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ECONOMY | ANNO III | N.20 | MENSILE | MARZO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 27 FEBBRAIO 2019
www.economymag.it
Marzo 2019 Euro 3,50
L’ALTRA COVERSTORY / Crescere senza crescita del Pil, i precedenti del 2012 e i segreti di chi ci è riuscito
la parità
Le ricerche dimostrano che l’equilibrio maschi-femmine migliora i risultati delle imprese. Da Federmanager ad Amazon, da Mps a Danone a Pisa Orologeria testimonianze e dati
«SENZA INVESTIMENTI L’ITALIA NON RIPARTE» PARLA BOCCIA / L’APPELLO AL GOVERNO DEL CAPO DI CONFINDUSTRIA GIAMPIERO MASSOLO Il presidente di Fincantieri: «L’economia blu ci salverà»
MOLTIPLICARE I PANI VINCENZO BOCCIA
Il Panificio Menchetti, da bottega a leader nazionale
HARD-BREXIT
DIGITALE ITALIANO
Istruzioni per l’uso di un divorzio annunciato
Sull’informatica siamo agli Anni Sessanta di Franco Tatò
Come sono cambiati gli aiuti alle neo imprese high-tech
Per vincere la sfida della nuova siderurgia di Federico Pirro
SOLDI ALLE START-UP
L’OCCASIONE DELL’ILVA
Attrazione integrale Consumo di carburante in ciclo misto min – max (l/100km) 7,0 - 12,2; emissioni di CO2 in ciclo misto min – max (g/km) 184 - 282. I valori indicativi relativi al consumo di carburante e all’emissione di CO2 sono rilevati dal costruttore in base alla normativa vigente (Regolamento UE 2017/1151) e aggiornati alla data del 12/2018. I valori più aggiornati saranno disponibili presso le Concessionarie Maserati in quanto gli stessi sono indicati a fini comparativi e potrebbero non riflettere i valori effettivi.
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EDITORIALE
C’È LA CRISI? NESSUN DORMA
Q
uel grande economista che fu Gesù Cristo – che non poneva il denaro ma l’uomo al centro dell’economia – nella parabola dei talenti DI SERGIO LUCIANO ha descritto quel che gli italiani non devono fare e purtroppo invece fanno, col loro denaro: cioè il nulla. Se lo tengono lì, fermo nei conti correnti, a non rendere e anzi a svalutarsi. Milletrecentosettantuno miliardi di euro accumulati nei conti bancari, a far nulla. Ricordiamola quella parabola, in breve: c’è un possidente che, partendo, affida a tre suoi servitori rispettivamente 5, 2 e 1 lingotti d’argento, con l’incarico di farli fruttare. Ma mentre i primi due, al ritorno del padrone dopo molto tempo, potranno esibirgli i guadagni maturati investendo i lingotti ricevuti, il terzo non può che restituirgli – intatto ma non accresciuto – il bene ricevuto. E a modo suo spiega perché: “Sapevo che sei un uomo duro, esigente, arbitrario, che fa ciò che vuole, raccogliendo anche dove non ha seminato”. Insomma gli dice: non mi fidavo di te, e non ho voluto correre rischi. Ma il padrone si arrabbia molto e butta fuori il servo fannullone. Usciamo dalla metafora. Ci fidiamo dei Cinquestelle? Ci fidiamo della Lega? Ci fidiamo
IL CORSIVO
del Pd? Di Forza Italia? Di tutti i vari altri partiti e partitini che costellano, e non decorano, la vita politica italiana? No, o quantomeno nessuno se ne può fidare del tutto. Ma non è una buona ragione per tenere fermi i nostri soldi. Nel momento in cui questo numero di Economy viene chiuso, le nuvole più nere si addensano sull’economia italiana. Le statistiche dimostrano che è in corso una frenata del Pil. Le agenzie di rating potrebbe declassarci o almeno peggiorare le loro attese. Si paventa come ormai quasi inevitabile una manovra bis che vanificherebbe anche le misure di sviluppo – già di per sé molto più timide delle promesse elettorali – contenute nella legge di bilancio. E resta possibile, dopo le Europee, una crisi di governo. E allora? Vogliamo restarcene qui fermi, a sfogliare la margherita del nostro disagio e della nostra sfiducia? Così da assistere inerti allo svalutarsi delle nostre risorse? Che senso ha? Intanto che la politica cerca (se li cerca!) nuovi equilibri, in Italia come nel mondo, diamoci da fare. Non dormiamo sul risparmio racchiuso sterilmente nei cassetti. Di risparmio sterile si può anche morire. Facciamo impresa, prendiamo iniziative, facciamo leva sui nostri talenti. * * * In questo numero, Economy prova a dare tre spunti umili eppure ambiziosi, in quest’ottica. Il primo è quello raccontato dalla nostra coverstory: le pari opportunità tra i sessi nel mondo del lavoro. Non devono essere viste come una
IL PIL RALLENTA, LA POLITICA È CAOS NON CI RESTA CHE FARE DA NOI concessione maschile al mondo femminile: sono interesse di tutti. Le aziende che accolgono molte donne ai propri vertici rendono meglio. Si aprono ai contributi intellettuali di tutti, e non solo di una metà del mondo. Dovrebbe essere un’ovvietà, ma c’è invece tale e tanta arretratezza in materia - perfino nella pseudo-moderna Silicon Valley - che non bisogna mai smettere di predicarla, quest’ovvietà. Il secondo spunto: far crescere la propria attività anche quando l’economia non cresce. Si può. Gli italiani lo hanno sempre fatto, meglio degli altri. E nell’“altra coverstory” di questo numero spieghiamo come. Infine: Federmanager annuncia una partnership editoriale con la nostra testata che rafforza un rapporto già per noi prezioso e interessante per i nostri lettori. Perché? Perché mai come in quest’epoca di cambiamenti informarsi, e bene, è il presupposto di tutto. E buon lavoro a tutti noi.
LA TUTELA DEI DEBITORI, UNA COSA BUONA FATTA DAL GOVERNO CASINISTA
N
el bailamme degli annunci quotidiani e delle polemiche orarie, si fa fatica a discernere alcune cose buone che il governo Gialloverde sta facendo. Tra queste merita una segnalazione la legge 135 del 14 dicembre che – come sottolineano gli attivisti dell’Associazione Favor debitoris – riequilibra un po’ i rapporti tra creditori e debitori in materia di esecuzioni immobiliari di sfratto. La normativa voluta dal governo Renzi aveva raggiunto vette di severità tracimanti nella crudeltà. Eloquente il caso di una malata terminale di Sla che era stata
sloggiata dalla sua casa molti mesi prima della eventuale vendita della stessa e costretta a separarsi dal figlio 14enne per la legge 119 del 2016 che legittimava la liberazione forzata di un apparamento in ogni caso, “al fine di assicurare una migliore conservazione dell’immobile e una più intensa tutela dell’interesse dei creditori”. Oggi non funziona più così. Il famigerato “caso Bramini” – l’imprenditore brianzolo fallito a causa di 4 milioni di crediti non pagatigli da un’amministrazione pubblica! – non dovrebbe più potersi ripetere. Per cui il debitore può rimanere
nella sua casa sino al decreto di trasferimento. E se l’immobile verrà venduto potrà trovarsi con i tempi necessari un immobile in affitto. Lasciando intanto al custode giuziario il diritto di visita per mostrare il bene ai compratori possibili e di rivolgersi al Giudice delle esecuzioni per sloggiare il debitore, qualora egli non mantenga bene la casa pignorata. La legge 119 era stata voluta dal governo Renzi, teoricamente di sinistra. La legge 135 l’ha fatta l’attuale governo sovranista e populista, ma sostanzialmente casinista. Ma meno male che l’ha fatta. (s.l.)
9
SOMMARIO
Marzo 2019 019
COVER STORY
SESSI, LA PARITÀ CONVIENE
023
IL LUSSO NON SI DECLINA AL MASCHILE
024
QUOTE ROSA SÌ, QUOTE ROSA NO
026
ALIMENTARE IL CIRCOLO VIRTUOSO
027
QUEL SESTO SENSO IN PIÙ
028
LE SOFT SKILL DELLE DONNE
030
LEADERSHE
031
SI COMINCIA DAL WELFARE
032
L’IMPRENDITORIALITÀ FEMMINILE
019
016 ECONOMY&POLITICA QUEI NODI DA SCIOGLIERE PER FAR RIPARTIRE L’ITALIA Dai cantieri al cuneo fiscale, passanto per il codice degli appalti: intervista al presidente di Confindustria Vincenzo Boccia
039
ARRIVARE PER PRIMI
040
041
L’agenzia investigativa tutta al femminile Un’imprenditrice racconta perché ha puntato sulle donne Il programma di banca Monte dei Paschi di Siena La gender equality secondo Danone I premi della Fondazione Marisa Bellisario
048
PRONTI PER LA BREXIT?
050
ABU DHABI CHIAMA ITALIA
052
FEDERMANAGER
LA SCOPERTA DELL’AMERICA
Cosa cambierebbe col no-deal Da Eni alle Pmi, tutti negli Emirati
054
INDUSTRIA 4.0
SPECIALIZZARSI
056
LA SVIZZERA PARTENOPEA
ARTIGIANALITÀ INDUSTRIALE Le soluzioni di Getra
061 FINANZIARE L’IMPRESA
058
L’alternativa al sistema bancario
064
SOVRAINDEBITAMENTO
066
STARTUP
EQUITY CROWDFUNDING
Quella legge che nessuno conosce Le agevolazioni nella legge di bilancio
L’innovazione diventa strategica
La strategia vincente di Icont Il caso di dolciaria Acquaviva
Parla Mariangela Marseglia, country manager di Amazon
Intervista a Fernando Napolitano
CRESCERE SENZA CRESCITA
Due donne manager a confronto
La crisi nasconde delle opportunità
La visione di Chiara Pisa, che guida la gioielleria di famiglia
046 GESTIRE L’IMPRESA
035 L’ALTRA COVERSTORY
Tutti gli indicatori convergono su un punto: se in azienda il board è equilibrato, le performance migliorano
Il robot, il miglior amico dell’uomo Alla scoperta del Cis di Nola
GAMIFICATION
La strategia di imprese e brand
087 WORKSHOP FLOTTE
SCENARIO L’incertezza che rallenta il mercato
042
DIGITALIZZARE UN SETTORE
089
NOLEGGIO A LUNGO TERMINE
044
LA TEMPESTA PERFETTA
090
LOTTA PER LA LEADERSHIP
Gli investimenti di MotorK
Le previsioni di Euler Hermes
10
Quando l’offerta è tailor-made Ecco l’offensiva di Fca
SOMMARIO
Approfondimenti 069 UOMINI&DENARI di Alfonso Ruffo 070
CONSULENTI DEL LAVORO Le sfide dell’occupazione
072 TERRITORIO Taranto riparte dalla sua acciaieria 076
PRIVATE BANKER di Ugo Bertone
077 LIUC Tutti a scuola di supply chain
069 093
COMUNICARE L’IMPRESA
I NUOVI PARADIGMI DEL MARKETING
119 WORKSHOP ENERGIA
La disillusione del digitale
Quando l’operatore “sconfina”
096
A PROVA DI FUTURO
121
ENERGY MANAGEMENT
099
STORY-LEARNING
L’indice che valuta i brand
123
LA SFIDA DEL MERCATO LIBERO
I servizi alle imprese di Alens
DOMANDE & OFFERTE
AFFARI DI FAMIGLIA
Senza tensioni, il business funziona meglio
COSMETICA
L’appuntamento di Cosmoprof
101
NAVIGARE COL DATACENTER
125
RISPARMIO
126
MEDICINA LEGALE
129
COMUNI IN DISSESTO
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ABOCA
La partnership tra Costa e Dell EMC
Il rapporto conta più della performance
Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Marco Scotti, Riccardo Venturi Hanno collaborato Ugo Bertone, Maddalena Bonaccorso, Giuseppe Capriuolo, Giuseppe Corsentino, Giordano Fatali, Giovanni Francavilla, Marco Gemelli, Andrea Marsilio, Franco Oppedisano, Davide Passoni, Vincenzo Petraglia, Paolo Ricci, Alfonso Ruffo, Giancarlo Salemi, Monica Setta, Giuseppe Spatola, Chiara Volonté Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Segreteria di redazione Monia Manzoni Sito web www.economymag.it
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MICROSOFT E LA SUA “AMBIZIONE”
104
RETE UNICA O CONCORRENZA?
106
IL DOMANI DI FINCANTIERI
108
SE L’ARTIGIANO DIVENTA LEADER La parabola del mobilificio Poliform
133
VITA DA MANAGER
Editore incaricato Domenico Marasco
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LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI
MESTIERI PERICOLOSI
Responsabile commerciale Marco Bartolini
112
FUSIONE ALL’ITALIANA
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IL PAESE CHE CRESCE...
Il piano per digitalizzare l’Italia
Il dilemma dei piccoli centri da cablare
Parla il presidente Giampiero Massolo
Il boom del Panificio Menchetti
Lo strano caso di Sipcam Oxon Le news dal mondo produttivo
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STARTUP-TELLING
SOSTENIBILITÀ E PROFITTO
L’analisi di Accenture Italia
117
IL NUOVO CHE AVANZA
Modelli e case histories in breve
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Il danno biologico “fattura” 7 miliardi L’analisi di BFF Banking Group L’impresa diventa Benefit
Il rischio di essere un top manager
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IL PREZZO DELLA FELICITÀ
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Oltre gli 80mila euro la tensione sale
E POI IL PIACERE...
ANDERMATT
Il borgo svizzero salvato dal tycoon
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SPA
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Rigenerarsi a Villa Eden
NÉ SUV NÉ BERLINA
La nuova Mercedes Gla
Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano
Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017
Economy è un marchio registrato da
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Stampa
Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)
COVERSTORY
SARÒ FRANCO
SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CI SIAMO
N
on sembrano esserci dubbi che la Cina in questo momento sia leader indiscusso nelle applicazioni di intelligenza artificiale, davanti anche agli Stati Uniti. La corsa non si fermerà presto, soprattutto dopo che il presidente Xi Jinping ha indicato come obiettivo strategico dei prossimi anni il raggiungimento della leadership nell’economia digitale e perché la guerra commerciale dichiarata da Trump in qualche modo costringe la Cina a costruirsi una seconda area di eccellenza per compensare le conseguenze dei dazi americani sui prodotti manifatturieri oggi prevalenti. A dispetto però di tutto quello che si legge sulle meraviglie dell’intelligenza artificiale, lo sviluppo delle applicazioni risulta piuttosto lento, soprattutto in Europa e in particolare in Italia. Viene il sospetto che ci sia qualcosa che non va, qualcosa di incompiuto e che quindi non si disponga ancora di tutto il ventaglio delle possibilità. Il fascino della tecnologia e le sorprendenti applicazioni iniziali, hanno alimentato continuamente l’ottimismo circa i grandi cambiamenti che ci attendono, ma molto rimane una speranza. Si può osservare per esempio, che per un utilizzo esteso
14 14
dell’AI non ci si può limitare a comandi vocali semplici con risposte preconfezionate. Dal funzionamento dei sistemi di dettatura, al fatto che non disponiamo ancora di un vero sistema di traduzione, significa che c’è ancora molta strada da percorrere. La disponibilità di un vero traduttore universale sarebbe una rivoluzione di importanza forse superiore all’auto elettrica con guida autonoma. Se siamo infatti convinti che il vero progresso dell’umanità stia nell’ apertura dei confini e nell’abbattimento musica, meravigliosa lingua di muri e barriere, ora universale dei sentimenti e provvisoriamente fuori moda, delle emozioni, ma non adatta la barriera più significativa da alla comunicazione razionale. abbattere è forse la barriera Perché questo sogno linguistica tra gli uomini. si realizzi è necessario La possibilità, non solo di che le ricerche di Ray custodire il proprio idioma Kurzweil a Palo Alto sulla originario, ma anche di simulazione al computer del poterlo arricchire con il funzionamento del cervello contributo di tutte le culture umano, dimostrino almeno più ricche del mondo, di essere sulla strada giusta. potrebbe avere Questo tema LA CORSA AL PRIMATO conseguenze del traduttore NON SI FERMERÀ PRESTO: enormi perfetto PERSINO LA CINA L’HA non tanto INDICATO COME OBIETTIVO universale nel banale dovrebbe risparmio degli interpreti e essere oggetto dell’interesse dei tempi di comunicazione, delle grandi fondazioni ma piuttosto nella internazionali, un impiego possibilità di disporre di di denaro certamente più una metalingua digitale che significativo di tante attività unifica e affratella: sarebbe frammentate. il superamento della Torre Credo che pochi lo ricordino, di Babele, uno dei grandi ma di questi temi, tra i primi sogni dell’umanità, solo al mondo, si è discusso molto parzialmente realizzato dalla in Italia alla fine degli anni
cinquanta. In particolare Silvio Ceccato (a sinistra nella foto, ndr), filosofo atipico e osteggiato dall’Accademia, incaricato di filosofia della Scienza all’Università Statale di Milano, fondò nel 1957 il Centro di Cibernetica e Attività Linguistica dell’Università di Milano, dopo aver progettato e costruito AdamoII, un computer umanoide che oggi si direbbe Adamo 2.0. Ceccato produsse, tra le molte opere, alcuni contributi fondamentali per l’epoca per lo studio della possibilità di traduzione automatica e per lo studio della mente. Oltre ad essere laureato in giurisprudenza, Ceccato aveva studiato violoncello e composizione musicale: nei suoi oltre 100 saggi si incontrano innumerevoli anticipazioni sullo sviluppo
di Franco Tatò
ARENATI AI VISIONARI PIONIERI DEGLI ANNI SESSANTA della tecnologia, sul rapporto tra musica e matematica e tra cibernetica ed arte. La mia ammirazione per Ceccato nacque quando lo conobbi, conversatore affascinante e poliedrico, nella sua casa sull’isola di Vulcano dove passava le estati. Lo rividi anni dopo ad un Festival del Cinema di Venezia, attivissimo ed apollineo come sempre, una decina d’anni prima che morisse nel 1997. Un altro protagonista degli spumeggianti anni ‘50
milanesi fu Bruno Maderna (a destra nella foto, ndr), forse il primo iniziatore della musica elettronica. Allievo di Gian Francesco Malipiero e di Herman Scherchen, fu maestro e amico di Luigi Nono. Frequentatore dei corsi estivi di Darmstadt, dove conobbe i principali compositori di musica contemporanea, lui stesso insegnante di composizione dodecafonica della seconda scuola di Vienna, fondò a Milano con Luciano Berio nel 1955 lo Studio di Fonologia
musicale per musica elettronica. Per Primo Maderna, che nel frattempo era diventato uno dei più rinomati direttori d’orchestra internazionali, eseguì nel 1958 una composizione, musica a due dimensioni, per strumenti acustici tradizionali in armonia con suoni elettronici. Nel ‘57 e nel ‘58 presentò le prime composizioni di musica elettronica, quasi contemporaneamente all’Adamo II di Ceccato. Bruno Maderna morì
prematuramente a Darmstadt nel 1973. Pierre Boulez ed Ernesto Donadoni hanno scritto due commoventi composizioni per onorarne la scomparsa. Poco dopo, negli anni ‘60, alla General Electric Information Systems producemmo un disco con l’esecuzione perfetta da computer di un difficilissimo capriccio di Paganini, usando algoritmi dello Studio di Fonologia. Nessuno ha raccolto l’eredità di Ceccato e Maderna. Una storia italiana e non la sola.
