domenicale. Vi esorto quindi a fare oggetto di riflessione e di approfondimento il testo del progetto diocesano sulla mistagogia. Il metodo che implica una sintesi interiore implica un impegno per un incontro settimanale comunitario, che veda i giovani, gli adulti e tutti i gruppi operanti in parrocchia riuniti insieme per percorrere l’itinerario dell’anno liturgico che nella Domenica raggiunge il culmine ed assicura la fonte cui abbeverarsi per il cammino settimanale (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 34).

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Bisogna aiutare i giovani a vedere la celebrazione eucaristica come la sintesi e il paradigma teologico della vita quotidiana, dove l’amicizia e l’affettività, la responsabilità nello studio e nel lavoro, l’impegno in famiglia, in parrocchia, nel territorio, sono la risposta gratuita all’amore di Dio che tutto avvolge con la sua grazia. Nell’Eucaristia domenicale il giovane scopre che il segreto della vita sta nel rendere grazie, nella risposta all’amore che chiama, nella relazione fondante con il Tu che trova la sua situazione vitale nel rapporto di reciprocità gratuito e senza tensione con l’altro da me, accolto come dono. I riti di accoglienza, la proclamazione della Parola, il segno del pane e del vino, manifestano un Dio che si fa vicino e ama per primo, che parla il nostro linguaggio e si intrattiene con noi come amici, che continua ad agire per noi oggi e offre la possibilità della comunione con la Trinità, perché l’uomo sia capace di comunione e testimone di pace nella realtà in cui vive12. 12 «Domenica perché? Perché a Dio piace la convivialità e perché a Dio preme che l’uomo non si dimentichi di Lui e del suo operare a vantaggio dell’uomo, non per narcisismo divino ma per il bene stesso dell’uomo che diversamente rischia di smarrire la memoria delle


CURIA METROPOLITANA L’Eucaristia è un grande gioco dei doni. C’è il dono di Dio all’uomo, celebrato nel dono della salvezza realizzata nella morte e risurrezione di Gesù. E c’è il dono dell’uomo a Dio, celebrato nell’abbandonarsi con fiducia a Lui come Signore della nostra vita. Questo donarsi di Dio e dell’uomo costituisce la struttura fondamentale dell’Eucaristia e coinvolge persone, oggetti e situazioni. Il cammino di fede dei giovani e degli adulti deve essere segnato dal Giorno del Signore. “Vivere secondo la domenica” è l’espressione che sant’Ignazio di Antiochia ripeteva ai cristiani del suo tempo e che Benedetto XVI ha richiamato nella esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis. La domenica è come uno scrigno che contiene un tesoro di grazia di inestimabile valore che il cristiano deve saper custodire e far fruttificare (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 80).

Appassionare i giovani all’Eucaristia vuol dire farli sentire protagonisti della celebrazione nei diversi ministeri che vi intervengono; ma anche nella preparazione delle Letture, dei canti, delle preghiere dei fedeli, di alcuni segni, dell’aula liturgica, con particolare attenzione e gusto nella scelta dei fiori (il buon profumo e i colori sono quel tocco di delicatezza che non può mancare in una festa), e nel favorire, grazie alla loro vitalità fantasiosa, un clima di preghiera in stile comunitario. Testimoniare l’Eucaristia celebrata vuol dire essere credibili, pezzi di pane che tutti possono mangiare, essere un’ondata di santità che riordina le logiche della forza nei segni del servizio e nell’amore che porta frutto. Aiutare i giovani a fare i conti con la simpatia di Dio presente nei riti, simboli, parole, gesti della cele-

origini (domenica primo giorno), la memoria degli approdi (domenica ottavo giorno), la memoria dell’evento cardine della storia (domenica di resurrezione legata al venerdì della crocifissione), e la memoria della possibilità di una vita personale e sociale sensata perché cristiforme e comunionale, possibilità in forza dello Spirito (domenica di pentecoste). Bastano questi semplici accenni a rimarcare l’importanza della domenica. Veramente in essa il tempo mondano – chronos – si fa tempo della grazia – kairòs» (G. BRUNI, A cena con il Signore. Incontro di un desiderio e di un’attesa, Ed. Insieme, Terlizzi 2006, p. 98).

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brazione, e che chiede a loro una risposta adeguata nella direzione dell’affamato, dell’assetato, dell’ammalato, dei miseri della terra, da accogliere.

Una storia che si fa profezia

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Guardare con passione e con pathos i giovani significa farci tirar dentro nel loro mondo e scommettere sul loro desiderio di vita; e anche soffrire quello che essi soffrono, condividere e interpretare il loro grido di liberazione da un mondo disumano, che costringe a “pensare in proprio” il successo/salvezza/benessere personale, come un bisogno di reciprocità autentica che si fa richiesta di accoglienza, denuncia dell’esclusione, desiderio di sentirsi necessari. La prima scelta profetica da fare se si vuole toccare sul vivo la realtà giovanile è l’accoglienza incondizionata che ridoni al giovane la dignità dell’essere risorsa e ricchezza. L’invocazione più bella che sgorga dal suo cuore e che anticipa ogni ricerca del senso è la richiesta di essere amato per quello che è e non dopo aver visto ciò che fa; e la risposta adeguata sarebbe favorire, nei gruppi così come nelle relazioni personali, un clima affettivo più che uno autorita-rio/paternalista per sottolineare il valore della persona in sé. L’immagine del Padre che vede arrivare il figlio, gli va incontro, gli butta le braccia al collo e dona la possibilità di un futuro migliore perché ama questo presente, sostituisce quella di maestri benpensanti buoni solo a puntare il dito sulle malefatte. Bisogna, quindi, rivalutare l’accompagnamento dei giovani nei loro percorsi di vita quotidiana, dai momenti di tristezza per un insuccesso alle gioie estreme per l’amore cercato e finalmente trovato, dai piccoli rifiuti ai grandi sì, dai dubbi che si fanno domande alle risposte che diventano certezze, dalle insicurezze per il domani alla speranza di un oggi colmato di senso, dall’incontro/confronto con il dolore e con il male all’imporsi del bene e della Grazia nonostante tutto. La Chiesa-comunione è chiamata a farsi compagna di vita e a perdere tempo con i piccoli e i giovani, come più volte annota Padre Arcivescovo. In particolare: La parrocchia non scivolerà in una sorta di stazione di servizi se si avranno nella sua vita momenti strutturali in cui giovani, adulti e anziani si ritrovino insieme. Voi sentite la par-


CURIA METROPOLITANA rocchia veramente come la vostra casa, la casa di tutti. Il territorio è ampio, con ulteriori sviluppi nel futuro. Perciò siete una parrocchia “giovane”, anche per un tasso di natalità incoraggiante. Esprimo sincera gratitudine ai dirigenti, agli insegnanti, al personale della scuola, agli alunni per l’affettuosa e calorosa accoglienza, segno di un terreno fecondo per una crescita educativa umana e cristiana. In questo contesto sottolineo il ruolo dell’Azione Cattolica, che contribuisce particolarmente ad alimentare la coscienza di appartenere alla Chiesa locale da parte di tutta la comunità. La corresponsabilità dei laici disegna il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 382).

Il cammino esistenziale dei giovani è segnato dal coraggio dell’andare, dalla dignità violata, dalle attese deluse, da incontri che guariscono e risanano, dalla forza propulsiva dei sogni. La comunità è chiamata ad accogliere la sfida educativa di incrociare la strada dei giovani, anzi i giovani in cammino, per dare loro ragioni di vita e di speranza, con i segni di una presenza che non si attarda nei giudizi ma ne accompagna i passi. Particolare efficacia ha il cammino associativo dell’Azione Cattolica, che in diocesi catalizza molte risorse giovanili attorno a itinerari educativi che assicurano il riferimento a una comunità che segue il Vangelo. Sottolinea Padre Arcivescovo: Sono stato ben lieto di incontrare i giovani e i giovanissimi che assicurano alla comunità tutta uno sguardo sul futuro, colmo di speranza. Il loro percorso formativo è illuminato, per molti, dall’esperienza dell’AC. In questa parrocchia, l’Associazione raccoglie un’antica consolidata tradizione che assicura un riferimento costante alla Chiesa locale e impedisce quella chiusura nel proprio orto che non fa respirare con i polmoni della Chiesa tutta (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 365). L’AC assicura il collegamento con la Chiesa locale, creando un respiro ecclesiale più ampio (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 374).

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Educare i giovani è l’azione dell’amore che si prende cura della debolezza, si fa carico dei desideri di felicità di chi non si vuol sentire estraneo riguardo alla storia ma la abita, rimette in piedi la promessa del futuro che non è già scritto perché è nelle possibilità di ciascuno. Se i giovani risultano oggi più disimpegnati, meno affascinati dalla vita politica, meno pronti ad esperienze forti di volontariato e/o di missione, anche meno rivoluzionari rispetto a un tempo non tanto passato, è perché si sono accorti di essere stati esclusi dalla vita sociale. C’è chi pensa a loro (e lo fa male), così essi decidono di costruirsi universi simbolici e reali staccati dal mondo degli adulti, con il conseguente sconfinamento nell’anonimato e nel vuoto. Per questo si impone una seconda scelta profetica che chiamerei “del ragazzo dei cinque pani e due pesci”. Prima che chiedere a loro di fidarsi di Dio, dobbiamo presentare un Dio che si fida dei giovani, del loro poco, anzi del loro tutto, perché è tutto quello che sono. Sarebbe bello fare con i giovani i progetti di pastorale giovanile, evangelizzare i giovani con i giovani, mettere in movimento il loro potenziale di pura energia vitale per cambiare le strutture di morte azionate dai grandi della terra. Nessuno dei giovani dovrebbe andare a dormire senza essersi sentito dire almeno una volta nella giornata: “ho bisogno di te, conto su di te!”. Questo fa uscire dalla solitudine entro cui ci ha costretti il mito efficientista del self-made man, dell’uomo che non deve chiedere mai, del “chi fa da sé fa per tre”. Spesso sia in ambito civile sia in ambito ecclesiale si punta sulla presenza dei giovani come cornice ad eventi fatti su misura per loro ma senza di loro; basti guardare l’età media della classe politica, o di certi collegi docenti, o dei consigli pastorali. Contare sui giovani significa dare spazio a loro nel presente, renderli protagonisti, guide della vita sociale/ecclesiale per svecchiare il nostro mondo e modo di vita, rischiando che essi mettano in crisi, capovolgendoli, i nostri schemi mentali desueti, ma con la certezza che tutto diventerà più giovane, bello, vivibile. Certo, se ci fermassimo a guardare i numeri dei giovani che vengono in chiesa alla domenica o che frequentano i gruppi parrocchiali, dovremmo affermare che c’è un disastroso calo del sentimento religioso giovanile. Se, invece, ci addentrassimo nel loro modo di vivere scopriremo un sistema di segni che “lanciano” domande di significato che a volte noi, gente di chiesa, non sappiamo cogliere. La ricerca di legami affettivi, la voglia di evasione, il loro linguaggio


CURIA METROPOLITANA distintivo e tanto diverso dagli adulti, lo sfrenato navigare in internet, viaggiare, provare l’ultima moda, la trasgressione, le tante domande, i loro silenzi in famiglia, le loro assenze, il loro ritrovarsi attorno a leader (siano questi politici, cantanti, uomini di fede), non sono forse espressione del loro cercare se stessi e il senso della vita, in contrasto con un certo modo di fare che vuole imporre schemi fissi di forme di socialità e di vissuto di fede? La strada del modo di rivelarsi di Dio è la relazione tra l’umano e il divino, tra il trascendente e l’immanente, tra il cielo e la terra, tra la parola e il silenzio. In questa linea fa capolinea un “cristianesimo umanitario e autonomo”, sganciato dall’istituzione e più legato alla persona, all’umano; non significa fare a meno della Chiesa, no! È avere le mani, il cuore e soprattutto la mente liberi perché il Vangelo possa incontrare la vita, frequentando i luoghi o non luoghi dove abitano i giovani; la strada diventa la metafora della vita e della dimora di Dio (basti pensare alle tante esperienze di annuncio in discoteca, nelle piazze, sulla spiaggia), in cui l’uomo si sente cercato nel suo profondo esistenziale senza essere giudicato13. Il Regno diventa una costruzione a cui mettere mano da parte di tutti e a partire da gesti concreti di giustizia e di pace. Credere in Dio è scoprire di essere schierati per la vita, per il desiderio di felicità e speranza; questo è il sogno stesso di Dio, e aiuta a vivere un cristianesimo ancora una volta significativo per la storia degli uomini e delle donne. Non si può continuare a restare fuori dal mondo nel chiuso di dinamiche ecclesiali che mirano a prendersi cura dell’unica pecora rimasta nell’ovile, ignorando o facendo finta di non vedere le novantanove pecore vaganti per i pascoli; o peggio, dimenticando che il compito del lievito è quello di stare nella massa perché questa fermenti. La 13 «Strada vuol dire: mondo, territorio, spazio su cui muoversi e incontrarsi, geografia della vita e della cultura dei popoli e singoli. […] Strada vuol dire ferialità e secolarità, storia di un popolo, con tutta la provvisorietà e il dinamismo vitale che consente di credere al futuro, nonostante le lezioni del passato e i drammi del presente. Strada che rende nomadi, pellegrini dell’eterno nel tempo. Nomadi, affascinati dalla terra, dalla sua ospitalità, ma attratti sempre dal nuovo e dall’oltre» (A. NAPOLIONI, La strada dei giovani. Prospettive di pastorale giovanile, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, p. 24).

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Chiesa, sacramento universale di salvezza, è chiamata a desiderare e favorire la liberazione, la vita, la felicità, la promozione della dignità di ogni uomo e donna sulla terra. Scrive Papa Francesco al n. 24 dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere.

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È l’umano il terreno comune su cui impegnarsi perché il Regno venga, e questo significa assumere l’educazione come processo di crescita umana e quindi cristiana. L’evento dell’Incarnazione ci ha consegnato un Dio che non vuole più dirsi senza l’uomo e un uomo che ha incontrato il divino nella sua umanità; così l’educazione, mentre mira alla maturazione umana, apre la possibilità del divino in noi, e l’esperienza di fede, promuovendo la crescita cristiana, la radica in un percorso di piena umanizzazione. Solo così il Vangelo diventa buona notizia per l’uomo di oggi, perché lo tocca sul vivo della sua esistenza, illumina gli angoli oscuri, riscalda il cuore degli oppressi dalla guerra, dalla fame e dalla malattia, si manifesta come Parola che denuncia l’ingiustizia e annuncia/costruisce un mondo più a misura di uomo. Spesso si guarda con sospetto e pressappochismo quelle parrocchie che fanno la scelta di non proporre a tutti, indistintamente e da subito, il “classico” itinerario di fede, mentre favoriscono processi educativi che aiutino la persona a costruire/definire la propria identità nella scoperta/rispetto dell’alterità. Del resto, un cammino di crescita di fede che non abbia ricadute esistenziali e non si giochi facendo i conti con l’umana ferialità rischia di restare una proposta sterile e datata che non rivitalizza, anzi invecchia, le nostre comunità ecclesiali. L’esempio e la testimonianza di tanti (sacerdoti, missionari, laici, vescovi) che hanno scelto di servire le “povertà” degli uomini e delle donne di oggi, e che segnano il passo di una Chiesa impegnata socialmente nella liberazione per un futuro più umano possibile, sono il segno profe-


CURIA METROPOLITANA tico di una pastorale in situazione e umanamente orientata, perché solo quando l’umanità è favorita verso la sua piena realizzazione si può dire salvata e quindi aperta alla divinità. Prendendo in prestito due espressioni di don Tonino Bello possiamo immaginare così il binomio educazione e fede: le nostre sacrestie più che di incenso dovrebbero recare l’odore acre della terra, e le nostre comunità prima di organizzare i pediluvi alla gente dovrebbero soffermarsi a lavarsi i piedi gli uni gli altri. Sfide Stiamo parlando della necessità di una prassi rinnovata riguardo alla trasmissione della fede; il modello tradizionale è andato in crisi perché non si è data la giusta attenzione al cambio socio-culturale in atto, e ciò ha prodotto ora l’accusa al mondo contemporaneo senza valori dove non c’è più posto per Dio, ora il mea culpa dei cristiani non più capaci di annunciare il Vangelo e di attirare verso Dio le folle. In realtà è andato in crisi tutto il sistema sociale fondato sul principio di autorità e sul valore della tradizione come garanzia di norme, valori, costumi universalmente validi e perpetuanti di generazione in generazione. Si sono rotti gli equilibri che favorivano il passaggio di conoscenze, religiosità e comportamenti dal mondo degli adulti a quello dei più giovani; per cui oggi i giovani non conoscono la realtà per sentito dire, non credono in Dio secondo forme preconfezionate, non assumono comportamenti imposti dall’esterno, ma legano tutto alla loro esperienza diretta e alla loro coscienza libera e autonoma. Per questo, la pastorale deve cambiare strutture, strumenti, luoghi, metodi, per passare da una semplice trasmissione di saperi ad una proposta che chiama in causa la libera appropriazione/produzione del senso del credere e l’originale elaborazione delle forme espressive/esplicitanti del credere da parte del giovane. In questa direzione, occorre rimettere al centro i percorsi di fede per i preadolescenti, anche attraverso il metodo dell’oratorio, affinché la Cresima sia il sacramento dell’in-

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gresso nella maturità cristiana e umana. Un auspicio che Padre Arcivescovo sottolinea più volte: L’oratorio dei ragazzi permetterà di creare una continuità educativa anche dopo la celebrazione del sacramento della cresima (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 269). L’esperienza oratoriana e ludica rappresenta la più saggia risposta pastorale a quel bisogno di continuità, dopo il sacramento della Cresima, che è la vera crux dell’itinerario dell’iniziazione cristiana (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 365).

Sarebbe interessante puntare su comunità mistagogiche, costruire/creare comunità, luogo di relazione, spazio/tempo di esperienze di fede, soggetto nell’educazione alla fede, e con una mentalità mistagogica. La mistagogia, infatti, è un essere iniziati al mistero, un entrare nell’esperienza di Dio attraverso la ri-appropriazione di simboli, riti, concetti, significati, integrati nel desiderio di vita e di felicità dell’uomo che, così, si scopre aperto a qualcosa di nuovo/oltre, al trascendente. La mistagogia, come metodo pastorale, assicura l’interazione fede-vita, perché offre la possibilità di leggere/interpretare la Parola a partire dalla realtà, e di illuminare quest’ultima con la Parola di Vita.

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A tale scopo richiamo l’indicazione pastorale da me offerta nel progetto pastorale diocesano sulla mistagogia, che vede non solo nella sintesi fede – celebrazione – vita un punto cardine, ma che suggerisce uno strumento di attuazione specifico: l’incontro comunitario tra i vari gruppi e tra giovani e adulti, senza il quale la prospettiva comunitaria può essere a rischio. Soprattutto per leggere i segni dei tempi nel territorio insieme, e, insieme, vivere i momenti centrali della vita parrocchiale (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 525).

Non è primaria la conoscenza dell’armamentario dottrinale per accostarsi a Dio, bensì è l’esperienza/incontro di Dio (nei sacramenti come nella vita di ogni giorno) a favorire l’interiorizzazione del senso che ne deriva e una certa propensione a vedere i segni della sua Presenza nella storia umana.


CURIA METROPOLITANA Come la porta delle nostre chiese unisce la strada al tempio e il tempio alla strada, così non è possibile separare la liturgia dalla vita e la vita dalla liturgia e dalla Parola di Dio (Memoria, fedeltà, profezia, vol.I, p. 82).

La comunità, così, è chiamata a vivere la fede “sulla soglia”, dove s’incontrano esperienza di Dio e vita umana, per assumere le sfide dell’oggi e inventare insieme prassi alternative per uscire dall’ovile verso il grande pascolo che è il mondo. Padre Arcivescovo scrive: Le giovani generazioni sono la vera ricchezza della comunità cristiana. Per questo raccomando che si instauri un dialogo sincero ed appassionato tra giovani ed adulti e che l’incontro settimanale della comunità sia un momento privilegiato per uno scambio tra le diverse generazioni. Accanto a questo comune momento formativo, è opportuno che si programmi un cammino di catechesi settimanale specifica per i giovani. Lo richiede l’età, il particolare contesto culturale e sociale del nostro tempo (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 81).

In questo atteggiamento di ascolto reciproco intergenerazionale, e allargato, alla luce della Parola di Dio e della parola dell’uomo, è possibile, nell’ottica della sperimentazione, trovare nuovi modi per essere e dirsi Chiesa, nuovi stili liturgici, di comunione, di carità da perseguire, nuovi sistemi di significati che siano in grado di dialogare con la cultura in maniera simpatica, che consentano ai giovani di maturare le scelte fondamentali per la loro vita. Lo stile narrativo utilizzato nella catechesi fa in modo che l’annuncio sia rafforzato dalla testimonianza di una storia, quella personale, salvata dalla storia di Gesù, e questo diventa Vangelo, bella notizia che salva qui e ora. Lo scambio tra le generazioni, come ho detto durante l’incontro con i giovani e gli adulti, parte dall’impegno di trasmettere la fede come “narrazione” della propria esperienza e della propria vita. Dio solo sa quanto di questo abbia bisogno la nostra società, nella quale la disattenzione ai giovani e alle nuove generazioni sta progressivamente provocando le

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reazioni che sono sotto gli occhi di tutti. La parrocchia diventa così “segno” nel mondo di superamento di quella incomunicabilità e distacco generazionale presenti in tante famiglie e nella nostra società. In parrocchia ci si sente una sola famiglia, se ci si conosce sempre di più e si prova la gioia di collaborare nella vita e nella missione della comunità (Memoria, fedeltà, profezia, vol. II, p. 512).

