Antonella D’Ambrosio*
Quanto fa bene un sorriso! anno il camice come i medici e il naso rosso come i pagliacci. Girano nei reparti pediatrici e dove passano portano allegria. Sono i Dottor Sorriso. Le loro attività si chiama clownterapia, è riconosciuta come un supporto professionale concreto alla medicina e fa bene ai bambini che devono affrontare la difficile esperienza di un ricovero in ospedale. Almeno per un poco i piccoli pazienti dimenticano dolore e paure e anche i genitori, coinvolti in quei momenti di evasione, condividono il loro divertimento ritrovando la serenità necessaria per assisterli”. Così si legge nella prima pagina del bel calendario distribuito dalla Fondazione Dottor Sorriso Onlus. Ma chi sono veramente questi meravigliosi clown che entrano delicatamente nella vita dei bambini ricoverati in ospedale e in quella di chi gli sta a fianco? Soprattutto per chi lavora nelle scuole dell’infanzia, a contatto con le più svariate esperienze legate alla vita di ciascun bambino, è giusto essere a conoscenza di questo tipo di realtà per poterla valorizzare e per essere in grado di accogliere al meglio un proprio piccolo che si sia trovato ad affrontare l’esperienza del ricovero ospedaliero e della malattia. Sono andata a trovarli nella loro sede di Lainate (Mi), ad accogliermi ho trovato Gabriele Brinchilin, responsabile della comunicazione e preziosa presenza che mi ha aiutata a organizzare questo incontro e il Presidente Fabio Garavaglia cordiale e affabile, che mi ha riempito un sacchetto di nasi rossi da clown da portare a scuola esortandomi a sorridere sempre. La chiacchierata si è svolta invece con Cristina Lenci, responsabile risorse umane e coordinatrice dei clown professionisti e dei volontari, persona di alto spessore umano e molto empatica.
mondo scuola
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Molti insegnanti non vi conoscono, come possono avvicinarsi al vostro mondo? Abbiamo un sito internet. Ci sono anche tante iniziative che informano in merito alle nostre attività, ad esempio ogni anno organizziamo con l’Ospedale V. Buzzi di Milano una giornata che si chiama “Un
Pasticcio e Marrangio
ospedale per amico. Porte aperte all’Ospedale dei bambini Buzzi” dove tutti bambini vengono invitati a una giornata speciale. Ci sono anche quelli che ora stanno bene, sono guariti e tornano per salutarci... ci sono maghi, ci siamo noi, la Banda dei Carabinieri e i gonfiabili. In genere si svolge nel mese di settembre. L’ideale sarebbe attivare anche dei ponti tra scuola e ospedale. C’è stata qualche scuola che si è gemellata con noi, sostenendo delle attività. Anziché fare il regalo alla maestra i genitori hanno raccolto i soldi e poi ci hanno invitati: siamo andati per spiegare a che cosa serve la nostra fondazione e a dare l’idea proprio dell’importanza che ha il bam-
Antonella D’Ambrosio * Insegnante di scuola dell’infanzia
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bino in ospedale... Alcuni ospedali lavorano tanto in questo senso, anche con i computer e gli I-pad. Riescono a mantenere una comunicazione con le scuole dei bambini. A volte quando andiamo in camera i bambini ci dicono “no, non posso, sono in video conferenza con la classe!”. Una cosa utile sarebbe anche portare in classe i disegni che i bambini fanno in ospedale, offrire cioè uno scambio di storie, questo sarebbe bello, mi piacerebbe tanto, costruire una sorta di rete. Noi lavoriamo con le maestre dell’ospedale (sezioni ospedaliere) e siamo a loro disposizione in tutto e per tutto. Come reclutate i clown? E come si organizzano in ospedale? Noi abbiamo sia professionisti, che praticamente sono clown formati al di fuori della fondazione (ma che poi vengono ulteriormente preparati da noi seguendo gli obiettivi e le mission del dottor sorriso con le sue regole), sia volontari. Questi ultimi non sono clown e quindi, generalmente, partono da zero o quasi. Noi organizziamo per loro un laboratorio che dura quattro week-end da 8 ore ciascuno, un momento di formazione e uno di tirocinio. La formazione dura circa un anno. Un clown professionista ha le qualità dell’artista, è più competente per ciò che riguarda la parte psicologica ed è in grado di “volersi bene” (cioè ha delle risorse che gli servono per rimettere a posto dentro di sé tutto