IL CORSIVO
QUEI VALORI INTRECCIATI NEL MONDO DEL NON PROFIT di Giuliana Gemelli*
A
ll’inizio
bibliografica è ormai imponente.
al contempo la prospettiva di profitti
del nostro
Jed di fatto ci riporta innovandola
elevati la cui compensazione si trova
secolo
radicalmente attraverso il concetto di
nelle ricadute sociali, ambientali,
ha cominciato a
triple bottom line -articolazione di tre
antropologiche in senso lato. Diverso
diffondersi prima
fattori concomitanti- ad un orizzonte
e meno evidente oltre che ambiguo è
negli Stati Uniti
teorico lontano nel tempo che si colloca
l’effetto dell’impatto di tale approccio
e poi in Europa
prima dell’impatto generalizzato del
nell’universo del business, dove
un concetto - Blended Values, Valori
riduzionismo matematico in cui l’agire
continua a prevalere l’ossessione per
intrecciati - dotato di implicazioni
economica è frutto di una complessità
la misurazione delle performance
pratico operative che riguardano
evolutiva che non tiene conto
economico finanziare. In Italia noi
soprattutto il mondo del non profit
solo delle dimensioni stereotipate
disponiamo di una grande tradizione
ma che si sono estese al mondo
del mercato e dei suoi principi di
che si è nutrita di questi intrecci: il
del business e degli investimenti
misurazione delle performance.
percorso olivettiano nelle imprese,
le cui performances sono valutate
Questo orientamento ha cambiato
nelle istituzioni, nella società, che
sella base della capacità di ogni
profondamente l’orizzonte culturale
molti incensano ma che non sembra
singolo investimento di generare
ed operativo dell’agire filantropico
avere prodotto effetti di fertilizzazione
effetti incrociati e moltiplicatori non
introducendo non solo la problematica
profonda .
solo di tipo finanziario, ma sociale
della sostenibilità ma anche quella
e ambientale. Questo strumento
di una redditività dell’investimento,
concettuale ed operativo si deve
l’idea cioè che il captale investito può
a Jed Emerson la cui produzione
e deve essere garantito, riducendo
Contatti per saperne di più: giuliana.gemelli@unibo.it http://grandegiu.blogspot.it/p/ progetti.html
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GESTIRE L’IMPRESA
BOCCIA: «DAL CUNEO FISCALE ALLE INFRASTRUTTURE, TROPPI NODI DA SCIOGLIERE PER IL GOVERNO MA SENZA INVESTIMENTI L’ITALIA NON RIPARTE» Dopo aver lanciato l’allarme sulla frenata della produzione industriale, il presidente di Confindustria riafferma le linee d’azione da seguire per risollevare il Paese: dalle grandi opere alla trasparenza, dalla formazione tecnica delle nuove generazioni alla riforma del codice degli appalti di Sergio Luciano
DOPO LE PREVISIONI DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULLA CRESCITA DELL’ECONOMIA ITALIANA, VISTA AL +0,2% NEL 2019, E ANCHE DELL’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO, LA PROSPETTIVA APPARE ORMAI INNEGABILE: a condizioni costanti, il +1% preventivato
dalla legge finanziaria è irraggiungibile e occorrerà una manovra-bis. Da tempo la Confindustria aveva anticipato l’allarme, misurando nella frenata della produzione industriale un sintomo inequivocabile del trend. E Vincenzo Boccia, presidente degli industriali italiani, ha ripreso un’iniziativa forte di comunicazione e ormai quasi apostolato in tutte le sedi mediatiche e istituzionali. Per affermare una serie di linee d’azione che riepiloga e approfondisce in quest’intervista a Economy.
Presidente, cosa va fatto e si può fare per risollevare il Pil già da quest’anno? Per assicurare quella crescita che lo stesso governo indica di voler raggiungere non resta che puntare con decisione sugli investimenti pubblici e privati. Da una parte si tratta di aprire tutti i cantieri che aspettano di essere avviati, a partire dalla Tav; dall’altra, di mantenere in vita tutti quei provvedimenti, come l’impianto di Industria 4.0, che nel recente passato hanno invogliato gli imprenditori a innovare accettando la sfida della trasformazione digitale. Senza investimenti non ci può essere crescita e senza crescita non può aumentare l’occupazione mentre il lavoro, soprattutto quello dei giovani, resta l’obiettivo principale al quale dovremmo tendere per superare le disuguaglianze e combattere davvero la povertà. La sola apertura dei cantieri, per fornire un elemento di riflessione,
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genererebbe a regime un incremento del Pil calcolato nell’1 per cento.
Per quanto riguarda le infrastrutture, anche se si sciogliesse l’evidente nodo politico che le ferma, rimarrebbe il problema di un codice degli appalti insensato. Com’è possibile riscrivere norme così complesse liberando la possibilità di costruire senza sciogliere i lacci preventivi contro la corruzione? La corruzione, come insegna lo stesso presidente dell’apposita Autorità Raffaele Cantone, non si contrasta complicando la normativa, ma inserendo dosi sempre maggiori di
&POLITICA
LA SOLA APERTURA DEI CANTIERI GENEREREBBE A REGIME UN INCREMENTO DEL PIL CALCOLATO NELL’1 PER CENTO trasparenza. Trasparenza e semplificazione sono due elementi fondamentali per riscrivere il Codice degli Appalti in chiave non punitiva, ma funzionale al raggiungimento dell’obiettivo che dovrebbe prefiggersi: l’apertura dei cantieri e la realizzazione delle infrastrutture che servono al Paese per conservare e possibilmente aumentare la sua capacità competitiva. L’Italia vanta una posizione geografica vantaggiosa, al centro tra Europa e Mediterraneo, aperta a est e a ovest e avrebbe tutto l’interesse a cogliere i benefici economici e politici di una politica consapevole e ragionevole. Il problema cui il reddito di cittadinanza pretende di porre rimedio esiste: mismatch tra domanda e offerta di lavoro, carenze formative. Cosa si può fare di meglio di quanto prescrive la legge, soprattutto in modalità sussidiaria tra pubblico e privato? Dubitiamo che il mi-
sare una vera e propria politica per il lavoro. smatch tra domanda e offerta di lavoro possa Dobbiamo infatti ricordare che per ogni euro essere superato attraverso gli uffici di collocache oggi va in tasca al lavoratore come netto mento ai quali la riforma del reddito di cittadici sono tasse e contributi per circa il 120%, nanza si affida. Il problema è molto avvertito uno dei rapporti più alti al mondo che penada Confindustria che non a caso, in particolare lizza fortemente le imprese e non avvantaggia attraverso il suo vice presidente al Capitale il lavoratore. Nel Patto suggeriamo che il beumano Gianni Brugnoli, ha messo in evidenneficio del taglio vada tutto al lavoratore che za come nei prossimi anni ci saranno almeno vede così accrescere 300.000 posizioni richieste dalle aziende e «NEI PROSSIMI ANNI CI SARANNO ALMENO il suo potere d’acqui300MILA POSIZIONI LAVORATIVE sto con effetti positivi non servite dal mercato. Una delle soluzioni RICHIESTE DALLE AZIENDE E NON SERVITE sulla domanda. Per ADEGUATAMENTE DAL MERCATO» incoraggiare lo scamè prendere esempio bio virtuoso tra salari dalla Germania e poe produttività chiediamo siano detassati e tenziare gli Istituti Tecnici che da noi formano decontribuiti totalmente i premi di risultato. 8.000 giovani l’anno contro gli 800.000 dell’eE per avviare un grande piano d’inclusione sperienza tedesca. dei giovani nel mondo del lavoro individuiamo l’azzeramento per tre anni del carico conIl cuneo fiscale è il grande desaparecido tributivo e fiscale a favore di quelli assunti a del dibattito sulla politica economica e dei tempo indeterminato. Insomma, gli strumenti redditi del nostro Paese. per venir fuori dall’impasse esistono, sono È proprio così. Nel Patto della Fabbrica fircondivisi dalle parti sociali e sono praticabili. mato con Cgil Cisl e Uil indichiamo nel taglio Occorre avere la lungimiranza di attivarli. al cuneo fiscale uno dei pilastri sui quali ba-
DIALOGO E PRESSING, E L’INDUSTRIA TORNA A CENTROCAMPO Vincenzo Boccia può stare più o meno simpatico, come tutti, ma un merito nel ruolo che svolge oggi glielo riconoscono ormai anche i (pochi) antipatizzanti: ha rimesso a centrocampo la Confindustria, politicamente un po’ logorata negli anni passati. E l’ha fatto scegliendo un mix tutto suo di dialogo e fermezza, anche e soprattutto con governo Gialloverde, che per molte ragioni
ha spiazzato numerosi tra gli interlocutori istituzionali storici delle grandi associazioni di rappresentanza. La recente iniziativa milanese di Confindustria, Connext, è stata una “prima” assoluta di ottima qualità: un grande evento di identità e networking, in cui aziende piccole, medie e grandi di sono incontrate, conosciute meglio e scambiate affari. E la linea – ribadita
anche nell’intervista di questa pagina – di pressing costante ma civile sul governo per gli interventi irrinunciabili è stata nuovamente ribadita. Speriamo sia seguita. (s.l.)
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:
MIND THE (GENDER) GAP: LA PERFORMANCE È FEMMINA
COVERSTORY Esiste un'innegabile distorsione nel mercato del lavoro, che vede le donne in posizioni subordinate e comunque diversamente retribuite rispetto agli uomini. Eppure le eccezioni che raccontiamo in quese pagine non solo non confermano la regola, ma rivelano quanto sarebbe opportuna la parità di genere per il Paese
28 SOFT SKILLS DALL'EMPATIA AL MULTITASKING LA MARCIA IN PIÙ DELLE DONNE
30 LEADERSHE
CONSAPEVOLEZZA E CRESCITA: IL PROGRAMMA DI MPS
32 EMPOWERMENT LE IMPRESE CHE INNOVANO PREMIATE ANCHE DAL MERCATO
Lo dicono le ricerche, i dati lo confermano: quando la gestione è equilibrata tra i generi, i risultati dell'impresa migliorano. Perché le donne hanno un valore aggiunto che può far volare la crescita di Marina Marinetti
P
erché si dice donna manager e non è scivolata dal 41esimo all’82° posto sui 144 uomo manager? Per lo stesso motivo Paesi sotto la lente. E ci ha messo appena due per cui, a parità di ruolo, un uomo anni: l’edizione precedente datava 2015. Pegguadagna mediamente il 12,7% in più rispetto gio di noi in Europa, fanno solo Malta e Cipro. a una donna. Mediamente. Perché nei ruoli apiL’unico primato mondiale che abbiamo è quelcali il divario si dilata fino al 14%. Poco male, lo del numero di donne che si iscrivono all’Udato che comunque il problema è circoscritto: niversità: 136 ogni 100 ragazzi (maschi). Con in Italia è donna solo un manager su cinque il 17,4% delle femmine che si laureano, contro (in Europa una su tre, il 12,7% dei maschi. La secondo Eurostat) e IL TASSO DI ATTIVITÀ FEMMINILE IN ITALIA lode? È femmina pure È AL 55,9%, TRA I PIÙ BASSI D'EUROPA. comunque il settore quella, come il 60% di PORTANDOLO AL 60% IL PIL CRESCEREBBE trainante del Pil, l’inchi la conquista. Il vero AUTOMATICAMENTE DEL 7% dustria, è saldamente gap, evidentemente, è in mano agli uomini, con l’87,4% dei manager. culturale. Sarà che il tasso di attività femminile in Italia Eppure una società fondata sulla parità di geè tra i più bassi in Europa, 55,9% nel 2017 nere è una società più ricca. Non ce lo siamo sul totale delle donne tra i 15 e i 64 anni. Solo inventati noi: secondo l’agenzia Eurofound la Macedonia con il 51,7% e la Turchia con il sottoutilizzare il capitale umano femminile co37,5% fanno peggio di noi. Mind the gap. The sta all’Italia qualcosa come 88 miliardi di euro gender gap, per la precisione: nel rapporto anogni anno. Ed è il McKinsey Global Institute a nuale 2017 del World Economic Forum, l’Italia dire che, se nel mondo le donne avessero pari
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COVERSTORY
GENDER
BALANCE LE IMPRESE CON LE DONNE
NEL BOARD HANNO
PERFORMANCE
MIGLIORI BILANCIAMENTO OTTIMALE
TRA IL 40% E IL 60%
UOMINI E DONNE
8% EMPLOYEE RETENTION+8% MARGINE
OPERATIVO+
FIDELIZZAZIONE
9%CLIENTE
+
SICUREZZA
12%
SUL LAVORO +
14%ENGAGEMENT
+
COLLABORATORI
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RENATA TEBALDI, FEDERMANAGER
COSTRUIAMO STRATEGIE IN UN'OTTICA DI LUNGO TERMINE
accesso degli uomini nel lavoro e nella società, manager in una recente ricerca effettuata da il Pil globale crescerebbe del 26%. Il che ci inG&G Associated dall’evocativo titolo “L’altra diteressa relativamente. A noi interessa quello mensione del management” - e sono sempre di italiano, che segnerebbe un +15%, sempre sepiù gli studi che dimostrano l’efficacia degli sticondo McKinsey. Ma potremmo anche acconli di leadership al femminile e polimorfici, che tentarci di un “misero” (si fa per dire) 7%: quelsembra siano più adatti a gestire alcuni grandi lo che la Banca d’Italia stima si toccherebbe fenomeni che investono i mercati mondiali: la alzando di un pelino il tasso di attività femmicrescita del potere d’acquisto femminile, l’imnile portandolo dal 55,9 al 60%. Una maggiore patto dirompente di Internet sui modelli di bupartecipazione femminile al mondo del lavoro siness, lo spostamento del potere economico e imprenditoriale potrebbe rappresentare, per da Ovest a Est, il cambiamento nei ruoli e negli il nostro Paese, un fattore strategico di svilupatteggiamenti degli uomini verso il lavoro, la po e di trasformazione economica e sociale. Un vita familiare e i consumi». E se lo dice Federpiccolo passo per le italiane, un grande passo manager... Ma poi, quali sono queste soft skills? per il Pil. «Più donne nel mercato del lavoro Determinazione, intuito, laboriosità e tenacia. significa più produttività per le imprese e più E poi multitasking, visione, intuito e dinamitenuta del patto sociale», spiega il Presidente smo. E ancora: creatività, innovazione e capaFedermanager, Stefano Cuzzilla: «Le aziende cità di ascolto. Per non parlare del clima azienche hanno adottato una leadership mista spedale che, assicura Federmanager, con le donne rimentano maggiore al vertice diventa più competitività e inno- LA LEADERSHIP FEMMINILE NON È MAI armonico. Perché la IMPOSITIVA, MA È PARTECIPATIVA: vano di più. Per questo leadership femminile LE DONNE COINVOLGONO L'ANTI-LEADER sostenere le donne nel non è mai impositiCOME PARTE DEL GRUPPO ATTIVO loro percorso di carva: è partecipativa. Le riera per noi è una priorità: fa bene al sistema donne coinvolgono anche l'immancabile animpresa e al sistema Paese». ti-leader, facendolo emergere come parte del gruppo attivo. «La cura verso la persona, le Le soft skills capacità relazionali, il coinvolgimento del team Il valore aggiunto delle donne è quello delle nel raggiungimento degli obiettivi sono tratti cosiddette soft skills. Che, addirittura, rendedistintivi delle donne manager», sottolinea Rerebbero le donne più adatte degli uomini ad ocnata Tebaldi, coordinatrice del Gruppo Minercupare posizioni apicali. «È sempre più diffusa va, che rappresenta le donne quadri o dirigenti la percezione della scarsa adeguatezza di una o quadri in Federmanager: «A queste doti, leadership dai forti tratti maschili nel gestire che sono comune anche agli uomini ma certal’attuale scenario di mercato - sottolinea Federmente più spiccate nell’universo femminile, si
DONNE AL VOLANO
aggiunge la capacità di anticipare il problema prima che si verifichi. Così, nell’ottica a lungo termine, costruiamo strategie che in molti casi evitano le crisi e migliorano le performance aziendali». Non solo: le donne rinnovano se stesse e anche il business: «Sempre di più incontriamo persone che hanno trasformato le difficoltà incontrate in un progetto di impresa», spiega Valentina Parenti, cofounder di Gamma Donna, che ogni anno premia le imprenditrici più virtuose: «Compagne, moglie e madri che hanno saputo fare delle proprie esperienze di vita, a volte anche difficili, un punto di forza, avviando un’attività imprenditoriale volta ad aiutare altre persone con le stesse difficoltà o a migliorarne la qualità della vita. Ma è innegabile che ci siano ancora gap da colmare in tema di disparità di genere: occorre spingere in termini culturali sul tema dell’imprenditoria».
