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EUGENIO MUSARO
IL COMMISSARIO FONTANELLI
EDIZIONI YOUCANPRINT
Copyright © 2011 YOUCANPRINT EDIZIONI Via roma 73 - 73039 Tricase (LE) Tel. /Fax 0833.772652 info@youcanprint.it www.youcanprint.it ISBN: 9788866183181 Prima edizione digitale 2011 Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941
INTRODUZIONE
“Cosa nostra” è l’associazione mafiosa più importante d’Europa e segue una linea di condotta ben precisa. Le sedi principali si trovano in Sicilia ma quest’associazione si dirama anche in altre regioni italiane e persino all’estero toccando, in particolar modo, paesi come gli Stati Uniti, Canada, Germania, Svizzera, Francia, Gran Bretagna e Russia. Le attività svolte da “cosa nostra” sono molteplici e criminose, come il traffico internazionale di droga, il riciclaggio del denaro sporco, estorsione, traffico di armi, smaltimento dei rifiuti tossici urbani e industriali, ecc. Questa associazione criminosa ha una struttura gerarchica. Si entra a far parte dell’associazione dopo aver prestato giuramento. Il nuovo individuo da integrare è trasportato in un luogo appartato, alla presenza di tre o più “uomini d’onore”, gli si buca un dito e il sangue è fatto cadere su un’immagine sacra, posata sulla mano del giurante. Infine si appicca il fuoco all’immagine e a questo punto il giurante deve sopportare il bruciore passando l’immagine da una mano all’altra fino allo spegnimento e giura fedeltà assoluta all’associazione. Dopo il giuramento, il nuovo assunto diventa “uomo d’onore”. Questo è ciò che alcuni pentiti hanno raccontato ai giudici.
IL COMMISSARIO FONTANELLI
Un giorno sul finir della primavera, un temporale imperversava sulla città di Roma e le ombre della sera calavano fitte. Il cielo squarciato dai lampi, illuminava Villa Borghese e un uomo, strattonato dal vento e dall’acqua, girovagava noncurante del tempo, lo sguardo tonto, assonnato e i capelli bagnati. Spiccò un salto per evitare una pozzanghera approdando nella parte opposta. La gente lo fissava attonita finché l’uomo svanì in un vicolo. Pochi istanti dopo, due spari echeggiarono nell’aria seguiti quasi contemporaneamente da un gemito soffocato. L’ennesimo omicidio era stato compiuto e la vittima era un mendicante vestito di stracci che pochi istanti prima percorreva sotto la pioggia, la strada del ritorno in considerazione del fatto che quella sera i guadagni non sarebbero stati lauti. Tempo pochi minuti e la zona si affollò di curiosi che avevano udito gli spari, distinguendoli nettamente dal frastuono dei tuoni. Quello che si presentò agli occhi dei presenti, non fu uno spettacolo piacevole. Il corpo del mendicante giaceva per terra ai bordi del vicolo in un lago di sangue e acqua, freddato con due colpi al petto. – Chiamate un’ambulanza! – Urlò qualcuno. – No, lasciate stare. Chiamate la polizia e basta. Quest’uomo è morto! – Rispose una donna distinta.
– Ma lei chi è? – Chiese un uomo. – E chi glielo dice che non c’è più nulla da fare? – Sono un medico! – Rispose la donna, esaminando il corpo della vittima. – La prima pallottola è stata quella fatale e gli è arrivata dritta al cuore. Quest’uomo non respira più e ha il cuore frantumato. La gente intanto continuava ad accalcarsi quando a un tratto si udì il suono di una sirena: qualcuno aveva chiamato l’ambulanza. I medici accorsi però, non potettero fare altro che costatare il decesso dell’uomo. Era il settimo omicidio in un mese. Un killer spietato lavorava su commissione e ammazzava chiunque senza scrupoli. La domanda che tormentava tutti era: – Perché uccidere un mendicante? Il magistrato di turno ordinò l’autopsia con la speranza di avere qualche indizio su cui poter lavorare. In breve tempo, l’esito dell’esame rivelò che la vittima faceva uso di cocaina. Probabilmente si trattava di un regolamento di conti, forse un mancato pagamento e la polizia si accollò anche questo caso, oltre a quelli che ancora restavano irrisoluti. La malavita dilagava a quel tempo e spesso le forze dell’ordine erano costrette ad archiviare i casi per mancanza d’indizi e di prove concrete. Furono incrementati i controlli lungo le strade, alla frontiera, agli aeroporti e persino le navi anche a costo di creare disagi e disservizi ai passeggeri. Il killer in questione era un giovane uomo di trentacinque anni di nome Enrico Zambrotta, di professione avvocato.
