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Supplemento al n. 36 dell’Eco di Piacenza 10 Dicembre 2020
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Natale a Piacenza 2020 Supplemento al n. 36 del settimanale Eco di Piacenza del 10 Dicembre 2020 Direttore responsabile: Danilo Tosi Progetto editoriale: TWM srl Testi: Riccardo Murtinu Progetto grafico: effequar Per la pubblicità: TWM srl via Beati, 51 - Piacenza Tel. 0523. 610912 Stampa: FDA Eurostampa - Borgo Satollo (BS) Tiratura: 40.000 copie
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Sommario
IL NATALE ILLUMINA TUTTO, CONTRO LA PANDEMIA pag. 04 NATALE, TEMPO DI TRADIZIONE CON PRESEPE E ALBERO pag. 05 RISCOPRIRE I FILM E I LIBRI PER FESTEGGIARE IL NATALE pag. 07 SANTA LUCIA TRA STORIA, TRADIZIONI E REGALI PORTATI VOLANDO SU UN ASINELLO pag. 10 NATALE: QUANDO GLI AUGURI SI FANNO CON LE CARTOLINE pag. 11 ARRIVA BABBO NATALE, STORIA E CURIOSITA’ SUL “BABBO” PIU’ AMATO AL MONDO pag. 13 NATALE: I CANTI PER FESTEGGIARE E CELEBRARE pag. 14 LE RICETTE PER UN NATALE PIACENTINO pag. 17
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IL NATALE ILLUMINA TUTTO, CONTRO LA PANDEMIA
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a pandemia globale che ha sconvolto il mondo nel 2020 ha profondamente cambiato le nostre vite, sia per quanto riguarda le abitudini quotidiane, dalle mascherine ai gel igienizzanti, fino ai rapporti interpersonali. Negli ultimi mesi il virus ha colpito, sia con la tragicità della morte sia con le chiusure, la crisi economica. Parlare di Natale e immaginare di poter festeggiare in questi momenti sembra difficile se non impossibile. Il periodo natalizio da sempre legato alla compagnia, ai regali, alla gioia e alla spensieratezza, sembrano stridere con un mondo che talvolta si fatica a riconoscere. Ma il Natale può essere l’occasione per guardare al futuro con una rinnovata speranza, verso una rinascita, verso la fine della pandemia che arriverà con i vaccini. Il Natale 2020 così diverso dal solito, con cenoni ridotti, pochi incontri, difficoltà, sarà comunque una luce che potrà rischiarare la strada, ricordando a tutti che la vita è sempre più forte di qualunque avversità. Non ci saranno i mercatini di Natale, e molti degli eventi che animano il periodo natalizio saranno ridotti o non potranno tenersi. Grazie alle nuove tecnologie, oggi, è possibile tenersi in contatto anche in queste difficili condizioni, anche se il calore umano non può essere sostituito da uno schermo. Sarà un Natale da passare in famiglia, con i parenti più stretti,
usando, con le persone non conviventi, le precauzioni che tutti conosciamo, dalla mascherina alla distanza di “sicurezza”. Guai, però, se pensassimo di non festeggiare il Natale: rinunciare al calore delle feste, al ritrovarsi (anche se magari dietro uno schermo) ai regali, alla famiglia, faremmo un torto a noi stessi e alla vita. Rinunciare ad una festa così importante come il Natale significherebbe arrendersi al virus: il Covid, infatti, ha i giorni contati, quando il vaccino sarà disponibile su larga scala, infatti, non avrà scampo, ma se permetteremo che la sua esistenza ci faccia smettere di vivere, di coltivare relazioni, di amare, di passare del tempo in famiglia o di sentire i nostri amici, allora il Covid avrà vinto, indipendentemente dalla sua pericolosità a livello sanitario. Se, infatti, la paura sarà la sola nostra maestra la vita non sarà più nostra. Ecco che allora anche questa piccola rivista, diversa da quella degli altri anni, senza la consueta agenda di eventi, può servire come monito per un ritorno alla normalità, che ci sarà, e che noi dovremo inseguire, anche nei piccoli gesti.
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NATALE,
TEMPO DI TRADIZIONE CON PRESEPE E ALBERO
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i avvicina il Natale e, come ogni anno è ormai ora di decorare la casa con festoni dorati, nastri, vischio e tutte quelle decorazioni che rendono unica l’atmosfera natalizia. Non possono mancare il presepe e l’albero di Natale, veri “protagonisti” della casa durante le feste. Il presepe, grande o piccolo, strano o fedele alla tradizione, con il muschio o con la sabbia deriva da una tradizione medievale. Inizialmente soltanto italiana, la tradi-
zione di rappresentare la Natività si è poi diffusa a tutto il mondo cattolico. Il presepe così come lo conosciamo oggi, trae spunto dal primo presepe vivente allestito nel 1223 da San Francesco d’Assisi. Appena tornato dalla Palestina, e dopo aver visitato Betlemme, San Francesco volle ricordare l’episodio della Natività, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’allora Papa Onorio III, a Greccio. Sebbene questa sia stata la prima rappresentazione “tridimensionale” della Natività, le raffigurazioni della nascita di Gesù iniziano da tempi molto più antichi. La più antica raffigurazione conosciuta della Vergine con Gesù Bambino si trova nelle Catacombe di Priscilla sulla Via Salaria a Roma, dipinta da un ignoto artista del III° secolo. Le prime fonti per la raffigurazione del presepe, d’altro canto, sono i 180 versetti dei Vangeli di Matteo e di Luca, che riportano la nascita di Gesù al tempo di re Erode, a Betlemme di Giudea, (piccola cittadina, che, tuttavia aveva dato i natali al re David). Molti elementi tipici, come la grotta, il bue e l’asinello, derivano, però, da Vangeli apocrifi e da altre tradizioni, come il protovangelo di Giacomo. Nel Quattrocento alcuni grandi maestri della pittura italiana raffigurarono scene della natività, per citarne due: Botticelli nell'Adorazione dei Magi (Firenze, Galleria degli Uffizi) raffigurò personaggi della famiglia Medici; Giotto dipinse la Natività nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Negli anni,
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il presepe diventò estremamente popolare, e le figure “viventi” vennero spesso sostituite nelle case da statuine, e l’ambiente del presepe cominciò a ricalcare l’ambiente circostante (ecco, quindi le origini del muschio, della neve e di altri elementi poco attinenti alla credibilità storica). Oggi, secondo la tradizione popolare, tipica delle nostre zone, il presepe viene allestito il giorno di Santa Lucia (oppure l’8 di dicembre) rigorosamente senza la statuina di Gesù Bambino, che sarà deposta nella mangiatoia nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, quando si farà anche “nevicare” (di solito con semplice farina) sul presepe. Altro elemento imprescindibile del presepe è, infine, la venuta dei Magi. I Magi derivano dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo armeno dell'infanzia. Quest’ultimo, in particolare, fornisce informazioni su numero e nomi di questi sapienti orientali: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. I doni portati dai tre sapienti (o Re) sono incenso, oro e mirra. In un inno religioso del IV secolo si trova già l’interpretazione medievale di questi doni: l'incenso, che veniva usato nel tempio, indica il sacerdozio di Gesù; l'oro ne indica la regalità; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, indica l'espiazione dei peccati attraverso la morte. I Re Magi entrarono, così, nel presepe, anche come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa. L’albero di Natale, invece, oggi “compagno” imprescindibile del presepe nelle festività natalizie ha origini molto diverse: si basa, infatti, su antichissimi usi, tipici di varie culture, in cui “Alberi del Paradiso” venivano decorati con fiaccole, oggetti colorati, ornamenti, con la credenza che ad ogni luce corrispondesse un’anima. Tipici sono anche gli alberi cosmici della cultura nord-europea, con simboli che ricordano il Sole, la Luna e le stelle. La decorazione degli alberi era comune già tra i Celti, durante le celebrazioni del solstizio d’inverno. Nell’estremo nord europeo, ad esempio, nell’antichità, a cavallo della notte più lunga dell’anno (e del giorno più corto) si celebravano riti propiziatori per il ritorno del Sole, con alberi come l’abete rosso considerati magici. Non si pensi, tuttavia, che l’uso di alberi per la decorazioni e i riti fosse soltanto nordeuropea: anche i Romani, infatti, ad esempio, erano soliti adornare le proprie case con rami di pino, durante le Calende di gennaio. Con l’avvento del Cristianesimo, probabilmente per il periodo dell’anno in cui si celebrava il Natale, l’albero decorato diventa un simbolo anche delle festività natalizie, sebbene la Chiesa delle origini ne vietò “l’uso”. Nel medioevo, invece, i culti pagani vennero generalmente intesi come una prefigurazione