Donne al volano
Le performance delle imprese guidate dalle donne sono migliori di quelle guidate dagli uomini. Ce lo ripetono tutti da anni. Credit Suisse, col suo Cs Gender 3000, sottolinea che le società che hanno un top management al femminile hanno le performance migliori: l’ultima survey, relativa al triennio 2013/2016, ha evidenziato un tasso di crescita annuale composto del 2,8% per le aziende con almeno un quarto del board composto da donne. Ma il Cagrs sale al 4,7% se la presenza femminile al vertice è di almeno un terzo. E se a comandare sono le donne, con oltre metà del board? Il Cagr arriva al 10,3%. Eppure, nello stesso periodo, l’indice Msci acwi, l’indice gòobale dei mercati azionari calava dell’1% ogni anno. Se poi il ceo è donna, secondo Credit Suisse il roe più alto del 19% rispetto alla media. E anche il dividendo: del 9%. Non vi basta? Allora date un’occhiata allo studio sul gender balance che ogni anno Sodexo (di cui il ceo per il Nord America, Lorna Donatone, non a caso è donna) si premura di aggiornare. L’ultima edizione, nel 2018, conferma che il bilanciamento ottimale nel board è compreso tra il 40 e il 60% di presenza tra uomini e donne. Ottimale non per una questione di principio, ma per il mero interesse degli
azionisti. Perché il board bilanciato incrementa il margine operativo dell’8%, la stabilità dei collaboratori dell’8%, la fedeltà del cliente del 9%, e persino la sicurezza nell’ambiente di lavoro, del 12% per l’esattezza. «Le imprese femminili spesso dimostrano di avere davvero una marcia in più», conferma Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario: «Sono dinamiche, e propense a intraprendere strade nuove, rischiando con idee innovative ma sempre attente alla sopravvivenza dell’azienda. Rischio calcolato, quindi, proprio come spesso facciamo noi donne in tutte le “imprese” della vita».
Differenze strategiche
Diversi nel genere, diversi nel business. «Le imprese guidate da donne spesso fanno leva su strategie di innovazione, sostenibilità, cura del brand», sottolinea Golfo. «E le imprenditrici mostrano sempre grande attenzione all’export e al marketing». I dati lo confermano: saranno anche solo una su cinque (il 21,9%, per i feticisti delle percentuali) quelle censite dall’Osservatorio per l’imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere, ma si fanno notare. È non è questione di vanità muliebre: le imprese a conduzione femminile fanno leva su strategie non price e mostrano una maggiore propensione all’export: su 50mila imprese manufatturiere analizzate, il 54,4% delle 6.500 condotte da donne sono esportatori, contro il 48,8% di quelle a conduzione maschile. A sottolinearlo è il Centro Studi di Intesa Sanpaolo.
VALENTINA PARENTI, GAMMADONNA
Che poi è l’unica azienda italiana inserita nell’indice 2018 Bloomberg Gender-Equality Index che valuta l’impegno e le azioni delle principali società quotate a livello globale, nonché, nella Equileap Gender Equality Global Ranking, classifica delle Top 200 società per gender equality, in 64ma posizione su oltre 3.000 società quotate di 23 Paesi. A proposito di Equileap Global Gender eccetera eccetera: lo scorso anno l’8 marzo (vi ricorda qualcosa questa data?) Ubs Wealth Management ha pensato bene di lanciare il primo Etf sulla Gender Equality quotato alla Borsa Italiana, che investe su 100 società leader a livello mondiale selezionate in base ai 19 criteri promossi dalle Nazioni Unite per la sostenibilità della diversità di genere, tra cui parità retributiva, conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, equilibrio di genere, responsabilità sociale e politiche di sostenibilità. Proprio perché le imprese guidate da donne hanno i rendimenti migliori.
Una specie protetta
Per vedere un po’ più di donne nei board delle società quotate e pubbliche c’è voluta addirittura una legge: la 120 del 2011, meglio conosciuta come legge Golfo-Mosca. «La legge che porta il mio nome», spiega a Economy Lella Golfo, «aveva una motivazione culturale di base: quella di consentire alle donne inserite nei Cda di favorire a loro volta nelle aziende la creazione di servizi per le donne. Asili aziendali, agevolazioni: non era una legge che mirava alla rappresentanza in quanto tale, ma a un vero e proprio cambiamento sociale. I dati,
LE DONNE SANNO TRASFORMARE LE DIFFICOLTÀ IN PROGETTI D'IMPRESA 21
COVERSTORY
La diversità di genere fa la perfomance in Borsa
PAPÀ IN CONGEDO
L'indice della diversità di genere cresce più dell'MSCI World 200
Valori base 100
175 150 125 100 75 2014
2015
2016
Solactive Equileap Global Gender Equality 100 Leaders
2017
2018
MSCI Wolrld
peraltro, confermano che le donne nei Cda quasi sempre è un uomo». Così il Dipartimento sono mediamente più giovani e più istruite dei della Presidenza del Consiglio dei ministri per colleghi uomini». E infatti, a partire dal 2011, le Pari Opportunità, la Consob e la Banca d’Ila percentuale di donne nelle società quotate, talia hanno istituito un Osservatorio inter-istiassicura la Consob, è passata dal 6% nel 2010 tuzionale sulla partecipazione femminile negli al 33,5% (con punte organi di amministradel 37%) nel 2018. E LE IMPRESE GUIDATE DA DONNE FANNO zione e controllo delle LEVA SU STRATEGIE NON-PRICE COME nelle società controlsocietà italiane, operaEXPORT, INNOVAZIONE, SOSTENIBILITÀ late da Pubbliche Amtivo dal primo gennaio MARKETING E CURA DEL BRAND ministrazioni le donne 2019, che resterà in visono passate dal 17,5% nel 2014 al 30,9% nel gore cinque anni, appunto. Chissà se nel 2023, 2017 (questa volta la fonte è il Dipartimento quando la legge Golfo-Mosca cesserà di essere per le Pari Opportunità e dobbiamo acconin vigore, il cambiamento culturale nel mondo tentarci di un dato meno aggiornato). Peccato dell’impresa sarà finalmente compiuto. che in realtà solo il 15% delle donne abbiano (ha collaborato Maddalena Bonaccorso) ruoli di executive all’interno dei cda in cui sono presenti, mentre le donne presidenti sono appena il 7%. Qualcosa non sta funzionando come dovrebbe. E non è tutto. A mettere il dito nella piaga, la presidente dell’Associazione imprenditrici donne dirigenti di azienda (Aidda), Maria Claudia Torlasco, intervenuta alla tavola rotonda di inizio gennaio per fare il punto delle legge a otto anni dell'entrata in vigore: «Nel 2018 le donne nei Cda stanno diminuendo in quanto molti consigli di amministrazione si sono modificati in questi ultimi anni e hanno preferito avere, al posto di un organo collegiaLELLA GOLFO, FONDAZIONE MARISA BELLISARIO le come un Cda, un amministratore unico, che
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A gettare la spugna dopo la nascita del primo figlio, secondo una ricerca di Manageritalia, è il 27,1% delle donne. Il problema è il rientro dal congedo di maternità: se il 59% dei manager dopo un’assenza di sei mesi parla di difficoltà prodotte da chi è rimasto in azienda e ha operato in modo tale da favorire la loro perdita di influenza e di ruolo. E il 23% ha denunciato fenomeni di mobbing. Il congedo parentale è un tema spinoso, perché pone le basi per una discriminazione di genere attribuendo “per legge” il carico familiare alla donna. Che partorisce e (non sempre) allatta, ma non per questo va allontanata a forza. Un onesto tentativo l’Ue l’aveva anche fatto, con la direttiva 2010/18/EU, estendendo la durata del congedo a quattro mesi per ciascun genitore. Peccato che sia rimasta lettera morta e ogni paese faccia un po’ come gli pare. Così si va dai 490 giorni della virtuosa Svezia (ma ognuno dei genitori deve obbligatoriamente farne 60), che prevede addirittura un bonus fiscale se utilizzato in pari quota da madre e padre, ai 12 mesi (purché usufruiti da entrambi i genitori) dell’Italia... retribuiti però al 30%. Indovinate dove si fanno più figli? E scommettiamo che, se fosse reso obbligatorio anche agli uomini, il problema cesserebbe di esistere?
LE DONNE NEI CDA SONO MEDIAMENTE PIÙ ISTRUITE DEI COLLEGHI UOMINI
DONNE AL VOLANO
CHIARA PISA, A.D. DI PISA OROLOGERIA
Ormai neppure il lusso va declinato al maschile
gradualmente in azienda - prosegue -, seguendo i vari reparti che la compongono, affiancando una formazione di prodotto sul campo. Ho sempre potuto contare su mia madre, tuttora presente, e su collaboratori storici, affermati Chiara Pisa è alla guida dell'orologeria che vanta la boutique Patek nel panorama dell’orologeria italiana e interPhilippe più grande d'Europa. Un business in cui le donne di famiglia nazionale». sono riuscite a imporre la loro visione andando oltre gli schemi Di sicuro, comunque, la presenza di donne ai vertici di imprese che operano nel settore del di Davide Passoni lusso non è più una rarità. «Oggi devo dire che hi nasce e cresce in una famiglia che gestire un’eredità impegnativa. «Per mia madre è cambiata molto la situazione, anche in Italia: già opera in un settore, spesso tende e mia zia, alla guida di Pisa Orologeria negli Anni mi trovo quasi quotidianamente a confrontara fare propria la passione dei genitori ’70 - ricorda Chiara Pisa -, imporre la loro visiomi con donne al timone di aziende importanti e a farne il proprio mestiere. Sicuramente quene e guadagnarsi una posizione di spicco in un e appartenenti a qualsiasi settore. Essere alla sto è di grande aiuto: il nostro lavoro è fatto di settore totalmente maschile non è stato affatto guida di un’impresa significa soprattutto avequotidianità, di rapporti prima interpersonali facile. Personalmente sono arrivata alla guida re una grande passione, la quale esula dall’età che commerciali, con i clienti e con i collaboradell’azienda in un’epoca diversa, nel 2012. Ero anagrafica ma si alimenta nella quotidianità, tori». A parlare è Chiara Pisa, 38 anni, Amminicomunque molto giorespirando e vivenPISA OROLOGERIA È UNA REALTÀ stratore Delegato di Pisa Orologeria di Milano. vane, ma pronta a pordo questo mondo, CHE FATTURA 70 MILIONI DI EURO Terza generazione di una famiglia che, nel catare nuova linfa in una giorno dopo giorno». L'ANNO GRAZIE A UN ASSORTIMENTO DI MARCHI UNICO IN ITALIA poluogo lombardo, è sinonimo di Alta Orolorealtà che stava rapidaUna visione che spingeria fin dalla prima metà del ‘900, Chiara Pisa mente evolvendo. Erage Chiara Pisa a dare guida oggi un’azienda che ha chiuso il 2017 con no i primi anni del nostro cambiamento, dove consigli alle giovani donne che aspirano alla quasi 70 milioni di euro di fatturato (+17,5% bisognava azzardare e guardare al di là della carriera imprenditoriale: «Saper ascoltare chi sull’anno precedente), può vantare, tra le altre, singola boutique, quindi la diffidenza e i pregiuci circonda, voler azzardare e guardare oltre la boutique Patek Philippe più grande d’Europa dizi sono sicuramente venuti meno». gli schemi, sia per proporre al mercato quale un flagship store che offre un assortimento di Pregiudizi che spesso si acuiscono quando, cosa di nuovo sia per vivere la quotidianità del marchi unico in Italia. come in tutte le aziende familiari, si pone il lavoro come una sfida. Viceversa, chiudere gli Un’impresa familiare con una dimensione quasi problema del passaggio generazionale con il orizzonti imprenditoriali, la mancanza di stida grande azienda, guidata da una donna la quatrasferimento di deleghe e poteri a una donmoli e di lungimiranza non mi avrebbero conle ha raccolto il testimone dalla madre Maristelna, magari molto giovane. In Pisa Orologeria le sentito di proseguire il lavoro di mia madre e la, oggi Presidente, che a suo tempo si trovò a cose sono andate diversamente. «Sono entrata di mio nonno».
C
«
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COVERSTORY
QUOTE ROSA SÌ... Graziella Gavezotti, da trent'anni ai vertici di Edenred
SULLE QUOTE ROSA NEI CDA SERVE UN MECCANISMO SANZIONATORIO EFFICACE HO LA FORTUNA DI AVERE CARICHE SIA IN
i consiglieri. E questo si è tradotto in risultati con-
che secondo me può essere vincente. In primo
permettono di raggiungere una certa parità tra
In Francia, quindi, qualcosa si è mosso. E in Italia?
sonale deve presentare almeno il 50% di donne
le norme diventano soltanto delle tiepide moral
redatto la sua legge con le migliori intenzioni
FRANCIA CHE IN ITALIA. le posso dire con assoluta certezza che non sono solo le leggi che uomo e donna, ma il meccanismo sanzionato-
creti: alla fine del 2017, nell’ambito delle società quotate, le donne nei cda erano il 46%.
rio che si appoggia su di esse. Senza “punizioni”
Conosco personalmente Lella Golfo e so che ha
ziella Gavezotti parla con la consapevolezza che
nismo sanzionatorio. Però, non voglio guardare
suasion che non portano da nessuna parte». Grala lunga carriera ai vertici di una multinazionale
le ha dato. Da oltre 30 anni occupa posizioni api-
cali in Edenred, la società che deve la sua fortuna
alla creazione dei Ticket Restaurant e in cui la
Gavezotti è cresciuta fino a diventare, dal 2012, presidente per l’Italia e COO per tutta l’area del
Mediterraneo. Inoltre, siede nel consiglio di amministrazione della stessa Edenred e di Vinci, colosso francese delle costruzioni con un fatturato da oltre 40 miliardi di euro.
Gavezotti, lei è la prova che forse la questione femminile non è così urgente come si pensa? Al contrario: sono certa che senza un meccanismo legislativo complesso che costringa a incrementa-
re la presenza femminile in azienda, non si andrà da nessuna parte. In Francia hanno dato sei anni
alle aziende per adeguarsi, poi la reprimenda era
molto semplice: scioglimento del consiglio di amministrazione e blocco dei gettoni di presenza per
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del mondo. Ma manca completamente il mecca-
il bicchiere sempre mezzo vuoto: è vero che dal punto di vista quantitativo non abbiamo raggiun-
to i risultati sperati, ma oggi la figura femminile,
anche al vertice, non è più vista come una sorta di “alieno”. Vuol dire che dal punto di vista qualitativo qualcosa si muove.
In azienda lei favorisce le donne?
Sì e no. Da un lato sono più attenta alla possibilità
di assumerne una, dall’altro sono molto più esi-
gente perché so bene che ogni donna deve lavo-
rare più duramente di un uomo per raggiungere
gli stessi obiettivi. Però sì, cerco di garantire l’ingresso di nuove donne in azienda. Tra novembre
e dicembre avevo cinque posizioni aperte per il
comitato di direzione. Ho assunto quattro donne e sono molto soddisfatta della mia scelta. Si tratta
di persone intorno ai 40 anni che hanno saputo mostrare grandi capacità di leadership.
E come si affronta un problema enorme come questo?
Il nostro presidente ha messo una serie di regole
luogo, ogni tre assunzioni ci deve essere almeno una donna. Poi: ogni società di selezione del perper le candidature. Terzo: ad ogni promozione di
un dirigente deve essere presentata un’opzione maschile e una femminile. L’obiettivo che voglia-
mo raggiungere è che, entro il 2021, almeno il
20% delle posizioni executive siano rappresentate dalle donne.
Che ruolo giocano le donne per le donne?
Un ruolo fondamentale. È necessario sodalizzare,
aiutarsi a vicenda, sostenersi e consigliarsi. Se si crea questo circolo virtuoso, si cambiano veramente le cose in profondità.
È tempo di un presidente donna in Italia?
Su questo dobbiamo intenderci. Non necessariamente le cariche politiche in un paese date alle
donne sono lo specchio della considerazione femminile. In India, in Bangladesh, in alcuni paesi
del’Africa ci sono dei presidenti donna, ma non li prenderei a esempio di una corretta modalità di trattare la popolazione femminile. Invece, di
fronte a figure come Theresa May e Angela Merkel possiamo solo toglierci il cappello, perché le vedo più determinate e concilianti di quanto non
possano essere gli uomini. Ma poi, la verità è una sola: alle donne interessano le cariche nel privato,
perché nel pubblico rischiano di essere solo voli di rondine.
DONNE AL VOLANO
...QUOTE ROSA NO Marta Ghiglioni, direttore generale di ItaliaFintech
IL VALORE DELLE DONNE DEVE EMERGERE SENZA OBBLIGHI DI FONDO HO SEMPRE AVUTO UN GRANDE AMORE PER
sone molto più timorose, sembra quasi che ab-
e i nuovi player. È tutta una questione di parole,
mio sogno era unire la passione per la tecnolo-
Mica tanto. Durante un convegno recente si
Perché la chiamiamo finanza alternativa? Sem-
gli Usa per la Singularity University, l’Universi-
in questo momento rappresento delle società
LA TECNOLOGIA, AL LICEO MI PIACEVA DA
biano paura di fare un passo troppo avventato.