Ovvio che la sua professione rappresentava una buona copertura. Zambrotta era un professionista noto nella Roma di quegli anni, molto apprezzato e aveva anche ricoperto cariche politiche nell’ambito dell’amministrazione comunale e regionale. Era stato eletto consigliere regionale nella precedente legislatura ed era stato assessore comunale per ben due volte. Tutti lo conoscevano come una persona intraprendente, seriosa e concreta, anche in virtù delle opere portate a compimento durante la sua militanza politica. Come avvocato era molto richiesto, aveva uno studio lussuoso in via Liberti e una segretaria che spezzava il fiato ai clienti ostentando le sue gambe meravigliose con l’uso di gonne mozzafiato. Alla periferia della città si ergeva la sua villa immersa in un verde incantevole, delimitata da un recinto murato e un grande cancello. Viveva da solo in quell’abitazione, a parte la domestica Giacinta che per motivi di servizio trascorreva lì alcune ore della giornata. Pochi giorni dopo l’assassinio, l’avvocato Zambrotta non tornò a casa per l’ora di pranzo, ma restò nel suo studio perché aveva un appuntamento importante. Dimenticatosi di avvisare la sua domestica per il ritardo, ricevette la sua telefonata: – Avvocato, il pranzo è pronto. Come mai questo ritardo? – Oh scusami Giacinta, ho dimenticato di avvisarti, sono molto preso dal lavoro e devo incontrare un cliente importante! Non credo che tornerò prima di un paio d’ore! L’uomo, infatti, aveva un appuntamento col mandante dell’ultimo omicidio, col fine di riscuotere definitivamente la sua parcella. Infatti, quando gli commissionavano un delitto, si faceva pagare la metà in anticipo e il restante a lavoro
compiuto. Il costo totale dell’operazione era generalmente alto, ma i clienti lo pagavano puntualmente ed erano sempre soddisfatti del suo lavoro. Alle ore 14.00 l’uomo in questione, varcò la soglia dello studio di Zambrotta: – Prego si accomodi, faccia come se fosse a casa sua! – Esclamò l’avvocato. – La ringrazio, ma non ho molto tempo, quindi arriviamo subito al punto. Ecco qua, in questo plico sigillato c’è la parte restante del denaro che le spetta. Come sempre, lei ha fatto un ottimo lavoro avvocato! Quel finto mendicante ha pagato con la vita i suoi debiti nei nostri confronti. La roba che comprava da noi, non era per uso personale, ma la tagliava al 50% e la rivendeva. Il sospetto è scattato quando una nostra spia che lavora in banca, ci ha informato che quel finto mendicante aveva un conto corrente di tutto rispetto. Il mercato della droga è gestito da noi e nessuno deve intromettersi e per giunta facendo concorrenza! – Terminò l’uomo. – Bene, non mi pare che ci sia altro da aggiungere. Io sono un uomo di poche parole e quando qualcuno mi paga bene, gli porto sempre a termine il lavoro! – Avvocato, per quanto concerne le indagini della polizia cosa mi può dire? – Niente paura! Sono informato di tutti i loro movimenti, il commissario è un mio amico e si fida di me ciecamente. Non hanno prove per accusare nessuno, non ci sono in giro impronte digitali, quindi a breve, non trovando un colpevole, sarà un buon motivo per archiviare l’inchiesta.
– Ok, è un piacere trattare con lei, ma mi permetta di dirle che i costi delle sue operazioni sono piuttosto elevati! – Spiacente ma questo è il mio modo di lavorare. Dovreste rendervi conto che il mio è un lavoro che richiede esperienza, attenzione, organizzazione capillare, sangue freddo, una mente lucida e un’ottima destrezza nel maneggiare le armi! – Sì, non lo metto in dubbio. Questo lavoro non è per tutti e come tale va pagato. La saluto avvocato, qua la mano! – Arrivederla, e se avete bisogno di me, sapete come trovarmi, ma evitate di farmi proposte di lavoro per telefono, è meglio parlare di persona. Il sinistro uomo si congedò così dall’avvocato Zambrotta, il quale subito dopo ritornò nella sua abitazione e dopo un frugale pranzo si ritirò nella sua camera per riposare. Dopo il salutare riposo pomeridiano, l’avvocato killer uscì da casa con la sua BMW ultimo modello e si avviò verso il suo studio. Giunto lì, si versò da bere, prese il telefonino e chiamò il commissario della polizia, il Dott. Fontanelli: – Buongiorno commissario, la disturbo? – Buongiorno avvocato, è sempre un piacere sentirla! – Il lavoro non manca a voi della polizia, a quanto sembra! – Non me ne parli. Lei sta alludendo sicuramente all’ultimo delitto di cui è stato vittima quel povero mendicante!
– Questa città sta diventando insostenibile e le forze dell’ordine sono sempre sovraccaricate di lavoro! – Purtroppo è vero avvocato. Questa città è al degrado totale e spesso il nostro lavoro si limita a prendere atto dei delitti commessi, senza poi giungere a capo di nulla per mancanza d’indizi su cui lavorare. A volte abbiamo i nostri sospetti, ma non sono sufficienti. Si tratta di soggetti con precedenti penali, già noti alle forze dell’ordine e che hanno già alloggiato in qualche carcere, ma non possiamo incastrarli per mancanza di prove! – Capisco. Quest’ultimo delitto poi ha qualcosa di molto strano. Perché uccidere un povero mendicante? – Avvocato non c’è nulla di tanto strano. L’autopsia eseguita sul corpo di quell’uomo ha rivelato che faceva uso di cocaina. Pertanto, si sarà trattato sicuramente di un regolamento di conti, forse di un mancato pagamento, tutto qui! Quel povero cristo elemosinava tutto il giorno e con il gruzzolo che raccoglieva, si pagava la sua dose giornaliera. Con i restanti spiccioli poi, si comprava qualche panino per sfamarsi. Probabilmente in questi ultimi tempi racimolava poco denaro e aveva contratto dei debiti che poi ha pagato con la vita. – Mi dispiace tanto per quell’uomo commissario! Più volte l’ho incontrato per strada e una volta mi chiese un euro dicendomi che aveva fame. In quell’occasione glielo diedi volentieri. Bene, ora la saluto, anch’io sono sommerso dal lavoro e ho molte cartacce da leggere.