quello che vede) e possiede la capacità di sentire quello che prova l’altro: capisce ciò che succede in quella stanza e a quel punto dosa e gestisce in modo quasi perfetto l’energia e l’intervento a seconda di ciò che si trova di fronte. Questo è assolutamente importante perché comunque noi siamo in un ospedale, siamo ospiti. È vero che siamo parte integrante di tutti gli ospedali dove operiamo, tutti ci vogliono bene, però ogni stanza, ogni bambino, ha una storia a sé (i clown lavorano stanza per stanza), è come entrare nella loro casa momentanea, bisogna chiedere il permesso e ci arriva per risposta un no dobbiamo accettarlo perché è l’unico no che questi bimbi possono dire! Almeno ad una cosa possono dire di no, almeno su questo possono decidere. I clown professionisti lavorano in coppia perché creano le tipiche dinamiche del confronto e dello scontro che creano comicità. Operano in contesti più complicati. I volontari invece lavorano nel week-end, in pediatrie dove non vi sono casi particolarmente gravi e lavorano in piccolo gruppo perché sono meno forti, anche se non meno capaci, e insieme possono darsi una mano, in pratica dove non arriva uno arriva l’altro. Funziona così: un piccolo gruppo fa un giro nelle stanze, chiama i bambini e i loro genitori e li porta in uno spazio definito all’interno dell’ospedale, come ad esempio una sala giochi, e in quel contesto i clown fanno un intern. 9 • maggio 2014 • anno CI
vento con tutte le persone presenti, non solo con i bambini. Se c’è da cantare una canzone canta dal bambino alla nonna perché per noi è molto importante che ogni persona venga coinvolta. Perché a volte capita di lavorare specificamente sul bambino perché è lui che ne ha bisogno, altre volte lui ci vuole ma non vuole interagire con noi perché non sta bene e allora si lavora con la mamma per il bambino... e a volte si lavora con il bambino per la mamma! I clown vanno ad agire su tutte quelle che sono le relazioni: in primo luogo i professionisti lavorano “dentro” le relazioni che si trovano nella stanza (infermiera-bambino...) ma devono sempre aspettarsi che cambi qualsiasi cosa, che arrivi un evento inaspettato e devono quindi essere abili nel problem solving. È anche vero che è fondamentale essere integrati nell’ospedale. L’ospedale sa che noi arriviamo. Al nostro arrivo parliamo con la caposala che ci informa sulle presenze e sui bambini che ci sono, dove possiamo andare e dove non possiamo andare assolutamente, se ci sono casi particolari... e a quel punto noi siamo più sicuri e facciamo degli interventi mirati. Abbiamo un contratto comportamentale per la privacy, è come se
Bubba e Miss Foster
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fossimo dei medici. Tanti genitori pubblicano le foto su facebook che è una bella forma di comunicazione perché è quella che va di moda adesso e questo ci fa capire come il nostro contributo continua nei suoi effetti positivi anche quando siamo andati via. Il nostro intervento può durare 10 minuti, ma nella testa del bambino o del ragazzino rimane per sempre. Abbiamo casi di ragazzini che ci adorano da tanti anni e siamo per loro una risorsa. Per tanti ragazzi costretti a lunghe terapie e a continui ritorni in ospedale noi diventiamo un appuntamento scherzoso. E tanti bambini associano l’ospedale all’incontro con i clown. Succede anche che dopo anni li rincontri e loro si ricordano di te e tu devi ricostruire la storia che sei stato per loro... perché per loro tu sei rimasto congelato in quel momento. Anche per i genitori siamo veramente un sostegno perché un bambino malato viene vissuto con fatica, è una delle cose peggiori che possa capitare nella vita. Però, quando arrivano i clown le mamme e i papà non vedono più loro figlio malato, ma vedono un figlio che ride e ciò serve anche a ricordarsi che egli può ancora giocare! Quindi gli si dona uno spiraglio, una luce: se un genitore si sente sollevato e sta bene fa stare meglio anche il suo bambino. Quanto dura il vostro intervento? Un tempo variabile. Facciamo degli interventi di due ore e mezza circa in reparto tendenzialmente alla mattina proprio perché i clown professionisti vanno a cercare il contatto con i medici. A volte sono i medici a cercarli e in quel caso non sostieni solo il bambino, ma anche il medico.