MORIRE PROGRAMMARE. Poi ho capito che il
Nel complesso tutto normale?
legale”. Nel 2016, a 23 anni, sono partita per
ho provato a rispondere a tono, anche perché
gia alla giurisprudenza, una sorta di “ingegneria tà della Nasa, a 24 mi sono sposata nel Museo della Scienza e della Tecnica di Milano». Basta
scambiare due chiacchiere con Marta Ghiglioni
per capire che si è di fronte a una persona par-
ticolare. Classe 1993, è il direttore generale di ItaliaFintech, l’associazione che racchiude le principali startup e aziende operanti nel settore del fintech.
Ghiglioni, che cosa ci fa una donna al timone di un’associazione come ItaliaFintech? È forse il segno che i tempi stanno cambiando? Quando ho iniziato a fare i colloqui per il ruolo che ricopro ho detto chiaramente “state per
assumere una donna under 25”. È andata bene,
non hanno avuto paura di assumere una persona con queste caratteristiche.
Però davvero non ha mai trovato problemi nell’essere donna e, per di più, così giovane? Ho avuto esperienze molto variegate. Da una
parte molti mi hanno chiesto se mi fossi mai “concessa” per arrivare dove sono. Dall’altra, va
detto che il movimento Me Too ha reso le per-
sono rivolti a me chiamandomi “la ragazza”. Io quando entro in una stanza. Va benissimo un tono più informale, ma “la ragazza”… Sono una professionista!
Quindi come se ne esce?
In primo luogo, assumendo più donne. Sembra
a volte, che però creano confusione.
Ad esempio?
bra qualcosa di bizzarro e quasi un po’ “torbido”. In realtà il nome corretto sarebbe complemen-
tare, nel senso che, pur avendo tutte le neces-
sarie autorizzazioni della Consob, si pone in un rapporto di discontinuità con le banche tradizionali.
Vorrà mica dare la colpa anche lei ai giornalisti che non sanno spiegare le cose?
una banalità, ma è indubbio che solo così si pos-
Per niente, è nostro compito, di associazioni
Non troppo, penso che il valore di una donna
accessibile a tutti, non soltanto ai giovani nativi
sono cambiare le cose…
Favorevole alle quote rosa?
debba emergere senza che vi siano obblighi di
fondo. Ho sentito di team che assumono solo
donne e che finiscono per essere odiate. Però
come ItaliaFintech, quello di riuscire a tradurre la tecnologia per renderla quanto più possibile digitali.
Un’ultima domanda: che cosa vuole fare “da grande”?
è anche vero che noi donne siamo molto più
Qualche anno fa ci pensavo con ansia. Oggi in-
cambieranno, ne sono certa.
Non mi sento di escludere nulla, nemmeno un’e-
“grate”, abbiamo sempre paura di farci valere,
magari per chiedere un aumento. Ma le cose
Torniamo a lei: si può, in estrema sintesi, dire che si è inventata una professione?
I miei genitori non hanno dormito di notte, adesso sono più tranquilli. Il mondo della tecno-
logia sta andando avanti da solo, ma la difficoltà
di spiegarsi e raccontarsi rischia di creare una scollatura tra chi era abituato al vecchio sistema
vece mi sono resa conto che ho iniziato a vivere molto meglio quando ho smesso di pensarci. sperienza all’estero.
Dobbiamo aspettarci un altro cervello in fuga? Non sarebbe una fuga, sono convinta che per
migliorare le cose è necessario uscire per un
certo periodo dai nostri confini. L’Italia ha una capacità impressionante di portarti a terra e tenerti giù.
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COVERSTORY
Il circolo virtuoso si alimenta grazie alle donne visibili Mariangela Marseglia, numero uno di Amazon in Italia e Spagna, racconta perché uomini e donne non sono uguali e perché le manager cambieranno il mondo. A patto di fare il giusto percorso di studi di Marco Scotti «PERCHÉ BISOGNA FAR FINTA CHE UOMINI E DONNE SIANO UGUALI? È una bugia: dal pun-
to di vista dell’approccio alla professione, la popolazione femminile possiede sicuramente un’intelligenza emotiva superiore, una capacità di flessibilità e adattamento superiore agli uomini». Mariangela Marseglia è una pugliese determinata che dal 25 giugno dello scorso anno è a capo delle branch italiana e spagnola di Amazon. Un incarico di grande rilievo che non ha rappresentato un ostacolo per la sua figura di donna e di mamma. Tanto che da sette mesi nella sua vita è arrivato Leonardo, il figlio che rappresenta un sommesso sottofondo anche durante la nostra intervista.
Marseglia, ci racconta com’è arrivata al timone di Amazon? Ho una laurea in economia aziendale, ho lavorato in consulenza e l’ultimo impiego prima di questo è stato come direttore marketing nel mondo del commercio più tradizionale. Ho avuto la fortuna di essere impiegata in multinazionali dinamiche che mi hanno fatto viaggiare moltissimo. Quando mi ha chiamato il cacciatore di teste, nel 2010, Amazon non esisteva ancora in Italia. Era una grande sfida che ho deciso di cogliere al volo, mettendomi in gioco. Il fatto di essere donna ha in qualche modo influenzato la sua carriera? Sono stata fortunata e devo dire che non ho mai avvertito questo tema come un problema. Ma è indubbio che esista una “questione
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MARIANGELA MARSEGLIA, COUNTRY MANAGER DI AMAZON ITALIA
donna” e che vada risolta quanto prima. Ho te problematico per chi voglia fare carriera. notato ad esempio che le donne che riescono Ora questa tendenza si sta iniziando a vedere a emergere sono quelle che sanno mettersi in anche in Italia, ma bisogna convincere le radiscussione più facilmente, non hanno paura gazze a dedicarsi alle discipline STEM, ovvero di reinventarsi e sono meno spaventate dai quelle scientifiche. cambiamenti. Però è inutile far finta di niente: Voi come Amazon avete lanciato una borsa le differenze tra uomini e donne esistono e, se di studio devo dire la verità, mi sembra che le donne abSì, si tratta di un’iniziativa che abbiamo lanciabiano una maggiore intelligenza emotiva. to lo scorso anno con i Politecnici di Milano e Qualcuno dirà che così facendo sta impliciTorino: offriamo borse di studio da 6.000 euro tamente favorendo le donne all’anno per le ragazze che vogliono iscriversi a Anche in questo caso è bene essere chiari: è ingegneria matematica o informatica. In queimportantissimo che si siano delle donne visisto modo, iniziamo a renderle discipline più bili, come nel mio caso, che occupano posizioni “femminili”. Ma è un lavoro lungo che va fatto apicali. Ed è altrettanto naturale che esista un partendo dalle origini. unconscious bias, una sorta di stortura inconUn lavoro che dovrebbe fare il settore pubscia, che spinge le persone ad assumerne altre blico? dello stesso sesso. Tradotto: una donna manaChiunque potrebbe farlo, e il settore pubblico ger sarà più propensa non fa eccezione. Non «È IMPORTANTE CHE CI SIANO DONNE a far entrare in azienstiamo parlando di IN POSIZIONI APICALI. COSÌ SI PUÒ CREARE da altre donne, creanassistenzialismo spicUN CIRCOLO VIRTUOSO CHE CONSENTE do un circolo virtuoso. AD ALTRE DONNE DI ENTRARE IN AZIENDA» ciolo, ma di azioni di Lei però lavora nel sostegno per le donne tech, un comparto che non sembra avere che permetterebbero di generare benefici per problemi a dar credito alle donne la collettività. Questa è un po’ una casualità: quello che succeChe giudizio dà della Legge Golfo-Mosca e, de negli Usa è che c’è una competizione molto più in generale, delle quote rosa? agguerrita per il talento, femminile o maschile Sono provvedimenti utili perché riconoscono che sia. La competizione porta a una selezione la presenza di un problema. Quando poi avrandelle risorse migliori, il che significa, nel caso no raggiunto lo scopo di una maggiore parità delle donne, saperle anche “coccolare” garandi genere, allora diventeranno ridondanti. E tendo loro flessibilità e disponibilità in caso di non avremo più neanche bisogno di premi dematernità, l’evento che rimane potenzialmendicati alle donne…
DONNE AL VOLANO
si respira la diffidenza, specie da parte degli uomini. Ce ne accorgiamo dal linguaggio del colpo. E non c’è solo lo scoglio di essere donne, ma anche di essere elativamente giovani: io ho 37 anni, mia sorella ne ha 34. Arrivano persone più agèe che si prendendono subito un’eccessiva confidenza. E non parliamo di sosa succede se sei anche carina.... Insomma, si deve sempre fare quello sforzo in più per far riconoscere la nostra competenza». Anche se poi, l’essere sottovalutate in realtà è un vantaggio competitivo: «Lo verifichiamo spesso, specie nelle indagini sulla concorrenza sleale e sulla violazione dei patti di non concorrenza», conferma l’imprenditrice: «Le SIMONA (A SINISTRA) E VALENTINA TARRICONE donne sono insospettabili, gli uomini spesso si vantano delle loro azioni e magari ci provano pure». Per non parlare della facilità di accesso a situazioni off limits: «Il servizio sicurezza di solito blocca l’uomo, ma non donna, non solo alle feste, ma anche ai convegni blindati. Basta dire: “Guardi, scusi, devo lavorare”. Non ci vieÈ tutta (o quasi) al femminile l'agenzia investigativa fondata da Simona ne mai detto di no». e Valentina Tarricone. Che fa leva sulla tendenza a prendere sottogamba Sul campo, le investigatrici di Firstnet non si il gentil sesso. Così le informazioni si raccolgono senza dare nell'occhio pongono limiti: «Ci travestiamo e montiamo microcamere nei posti più disparati. E non di Marina Marinetti veniamo mai smascherate, a meno che sia il i sono cose che solo le donne posaperto una delle primissime agenzie investigacliente stesso a lasciarsi sfuggire di averci afsono fare. Convincere un buttafuori tive private in Italia, a Bari. «In casa abbiamo fidato l’incarico». I casi più delicati? «Le infea chiudere un occhio e farle entrare sempre respirato il clima dell’indagine, del deltà coniugali. Dobbiamo far soffrire il cliente a una festa senza invito, per esempio. Oppupedinamento, dell’analisi», racconta, Valentina il meno possibile, ascoltare senza giudicare. re estorcere un’informazione passando per Tarricone. Tra i clienti figurano aziende come Individuamo la squadra migliore, facciamo un svampite. Chiedetelo a Valentina Tarricone, Boiron, Eutelsat, Les Mills, Getrag, oltre a nusopralluogo in tutti i posti di interesse e poi che con la sorella Simona nel 2014 ha messo merose famiglie privadiamo il via al monito«LE DONNE SONO PERFETTE PER in piedi Firstnet, agenzia investigativa autote. La scelta di mettere raggio della persona, QUESTO RUOLO: HANNO ISTINTO, rizzata ex art. 134 del Testo unico delle leggi in piedi un team al per produrre il dossier CURIOSITÀ, ATTENZIONE AI DETTAGLI. di pubblica sicurezza con sedi a Milano e Bari, femminile? Una quefotografico e video, che E NON DANNO NULLA PER SCONTATO» Regno Unito e Marocco. Un’agenzia tutta (o stione di skill: «Le donha valore legale in fase quasi) al femminile: 10 donne dai 27 ai 40 ne hanno caratteristiche perfette per quasto di giudizio, così come le testimonianze dei noanni (e una manciata di ragazzi), tra le prime mestiere», spiega Valentina Tarricone – Innanstri agenti». E niente è come sembra: «Le cose 40 aziende della Women Value Company prezitutto hanno un istinto sviluppatissimo, poi non stanno mai come te le racconta il cliente. miate dalla Fondazione Marisa Bellisario. Assono curiose, attente ai dettagli, sono capaci di Neppure l’amante è mai quella giusta. In un senteismo, concorrenza sleale, contraffazione ascoltare e non si fermano mai all’apparanza: caso da Milano siamo arrivate a Venezia per marchi, infedeltà, rintraccio eredi, indagini pavanno a fondo della cose ricollegando espeun rocambolesco pedinamento degno di una trimoniali sono il loro pane quotidiano. C’è da rienze tra le più disparate. La donna ragiona in spy story, tra calli, canali, vaporetti e nebbia, dire che le sorelle Tarricone sono figlie d’arte: modo diverso, più complesso, non dà mai nulla per scoprire che la donna che pedinavamo di il padre, Aldo Tarricone, ex ufficiale dell’Arma per scontato». amanti ne aveva più d’uno e ogni volta era un dei Carabinieri, è un pioniere che nel 1978 ha Non è tutto rose e fiori: «Al primo impatto uomo diverso». Anche questo è multitasking.
Mai sottovalutare una donna: potrebbe essere una spia
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COVERSTORY
di 40 brand. Guffanti è un distributore multibrand nel segmento lusso: compra dai brand e rifattura alle boutique, con un notevole vantaggio strategico e logistico sia per i buyer che per i marchi distribuiti. E infatti ogni anno più di 500 brand bussano alla sua porta chiedendo di entrare nel “giro”.
Allargare lo sguardo (e non solo quello)
Quelle soft skills delle donne che fanno bene all’azienda L’imprenditrice Alessandra Guffanti per la sua piattaforma di distribuzione del fashion ha puntato su un team (quasi) tutto al femminile. Facendo leva su multitasking, networking e “pensiero laterale” di Marina Marinetti
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on per fare gli ideologi del gender, però una certa differenza tra uomini e donne c’è (e non c’entra col sesso). O meglio: ce ne sono almeno tre: multitasking, networking, lateral thinking. E indovinate un po’ di quale genere sono come una seconda pelle... «Mi rendo conto che nel mondo dell’impresa un discorso del genere può apparire fuori luogo, ma nulla dev’essere dato per scontato: non perché si appartiene a un sesso piuttosto che a un altro devono essere riconosciute certe capacità, ma d’altra parte le cosiddette “soft skills” vanno quantificate e non solo identificate». Con un giro di parole Alessandra Guffanti introduce un discorso per certi versi spinoso, per altri illuminante: la differenza tra uomini e donne in ambito lavorativo. Ed è più che titolata per farlo, dato che ha ricevuto il GGI Award dai Giovani Imprenditori di Assolombarda per la sezione Pmi al Femminile «per l’eccezionale
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attenzione profusa nello sviluppo e nella crescita delle risorse umane, in gran parte costituito da giovani donne, all’interno della propria azienda». Che poi è Guffanti Concept, la piattaforma strategica per la distribuzione del fashion che supporta i brand della moda donna, sposa e bambino nella fase di produzione, comunicazione e crescita nei mercati in Italia e all’estero, “reduce” dalla Milano Fashion Week di febbraio che ha visto sfilare negli oltre mille metri quadri del quartier generale di via Corridoni 37 più
ALESSANDRA GUFFANTI
Alessandra Guffanti è stata la prima presidente del Gruppo giovani Imprenditori di Sistema Moda Italia «e ho voluto portare alla filiera l’idea che ci sono altri territori oltre a Milano e il nord: così ho organizzato la prima assemblea a Napoli, la seconda in Umbria, la terza in Puglia. In vent’anni non erano mai uscite da Milano. «A noi donne un po’ di atteggiamento sfidante non ci manca», dice lei. Se oggi l’azienda fattura più di 10 milioni di euro di fatturato (con un giro d’affari che supera i 17), dei quali oltre il 40% all’estero, il merito è proprio della visione strategica di Alessandra Guffanti, una che la challenge della seconda generazione nella family company l’ha (stra)vinta. È lei che, entrata in azienda nel 1998, ne ha rivoluzionato il business model, “aggredendo” (se così si può dire) i mercati esotici: «Nel 2007 ho iniziato a seguire l’area internazionale e in tre anni ho visitato 53
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città nell’ex Urss», racconta. «Sicuramente siamo stati avvantaggiati dal fatto che quello era un mercato che partiva da zero. Quell’expertise me la sono portata dietro anche in Asia, Cina e Corea e Medio Oriente»: tutti mercati dove Guffanti Concept ha come clienti boutique multibrand, monomarca e department stores del segmento lusso e commerciale, grazie a quello che Alessandra Guffanti sottolinea essere un punto di forza: « la capacità di scovare e portare sui mercati brand emergenti. Oggi il nostro lavoro di ricerca ci ha portati ad aggiungere anche brand australiani ai tanti brand del Made in Italy e di stilisti dell’Est Europa, russi ed asiatici». Nel 2018 l’azienda ha acquisito anche la rappresentanza per il mercato dell’Ex Urss della linea donna di Aspesi.