della rivelazione cristiana. Oltre a significare la potenza offerta alla natura da Dio, l'albero divenne quindi simbolo di Cristo, inteso come linfa vitale, e della Chiesa, rappresentata come un giardino voluto da Dio sulla terra. L'albero natalizio ha una valenza cosmica che lo collega alla rinascita della vita dopo l'inverno e al ritorno della fertilità della natura. L'albero cosmico o albero della vita è stato anche associato alla figura salvifica di Cristo e alla croce, fatta di legno. L'abete, in particolare, sin dall'epoca egizia era in relazione con la nascita del dio di Biblo, dai Greci fu consacrato ad Artemide, protettrice delle nascite e sempre dai Greci era ritenuto simbolo della rinascita rappresentata dal nuovo anno. Sarà poi venerato, come già accennato dai Celti e dai Germani che lo associavano alla nascita del fanciullo divino e a sua volta alla festività del solstizio d’inverno. Per il Cristianesimo l'abete diventò simbolo di Cristo e della sua immortalità. L'albero sarebbe, quindi, secondo alcuni, una celebrazione del “legno” in ricordo della Croce che ha redento il mondo. Oggi l’albero di Natale, sebbene sia una tradizione sentita soprattutto nell’Europa del nord e di lingua tedesca, è universalmente riconosciuto come simbolo del Natale, anche dal Cattolicesimo, come testimoniato dalla tradizione, introdotta durante il pontificato di Giovanni Paolo II, di allestire un grande albero di Natale in piazza San Pietro, a Roma. In Italia, tra le prime ad addobbare un albero di Natale, fu la regina Margherita nella seconda metà dell'Ottocento al Quirinale, diffondendo capillarmente la “moda” a tutto il Paese. L'albero di Natale, infatti, è una delle pochissime tradizioni straniere ad essere arrivate in Italia prima della sua diffusione “commerciale” dopo il secondo dopoguerra.
si confezionano
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RISCOPRIRE I FILM E I LIBRI PER FESTEGGIARE IL NATALE
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atale è un tempo di festa e gioia, da passare con i propri cari, famiglia o amici, passando momenti felici in compagnia. In questo periodo si hanno (generalmente) più giornate libere, si passa più tempo in casa (fino a qualche anno fa era anche il periodo più freddo e nevoso, anche se il clima, oggi, è sempre più “pazzo”). Che il vostro ideale sia passare una buona serata con un film di Natale o leggere un buon libro sul divano in attesa dei regali, ecco i film e i libri più famosi dedicati al Natale (che possono diventare, anche, ottimi regali per festeggiare).
Tra i film da ricordare è necessario iniziare da una pellicola che è diventata quasi un simbolo del Natale per eccellenza: “La Vita è meravigliosa”. Tratto dal racconto “The Greatest Gift” (letteralmente “Il Dono più Grande”) scritto nel 1939 da Philip Van Doren Stern, è considerato uno dei film più ispiratori, popolari e amati del cinema americano. Il film vede protagonisti James Stewart e Donna Reed e ottenne cinque candidature agli Oscar. Nel 1990 venne scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. La pellicola racconta, partendo dalla vigilia di Natale del 1945, la vita di George Bailey, per il quale proprio in quel giorno, in Paradiso vengono ricevute diverse preghiere. San Giuseppe per rispondere alle preghiere
manda da George un angelo custode. Ad essere di turno è Clarence Oddbody, "Angelo di Seconda Classe". Tramite un sistema di flashback, San Giuseppe narrerà a Clarence tutta la vita di George, dall’infanzia, dove salvò il fratello che era scivolato in un torrente ghiacciato (ricavandone una parziale sordità) agli anni della scuola, l’amore per Mary, fino al momento in cui, ancora sognatore, sostituirà il padre nella modesta cooperativa di risparmio “Bailey Costruzioni e Mutui”. Nel 1929, finalmente, George si sposa con l'amata Mary ma, proprio quando la coppia è sul punto di partire per la luna di miele, avviene il crollo della borsa e quindi i due novelli sposi usano il loro denaro, risparmiato per il viaggio di nozze, per rimborsare i soci della cooperativa, evitandone il fallimento. Durante la seconda guerra mondiale, il fratello di George, Harry (da lui salvato in gioventù) pilota della marina, salverà una nave e la vita a decine di soldati sventando un attacco kamikaze. La narrazione arriva infine alla mattina della vigilia di Natale del 1945 quando lo zio di George, Billy (che lavora con lui nella Costruzioni e Mutui) è incaricato di versare in banca 8.000 dollari (dell’epoca!), necessari per onorare una scadenza di pagamento. Perde, però, di vista il denaro appena prima di consegnarlo all'impiegato della banca. La somma è recuperata da Henry Potter, l'uomo più ricco di Bedford Falls (definito, peraltro, da alcuni critici, come uno dei più cattivi mai apparsi al cinema) avversario di George. Avido e disonesto, Potter odia i poveri, disprezza gli immigrati e cerca il potere assoluto. Dopo una ricerca angosciosa del denaro George sarà entrerà in un tunnel di disperazione che lo porterà sull’orlo del suicidio, quando incontrerà Clarence, angelo di seconda classe, che lo salverà mostrandogli quanto siano importanti la vita e gli affetti, rispetto ai miseri 8.000 dollari. Con un budget iniziale di 1.700.000 dollari, in seguito diventati tre milioni nel corso della produzione, le riprese si svolsero dal 15 aprile al 27 luglio 1946. Regista di La Vita è meravigliosa fu Frank Capra. Altro film emblema del Natale è senz’altro Miracolo nella 34^ strada. Il film, girato originariamente nel 1947, con successivi re-
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make, racconta della storia del vero Babbo Natale che si ritrova a New York. Il Babbo Natale di una famosa catena di Grandi Magazzini della città è ubriaco, e così viene sostituito in tutta fretta, su idea della dinamica direttrice del marketing, Doris Walker, da Kris Kringle, anziano signore che già aveva rimbrottato aspramente l'uomo per la sua condotta scandalosa, e sembra (e sostiene personalmente di essere) l'autentico Babbo Natale. Dopo la trionfale parata con slitta e renne Kringle intrattiene i bimbi del grande magazzino (che, come tradizione, vanno ad esprimere i propri desideri da Babbo Natale). Kringle, tuttavia, indirizza i genitori dei bambini in ristrettezze finanziarie dove possono comprare a prezzi inferiori giocattoli e regali, inizialmente sconcertando i responsabili dei Grandi Magazzini che decidono, tuttavia, di sfruttare la cosa come campagna pubblicitaria ottenendo, peraltro, un enorme successo. Anche la figlioletta di Doris, Susan, è conquistata da Kris, che le promette per Natale una nuova casa, un papà ed un fratellino. Una catena di grandi magazzini rivale corrompono una persona perché provochi Kringle, che lo colpisce in testa con il bastone e viene arrestato. Scagionato dall'accusa di percosse, resta, tuttavia, in una clinica perché sostiene di essere babbo Natale in persona. Nel processo Fred Gailey, avvocato amico di Doris, difenderà Kringle, riuscendo, con abilità e tenacia a far cadere le accuse. Kringle, infine, combina un incontro notturno e un matrimonio tra Dorey e Fred; fa regalare loro dalla ditta una nuova casa come premio per l'incremento delle vendite e Susan potrà, magari dopo nove mesi, avere anche l'ultima parte del regalo promessole da Babbo Natale: un fratellino.