Dodo e Ciupa
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Anche lei entra in reparto? Ho fatto il clown fino a due anni fa e ora mi dedico al coordinamento. Sono molto fiera del lavoro che faccio, mi reputo fortunata, sono fiera della missione che portiamo avanti. Abbiamo soltanto una trentina di volontari perché io devo sapere come stanno, se sono troppi non li posso seguire come è necessario. I volontari hanno due missioni: una è verso se stessi e parte da un bisogno (se io aiuto mi sento meglio) e l’altra è rivolta all’esterno, agli altri (voglio farli stare bene). Io vedo come crescono, ci mettono anima e corpo, è un percorso buono. Il clown aiuta, è una figura, psicologicamente parlando, terapeutica perché va a lavorare sui paradossi. Quando una persona arriva e vuol fare un percorso di clown gli diciamo “figlio mio, ora ti ribalto” cioè noi non gli mettiamo il naso rosso e gli insegniamo dei trucchi, non gli mettiamo le scarpe grosse, noi gli diamo gli strumenti per scoprire qual è il clown nascosto in lui. Il clown viene fuori quando tu fallisci, quando sei in imbarazzo, quando cadi, quando fondamentalmente si crea un contrasto e un tuo difetto può essere assolutamente trasformato in punto di forza perché si ride proprio di questo e ciò è una cosa incredibile! Quando ho iniziato vent’anni fa io non ero quella di adesso, ero introversa. Ho lavorato tanto sulla mia pigrizia, sul contatto fisico... dicevo sempre: cosa tocchi??? E già questo fa ridere! L’obiettivo centrale però non è la risata ma è proprio il dare qualcosa il lasciare qualcosa, essere comunque d’aiuto. Che cosa vi interessa venga evidenziato in una rivista che si occupa di bambini da 3 a 6 anni, quindi proprio piccoli? Per me è molto importante il lavoro dei bambini sull’autostima, sempre. Un bambino in ospedale si trova proprio perso, è un trauma non perché l’ospedale è cattivo ma perché il piccolo viene sradicato dalle sue abitudini, non può più decidere nulla, è in balia dei doveri ospedalieri. La cosa divertente è quando una coppia di clown entra e restituisce il potere assoluto al bambino e viene fuori così il “sadismo” del piccolo che ti ordina che cosa fare. Per lui è importante, mi sta comandando e può farlo. Dinamiche terapeutiche che danno un po’ di ossigeno. Sarebbe anche una cosa assolutamente positiva insegnare ai piccoli l’importanza del sorriso... dare dei valori che ai bambini di oggi mancano... perché la famiglia tende a delegare un po’ tutto alla scuola. Che consiglio dareste a una maestra che si trova a riaccogliere un bambino che ha avuto un’esperienza in ospedale? Consiglierei di far realizzare un disegno così, se il piccolo vuole, potrà far partire il suo racconto proprio dal disegno e poi magari si amplierà con le domande dei compagni (e poi però le maestre ci mandano questi disegni!). n. 9 • maggio 2014 • anno CI
Obiettivo salute
La Fondazione Dottor Sorriso Onlus, nasce nel settembre 1995 in memoria di Aldo Garavaglia, per volontà della sua famiglia. La missione della fondazione è di migliorare la vita dei bambini in ospedale attraverso la clownterapia, continuando l’attività benefica svolta da Aldo Garavaglia in ambito sanitario. • 1996: I primi interventi dei clown nelle strutture ospedaliere. L’attività si svolge all’ospedale di Tradate, in collaborazione con il primario di Pediatria, Roberto Giorgetti. • 2000: Dottor Sorriso Onlus opera continuativamente in cinque ospedali. Prende il via la prima missione internazionale: progetti di clownterapia con i bambini senza