L’importanza del pensiero laterale
Il premio Giovani Imprenditori di Assolombarda? «È stato assegnato perché ho puntato su una squadra al femminile», spiega l’imprenditrice. E aggiunge: «Ma non ho puntato sulle donne perché lavoro nella moda e quindi la figura femminile è teoricamente più idonea, cosa che non penso affatto». E allora perché scegliere un team declinato quasi completamente al femminile? La ragione sta tutta nella differenza di genere. Che non è quella a cui state pensando. «Ho puntato sulle donne per la loro, anzi la nostra, attitudine al multitasking, per la naturale capacità nel cooperare, per l’inclinazione ad ascoltare. Le donne hanno nel dna una sorta di forma primaria di management che per un’azienda come la mia, che ha bisogno di un costante fine tuning, è essenziale». Morale della storia: secondo Alessandra Guffanti «il mondo femminile ha più spesso di quello maschile alcune soft skills cruciali. Purtroppo questa particolarità non sempre viene quantificata, non solo a livello di retribuzione, ma anche e soprattutto di competenze, nell’assegnazione dei compiti da svolgere». Quello che Guffanti non dice, o meglio non ufficializza, è l’altro lato della medaglia: spesso alle donne manca quel pizzico di intraprendenza che trasforma in risorsa qualunque elemento sfruttabile. Indipendentemente
dall’ambito nel quale lo si è acquisito. Sul lavoro una donna, per esempio, difficilmente farà presente di conoscere una persona importante potenzialmente utile all’azienda, se questa fa parte della cerchia di amici, o magari è uno dei genitori della classe del figlio. Un uomo non si farebbe mai problemi: se ha in tasca un biglietto da visita utile, lo userà. Perché tutto fa network. «Lo dico sempre», interviene Guffanti: «mettete a sistema le vostre capacità. Centinaia di shaking hands – strette di mano, ndr – non servono a nulla se poi non organizziamo i nostri biglietti da visita e i nostri incontri . In altre parole, se non sappiamo valorizzare il network che abbiamo». Per mettere a sistema le soft skills femminili, Guffanti ha introdotto un brainstorming che si svolge ogni anno all’inizio di dicembre: «Bisogna avere il coraggio di trasferire ai colleghi un’idea nuova, così come
un nuovo modo di pensare. Io sono molto fiera della nostra “due giorni di fine anno” in cui ci riuniamo tutti, dagli addetti del magazzino al capocontabile, e ci raccontiamo com’è andato il nostro anno. Non è una survey, ma una carrellata di relazioni con un tema specifico, che cambia ogni anno. Quest’anno abbiamo voluto spiegare come, rispetto all’attività che si svolge, ci siamo trovati a parlare con un alleato piuttosto che un concorrente, a seconda di come vediamo la relazione». Dietro le quinte del brainstorming di dicembre, spiega Guffanti, c’è l’evoluzione dallo scetticismo iniziale dei collaboratori alla gratificazione di sentirsi confermarne successivamente la validità: «Per il tuo vicino la soluzione l’hai sempre e questo ti porta ad avere la soluzione anche per te. Il pensiero laterale è molto funzionale nel business, ed è sempre un’attitudine femminile».
Lunga vita ai talenti improbabili È
alta, atletica, formosa, fa la ballerina e ha lavorato nei video musicali di Alicia Keys, Pharrell Williams, Kendrick Lamar, Calvin Harris, Will I Am e altri. Ha la pelle color ebano ed è nata in provincia di Udine. Lidia Carew, oggi 29 anni, incarna totalmente il fallimento dello stereotipo fine a se stesso. Anche perché sulla sua pelle ha vissuto le stilettate del pregiudizio. «Quand’ero piccola mia nonna mi diceva che non potevo essere bella perché nera. Questo giudizio continuo ancora oggi a sentirlo. Vivo in un paese che non è più razzista di altri, ma che guarda con sospetto il diverso. Ho passato tanto tempo negli Stati Uniti
e lì la situazione non è molto diversa. Incarno quindi due diversi stereotipi: quello di essere donna, FOTO DI GIOVANNI GASTEL e quindi lontana dalla possibilità Ovvero quei talenti che non di ricoprire alcuni trovano spazio nei media ruoli apicali, e quello di o nei social network. In essere straniera, per via questo momento ci stiamo del colore della mia pelle, occupando di un progetto nonostante sia italiana». particolare, #iseeyou, Dopo aver perfezionato la che vuole fungere da sua tecnica a New York, prevenzione verso la Lidia Carew è tornata violenza di genere. È un in Italia. Doveva essere camp di tre settimane che solo per una tournée ma si sta svolgendo proprio poi i giorni si sono fatte in questi giorni (fino all’8 settimane, le settimane marzo, ndr) in cui alcune mesi e la Carew è professioniste metteranno rimasta. Ha dato vita a a disposizione della causa un’associazione nel 2016, la propria esperienza “Lidia dice”, che si occupa contro la violenza di di promuovere quelli che lei genere». chiama «talenti improbabili.
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LEADERSHE: EVENTO MPS 8 MARZO 2018
ILARIA DALLA RIVA, CHCO DI BANCA MPS
ENGAGEMENT, DIVERSITY, INCLUSION IN UNA PAROLA: LEADERSHE L’approccio trasversale di Banca Monte dei Paschi di Siena punta a rendere le donne consapevoli delle proprie potenzialità. Una questione culturale e un valore per il business inutile che la raccontiamo: se c’è un universo declinato al maschile, è quello bancario. In cui le donne stanno alla cassa e gli uomini sono saldamente ancorati alle loro posizioni apicali. A meno che non si riesca a innescare un percorso virtuoso di inclusione e ingaggio. Come ha fatto Banca Monte dei Paschi di Siena, che oggi vede il 29,5% delle posizioni di responsabilità occupate da donne. «E l’obiettivo in arco del Piano di Ristrutturazione è di arrivare al 40%», sottolinea Ilaria Dalla Riva, Chief human capital officer di Mps. Che ha capito che, come ogni rivoluzione, anche la gender equality deve partire dal basso. Anche se, ribaltando la prospettiva, c’è da dire che nel cda di Mps le donne sono il 38%, 5 su 13, e che da dicembre 2017 la guida del cda è affidata a una donna, Stefania Bariatti. Due anni fa, su impulso dell'AD Marco Morelli, Mps ha avviato il programma LeaderShe, individuando percorsi efficaci per sostenere lo sviluppo e la valorizzazione delle capacità manageriali delle donne e rimuovere gli eventuali ostacoli organizzativi e culturali. «Il tema Diversity e Inclusion è di grande ri-
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levanza non solo in senso etico, ma anche di business: impatto positivo sull’engagement, riduzione di assenteismo e miglioramento della produttività sono solo alcuni degli effetti benefici di una attenta politica di Diversity & Inclusion», spiega Dalla Riva. «Per anni le donne sono entrate in banca allettate da orari compatibili con la conciliazione di lavoro e famiglia, ma senza un tema di percorso né di crescita. Il mio problema è riuscire a far nascere in una collega la voglia di arrivare a un traguardo professionale. Senza contare che in posizioni manageriali si ragiona per obiettivi e non per orari, con maggior possibilità di autogestione dei tempi di lavoro, anche se intensi, il che favorisce la conciliabilità con gli impegni familiari». Anche perché le donne a oggi rappresentano esattamente la metà del capitale umano di Mps. Così la banca ha iniziato ad accompagnare le donne nel loro percorso di crescita personale e professionale, per sviluppare l’autoconsapevolezza delle proprie potenzialità e favorire lo sviluppo di un network sia interno che esterno. Il risultato? «Un successo: siamo riusciti a far crescere 3.500 donne. Ma la sod-
disfazione più importante è quella di aver innescato un mood mosso dal basso. E stiamo andando avanti su questa strada». Part time, flessibilità e permessi, aspettative, lavoro agile: è un set di strumenti per ricercare migliori compatibilità in un contesto organizzativo a volte complesso di cui i dipendenti si fanno carico. «Abbiamo attivato un percorso formativo dedicato alla genitorialità, per accompagnare il rientro al lavoro, focalizzato sulla conciliazione tempo vita/ lavoro e sulla gestione del tempo. Abbiamo cercato di slegare le componenti che apparentemente penalizzano le donne, la genitorialità e la cura della famiglia, dal percorso di crescita», conclude Ilaria Dalla Riva: «Adesso partiremo con un programma ancora piu strutturato: agiremo molto su mentorship e affiancamento. Creeremo ambasciatori della diversity attraverso un percorso che svilupperà la self awareness, motivazione e personal branding delle risorse trasformandole anche in elementi di contaminazione sul tema della diversità. E avvieremo progetti di mentoring per sviluppare la crescita dei talenti donna». (m. m.)
DONNE AL VOLANO
LA GENDER EQUALITY COMINCIA DAL WELFARE In Danone il 40% dei dirigenti è donna e dopo la maternità il tasso di abbandono è nullo: merito di un approccio culturale improntato al benessere delle lavoratrici. E anche gli uomini prendono la paternità di Riccardo Venturi
SONIA MALASPINA, DIRETTORE HR SUD EUROPA DI DANONE
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l 40% dei dirigenti donna, il 100% di rientro dalla maternità con un tasso di abbandono nullo, il 42% delle promozioni nell'ultimo anno andate proprio a mamme rientrate dal congedo di maternità. Sono i numeri della gender equality di Danone Italia, che ha il 52% dei dipendenti donna sui 600 circa compresi Mellin e Nutricia. Numeri importanti che non si raggiungono dall'oggi al domani: «Siamo partiti nel 2011 con la politica di supporto alla genitorialità quando su questo tema c'era un po' meno attenzione da parte di media e istituzioni» spiega Sonia Malaspina, direttore Hr Sud Europa di Danone, «specie in Mellin, che si occupa di nuove generazioni, era già un dato evidente il calo delle nascite, che poi è continuato e si è acuito negli ultimi anni. Se oggi possiamo dichiarare certi numeri è perché abbiamo fatto un percorso di anni». Prima di tutto Danone ha creato un quadro di regole: «Abbiamo dato un supporto economico e di welfare» evidenzia Malaspina, «per esempio con il raddoppio della maternità facoltativa. Ma anche con quello della paternità retribuita, da 5 a 10 giorni: e oggi il 100% dei nostri papà prende la paternità». Le mi-
anche a quello economico per l'azienda: «Gli investimenti ritornano» assicura Malaspina, «perché qualsiasi esperienza di un certo tenore restituisce professionisti migliori e più ingaggiati, che danno beneficio all'azienda. Un punto di assenteismo in più o in meno pesa, e il nostro è bassissimo, sotto l'1%, così come pesa la fidelizzazione delle persone chiave». La forza dei numeri raggiunti ha permesso a Danone di ottenere la certificazione GEEIS (Gender Equality European & Interational Standard), promossa da Arbourus in collaborazione con Bureau Veritas, primo standard europeo per la parità nel luogo di lavoro. Resta sure di carattere economico e di welfare sono un obiettivo da raggiungere: «Abbiamo ancofondamentali, ma da sole non sono sufficienti ra un pay gap, attualmente in media dell'8%» per introdurre e affermare in azienda i princidichiara il direttore Hr di Danone, «ma per le pi della gender equality: «Sono state adottate persone inserite in nuovi ruoli abbiamo adotanche in altre aziende dove poi non si è visto tato la parità: non diamo a una donna il 20% crescere il numero delle donne dirigenti» osin meno perché farà figli». Il pay gap residuo serva il direttore Hr, «perché è necessario anè un'eredità del passato: «Ci sono ruoli tipicache un approccio di tipo organizzativo e culmente maschili quali i venditori» rimarca Maturale. Lo smart working per esempio è una laspina, «un capo area in azienda da 20 anni grandissima leva, ma deve far parte di un perche copre diverse regioni ha una seniority nel corso in cui maternità e paternità non sono ruolo, e magari una donna pari ruolo da tempi viste come una disgrapiù recenti ha un poANCHE L'ESPERIENZA GENITORIALE zia organizzativa, ma sizionamento junior. È UN VALORE CHE L'AZIENDA RICONOSCE al contrario come un Qui insomma c'è l'imPERCHÉ RESTITUISCE PROFESSIONISTI valore per l'azienda». pegno a colmare quel MIGLIORI E ANCORA PIÙ INGAGGIATI Un esempio è proprio gap, che altrimenti riquello della paternità retribuita: «Si dice che marrà sempre tale». Danone ha anche aderito gli uomini non vogliano accudire i neonati, ma alla campagna HeForShe lanciata dall'attrice in realtà si vergognano di stare a casa» dice Emma Watson, declinandola proprio sulle poMalaspina, «si deve creare l'ambiente culturalitiche di genitorialità e sostegno alla natalità: le giusto, in Danone se gli uomini prendono la «Abbiamo esperienze bellissime di dipendenpaternità non ridiamo ma siamo contenti, per ti che passati i 40 anni hanno trovato il coragquesto lo fanno tutti». Quando il direttore Hr gio di pianificare la terza maternità perché, parla di valore non si riferisce solo a quello, hanno detto, “avevo un'azienda che non mi peraltro impagabile, di aiutare una donna e la metteva a rischio”» conclude il direttore Hr sua famiglia ad avere figli in modo sereno, ma Sud Europa di Danone.
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SOTTO LA LENTE DELLA FONDAZIONE MARISA BELLISARIO Coinvolgere le imprese in un percorso di empowerment femminile e dare visibilità alle pratiche più virtuose e innovative. È questo l’obiettivo che si prefigge il premio «Women Value Company Intesa Sanpaolo», istituito dalla Fondazione Marisa Bellisario e dal Gruppo Intesa Sanpaolo (l’unica azienda italiana inserita nell’indice 2018 Bloomberg Gender-Equality Index, che valuta l’impegno e le azioni delle principali società quotate a livello globale), che ha coinvolto centinaia di imprenditrici di generazioni e settori diversi, creando un importante scambio di esperienze di successo basato sul merito, sul talento, sulle nuove idee. L’ultimo speciale riconoscimento del «Women Value Company Intesa Sanpaolo» è stato conferito il 14 giugno dello scorso anno a due imprese, una piccola e una di medie dimensioni, che si sono distinte nella gestione della gender diversity, attraverso politiche e strategie di sviluppo, promozione delle carriere femminili, azioni innovative ed efficaci di welfare aziendale. Ad aggiudicarsi il premio sono state Zeta Service, con sede principale a Milano, e Arterra Bioscience, piccola impresa biotech con sede a Napoli, che sviluppa tecnologie innovative per l’individuazione di molecole ad attività dermo-cosmetica. Ecco le loro storie.
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Tra provette e centrifughe non c’è più il divario di genere Gabriella Colucci ha lasciato la California per tornare nella sua Napoli. Dove sviluppa tecnologie innovative per la scoperta e la produzione di molecole attive di origine biologica per agricoltura e dermo-cosmetica di Chiara Volonté
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el mio campo non si fa questione di gender, non ci classifichiamo tra maschi e femmine ed io sul lavoro non ho mai avuto più difficoltà rispetto a un uomo, perché per noi non c’è differenza. Anzi, credo che la duttilità tipica delle donne e la nostra capacità di seguire la logica ci rendano più adatte al business e al laboratorio». Eccola, l’immancabile eccezione che conferma la regola. Ce la serve su un piatto d’argento una ricercatrice che dopo dieci anni di esperienza a San Diego ha sentito il bisogno di tornare a vivere alle pendici del Vesuvio, nella sua Napul’è mille
culure, per aprire proprio lì Arterra Bioscience, un’impresa biotech che sviluppa tecnologie innovative per la scoperta e la produzione di molecole attive di origine biologica utilizzate in particolare nei settori della dermo-cosmetica e dell’agricoltura. Gabriella Colucci, dopo aver approfondito la sua formazione presso la University California San Diego, nel 2004 è rientrata in Italia e si è imposta da leader in un settore, quello del biotech, che stava iniziando a crescere: «Dopo tanti anni passati negli States il mio desiderio di tornare a Napoli e mettere alla prova le mie
La maternità è un Master che sviluppa la leadership
Si chiama Mum&Dad Pack l’iniziativa di Zeta Service per trasformare la nascita di un figlio da ostacolo lavorativo a opportunità di crescita. Grazie a incentivi, smart working e a un programma di aggiornamento ad hoc
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a scena è piuttosto comune: un capo severo rimprovera il proprio dipendente. Fin qui nulla di strano. La differenza è che la rampogna arriva per un eccesso di empatia verso il cliente. Ma come, anche essere disponibili e ricettivi verso le esigenze delle persone può essere un difetto? Per qualche dirigente “vecchio stampo” sicuramente sì, ma non per Silvia Bolzoni, che da quell’ammonimento ha tratto l’idea per un’azienda che sapesse rispettare la dimensione dell’essere umano e anticipare le esigenze dei collabora-
tori. Un’idea nata nel 2003 e che ha portato alla realizzazione di Zeta Service - società specializzata in payroll outsourcing, amministrazione del personale, consulenza e HR - che oggi conta 230 dipendenti, 500 aziende clienti, sette sedi e 19 milioni di fatturato. «Condurre un’impresa significa creare un’esperienza positiva che rende il lavoro quotidiano più facile e i meriti riconosciuti, è solo così che si può crescere nel tempo in modo solido - ci spiega Silvia Bolzoni - In Zeta Service gli orari sono flessibili perché il focus è sugli obiettivi
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capacità era sempre più forte - ci racconta - Mi hanno seguito Fabio Apone, tuttora direttore scientifico di Arterra, e due tecniche di laboratorio californiane che sono state con noi per due anni. Così, con tante aspettative e mille progetti, siamo decollati». Insieme al suo team, ha spiccato davvero il volo: 2,2 milioni di euro di fatturato nel 2017, 15 brevetti rilasciati, 23 collaboratori di cui ben 17 impiegati in ricerca
e sviluppo, perché «noi siamo il laboratorio di altre società, e per svolgere in modo eccellente questo compito dobbiamo essere sempre aggiornati sulle novità scientifiche» spiega la founder di Arterra Bioscience. Gabriella Colucci e la sua carriera hanno sdoganato diversi luoghi comuni: dal Bel Paese non tutti i cervelli migliori fuggono, in Italia è possibile fare ricerca di altissimo livello - anche se con finanziamenti minori rispetto agli USA -, anche le donne possono ricoprire ruoli decisionali in discipline pensate nell’immaginario collettivo come prettamente maschili - ad esempio le STEM Science, Technology, Engineering and Mathematics - senza essere discriminate. L’ideatrice di Arterra è sicuramente un esempio positivo di come l’innovazione e lo studio possano contrastare il fenomeno dello human capital flight e portare una piccola realtà a grandi traguardi, e proprio per questi motivi ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui nel solo 2018 il Women Value Company Intesa Sanpaolo - dedicato alle PMI che hanno saputo
e non sui tempi di lavoro, c’è la possibilità di lavorare da casa per accudire figli o familiari e grazie allo smart working ognuno di noi ha la possibilità di organizzare in autonomia i propri incarichi. Inoltre, per sostenere le nostre risorse sugli aspetti più pratici della gestione della quotidianità, abbiamo messo a loro disposizione un maggiordomo e una tintoria con consegna e ritiro direttamente all’interno della nostra sede». Grazie alle politiche di welfare incentrate sull’equilibrio tra vita professionale e privata, Silvia Bolzoni ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Women Value Company Intesa Sanpaolo. «Quella che ho creato è un’azienda al femminile, con uno staff composto per l’80% da donne, e fin dalla fondazione della mia impresa mi sono sempre battuta per poter colmare qualsiasi divario di genere promuovendo una crescita paritetica dei diritti e favorendo l’empowerment al femminile». E come segno tangibile di sostegno nei con-
fronti delle collaboratrici mamme, la società ha avviato una serie di progetti: «Abbiamo recentemente rivisto il pacchetto maternità chiamandolo “Mum&Dad Pack” in modo da coinvolgere anche i neo papà - prosegue Bolzoni - Il percorso prevede un affiancamento sull’iter burocratico e diversi colloqui durante i quali la neo-mamma viene aggiornata su tutte le novità aziendali. Inoltre, non appena viene annunciata la gravidanza, si attiva l’accesso al programma “Maternity as a Master” che si pone l’obiettivo di far vivere la maternità e la paternità come un fondamentale momento per sviluppare competenze poi utili sul lavoro, come leadership e attenzione. E ancora, al momento della nascita viene inviata a casa del collaboratore una card di spesa per prodotti per bambini del valore di 100 euro, e tutti i permessi legati alla gravidanza sono estesi anche alle coppie di fatto. Da sempre sosteniamo che favorire progetti e percorsi di accesso e di crescita nell’attuale tessuto produttivo sia di
GABRIELLA COLUCCI
valorizzare le competenze e le carriere femminili - e Donna innovatrice europea - riservato alle donne di successo che hanno portato sul mercato le loro idee innovative -: «Il mio team è costituito per l’85% dal cosiddetto “gentil sesso”, e tutte noi abbiamo accolto questi premi molto positivamente, con grande entusiasmo e fierezza - prosegue Colucci - Ma le mie vittorie sono state importanti non solo per me e per il settore della ricerca, ma anche per Napoli, perché hanno dimostrato che una città così bistrattata, che viene sempre collegata alla delinquenza e a Gomorra, può essere bella e produttiva, creativa e di cultura grazie a poli universitari forti e prestigiosi». Non è tanto la questione di genere quella che ha spinto Gabriella Colucci a partecipare, quanto la volontà di puntare i riflettori su un campo, quello di R&S, imprescindibile per la crescita e che ha bisogno di ricevere finanziamenti maggiori. «Uomini e donne devono competere l’uno affianco all’altra, senza premi dedicati a uno specifico sesso - conclude la fondatrice di Arterra - E che vinca il migliore».