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La comunità mistagogica conduce, apre la strada verso Dio, passando e soffermandosi per le vie della terra, bonificandone le paludi, raddrizzando i sentieri scoscesi, colmando le valli, preparando un cammino sicuro dove porre la dimora dell’uomo e la Tenda dell’Incontro14. La crisi nella trasmissione-comunicazione della fede ai giovani spinge ad un ripensamento teologico per una nuova definizione dell’identità cristiana e alla centralità del fatto educativo nella pastorale giovanile. Innanzitutto, affinché il credere sia ragionevole e la Parola sdi Dio risulti credibile per il giovane di oggi, è necessario purificare un’immagine di Dio troppo lontana. Ci si deve fermare, finalmente, davanti al Volto di Dio: Gesù di Nazaret. Qui vediamo Dio, un Dio che non si nasconde, ma si mostra disponibile ai nostri sguardi, che non si vanta della sua onnipotenza ma predilige la sua Presenza in mezzo a noi, che non marca la differenza con la sua divinità perché è uno di noi, è il Dio-uomo, un tutt’uno con la nostra umanità grazie al suo essere divino. Il punto è questo: prima che un Dio per noi Egli è l’Emanuele, il Dio con noi, coesistenziale con l’oggi dell’uomo, fragile, debole nel suo amore totale e vero per gli uomini e per questo schierato dalla nostra parte, in modo che tutto, anche la sofferenza e il dolore, il buio e l’insicurezza, venga visitato e abitato e quindi liberato da Lui. Quando l’uomo si apre all’Oltre da sé, la sua azione diventa l’azione di Dio, prolunga l’opera creatrice di Dio, si vede inserito in un 14 «Particolarmente importanti risultano per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno, ma soprattutto per quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella cultura e nella politica» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, cit., n. 32, p. 55).


CURIA METROPOLITANA piano di salvezza che è cominciato prima di lui e proseguirà dopo, e nell’oggi della storia scopre di essere protagonista di atti creatori, generatori di vita, che contribuiscono a realizzare il sogno di una terra abitabile, concretizzazione del Paradiso. L’Incarnazione sancisce l’incontro tra la sete d’infinito dell’uomo e la nostalgia di umanità di Dio, e riconcilia l’uomo con la sua umanità, luogo e volto stesso della divinità. L’uomo si sente preso sul serio circa la sua umanità e si rende responsabile nelle sue scelte di portare la creazione verso il suo punto risolutore. Il Salmo 8 è il canto che il credente rivolge a Dio perché si sente depositario della sua fiducia, avverte di essere lui la Speranza di Dio, con-creatore per mandato divino. Don Tonino Bello commentandolo, così scriveva: Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani. Tra le verità più splendide della fede cristiana, penso che emerga proprio questa: il nostro Dio non soffre di gelosia. Non considera l’uomo come suo rivale. Ma come partner che collabora con lui nel cantiere sempre aperto della creazione. Come socio, cioè, di pari dignità, nella sua cooperativa di lavoro. Non si macera nel timore che l’uomo un giorno o l’altro debba trafugargli i brevetti delle sue invenzioni. Ma gli concede i poteri delegati su tutte le ricchezze dell’universo. Non nasconde i suoi segreti nella cassaforte del mistero. Ma li squaderna sotto gli occhi dell’uomo. Perché non ne teme la concorrenza. Anzi, ne sollecita la collaborazione. Con queste parole bibliche veniamo messi a conoscenza dei nostri diritti regali su tutto il creato, da custodire e portare a compiutezza, non da manipolare a piacimento combinandolo e scombinandolo secondo le lussurie dei nostri capricci. Sul manufatto di Dio, non su tavolozze indistinte; su quadri d’autore, su capolavori con tanto di firma, che noi abbiamo l’obbligo di incorniciare e di esporre, non di imbrattare. Potere, non diritto di abuso; autorità, non spadroneggiamento sulle cose. Dio ha costituito l’uomo principe, ministro dell’ordine a servizio della vita, non anarchico distruggitore del cosmo. Gli ha affidato la tela dell’universo da lui costruita con paziente tessitura, non perché la sfilacciasse, ma perché continuasse a ricamarla con tutta la sapienza del suo genio.

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Quale cristianesimo oggi?

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Mi sembra di capire che non si possa più insistere troppo sulla verità in sé, assoluta, come piovesse dall’alto sulle nostre teste, neutra e asettica; piuttosto, per non cadere nel relativismo, bisogna ammettere che la verità è storica, si manifesta nel suo essere relativa agli schemi interpretativi del contesto linguistico e socio-culturale. In teologia si tratterà di passare da una “ragione speculativa” che propone un sapere sistematico ed esaustivo delle verità di fede comprovate dalla Scrittura e dalla Tradizione, ad una “ragione ermeneutica” che, assumendo la normatività del messaggio cristiano nell’esperienza fontale di Gesù di Nazareth, la propone come esperienza di salvezza per l’oggi, ripensandola nelle forme e strutture di significato che appartengono all’attualità della vita. È il modo più bello per rendere viva la tradizione, che rimane trasmissione del depositum fidei ma accetta la sfida di incarnarsi, reinterpretando l’Evento Gesù in un’esperienza di fede che si fa testimonianza, messaggio. La pastorale giovanile assume l’educazione come percorso privilegiato per la maturità umana e cristiana in modo da poter accogliere il Sì di Dio che si fa presenza d’amore nel cuore dei giovani, costruendo insieme i sì quotidiani alle domande di vita. E questa, oggi, è un’urgenza che non può lasciarci indifferenti. Per questo, si tratta, di purificare e convertire l’espressione della fede, il modo di dire e vivere la fede. Un Dio che ci ha creati per amore, che è tutto dalla nostra parte, ci fa dono della sua vita e ci vuole nella libertà, apre davanti a noi la possibilità di vivere nell’amore umanizzante oppure no. La crescita nella fede consiste nel far sviluppare e fruttificare il dono di grazia che è già nel cuore di ciascuno; è liberare il Soffio di Dio perché fruttifichi in gesti concreti di umanità, verso la piena realizzazione di sé. Questo Dio, oggi, sarebbe più credibile da parte dei giovani, in quanto si trova “immischiato” nel desiderio comune di emergere dall’anonimato e di vedere espresse le immense potenzialità del cuore umano, in vista del bene della società! Ci troviamo, così, nell’ottica di un cristianesimo vocazionale, dove Dio pro-voca con l’Amore gratuito e incondizionato e si fa compagno della vita, delle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini e delle donne.


CURIA METROPOLITANA L’attenzione ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani richiede disponibilità, generosità e formazione da parte degli educatori. Si tratta di prendere coscienza delle evoluzioni sociali a cui i ragazzi sono più facilmente esposti: la mancanza di valori porta costoro ad assenza di interessi e a un conseguente disorientamento, basta pensare al modo con cui impegnano il tempo libero. Bene hanno visto i vescovi italiani nel proporre l’impegno educativo quale progetto dei prossimi anni. Per le nostre parrocchie si tratta di ripensare quelle forme e quegli spazi che diano vita alla collaudata esperienza oratoriana o di ACR, dove nel gioco ed in altre espressioni di aggregazione si offrono ai ragazzi motivi di formazione (Memoria, fedeltà, profezia, vol.I1, p. 400).

Il cristianesimo deve far risaltare il Vangelo come evento liberatore degli uomini e delle donne di oggi. È un impegno ad assumere seriamente il compito della contestualizzazione della fede, di una fede che, secondo il criterio dell’Incarnazione, decide di dirsi con il linguaggio umano. Ma se il cristianesimo dovesse, con insistenza, continuare a praticare solo i sentieri teologico-pastorali dell’insegnamento, della dottrina, del Totalmente Altro, del sacrificio e della penitenza, del dover essere, a discapito di una Parola fatta carne nella storia quotidiana, dell’incontro, della ricerca della verità, dell’amore incondizionato, della vita prima di tutto e per tutti, si finirebbe per decretare, con l’inaccessibilità di annunci eterei e sovratemporali, il silenzio impassibile imposto a Dio15.

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«Alla fede vissuta e pensata dei cristiani è chiesta, allora, l’audacia di idee e di gesti significativi ed inequivocabili di carità e di giustizia nella sequela dell’Abbandonato della Croce: il cristianesimo del terzo millennio o sarà più credibile nella carità e nel servizio che esse ispira, o avrà ben poco ascolto nel cuore dei naufraghi del secolo breve, che restano alla ricerca del senso perduto, capace di dare sapore alla vita e alla storia, come solo Cristo nel suo crocifisso amore ha saputo fare» (B. FORTE, Dove va il cristianesimo?, Queriniana, Brescia 20012, p. 155).

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L’educazione al centro

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C’è bisogno, quindi, che il giovane scopra di essere abitato da Dio e che la storia di Dio e quella dell’uomo non procedono per vie parallele, ma si intrecciano come i fili formano la trama di un unico ordito. L’educazione alla fede punta e fa riconoscere come, nell’ottica dell’Incarnazione, solo ciò che è veramente umano porta in sé la traccia del divino, per cui è possibile nei fatti/eventi della vita riconoscere la presenza efficace di Dio e sentirsi parte di un progetto più grande che si realizza nei piccoli oggi della storia dove l’uomo interviene con il suo agire autentico. L’uomo che vive nel segno di una umanità autentica la giustizia, la pace, la verità, l’amore, vive già l’intimità con Dio. L’educazione, allora, favorisce l’esplicitazione riflessa di tale rapporto mostrando come quelle realtà pienamente umane, in Gesù hanno il Volto di Dio, sono da Lui volute per la realizzazione della persona e della famiglia umana secondo il suo originale disegno creatore. L’educazione prevede competenza pedagogica per adattare l’itinerario di maturità umana/cristiana ai singoli, rispettandone i periodi gravidi di attese, accompagnando i travagli e le incertezze del parto, condividendo la gioia per il Dio che nasce nella vita di ognuno, secondo tempi che non possono essere previsti a tavolino. Se i progetti educativi sono essenziali, questi devono avere una certa flessibilità e imprevedibilità perché si possano davvero incarnare e riempire di senso il qui e ora del giovane. Per questo non è primario calare dall’alto la realtà di Dio con un annuncio che pretenda da subito una esplicita e convinta risposta di fede. È importante, invece, ricondurre il giovane ai suoi gesti di autentica umanità, ai suoi sforzi quotidiani di liberazione, alla sua sete di giustizia, per far riconoscere in questi eventi significativi di crescita il proprio “Oreb” o il proprio “Natale”, la compagnia di Dio che trasforma la storia in storia di salvezza, di vita e di speranza. Ogni processo educativo mette al centro la persona e la possibilità di rispondere all’universo degli appelli. A tal proposito, così si esprime Viktor Frankl: L’educazione dovrebbe mettere in moto nei giovani il processo di scoperta del senso. Deve essere nell’interesse dell’educazione non mediare soltanto il sapere, ma rendere più acuta la coscienza dei giovani, perché abbiano l’orecchio abbastanza


CURIA METROPOLITANA fino da percepire tutte le possibilità di senso e le richieste insite in ogni singola situazione. A maggior ragione, in un’epoca in cui sembra che per molti i Dieci Comandamenti abbiano perso la loro validità, l’essere umano deve essere messo in grado di percepire i diecimila comandamenti che si sprigionano nelle diecimila situazioni con le quali viene confrontato. Non è l’educazione qui che può fornire un senso. In effetti, non si può dare un senso, perché il senso va trovato16.

La comunità educante/educativa è chiamata a cogliere le sfide del presente per scorgere i segni di anticreazione e i germi di creazione da portare a compiutezza. Scrive Padre Arcivescovo: L’incontro con i giovanissimi e i giovani mi ha permesso di cogliere quell’ansia educativa nei confronti di coloro che oggi sembrano meno tutelati in una società di adulti eccessivamente autoreferenziale. Non abbiate remore nel dedicare, in particolare ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani, le migliori energie educative della parrocchia. Guardandovi ho goduto della visione di una Chiesa di popolo che vede nei piccoli, negli adulti, nei giovani, nelle famiglie, negli anziani, nei malati, nei vicini e nei lontani un’immagine del popolo di Dio in cammino (esodo) verso la gioia del Risorto (Memoria, fedeltà, profezia, vol. I, p. 361).

Così anche il giovane potrà guardare con speranza al proprio futuro se vivrà in un ambiente educativo dove gli educatori non cercano di dare risposte ai problemi del vivere quotidiano, ma insieme ci si educa a interrogare il vissuto esistenziale personale e collettivo perché lanci gli indicatori per una prassi di vita più umana e rispondente al Soffio che respira in noi. La fede non è un processo che affronta l’uomo dall’esterno, dal di sopra, o dal passato. È un’esperienza che parte e cammina con l’io, che si può provocare solo quando si educa e si accompagna il giovane nell’esplorazione del 16

V. E. FRANKL-P. LAPIDE, op. cit., pp. 35-36.

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vissuto e nella ricerca delle tracce di ulteriorità, seminate nel suo campo senza che egli lo sapesse, richiamo al progetto personale di maturità nella responsabilità dei propri passi17.

Quale Chiesa, oggi?

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Nella pastorale, oggi, è quanto mai urgente definire il rapporto tra la Chiesa e il mondo in una tensione dialettica che evita di escludersi o includersi a vicenda e favorisce il dialogo; si realizza, così, una sorta di reciprocità empatica e simpatica nella linea dell’autocomunicazione di Dio all’uomo. Ed è qui che si delineano due logiche di tendenza. Da una parte, la Chiesa sente il bisogno di riaffermare la sua identità in maniera forte (diremo fondamentalista?) e differente rispetto a un mondo che si è, pian piano, ripreso i propri spazi, il proprio tempo, la propria indipendenza fino a proporre agenzie educative, centri di benessere psico-fisici, vie di salvezza e felicità alternative alla Chiesa stessa. C’è il rischio di vedere “l’umano”, il mondo, la società, la cultura, la scienza, come concorrente da cui prendere le distanze. Un certo modo di presentare la fede disincarnato, quasi refrattario verso la realtà concreta, sublime, sicuro, immune dal contagio pericoloso con la storia, certamente fa breccia e trova consensi fra coloro, anche giovani, che invece di affrontare e risolvere i problemi preferiscono assumere “la droga della religione” per trovarsi su un piano altro/alto da quello reale. Dall’altra parte, c’è una Chiesa che vive una dinamica trans-ecclesiale in una logica che la porta a cercare il centro fuori da sé, nel mondo, nell’umano, nella terra calpestata e abitata dagli uomini e dalle donne, che non teme di confrontarsi e arricchirsi nell’incontro con la verità dell’altro, anzi, vive in mezzo, assumendo come propri, i dolori e le angosce, le gioie e le speranze dell’oggi della sto17 Il giovane «percepisce un presagio ad una pienezza attesa che non gli appartiene e che tuttavia lo sollecita: prende coscienza che la sua vita è più grande delle condizioni concrete in cui si va impegnando e spendendo: è fermentata da una nostalgia sottile e ineludibile; sembra sollecitata da un richiamo straordinariamente suadente e persuasivo» (Z. TRENTI, La fede dei giovani. Linee di un progetto di maturazione alla fede dei giovani, Elledici, Leumann, Torino 2003, p. 65).


CURIA METROPOLITANA ria. È una Chiesa incentrata nell’umanità e nel desiderio di vita che arde nel cuore di tutti, perciò vive la relazione con l’alterità non in termini di estraneità e reciprocità escludente, ma, nel movimento di volti rivolti, percorrendo le strade del mondo nella compagnia dell’uomo, collaborando a trasformarle in vie di liberazione, di giustizia e di pace. Certamente è una Chiesa che sceglie di stare dalla parte dell’uomo per stare con il Dio-uomo, per essere più “popolare” e meno istituzionale.

Una nuova spiritualità L’integrazione fede-vita passa attraverso l’etica della contemplazione. L’essere contemplativi nell’azione “risolve” l’essere umano orientandolo sulle due direttrici della terra e del cielo che fanno dell’esistenza una strada aperta all’alterità. Educare il giovane ad una vita estatica nel dinamismo che lo trascina fuori da sé significa condurlo a sperimentare le alte vette dell’estasi mistica del mistero conciliandole con le strade impolverate dell’estasi sociale della realtà. È il criterio mistico ed etico dell’umano autentico, degli uomini e delle donne che rinunciano a chiudersi dentro una visione scontata e onnicomprensiva di Dio e del mondo e decidono di aprire gli occhi per entrare, spogli di sé, nella realtà divino-umana dell’altro per cogliere nel “tu di fronte a me” i tratti di un volto che è amore e domanda a cui rispondere con l’amore. Nell’icona evangelica della trasfigurazione (cfr Lc 9, 28-36), se Gesù non permette a Pietro di porre le tre tende sul monte Tabor è perché il suo nei nostri confronti non è un rapimento mistico che ci risparmia in anticipo le beghe e le sofferenze del viaggio, ma è un entrare nella realtà affettiva dell’Amore di Dio, direi un coinvolgimento mistico con il suo Volto che fa parte del nostro bagaglio da pellegrini e che ci permette di piantare le tende dell’Incontro e del dialogo lungo il cammino. Così, la Gerusalemme celeste, che contempliamo trasfigurata nel mistero e anticipiamo nella assemblea eucaristica radunata attorno all’altare, chiede il nostro impegno per trasformare la Gerusalemme

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terrena, la città dei volti concreti, in una convivenza più pacifica e più solidale con i poveri. Occorre, perciò, un confronto serio e radicale con la realtà, un ri-dimensionare, cioè dare una dimensione nuova, in senso umanitario al cristianesimo, per assumere l’umano non semplicemente come un dato ma in quanto luogo che manifesta e rivela il volto autentico del Dio incarnato, del Dio consegnatosi nell’umano. Ciò che permette di stare di fronte alla realtà, di stare nella storia da uomini e donne, è la spiritualità, il vivere nello spirito delle cose, andando oltre la pura materia per dare il nome giusto ad ogni evento e scoprirne la vera essenza nella rivelazione del senso per la nostra esistenza. Il principio della realtà va colorato con le sfumature del sogno e dei desideri, il futuro e la speranza sono sostenute nella fatica quotidiana di far fronte agli insuccessi e all’esperienza del dolore. Una spiritualità umana non potrà prescindere dalla prospettiva di coloro che non hanno voce e che vivono ai margini della società dell’opulenza. Se l’80% della popolazione mondiale vive alle soglie della povertà, la società non può crescere e svilupparsi secondo criteri umani. Per progettare un futuro sostenibile per tutti bisogna partire da qui, da una vita che chiede giustizia, pace, equa distribuzione delle risorse, rispetto per la dignità delle persone. Solo assumendo come dato lo stato diffuso di negazione di umanità in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale si potrà avviare la costruzione di una nuova umanità. I giovani, per la loro spiccata sensibilità solidale e sociale, sono emotivamente vicini alle situazioni di povertà e disagio della città, per questo hanno energie da “spendere” e investire per vivere da protagonisti una storia da sentire “nostra”. Essere dentro una storia che sia vocazione, vuol dire riconoscere in Gesù di Nazaret il determinante, l’uomo nuovo, venuto a portare con parole e fatti la vita piena e abbondante, il Regno, per tutti, soprattutto per coloro che più di altri sono a corto di vita e di speranza. È grazie al suo rapporto intimo, unico e originale con il Padre che Gesù è per noi il Volto/Parola di Dio e ci ha rivelato il disegno trinitario di trasformare dei popoli in un’unica grande famiglia dove ci si comunica la vita. In Gesù Dio ha mostrato che non vuole essere neutrale e ha fatto la sua scelta preferenziale, anche se non escludente per gli altri, per i poveri, gli emarginati, i


CURIA METROPOLITANA derelitti della storia, i buoni a nulla, i peccatori; con essi, i piccoli della terra, Egli vuole rinnovare la faccia della terra. In questa missione di salvezza, di liberazione, di promozione umana, Gesù ha giocato tutto se stesso perché si è appassionato all’umano fino all’amore incondizionato, gratuito, fedele del dono della sua vita, fonte viva di forza e coraggio affinché tutti si possa continuare nella lotta contro i nuclei di morte e di miseria, le strutture di peccato e di ingiustizia. Sarebbe interessante proporre ai giovani itinerari di educazione alla fede per vivere la loro spiritualità da discepoli di Gesù tra le due domande fondamentali: Chi sono io? Che cosa devo fare? Se il Dio che annunciamo loro è il Dio di Gesù di Nazaret che si è fatto i fatti nostri, si è interessato alla nostra vita tanto da volerla portare a pienezza, la nostra azione educativa non mirerà a calare dall’alto la realtà di Dio come se fosse qualcosa di sovrapposta o giustapposta alla realtà dell’uomo. Il punto di partenza è la scoperta da parte del giovane della propria identità per comprendere meglio il suo posto nella società e nella Chiesa. Quando, nel Vangelo secondo Giovanni, i primi due discepoli si avvicinano a Gesù, si sentono rivolgere la domanda fondamentale: “Che cercate?”. È l’interrogativo che mette in moto nei due giovani la ricerca delle domande esistenziali, di senso, vitali. Inizia un cammino alla scoperta della loro identità, dei loro desideri/sogni, della loro visione della vita. Sono condotti a mettersi a nudo, a rendersi conto dove sta andando la loro vita, quale situazione stanno abitando, quale esodo sono chiamati a intraprendere. “Maestro, dove abiti?”. Sembrerà strano, ma in questa domanda c’è la risposta alla domanda sull’identità dei due giovani: hanno capito di voler essere discepoli, che la loro casa sarà la casa di Gesù, la loro strada la strada di Gesù, il riferimento vitale sarà il “Tu” di Gesù. “Venite e vedrete”, non è una risposta, ma l’invito a un cammino; lo scopriranno pian piano nella misura in cui si lasceranno appassionare dal Vangelo e si lasceranno condurre dall’amore liberante verso chi non trova il senso del vivere e attende la Parola che salva. La pastorale giovanile vuole, sull’esempio di Gesù, non dare risposte ma educare le domande, non cerca di sacralizzare la vita del gio-

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vane ma di far toccare l’umanità della sua esistenza, non propone un Dio che giustifica tutto e ha le ricette per tutti ma si preoccupa che il tocco di Dio sia percepito nell’esperienza umana; non usa grandi discorsi per parlare di Dio ma è convinta che il modo di Dio di rivelarsi sta nel modo umano di scoprirlo e accoglierlo. Nell’uomo Dio ha fatto comunione con l’umanità, nell’uomo il cielo si è fermato sulla terra, nell’uomo la storia di salvezza è diventata sentiero per raggiungere tutti dovunque, nell’uomo non c’è più né sacro né profano ma un progetto di vita abbondante in cammino verso il compimento: l’uomo in Dio e Dio nell’uomo.