Se, invece, si preferisce un Natale “non convenzionale” si può riscoprire “The Nightmare Before Christmas” film d'animazione del 1993 diretto da Henry Selick, ideato e prodotto da Tim Burton. Il film, realizzato in stop-motion usando dei pupazzi mossi a mano dagli animatori di fotogramma in fotogramma, racconta del Paese di Halloween: un mondo immaginario nel quale vivono tutti i mostri della festività e tutto ruota intorno alla festa del 31 ottobre. A capo di tutti c'è il re delle zucche, Jack Skeletron (Skellington nell'originale) uno scheletro molto “magro” e alto più di 2 metri, da tempo stanco di Halloween e di spaventare. Mentre Jack vagabonda nel bosco accompagnato dal suo cane Zero, scopre un circolo di alberi che non ha mai visto prima. Ogni tronco ha una porta con una forma diversa: Jack è particolarmente attratto da quello con il disegno di un albero di Natale. Appena lo apre viene risucchiato in una città piena di neve, luci e felicità, viene attratto da tutti quei colori, dai regali e dalla gioia che si respira in questo posto rendendosi subito conto che è questo ciò che stava cercando. Appena tornato nella città di Halloween, Jack chiama gli abitanti per un incontro. Mostra loro tutti i vari oggetti che caratterizzano il Natale, però gli altri cittadini non riescono ad afferrare il messaggio del Natale. Dispiaciuto dall'incapacità dei suoi amici di capire il Natale, Jack si chiude in casa e inizia a fare vari esperimenti per capirlo fino in fondo. Giunge alla conclusione che basta realizzarlo per farlo funzionare, allora informa tutti che quest'anno penserà lui ai festeggiamenti del Natale. Assegna precisi compiti ad ogni abitante per far sì che la festa diventi anche loro. Gli abitanti finiscono comunque per confondere le idee di Halloween con quelle del Natale creando giocattoli, doni e decorazioni in apparenza innocui, ma che invece si rivelano pericolosi e spaventosi. Sally, segretamente innamorata di Jack, ha una visione catastrofica dell'evento che sta organizzando e cerca di avvertirlo, ma lui è troppo preso dalle sue fantasie e dalla novità per ascoltarla. La notte di Natale Jack consegna ai bambini del mondo reale i regali preparati dai suoi concittadini, ma quel mondo si rivela meno grato di quanto lui pensasse. Polizia e giornali invitano i cittadini a barricarsi in casa a causa di un furfante che sta rovinando i festeggiamenti spacciandosi per Babbo Natale. Babbo Natale può ora salvare la sua festa nel mondo reale, portando agli abitanti di Halloween un dono: la neve. Passando ai libri natalizi, da ricordare anzitutto “Il Cantico di Natale” di Charles Dickens. Pubblicato nel 1843 il romanzo è uno
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degli esempi di critica di Dickens alla società ed è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo. La storia è famosissima: il Canto di Natale racconta di Ebenezer Scrooge, un vecchio banchiere della Londra del 1843, ricco, avido ed estremamente avaro ed egoista che non spende nulla nemmeno per sé (al punto che veste di stracci e fa una vita da nullatenente) e per il quale il Natale è una perdita di tempo (arriva, addirittura a rimproverare Dio stesso per il riposo domenicale che intralcia il commercio e il guadagno). Scrooge non solo lavora ogni giorno con turni più lunghi di quelli degli operai nelle fabbriche, ma costringe il suo umile impiegato contabile Bob Cratchit, al quale dà uno stipendio da fame, a fare altrettanto, obbligandolo a presentarsi al lavoro rimanendo in ufficio fino a tardi anche il giorno della Vigilia di Natale. E proprio il giorno della vigilia di Natale, uscito dall'ufficio (più tardi di tutti, come di consueto) Scrooge guarda storto e risponde male a tutti coloro che intonano un "Canto di Natale" o che gli fanno gli auguri, non ricambia neppure l'affettuoso nipote Fred, suo unico parente in vita. Arrivato sulla soglia di casa, gli sembra di intravedere tra la neve, specchiato nel picchiotto del suo portone, il volto del defunto socio in affari Jacob Marley, morto sette Vigilie di Natale prima. Mentre cena, Scrooge comincia a percepire strani fenomeni: il rumore di un carro funebre che si trascina invisibile sulle scale e un rumore di catene nella cantina. Ad un certo punto si apre una porta e compare il fantasma di Marley: alla cintola, il fantasma porta una catena forgiata di lucchetti, timbri, portamonete, assegni, banconote: tutto ciò che, per sua stessa ammissione, lo ha distolto dal fare del bene agli altri, accumulando denaro solo per sé. Il suo unico sollievo è poter ammonire Scrooge, perché la catena che egli si sta forgiando è ben più lunga e pesante della sua: se andrà avanti così, anche lui subirà la stessa sorte. Marley gli annuncia la visita imminente di tre spiriti (del Natale passato, presente e futuro). Scrooge non ne rimane troppo turbato e quando il fantasma scompare si corica. Durante la notte Scrooge riceverà effettivamente la visita dei tre spiriti che lo accompagneranno a rivivere natali passati, fino a scoprire, nel presente, la condizione della famiglia di Bob Cratchit: sono tutti felici, anche Tim, il più piccolo dei figli di Bob, storpio e malato, sebbene poveri da non poter comprare le medicine per il piccolo Tim, a causa del misero salario concesso al capofamiglia da Scrooge. Bob e sua moglie, insieme ai loro figli brindando ugualmente al signor Scrooge, nonostante sia cattivo e odiato. Lo spirito del Natale