SILVIA BOLZONI
fondamentale importanza per lo sviluppo del ruolo della donna all’interno del mercato del lavoro - conclude Silvia Bolzoni - Devono essere messe in atto politiche mirate ad incentivare una maggiore e più incisiva presenza del mondo femminile nell’attuale sistema economico e produttivo».
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Via Brera,3 - 20121 Milano www.lfde.it
L’aritmetica del Pil italiano nell’Eurozona (Tasso di crescita del PIL, valori percentuali)
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2015
2016
2017
2018
1,6
2,3
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2,5
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0,9
1,1
1,6
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Italia FONTE: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA
L’ALTRA COVERSTORY Il calo del Pil anche nel quarto trimestre 2018 porta a -0,2% l’eredità per la crescita annua dell’Italia nel 2019. Stando agli indicatori congiunturali, il quadro economico risulta ancora fragile. Ma non tutto è perduto. Come ci insegnano le storie di queste azienze
39 ICONT STRUTTURARSI PER ARRIVARE SUL MERCATO PRIMA DEI COMPETITORS
40 DOLCIARIA ACQUAVIVA INVESTIRE NONOSTANTE LA CRISI PER CONQUISTARE NUOVE NICCHIE
41 GETRA PUNTARE SULLA TECNOLOGIA PER DIVENTARE LEADER
42 MOTORK AVERE UNA VISIONE E PUNTARE TUTTO SU RICERCA E SVILUPPO
Eurozona netto Italia
* 2018: stima Istat su dati trimestrali
LA RECESSIONE È (SOPRATTUTTO) NELL’OCCHIO DI CHI GUARDA Nel quarto trimestre il Pil italiano si è contratto dello 0,2%. Persino la Cina rallenta. Ma crescere senza crescita è possibile: Donato Iacovone, amministratore delegato di Ernst & Young in Italia spiega come di Sergio Luciano dell’economia si può, dottor Iacovone? Ma sì, sul fronte del business quel che sta sucRANO IN PREVALENZA IN ITALIA. CHI ESPORcedendo è chiarissimo. Si è ricreato un clima TA NO. Tra l’altro, la gran parte della nostra di incertezza che raffredda la propensione al produzione trova i suoi clienti tra quel 5% consumo, in Italia e in alcuni altri mercati eudella popolazione mondiale che rappresenta ropei. Ma chiunque abbia una presenza comla maggioranza dei più abbienti, cioè coloro merciale globale o comunque multi-country i quali non hanno problemi di congiuntura non ne risente, perché ci sono molti mercati economica»: Donato Iacovone, amministratoche crescono a ritmo intensissimo. re delegato di Ernst & Insomma, mica tan«IL CLIMA DI INCERTEZZA RAFFREDDA Young in Italia, ha foto: perfino la Cina I CONSUMI. MA CHIUNQUE ABBIA calizzato in tanti anni rallenta UNA PRESENZA COMMERCIALE di consulenza strateScherzerà: rallenta MULTI-COUNTRY NON NE RISENTE» gica una visione nitida di 2 punti decimali al delle risorse che il nostro Paese ha, pur con il 6,2%! Non è un brutto rallentare, mi sembra. suo tessuto di imprese più piccole e meno inInoltre, chi è globale o multi-country può antegrate di quelle di molti paesi concorrenti. E che diversificare l’accesso al credito, disponiritiene che a certe condizioni il rallentamento bile con modalità diverse ovunque si operi. della congiuntura possa essere un handicap Però l’Italia che esporta, lusso a parte, ha irrilevante per chi faccia leva appunto su quebisogno di vendere la sua tecnologia avanste risorse. zata, categoria di produzione sensibile al ciclo, non crede? Quindi crescere senza crescita generale Anche per l’alta tecnologia il cliente-tipo delle «IL PROBLEMA RECESSIONE LO VIVRANNO
ACUTAMENTE SOLO LE IMPRESE CHE OPE-
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L’ALTRA COVERSTORY
Il made in Italy sa dare il meglio di sé proprio durante le crisi economiche: lo certifica la statistica del Financial Times, anche se non se n’è accorto
È
proprio vero che dalle difficoltà nascono le opportunità. Lo dimostra la massiccia presenza italiana nella FT1000, la classifica delle mille aziende europee a più forte crescita su base triennale elaborata da Statista per il Financial Times, proprio negli anni della crisi: sono ben 186 le aziende italiano che figurano nella FT1000 2012/15. Per capirci: nell’ultima edizione, quella relativa al triennio 2013/16, a ripresa conclamata, la quota italiana è scesa
N.
a 105 presenze su mille, quasi dimezzo la presenza dal 18,6% al 10,5%. E non perché siamo diventati “meno bravi”, ma perché col vento in poppa navigano bene anche gli altri. Ma, evidentamente il made in Italy, in termini di creatività, strategia e capacità di cogliere le opportunità, non teme confronti. Ma se è inevitabile crescere quando si parte da zero, Economy ha voluto andare oltre, scovando le imprese che, già con qualche anno di vita alle spalle
AZIENDA-SETTORE DI BUSINESS
LOCALITÀ
(abbiamo preso in considerazione solo quelle nate prima del 2008) non solo hanno attraversato indenni la crisi, ma sono riuscite a crescere. Sorprendentemente, la fotografia scattata da Economy racconta un’Italia fuori dagli stereotipi: nella nostra Top30 la parte del leone non la fanno i servizi, ma le aziende manufatturiere. E il Mezzogiorno si scopre un coprotagonista d’eccellenza nel quadro economico nazionale. (m.m.) Fondazione U.L.A. Fatturato 2015 (€x1.000)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
Icont - Contenitori in alluminio Consorzio delle Tecnologie - Telecomunicazioni Nuova Metaltermica - Rivestimenti per edilizia LCE - Equipaggiamenti elettrici Pesci Combattenti - Comunicazione Lapelle - Pellame per arredamento Logisan - Apparati medicali Danisi Engineering - Ingegnerizzazione automotive Piazza Copernico- Formazione online Simmetrico - Progetti multimediali Terma Energia - Impianti civili e industriali Pyramid Temi Group - Servizi di sicurezza in viaggio BRA Italia - Edilizia - E-commerce Calicant.us - Specialità chimiche Vicris - Impianti per l’industria della calce SiC - Società Impianti Calce Dovevivo - Intermediario locazione immobili Clabrun - Sviluppo e gestione retail stores Touring Superleggera - Automobili esclusive Mesauda Milano - Cosmetica Giglio.com - E-commerce moda Maestripieri - E-commerce articoli per ufficio Arca Distribution - Apparecchi e servizi per l’estetica MetalVenice - Verniciature industriali Belotti Nordest - Macchine a controllo numerico Carlo Virgilio & C. - Galleria d’Arte CentroMedico Santagostino - Centri medici FeelingITALY - Intermediario locazione immobili Consulta - Servizi a terra trasporto aereo Proger - Costruzioni
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Ipontinia (LT) Napoli Siracusa Arco (TN) Roma Vicenza Tavamuzze (FI) Modena Roma Milano Cassinetta di Lugagnano (MI) Bologna Napoli Quarto d’Altino (VE) Roma Opera (MI) Milano Molfetta (BA) Milano Roma Palermo Serra Riccò (GE) Annone Veneto (VE) Caselle di S. M. di Sala (VE) Vigonovo (PN) Roma Milano Massa Lubrense (NA) Roma Pescara
2007 2006 2007 2005 2005 2006 2004 1995 2006 2007 2006 1995 2003 2007 1989 1984 2007 2000 2007 2004 2007 1999 2006 1999 2006 2004 2006 2004 2002 1983
30 1 27 20 6 4 10 46 11 16 13 2 13 11 5 16 25 21 27 20 14 25 9 54 4 1 60 5 300 1,2
11.000 4.067 2.300 1.716 1.566 2.534 13.474 8.472 2.175 19.700 1.888 1.532 3.024 1.984 3.388 3.175 8.087 3.045 7.058 8.075 4.542 6.956 1.600 2.227 2.579 1.918 10.599 1.815 9.075 123.077
Crescita fatturato 2012 2015
CAGR 2012 2015
1.471% 1.236% 820% 767% 758% 731% 686% 624% 519% 461% 424% 422% 335% 302% 273% 268% 265% 261% 258% 250% 249% 240% 233% 224% 220% 220% 205% 203% 198% 197%
150,5% 137,3% 109,5% 105,4% 104,8% 102,5% 98,9% 93,5% 83,6% 77,7% 73,7% 73,5% 63,3% 59% 55% 54,4% 53,9% 53,4% 53% 51,8% 51,7% 50,3% 49,3% 47,9% 47,4% 47,3% 45,1% 44,6% 43,8% 43,8%
CRESCERE SENZA CRESCITA
aziende italiane rientra in quella fascia di pubblico, privato o imprenditoriale che sia, abbastanza forte economicamente da non risentire di un lieve rallentamento del ciclo. Va bene, allora siamo contenti, non c’è nessun problema e l’intervista finisce qui? In realtà il problema c’è, se le interessa saperlo, ed è come possa fare un’impresa italiana che lo desideri a diventare più grande e a consolidarsi, anziché essere venduta, come capita a molte. E poi c’è il problema dei tanti imprenditori – troppi – che operano solo in Italia. Questi ultimi il rallentamento dell’economia lo patiscono eccome. Perché questa stagnazione da attesa c’è, e non mi sembra un problema da poco. Stagnazione da attesa? Ma sì, quel rallentamento che si determina quando le persone e le imprese non hanno più fiducia e attendono prima di fare qualunque scelta. Si aspetta prima di consumare, prima di investire, prima di progettare. Ma perché si esita tanto? Da alcuni mesi, si è creata un’atmosfera di incertezza rispetto al futuro e superarla deve essere una priorità, anche per il Governo. Ci vorrebbe una riflessione che non vedo fare. Quando ci si ferma, come ci si deve comportare? Ad esempio, tagliando i costi per liberare risorse e investirle in nuovi prodotti e nuovi mercati, ragionando più come un’azienda. La pubblica amministrazione non ha ancora definito una concreta politica di contenimento dei costi. Cosa che sarebbe possibile, come in qualsiasi azienda Se constato che la macchina della spesa deve funzionare con 90 anziché con 100, cerco di raggiungere questo obiettivo di maggior efficienza. I risparmi sono importanti perché servono nuovi investimenti per sbloccare il Paese Tutta colpa del reddito di cittadinanza? Rilanciare le politiche attive del lavoro è giusto e può aiutare le fasce più deboli della popolazione, ma non è sufficiente, Bisogna soprattutto creare nuovo lavoro. In compenso con quota 100 si libereranno posti da coprire. Questo provvedimento può aiutare, anche
DONATO IACOVONE, A.D. EY ITALIA
SULLA GESTIONE ECONOMICA E STRATEGICA LO STATO DOVREBBE RAGIONARE COME UN’AZIENDA
se è difficile fare valutazioni sui suoi impatti e puntiamo in alcuni anni ad assumerne 300. occupazionali. Oggi robotica e automazione Dunque, diminuiamo le risorse dedicate ai riducono progressivamente il numero di rilavori ripetitivi e ricorrenti, che sono per desorse necessarie. Dovremmo, quindi, puntare finizione automatizzabili, e puntiamo su altri a creare le nuove competenze che il mercato tipi di professionalità, innovative e creative. richiede, aspetto su cui finora non si è fatto Stiamo investendo anche sul marketing, per a sufficienza. Dovremmo pensare a cosa può esempio, e sulla comunicazione in Rete. Dove creare nuova occupazione. Nell’immediato i fino a poco fa non avevamo nessuno, avremo cantieri, certamente. Ma per il medio perio10 risorse. Da una parte crei efficienza, impiedo bisogna capire quali investimenti possono gando meno persone ma controllando meglio portare lavoro e crescita. Questa è la scelta da i processi; dall’altra parte aumenti le risorse fare, ragionare cioè in una prospettiva di lundedicate al software e alla logistica. Il risultato go periodo e investire è positivo. PER CRESCERE OCCORRE TAGLIARE I COSTI Quindi le aziende, sul futuro. INUTILI E INVESTIRE IN ALTRE DIREZIONI Ma lo Stato non è per crescere, devono E SU ALTRE COMPETENZE. MA SERVE un’azienda qualsiatagliare i costi? UN PROFONDO RESKILLING DEL LAVORO si… Quelli inutili sì, e inveCerto, ma sulla gestione economica e stratestire in altre direzioni e su altre competenze. gica dovrebbe ragionare, di fatto, come un’aDove si trovano, però, queste competenze? zienda. Ecco un problema serio. Possiamo dire che E come ragiona l’azienda Ey? serve un profondo reskilling, in italiano riquaCome ragioniamo noi, e quindi le aziende per lificazione, del lavoro. E che a medio-termine è le quali lavoriamo, è esattamente così: stiala scuola che deve formare i nuovi talenti. Ma mo riducendo i costi e investendo. Un esemc’è un ritardo enorme. E’ lì che lo Stato deve pio? Oggi in amministrazione lavorano molte investire. meno persone rispetto al passato. Stiamo agMa se torniamo sui banchi di scuola nel giungendo robotica, cioè usando la tecnologia frattempo la concorrenza ci spiana… per creare efficienza. Ma contemporaneamenIn attesa che la scuola migliori e formi i talente stiamo aprendo un ufficio a Bari con persoti necessari, bisogna ingegnarsi a cambiare ne che stanno sviluppando tecnologie nuove da subito, a cambiare già noi. Bisogna avere
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L’ALTRA COVERSTORY
IL DECALOGO DELL’ORACOLO DI OMAHA Più che un decalogo per la crescita, quello di Warren Buffet è un decalogo per la buona salute delle aziende, concetto che naturalmente include quello della crescita profittevole e sostenibile nel tempo. Vediamo questi comandamenti del guru di Omaha, il più grande investitore di tutti i tempi, con un patrimonio stimato nel 2017 in 75.6 miliardi di dollari, liberamente adattati rispetto al testo originale. Reinvesti i tuoi profitti Quando inizi a guadagnare i primi profitti, potresti essere tentato di spenderli e goderteli subito. Non farlo. Cerca di reinvestirli. Ragiona con la tua testa Stai facendo la cosa giusta non perché tutti sono d’accordo con te, ma perché fatti e numeri lo confermano. “Non succhiarti il pollice” Buffett definisce ogni tentennamento nel prendere una decisione “succhiarsi il pollice”. Quando si è convinti di aver avuto una buona idea
bisogna attuarla. Abbi tutto sotto controllo prima di agire Il tuo potere contrattuale è sempre maggiore prima di iniziare un lavoro se quello che offri è quello che la controparte vuole. Sfrutta questa posizione! Tieni sotto controllo le piccole spese Buffett ama investire in aziende gestite da manager ossessionati dai più piccoli costi. E’ essenziale per non far impazzire i costi grandi. Poni un limite a ciò che chiedi in prestito Buffett non ha mai chiesto prestiti importanti, né per investimenti e né per mutui o ipoteche. Sii ostinato Con la tenacia e l’ingenuità puoi tenere testa anche ai competitor più affermati. Per lui la tenacia “vuol dire star seduti sulle proprie chiappe finché non ce la fai!” Capisci quando è il momento di fermarti Da adolescente, Buffet scommise su una corsa e perse. Per recuperare il denaro perduto,
persone che siano in grado di ripensare ogni giorno quel che devono fare. È in atto una vertiginosa accelerazione dei cambiamenti: sia nei servizi che nei prodotti, tutto ha vita più breve, bisogna attrezzarsi per operare di conseguenza. E quindi occorre riqualificare le persone che sono già al lavoro! Voi per esempio cosa fate in Ey? Il core business era la revisione dei bilanci, un mestiere uguale a se stesso per 40 anni, basato essenzialmente sulla carta. Oggi la carta non si usa più. Basterebbe questo per capire quant’è cambiato il mestiere del revisore. Ma noi stiamo creando nuovi servizi di cui il
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scommise sulla corsa successiva. Perse di nuovo. Imparò la lezione e non commise mai più quell’errore. Se devi recuperare qualcosa non devi per forza farlo nello stesso modo in cui l’hai persa. Valuta i rischi Secondo Buffett il rischio è la probabilità di perdere l’investimento iniziale. E non è qualcosa a cui puoi ovviare diversificando o utilizzando altre strategie. Sii consapevole di cosa davvero significhi avere successo Non significa accumulare denaro: infatti, nonostante la sua immensa ricchezza, Warren si è impegnato a donare la quasi totalità del proprio patrimonio in beneficenza.