Spiritualità della strada La spiritualità della strada traduce molto bene la relazione educativa, come il viandante che si affianca ai due discepoli in cammino verso Emmaus. Un cammino che salva, in un rapporto dinamico, la meta e la strada, il progetto e le tappe che via via lo rendono visibile e possibile. Ci si mette per strada […] Perché si esce di casa? Perché si affronta l’ignoto e si abbandona una sicurezza? Perché ci si mette in una situazione precaria? […] C’è un richiamo, un invito: qualcuno o qualcosa ci ha fatto venire la voglia di uscire e di metterci in cammino verso nuovi orizzonti. C’è una intuizione, un desiderio, un sogno: c’è quel fascino dell’ignoto che batte al nostro cuore e lo seduce. […] Se senti una voce straordinaria, se vedi un fatto nuovo, non puoi restare come prima, non puoi fingere di ignorare ma devi partire e andare a vedere18.

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Viaggiare significa innamorarsi prima di vedere, di sentire, di toccare; è un’esperienza di intimità perché il “tu” desiderato vive già dentro l’io, anticipandone l’incontro e dando ragione e sostegno a ogni sforzo e rischio che si farà per raggiungerlo. È anche un’esperienza di ulteriorità, in quanto non si è in presenza di un oggetto 18

G. BASADONNA, Spiritualità della strada, edizioni scout agesci / fiordaliso, Roma 20074, pp. 50-51.


CURIA METROPOLITANA dei desideri da possedere a tutti i costi una volta per tutte, ma di un “oltre me” che si incontra pienamente solo scoprendone i tratti nello svolgersi dei passi lungo la strada. La strada (la vita) è un mistero tutto da scoprire mentre avviene nella quotidianità dell’andare; un mistero, non un caso; un fine da cercare e interpretare esistenzialmente, non un destino da accettare incondizionatamente. Si cammina per conoscere e per conoscersi, per incontrare e per ritrovare se stessi, per consegnarsi al novum e per riconsegnarsi al proprium in modo nuovo. Viaggiare è dare modo alla libertà di non sfrenarsi mortalmente vagando nel nulla, ma di indirizzarsi verso un senso finale e vitale. Aiuta a mettere radici nella realtà per non vivere da comparse o in luoghi fantastici; cerca vie di sviluppo sostenibile con le possibilità di vita dell’ambiente circostante. Invita al gusto, alla contemplazione, alla bellezza, al coinvolgimento appassionato, propri di chi è capace di camminare senza passare oltre, fermando dentro di sé, come un germe pronto a crescere, l’immagine, il volto, il paesaggio, l’amore. Essere per strada: per vivere la strada come dono, per lasciarsi segnare da essa, per vivere da estroversi e pronti al dialogo, per innamorarsi dell’orizzonte come meta e centro esistenziale, per inventare nuovi percorsi e ritrovare nuovi mondi, cieli nuovi e terre nuove traboccanti di giustizia. La strada non è mai posseduta, mai finita, sempre è “da venire”19. Un vecchio pellegrino percorreva nel cuore dell’inverno il cammino che porta alle montagne dell’Himalaya, quando cominciò a piovere. Il custode della locanda gli disse: «Come farai, buon uomo, ad arrivare fin lassù con questo tempaccio?». Il vecchio rispose allegramente: «Il mio cuore è già arrivato, seguirlo è facile per l’altra parte di me»20. 19 «Il cristiano non è un nomade, ma un pellegrino. Non è angosciato dall’incertezza del futuro, ma è animato dalla speranza del futuro, fondata sulla Parola. […] L’uomo globale è un nomade che guarda indietro con nostalgia. L’uomo cristiano, invece, è un pellegrino che guarda in avanti con speranza» (I. SANNA, Nomadi o pellegrini? Sentieri di speranza, Editrice AVE, Roma 2005, pp. 211-212). 20 A. DE MELLO, La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’Oriente, Ed. Paoline, Milano 1989, vol. I, p. 302.

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Un nuovo inizio: Pentecoste Mi piace pensare alla Pentecoste come alla Festa della Chiesa che sa pensarsi giovane e dei giovani che sanno pensarsi Chiesa. A Pentecoste prende avvio la più antica sperimentazione che sia mai avvenuta nella storia e che continua ancora oggi: la Chiesa. Non una struttura, non un’organizzazione, ma una costruzione, quindi un cantiere, con tanto di cartello “lavori in corso” perennemente esposto. Sì, perché la Chiesa si sperimenta e sperimenta nuovi linguaggi, nuove forme per rendere il Vangelo attuale e non formale e formalizzato. Una Chiesa che punta sulla fragilità dell’amore, e quindi sulla forza dello Spirito, che compie atti creativi, lasciandosi interrogare dal presente, vivendo con libertà il riferimento al passato, intuendo con gioia il passo del futuro. Gli apostoli, a partire dalla Pentecoste, si sono dispersi per diffondere il Vangelo sulla terra. E mi viene in mente l’anticipo della Pentecoste che sta nel libro del Genesi in quella dispersione degli uomini dopo il tentativo fallito di erigere la Torre a Babele. Una chiamata di Dio a vivere la terra e sulla terra non cercando di raggiungere il cielo, ma raggiungendo l’umanità, ogni uomo e donna, perché il Regno sia qui e ora. Solo disperdendosi ci si ritrova fuori da sé, in una prossimità che mette al riparo, anzi in uscita, da qualsiasi ambito e situazione chiusa che dà la parvenza di una comunità, ma in realtà è solo un rifugio per il bisogno di sicurezza. La Pentecoste ci dice che non ci sono approdi sicuri, ma soltanto la certezza del cammino sotto l’impeto del Soffio che non smette mai di respirare nell’umano. Animo, giovani! Coraggio, questa è una Chiesa per giovani! 308

Noi della pastorale giovanile non possiamo non dirci migranti, in qualche modo. Abbiamo lasciato un luogo. Forse ogni tanto dobbiamo lasciare qualcosa. Comunque andiamo verso qualcosa (abbiamo visto che se aspettiamo non succede niente). Ci mettiamo in viaggio, a volte anche da posti che non conosciamo. A volte qualcuno resta accanto al nostro filo. Altre volte sono altri che hanno dei fili migliori dei nostri. Non sempre la cosa migliore è che qualcuno resti attaccato al filo.


CURIA METROPOLITANA Possiamo lasciarlo andare e sentire che abbiamo fatto la nostra parte. Capita di avere dei compagni di viaggio che vanno per i fatti loro. Che si interessano dei giovani a modo loro. Che qualcuno si senta in prima classe e qualcuno in terza classe. Magari nelle difficoltà si impara anche a fare le cose insieme. Magari le difficoltà neanche le avevamo messe in conto. E presi dal viaggio guardiamo indietro e non si vede più niente, nemmeno il faro. E guardiamo avanti e non si vede la linea dell’orizzonte. In certi momenti non sappiamo a che punto siamo. Forse non sta succedendo nulla. E vorremmo tornare indietro, dove si stava un po’ così ma con qualche punto fermo. Poi ogni tanto si arriva da qualche parte. Ci si sente stranieri, all’inizio fino a quando piano piano ognuno mette in cantiere la sua storia. Ed è già il momento di un altro viaggio, di altri fili.

don Michele Birardi direttore dell’Ufficio Giovani

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Laicato. Sez. Confraternite

Il Giubileo delle Confraternite dell’Arcidiocesi (Bitonto, 4 luglio 2016)

Le Confraternite dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto hanno celebrato lo scorso 4 luglio, memoria del beato Pier Giorgio Frassati patrono delle Confraternite, il proprio Giubileo al Santuario dei Santi Medici a Bitonto. Quella delle confraternite è una realtà che in oltre settecento anni di storia, dal 1260 ad oggi, ha lasciato nella Chiesa segni indelebili della loro esistenza ed attività non solo in campo religioso ma anche in quello sociale, economico e culturale. Hanno arricchito le città con segni importanti lasciati nell’arte, nella cultura e nella lingua, ma soprattutto con originali architetture di chiese, oratori, ospizi ed ospedali: numerosi edifici religiosi e civili dei centri storici sono stati eretti da confraternite per il culto, la devozione e l’assistenza. Anche papa Francesco il 5 maggio 2013, in piazza San Pietro diceva: «Care Confraternite, la pietà popolare, di cui voi siete un’importante manifestazione, è un tesoro che ha la Chiesa e che i vescovi latinoamericani hanno definito, in modo significativo, come una spiritualità, una mistica, che è uno “spazio di incontro con Gesù Cristo”». La giornata è iniziata alle 17.00, nella Concattedrale di Bitonto, con il raduno e l’accoglienza dei confratelli. È seguito un incontro di formazione sul senso del Giubileo nella storia della Chiesa tenuto dal prof. Giuseppe Micunco. Nella Chiesa cattolica il Giubileo è

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l’anno della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale. Il Giubileo ha origine dalla tradizione ebraica che fissava, ogni 50 anni, un anno di riposo della terra (con lo scopo pratico di rendere più forti le successive coltivazioni), la restituzione delle terre confiscate e la liberazione degli schiavi, questo affinché non ci fossero comunque il troppo ricco o il troppo povero (Lv 25, 8). Per segnalare l’inizio del Giubileo si suonava un corno di ariete, in ebraico jobel, da cui deriva il termine cristiano Giubileo. Gesù cita esplicitamente un testo del profeta Isaia che segna così l’ingresso del tema giubilare nel Nuovo Testamento. Gesù infatti, recatosi a Nazareth, entra nella sinagoga e legge una pagina di Isaia che proclama “l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19). Papa Bonifacio VIII istituì il primo Giubileo con la Bolla Antiquorum habet fida relatio emanata il 22 febbraio 1300. Con questa bolla si concedeva l’indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero fatto visita trenta volte, se erano romani, e quindici se erano stranieri, alle Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, per tutta la durata dell’anno 1300; questo Anno santo si sarebbe dovuto ripetere in futuro ogni cento anni. Dante riferisce nella Divina Commedia che l’afflusso di pellegrini a Roma fu tale che divenne necessario regolamentare il senso di marcia dei pedoni sul ponte di fronte a Castel Sant’Angelo:

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«come i Roman per l’essercito molto, l’anno del giubileo, su per lo ponte hanno a passar la gente modo colto, che da l’un lato tutti hanno la fronte verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, da l’altra sponda vanno verso ‘l monte.» (Inferno, XVIII, 28-33)

Inoltre, il prof. Micunco ci ha ricordato la figura del beato Pier Giorgio Frassati. Era Pentecoste quel 20 maggio 1990 quando san Giovanni Paolo II proclamò Pier Giorgio Frassati beato. «Egli è l’uomo del nostro secolo, l’uomo moderno, l’uomo che ha tanto amato! Non è forse l’amore la cosa più necessaria al nostro XX secolo, al suo inizio come alla sua fine? Non è forse vero che soltanto ciò resta, senza mai perdere la sua validità: il fatto che ha amato?», disse


CURIA METROPOLITANA il Papa nella sua omelia. Pier Giorgio nasce nel 1901 a Torino da una famiglia della ricca borghesia: suo padre è un noto giornalista e la mamma una pittrice molto apprezzata. Questa nascita borghese non gli impedisce di avere una speciale predilezione e sensibilità per i bisognosi. Anzi, non solo frequenta le Opere di san Vincenzo, ma segretamente aiuta e sostiene tanti poveri e molte famiglie bisognose. È questo l’aspetto che lo avvicina al mondo delle Confraternite: da sempre dedite alla carità, all’esercizio delle opere di misericordia corporale e spirituale, ma nel silenzio e nel nascondimento. Come il beato Pier Giorgio: in apparenza uno studente universitario come tanti, amante della montagna, un amico simpatico e giocherellone, ma un uomo di fede e praticante. Con i suoi amici più stretti fonda anche una Compagnia o Società dei Tipi Loschi, un’associazione che li riunisce insieme non solo come gruppo di amici, ma anche come ragazzi legati da un vincolo di preghiera e di fede. Meravigliosa e attuale questa che potremmo chiamare come una “doppia vita santa”, non voleva che si facesse pubblicità alla sua carità, al contrario del mondo di oggi che pubblicizza e ostenta il bene per usarlo per altri scopi. Gli uomini di Dio, come Pier Giorgio, lo tengono nascosto, un segreto, tra loro e il Signore, che «vede nel segreto». Anche le Confraternite seguono questi esempi di santità, riuniscono sempre più giovani e uomini di buona volontà per una vita davvero piena di carità operosa, perché, come diceva Pier Giorgio in una sua frase diventata famosa, «vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere ma vivacchiare…». Alle 18.00, dopo aver attraversato la Porta Santa della Concattedrale, è cominciata la processione delle varie confraternite con i caratteristici abiti e stendardi per le vie della città. Giunti al Santuario dei Santi Medici e attraversata la Porta Santa, alle 19.00 è cominciata la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo emerito di Conversano-Monopoli mons. Domenico Padovano. Durante l’omelia S.E. mons. Padovano ci ha illustrato la fervida carità dei Santi Cosma e Damiano. I santi Cosma e Damiano, noti anche come Santi Medici (Costantinopoli-Cirro, Siria, 303) sono

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ritenuti dalla tradizione due fratelli di origine araba, medici in Siria e martiri sotto l’impero di Diocleziano. Il padre, Niceforo, si convertì al cristianesimo dopo la loro nascita, ma morì durante una persecuzione in Cilicia; la madre, Teodora, da più tempo cristiana, si occupò della loro prima educazione. Mons. Padovano richiamava la nota gratuità nell’operare i loro servizi medici, in applicazione del precetto evangelico: Gratis accepistis, gratis date (Mt 10,8). Uno dei loro più celebri miracoli, tramandati dalla tradizione, fu quello di aver sostituito la gamba ulcerata di un loro paziente con quella di un etiope morto di recente. Si narra che in una sola occasione era stata elargita ai santi una ricompensa, il dono di tre uova nelle mani del fratello minore Damiano, da parte di una contadina, Palladia, un’emorroissa, miracolosamente guarita. Cosma era rimasto tanto deluso e mortificato per quel gesto, da esprimere la volontà che le sue spoglie fossero deposte, dopo la morte, lontane da quelle del fratello. Durante le persecuzioni dei cristiani promosse da Diocleziano (284-305) furono fatti arrestare dal prefetto di Cilicia, Lisia. Avrebbero quindi subito un feroce martirio, così atroce che su alcuni martirologi è scritto che essi furono martiri cinque volte. A conclusione della giornata, la ricchezza della Parola ascoltata ha riscaldato il cuore dei presenti e ha dato un nuovo slancio alle confraternite per essere, nella diocesi, una testimonianza luminosa della misericordia e dell’amore di Dio. don Giacomo Fazio responsabile della Sez. Confraternite 314


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

FONDAZIONE FRAMMENTI DI LUCE “Frammenti di luce” Al servizio della Bellezza...con Arte

«Annunciare Cristo significa mostrare che credere in lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Si tratta di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto. Se, come afferma sant’Agostino, noi non amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami d’amore. Dunque si rende necessario che la formazione nella via pulcritudinis sia inserita nella trasmissione della fede»1.

315 Queste le parole con le quali papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium sottolinea la necessità di una formazione nella via pulchritudinis, riconoscendo che tale formazione non è fine a se stessa, ma è inserita nell’impegno con il quale la Chiesa trasmette la sua fede in modo tale che, non solo nei contenuti, ma anche nelle forme, sia una fede che coinvolge la vita. 1

FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (2013), 167.


È significativo, inoltre, notare come sempre più la riflessione teologica e pastorale della Chiesa faccia riferimento al tema e al valore della Bellezza e dell’Arte. D’altra parte, numerosi e accorati sono gli appelli e le esortazioni che i pontefici hanno rivolto alla comunità ecclesiale perché percorra la “via della bellezza” nella sua azione evangelizzatrice. È confortante, allora, vedere come l’intuizione maturata nella proposta e nel progetto della Fondazione “Frammenti di Luce” trovi così autorevoli e solide basi a sostegno del suo impegno di evangelizzare attraverso l’Arte nelle diverse sue forme, come espressione privilegiata di Bellezza. Ed è ancora più significativo pensare come questo progetto sia maturato e cresciuto sempre di più all’interno di una realtà ecclesiale, quella della Arcidiocesi di Bari-Bitonto, sotto la paterna e amorevole cura del suo pastore. Papa Francesco, continuando nella sua esortazione, dice: «È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”. Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, e comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri»2.

Il progetto “Frammenti di Luce” è stato da subito una pronta e incisiva risposta alla necessità di cercare e percorrere vie nuove nell’annuncio del Vangelo e del messaggio cristiano; una nuova carne per la trasmissione della Parola: l’arte come rinnovato “linguaggio parabolico”. La bellezza parla direttamente al cuore, eleva interiormente allo stupore e alla meraviglia, apre il cuore alla gratitudine; difficilmen2

Ivi,167.


FONDAZIONE FRAMMENTI DI LUCE te lascia indifferenti. La via della bellezza può saziare la fame e la sete di verità, suscitare la scoperta del bello e del buono che ogni uomo porta in sé. Può aprire la strada della ricerca di Dio, disporre il cuore e la mente all’incontro col Cristo, lasciandosi interpellare e interrogare dalle proposte del Vangelo. Come afferma p. M. Rupnik: «Siccome l’arte è legata alla bellezza e la bellezza è la carne della verità, necessariamente l’arte è legata alla Verità. E la Verità è ciò che vive senza venir meno. L’arte dunque attinge a ciò che rimane, che non viene meno, che ha un contenuto solido, consistente, cioè la Verità. L’Arte partecipa a un mistero inzuppato di vita, della vita che fa sperare, che illumina ... L’Arte proprio perché attinge alla vita vera, alla vita del bene, dandole “la carne”, diventa veicolo di una comunicazione che coinvolge, che tocca la vita delle persone»3.

L’Arte non è solo un linguaggio, uno strumento, una forma di annuncio. L’Arte stessa diventa rivelativa. Svela qualcosa che va oltre l’apparenza e la forma della materia. Le opere pittoriche e le forme musicali utilizzate non si limitano semplicemente a raffigurare e descrivere un evento ma schiudono a chi guarda e ascolta un messaggio più profondo, che porta all’essenza delle cose e della vita. L’Arte nel progetto “Frammenti di Luce” assume questo valore universale perché è impregnata di respiro ecclesiale, che la fa sentire parte di un organismo vivente, di una comunità di salvati dall’Amore di Cristo; l’arte diventa così espressione della nostra fede e della fede della Chiesa. 317 L’esperienza di “Frammenti di Luce”, che non si è fermata ai soli confini della nostra Arcidiocesi, in tutti questi anni – ormai ne sono passati dieci – è stata e continua sempre di più a essere la risposta ad una chiamata (cfr Mt 5,16) ad annunciare ed esprimere in maniera efficace, convincente e coraggiosa la gioia dell’essere di Cristo e di vivere una forte esperienza di comunione ecclesiale. 3

N. GOVEKAR (ed.), Il rosso della piazza d’oro. Intervista a M. Rupnik su arte, fede ed evangelizzazione, Lipa, Roma 2013, p.66.


Questa ecclesialità si esprime anche attraverso lo stile di conduzione della Fondazione, ad opera di un’équipe di consacrati che studia, progetta, lavora in un’esperienza di comunione e preghiera: sr. Cristina Alfano, con il suo Istituto delle suore Francescane Alcantarine, insieme ai sacerdoti diocesani don Maurizio Lieggi, don Mario Castellano, don Alessandro Manuele. La loro passione, competenza e professionalità è così messa al servizio del Vangelo, nella comunione. Anche il “Coro Frammenti di Luce”, attualmente formato da circa 40 elementi prevalentemente giovani, provenienti da diverse realtà ecclesiali della diocesi e delle diocesi vicine, è l’espressione di un progetto accolto, condiviso e realizzato attraverso il proprio tempo, la propria gratuita disponibilità e passione, e la condivisione dei propri doni, soprattutto della voce nel canto. Il coro vive non solo l’impegno costante delle prove settimanali per la preparazione tecnico-vocale e lo studio del repertorio, ma anche momenti di formazione spirituale e liturgica. Gli esercizi spirituali sono una tappa fissa, ogni anno, per la crescita spirituale di ognuno.