dimora di Bucarest, in collaborazione con il clown francese Miloud. • 2002: Una delegazione di clown partecipa alla missione “Path for Peace” in Afghanistan, diretta da Patch Adams. Per l’adesione a questa iniziativa Dottor Sorriso Onlus riceve la Targa del Presidente della Repubblica. • 2004: L’attività dei Dottor Sorriso arriva a coinvolgere i centri di riabilitazione. Il primo è l’istituto “La Nostra Famiglia” di Bosisio Parini. Nello stesso anno la Fondazione riceve il prestigioso “Ambrogino d’oro” dal comune di Milano. • 2006: La Fondazione riceve la Certificazione di qualità UNI EN ISO 9001/2000. • 2009: Dottor Sorriso Onlus attiva i primi corsi di formazione in clownterapia per i volontari. • 2013: Grazie al sostegno di privati cittadini, imprese e istituzioni Dottor Sorriso Onlus porta avanti la propria missione, impegnandosi ad assistere un numero sempre maggiore di bambini. Attualmente i clown Dottor Sorriso sono presenti in 14 ospedali e un centro di riabilitazione che coprono 8 province italiane.
Le origini della clownterapia Il pioniere della clownterapia è Michael Christensen, clown professionista e fondatore, insieme a Paul Binder, del Big Apple Circus. Nel 1986 Christensen crea “The Clown Care Unit”, che porta il sorriso e la fantasia negli ospedali pediatrici. Nel 1991, sulla base del modello americano, nasce in Francia “Le Rire Medecin”. Dottor Sorriso Onlus importa il modello in Italia nel 1995. La clownterapia acquisisce grande visibilità nel 1998, grazie al film sul medico statunitense Patch Adams, uno dei più convinti sostenitori dell’efficacia della terapia del sorriso. Le informazioni dei box sono tratte dal sito: www.dottorsorriso.it n. 9 • maggio 2014 • anno CI
Come vi accolgono in ospedale i bambini da tre a sei anni? Intorno ai tre anni, rispetto al clown la maschera può mettere paura... quindi o gli piaci tantissimo, ti si attaccano e devono toglierti il naso a tutti i costi oppure non ti vogliono proprio vedere. A volte ti devi avvicinare lentamente ma proprio per questo noi siamo addestrati a capire la giusta distanza. Con il bambino piccolo il nostro radar è molto sensibile, dobbiamo avvicinarci con calma e aspettare pazientemente i suoi segnali. Si deve cogliere l’esigenza di ognuno, dobbiamo essere curiosi sapere che cosa piace, dobbiamo sapere quali sono le carte o i cartoni che piacciono ai bambini in quel momento, dobbiamo aggiornarci sempre sul mondo dei piccoli. Quali sono le vere paure dei bambini piccoli quando sono in ospedale? Il distacco, l’ambiente diverso dalla propria casa, il fatto che entrano e escono estranei in continuazione... il bambino con noi porta il gioco dove vuole. Se è arrabbiato farà picchiare i due clown di sicuro; il bambino ci dà l’input e noi creiamo un racconto, una scena e andiamo a lavorare sul paradosso, sul bisogno. Scherziamo sulla malattia, gli diciamo: “dai, butta dentro un po’ di rabbia, dai regalamela!”. Cosa è importante che si sappia di voi? La professionalità che c’è dietro al nostro lavoro. Non basta mettersi il naso rosso e fare il clown: per fare davvero il clown bisogna ESSERE clown! Proprio come i preziosi clown del Dottor Sorriso.
Le scuole che siano interessate a un gemellaggio con la Fondazione possono contattare la direzione del Dottor Sorriso tel. 029.3796488.
per approfondire www.dottorsorriso.it Dottor Sorriso ONLUS, Largo Vittorio Veneto 2/4, 20020 Lainate (MI), Italia - Tel. 02 93796488 - Fax 02 93798993 - email info@dottorsorriso.it
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