mercato ha bisogno in termini di assurance. La consulenza si è sempre fatta in un certo modo, molto graduale, adesso è sempre più in digitale e lo sarà ancora di più in pochissimi anni, il mercato richiede sempre di più un mix di professionalità diverse. Bisogna allargare il perimetro delle attività svolte e sperimentare cose nuove, questo vale per tutte le aziende. Guardi all’editoria, a quel che sta facendo il gruppo Cairo, diversificando negli eventi e nella formazione. Come se fosse necessario sviluppare startup all’interno di business tradizionali… Già. E a proposito di start-up, recentemente
ne esaminavo una, lanciata da un ragazzo bravissimo. Vuole affermare in Italia e in Spagna, mercati per molti versi simili, una piattaforma che mette efficienza nel sistema dell’estetica e dei parrucchieri. L’App mi individua i saloni disponibili nelle vicinanze in numerose località italiane e straniere, mi informa sui servizi che offrono, la loro qualità, mi permette di prenotare e saltare le code, i turni di apertura. E permette di pagare alla fine della prestazione. Stanno innovando un’attività tradizionale. Insomma: reazioni agili a crisi paralizzanti. L’agilità è una dote che tutto il mondo invidia alle aziende italiane. A fronte di questo, c’è l’handicap delle piccole dimensioni medie. Non a caso, alcuni fondi come l’Investindustrial di Bonomi stanno mettendo insieme aziende del design perché anche lì la dimensione media è insufficiente. Un problema sistemico… Sì, e infatti a mio avviso lo Stato dovrebbe intervenire lì. Incentivando la crescita dimensionale e la concentrazione tra le aziende della creatività. E l’innovazione: perché anche lì c’è un problema di coding. Oggi non si crea più a carta e matita. Ogni idea richiede un processo digitale. Se oggi entriamo in un grattacielo di Dubai e ci proponiamo come i migliori designer d’interni del mondo, per vincere l’appalto dobbiamo condividere i codici dei programmi con cui il grattacielo è stato costruito, altrimenti non ce la faremo mai. Dobbiamo capire dove passano gli impianti, come funziona la coibentazione, il fonoassorbimento. Puoi farcela solo se condividi la piattaforma… Quindi se lei avesse potere… Mi chiederei: dove sta andando il futuro? E m’impegnerei con tutte le forze a formare le intelligenze per il futuro dei settori per i quali siamo apprezzati nel mondo. Valutando severamente la qualità delle attività formative. Come fanno, ad esempio, la Bocconi, la LUISS, i Politecnici di Milano, Torino e Bari. Anche tutte le altre università italiane devono attrezzarsi per misurare la propria qualità calcolando il tempo che i loro laureati impiegano a trovare lavoro. Lo fanno le più grandi università del mondo, devono imparare a farlo tutti i nostri atenei.
CRESCERE SENZA CRESCITA
NELSO MAZZER
Il mercato è il padre padrone e bisogna rispondergli subito Velocità, flessibilità e qualità del prodotto: ecco come Icont, coi suoi contenitori per alimenti in alluminio e materie plastiche, non solo ha battuto la concorrenza, ma è cresciuta negli anni bui tra il 2012 e il 2014 di Riccardo Venturi
N
ascere in un anno difficile come il impianto produttivo è stato realizzato per 2012 e più che decuplicare il fatpoter rispondere in tempi brevissimi». La turato in un triennio, dai 700mila tecnologia riveste un ruolo fondamentale euro agli 8,4 milioni del 2014, mentre tanti nella capacità di adattare rapidamente la altri arrancavano o gettavano la spugna. È produzione alla domanda. L’asso nella mal’exploit di Icont, azienda dell’Agro Pontino nica di Icont si chiama Euromeccanica, altra che produce contenitori per alimenti in alazienda di Mazzer che costruisce attrezzatuluminio e materie plastiche, e nel 2018 di re meccaniche di precisione per vari mercamilioni ne ha fatturati 15. «Siamo al serviti, dal medicale all’aeronautica, dallo spaziazio del nostro padre le all’automotive fino padrone, il mercato» GLI IMPIANTI PRODUTTIVI SONO STATI al packaging, inclusa CONCEPITI IN MODO DA POTER dice l’amministratore la tecnologia per reSODDISFARE GLI ORDINI IN TEMPI unico Nelso Mazzer, alizzare contenitori BREVISSIMI, DALL’OGGI AL DOMANI «bisogna ascoltarlo alluminio monouso. e dare sempre risposte immediate alle sue «In questo settore la tecnologia si tradudomande. I concorrenti ci possono mettece nell’ottimizzazione della produzione» re due mesi, noi una settimana». I clienti di mette in evidenza l’amministratore unico, Icont sono le industrie alimentari, dell’im«con i nostri stampi riusciamo ad avere rese ballaggio, del catering. «Abbiamo guardato nettamente superiori, e allo stesso tempo a alle loro necessità, che i competitor non temigliorare la qualità. I nostri prodotti non nevano nella giusta considerazione» spiega si identificano sul mercato per il prezzo, Mazzer, «cioè velocità, flessibilità e qualità battiamo la concorrenza con la qualità e la del prodotto. Se l’ordine arriva oggi e il provelocità del servizio». dotto non è già in magazzino, siamo comunI prodotti Icont sono presenti in 38 Paesi. que in grado di spedire domani. Il nostro Il mercato italiano vale il 70% del fattu-
rato, ma la quota di export è in crescita e raggiungerà il 40% entro l’anno prossimo. La conoscenza dei mercati è fondamentale, e Icont può contare sull’esperienza dello stesso Mazzer, che è stato cofondatore di Europack, azienda italiana per anni leader incontrastata nella costruzione di contenitori in alluminio per alimenti. Dopo qualche anno Mazzer è uscito da Europack, che era stata ceduta a Cuki Cofresco, e ha dato vita a Icont. «Abbandonare le esperienze fatte con tanti sacrifici per me è un sacrilegio» spiega Mazzer, «bisogna portarle avanti in qualsiasi circostanza, anche in un periodo difficile come quello che abbiamo affrontato. Certo la sfida per me e il mio staff è stata durissima, e in futuro non lo sarà di meno». Le difficoltà del mercato, specie in fasi economiche non esaltanti, sarebbero già sufficienti, ma come noto in Italia a queste si aggiunge il peso della burocrazia: «Ci fa perdere molto tempo, e il tempo è denaro» sottolinea l’amministratore unico di Icont, «le regole ci vogliono e vanno rispettate, ma devono dare risultati, non fare perdere tempo. Faccio un esempio: stiamo sviluppando prodotti alternativi in materiali plastici. Se non dovessimo produrre carte e scartoffie potremmo dedicare più energie a questa nuova attività». Per Mazzer c’è un modo tutto italiano per affrontare i periodi di crisi e, più in generale, le sfide della globalizzazione: «Guardare al mondo con le nostre capacità, quelle con cui i nostri avi hanno scritto la storia, dimostrando di saper affrontare le situazioni più difficili e lasciando il segno».
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L’ALTRA COVERSTORY
Il sapore del successo è dolce ma che fegato aver investito Dolciaria Acquaviva, l’azienda campana specializzata in croissanteria surgelata di alta qualità, nel 2008 ha speso quasi il doppio del proprio fatturato per fare un nuovo hub produttivo. Moltiplicando il business di Riccardo Venturi
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l coraggio di investire nel momento Pierluigi, e l’altro elemento che l’ha premiata della crisi, quando tutti tirano i remi è stato proprio la afedeltà a questa tradizione in barca. È stata questa la mossa vinartigianale: i croissant surgelati, per fare un cente di Dolciaria Acquaviva spa, azienda camesempio, sono prodotti con il pregiato “ lievito pana specializzata in croissanteria surgelata di madre”, che richiede un tempo di lavorazione alta qualità, che è cresciuta in modo costante più lungo. «Abbiamo mantenuto un’anima, facin anni durissimi, dai 18 milioni di fatturato ciamo quantità con la qualità di una grande padel 2011 ai 25 del 2013 ai 39 del 2015, fino sticceria, e questo fa la differenza rispetto alla ai 56 del 2018. «Ci consigliavano di stare ferconcorrenza» sottolinea il presidente. I due mi, di non provare ad elementi, investimenti IL PRESIDENTE PIERLUIGI ACQUAVIVA: allargare gli orizzonti e qualità artigianale, «CI CONSIGLIAVANO DI STARE FERMI, aziendali», racconta si incontrano alla voce DI NON PROVARE AD ALLARGARE il presidente Pierluigi tecnologia. «Grazie I NOSTRI ORIZZONTI AZIENDALI» Acquaviva, «noi inveagli impianti di ultice abbiamo investito in know how, persone ma generazione il gap qualitativo tra fresco e e tecnologie». La prima mossa è venuta nel surgelato si è nettamente abbassato» rimarca 2008, proprio subito dopo lo scoppio della criPierluigi Acquaviva, «la forbice è molto stretta, si: «Avevamo un fatturato di 8 milioni» spiega anzi: prima laboratori e pasticcerie un po’ più il presidente della dolciaria, «e ne abbiamo grandi cuocevano la sera o la notte e servivano investiti 15 in un nuovo hub produttivo con alle prime luci del mattino prodotti fatti 6-7 impianti di alta tecnologia. Questo ci ha avore prima. Oggi puoi tirare fuori il prodotto vantaggiato successivamente nei confronti surgelato, cuocerlo e servire un croissant apdei competitor che, frenati dalla congiuntura pena sfornato, altamente fragrante, il cui pronegativa, sono un po’ rimasti sui loro passi». fumo attrae la clientela: se n’è accorta anche la Acquaviva è nata come laboratorio di pasticgrande distribuzione, che ha sempre più poceria nel 1979 per iniziativa di Mario, padre di tenziato il settore dei prodotti di pasticceria».
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PIERLUIGI ACQUAVIVA
La ricetta dei croissant Acquaviva non è segreta: «Passione, determinazione, tradizione. Tre elementi che hanno fatto il successo della nostra realtà familiare: siamo in tre fratelli e gestiamo 120 lavoratori». Dopo aver aperto il suo secondo stabilimento nel 2008, l’azienda campana sta facendo il bis proprio in questi giorni, mentre l’economia italiana, ahinoi, si è inceppata un’altra volta. «Un anno fa abbiamo avviato un ulteriore investimento da 20 milioni per ampliare il nostro hub produttivo» mette in evidenza il presidente, «proprio in questi giorni stiamo collaudando il nuovo mega impianto, che è il più grosso in Italia per capacità produttiva di prodotti da forno surgelati per la prima colazione. Insomma continuiamo a investire e abbiamo obiettivi entusiasmanti, che non abbiamo intenzione di rivedere a causa del quadro economico». Forte di questo nuovo hub, Acquaviva intende intraprendere il prossimo necessario passo per la crescita: quello dell’internazionalizzazione. «Il nostro prodotto non è tra quelli, come pasta, pomodoro, olio extra vergine, la cui italianità è un plus che differenzia» osserva Acquaviva, «riteniamo però che anche per la cosiddetta “Colazione all’italiana” ci sia sempre più interesse anche all’estero. Le aree che abbiamo identificato, quelle dove vogliamo investire e ritentiamo di poter ottenere risultati eccellenti, sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Cina».
CRESCERE SENZA CRESCITA
L’
artigianalità industriale italiana ad alta tecnologia non teme rivali nel mondo. Per questo Getra, gruppo campano leader in Italia e tra i più importanti in Europa nel sistema di trasporto, trasmissione e distribuzione dell’energia, è cresciuta negli anni della crisi e continua a scalare i mercati internazionali. «I nostri trasformatori di grande potenza per centrali di produzione non sono standardizzabili» spiega Ludovica Zigon, direttore commerciale del gruppo Getra, «li realizziamo in base alle specifiche dei nostri clienti, e arriviamo a fornire 10-15 anni di garanzia su questi prodotti strategici. Sul nostro territorio ci sono tecnici di grande valore e esperienza, anche per questo non abbiamo delocalizzato». Trasformatori, sistemi e componenti a marchio Getra hanno il compito di portare l’energia elettrica dalle grandi centrali, o dagli impianti da fonti rinnovabili, alle reti di trasmissione e distribuzione. Per continuare a crescere in tempi di crisi Getra ha poggiato la sua attività su tre pilastri: «Il primo è il perseguimento dell’ottimo tecnologico: puntiamo su una qualità e un’efficienza dei prodotti che è percepita ai massimi degli standard. Tra 2015 e 2016 abbiamo investito oltre 30 milioni nei nostri impianti di Marcianise e Pignataro. Questo ci permette di competere ad armi pari con le grandi multinazionali del settore, da Siemens a Abb a General Electric». Il secondo pilastro è strettamente legato al primo, anzi ne è la premessa: «Investiamo in modo costante in ricerca e innovazione» sottolinea il direttore commerciale del gruppo Getra, «a cui dedichiamo il 20% del-
LUDOVICA ZIGON
Artigianalità ma kolossal, una specialità tutta italiana Applicare soluzioni tecnologiche ad altissimo livello: ecco come Getra è riuscita a crescere nonostante la crisi. Diventando leader nei sistemi di trasporto, trasmissione e distribuzione dell’energia di Riccardo Venturi
la forza lavoro. Se si vuole raggiungere l’obiettistabilità politica congenita che rende difficile vo del 32% di energie rinnovabili entro il 2030 perseguire un business strutturato sul lungo è necessario lavorare sull’efficienza delle reti, termine» precisa il direttore commerciale, «ma per creare una smart grid, anche investendo anche della concorrenza asiatica, che porta cain sistemi di accumulo che possano garantire pitali importanti specie nel nostro settore, e più un cambio di passo». Last but not least, il terzo in generale in tutte le infrastrutture». Un appilastro, l’internazionalizzazione: «L’’80% del proccio sinergico proprio, per esempio, anche nostro fatturato viene della Germania, ma dall’estero» mette in GLI INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO ahinoi non dell’Italia: PERMETTONO DI COMPETERE AD ARMI evidenza la Zigon, «il «Si dovrebbero creare PARI CON LE GRANDI MULTINAZIONALI fatto che la domanda relazioni istituzionali DEL SETTORE, DA SIEMENS AD ABB interna si sia ridimencon questi paesi poi sionata negli ultimi anni è stato una spinta in presentarsi in modo strutturato con un backup questa direzione. E ora che si parla di ritorno finanziario, leva fondamentale» afferma Ludodella recessione, vogliamo continuare a invevica Zigon, che in attesa di un sistema Paese stire sul nostro territorio e a spingere verso i efficace all’estero chiede uno sforzo interno: «ci mercati esteri». Le aree principali di export per vogliono infrastrutture efficienti dai nostri staGetra sono Regno Unito e Nord Europa, Medio bilimenti ai porti, e questi devono funzionare in Oriente, Sudamerica e Nord Africa, «Quest’ulmaniera efficiente: nella catena del valore ogni tima si è andata riducendo a causa dell’inpiccolo tassello dà un valore aggiunto».