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Il “Concerto-Meditazione” è l’espressione scelta da Frammenti di Luce per tradurre questo “linguaggio parabolico” di cui parla papa Francesco: l’intreccio di musiche, testi, immagini, danza, attraverso un’attenta regia, crea una dinamica dialogica tra le diverse forme di arte con l’intento di condurre alla contemplazione di quella Bellezza che può “salvare il mondo”, non perché esteticamente attraente e alta, ma perché immersa nella Pienezza di Colui che dà pienezza di senso a tutto. Ecco perché non semplicemente “Concerto” ma “Concerto-Meditazione”: un’esperienza che diventa spazio e tempo in cui l’Arte parla, attrae, conduce e fa fare esperienza del Mistero annunciato. Tanti i Concerti-Meditazione realizzati: - eventi a carattere nazionale: Settimana Liturgica Nazionale (a Trani nel 2009 e a Bari, agosto 2015); Convegno nazionale CISM (a Collevalenza nel 2010 e a Bari nel 2015); Convegno Ufficio Ecumenismo della CEI (novembre 2016); Convegno nazionale Antiusura (a S. Giovanni Rotondo nel maggio 2015); Convegno


FONDAZIONE FRAMMENTI DI LUCE nazionale del Centro Orientamento Pastorale (2009); Pellegrinaggi dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Bari 2010-2011 e Roma 2012); - eventi significativi nella vita della nostra Diocesi: i 400 anni del Seminario con l’ideazione e realizzazione del Concerto “Quale Amore vuoi?”; l’anniversario della beatificazione della Beata Elia con il Concerto “Nel Silenzio…Oceano d’Amore. Beata Elia di San Clemente”. - le tantissime parrocchie della nostra diocesi e di tante altre diocesi in Italia che hanno creduto nella proposta di annuncio di “Frammenti di Luce”, chiamata ad animare tappe significative della comunità. Altro ambito di impegno della Fondazione è quello formativo: la realizzazione di corsi, atelier, laboratori della fede, work-shop, incontri e ritiri finalizzati a percorrere la via della bellezza come processo educativo per una conoscenza sempre maggiore del Mistero creduto e celebrato; una conoscenza non solo intellettiva ma soprattutto esperienziale. A questo mira il corso estivo residenziale La Via della Bellezza realizzato già in diverse diocesi d’Italia (Castellaneta, Conversano, Assisi, S. Giovanni Rotondo, Fiesole, S. Maria di Leuca) giunto quest’anno alla VIII edizione. Promuovere il valore della Bellezza non è solo una questione di fede ma diventa un processo educativo e formativo. Diventa una questione culturale. L’uomo ha bisogno di bellezza. Ci si sta abituando troppo a ciò che è brutto e abbruttisce l’uomo. Parliamo di una cultura che impegna la vita e non coinvolge solo la dimensione cognitiva. Nel suo operato la Fondazione “Frammenti di Luce” è animata dalla piena consapevolezza che il patrimonio artistico, specie quello ispirato dalla fede cristiana, sia un formidabile strumento per rilanciare il messaggio universale della bellezza e della bontà; credendo nella forza che esso ha anche nel dialogo con chi non è pienamente coinvolto in un cammino di fede. La via della bellezza diventa la via per rimettere al centro l’uomo nel

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suo ruolo di vero protagonista, responsabile, collaboratore e artefice del bene per rendere il mondo più bello. In tante occasioni si è creata la collaborazione con realtà e istituzioni artistiche e culturali non inserite nei nostri contesti ecclesiali; si sperimenta in tal modo come, condividendo l’esperienza artistica, si ha a disposizione un’occasione privilegiata per attrarre e intercettare chi vive sulla “soglia” dell’esperienza della fede. Il progetto, allora, si fa esperienza di dialogo e di incontro. Un’altra espressione delle finalità della Fondazione è la promozione culturale di giovani artisti (studenti di musica, danza e recitazione) allo scopo di offrire loro l’occasione di crescere artisticamente nella continua ricerca del bello. La Fondazione è coadiuvata da coreografi e danzatori, artisti, attori, tecnici del suono e delle luci di grande professionalità. La grande cura delle coreografie, delle luci, delle immagini proiettate durante il concerto e infine l’aspetto grafico delle pubblicazioni che accompagnano ogni Concerto-Meditazione sono frammenti del grande mosaico che vuole narrare l’unica grande Bellezza, che è quella di Dio. L’augurio per Frammenti di Luce e che Frammenti di Luce rivolge a tutti? “Custodire la Bellezza”…perché diventi uno stile di vita… un’esperienza di Unità! don Maurizio Lieggi 320


D OCUMENTI E V ITA DELLA C HIESA DI B ARI -B ITONTO FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI-FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Relazione socio-pastorale per l’anno 2015

1. Premesse La Fondazione Antiusura S. Nicola e Ss. Medici entra nel ventunesimo anno di vita, per tante ragioni più motivata rispetto al passato, avendo “varcato” la Porta della Solidarietà con i suoi componenti volontari e i collaboratori che si sono sentiti “chiamati” a vivere questa esperienza di servizio con stile evangelico. Quest’anno, infatti, la motivazione evangelica si è arricchita di altri stimoli che provengono dalla indizione dell’Anno giubilare della Misericordia, voluto da Papa Francesco che, tra l’altro, ha significativamente realizzato, per la prima volta lontano da Roma (29 novembre 2015), l’apertura della Prima Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, “terra di sofferenza” martoriata da una infinita guerra civile. Il Pontefice, poco dopo, portandosi a visitare in Uganda la Casa della Carità di Nalukolongo, dove vengono accolti e assistiti i poveri di ogni religione ed età, ha consegnato un preciso messaggio agli uomini di buona volontà: “Non dimenticate i poveri…”, «diamo testimonianza al Signore che è venuto non per essere servito ma per servire, mostrando che le persone contano più delle cose e che quello che siamo è più importante di quello che possediamo». Questo insegnamento, con altre parole, il Papa lo ha ribadito anche il 18 dicembre u.s., nell’omelia pronunziata in occasione dell’aper-

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tura della Porta Santa della Carità a Roma in via Marsala. Lo ha sottolineato ancora tramite un Messaggio a firma del Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, ai Presidenti delle Fondazioni Antiusura in Italia, in occasione del pellegrinaggio/convegno organizzato dalla Consulta Nazionale Antiusura a Roma, l’11 gennaio 2016 presso gli ambienti attigui alla stessa Porta Santa della Carità: «l’Anno della Misericordia stimoli ad una sempre più incisiva azione di evangelizzazione e promozione umana, incrementando la fraterna solidarietà e il rispetto della dignità di ogni persona (...). Si lotti con tutte le forze per sconfiggere le diffuse piaghe sociali dell’usura e dell’azzardo che generano continui fallimenti non solo economici, ma anche familiari ed esistenziali». “Non dimenticate i poveri”: questo pensiero il Papa lo ha sviluppato ulteriormente nella catechesi del Mercoledì delle Ceneri (10 febbraio 2016), invitando tutti i cristiani a condividere concretamente il cammino della Chiesa verso la Pasqua con sobrietà e con precisi segni e impegni ispirati dalla Misericordia: «Con il Giubileo biblico, chi era diventato povero, ritornava ad avere il necessario per vivere, e chi era diventato ricco restituiva al povero ciò che gli aveva preso». La misericordia per i bisognosi, i poveri, gli indebitati, sbandierata da tante persone, è stata rimessa in discussione dopo i tragici fatti di Parigi (13 novembre 2015): un senso di paura, di preoccupazione, accompagna, oggi più di ieri, l’accoglienza in Europa di tanti profughi che in dimensioni bibliche forzano le frontiere europee. Viviamo ogni giorno le incertezze che derivano dal terrorismo che semina violenza ovunque, rendendoci ostaggio di una logica in cui i sentimenti cristiani della riconciliazione e del perdono non trovano spazio. Quotidianamente i mass-media ci informano su morti, persone disperse e ci offrono immagini di famiglie che percorrono interminabili “tragitti di speranza”, espulse come bestie dai propri territori. La foto di Aylan, il bambino abbandonato morto sulla spiaggia, come un sacco vuoto, ha scosso le coscienze e i cuori di tutta l’Europa: “Riusciremo mai a cancellare questa immagine quando abbracceremo i nostri bambini?”. I segnali incoraggianti che provengono saltuariamente dal Presidente della Banca Centrale Europea (dott. Mario Draghi), dal Governo e dal mondo del lavoro, non sempre sono univocamente interpretati: infatti sovente non hanno riscontro nell’economia reale. Non ci


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA sono estranei i commenti che provengono dai mercati finanziari, spesso afflitti da repentini escursioni che coinvolgono un mondo totalmente globalizzato, che colpisce molte realtà che vedono lontano il superamento della crisi. Notizie incoraggianti sono pervenute ultimamente anche dal comparto dell’edilizia, in leggera crescita: sembra che finalmente il denaro “riprenda a girare”. Dal versante degli impieghi bancari, viene rilevato con piacere il boom dei mutui ipotecari attualmente quasi raddoppiati rispetto allo scorso anno. Di fronte alle tante incertezze, osserva in altro contesto Papa Francesco: «ci troviamo troppo spesso coinvolti nella globalizzazione dell’indifferenza, invece di vivere la solidarietà ... ». Il 2015 è stato per la Fondazione un anno caratterizzato da pochi margini di manovra: da un lato, la ormai cronica poca disponibilità dei Fondi Statali (Legge 108/96), sempre più scarsi e, dall’altro, le crescenti difficoltà per persone in cerca di assistenza. Il Rapporto ISTAT “Povertà assoluta e relativa in Italia” (pubblicato il 15 luglio 2015) ha evidenziato come sono oltre 8 milioni le persone precipitate nello stato di povertà: quella assoluta coinvolge il 5,7% delle famiglie (1 milione e 470 mila famiglie per un totale di 4 milioni e 102 mila persone - 4,2% nel Nord Italia, 4,8% nel Centro Italia, 8% nel Sud Italia); la povertà relativa il 10,3% (per un totale di 2 milioni e 654 mila famiglie e 7 milioni e 815 mila persone). Il trend di crescita della povertà è preoccupante in particolare nel Mezzogiorno: sempre più famiglie e persone sole, pensionati, disoccupati, padri separati e mamme con figli a carico, diseguaglianze, redditi bassi... . Questo clima di disagio sociale ed economico è favorito dalla incidenza della criminalità che determina l’insicurezza sociale, come riportato in una indagine Confcommercio - GfK Eurisko presentata a Bari il 25 novembre u.s..

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Percezione di sicurezza per l’attività

Crimini aumentati di più

Esperienza di criminalità Autori delle minacce/intimidazioni (base=ha ricevuto minacce) Natura delle minacce/intimidazioni (base=ha ricevuto minacce) Risposta alla richiesta estorsiva (base=ha ricevuto minacce) Azioni di protezione della propria impresa Iniziative più efficaci per la sicurezza dell’attività Percezione sull’efficacia delle leggi che contrastano i fenomeni criminali Propensione all’inasprimento delle pene Percezione sulla certezza della pena Problematiche del territorio

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è peggiorata furti abusivismo contraffazione rapine tangenti negli appalti usura estorsione sì, indiretta e/o diretta delinquenti comuni criminalità organizzata pressione psicologica danneggiamento a cose ha accettato

Italia Puglia Bari % % % 32 56 60 57 70 71 52 59 48 45 46 44 44 61 61 25 27 19 32 31 21 17 39 45 16 45 49 50 55 57 33 49 56 76 68 70 35 53 56 22 55 67

almeno una (telecamera, allarme, assicurazione,...) certezza della pena più protezione da parte delle forze dell’ordine più collaborazione con le forze dell’ordine per niente/poco efficaci sì molto/abbastanza certamente/probabilmente non si sconta la pena presenza di venditori abusivi presenza di nomadi negozi sfitti

76 73

60 57

53 42

62

65

62

19 90

18 93

19 93

94

93

93

85 57 51 44

81 59 43 32

74 53 36 23

Dati significativi li offre anche la Relazione del Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, presieduto dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura: per quanto attiene la sola Puglia, sono state presentate al Fondo di solidarietà (ex art. 14, l. 108/96) 29 istanze per estorsione, per un totale deliberato di oltre 928 mila euro; 62 istanze per usura, per un totale di somme deliberate pari a circa 3,6 milioni di euro. Un sintomo del grave disagio economico-sociale è rilevabile anche attraverso le continue richieste di accesso al Prestito della Speranza, istituito dalla Conferenza Episcopale Italiana.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Sono state aiutate molte persone, facendo ricorso anche ai Fondi propri della Fondazione, che hanno registrato nell’anno in corso una diminuzione il cui ammontare risente del trend generale e locale dell’economia. È stato necessario, in molti casi, convertire in beneficenza gli aiuti concessi a persone/famiglie come sovvenzioni che i beneficiari non hanno voluto, saputo, o potuto onorare. Le erogazioni con i Fondi dello Stato L. 108/96 ex art. 15 sono state cinque. La principale attività della Fondazione è stata rivolta a definire alcuni casi critici per crediti incagliati, rate impagate, difficoltà di rientro dopo la sospensione richiesta, concordata e concessa dalle banche. In alcuni casi la capacità di rimborso, nonostante la sospensiva di un anno, appare definitivamente compromessa con una inevitabile rinuncia al credito. Per tutti questi problemi presentati dalle persone/famiglie, il servizio dei volontari in Fondazione è stato orientato innanzitutto all’ascolto, poi al “discernimento”, quindi alla solidarietà e poi ancora all’accompagnamento, con risultati molte volte positivi dal punto di vista umano ed economico.

2. Attività e prospettive della Fondazione 2.1. Servizio sul territorio Così come all’inizio della sua attività, la Fondazione, anche quest’anno, ha curato la sua presenza, la disponibilità dei suoi volontari e il loro servizio sul territorio, attenta innanzitutto alle persone sovraindebitate, o in usura, o a rischio di usura, e a quanti sono giunti in via dei Gesuiti n.20 nello “stato di bisogno” per chiedere consigli o aiuto. In contemporanea essa si è mostrata attenta ai cambiamenti e ai bisogni della società, che dal 2008 hanno mutato profondamente l’assetto economico delle nostre famiglie. Tra l’altro, per meglio presidiare il territorio, la Fondazione ha continuato a costituire nuovi Centri di ascolto, come a Bitonto, il primo dicembre u.s., presso le strutture della Fondazione Santi Medici dell’omonimo Santuario. Responsabile di questo Centro è

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stato nominato don Massimo Ghionzoli, che si avvale della collaborazione del dott. Mario Agherbino, del dott. Mario Morea e dell’avv. Pasquale Antuofermo. Riteniamo che questo nuovo Centro possa coprire una vasta zona in cui sono presenti l’usura, l’azzardo, il riciclaggio di denaro sporco, la droga ecc... .

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2.2. Azzardo Come noto, la Fondazione ha notevolmente collaborato per la formulazione della legge regionale n. 3/2013 contro l’azzardo. Si sta lavorando, sia nei Comuni perché la normativa regionale venga applicata, sia nelle attività commerciali perché vengano eliminate le slot-machines da questi ambienti. L’iniziativa del bollino “No Slot, Sì Caffè” e della “Lettera aperta ai baristi” che è partita dal 2013, ha prodotto non pochi risultati. I Comuni di Molfetta, Giovinazzo e Bitonto hanno chiesto l’autorizzazione alla Fondazione ad usare il “bollino” facendolo proprio e sostenendo l’iniziativa presso gli esercenti presenti sul territorio. Continuerà per gli anni a venire la predetta iniziativa la cui evoluzione è costantemente aggiornata dal sig. Marco Musa, delegato a questo servizio per tutta la Regione Puglia. I risultati della diffusione e dell’uso del “bollino”, si possono leggere sul sito internet della Fondazione www.fondazioneantiusurabari.it. Anche in questo annus terribilis, per la perdurante crisi economica, gli italiani hanno consumato in azzardo ben 89 miliardi di euro. È stata confermata la tendenza all’aumento di questo consumo nei territori economicamente più svantaggiati. Si pensi che, in Puglia, il maggiore consumo rispetto all’anno precedente si è registrato nella provincia di Taranto, sintomo che la crisi occupazionale dell’ILVA e del mondo produttivo di tutto l’indotto genera l’errata consapevolezza che la soluzione possa venire dal ricorso all’azzardo. Si sono moltiplicati esponenzialmente gli appuntamenti che hanno visto il Presidente mons. D’Urso, l’avv. Simeone, il dott. Ricco e altri collaboratori a partecipare a tavole rotonde e convegni sull’azzardo. Si è cominciato a lavorare a Santeramo in Colle agli inizi del 2014 con un’associazione che, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, ha voluto informare la cittadinanza sui rischi dell’azzardo. Tra le altre iniziative, è da ricordare il contributo che alcuni volontari della Fondazione hanno offerto alla realizzazione del libro con-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA tro l’azzardo Quando il gioco si fa duro di Nadia Toffa, nota giornalista del programma televisivo Le Iene, la cui presentazione, presso la Biblioteca Nazionale di Bari, ha visto la partecipazione del Presidente mons. Alberto D’Urso. È stata sostenuta l’idea di alcuni giovani artisti del cinema di realizzare un film-documentario sull’azzardo: Vivere alla Grande con la presentazione avvenuta nel mese di maggio. Il documentario ha riscosso enorme successo tanto da essere premiato al Festival del cinema di Locarno in Svizzera e ad una Mostra del cinema per documentari a Los Angeles. Tuttora il documentario viene proiettato in varie sale teatrali e cinematografiche in Italia. È stata assicurata ai Comuni di Giovinazzo e Molfetta la presenza di volontari della Fondazione che, in qualità di relatori, hanno preso parte a svariati incontri con gli esercenti locali finalizzati alla rimozione delle slot-machines dagli ambienti pubblici. La Fondazione, con i propri volontari, è stata presente in molti Comuni pugliesi per assicurare una informazione qualificata sui temi dell’usura, dell’azzardo, dell’estorsione e del sovraindebitamento delle famiglie e delle imprese. Un rapporto del tutto particolareggiato si è sviluppato con la città di Bisceglie dove alcune associazioni formate prevalentemente da giovani e sostenute da un sacerdote, don Vito Sardaro, hanno iniziato un percorso di informazione e formazione diretto ai giovani e agli esercenti che lavorano in luoghi in cui si consuma l’azzardo. I risultati sono stati incoraggianti tanto che in poco più di un anno si è raddoppiato il numero dei baristi che hanno chiesto la dismissione delle apparecchiature dai loro esercizi. Il dialogo, in particolare col Comune di Bari, non è mai venuto meno anche se finora non ha generato risultati rilevanti: dal 2012 si attende un regolamento sull’azzardo. Anche quest’anno la Fondazione non ha fatto mancare la sua assistenza e consulenza a quanti hanno voluto concludere gli studi universitari discutendo la tesi di laurea sull’usura e sull’azzardo. In particolare, si sottolinea il lavoro prezioso di una giovane studen-

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tessa di Altamura, Paola Cornacchia, che si è laureata in giurisprudenza col massimo dei voti affrontando temi legati all’azzardo che ancora oggi non riescono a trovare accoglimento presso la giurisprudenza amministrativa.

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2.2. Convenzioni - Cultura preventiva - Educazione alla legalità Rapporti con le istituzioni e altre realtà Per un miglior utilizzo dei Fondi statali e dei Fondi propri, alla luce dell’esperienza maturata negli anni scorsi, si è reso necessario prevedere una revisione delle convenzioni bancarie. Dopo due anni di studi e di incontri, recentemente la Consulta Nazionale Antiusura, con la quale la Fondazione vive un fecondo rapporto di collaborazione, ha siglato un Protocollo d’Intesa con l’Associazione Bancaria Italiana recante “Linee guida in materia di Convenzione tra le Banche e le Fondazioni che gestiscono i Fondi di prevenzione dell’usura ai sensi della L.108/96”. L’Accordo costituisce uno strumento importante di omogeneizzazione dell’azione della Fondazione su tutto il territorio nazionale. Con un notevole impegno, la Fondazione ha operato per consolidare e rilanciare la diffusione della cultura preventiva, attraverso convegni, tavole rotonde e aggiornamenti nelle scuole di ogni ordine e grado. L’interesse con cui i giovani hanno accolto i relatori stimola l’impegno ad incrementare queste iniziative per favorire itinerari di educazione alla legalità e di formazione circa il rapporto con il denaro e con l’azzardo, tante volte stimolato dalla pubblicità ingannevole, vero strumento di persuasione che conduce gradualmente alla dipendenza. L’educazione alla legalità è un valore teoricamente condiviso e fondamentale ma non è facile da inculcare nella coscienza dei giovani. Essa è molto importante nell’attuale momento storico in cui la società si mostra sempre più complessa e contraddittoria. I giovani vanno aiutati nel “discernimento” su tanti fenomeni deteriori come la diffusione della droga e della tossicodipendenza, le forme di violenza legate al potere illecito della delinquenza organizzata e di una concezione molto discutibile della libertà. Sono state curate le relazioni con tutte le istituzioni locali interessate a collaborare con la Fondazione, sia per la lotta all’usura e al racket, sia per la promozione della legalità e per la prevenzione. Un note-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA vole impegno è in corso con le amministrazioni locali della Regione Puglia allo scopo di concordare una più proficua collaborazione stante la crescente richiesta di solidarietà da parte di persone appartenenti a tutti i diversi ceti sociali. È stato doloroso rilevare, in alcuni casi, l’indifferenza delle istituzioni e dei cittadini per drammi e a volte tragedie verificatisi. Anche quest’anno la Fondazione ha promosso incontri con la Caritas diocesana di Bari, con l’Associazione Consumatori, con la Prefettura, con la Camera di Commercio, con l’Autorità giudiziaria di Bari. Con le Forze dell’Ordine sono stati sviluppati non pochi contatti, soprattutto quando si è trattato di sostenere psicologicamente e finanziariamente le persone usurate disponibili a denunciare i loro “aguzzini”. Le relazioni con le altre Fondazioni antiusura d’Italia sono state costanti e curate direttamente attraverso convegni e soprattutto tramite la Consulta Nazionale Antiusura. Il confronto è risultato sempre arricchente e ha reso il servizio ai poveri più omogeneo e realizzato “in rete” in maniera sempre più efficace. Numerosa e apprezzata è risultata la partecipazione a trasmissioni televisive, interviste radiofoniche sul piano locale, regionale e nazionale, a convegni organizzati dalle Istituzioni locali nonché dai parroci più attenti delle diocesi convenzionate e per la pubblicazione di articoli su quotidiani, settimanali e mensili, utili a fornire aggiornamenti sull’attività della Fondazione. Questa presenza è stata curata in particolare dalla giovane giornalista Michela Di Trani. Sono stati consolidati ulteriormente i rapporti con i Consigli notarili di Bari, Brindisi, Taranto, Lecce e Trani. Sono stati realizzati e saranno confermati gli incontri anche con il Forum Regionale delle Famiglie tramite alcuni volontari a ciò delegati: il dott. Giuseppe Lucchese e il dott. Nicola Totaro. Mons. D’Urso e l’avv. Simeone hanno incontrato a Roma anche il presidente nazionale uscente, il dott. Francesco Belletti, lo scorso dicembre per ipotizzare una più concreta collaborazione. Con la Consulta regionale del Laicato il rapporto è stato curato dall’avv. Paolo Vitti.