Futuro mostra a Scrooge la povera famiglia Cratchit, distrutta dalla morte del piccolo Tim e la tomba stessa di Scrooge, visitata unicamente dal nipote Fred. Chiedendo perdono a Dio e allo spirito, il vecchio viene trascinato nella voragine, dove riesce ad aggrapparsi disperatamente ad una piccola radice. Sul fondo della voragine Scrooge vede inorridito una bara vuota, dalla quale escono fuori le fiamme dell'inferno e i volti dei dannati. Giurando di cambiare, chiede perdono, ma precipita giù per la profondissima buca finendo dentro la bara. Nel ravvedimento Scrooge diventerà poi un buon padrone e un generoso datore di lavoro, aiuterà il piccolo Tim e festeggerà sempre il Natale. Un secondo libro di Natale, “non convenzionale” da scoprire o riscoprire è “Una Favola di Natale” di Giovanni Guareschi. Scritta nel dicembre 1944 durante il periodo di prigionia, venne raccontata per la prima volta la sera della Vigilia di Natale dello stesso anno nella sua baracca. Guareschi nella premessa della favola indica come donne ispiratrici Freddo, Fame e Nostalgia. La favola è illustrata dall'autore stesso ed è accompagnata dalle musiche di Arturo Coppola, compagno di prigionia che le compose nello stesso periodo della stesura della favola. La favola narra di un bambino di nome Albertino (figlio dell'autore), della sua nonnina, del suo cagnolino Flick, di una lucciola e del loro incredibile viaggio verso il campo di concentramento in cui si trova il padre di Albertino. Durante il viaggio la combriccola fa conoscenza di funghi parlanti, cornacchie canterine, oggetti animati, angeli e tante altre stranissime creature. La favola si conclude con un tanto povero quanto miracoloso pranzo di Natale in cui Albertino si è finalmente ricongiunto con il padre, ma alla fine il papà di Albertino deve tornare al suo triste campo e Albertino ed il resto della ghenga alle loro case.
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SANTA LUCIA TRA STORIA, TRADIZIONI E REGALI PORTATI VOLANDO SU UN ASINELLO
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anta Lucia bella, dei bimbi sei la stella, per il mondo vai e vai e non ti stanchi mai. Porti regali e doni a tutti i bimbi buoni, col tuo cestin dorato e l’asinello alato”. Queste rime dedicate a Santa Lucia riassumono bene cosa significhi, oggi (e per la tradizione) il 13 dicembre per molti bambini nel mondo, e, anche, forse soprattutto, per i bambini di molte zone d’Italia (Piacenza compresa). Si, perché la tradizione di Santa Lucia che porta i doni è radicata anche nel territorio piacentino. Chi, vivendo in queste zone della pianura padana, non ha mai preparato biscotti e latte per Santa Lucia e fieno per il suo asinello volante, la sera del 12 dicembre? Il personaggio storico di Santa Lucia, di cui abbiamo notizia soltanto nel periodo normanno, risale ai primi secoli dopo Cristo: Lucia nasce a Siracusa nel 283, orfana di padre e appartenente ad una ricca famiglia viene promessa in sposa ad un pagano. Sua madre, Eutichia, da anni malata di emorragie e, nonostante i vari tentativi, mai guarita, decide, insieme a Lucia di unirsi ad un pellegrinaggio che da Siracusa andrà alla sepolcro di Sant’Agata, per chiedere l’intercessione della per la guarigione di Eutichia. Secondo la tradizione, durante la preghiera Sant’Agata sarebbe apparsa a Lucia dicendole: “Lucia, perché chiedi a me ciò che puoi ottenere tu per tua madre?”, preannunciandole il martirio e il suo patronato su Siracusa. Lucia, che ha constatato la guarigione della madre dopo il pellegrinaggio, prende la decisione di consacrarsi a Cristo, e di donare tutti i suoi averi ai poveri. Il promesso sposo, preoccupato nel vedere la promessa sposa donare tutto il suo patrimonio, e incassato un netto rifiuto al matrimonio decide di denunciarla come cristiana (era il periodo delle persecuzioni di Diocleziano). Durante il processo fu straordinaria la fierezza di Lucia nel proclamarsi cristiana. Minacciata di essere esposta tra le prostitute, rispose: "Il corpo si contamina solo se l'anima acconsente". Il dialogo tra lei ed il magistrato vide ribaltarsi le posizioni, quasi mettendo in difficoltà gli accusatori. Fu ordinato di portarla via ma diventò miracolosamente così pesante, che né decine di uomini né la forza di buoi riuscirono a spostarla. Fu sottoposta al supplizio del fuoco, ma ne rimase illesa, perciò,
infine, fu decapitata. Morì il 13 dicembre 304, solo dopo aver ricevuto la Comunione e profetizzato la caduta di Diocleziano e la pace per la Chiesa. Risale al XV secolo, invece (anche se probabilmente non veritiero) l’episodio in cui a Lucia vengono cavati (o si strappa) gli occhi (che poi sarebbero miracolosamente ricresciuti). Questo episodio e il suo nome (Lucia da Lux=Luce) fece in modo che Santa Lucia sia spesso associata alla vista e agli occhi (anche nelle raffigurazioni). La festa liturgica, che cade il 13 dicembre, nel calendario giuliano, in vigore fino al 1582, coincideva con il solstizio d’inverno, cioè il giorno dal quale ricominciano ad “allungarsi” le giornate e tornare la luce. Con ogni probabilità il culto di Santa Lucia si è installato anche su precedenti culti popolari e pagani legati al ritorno della luce (si pensi ad Artemide, dea della luce) anche nel nord Europa. Il corpo della Santa, prelevato dai bizantini nel 1040 da Siracusa è stato portato a Costantinopoli, fino all’arrivo dei Veneziani, che lo portarono nella chiesa di San Geremia a Venezia, dove si trova ancora oggi. Oltre alla storia di Santa Lucia, per la nostra tradizione, il 13 dicembre non è solo un giorno di gioia per i bambini, ma anche l’inizio delle festività natalizie: in questo giorno, infatti, si prepara il presepe (rigorosamente senza Gesù Bambino che sarà posto nella capanna solo nella notte del 24) e, in tempi più recenti, si decora l’albero.
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NATALE: QUANDO GLI AUGURI SI FANNO CON LE CARTOLINE
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ggi, grazie alle tecnologie, ad internet, a smartphone sempre più efficienti, tutti siamo sempre connessi e in contatto, e fare gli auguri di Natale a qualcuno diventa una questione di pochi istanti (spesso pochi secondi). Oggi, infatti, è sufficiente scaricare una bella foto di natale, scrivere “Buon Natale!” (magari con l’ausilio del “correttore automatico”, quindi senza nemmeno pigiare su tutte le lettere) e il gioco è fatto. Prima della diffusione di massa delle nuove tecnologie, prima di internet, dei social e degli smartphone ultramoderni, invece, gli auguri di Natale erano una faccenda più complessa. Per fare un augurio per le festività, infatti, si doveva comprare una cartolina natalizia o un biglietto d’auguri, e spedire (prevendo i tempi con cui il nostro biglietto sarebbe arrivato a destinazione).
