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Dragan Spasič «sguardi compositi»
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Usa smalti per unghie e programmi di foto editing per concepire le sue opere. Qualche bigotto lo chiama immigrato, qualcun altro lo stima per la sua passione per gli scacchi e molti altri invece ignorano la sua essenza d’artista.
Dragan è nato nel 1960 nella Penisola Balcanica, ai tempi della Jugoslavia, nella terra bagnata dal fiume Bosna che, dall’aprile del 1992, prende il nome di Bosnia ed Erzegovina. È stato uno dei primi a indossare i bluejeans durante la tirannia rossa, si è laureato in Scienze Motorie e ha combattuto al fronte per l’indipendenza della Croazia.
Adesso Dragan è un “italiano–conpermesso -di- soggiorno”. Uno di quelli che parla poco e lavora tanto. Uno di quelli che si guadagna da vivere svegliandosi alla buonora. Mr Spasič, come lo chiama qualche amico, nella vita fa l’aiuto cuoco e nelle ore di passione si dedica alle sue tele.
La sua sintassi visiva è costituita da macchie appositamente studiate per comporre un’armonia di forme. La sua tematica prediletta è il ritratto di donna, ma le sue ricerche, che spaziano dal gruppo Fauves alla Metafisica, dalla Pop art all’Impressionismo, non hanno temi prediletti, se non l’ideale di bellezza, strettamente soggettivo. Autoritratto, 2012
L’artista vive a Mazara del Vallo, una cittadina marinara della Sicilia: nella terra raggiante di quel sole che accentua colori e forme, quello che crea riflessi e ombre, quello che scompone e ricompone miraggi. dragan.spasic1@gmail.com - 3382659893
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E proprio da questo elemento naturale prende forse spunto l’idea di aggregare macchie che si rivelino in un tutto, finito e al contempo perennemente infinito. Un po’ come la società che ad ogni giorno si rivela in molteplici nuove forme e colori. Non solo un un inno alla Luce dunque, quello di Dragan. Ma anche un’ode dedicata al polimorfismo societario e all’utopia di una civiltà perfettamente multietnica e plurireligiosa.
Sarebbe riduttivo inoltre, guardando la produzione di Mr Spasič, escludere una visione digitale del presente. Poiché la totalità delle sue suggestioni artistiche dal reale si tuffa nella grafica, per poi trovare ulteriore rimodulazione, con mano ferma, nella ruvida arena della comunicazione pittorica.
E si tratta di tele senza titolo. Perché il pittore è un uomo che ama la libertà. E per tale motivo sceglie il silenzio come opportunità linguistica, lasciando che le sue opere interloquiscano, attraverso sguardi compositi, con lo spettatore - in un rapporto da onda che spumeggia sullo scoglio.
Damiano Meo www.damianomeo.com
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