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2.3. Prestito della Speranza La Fondazione è referente per la diocesi di Bari-Bitonto del Prestito della Speranza. Questa attività, sospesa un anno fa, è stata ripresa soltanto il 2 marzo 2015. La CEI ha rinnovato in esclusiva con Banca Intesa San Paolo il Progetto di sostegno creditizio alle famiglie e alle piccole imprese che si trovano in difficoltà per l’accesso al credito ordinario. Il Prestito registra sempre più numerose richieste. Il dott. Nicola Totaro è il principale referente per questo servizio, in costante contatto con il Presidente della Fondazione e con il Consiglio direttivo. Anche questa esperienza, ricca di risvolti umani, presenta difficoltà di non facile soluzione. Nel 2015 sono giunte a conclusione positiva 62 pratiche di finanziamento. È stata applicata la nuova normativa che prevede una disponibilità massima di 7.500 euro, a tranche di 1.250 euro bimestrali, da restituire gradualmente a partire dalla fine dell’erogazione, al tasso del 2% annuo. È stata anche avviata la sperimentazione del finanziamento per piccoli crediti per start-up d’imprese, che prevede una erogazione in una sola volta di 25.000 euro. In totale, dall’avvio dell’attività del Prestito ad oggi, sono state presentate circa 300 pratiche, 62 delle quali hanno avuto esito positivo.

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2.4. Fonti di finanziamento Solo a fine anno sono pervenuti i Fondi del finanziamento statale per il 2015 relativi alla prevenzione, come previsto dall’art. 15 L. 108/96. La somma ricevuta è largamente insufficiente rispetto alle necessità. Tenuto conto di tale esiguità, la ricerca di nuove fonti di finanziamento costituisce un necessario strumento per il prosieguo delle attività. Un discreto sostegno è pervenuto dai Fondi del 5 per mille che hanno permesso di coprire parzialmente le spese istituzionali della Fondazione. Sul versante dei Fondi regionali la Fondazione attende con fiducia dalla nuova Giunta regionale segnali concreti di sostegno. Dopo l’approvazione dell’ultima legge regionale n. 25 del 2015 “Misure di prevenzione, solidarietà e incentivazione finalizzate al contrasto e all’emersione della criminalità organizzata e comune nelle forme dell’usura e dell’estorsione”, ci si aspettava il relativo Regolamento di attuazione per goderne i benefici. A tutt’oggi non ci è stata assicurata alcuna provvi-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA denza, mentre con la disponibilità dei Fondi della precedente legge n. 7 del 2006 sono stati realizzati 12 finanziamenti a favore di famiglie bisognose, sino all’utilizzo pieno dei fondi messi a disposizione. 2.5. Flussi di finanziamento Anche quest’anno sono giunte rimesse da parte di alcune diocesi (Bari, Brindisi, Altamura, Taranto, Ugento, Castellaneta), dalla Camera di Commercio di Bari (rimessa ridotta), dai Comuni, di Bari, Monopoli, Bitonto e Gioia del Colle, dalla Banca Popolare di Bari, da alcuni sostenitori e dal MEF (rimborso di alcune spese). 2.6. Esecuzioni immobiliari e fallimenti dichiarati e chiusi I procedimenti esecutivi immobiliari, definiti, presso il Tribunale di Bari, riportati nella Relazione annuale sull’amministrazione della giustizia, risultano, al 30 giugno 2015, 1.124 (al 30 giugno 2014 erano stati 1.237). I procedimenti pendenti, 4.534. I fallimenti dichiarati e chiusi sono stati rispettivamente 206 e 173 (nel 2013 erano rispettivamente 219 e 273 nel 2014). I concordati preventivi segnalati dalla Presidenza del Tribunale di Bari, sono in aumento. Anche quest’anno la Fondazione è intervenuta più volte per impedire la vendita di immobili, assicurando ogni possibile contributo giuridico ed economico alle famiglie in possesso di questo bene così prezioso ma a rischio. A nessuno sfugge il mare di sofferenze di chi si è visto raggiunto da decreti ingiuntivi, da periti del tribunale e dal pignoramento immobiliare. La Fondazione ha di volta in volta messo a disposizione la professionalità dei suoi volontari per cercare risposte positive agli appelli pervenuti. Non è stato sempre facile risolvere tutte le difficoltà, sia perché è stato necessario dialogare con magistrati di più tribunali competenti presenti sul tenitorio regionale, sia per la diversa sensibilità degli stessi, sia perché tante richieste sono state presentate in ritardo. Gli interventi giunti a buon fine sono stati possibili grazie anche alle anticipazioni realizzate con i Fondi propri della Fondazione.

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La Fondazione è intervenuta presso alcuni tribunali della Regione anche per denunciare quanto accertato dalla Guardia di Finanza circa il meccanismo che permette ad alcuni prestanome di impossessarsi di case messe all’asta presso la Sezione delle Esecuzioni immobiliari.

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2.7. Denuncia degli usurai e assistenza legale Nell’ambito della educazione alla legalità è continuata la paziente opera di educazione e di incoraggiamento alla denuncia degli usurai. I risultati del 2015, a livello nazionale, non sono stati sempre incoraggianti: dai dati del Ministero dell’Interno si rileva che sempre meno imprenditori e commercianti si sono rivolti al Fondo di Solidarietà per godere dei finanziamenti previsti per chi subisce estorsioni. Dalla Relazione sull’amministrazione della giustizia della Corte d’Appello di Bari, risulta che «È aumentato il numero complessivo dei reati di estorsione (da 910 a 1034) e di usura (da 210 a 329). Dato questo che può esser letto anche come una positiva tendenza delle vittime a denunziare questo odioso reato. [...] Come è noto, il delitto di usura si collega anche alla infiltrazione della malavita nel ruolo di finanziamento delle imprese ed esige una adeguata opera di prevenzione, nonché di solidarietà e di educazione alla legalità», come ha rilevato il Presidente della Corte d’Appello di Bari dott. Gianfranco Castellaneta. Sul versante delle denunce di usura nel Distretto di Bari la Fondazione ha assicurato ogni possibile sostegno alle vittime mettendo a disposizione competenze e professionalità in tutto il percorso giudiziario che turba non poco le persone “sotto schiaffo”. Con soddisfazione rileviamo che per alcune persone “coraggiose” è scattato il Programma di Protezione statale. Nel 2015 la solidarietà a favore delle vittime di usura ed estorsione è stata espressa dalla Fondazione con Fondi propri sia mettendo a disposizione la somma necessaria per l’assistenza legale, sia nella fase della denuncia che delle indagini preliminari, sia per la costituzione di parte civile nel processo penale. La decisione di costituzione come parte civile nei processi per usura (5 casi già in essere, altri casi sono da formalizzare, perché si è in attesa dell’inizio della fase processuale) è sempre molto sofferta ma si è rivelata provvidenziale. Essa è in linea con le finalità della solidarietà, dell’educazione e della promozione della legalità, grazie alle persone che hanno avuto il coraggio di denunciare i loro “carnefici”.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Già prima del 2015 erano in atto 6 processi per usura contro clan malavitosi in cui la Fondazione da tempo si era costituita parte civile. Chi denuncia ha bisogno di non sentirsi abbandonato prima, durante e dopo il processo, sia sul piano personale che familiare e aziendale. Il sostegno morale, familiare ed economico della Fondazione a queste persone, soprattutto quando in situazioni concrete è stata constatata la presenza di personaggi della malavita organizzata, è stato sempre di grande aiuto. 2.8. Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso Malgrado i reiterati interventi presso le sedi appropriate, rimane ancora irrisolta la modifica apportata dall’art. 2, comma 23 della. L. 94/2009, all’art. 4 della L. 512/99 istitutiva del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso per il conseguimento dei danni liquidati in sentenza. A seguito di tali modifiche gli enti, sia pubblici che privati (tra cui le Fondazioni Antiusura), possono proporre istanza di accesso al Fondo esclusivamente per le spese legali liquidate in sentenza e non per le somme dovute a titolo di risarcimento danni. La Fondazione, a vari livelli, proseguirà la sua azione nel tentativo di far modificare tale provvedimento, raccordandosi “in rete” con le altre Fondazioni operanti in Italia e con altre realtà (associazioni antiracket). L’attuale normativa svilisce apertamente l’impegno di solidarietà a favore delle vittime dei reati di usura ed estorsione compiuti nell’ambito di una attività associativa di stampo mafioso, come già in due processi ci è stato riconosciuto. In sintesi, il sostegno economico della Fondazione per l’assistenza legale ammonta a oltre 230 mila euro (33 assistenze legali e 21 pratiche di anticipazioni per interventi di sussistenza ancora in atto).

3. Attività degli organi collegiali 3.1. Consiglio direttivo Il Consiglio direttivo, organo deliberante della Fondazione, non è variato nel corso dell’anno. Risulta essere attualmente così compo-

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sto: mons. Alberto D’Urso, presidente; don Paolo Sangirardi, vice presidente; don Giovanni Lepore, avv. Paolo Vitti e dott. Giuseppe Lucchese, consiglieri. Don Paolo Sangirardi, nelle sue funzioni di vice presidente, ha sostituito il presidente in sua assenza. La lunga conoscenza della vita della Fondazione, in quanto socio fondatore, ha assicurato un qualificato contributo all’attività della Fondazione. Analogo, concreto aiuto è stato garantito da don Giovanni Lepore, dal dott. Giuseppe Lucchese e dall’avv. Paolo Vitti nelle loro funzioni di consiglieri. Il Consiglio direttivo si è riunito 27 volte, ordinariamente presso la sede della Fondazione, in via dei Gesuiti n. 20 e, per motivi straordinari, in luoghi diversi come l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge. Per l’approfondimento delle pratiche, con il segretario dott. Nicola Agnano hanno collaborato con continuità l’avv. Vincenzo Scicutella e il rag. Michele Belviso, componenti il Comitato Tecnico. Agli incontri del Direttivo hanno partecipato a volte componenti dei Gruppi di ascolto per fornire informazioni utili alla comprensione e definizione delle pratiche all’ordine del giorno, i rappresentanti delle diocesi convenzionate, soprattutto quando ciò è stato da loro richiesto, e il dott. Nicola Totaro, per le richieste relative al Prestito della Speranza. Il Consiglio ha prodotto 172 delibere così ripartite: 100 archiviazioni; 3 finanziamenti chirografari, attingendo ai Fondi propri della Fondazione; 7 delibere di mutui ipotecari ai sensi dell’art. 15, ex Legge. 108/96; 14 sovvenzioni-anticipazioni-microcredito con i Fondi propri; 11 beneficenze nei confronti di famiglie bisognose con i Fondi propri; 5 beneficenze per assistenza legale con i Fondi propri; 10 richieste di aumenti di garanzia; 5 adesioni alle richieste delle banche per l’avviamento di azioni atte al recupero del credito; 10 pratiche per l’allungamento del periodo di ammortamento del mutuo in un arco di tempo che va da pochi mesi a cinque anni, o per sospensione del pagamento o rinegoziazione del mutuo. Le altre 100 delibere hanno riguardato vari temi inerenti l’attività istituzionale della Fondazione. Il cambiamento della stratificazione sociale delle persone non ha permesso alla Fondazione di dare seguito a numerose altre richieste: molte, infatti, sono state archiviate dopo le valutazioni fatte dai


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Gruppi di ascolto, dal Comitato tecnico e dal Consiglio direttivo. Le richieste archiviate presentano questo quadro: un buon 35% con debitorie molto alte (200 mila euro, non supportate tantissime volte da reddito adeguato); il 10% con debitoria (oltre i 150 mila euro, senza alcun immobile disponibile per la garanzia); il 10% con sofferenze non in linea con le condizioni imposte dalle leggi dello Stato (in questo caso l’archiviazione è stata particolarmente dolorosa perché le uniche garanzie offerte erano legate al lavoro nero); un 10% non in linea con le norme del nostro Atto costitutivo; il 15% con debiti alti-altissimi; il 20% con richieste di un microcredito ma senza possibilità di restituzione del debito. Un nuovo orientamento sta ispirando l’azione della Fondazione per il recupero crediti insoluti: a partire da quest’anno, verranno avviate azioni di recupero per pratiche di Fondi Propri anche con decreti ingiuntivi e azioni espropriative. Tanto non senza una certa sofferenza: è servito, sta servendo e servirà ad educare i beneficiati a onorare l’impegno morale della restituzione del debito e lo spirito di solidarietà che ha sempre animato la Fondazione. Mediante queste azioni, si è inteso assicurare il prosieguo dell’attività della Fondazione e ampliare il campo dell’assistenza delle persone che sono nel bisogno: se non c’è restituzione da parte delle persone che possono assicurarla non potrà esserci il prosieguo dell’attività. 3.2. Collegio dei Revisori dei conti Il Collegio dei Revisori dei Conti non ha subìto variazioni nel corso dell’anno. Risulta composto dal presidente, dott. Gerardo Mennella, e dai sindaci, dott. Giuseppe D’Alessandro e dott. Ruggero Ricco. Il Collegio ha assicurato con continuità un imprescindibile supporto, oltre che per gli adempimenti statutari, anche per ogni possibile consulenza per i rapporti con le banche, soprattutto per

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quanto attiene le scadenze dei titoli e i conseguenti rinnovi. A volte è stato necessario trasferire somme di una certa entità da una banca all’altra per ottenere rendimenti maggiori indispensabili a fronteggiare le quotidiane spese legate alla operatività della Fondazione. 3.3. Comitato tecnico Sempre qualificato, inappuntabile e legato a sacrifici personali e familiari è risultato il servizio reso dai membri del Comitato tecnico composto dal dott. Ennio Pizzini, dall’avv. Vincenzo Scicutella e dal rag. Michele Belviso. Oltre alla normale attività dei Gruppi di ascolto, svolta il martedì mattina, si sono riuniti ordinariamente (e straordinariamente in altri giorni) ogni martedì pomeriggio e mercoledì mattina in Fondazione. Il loro parere, espresso all’esito delle proposte operative formulate dai Gruppi di ascolto per ciascuna pratica, e il loro riferimento puntuale ai criteri di meritevolezza ispirati dalla legge n. 108/96, hanno favorito e sveltito l’attività deliberante del Consiglio direttivo.

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3.4. Comitato giuridico Anche il lavoro del Comitato giuridico, coordinato dall’avv. Paolo Vitti, è notevolmente cresciuto. Il Comitato, composto dagli avvocati Attilio Simeone, Enzo Scicutella, Edoardo Altieri, Angelo De Gaetano, Manuel Costantino, Adriana D’Arelli, Gianfranco Rossi, Italia Mendicini, ha assicurato, attraverso una rotazione programmata, la presenza di almeno un penalista e di un civilista nei giorni di ascolto che sono sempre caratterizzati dalla necessità di pareri giuridici per i quesiti che propongono le persone richiedenti assistenza. Gli avvocati Edoardo Altieri, Manuel Costantino e Attilio Simeone hanno offerto un prezioso servizio nell’assistenza alle vittime del reato di usura e di estorsione e nella redazione e presentazione delle pratiche di assistenza ai sensi delle leggi n. 108/96 e n. 44/99 presso l’Ufficio territoriale del Governo della Provincia di Bari. Ad oggi risultano in fase di istruttoria presso la Prefettura di Bari oltre 30 richieste per l’accesso al Fondo di solidarietà; altre sono state presentate presso le Prefetture di Foggia, Lecce, Taranto e Brindisi. Gli avvocati Costantino e Simeone, oltre a collaborare con gli altri legali dalla Fondazione, assicurano con lodevole perseveranza e professionalità il loro servizio al Comitato di solidarietà per le vittime


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA dell’usura e dell’estorsione, di cui fanno parte rispettivamente come membro titolare e membro supplente, in rappresentanza della Consulta Nazionale Antiusura. Degno di encomio è stato il lavoro svolto nel difficile comparto delle costituzioni di parte civile della Fondazione dagli avvocati Altieri e Mendicini, referenti puntuali per il Consiglio direttivo. In particolare l’avv. Edoardo Altieri è in continuo contatto con il Consiglio direttivo per riferire sulla situazione dei procedimenti penali in corso e sullo stato di avanzamento relativo ai rimborsi delle anticipazioni effettuate per l’art.14. Questo servizio, estremamente importante, da una parte ha qualificato l’attività della Fondazione nell’ambito della legalità, ridando fiducia a chi vive con sofferenza l’esperienza della denuncia, dall’altra ha permesso di far acquisire visibilità all’operato della Fondazione, contribuendo a far emergere dal sommerso la piaga dell’usura. L’avv. Vincenzo Scicutella ha svolto il delicato compito di seguire le pratiche presso la Banca Popolare di Bari, la Banca Popolare di Puglia e Basilicata, l’UBI–Banca Carime e la Banca di Credito Cooperativo di Bari per quanto attiene le morosità, le sofferenze e per un puntuale controllo dei report bancari di tutti i fruitori dei finanziamenti. Ricco d’esperienza, ha sempre saputo suggerire soluzioni sagge. Gli è stato confermato anche l’oneroso comparto delle pratiche i cui titolari hanno chiesto la sospensione del pagamento delle rate del mutuo (oltre 10 nell’anno), o il prolungamento dell’ammortamento del mutuo per un massimo di 5 anni e/o oltre, ovvero la rinegoziazione del mutuo, con conseguente riduzione dell’importo mensile della rata. Analogo prezioso lavoro ha svolto egregiamente il dott. Giuseppe Lucchese, che cura i rapporti con il Banco di Napoli, in particolare con i funzionari, sia per definire le diverse posizioni di mutui ipotecari per rate scadute e non pagate, sia per il controllo metodico per le persone/famiglie che, pur rimanendo in condizione di forte morosità, hanno ripreso i pagamenti per evitare il loro passaggio a sofferenza, sia per selezionare i nominativi delle pratiche da passare a sofferenza.

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3.5. Pool di Ascolto Costante e paziente è stato il contributo di questi volontari nel delicato compito di ascoltare coloro che hanno chiesto consigli e solidarietà bussando alla porta della Fondazione. Spesso le situazioni descritte sono risultate drammatiche e di grande complessità dal punto di vista finanziario, bancario, legale e soprattutto umano. Un gran numero di persone/famiglie si è indebitato in maniera più grave rispetto al passato: ad esse è stata assicurata sempre la necessaria privacy, resa possibile grazie alla sensibilità dell’arcivescovo mons. Francesco Cacucci che ha assicurato altri ambienti per l’ascolto. Sono stati pienamente operativi in questo settore: il dott. Ennio Pizzini, il dott. Nicola Totaro, il dott. Giuseppe Lucchese, l’avv. Enzo Scicutella, l’avv. Edoardo Altieri, l’avv. Manuel Costantino, l’avv. Attilio Simeone, il rag. Michele Belviso, l’avv. Adriana D’Arelli, la rag. Cecilia Di Cagno, il dott. Francesco De Martino, il dott. Teodoro Penta, il rag. Camillo Forcella, il dott. Nicola Insalaco, il dott. Carlo Lorusso, il dott. Filippo Mastrovito, il dott. Nicola Sgobba, il dott. Vincenzo Poliseno, il rag. Mario Centonze, il dott. Vito Maino e il sig. Vincenzo Oreste (da qualche mese non operativo perché malato). In considerazione delle materie da trattare e delle competenze professionali, si è proceduto a una mirata riorganizzazione dei gruppi, per rispondere meglio alle esigenze dei richiedenti. È da apprezzare l’armonia e la capacità d’intesa dei membri dei Gruppi di ascolto con i membri del Comitato Tecnico e del Collegio dei Revisori dei conti per la valutazione delle pratiche non sempre di facile soluzione. È da sottolineare che quest’anno, ancor più che negli anni precedenti, sono giunte in Fondazione persone/famiglie con alto-altissimo livello di debitoria ma con scarso o nessun reddito. Questo è stato interpretato come effetto della crisi in corso che malgrado qualche “segnale di speranza” è ancora fortemente presente nella società. Per questo motivo le concessioni di nuovi finanziamenti hanno subìto un brusco rallentamento o arresto. 3.6. Centri di ascolto I Centri di ascolto locali si sono mostrati particolarmente utili per assicurare capillarità al servizio della Fondazione. In questi presidi territoriali, più vicini alla residenza degli assistiti, hanno collabora-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA to altri esperti volontari per la prima accoglienza e un primo ascolto delle persone bisognose di aiuto. Sono proseguiti con pazienza ma senza alcun risultato positivo i contatti con la diocesi di Andria per stipulare la convenzione. Attualmente si registrano fondati motivi per poterla concludere prossimamente. È stata riattivata nei mesi scorsi la convenzione con la diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. Nel corso dell’anno alcune diocesi hanno avuto nuovi vescovi. La Presidenza della Fondazione non solo ha rivolto un caloroso grazie ai vescovi emeriti, ma ha anche fatto visita ai nuovi Pastori, illustrando loro le finalità del servizio assicurato, relazionando anche sul consuntivo del lavoro svolto. Sono state pertanto confermate tutte le convenzioni esistenti con le diocesi di: Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti (nuovo responsabile don Domenico Giannuzzi); Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi (responsabile il diacono Ferdinando Vitelli); Taranto (responsabile don Nino Borsci che si avvale della collaborazione dei dott.ri Mimmo Greco, Ulderico Perrone, Alfonso Giordano e Franco Fazio); Castellaneta (responsabile dott. Andrea Stendardi e l’economo diocesano, don Renzo Di Fonzo); Conversano-Monopoli (responsabile don Michele Petruzzi che si avvale della collaborazione del dott. Giuseppe Sorino); Oria (responsabile don Alessandro Mayer che si avvale della collaborazione dei dott.ri Carlo Carucci, Piero De Stradis, Mario Zizzo e Piergiorgio Pastorelli); Otranto (responsabile don Enzo Vergine che si avvale della collaborazione dell’avv. Emilio Fasano); Ugento-Santa Maria di Leuca (responsabile il diacono Michele Casto); BrindisiOstuni (responsabile don Piero Calamo); Nardò-Gallipoli (responsabile don Giampiero Fantastico che si avvale della collaborazione dei dott.ri Roberto De Donatis, Nicola Rizzelli e Salvatore Cannazza); Trani-Barletta-Bisceglie (responsabile mons. Francesco Lorusso); Lecce (responsabile don Gerardo Ippolito che si avvale della collaborazione dei dott.ri Elio Romano, Gregorio Marsiglia, Cosimo Longo, Marco Arnesano e della dott.ssa Manuela Settimo). Con tutti i collaboratori delle diocesi convenzionate i rapporti sono

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estremamente fraterni e concreti, basati sulla stima reciproca e la competenza professionale delle persone. Per tutti è stato messo a disposizione “in rete” il programma “G.I.F.A.” (Gestione Integrata Fondazioni Antiusura) che rappresenta uno strumento operativo di amministrazione interna delle pratiche e di raccolta-dati con linguaggio e prassi comune. Le diocesi lo usano con risultati eccellenti, essendo in possesso delle opportune modalità di accesso.