Le origini delle cartoline natalizie sono controverse: secondo alcuni possono essere fatte risalire al XIX secolo come "pezzi natalizi" gli studenti mostravano ai genitori i propri progressi nella scrittura o alle prime cartoline di San Valentino diffuse in Inghilterra già negli anni 20 dell’Ottocento. Le prime cartoline d’auguri, inoltre, non erano cartoline natalizie: si hanno notizie, infatti, dell'usanza di inviare auguri, ma per il nuovo anno, sin dai primi anni del XV secolo. In Germania, ad esempio, comparvero le cosiddette "figure votive", un primo tipo di cartoline di auguri "votive". Era solitamente rappresentato Gesù bambino con la croce, mentre la scritta, di norma, recitava un augurio per l’anno che stava che nascere: "Un anno buono e radioso". Nei Paesi Bassi, invece, erano diffusi tra il XV secolo e il XVI secolo, delle cartoline, simili a "santini", raffiguranti San Nicola. Sarà soltanto nel Settecento che si avranno le prima cartoline natalizie, periodo in cui era diffusa l'usanza dei cosiddetti "pezzi natalizi", dei lunghi pezzi di carta dove gli studenti scrivevano messaggi d'auguri natalizi e di fine anno indirizzati ai propri genitori allo scopo di dimostrare loro i loro progressi nella calligrafia (da qui si pensa, infatti, derivino le cartoline natalizie). La prima cartolina natalizia così come intesa oggi, si fa risalire al
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1843, quando l'uomo d'affari inglese Henry Cole (1802-1882), che lavorava alle poste britanniche, commissionò all’amico disegnatore John Callcott Horsley la realizzazione di 1.000 cartoline natalizie da inviare ai propri amici. Horsley disegnò una famiglia, composta da elementi di varie generazioni e intenta a festeggiare il Natale con un brindisi a base di punch (cosa che, peraltro, non mancò di suscitare polemiche). La scritta sulle cartoline sarà: "A Merry Christmas and a Happy New Year to You" (ovvero "Un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo a te”). Queste prime cartoline misuravano 8,5 x 14,5 cm e costarono a Cole 1 scellino l'una. Lo stesso Cole, inoltre, le firmò una ad una personalmente. Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’industrializzazione, si produssero cartoline natalizie sempre più economiche, contribuendo ad una rapida e fortunata diffusione in tutta la società. Le cartoline natalizie, da allora, cominciarono a essere illustrate con i temi più svariati legati alle Festività: da quelli religiosi, a semplici paesaggi invernali, fino al pettirosso (soprattutto nelle cartoline inglesi) a tantissimi altri soggetti che, negli anni successivi, entreranno nelle cartoline (chi non ha mai visto una cartolina natalizia con un angioletto o qualche bambino che gioca con la neve, magari accompagnato da un cagnolino?). Risalgono all’Ottocento anche le prime cartoline d'auguri pieghevoli. Nel 1850 le cartoline natalizie “sbarcano” negli Stati Uniti, grazie a un tipografo di Albany che realizzò cartoline d'auguri in bianco e nero con raffigurati vari soggetti relativi al periodo natalizio (come, ad esempio, famiglie circondate da Babbo Natale). Fu, però, Louis Prang, imprenditore di origine tedesca, proprietario di gran parte delle stamperie del Paese, a diffondere la tradizione, dal 1875, capillarmente anche Oltreoceano. Con Prang, definito
il "padre delle cartoline natalizie negli Stati Uniti", la domanda aumentò fino a raggiungere circa 5 milioni l'anno. Tra la fine del secolo, fino a dopo la Prima Guerra Mondiale, leader nella produzione di cartoline natalizie fu la Germania, mentre negli Stati Uniti, l’usanza delle cartoline fu in concorrenza con i cosiddetti “ninnoli”, regali a basso costo che venivano fatti a parenti e ad amici. Nel 1915 arrivò sul mercato la Hallmark che disegna tuttora ogni anno 14.000 diverse cartoline d'auguri e che ne produce quotidianamente 11 milioni in 20 lingue diverse. Il successo delle cartoline natalizie si espanderà, poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale: si calcole che, negli anni novanta, siano state spedite, ogni anno, nei soli Stati Uniti, circa 2,6 miliardi di cartoline natalizie. Il futuro delle cartoline natalizie, nell’era della digitalizzazione, se si escludono i collezionisti, è incerto. Nella loro lunga carriera le cartoline di Natale hanno fatto molto più che augurare buone feste: inviare o ricevere una cartolina era un momento importante, quasi una tradizione, che si rinnovava ogni, anno. Era l’occasione di sentirsi con parenti e amici lontani, era un modo per aggiornarsi sulle novità se non ci si sentiva da tanto tempo, scrivendo, spesso, molto più di un semplice “Buon Natale”, scambiandosi notizie, aneddoti, novità e pensieri. Un modo di comunicare che, ormai, rischia di scomparire (se non vogliamo considerarlo già scomparso). In un mondo sempre più frenetico, inviare una cartolina, scrivere di proprio pugno sulla carta, con l’inchiostro di una penna, frasi e parole che vadano oltre il semplice “auguri”, può essere un modo di festeggiare il Natale riscoprendo una tradizione, qualcosa che tutti i nostri padri, madri, nonni e nonne hanno vissuto, una parte del nostro patrimonio culturale che non deve andare perduta.
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ARRIVA BABBO NATALE,
STORIA E CURIOSITA’ SUL “BABBO” PIU’ AMATO AL MONDO
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hi, oggi, non consce Babbo Natale, con il suo caratteristico vestito rosso e bianco, la lunga barba, le renne e, naturalmente, i doni per i bimbi buoni? Ma Babbo Natale è stato sempre così? E come è “nato”? Per rispondere bisogna tornare addirittura alle tradizione pre-cristiane: secondo alcuni studiosi, infatti, per la sua figura ci si è ispirati al dio Saturno. In antichità, infatti, dal 17 al 23 dicembre, in concomitanza con il Solstizio d'Inverno, si svolgeva la festività dei Saturnali, durante la quale era consuetudine scambiarsi doni e preparare grandi banchetti e feste per celebrare l'abbondanza ricevuta durante l'anno. Il Babbo Natale moderno, tuttavia, ha origine molto più vicine, nel personaggio storico di San Nicola, vescovo di Myra (nell’attuale Turchia), nel IV secolo. In alcuni paesi d’Europa, infatti, viene ancora rappresentato in abiti vescovili (in particolare nei paesi del nord Europa).
Protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati, si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue figlie alla prostituzione (non poteva trovare per loro un marito), abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno e, di notte, l'abbia gettato nella casa dell'uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio. Un'altra leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso. Per questi episodi san Nicola
è ritenuto un santo benefattore e protettore, specialmente dei bambini. La Chiesa cattolica lo ricorda il 6 dicembre. Nei Paesi Bassi è festeggiato il 5 dicembre, data in cui si distribuiscono doni. L’evoluzione moderna che porterà al più familiare “Babbo Natale” nasce dalla fusione di San Nicola, come protettore di bambini e indifesi, con un personaggio di tradizione popolare, portatore di doni di cui, probabilmente, si è persa l’effettiva origine. Il Santa Claus moderno ha origine da Sinterklaas, il nome olandese del personaggio fantastico derivato da san Nicola, che viene chiamato anche Sint Nicolaas, ha ancora abiti vescovili, porta una mitra (copricapo liturgico tipico del vescovo) e un bastone pastorale, vola su un cavallo bianco e i suoi aiutanti scendono dai comignoli per lasciare doni. I principali elementi che caratterizzeranno il Babbo Natale moderno ci sono tutti. Il cavallo bianco verrà, poi, sostituito dalle renne, nei paesi nordici, dove la tradizione resta più radicata, forse perché la renna è, da sempre, un animale sacro, già nei culti pagani. Da sfatare, invece, il mito secondo cui il vestito rosso di Babbo Natale derivi dalla pubblicità della Coca-Cola degli anni ‘30: esistono, infatti, rappresentazioni in abito rosso di Babbo Natale, già alla fine dell’Ottocento e, inoltre, l’azienda non è stata la prima ad usare la figura di Babbo Natale in una pubblicità. La tradizione vuole che si scriva la letterina a Babbo Natale, con un elenco di giocattoli desiderati assieme ad una dichiarazione di essere stati buoni. In Canada, esiste un apposito codice postale per le letterine, e tutte ottengono risposta. Seguendo altre tradizioni c’è chi lascia latte e biscotti a Babbo Natale, come negli Stati Uniti (e, ormai, in tutto il mondo) oppure, in altri paesi, si preferisce lasciare una scarpa che sarà riempita di doni. Una tradizione, tuttavia, oggi, è universalmente accettata: la sera della vigilia di Natale, Babbo Natale sale sulla sua slitta trainata da renne volanti e va di casa in casa per portare i regali ai bambini, che tiene tutti in un enorme sacco. Per entrare nelle case si cala dal comignolo, sbucando quindi nel caminetto, e lascia i doni sotto l'albero di Natale.
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NATALE: I CANTI PER FESTEGGIARE E CELEBRARE
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l periodo natalizio è un momento di gioia e felicità, per ritrovarsi e festeggiare, magari cantando qualche canto natalizio per un’atmosfera unica. I canti di natale derivano da antiche tradizione, e cantare un motivetto natalizio (e non solo) mette di buonumore, e prepara ad entrare in uno dei climi di festa più belli dell’anno. Il primo canto di Natale conosciuto è “Veni redemptor gentium” scritto da Sant’Ambrogio, vescovo di Milano dal 374 al 397 d.C. Il tema della Natività, inoltre, ha ispirato tantissimi compositori in tutto il mondo nella storia: dagli autori classici e i compositori medievali, fino ai cantautori moderni. Le canzoni più famose, naturalmente, sono quelle della tradizione popolare che si sono, col tempo, radicate nella cultura e nella società. Non mancano, tuttavia, tante altre canzoni, anche più recenti, che sono diventate simbolo del Natale. Di seguito alcuni dei canti più famosi e conosciuti, anche in lingua inglese:
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O Tannenbaum (L'albero di Natale) O Tannenbaum, in italiano L’albero di Natale è un canto tradizionale tedesco, e una delle più famose canzoni di Natale di sempre. La melodia, di autore anonimo, è quella di un canto popolare che ha avuto probabilmente origine tra il XVI e il XVII secolo. La prima pubblicazione risale al 1799 quando fu utilizzata in alcune antiche canzoni studentesche. Le parole sono state invece composte nel 1819 dall'organista di Lipsia Joachim August Zarnack (1777 – 1827) (prima strofa), che si ispirò ad un brano popolare della Slesia dal titolo Ach Tannenbaum, composto nel XVI secolo da Melchior Franck. Ernst Gebhardt Anschütz aggiunse, poi, nel 1824 la seconda e terza strofa. Di seguito la versione inglese ( 3 strofe ) e alcuni adattamenti italiani ( da vari autori ):
INGLESE: O Christmas tree, O Christmas tree! How are thy leaves so verdant! O Christmas tree, O Christmas tree, How are thy leaves so verdant! Not only in the summertime, But even in winter is thy prime. O Christmas tree, O Christmas tree, How are thy leaves so verdant! O Christmas tree, O Christmas tree, Much pleasure dost thou bring me! O Christmas tree, O Christmas tree, Much pleasure dost thou bring me! For every year the Christmas tree, Brings to us all both joy and glee. O Christmas tree, O Christmas tree, Much pleasure dost thou bring me! O Christmas tree, O Christmas tree, Thy candles shine out brightly!
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O Christmas tree, O Christmas tree, Thy candles shine out brightly! Each bough doth hold its tiny light, That makes each toy to sparkle bright. O Christmas tree, O Christmas tree, Thy candles shine out brightly! ITALIANO (diverse versioni): Nel buio tu risplendi noi Abete di Natale. Sui rami tuoi scintillano le luci colorate. Dei bimbi gli occhi brillano di Dio le luci vedono. Accanto ad un presepe c'è l'Abete di Natale. Ricordi a tutti gli uomini i doni che i pastori. Portarono al bambin Gesù la notte di Natale. Col cuore pien di giubilo li misero sui rami tuoi. Per questo festeggiamo te Abete di Natale. O albero che illumini la notte di Natale Le luci tue ricordano la luce del signore Ogni mia notte splenderà se la tua luce brillerà O albero che illumini la notte di Natale Hark! The herald angels sing Hark! The herald angels sing (letteralmente: Ascoltate! Gli Angeli Messaggeri Cantano) è un celebre canto natalizio tradizionale, derivato dalla poesia “For Christmas Day” scritta dal pastore metodista e poeta inglese Charles Wesley (1707 - 1788) nel 1739 e in seguito più volte rimaneggiata da vari autori. Il brano è accompagnato dalla melodia del Festgesang an die Künstler di Felix Mendelssohn (1809 - 1847), composto nel 1840 in onore dell'invenzione della stampa da parte di Gutenberg. Il canto ha fatto parte anche della colonna sonora dei film Via col vento (1939), La vita è meravigliosa (1946) e A Christmas Carol (2009) oltre ad essere la canzone che viene cantata alla fine del film di avventura Jumanji.
"Christ is born in Bethlehem!" Hark! the herald angels sing, "Glory to the new born King!" Christ, by highest heaven adored; Christ, the everlasting Lord; late in time behold him come, offspring of a virgin's womb. Veiled in flesh the Godhead see; hail th' incarnate Deity, pleased as man with man to dwell, Jesus, our Emmanuel. Hark! the herald angels sing, "Glory to the new born King!" Hail the heaven-born Prince of Peace! Hail the Sun of Righteousness! Light and life to all he brings, risen with healing in his wings. Mild he lays his glory by, born that man no more may die, born to raise the sons of earth, born to give us second birth. Hark! the herald angels sing, "Glory to the new born King!" Come, Desire of nations, come, fix in us thy humble home; rise, the woman's conquering Seed, bruise in us the serpent's head. Adam's likeness, Lord, efface; stamp thine image in its place. Second Adam from above, Reinstate us in thy love. Hark! the herald angels sing, "Glory to the new born King!"