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3.7. Ascolti Nel 2015 sono state ascoltate in Fondazione oltre 360 persone/famiglie. Ad esse bisogna aggiungere quelle che si sono rivolte ai Gruppi di ascolto delle diocesi convenzionate che hanno provveduto ad assicurare una prima relazione. Si stima che in questi Centri si siano realizzati altri 150 ascolti. Il totale delle ore di ascolto effettuate non è quantificabile. Ogni giorno, sabato compreso, la nostra sede, l’Oasi S. Maria in Cassano e gli ambienti della Curia di Bitonto - in cui opera pastoralmente mons. D’Urso - sono stati raggiunti da uomini e donne i cui problemi non potevano attendere il martedì per essere affrontati: è il caso di confermare che gli incontri straordinari sono diventati ordinari. Nessun richiedente è stato mai respinto anche se non “prenotato” telefonicamente. I volontari si sono prodigati al massimo anche per offrire un consiglio, un incoraggiamento, una parola di conforto, in comunicazione costante con il Presidente e i membri del Consiglio direttivo. Non sempre questa disponibilità è stata riconosciuta, compresa e apprezzata, soprattutto in occasione di richieste di “non assistibilità ” sempre più numerose. A causa delle aumentate ristrettezze economiche, generate dal finanziamento non congruo del Fondo statale, si è dovuta confermare anche quest’anno la riduzione dell’importo massimo erogabile (50 mila euro). Non è facile far capire a chi è nell’indigenza che l’attività della Fondazione risponde a norme precise e a disponibilità concrete e che in ogni circostanza è necessario armonizzare prevenzione, solidarietà e legalità. E, cosa di non secondaria importanza: ogni decisione resta poi subordinata all’accettazione della pratica da parte delle banche.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA La sede degli ascolti, in via dei Gesuiti n. 20, è stata presidiata fino al mese di luglio dall’avv. Angela Editori, che ha svolto un importante ruolo di collegamento con i volontari per la gestione delle pratiche, per curare i rapporti con gli assistiti, con i creditori, i notai, gli avvocati, le banche e con le persone che hanno ricevuto sovvenzioni (oggetto di contatto continuo per il recupero del credito), onde favorire analoga possibilità di fruizione a vantaggio di altre persone indigenti. Le sue informazioni sono risultate preziose per le decisioni del Consiglio Direttivo. Dal mese di luglio, per esigenze personali, l’avv. Angela Editori si è dovuta assentare. Le sue mansioni sono state affidate al dott. Nicola Totaro a cui va il nostro ringraziamento per la disponibilità, la cura e l’attenzione con cui ha svolto e svolge tale compito. Ha assicurato la sua collaborazione sia pure saltuaria il rag. Fabrizio Lovecchio, della Consulta Nazionale, per la preparazione di convegni, tavole rotonde e per tutte le altre manifestazioni organizzate. Prezioso e preciso è risultato il servizio reso dal dott. Roberto Musio: ha avuto anche quest’anno il compito di aggiornare l’archivio delle pratiche, di collaborare nel lavoro di segreteria e di curare i rapporti esterni della Fondazione con i vari enti ed uffici. Il sig. Marco Musa è stato referente delle attività inerenti l’uso del computer e del suo linguaggio, evidenziando costante dinamicità e professionalità nel lavoro. Ha mantenuto e mantiene aggiornato il sito web della Fondazione (www.fondazioneantiusurabari.it) e ha curato l’attività degli ascolti settimanali, con l’immissione delle pratiche nel sistema GIFA, collegato con le varie diocesi convenzionate. Lodevole la sua disponibilità, secondo le emergenze della Presidenza. Da quest’anno collabora con la Fondazione la giornalista Michela Di Trani, che assicura il suo servizio professionale innanzitutto nella Consulta Nazionale. Ha curato l’immagine della Fondazione, mediante la preparazione e la diffusione di comunicati stampa in occasione di convegni, tavole rotonde... . A lei si deve anche la pubblicazione del libro Usura, Paura e Misericordia, in cui sono riportate storie di usurati e di giocatori d’azzardo. Il libro ha avuto una vasta eco attraverso mass-media, giornali, tavole rotonde e interventi televisivi.

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3.8. Ringraziamenti Anche quest’anno il primo grazie va all’Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, che continua ad illuminarci con il suo magistero e a sostenerci con la sua parola. Un grazie sincero e fraterno a mons. Domenico Ciavarella, da anni fedele ai nostri appuntamenti assembleari: ci assicura con la sua presenza un notevole incoraggiamento personale ed ecclesiale. Un doveroso ed affettuoso ringraziamento anche al direttore della Caritas di Bari-Bitonto, don Vito Piccinonna, soprattutto per aver messo a disposizione gli ambienti per il Centro di ascolto a Bitonto presso la Fondazione Santi Medici. Ringraziamo, inoltre, gli amici che operano nella sede della Consulta Nazionale: il dott. Ruggero Ricco, segretario aggiunto e membro del Collegio dei Revisori, e il rag. Fabrizio Lovecchio. Con loro ringraziamo ancora la rag. Cecilia Di Cagno, il dott. Teo Penta, il dott. Filippo Mastrovito e il rag. Mario Elefante. Questi collaboratori dividono il loro tempo tra la Fondazione e la Consulta. Il collegamento con questi amici è risultato prezioso soprattutto in occasione di eventi di comune interesse. Un grande grazie, infine, ai menzionati rappresentanti delle diocesi convenzionate e ai loro collaboratori, ordinariamente invitati a partecipare a tutte le attività della Fondazione, agli amici della Caritas di Bari-Bitonto e soprattutto ai volontari che operano ordinariamente e straordinariamente in Fondazione, dotati di un “orologio senza lancette” su cui è scritto “la carità non ha ore”.

4. Rapporti con le Banche 342

A) Le convenzioni bancarie in essere - con il Banco di Napoli, la Banca Popolare di Bari, la Banca Popolare di Puglia e Basilicata, la UBI–Banca Carime e la Banca di Credito Cooperativo di Bari - sono rimaste finora sostanzialmente invariate. Come precedentemente accennato, sarà necessario dialogare e verificare l’esperienza sin qui maturata per armonizzare il più possibile le reciproche esigenze e chiarire qualche “contenzioso”. Il riferimento sarà il Protocollo d’Intesa con l’ABI sottoscritto dalla Consulta Nazionale Antiusura per tutte le Fondazioni Antiusura in


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Italia. Questo documento permetterà di aggiornare le convenzioni in corso con tutti gli istituti bancari. Non sono mancate altre difficoltà nel rapporto con le banche, originate soprattutto a causa del terremoto finanziario: i “rubinetti” del credito si sono “ridotti” e a volte sono apparsi “chiusi”. Anche la Fondazione ne ha pagato le conseguenze che si sono tradotte in maggiori dilazioni dei tempi per l’approvazione delle pratiche con richieste di aumenti di garanzie, più gravose e numerose rispetto al passato. Utili si sono rivelati gli incontri realizzati con i responsabili di alcuni istituti di credito: ciò ha favorito lo snellimento dell’iter procedurale e l’attuazione di nuove strategie in rapporto alla gravità delle situazioni debitorie dei richiedenti spesso con “l’acqua alla gola”. L’utilizzo al massimo dei plafond a disposizione è stato più costante, sottolineato da quanto riportato nella Premessa delle convenzioni: «la Fondazione, ispirandosi ai principi della solidarietà, ha lo scopo di combattere il debito illecito aiutando coloro che versano in difficoltà ... ». Chi si rivolge alla Fondazione “non è un normale cliente bancario”, ma un “cliente straordinario”, con “l’acqua alla gola”. Per aiutarlo, sono state promulgate due leggi dello Stato (L. 108/96 e L. 44/99) e promossa la costituzione di Fondazioni Antiusura in tutte le regioni della nostra Penisola con interventi anche economici da parte della Conferenza Episcopale Italiana. Dall’analisi degli estratti conto al 31 dicembre u.s., si possono trarre delle valutazioni perfettamente in linea con lo stato di disagio sociale. Esse tengono conto delle morosità e degli importi delle sofferenze relative agli ultimi tre anni: – Le sofferenze per la Banca Popolare di Bari passano da 1,3 milioni di euro del 2013 a 1,75 milioni di euro del 2015; per il Banco Napoli, da 597 milioni di euro del 2013 a 890 milioni del 2015. – Le morosità per la Banca Popolare di Bari passano da 255 mila euro del 2013 a 297 mila euro nel 2015; per il Banco Napoli si registra un andamento alterno, da 143 mila euro del 2013, a 162 mila euro del 2014 e a 127 mila euro nel 2015. – Pratiche garantite con i Fondi dello Stato: al 31 dicembre 2014

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ne sono in essere 338: 170, presso la Banca Popolare di Bari; 38, presso la Banca Popolare di Puglia e Basilicata; 69 presso il Banco di Napoli; 37, presso l’UBI–Banca Carime; 24 (di cui 11 sui Fondi regionali) presso la Banca di Credito Cooperativo di Bari. B) Mutui ipotecari: ai sensi dell’art. 15 della L. n. 108/96: ne sono stati garantiti 5, di durata variabile dai 15 ai 20 anni, per complessivi 283 mila euro. – Pratiche in fase di erogazione: sono 8 per complessivi 535 mila euro. – Pratiche garantite con Fondi propri: 3 finanziamenti chirografari, di durata sino a 84 rate, per un ammontare di 38 mila euro; 11 beneficenze, per complessivi 29 mila 550 euro (sono comprensive delle pratiche passate a perdita ed escusse dalle banche); 14 sovvenzioni, anticipazioni e microcredito per complessivi 34 mila 500 euro. C) Dalla costituzione della Fondazione al 31 dicembre 2015 sono stati erogati oltre 43,5 milioni di euro con Fondi statali e oltre 5,2 milioni di euro con Fondi propri. D) In non pochi casi è stato necessario concordare con la Banca Popolare di Bari, la Banca Popolare di Puglia e Basilicata, l’UBI–Banca Carime e il Banco Napoli le richieste di: a) rinegoziazione dei mutui, ovvero la possibilità di rivedere alcuni termini del contratto (la durata, la tipologia, il tasso di interesse); b) sospensione del pagamento delle rate per un tempo massimo di 12 mesi. Le persone/famiglie che hanno chiesto una dilazione del loro debito sono 10. Per esse la Fondazione, come sempre, ha fatto da tutor e ha fornito assistenza in tutte le fasi: dall’istruttoria della pratica, all’incontro in banca, fino alla nuova contabilizzazione. 344 E) Per i piccoli finanziamenti in fase di ammortamento, constatata la sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento della rata originaria, è stato necessario rinegoziare il debito residuo in tempi più lunghi comportanti una rata ridotta. Da una analisi effettuata come consuntivo dei nostri report al 31 dicembre è emerso, in modo preoccupante, il crescente tasso di morosità, indice degli accresciuti disagi economici particolarmente


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA avvertiti in questo tempo da chi ha contratto un mutuo ma ha perso poi il lavoro o si è trovato ad affrontare emergenze non prevedibili (malattie familiari, decessi, crisi in particolare settori del commercio ecc.). In particolare è stato monitorato l’importo residuo di ciascun mutuo, confrontandolo con le rate non pagate: il meccanismo perverso degli alti tassi delle morosità ha, a volte, annullato il beneficio per i versamenti, anche se saltuariamente effettuati. Sono aumentate le pratiche in sofferenza, per le quali le banche hanno dovuto procedere al recupero forzoso del credito. Tale situazione ha prodotto anche un assottigliamento del Fondo di Garanzia a disposizione degli assistibili. Circa la partecipazione delle banche a spese per iniziative di prevenzione, la Fondazione auspica più contributi e maggiore condivisione perché finalizzate all’uso responsabile del denaro. Come mostrano i risultati conseguiti e i riconoscimenti dell’opinione pubblica, degli esperti e della stampa, le iniziative promosse e concretizzate sono state sempre destinate alla lotta all’usura e ad arginare la diffusa pubblicità ingannevole sull’azzardo. In ogni esperienza culturale è stata assicurata sempre la presenza di relatori qualificati, apprezzati e convincenti.

5. Collaborazione con le istituzioni civili ed ecclesiali 5.1. Rapporti con la Prefettura di Bari Esprimiamo un vivo ringraziamento al dott. Antonio Nunziante, Prefetto emerito di Bari, già Presidente onorario della Fondazione, vicino in ogni iniziativa durante il suo mandato di Prefetto di Bari. A lui oggi viene consegnata una targa ricordo per esprimergli la nostra riconoscenza. Profittiamo oggi della sua sensibilità che conosciamo, perché voglia farsi carico, nella nuova veste istituzionale, di un preciso impegno: far maturare nella Regione Puglia l’attenzione verso il servizio che la Fondazione Antiusura rende; un’attenzione concreta, siste-

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matica e non “a stagioni alterne” com’è avvenuto finora. La Regione, infatti, prima ha faticato per diventare socio promotore della Fondazione con il Governo Fitto, poi ha assicurato per alcuni anni alla Fondazione un sostegno solo economico con la Giunta Vendola, rinunciando alla veste di socio promotore. Il Consiglio Regionale ha approvato in seguito nel 2015 due leggi: una contro l’usura (L. 16/4/2015, n. 25) e l’altra contro l’azzardo (L. 13/12/2013, n. 43). Attualmente non sappiamo quasi nulla dell’operatività di queste leggi. Unica notizia acclarata è stato il sostegno economico assicurato al Dipartimento Dipendenze Patologiche, per la realizzazione di un convegno regionale di formazione sull’azzardo al quale non è mancata la nostra collaborazione richiesta, offerta e apprezzata. La Fondazione confida che nel Bilancio 2016 possano essere previsti contributi concreti. Diamo il benvenuto a S.E. la dott.ssa Carmela Pagano, nuovo Prefetto di Bari, già incontrata da mons. D’Urso per una visita di cortesia. Nello spirito delle indicazioni contenute nell’Atto costitutivo (art. 10) e secondo una collaudata tradizione che parte dal 1° luglio 1994, viene proposta all’Assemblea la sua elezione a Presidente Onorario della Fondazione: «La ringraziamo per la sua disponibilità e Le auguriamo buon lavoro. La Fondazione confida nella Sua sensibilità; Lei confidi nel nostro servizio: l’impegno nel promuovere l’educazione alla legalità, che è un pugno nell’occhio della criminalità». Ringraziamo, altresì, tutti i funzionari della Prefettura di Bari coinvolti nel servizio del volontariato della Fondazione, in particolare il dott. Nunzio Mario Tritto, che sempre ha assicurato la sua attenzione ai nostri referenti avv. Costantino, avv. Altieri e avv. Simeone, membri del Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. 346 5.2. Rapporti con il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura presso il Ministero dell’Interno, e con il Ministero dell’Economia e Finanze I rapporti con il Commissario antiracket ed antiusura sono stati intrattenuti tramite la Consulta Nazionale e il Presidente della Fondazione. Attualmente ricopre questo ufficio il Prefetto Santi Giuffré, più volte invitato e coinvolto nei convegni e nelle iniziative.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Come precedentemente riferito, in rappresentanza delle Fondazioni antiusura associate alla Consulta Nazionale, partecipano al Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, da lui presieduto, l’avv. Manuel Costantino e l’avv. Attilio Simeone. I rapporti con il Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stati curati dal Presidente mons. Alberto D’Urso, dal dott. Gerardo Mennella, dal dott. Ruggero Ricco e dall’avv. Attilio Simeone, in qualità di rappresentanti della Consulta Nazionale Antiusura. Il lavoro in essere viene sviluppato in particolare con i dirigenti della Direzione V del Dipartimento del Tesoro, dott. Giuseppe Maresca e dott.ssa Isabella Fontana, per i necessari aggiornamenti sui meccanismi che regolano l’applicazione dell’art. 15 della L. 108/96 e per l’assegnazione di fondi, mai sufficienti per il nostro lavoro. 5.3. Rapporti con il mondo accademico Sono stati sviluppati con docenti universitari che assicurano un prezioso aiuto di competenza e di esperienza, soprattutto nell’approfondimento e nelle analisi dei fenomeni dell’usura e dell’azzardo attraverso convegni e tavole rotonde. Viene sottolineata anche in questa Assemblea la gioia per l’onorificenza conferita il 17 novembre u.s. dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al sociologo prof. Maurizio Fiasco, quale «Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, perché ha indirizzato le sue ricerche sui fenomeni dei giochi d’azzardo e dell’usura aventi grave impatto sulla dimensione individuale e sociale». L’amico Fiasco è nostro “compagno di viaggio” nella lotta all’usura e all’azzardo sin dal 1995, poco dopo la costituzione della Fondazione. Persona competente, esperto in umanità, il prof. Fiasco, consulente della Consulta Nazionale Antiusura e della Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici, è cresciuto con il nostro volontariato per restituire speranza, dignità e serenità a un infinito numero di persone “sotto schiaffo” che sono state incontrate sul nostro cammino. Desideriamo ribadire anche in questa occasione la stima dei membri della Fondazione e sinceri ringraziamenti alla prof.ssa Isabella Martucci, docente di Economia politica della Facoltà di Giurispru-

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denza dell’Università degli Studi di Bari, per i qualificati contributi sui temi dell’usura e dell’azzardo che ci ha assicura da oltre dieci anni. Insigniamo la prof.ssa Martucci di un particolare titolo di benemerenza, “volontaria straordinaria”: straordinaria sia per la competenza professionale sia per la disponibilità, sempre assicurata. La Fondazione continua a mettere a disposizione il proprio materiale bibliografico e l’enorme bagaglio di esperienza maturato dai suoi collaboratori. In particolare, l’avv. Simeone segue direttamente gli studenti che preparano tesi di laurea sulle tematiche dell’usura e dell’azzardo. Segno di una crescente attenzione del mondo accademico verso le “piaghe” dell’usura e dell’azzardo è espresso dai numerosi studenti da ogni regione d’Italia che chiedono aiuti bibliografici, di accompagnamento e di sostegno. È continuata l’apprezzata collaborazione del prof. Aldo Loiodice, punto di riferimento soprattutto per “le tante emergenze”. A lui si deve l’elaborazione delle proposte avanzate per la modifica dell’art. 14 della L. n. 108/96 che ancora esclude le famiglie, vittime di usura, dall’accesso al Fondo statale di solidarietà.

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5.4. Rapporti con la Consulta Nazionale Antiusura Sono stati continui e proficui, operando in perfetta sintonia. È doveroso riconoscere l’opera meritoria dei suoi componenti sia sul versante dei rapporti con i Ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze, sia per quanto riguarda il riconoscimento alle famiglie dei benefici derivanti dall’art. 14 della L. n. 108/96, sia per la concreta collaborazione con gli organismi socio-assistenziali della Conferenza Episcopale Italiana. La Consulta resta per tutte le Fondazioni antiusura associate un prezioso riferimento per il lavoro “in rete” in campo nazionale e per il confronto sul piano operativo con altre realtà. Grande lavoro di sostegno e collaborazione è stato svolto dal dott. Ricco, che ha contribuito, con altri esperti della Fondazione, alla stesura del Protocollo d’Intesa tra l’ABI e la Consulta Nazionale Antiusura. 5.5. Rapporti con la Camera di Commercio di Bari Sono stati anch’essi proficui grazie alla sensibilità soprattutto del suo Presidente, dott. Alessandro Ambrosi. Gli rivolgiamo un dove-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA roso ringraziamento per la disponibilità degli ambienti della Camera di Commercio concessi in occasione di convegni, per la presenza ad iniziative particolari, e per il contributo annuale della Camera come socio fondatore. Siamo attualmente preoccupati per le notizie che ci sono state comunicate circa “lo stato di crisi finanziaria” che attraversano le Camere di Commercio in Italia. Abbiamo già constatato che se il sostegno, per quest’anno, non è mancato, esso è stato ridotto. Siamo fiduciosi che nel futuro possa essere rispristinato nella sua integrità. 5.6. Rapporti con la Conferenza Episcopale Italiana Mons. Alberto D’Urso, tramite la Consulta Nazionale Antiusura, ha curato e cura le relazioni con il Presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco, con il Segretario generale, mons. Nunzio Galantino, e con i responsabili dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero, ai quali verrà prossimamente rinnovata la richiesta di realizzare un nuovo spot nazionale sull’azzardo e sull’usura. 5.7. Rapporti con i Consigli notarili Sono stati operativi i Protocolli d’Intesa con i Collegi notarili di Bari, Taranto, Brindisi, Lecce e Trani. Con non pochi vantaggi economici a favore degli assistiti. Il riferimento al loro operato fino al 2015 ha coinvolto circa 210 persone/famiglie. Purtroppo anche nel 2015 la Fondazione si è dovuta far carico delle spese per le pratiche bancarie non concluse, riconosciute anche ai periti per le valutazioni preventive dei beni offerti a garanzia. Gli assistiti, benché interpellati e sollecitati dalla Fondazione, non hanno mai provveduto al rimborso perché in precarie condizioni economiche. L’impegno totale sin qui affrontato supera i 2 mila euro. 6. Iniziative realizzate Sono state promosse dalla Fondazione non poche iniziative per offrire ogni possibile informazione sul tema dell’usura. Essa è stata invi-