Il testo, che si compone di 5 strofe, di 10 versi ciascuna, parla dell'annuncio degli angeli della Nascita di Gesù:
Adam's likeness, Lord, efface, Stamp Thine image in its place: Second Adam from above, Reinstate us in Thy love. Let us Thee, though lost, regain, Thee, the Life, the inner man: O, to all Thyself impart, Formed in each believing heart. Hark! the herald angels sing, “Glory to the newborn King!”
Hark! the herald angels sing, "Glory to the new born King, peace on earth, and mercy mild, God and sinners reconciled!" Joyful, all ye nations rise, join the triumph of the skies; with th' angelic host proclaim,
Joy to the World Joy to the World è un celebre canto natalizio tradizionale composto nel 1719 da Isaac Watts (1674–1748), scrittore di inni inglese, che riadattò un Salmo su Re Davide - Salmo 97 (98). La melodia è basata sul “Messia” del compositore tedesco Georg Friedrich Händel (1685–1759). La versione definitiva è stata arrangiata nel 1836 da Lowell Mason.
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INGLESE: Joy to the world! the Lord is come; Let earth receive her King; Let every heart prepare him room, And heaven and nature sing, And heaven and nature sing, And heaven, and heaven, and nature sing. Joy to the world! the Saviour reigns; Your sweetest songs employ; While fields and floods, rocks, hills, and plains Repeat the sounding joy, Repeat the sounding joy, Repeat, repeat the sounding joy. No more let sins and sorrows grow, Nor thorns infest the ground; He comes to make His blessings flow Far as the curse is found, Far as the curse is found, Far as, far as, the curse is found.
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He rules the world with truth and grace, And makes the nations prove The glories of His righteousness, And wonders of His love, And wonders of His love, And wonders, wonders, of His love. Joy to the world Joy to the world ITALIANO: Gioia al mondo! il Signore è venuto; che la terra riceva il suo Re, che ogni cuore prepari un posto per Lui, che terra e cielo cantino. Gioia in tutto il mondo! regna il Salvatore; cantino gli uomini le più dolci canzoni mentre campi e fiumi, rocce, colline e pianure ripetono l’allegria del suono. (Non lasciate più crescere peccati e dolori, né che le spine infestino il terreno; Egli viene a donare la Sua benedizione così da allontanare il maleficio.) Egli governa il mondo con lealtà e misericordia e dimostra alle nazioni gli splendori della Sua giustizia e il miracolo del Suo amore. Santa Claus Is Coming to Town Babbo Natale Sta Arrivando In Città) Tradizionale canzone natalizia statunitense, Santa Claus Is Coming to Town è stata composta nel 1932 da Haven Gillespie (testo) e J. Fred Coots (musica) e cantata per la prima volta in occasione del Giorno del Ringraziamento del 1934 da Eddie Cantor in una trasmissione radiofonica. La canzone si riferisce alla tradizione natalizia di Babbo Natale, di cui si preannuncia l'arrivo in città. Le
parole dicono, presumibilmente a un bambino, di fare attenzione, non piangere e non fare il broncio: Babbo Natale sta venendo in città, sta facendo una lista e controllandola due volte, per capire chi è cattivo e chi è bravo, e sa quando il bimbo dorme e quando è sveglio e come si è comportato. INGLESE: You better watch out You better not cry better not pout I'm telling you why Santa Claus is coming to town He's making a list, and checking it twice; gonna find out Who's naughty and nice. Santa Claus is coming to town He sees you when you're sleeping He knows when you're awake He knows if you've been bad or good so be good for goodness sake! O! You better watch out! You better not cry. better not pout, I'm telling you why. Santa Claus is coming to town. Santa Claus is coming to town ITALIANO: Farai meglio a prestare attenzione farai meglio a non piangere farai meglio a non mettere il broncio e ti dirò il perchè: Babbo Natale sta arrivando in città sta facendo una lista e la sta controllando due volte deve scoprire chi è stato disobbediente e chi invece è stato buono Babbo Natale sta arrivando in città lui ti vede mentre dormi lui sa quando sei sveglio lui sa se sei stato buono o cattivo quindi sii buono, per carità! farai meglio a prestare attenzione farai meglio a non piangere farai meglio a non mettere il broncio e ti dirò il perchè: Babbo Natale sta arrivando in città Babbo Natale sta arrivando in città
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LE RICETTE
PER UN NATALE PIACENTINO Con il Natale la tradizione della cucina piacentina popolerà le tavole, per la Vigilia, il pranzo di Natale, l’ultimo dell’anno e Capodanno, per celebrare con gioia e all’insegna della tradizione, le feste. Ecco, allora le ricette tradizionali per un Natale piacentino:
TORTELLI CON LA CODA Per la Vigilia di Natale, giorno “di magro” in cui, secondo la Chiesa Cattolica non si possono consumare carni, sono immancabili i Tortelli con la coda: con gli spinaci, le ortiche o la zucca, non possono mancare per una Vigilia indimenticabile. La ricetta: Ingredienti • Farina bianca • Uova • Acqua • Sale • Spinaci (o erbette) • Ricotta • Formaggio grana • Noce moscata • Burro • Salvia Preparazione Dopo aver preparato la sfoglia con 400 g di farina bianca, 2 uova, un pizzico di sale e acqua tiepida, tagliatela in strisce larghe 7 o 8 cm e quindi a rombi. Nel frattempo avrete lessato 300 g di spinaci e, dopo averli scolati, strizzati e tritati finemente e versateli in un’ampia zuppiera unitamente a 300 g di ricotta, 200 g di formaggio grana grattugiato, 2 uova intere, sale e un pizzico di noce moscata. Amalgamate fino ad ottenere un impasto consistente. Ora prendete una losanga di pasta (di circa 8 cm) ponetela sul palmo della mano sinistra e, partendo dall’angolo esterno, con l’indice e il pollice della destra, prendendo un po’ di pasta da un lato e dall’altro, chiudete il tortello a treccia. Continuate sino ad esaurimento delle losanghe e del ripieno e ponete i tortelli su di una spianatoia spruzzata di farina. Lessateli in abbondante acqua salata. Non appena verranno a galla, scolateli bene, conditeli con burro
fuso, grana grattugiato e salvia oppure, nella variante, con sugo di funghi.
PISSAREI E FASӦ Irrinunciabili per festeggiare anche i tipici “Pissarei e Fasö”. Quasi sicuramente, nel 1200, costituivano una zuppa di pasta e fagioli, dunque un piatto diverso dall’attuale per la mancanza del pomodoro, originario dell’America centrale, e per l’uso dei “fagioli dell’occhio”, i soli conosciuti prima della scoperta delle Americhe. L’uso di mescolare la farina con il pane grattato, indice della povertà del piatto, consentiva di utilizzare il pane secco avanzato, e soprattutto di diminuire il quantitativo di farina, molto costosa.