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tata più volte ad illustrare i contenuti della propria attività in convegni, conferenze e tavole rotonde. Ne vengono ricordate solo alcune: 10 gennaio: Incontro del Forum delle Famiglie, a Bari. Nel sottolineare il primario compito educativo dei genitori, la Fondazione ha condiviso il calendario di attività per l’anno in corso. Per la Fondazione ha partecipato il dott. Nicola Totaro. 23 gennaio: Convegno organizzato dai Lions Club di Bari, sul tema: “Dipendenze-Usura”. Relatori tra gli altri: mons. Alberto D’Urso - avv. Attilio Simeone. 27 gennaio: Convegno sulla stessa tematica presso il Primo Municipio di Bari. Hanno partecipato il Presidente e l’avv. Simeone. 21 febbraio: Convegno presso l’Hotel Palace di Bari, sul tema: “Emergenza lavoro- Ludopatia-Sovraindebitamento e Usura”, con una relazione di mons. Alberto D’Urso. Presenti anche i volontari Lucchese, Sgobba, Agnano. 10 agosto: Giornata di riflessione sull’usura e sul gioco d’azzardo ad Acerno (SA), presso la sede consiliare del Comune. Relatori mons. Alberto D’Urso e l’avv. Simeone. 18 novembre: Convegno a Bitonto nella sala consiliare del Comune (Sala degli Specchi), sul tema: “Istituzioni e società civileinsieme contro l’azzardo, usura e criminalità”. Relatori mons. D’Urso e l’avv. Simeone. 25 novembre: Giornata della legalità presso la Prefettura di Bari. Per la Fondazione hanno partecipato i dott.ri Lucchese e Agnano. 3 dicembre: Convegno, presso l’Università “Bicocca” di Milano, organizzato dal prof. Maurizio Fiasco, nella veste di neo Presidente di ALEA. Intervento introduttivo di mons. D’Urso. 9 dicembre: Incontro tra le Fondazioni antiusura dell’Italia meridionale a Villapiana Lido (CS). Nutrita la delegazione della Fondazione guidata da mons. D’Urso che ha animato e organizzato l’incontro. 10 dicembre: Firma del Protocollo d’Intesa tra l’ABI e la Consulta Nazionale Antiusura nella sede dell’ABI a Roma. 14 dicembre: Convegno organizzato dalla Consulta sul tema: “Prevenzione e soluzione della crisi da sovraindebitamento”. Si è discusso della L. 3 del 2012. È intervenuto per la Fondazione l’avv. Paolo Vitti. 22 dicembre: Convegno al Teatro Petruzzelli sul tema: “PON sicu-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA rezza - PON legalità”. Hanno partecipato il Presidente, l’avv. Manuel Costantino, l’avv. Attilio Simeone e il dott. Ruggero Ricco. 7. Conclusioni Vengono di seguito riportati e comunicati solo alcuni precisi impegni. Sollecitati dal Messaggio di Papa Francesco “Non dimenticate i poveri” (cfr la Premessa di questa Relazione), i membri della Fondazione hanno dato vita a una “bella stagione” di attenzione verso le vittime dell’usura. I richiami del Papa sono risultati sempre più incalzanti sul tema della Misericordia e sul significato del Giubileo nella sua radice biblica, con riferimenti alla esperienza religiosa, alla vita sociale e a quella personale. Attingendo al Magistero di Papa Francesco, particolarmente attento al tema delle “periferie” e alle persone considerate “lo scarto” della società (quindi anche alle vittime dell’usura), abbiamo notato che egli ha incastonato il riferimento della solidarietà non solo nel cammino dei cristiani verso la Pasqua ma, significativamente, con un interrogativo, anche nell’itinerario dell’Anno della Misericordia: «se il Giubileo non tocca le tasche, che Giubileo è?». Per questo, il Papa ha ribadito più volte che il Giubileo offre orientamenti sia ai cristiani sia ai membri della comunità civile: infatti esso ha lo scopo di promuovere una società basata sull’eguaglianza e sulla solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro possano essere un bene per tutti e non per alcuni. Le sue parole non hanno escluso l’attenzione anche delle istituzioni, interrogando le leggi che governano i popoli: «quante famiglie sono sulla strada, vittime dell’usura! Quante situazioni di usura siamo costretti a vedere e quanta sofferenza ed angoscia portano alle famiglie! E tante volte, nella disperazione, quanti uomini finiscono nel suicidio perché non ce la fanno e non hanno speranza, non hanno la mano tesa che li aiuti…». Continuerà il dialogo: della Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici, delle altre Fondazioni e della Consulta Nazionale Antiusura con le istituzioni.

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In particolare, per quanto riguarda immediatamente la nostra Fondazione, verrà incrementato: – con la Regione: abbiamo collaborato per la stesura di due leggi: sull’usura (n. 25 del 16 aprile 2015) e sull’azzardo (n. 43 del 12 dicembre 2013). Insisteremo perché queste leggi approvate in tempi preelettorali generino, con le speranze, interventi concreti nella lotta all’usura e all’azzardo sottolineando quanto da oltre 20 anni a favore delle persone “sotto schiaffo” ha realizzato la Fondazione. Essa vuole che quanto prima queste leggi siano operative: le persone sovraindebitate, a rischio di usura o in usura, bisognose di aiuto sul nostro territorio, sono numerose e non possono aspettare; – con i Comuni: per quanto possibile saranno promossi incontri personali per iniziative concrete con i sindaci. La Fondazione per loro non vuol essere “un problema” ma “una risorsa”. Non solo non ci sentiamo estranei alle loro iniziative di solidarietà, ma sentiamo di poter affermare che l’usura è ancora un fenomeno sommerso, che ad essa si accede anche tramite l’azzardo - esperienza in espansione e incontrollata su diversi territori - e che è possibile perseguire strade di affrancamento delle persone/famiglie, dall’usura. Le lettere che la Fondazione invia - ciò avviene in tante circostanze - non meritano di essere cestinate o ignorate: sono il segno di una grande vicinanza, testimoniata dalle “porte aperte” a tutte le persone che ogni martedì chiedono di essere ascoltate, consigliate ed aiutate. Se si collabora è possibile “realizzare” iniziative utili per promuovere la prevenzione, la solidarietà e l’educazione alla legalità; – con le comunità ecclesiali della Regione: attraverso i Centri di ascolto già operativi e altri - ci auguriamo - di prossima istituzione. I Centri di ascolto sono un “ponte” che lega la Fondazione e tutte le chiese diocesane che hanno firmato precise convenzioni. L’operatività in corso va elogiata ma anche incoraggiata e promossa su tutto il territorio pugliese; – con il mondo politico: quanto in discussione nell’ultima legge di stabilità deve far riflettere. Da una parte (mondo governativo) c’è l’ipotesi ancora in corso di far aprire nuovi punti gioco che promuovono l’azzardo, causa non ultima del sovraindebitamento delle persone, dell’usura, dello sfascio di tante famiglie, del crescente numero di malati ludopatici…; dall’altra c’è il Capo dello Stato, Sergio


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Mattarella, che conferisce ad uno studioso, il sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta Nazionale Antiusura, l’onorificenza di ufficiale dell’Ordine di Merito della Repubblica Italiana, «per la sua attività di studio e ricerche sui fenomeni del gioco d’azzardo e dell’usura di grave impatto sulla dimensione individuale e sociale». La nota del Quirinale precisa che questo «grave impatto» riguarda sia il gioco legale che quello illegale. La Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici è con il Presidente della Repubblica e spera… che con il Presidente della Repubblica si allinei presto il mondo governativo, quello parlamentare, quello regionale e anche quello dei Comuni. Se ciò dovesse avverarsi, non si vedranno più imbrattate le mura delle nostre case, i video dei nostri massmedia o le pagine dei giornali con pubblicità ingannevole. La Fondazione spera che le sue iniziative culturali vengano sponsorizzate non dalla Lottomatica ma dagli enti e dalle istituzioni che hanno a cura la dignità delle persone e il bene comune. – con le banche: è in corso un dialogo con le banche per il rinnovo delle convenzioni. Come accennato nella Relazione (rapporti particolari con le banche), il riferimento sarà al Protocollo d’Intesa con l’ABI che la Consulta Nazionale ha sottoscritto anche per la nostra Fondazione. Ispira la lotta all’usura dei membri della Fondazione quanto ha scritto Papa Francesco nel n.53 della Evangelii gaudium. No a una economia dell’esclusione e della inequità; sì ad una economia che esalta il primato dell’essere umano: «Così come il comandamento non uccidere pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire no ad una economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può tollerare il fatto che si getti il cibo quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole […]. Si considera l’essere umano in se

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stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che, addirittura, viene promossa. [...]: con l’esclusione resta colpita, nella sua radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi della periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiuti, “avanzi”». I volontari della Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici, a nome delle Chiese locali di questa Regione e delle istituzioni civili di cui si sentono voce, assicurano che continueranno il loro servizio come “protagonisti” accanto ai tanti testimoni credibili che operano nella Chiesa “in uscita” e nella comunità civile che sanno dire no all’economia dell’esclusione, all’idolatria del denaro, all’attenzione del denaro che governa invece di servire, e sanno dire sì ad una economia attenta all’inclusione sociale dei poveri, al posto privilegiato che questi devono occupare nella comunità ecclesiale e nella società civile, sì ad una economia che opera in funzione della dignità della persona e per promuovere il bene comune, perché è il denaro per l’uomo e non l’uomo per il denaro.

Il Presidente mons. Alberto D’Urso

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO La Chiesa barese e la Prima Guerra Mondiale* (Bari, 26 ottobre 2016)

Ringrazio il Direttore del Centro di Studi Storici della Chiesa di Bari-Bitonto, don Salvatore Palese, per il gentile invito a partecipare alla presentazione di questo bel volume, da lui curato, e dedicato a La Chiesa barese e la prima guerra mondiale. Ringrazio poi, in particolare, il Generale di Squadra Aerea Fernando Giancotti per la grata ospitalità in questa sede del Quartiere generale del Comando Scuole dell’Aeronautica militare, che ci permette di levare lo sguardo verso l’alto, ricordando come all’inizio della Grande Guerra non esisteva ancora l’arma aeronautica in senso stretto: l’attività bellica in volo era svolta da reparti speciali dell’esercito e, più raramente, dall’aviazione marina con i suoi idrovolanti e dirigibili, e anche da alcuni aeroplani per missioni speciali. Ma poi è cresciuta velocemente fino ad acquisire un ruolo determinante per l’esito del conflitto. Il regio decreto n° 11 del 7 gennaio 1915 sanciva la nascita del Corpo Aeronautico Militare, da qui l’ordine di battaglia del 24 maggio sempre del 1915, con l’azione *

Relazione tenuta da p. Filippo Lovison, B., direttore del Centro Studi Storici della Congregazione dei Chierici Regolari di S. Paolo e del Dipartimento di Storia della Chiesa presso la Pont. Università Gregoriana, in occasione della presentazione del volume La Chiesa barese e la Prima guerra mondiale, a cura di Salvatore Palese (“Per la storia della Chiesa di Bari-Bitonto: Studi e materiali”, 31, Edipuglia, Bari 2016), presso il Quartiere generale del Comando Scuole dell’Aereonautica militare in Bari.

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delle squadriglie aviatori a Portogruaro, Bériot, a disposizione della terza armata, a Campoformido, Nieuport, a disposizione della seconda armata, a Pordenone, Farman, a disposizione del Comando supremo, e a Bazzera, a disposizione della piazza marittima di Venezia. Ho ricordato questi eventi in quanto, opportunamente, a p. 164 del volume si citano documenti relativi al servizio spirituale nei campi di aviazione nell’anno 1918, e in altre pagine ancora si descrivono arditi raid aerei nei cieli della zona di guerra richiamando così, anche se loro da terra gli ecclesiastici baresi in quel momento forse non lo sapevano ancora, il nome che sarebbe divenuto leggendario, quello di Francesco Baracca. Non si poteva scegliere luogo migliore per la presentazione di questo volume all’insegna di una vicinanza Chiesa-Stato che prende oggi corpo visibilmente grazie alla presenza di mons. Santo Marcianò, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia, di mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, e della dott.ssa Maria Carolina Nardella, Soprintendente archivistico e bibliografico della Puglia e della Basilicata, unitamente a diverse altre rappresentanze militari, ecclesiastiche e civili, che saluto, assieme a tutti voi qui presenti uniti nel desiderio di meglio comprendere questa pagina della nostra storia d’Italia. La vicinanza Chiesa-Stato nella Grande Guerra trovò in Carlo Emilio Gadda una stupenda espressione quando, vedendo Eugenio Pacelli (futuro Pio XII) intento a portare un po’ di conforto alle truppe italiane allo sbando dopo la disfatta di Caporetto del 24 ottobre 1917, così annotava nel suo diario: «Gli occhi mi si riempirono di lacrime, e il cuore di lacerante tristezza, quando disse dell’amore di Patria e dell’amore di Dio». Credo che quando si tratta di presentare un volume di questo spessore storico-archivistico, che testimonia come gli uomini di Chiesa ebbero molto a che fare con tante vite umane indelebilmente marcate dalla violenza delle armi – dal papà in partenza per il fronte, alle donne che rimangono per mandare avanti il lavoro di casa e nei campi, ai figli in tenera età che attendono di non rimanere un giorno orfani di guerra –, si abbia davvero bisogno di un luogo come questo, capace di stringere idealmente attorno all’impegno comune per la pace e per la difesa di quei comuni valori civili, morali e spirituali che caratterizzano da sempre la storia e il carattere della


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO nostra gente, specie del Meridione d’Italia, che ha pagato un contributo molto alto alla Grande Guerra, all’insegna di quella «specie di conciliazione “provvisoria” tra lo Stato in divisa e la Chiesa del popolo» a detta di Monticone. Il volume presentato questa sera è anzitutto un importante strumento di ricerca, chino su quella tragedia che coinvolse tanti giovani preti catapultati in trincea dalla gioiosa animazione pastorale di una parrocchia. I loro occhi erano puntati non solo sulla cosiddetta “terra di nessuno” – ammasso di cadaveri e crateri di esplosioni avvolti di silenzio (ma luogo anche di insperati incontri fraterni tra le forze nemiche; il più famoso riguarda la tregua del Natale del 1914) – quanto, pieni di speranza, sulle case del soldato, sulle bibliotechine da campo, sulle messe al campo, sul segretariato del soldato di Udine, sugli ospedali da campo, come pure sulla mobilitazione assistenziale e spirituale delle diocesi, delle parrocchie, delle associazioni cattoliche; da qui il riaffiorare di lettere pastorali, istruzioni al clero, preghiere per la pace e la vittoria, commemorazioni, raccolta di indumenti, viveri e regali da inviare ai soldati al fronte; tra tutto questo l’impegno delle donne!, anche nelle fabbriche riconvertite al Nord Italia alla produzione bellica; da qui i loro accorati appelli. Ricordo quello apparso nella prima pagina del primo numero del giornaletto di trincea “Mentre si combatte”, del 6 giugno 1915; un trafiletto firmato, appunto, dalle Donne Cattoliche di Palermo, che diceva: «Nei cimenti della patria non vi è solo la palestra delle armi, ma vi è anche la santa palestra della carità; …Donne cattoliche, care consorelle d’Italia, PREPARIAMOCI ad affrontare con animo forte l’ora tremenda che è già suonata: PREPARIAMOCI con amore vivo a lavorare, a consolare là, ove si soffre e si piange, nei domestici focolari e negli ospedali!». Se la Sacra Congregazione Concistoriale, elencando le opere della cosiddetta “diplomazia” dell’assistenza religiosa operanti in Italia tra il 1915 e il 1918 e legate in qualche modo alla guerra, contò ben 11.932 attività caritatevoli ed assistenziali, e i segretariati e uffici notizie organizzati dai religiosi assommavano a 4.177, a livello locale la

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relazione pubblicata nel volume intitolata Delle opere e ministeri ecclesiastici nell’arcidiocesi di Bari, di mons. Giulio Vaccaro, del 15 dicembre del 1918, descrive in modo esaustivo le attività che in questo territorio furono svolte: dal servizio prestato dal suo clero, che diede all’esercito ben 140 sacerdoti, alle opere dirette a beneficio dei militari, dalla cura per gli orfani di guerra alle funzioni sacre e alle pubblicazioni (rimando alla lettura del volume delle pagine da 87 a 93). Volume che si caratterizza tra l’altro per il lavoro accurato, e arricchito dai significativi contributi di Vincenzo Robles su Puglia e Grande Guerra, di Carla Palma, sulle Lettere degli ecclesiastici mobilitati, e di don Michele Bellino, su I monumenti ai caduti dell’Arcidiocesi di Bari; questi ultimi due hanno poi insieme tratteggiato la dorsale di questa opera, ossia L’inventario dell’archivio storico diocesano di Bari riguardo la documentazione conservata sulla Prima guerra mondiale. Da qui la sua importanza non solo per la Puglia!, al punto da auspicare studi analoghi per le singole Chiese locali d’Italia nel ‘15-18; un tassello importante nella ricerca storica ancora da comporre, dopo i recenti approfondimenti sul contributo dato soprattutto dai vari Ordini religiosi nella Grande Guerra e su alcuni dei più noti protagonisti, dal Semeria, cappellano militare del Comando Supremo, al Gemelli, dal Minozzi al Mazzolari.

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Il volume richiama grandi temi legati alla presenza dei cappellani militari dell’arcidiocesi barese, dei quali vengono edite le lettere. Una storia, quella della presenza del clero castrense in Italia, che risale a tempi lontani: dal tempo di Costantino: nel libro III della Vita Costantini di Eusebio si menziona, infatti, la presenza di un tabernacolo portatile dove implorare l’assistenza del Dio delle vittorie. Nel tempo oggetto di questo volume, si vive quel Risorgimento cosiddetto “lungo” che vede i cappellani militari presenti in tutti gli Stati preunitari (alla data del 1865 nell’esercito se ne contavano poco meno di duecento, con il grado di ufficiale subalterno), per giungere fino alla graduale abolizione consumatasi tra il 1865 e il 1878. Una ripresa sporadica della figura del cappellano militare – benché limitata al periodo del conflitto – avvenne per le successive guerre coloniali, in Eritrea 1896, e nel conflitto italo-turco del 1911-1912. Un timido rodaggio che portò alla successiva “Circolare Cadorna” del 12


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO aprile 1915 – limitatamente al periodo di guerra – che prevedeva il ripristino del servizio religioso per i soldati al fronte. Ritornati così agli anni della Grande Guerra, si deve comprendere come soprattutto all’inizio del conflitto tanti giovani cappellani militari si trovarono impreparati, e, una volta sbalzati al fronte, con in tasca quei primi giornaletti di trincea stampati alla buona proprio per loro, si formarono al nuovo apostolato direttamente sul campo, in quelle stesse unità combattenti loro assegnate, in un rapporto di intensità crescente con quei giovani soldati di cui condividevano il senso del dovere, e che non infrequentemente – benché inizialmente diffidenti, indifferenti, apatici e rassegnati – si sarebbe spinto al di là dei confini della stessa fede religiosa. La documentazione pubblicata da Carla Palma continuamente riflette questa situazione, che si incornicia nell’articolo di un anonimo redattore – ma che si firmava “P.S.” (ossia il barnabita padre Giovanni Semeria, più volte citato nel volume) – che così descriveva, a guerra inoltrata, lo status del cappellano militare in “Il prete al campo”, del 1° settembre 1917: «I cappellani militari sono stati più o meno apostoli improvvisati. Giovani usciti appena di seminario, preti che conducevano forse vita esclusivamente di studio, timidi scagnozzetti (mi si scusi il termine che non vuol essere offensivo) abituati soltanto alle tradizionali funzioncine o funzioncione di chiesa, fraticelli inesperti della vita del mondo, uomini avvezzi alle piccole… e grandi comodità di una vita tutta tranquilla. Qualcuno ha mosso qualche lamento perché non sono stati scelti all’ufficio di cappellano militare esclusivamente quelli che avevano già una preparazione pratica di ministero fra i giovani, o erano abituati a trattare un po’ con il mondo ed a conoscerne le malizie ed i bisogni. Ma chi ha un po’ di comprendonio deve capire che la mancata scelta è conseguenza proprio della guerra: infatti furono chiamate prima le classi più giovani e perciò i preti più giovani e perciò i cappellani più giovani; e fu necessario approntare in pochi giorni circa ottocento cappellani per i combattenti, e poi affrettare la nomina degli altri man mano che ce n’era

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bisogno. Ma è doveroso e consolante constatare come, nonostante questa improvvisazione di giovani preti a cappellani militari, il risultato sia stato superiore ad ogni previsione, tanto che gli stessi avversari han dovuto riconoscere, privatamente e pubblicamente, ed elogiare nei discorsi e sulla stampa, l’opera dei cappellani del nostro glorioso esercito. La gran massa di questi cappellani si sono conquistati il cuore dei soldati, e perciò della nazione, e, toltene alcune assai rare eccezioni, han mostrato di saper comprendere ed assolvere il difficile compito loro affidato dalla Chiesa e dalla Patria». Circa quel “conquistati il cuore dei soldati” accenno solo alla lettera di don Vincenzo Storelli, spedita da Crema il 7 novembre 1915 al suo arcivescovo Vaccaro, e pubblicata nel volume alle pagine 107-108: «“Reverendo – mi diceva appunto stanotte un capitano ferito che trasportavo qui a Crema – la guerra fa buoni”, e anch’egli al pari di molti altri, ufficiali e soldati, che ho accompagnato, ripeteva episodi raccapriccianti, circostanze terrorizzanti in cui soltanto un potere soprannaturale ne lo avea da sicura morte scampato. È commovente e confortante insieme ascoltarli questi gloriosi soldati di ogni età, di ogni condizione, di ogni grado e capacità intellettuale con che entusiasmo parlano della Fede, dei Cappellani militari, delle immaginette e medagline che tutti conservano religiosamente, dell’opera del sommo Pontefice la cui parola non viene ascoltata dai governanti».

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Circa invece quel “toltene alcune assai rare eccezioni”, accenno solo al caso di don Pasquale Guardavaccaro, ben evidenziato nel volume, accanto a don Bozzi (leggero e vanitoso che in licenza ostentava la divisa militare e gli accessori, compresa la rivoltella), don Casamassima, don Gismondi, che accanto ad altre accuse di negligenza, veniva criticato per indossare la divisa militare senza il distintivo di cappellano, e mai la talare. Da qui quella – ancora tutto sommato leggera – tirata d’orecchi attraverso la lettera inviata dall’Ufficio del vescovo castrense all’arcivescovo di Bari, chiedendo i loro indirizzi, al fine di far loro recapitare una copia del volume La battaglia del Piave, pubblicato dal Ministero della Guerra, affinché ritornassero all’osservanza dei doveri del loro ufficio!