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La ricetta: Ingredienti • Farina bianca • Pane grattugiato • Sale • Acqua • Burro • Olio • Fagioli borlotti lessati • Pepe • Conserva di pomodoro • Lardo • Formaggio grana Preparazione Disponete 500 g di farina bianca a fontana su un ampio ripiano e versatevi l’acqua e 200 g di pane grattugiato, precedentemente scottato in acqua bollente (o latte o brodo caldissimo), lavorate bene il tutto fino ad ottenere un impasto morbido e formate delle bisciette di mezzo cm circa. Staccate dei pezzetti che, schiacciati leggermente con il pollice destro e staccati, assumeranno l’aspetto di piccoli gnocchi. Preparate ora il condimento con burro, olio, una cipollina e un pezzetto di lardo tritati. Nel tegame aggiungete un certo quantitativo di fagioli borlotti precedentemente lessati, un po’ di pepe e di sale e lasciate rosolare a fuoco lento; unendo un po’ di salsa di pomodoro diluita in acqua tiepida (o brodo), portate a cottura completa, aggiungendo se è necessario, acqua o brodo. La salsa dovrà risultare vellutata. Fate cuocere i pissarei in molta acqua salata e, man mano che vengono a galla, scolateli, versateli in una zuppiera e conditeli con il sugo ottenuto e a piacere con grana grattugiato. MEZZEMANICHE DEI FRATI Questo piatto veniva servito in diverse parti della provincia piacentina, in particolare della Val d’Arda, ed era piatto della Vigilia di Natale, in quanto privo di carne (la Chiesa, infatti, prevede alcuni giorni “di magro”, come i venerdì di Quaresima). Le mezze maniche venivano confezionate in casa, con il torchio a mano. Era prevista anche la variante asciutta, con un condimento di sugo di pomodoro e funghi secchi. La ricetta: Ingredienti (per 4/5 persone) • gr 300 mezzemaniche • 1 albume • 1 lt. brodo di carne Ripieno: • gr 200 formaggio grana grattugiato • gr 100 pane grattugiato • 1 uovo intero + 1 tuorlo • un trito di prezzemolo e aglio • mezzo bicchiere di brodo caldo • una noce di burro • un pizzico di pepe • una grattatina noce moscata
• sale q.b. Preparazione Con il brodo caldo ed il burro scottate il pane, aggiungete il formaggio, le uova, il trito, la noce moscata, il pepe ed aggiustate di sale. Amalgamate bene il tutto, preparate con il ripieno delle biscie idonee a riempire le mezze maniche. Con l’albume battuto bagnate le estremità della pasta (per non far fuoriuscire il ripieno durante la cottura). Nel brodo di carne cuocete le mezzemaniche. Servite calde cosparse di formaggio grana nel piatto.
ANOLINI IN BRODO Tipici del giorno di Natale (e dei giorni di festa in generale) sono gli Anolini in brodo. Nel panorama di prodotti tradizionali della provincia di Piacenza iscritti nell’elenco nazionale, l’anolino è certamente il più nobile e conosciuto, vero re della gastronomia piacentina. Viene chiamato in dialetto “anvein”, così come lo riporta il vocabolario di L. Foresti nell’edizione del 1836. L’origine del nome è incerta: sembra derivare da “anolus”, cioè dalla forma ad anello del tagliapasta utilizzato per confezionarli: certo è che il termine “anolino” compare per la prima volta nel 1570 nell’”Opera” di Bartolomeo Scappi. Appartiene alla categoria di piatti che va sotto il nome di paste ripiene che nascono probabilmente nell’Alto Medioevo ed entrano così in uso in tutte le corti europee tra il 1100 e il 1200, come torte ripiene o pastelli. La ricetta: Ingredienti • Farina bianca • Uova (1 per 100 g di farina) • Un pizzico di sale • Stracotto • Formaggio grana grattugiato • Pane grattugiato • Noce moscata • Brodo Preparazione Per il ripieno di stracotto Spellate 2 spicchi d’aglio, affettateli e con essi la carne (1Kg e1/2 di manzo). Tritate una cipolla, versatela in una casseruole fate soffriggere; aggiungete la carne e lasciatela risolare girandola da tutte le parti; versatevi sopra un bicchiere di vino rosso e proseguite la cottura senza coperchio. Intanto preparate un “battuto” con lardo, sedano, carota che unirete alla carne quando il vino sarà evaporato. Aggiungete ora due foglie di alloro, due cucchiaiate di salsa di pomodoro, sale e spezie; coprite il manzo con acqua bollente e mescolate in modo che
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la salsa si sciolga in modo uniforme. Coprite con il coperchio e fate cuocere a fuoco basso per circa 12 ore, muovendo ogni tanto il recipiente per evitare che la carne e il sugo si attacchino sul fondo. Quindi, con la mezzaluna tritate finemente lo stracotto e versatelo in una zuppiera unendovi il sugo annesso, il pane e il grana grattugiato, un pizzico di noce moscata e amalgamate bene al fine di ottenere un impasto omogeneo. Per la pasta Con 400 g di farina, le uova ed un pizzico di sale, stendete una foglia sottile e tagliatela in strisce di circa 10 cm; su un lato disponete tante palline di ripieno alla distanza di 5 o 6 cm. Ripiegate la striscia in modo da coprirle, premete la pasta leggermente fra un pallina e l’altra e tagliate gli anolini con l’apposita forma rotonda. Oppure utilizzate un bicchiere di vetro, ricavando delle “mezzelune” che andranno premute tutte intorno per evitare la fuoruscita del ripieno. Cuocete in brodo “in terza” (manzo, cappone e carne magra di maiale). Tra le varianti che si possono trovare sul territorio piacentino, in particolare vi è quella diffusa in Val d’Arda che propone il ripieno senza stracotto, ma solo con pane e formaggio grana inumiditi nel brodo o nel sugo dello stracotto, uova e le spezie proposte nella ricetta precedente. PICCOLA DI CAVALLO (PICULA ‘D CAVALL) Altra ricetta tipica della tradizione piacentina, è la famosa “Piccola” di Cavallo. È forse uno dei piatti più noti, anche fuori dal territorio della provincia di Piacenza, della tradizione gastronomica
locale. Viene solitamente servito insieme alla polenta e abbinata ad un vino rosso corposo come un Gutturnio Doc dei Colli piacentini. La ricetta: Ingredienti • Carne di cavallo • Cipolla • Pistà ad grass (battuto di lardo) • Olio • Brodo (o vino bianco) • Carote • Salsa di pomodoro • Burro Preparazione Fate soffriggere una cipolla e due carote tritate con olio, burro e pistà ad grass (che avrete ottenuto tritando a coltello su un tagliere lardo, prezzemolo, e qualche spicchio d’aglio spellato), aggiungete 600 gr di carne di cavallo tritata e lasciate rosolare a fuoco dolce per 10 minuti. Allungate con due bicchieri di brodo (o vino bianco) in cui avrete fatto sciogliere mezzo bicchiere di salsa di pomodoro e lasciate cuocere a fuoco basso per circa 20 minuti. Servite accompagnato da polenta.
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