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO Ma al di là di questo richiamo, si celava il rischio sempre presente di una fusione incontrollata tra il sentimento religioso con quello patriottico, capace di portare alla deriva dell’incitamento alla guerra e all’odio col rischio di venire perfino additati i cappellani militari con l’ignominioso termine di “guerrafondai”, che rimaneva sempre sullo sfondo della propaganda nazionale – antisocialista e anticlericale – come pure dell’interventismo democratico (da non confondere con l’interventismo alla D’Annunzio o propugnato dal futurismo di Marinetti), e della stessa corrente neutralista del Vaticano, che metteva in rilievo – al quadrato – attraverso il gesuita Quirico, le iniziative diplomatiche umanitarie di indole generale promosse da Benedetto XV. Venature complesse quanto pericolose per i cappellani militari inquadrati come ufficiali e che potevano facilmente essere tacciati di disfattismo e pacifismo. Un messaggio comunque esplicito quello del Vangelo della Misericordia, che avevano il compito di trasmettere ai soldati, in una guerra brutale e non virtuale, quanto impressa sugli occhi sbarrati di tanti giovani, molti analfabeti, provenienti soprattutto dalle campagne di ogni angolo d’Italia, specie del meridione, alle prese con dubbi, incertezze, drammi di coscienza. Per loro si riaffermava non solo la netta rivendicazione per la Chiesa di un suo antico amore di Patria, quanto i tratti di una pioneristica pastorale “in condizioni di guerra”, che mirava alla tutela della coscienza cristiana e di una sacralità della vita senza frontiere. Per questo nel diffusissimo giornale di trincea “Mentre si combatte” ogni settimana si pubblicava in corsivo il commento al Vangelo domenicale proprio per loro. Nel primo numero si presentava la parabola di Matteo del banchetto. Da qui gli apostoli che andavano in cerca di invitati tra le persone misere e disprezzate, al punto da constatare che anche Iddio si «serve di tutte le dolci violenze della grazia per salvare i suoi figli e condurli al convito del suo Regno… E giunge a servirsi anche del male per fare trionfare la bontà…. La guerra è uno di questi flagelli: e il Signore – rispettando la nostra libertà che li provoca – cerca di ottenere da essi la salvezza delle anime… ma quanti nel campo di battaglia come negli ospeda-

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li… ritrovano la fede perduta? Preghiamo che sul campo di battaglia ritrovino la luce di Dio non solamente coloro che muoiono, ma puranche coloro che ritorneranno affinché siano degni cittadini di una patria cristiana, degni padri di cristiane creature».

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Voltando pagina, mi soffermo ora su di una particolare sezione del volume, quella curata da don Bellino e riguardante il catalogo dei monumenti ai caduti dell’arcidiocesi di Bari. Mi limito a una sola suggestione, quella che sorge dal monumento ai caduti di Mola di Bari, opera della prima metà del 1918, e che richiama quell’espressione pocanzi citata: “degni padri di cristiane creature”. Sulla vasca in pietra poggiano quattro statue raffiguranti dei bambini che gioiosi cavalcano dei delfini, da sempre amici dell’uomo – ecco il richiamo al dovere di difendere l’armonia del creato – ma nella parte più alta del monumento è collocato un elemento ottagonale finemente scolpito sul quale è posta una statua in pietra raffigurante un soldato – seminudo – che lotta fino a dominare un animale marino. Nell’iscrizione sul lato della fontana in direzione nord-est – dal quale spira il vento di grecale, indicando così le navi provenienti dai porti della Grecia, non a caso culla della civiltà occidentale – si legge questa significativa iscrizione latina: Aequoreum monstrum / in summo qui vincit / et angit hic memorat / patrum fortia facta mari. Aequoreum monstrum, in quel tempo, dopo Caporetto, rappresentava un richiamo forte alle radici della nostra civiltà cristiana per dominare la forza mostruosa della guerra che voleva inghiottire le giuste rivendicazioni dei popoli, affrontandola nel mare magnum di una ideologia tesa a diffondere passioni d’odio anche nei cosiddetti “fronti interni”, ossia nelle retrovie, camuffando – con la censura e la propaganda militare – l’esito delle stesse operazioni belliche. Nel pantano della zona di guerra: «I soldati erano avvelenati dalla lettura della “Sigaretta”, settimanale pornografico, tutto articoli passionali, notizie oscene, vignette sconce, al punto che «le trincee ne erano allagate! – denunciava il vescovo castrense Bartolomasi, che continuava –: Fu un’illusione; fomentando l’amore passionale si snervano gli animi, fomentando l’odio al nemico si logoravano ed abbrutivano gli spiriti. Si voleva per i nostri soldati quello che avveniva anche oltralpe: “Dio stampi sulla fronte d’Italia il marchio rovente del traditore” - o ancor peggio: “O Germania, odia! Col tuo


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO sangue freddo macella e sfascia la razza diabolica. Mutila, mutila! Fa’ il deserto in ogni paese vicino”». L’odio era così divenuto la parola d’ordine, un dovere sacrosanto, una forza morale, acceso dalla propaganda che descriveva il nemico come bestiale, sleale, perfido, crudele anche con donne e bambini. Tema questo capace di smuovere, nella galassia ecclesiale di allora, posizioni diverse sulla giusta forma di evangelica presenza in trincea: non il consenso alla guerra – perché la guerra è sempre una realtà orribile da rifuggire in ogni caso –, né il suo sterile addolcimento, ma il compito arduo di interpretare “opportune e inopportune” forme di assistenza spirituale alle truppe combattenti nell’assolvimento del comune dovere. In questo contesto, il monito di quei monumenti ai caduti, di quelle lunghe liste di nomi, di quelle architetture lanciate alle giovani generazioni Ad perpetuam rei memoriam, risuona nei tanti documenti pubblicati in questo volume, dove ognuno, a suo modo, cercava di esorcizzare quella “inutile strage”; anche dagli ospedali da campo, dove don Gismondi, cappellano militare, con un poco di ironia scriveva di poter regalare al proprio arcivescovo di Bari, solo «2 shapnel austriaci da 75, in cui ho fatto pittare dei crisantemi, che vostra Eccellenza potrà usare, nel salotto, come portafiori» (p. 125), o anche da una scrivania, come quella del canonico Bellomo, o attraverso la celebrazione di funzioni religiose per il popolo al fine di allontanare il pericolo dei terribili bombardamenti che si ripetevano su Bari e che non risparmiavano neppure i civili. Voltando un’altra pagina, una parola sull’inventario della documentazione sulla grande guerra presente nell’archivio storico diocesano di Bari, curato da Carla Palma e don Michele Bellino. Un lavoro certo prezioso, una fonte imprescindibile per innumerevoli campi di studio, che costituisce la parte più consistente del volume, ben 226 pagine, caratterizzato dalle lettere del clero mobilitato per la guerra che dialoga con il proprio superiore ecclesiastico, e che esprime l’attività del Vicariato castrense in Roma, ma anche i rapporti con ministeri, prefetture, direzioni militari, ospe-

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dali, ecc. e i relativi e inevitabili attriti, come a proposito di quel progetto di occupare il seminario di campagna di Bisceglie; ma visto che a Bisceglie era già stato occupato il seminario antico per uso di profughi e il palazzo arcivescovile per stazione antiaerea, ciò spingerà l’Arcivescovo di Trani e Nazaret a scrivere stizzito all’Arcivescovo di Bari: “che vogliono di più?” (p. 266). Non entro nei dettagli dell’Inventario, ma desidero qui richiamare solo la presenza di tanti preti soldato, come il diacono Nicola Monteleone di Montrone, classe 1907, che ci apre a uno scenario ben più crudo che non quello legato ai cappellani militari, che in fondo portavano il rango di ufficiali. Significativa la lettera riportata a p. 155 del volume, datata Roma, 26 gennaio 1917, nella quale, di fronte a tante dicerie «sulle corsie dei reparti venerei piene di preti-soldati», si afferma che mons. Cerrati aveva riaffermato che «a Bari l’Autorità Ecclesiastica fa per i preti soldati quanto non si fa in altra città!». Avevano certo bisogno di aiuto i preti soldati. Così il p. Semeria li descriveva in “Il prete al campo” del 16 settembre 1918:

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«Sono circa trentamila questi ignorati uomini di sacrificio, che soffrono umilmente senza protestare e senza essere degnati nemmeno di qualche speciale considerazione al riguardo. È vero che la maggior parte di loro sono stati adibiti a servizi sanitari, ma è anche vero che non si è affatto provveduto a tutelare la dignità di un Carattere, che meritava specialissimo rispetto, anche per l’onore della Nazione. L’Inghilterra, gli Stati Uniti, e persino la Turchia, hanno trattato ben diversamente i sacerdoti, e altrettanto sarebbe stato in Francia se la maledetta “separazione” non avesse violato il celebre concordato. … Infatti il cappellano è facilmente “visibile” a tutti — ufficiali e soldati — e le sue virtù e i suoi eroismi possono agevolmente conoscersi e premiarsi come meritano. Ma il povero soldato, chi lo vede? Lo chiamano “imboscato”, lo confondono con i “pappini”; tutti — ufficiali e truppa — pretendono che ubbidisca sempre e non faccia mai valere le sue ragioni: i primi perché è inferiore, i secondi perché è prete e perciò paziente e sottomesso. E il povero prete soldato lavora, soffre e tace. Una severa e giusta legge canonica gli proibisce di “chiedere” l’onore del combattimento;


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO una blanda e incongruente legge umana non osa comandarglielo, come non osa comandargli di ascendere al grado di ufficiale, mentre ne avrebbe tutti i requisiti, ma intanto lo arruola forzatamente come soldato. Il povero prete ha veduto così passargli avanti tutti i commilitoni, più giovani e meno dotti, ed egli ne è diventato “subalterno” rimanendo nell’infimo grado, confuso con quei poveri ignoranti di soldati — non è un’offesa, ma una amara constatazione — che nella loro rozzezza, vedendolo accomunato con loro, ne disprezzeranno inconsciamente il Carattere sacerdotale, come talvolta “coscientemente” lo disprezza qualche superiore di “primo… o di antico pelo”. Se non fosse la carità di Cristo, questi umili eroi del dovere, non potrebbero reggere a tanto disdoro. Abbiamo visto — e quanti li avranno visti!! — dotti e venerandi religiosi, parroci, professori, canonici, e persino vicari generali — esercitare i più umili uffici — nonostante le inadempiute circolari — nelle corsie d’ospedale, nelle cucine, nei vagoni ferroviari, nelle “sussistenze”, nelle trincee; li abbiamo visti piangere di amarezza, ed abbiamo voluto piangere con loro».

Rimando per l’Inventario ancora alle interessanti Sezione II, su Chiesa locale e società civile, fascicoli dal 15 al 27 dell’archivio storico diocesano di Bari, dove si evidenziano tante iniziative, come quella legata alla devozione del Sacro Cuore di Gesù (p. 331), e Sezione III, che tratta delle iniziative a favore delle famiglie di prigionieri, dispersi e morti in guerra. 365 Un’ultima riflessione infine legata alla tipologia dell’importante documentazione sulla Grande Guerra pubblicata in questo volume, così ricca di nomi soprattutto di storie minori, ma non per questo meno importanti, e per una sua corretta lettura visto il mancato ricorso alla documentazione custodita anche in altri archivi, soprattutto militari (a questi ulteriori lavori di scavo archivistico si dedicheranno comunque coloro che continueranno la ricerca). I cappellani delle Forze Armate erano reclutati come graduati, e


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quindi inseriti nella sua struttura gerarchica, disciplinare e burocratica, con i suoi autoritarismi e valori, presentandosi alle truppe nella veste dell’ufficiale, avendo da assolvere un preciso compito istituzionale. Se la scelta dei cappellani spettava al vescovo castrense, passava però attraverso la successiva approvazione da parte dei ministeri militari. Negli archivi militari la documentazione archivistica a disposizione è principalmente composta dai fascicoli personali dei cappellani quali dipendenti dal Ministero della Difesa, all’insegna del foglio matricolare (generalità anagrafiche, studi, promozioni, destinazioni, onorificenze, notizie sanitarie, economiche, amministrative) e del fascicolo personale (carteggi riguardanti dall’arruolamento alla morte, relazioni all’Ordinariato, ecc.; informazioni generali utili a livello anche statistico: dal numero di sacramenti impartiti e alla partecipazione dei soldati alle cerimonie). Appare pertanto evidente che le carte redatte da un’organizzazione militare sul conto di un cappellano militare non si discostano molto dai parametri di valutazione seguiti per qualsiasi altro militare e avrà dei parametri ben differenti dalla vocazione o dal lavoro pastorale. Il mantenimento di un morale alto ai fini della combattività, la naturale commistione tra il servizio, l’autorità e la missione, saranno, ad esempio, preminenti per l’organizzazione militare. Da qui l’importanza di affiancare alle fonti militari studi sulla documentazione custodita negli archivi ecclesiastici, che, come scrive bene don Palese nella sua introduzione, non riguardano più aspetti politici e militari «quanto invece i reali protagonisti di quel conflitto, i combattenti e le loro famiglie, i renitenti e i disertori, i morti in guerra e a causa di essa, i profughi, i prigionieri, le popolazioni vicine al fronte bellico e anche quelle più lontane, e poi l’organizzazione sanitaria e quella assistenziale, la vita religiosa e le preoccupazioni dei loro responsabili» (p. 5). Non a caso l’enciclica di san Giovanni Paolo II Fides et ratio, al n. 12, afferma proprio che «la storia diventa il luogo in cui possiamo constatare l’agire di Dio a favore dell’umanità. Egli ci raggiunge in ciò che per noi è più familiare e facile da verificare, perché costituisce il nostro contesto quotidiano, senza il quale non potremmo comprenderci», e questo vale anche per il tempo triste della guerra. Avviandomi alle conclusioni, l’evento di oggi, che nei suoi organiz-


CENTRO DI STUDI STORICI DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO zatori intende andare al di là di un’occasione meramente celebrativa o evocativa, grazie alla presentazione di questo corposo volume sulla Chiesa barese nella prima guerra mondiale rappresenta un ulteriore passo verso la comprensione del senso profondo dell’allora fedeltà alla talare e alla divisa – vissuta tra entusiasmo e rassegnazione, dovere e vocazione –, permettendo di apprendere qualcosa di più vasto dalla conoscenza di quei tragici eventi che scossero, anche nell’inconscio collettivo, i lineamenti profondi della coscienza europea innanzi a milioni di morti. Riveste però anche un particolare significato per questa sede del Comando delle Scuole dell’Aereonautica Militare, che ha il delicato compito di provvedere al reclutamento di tanti giovani e, per loro, dedicarsi alla formazione militare e culturale propedeutica al successivo addestramento ed impiego, ivi compreso quello dirigenziale. Infine, si può affermare che ai margini del centenario della Prima Guerra Mondiale (2014-2018) e nel 50° di sacerdozio di mons. Cacucci, il volume si presenta come un piccolo monumento alla carità, da leggere e condividere nell’amore al nostro Paese e alla sua secolare tradizione cristiana. p. Filippo Lovison, B.

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA B ARI -B ITONTO

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Luglio 2016

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Alla sera, nella Cappella del Corpus Domini in Bari, celebra la S. Messa. 2 – Al mattino, presso la parrocchia “Buon Pastore” in Bari, presiede la concelebrazione eucaristica per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale del Vicario generale mons. Domenico Ciavarella. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Nicola” in Toritto, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Francesco Spierto. 3 – Al mattino, presso la parrocchia “S. Giovanni Bosco” in Bari, celebra la S. Messa per il Giubileo parrocchiale. 4-9 – Presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, guida gli esercizi spirituali per la vita consacrata. 6 – Alla sera, nella Basilica di S. Fara in Bari, celebra la S. Messa per il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di p. Francesco Neri, O.F.M. Cap., direttore dell’Istituto Teologico “S. Fara”. 8 – Al pomeriggio, presso la parrocchia “Spirito Santo” in Palo del Colle, incontra i ragazzi dell’oratorio. 10– Al mattino, presso la chiesa della SS. Trinità e dei Santi Medici in Bari, celebra la S. Messa per il 25° anniversario di servizio di sacrista di Umberto Rinaldi. 15– Alla sera, presso il santuario della Madonna del Pozzo in Capurso, partecipa all’ incontro preparatorio per la partecipazione diocesana alla Giornata mondiale della Gioventù.

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Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria della Pace” in Noicattaro, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale del Vicario generale mons. Domenico Ciavarella. Alla sera, presso la Comunità terapeutica “LorussoCipparoli” in Bari-Santo Spirito, celebra la S. Messa per il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Ubaldo Aruanno. Alla sera, presso la parrocchia “Immacolata” in Modugno, celebra la S. Messa per la Fondazione “Frammenti di Luce”. Alla sera presso la parrocchia “Maria SS. Annunziata” in Modugno, celebra la S. Messa. – A Cracovia, partecipa alla Giornata mondiale della Gioventù.

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Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria delle Grazie” in Cassano Murge, celebra la S. Messa nel centenario della nascita di p. Angelo Centrullo, fondatore dell’Oasi S. Maria. Alla sera, presso la parrocchia “S. Nicola” in Bari-Torre a Mare, celebra la S. Messa per la festa patronale. Alla sera, presso la parrocchia “S. Michele Arcangelo” in Bari-Palese, celebra la S. Messa per la festa patronale. Alla sera, presso la parrocchia “S. Marco” in Bari, celebra la S. Messa per il 25° anniversario di ordinazione diaconale di Vincenzo Gramegna. Al mattino, presso il monastero delle Clarisse in Mola di Bari, celebra la S. Messa per la festa di santa Chiara d’Assisi. Alla sera, presso la parrocchia “S. Luca” in Bari, celebra la S. Messa. Alla sera, presso la parrocchia “S. Benedetto” in Bari-San Giorgio, celebra la S. Messa per la festa della Madonna della Stella. Al mattino, nella chiesa di S. Rocco in Palo del Colle, celebra la S. Messa per la festa del Titolare. Al mattino, nella chiesa della SS. Trinità e dei Santi Medici in Bari, celebra la S. Messa.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

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Alla sera, presso la parrocchia “S. Apostoli” in Modugno, celebra la S. Messa per il 40° anniversario di fondazione della parrocchia. Al mattino, presso la Domus Familiae in Bari-Torre a Mare celebra la S. Messa per i partecipanti al week-end di spiritualità organizzato dall’Ufficio diocesano per la Famiglia. Alla sera, nella Cripta di Santa Teresa di Calcutta in Bari, guida la catechesi sul tema “Madre Teresa, modello di carità”. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il 17° anniversario del suo ingresso in diocesi e per il 10° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Francesco Ardito, don Sergio Biancofiore, don Paolo Candeloro, don Stefano De Mattia, don Giovanni Giusto e don Francesco Mancini. Alla sera, in Cattedrale, presiede la celebrazione del Giubileo delle Confraternite di Bitetto. Al mattino, partecipa alla cerimonia di inaugurazione della 80° edizione della Fiera del Levante, presente il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Alla sera, presso la Basilica dei SS. Medici in Bitonto, celebra la S. Messa per l’ordinazione sacerdotale del diacono Nicola Tatulli. Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria del Carmine” in Noicattaro, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Antonio Lattanzio. Alla sera, presso la parrocchia “Buon Pastore” in Bari, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Rodolfo Bonsegna. Al mattino, in Episcopio, presiede la riunione del Consiglio Episcopale. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Santa Teresa di Calcutta. Alla sera, presso la parrocchia “Immacolata” in Adelfia, cele-

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bra la S. Messa per il 25° anniversario di sacerdozio del parroco don Antonio Lobalsamo e di don Leonardo D’Alessandro, missionario fidei donum in Etiopia. – A Genova, partecipa al 26° Congresso Eucaristico nazionale sul tema “L’Eucaristia sorgente della missione”. Alla sera, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, celebra la S. Messa per il 60° anniversario di fondazione della Federazione delle Monache Clarisse di Puglia. Al pomeriggio, presso l’Auditorium della Scuola Allievi della Guardia di Finanza in Bari, presiede i lavori dell’Assemblea diocesana e presenta la traccia per il prossimo anno pastorale 2016/2017 sul tema: “Immagine viva dell’amore di Cristo. In cammino con le nostre famiglie”. Al mattino, presso la Cappella della Guardia di Finanza in Bari, celebra la S. Messa per la festa di san Matteo, patrono del Corpo. Al mattino, presso la sede della Fondazione Giovanni Paolo II, presiede l’incontro delle Fondazioni “Giovanni Paolo II”, “S. Nicola e SS. Medici-Fondo di solidarietà antiusura” e “Opera SS. Medici Cosma e Damiano”, organizzato dalla Caritas diocesana. Alla sera, presso il santuario dei SS. Medici in Bitonto, presiede la veglia di preghiera “Resi capaci di misericordia” per il Giubileo delle realtà caritative della diocesi. Al pomeriggio, presso la Comunità Cenacolo in Mariotto, celebra la S. Messa per il 20° anniversario della Comunità. Alla sera, in Cattedrale, conferisce il mandato per la Missione Giovani, organizzata dal Seminario Regionale Pugliese di Molfetta e dall’Ufficio diocesano di pastorale giovanile. Successivamente, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per l’apertura della sesta edizione della Rassegna “Notti sacre”. Al mattino, presso il Monastero di S. Maria delle Vergini in Bitonto, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Michele Lacetera, direttore della Comunità Nazareth. Alla sera, presso la parrocchia “S. Sabino” in Bari, celebra la S.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Messa per il 40° anniversario di fondazione della parrocchia. 26-28 – A Roma, partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della CEI. 28– Alla sera, nella chiesa di S. Domenico in Bari, partecipa all’incontro-intervista con S.E. mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, nell’ambito della Rassegna “Notti sacre”. 29– Al mattino, presso la sede della Questura in Bari, celebra la S. Messa per la festa di san Michele Arcangelo, Patrono della Polizia di Stato. – Al pomeriggio, presso la Confraternita di S. Michele in Bitonto, celebra la S. Messa per la festa del Patrono. – Alla sera, presso l’aula magna del Politecnico di Bari, partecipa all’incontro con don Luigi Ciotti, organizzato nell’ambito della Missione Giovani. 30– Alla sera, presso la Casa San Carlo in Bari, celebra la S. Messa per i 105 anni della madre di suor Patrizia.

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ANNOTAZIONI

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