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L’ALTRA COVERSTORY
AUTOMOTIVE, COL DIGITALE SI DIVENTA UN UNICORNO L’ambizioso piano di MotorK per digitalizzare completamente il mondo automotive. Grazie a un investimento in ricerca e sviluppo che assorbirà 75 milioni di euro, 30 dei quali finanziati dalla Bei di Marina Marinetti
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ici “ricerca e sviluppo” e pensi a camici bianchi, laboratori in penombra, apparecchiature complicate, alambicchi in ebollizione, circuiti stampati e lucine colorate. E invece. Un centinaio di ragazzi (e ragazze) in tenuta casual, jeans e maglietta (camicie se ne vedono poche), con un laptop sulle ginocchia. Lavorano in uno dei dipartimenti di ricerca e sviluppo più importanti in Italia, “distribuito” tra Milano e Agrigento, che nei prossimi cinque anni assorbirà qualcosa come 75 milioni di euro (sì, avete letto bene), 30 dei quali finanziati dalla Bei, Banca europea per gli investimenti. Per fare cosa, esattamente? «Digitalizzare il mondo dell’automotive», spiega a Economy Marco Marlia, fondatore e ceo di MotorK, azienda tecnologisoftware-as-a-service per i concessionari, ca che sviluppa interamente in-house prodotti che fornisce a migliaia di operatori in Europa e servizi digitali per il settore automotive. strumenti e tecnologie per accelerarne i proAnche questa (anzi: soprattutto questa) è cessi di digitalizzazione e intercettare meglio crescita. Non per niente MotorK nella classie più velocemente la domanda di veicoli. E c’è fica del Financial Times delle aziende col più semre MotorK dietro a GarageK, dedicata al alto tasso di crescita c’è finita due volte di mondo dell’aftermarket. seguito, si nel triennio 2012/15 che in quelL’azienda è stata fondata nel 2010 da Marco lo 2013/16. Ed è L’unica italiana nella Tech Marlia e Fabio Gurgone, amici sin dall’adoleTour Growth 50, la lista delle più promettenti scenza, e da Marco Scale-Up tecnologiche L’AZIENDA HA GIÀ SVILUPPATO DRIVEK, De Michele, docente d’Europa - quelle che hanno maggiori pos- IL PIÙ GRANDE MARKEPLACE EUROPEO. universitario di GurMA ANCORA NON BASTA. PERCHÉ SIAMO gone. Dopo anni di sibilità di trasformarsi SEMPRE PIÙ CONSUMATORI DIGITALI autofinanziamento, in “unicorno” e di olnel 2017 è arrivato il primo round di finanziatrepassare il tetto di 1 miliardo di dollari di mento, per 10 milioni di dollari, da due fondi valutazione. internazionali, 83North e Zobito: il più alto mai Quando Marlia dice “mondo”, intende proprio ottenuto fino a quel momento da un’azienda “mondo”: «Tutte le case costruttrici dell’area digital italiana. Poi, all’inizio di dicembre 2018, Eemea sono già nostre clienti», sottolinea. l’annuncio del finanziamento di 30 milioni di Per capirci: c’è MotorK dietro a DriveK, il più euro dalla Bei, Banca europea per gli investigrande marketplace di auto nuove in Europa menti, destinato alle attività di Ricerca e Svi(tramite DriveK si vendono circa 100.000 auto luppo. «Una delle prime di venture debt fatte in l’anno in Europa), e a DealerK, la piattaforma
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Italia», come ha sottolineato il Vice presidente della Bei, Dario Scannapieco, «Un finanziamento, per la Bei, basato sulle previsioni dell’Investment plan for Europe, uno schema efficiente che sta permettendo alla banca dell’Unione Europea di sostenere società dal grande potenziale». Perché il contratto di finanziamento è legato a doppio filo al progetto di crescita tecnologica: la scaleup ha infatti programmato di investire quasi 75 milioni di euro nella sua divisione Ricerca & Sviluppo che produce innovazione per tutta l’Europa.
Un esercito di sviluppatori
Nella sede principale a Milano (MotorK ha sedi anche ad Agrigento, in Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna), nei 3.200 etri quadrati di quella che un tempo era la fabbrica della Brionvega, oggi lavorano circa 240 dei 330 dipendenti (di 17 diverse nazionalità e di 32 anni di età media, il 40% donne), in un ambiente accogliente che offre cucina (ai fornelli ci sono due ex concorrenti di Masterchef), bar,
CRESCERE SENZA CRESCITA
area relax e giardino attrezzato per il periodo estivo. Perché, appunto, le scrivanie servono relativamente, nella ricerca e sviluppo 4.0. Nel 2017 sono state assunte, mediamente, 2,9 persone a settimana; nei primi 9 mesi dell’anno 2018 sono state assunte mediamente 17 persone al mese. E coi 30 milioni della Bei (più altri 45 milioni di risorse proprie, un’enormità, se pensiamo che l’azienda nel 2017 ha fatturato “appena” 17 milioni di euro), MotorK punta a rafforzare lo staff, per accrescere l’offerta tecnologica per i suoi partner, tra i quali case produttrici, dealer e altri operatori del MARCO MARLIA, FONDATORE E CEO DI MOTORK settore auto. «MotorK è ormai diventata un punto di riferimento per il settore del digital sempre più consumatori digitali. Si tratta di automotive e la fiducia accordataci dalla BEI trasformare un settore che ancora deve fare è la dimostrazione che abbiamo intrapreso la il salto quantico per diventare un’esperienza direzione giusta per il nostro business», spieecommerce, come Netflix o Spotify». ga Marco Marlia. E poi aggiunge: «75 milioni Nel suo piano di rivoluzione digitale del setsembrano tanti, ma vanno parametrati alla tore automotive, MotorK ha conquistato grandezza dell’industry e alle opportunità. la leadership facendo quello a cui nessun Queste ingenti risorse verranno impiegate competitor aveva pensato: «Attaccarlo non nello sviluppo di nuolocalmente, ma interLA LEADERSHIP SI CONQUISTA COME vi strumenti e soluzionazionalmente. CoHA FATTO AMAZON: AGGREDENDO ni digitali per i nostri minciando dall’area IL MERCATO SU SCALA INTERNAZIONALE clienti, nell’ottica di Emea: Europa, Medio E NON SOLO LOCALMENTE sostenerne il procesOriente e Africa. I noso di digital transformation, anche attraverstri clienti sono le case automobilistiche, che so Artificial Intelligence e big data: il settore sono tutte internazionali. Certo, questo richieautomotive è una delle più grandi industrie de uno sforzo maggiore». Non solo: il settore è dell’economia reale, che tradizionale è semstato attaccato “a tenaglia”: dal lato consumer pre indietro nella trasformazione digitale. con DriveK, «l’unico “luogo neutrale” ad aver Fino a poco tempo fa il modo in cui comprasviluppato una tecnologica in grado di confiva macchina stesso di cent’anni fa. Ma siamo gurare contemporaneamente in tutti i paesi
DIVENTARE COME NETFLIX O SPOTIFY SARÀ UN SALTO QUANTICO le auto di tutte le marche, con tanto di allestimento, equipaggiamenti e optional», e dal lato business con DealerK, ovvero «la tecnologia che serve alle case e ai concessionari per creare la loro offerta digitale, la loro concessionaria virtuale, con sito, CRM, sistema di gestione dello stock di veicoli e così via. Un terzo delle auto che finiscono ogni giorno su Autoscout, per dire, ce lo mandiamo noi».
Verso l’e-commerce
L’automotive è uno dei pochissimi settori (forse l’unico, a parte il real estate) a non offrire l’esperienza e-commerce “normalizzata”. Scommettiamo che i 75 milioni di “ricerca e sviluppo” serviranno proprio a completare il quadro e a compiere la rivoluzione digitale nel settore automotive? «Stiamo andando verso la transazione completa», risponde il ceo di MotorK: «Quello che già facciamo nella maggior parte dei casi è predisporre i preventivi online, grazie ai nostri team di advisor. Ma per arrivare davvero a un software di e-commerce che funzioni in maniera che il consumatore riesca ad arrivare da solo al pricing delle vetture è richiesta una quantità di tecnologia pazzesca, in grado di gestire flussi delle macchine, pricing dinamico di ogni auto e quant’altro: tra usato, permuta, campagne di finanziamento, promozioni, incentivi, eccetera, sono mille le variabili che incidono. Ecco perché abbiamo il più grande dipartimento di ricerca e sviluppo del nostro settore in Europa. Ed ecco perché lo raddoppieremo nei prossimi 18 mesi».
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L’ALTRA COVERSTORY
«L’Italia rischia la tempesta si salverà chi saprà far da sè» Con il costo di assicurazione del credito tornato a salire e le insolvenze di nuovo in aumento, soffiano venti di crisi sul Paese. L’a.d. Luca Burrafato: «Quest’anno, dopo quattro di miglioramento, riaumenteranno le insolvenze» di Marco Scotti
N
el 2019 riprenderanno a crescere le Le previsioni dell’Ue che vedono per il 2019 un insolvenze aziendali in Italia. Seconpil italiano in crescita dello 0,2% - unico paese do i dati in nostro possesso l’aumento a non avere il tasso d’incremento preceduto da dovrebbe essere intorno al 2% dopo quattro un “1” – non fanno che testimoniare quanto anni di costante discesa. Tutto questo si acsottolineato da Burrafato. Euler Hermes, già compagnerà a uno scenario in cui prevediamo dalla fine del 2018 ha iniziato a registrare un venti recessivi, complice l’inasprirsi di alcuni incremento del rischio di credito e un progresfattori esterni alla nosivo aumento delle instra economia, come IL CONTINUO DRENAGGIO DI LIQUIDITÀ solvenze. DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE ad esempio la guerra USA PORTERÀ EFFETTI NEGATIVI DOPO La tendenza “ribassidei dazi tra Cina e Stati L’ESTATE: L’EUROPA HA GLI ANTICORPI? sta” si può avvertire in Uniti». Luca Burrafato tutto il mondo, anche è a capo dell’area MMEA (Paesi Mediterranei, se l’Italia sembra esserne particolarmente colMedio Oriente e Africa) di Euler Hermes, la più pita. Questo perché le misure di Trump hanno importante azienda di assicurazione del credidato un grandissimo impulso all’economia to che, dal 2007, fa parte del Gruppo Allianz. americana, ma rischiano di arrivare con il fiaUn osservatorio privilegiato, che permette di to corto all’appuntamento post-estate, quanvedere con chiarezza come all’orizzonte si stiado il continuo drenaggio di liquidità operato no addensando nubi particolarmente fosche. dall’amministrazione a stelle e strisce inizierà
«
LUCA BURRAFATO, CAPO DI EULER HERMES MMEA
a chiedere il conto. «È qui – prosegue Burrafato - che si “parrà la nobilitate” dell’Europa: al momento non abbiamo ancora chiaro se avrà gli anticorpi necessari per reagire». Restringendo il discorso alla sola Italia, il clima
PER EVITARE UN 2008 BIS SERVE UN CAMBIO DI ROTTA
«V
edo operazioni che vengono con-
dere preoccupazione mentre parla della
economica sostenuta, con rivalutazione
dotte senza tenere minimamente in
situazione dei crediti deteriorati che pog-
degli immobili e facilità di vendita durante
considerazione quello che è successo in
giano sugli immobili. Le valutazioni che ven-
le aste.
passato. È come se la grande crisi che ci
gono fatte non rispecchiano l’andamento
Oggi invece non è più così e le risposte della
ha colpiti, che ha avuto riverberi pesanti
di un mercato che, con la sola eccezione di
politica sono insufficienti. «Nessun partito
anche nel sistema immobiliare, fosse stata
Milano, non è più tornato ai livelli del 2005.
– prosegue Bertolino – sembra prendere
completamente dimenticata. Io mi occupo di
Non solo: il meccanismo dei Gacs (GAranzie
seriamente la questione. Ci sono dei sin-
crediti deteriorati ipotecari garantiti da im-
Cartolarizzazione Sofferenze) poggia su un
goli provvedimenti che potrebbero essere
mobili: un ambito molto specifico che però
altro assunto errato. Negli anni della prima
efficaci, ma manca una visione strategica
vale l’80% del totale». Massimiliano Bertoli-
ondata di cartolarizzazioni – dal 2000 al
d’insieme che risponda a una semplice do-
no, AD di Frontis NPL, non riesce a nascon-
2005 – si veniva da un periodo di crescita
manda: con il meccanismo delle cessioni
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CRESCERE SENZA CRESCITA
che si sta respirando già da qualche mese è pesante e tendente a un ulteriore peggioramento. «I principali indicatori della fiducia – aggiunge il responsabile dell’area Mmea di Euler Hermes – sottolineano la forte prudenza ad investire da parte delle imprese nel nostro paese. Questo perché negli anni abbiamo assistito a una selezione quasi darwiniana delle aziende. Quelle che hanno resistito hanno dovuto farlo contando sulle proprie gambe. Le banche, dal canto loro, sono ancora molto solide, come dimostrato dai recenti stress test realizzati dalla Bce. È vero che c’è stata un’unica eccezione, che è Carige, ma per il resto sono istituti di credito sani che fanno fatica ad aumentare gli impieghi. Il combinato disposto tra credit crunch e crisi di fiducia ha portato una riduzione complessiva degli impieghi. Da questo punto di vista, negli ultimi anni ci sono stati degli
incentivi da parte della politica nei confronti «Anche in Italia – conclude Burrafato – stiamo dell’economia e ci auguriamo che analoga lavorando con l’ausilio delle nuove tecnologie: strada venga presa dall’attuale esecutivo. Non ad esempio, abbiamo impiegato dei tool di rosi può non notare, però, che se il governo non botica che ci aiutano nella selezione di nuovi, metterà in campo delle reali e tangibili iniziatipotenziali clienti. Si tratta di aziende che già ve a sostegno degli investimenti delle aziende, conosciamo, e che, grazie al matching delle queste saranno in grande difficoltà». informazioni, possiamo far entrare nel nostro Euler Hermes è la più grande azienda di asportfolio. La digitalizzazione dei prodotti che sicurazione del credito del mondo: nel 2016 realizziamo ci consente di mantenere dei costi deteneva il 34% dell’intero comparto, con un sempre piuttosto bassi. Un’altra tecnologia di fatturato superiore ai 2,6 miliardi e con oltre cui ci stiamo servendo in maniera particolare è 900 miliardi di transazioni coperte nel mondo. quella dei big data: incrociando enormi moli di Uno degli indicatori che fa propendere la muldati possiamo affinare il nostro rating e quindi tinazionale verso un avere un approccio al nuovo allarme è rap- I CREDITI INSOLUTI SONO AUMENTATI TRA credito più dinamico IL 25 E IL 30% ANCHE SE PER ORA SOLO SU presentato dal numee flessibile. Va detto PICCOLI IMPORTI, OVVERO PMI FIACCATE ro di sinistri che, nel DALLA CRISI CHE NON RIESCONO A PAGARE che abbiamo raggiunloro caso, sono crediti to il più alto livello di insoluti. fatturato e di esposizione nella storia: grazie Dopo anni di calo, si è registrata un’inversioa tutti gli strumenti che abbiamo sviluppato ne di tendenza che ha portato a un aumento potremo garantire ai nostri clienti una crescita anno su anno tra il 25 e il 30%, anche se per sana, ma è ovvio che - data la situazione monora ha riguardato soprattutto i piccoli importi, diale dobbiamo anche fare qualche piccola ovvero quelle aziende che, fiaccate dalla crisi, correzione, graduale, in modo che non impatti non sono riuscite a onorare i propri debiti. I sull’operatività degli stessi. Guardiamo al futucosti di assicurazione del credito sono ancora ro con relativa tranquillità, fiducia e, allo stesso piuttosto contenuti, se si considera che il tasso tempo, audacia. Parole chiave del nostro piano di premio sulle PMI si mantiene tra lo 0,40 e strategico 2019-2021 “Confidence to be bold”, 0,80% dell’intero fatturato annuale. In Italia che ci vedrà ancora più protagonisti al fianco Eurler Hermes ha oggi oltre 6.000 aziende delle imprese in un mondo in continua trasforclienti. mazione».
di Npl, il problema non viene eliminato dal
cessione che poggia su un’idea, vecchia,
sistema, ma semplicemente spostato dalle
per cui qualsiasi metro quadro costruito
banche ad altri soggetti. Una casa che vie-
potesse essere rivenduto perché provvi-
ne usata come garanzia con un valore su-
sto di valore. Ma non è così. E le banche,
periore a quello di mercato genererà per
dal canto loro, stanno iniziando a cedere
forza – se si riesce a vendere, cosa per
anche crediti UTP (Unlikely To Pay, ovvero
niente scontata – una minusvalenza. Non
che difficilmente verranno ripagati, anche
sarà per le banche, ma per chi ha compra-
se non sono ancora iscritti come soffe-
to quel credito deteriorato. Resta il fatto
renze): sembra un buon modo, perché si
che all’interno del sistema Italia rimane
dialoga con un soggetto che non è ancora
una potenziale “bomba”».
fallito, e si può cercare di evitare l’asta.
E il futuro non è per niente roseo, a sen-
Ma bisogna strutturare questo rapporto,
tire Bertolino: «Non cambierà nulla nel
altrimenti il rischio che corriamo è parti-
2019 – conclude -. Continuerà un trend di
colarmente elevato».
MASSIMILIANO BERTOLINO, AD DI FRONTIS NPL
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GESTIRE L'IMPRESA
Se le imprese italiane vanno alla conquista dell’America C’è un mondo di opportunità di business ancora inesplorato Oltreoceano. Per questo Fernando Napolitano, con la sua Italian business & investment iniziative, ha creato una rete di relazioni strategiche per le aziende di Sergio Luciano
N
FERNANDO NAPOLITANO, CEO ITALIAN BUSINESS& INVESTMENT
ti ha studiato e vissuto per parecchi dei suoi 54 diale per i loro capitali. Insomma, potremmo anni, «noi italiani non conosciamo affatto quel fare molto di più. «C’è davvero un gap, tra noi, Paese, anche se i nostri immigrati sono più di quasi un buco nero» sostiene Napolitano: «è 20 milioni su un totale di circa 325. E gli amequello della comunicazione. Non ci conosciaricani continuano a vederci tutt’al più come otmo affatto. Se un italiano propone un investitimi produttori di moda e di cibo, e poco più». mento nell’hi-tech, gli americani ridono, non È anche e soprattutto ci credono, guardano LA GERMANIA ESPORTA IN USA MERCI per questo incredibile altrove. Io invece coPER 400 MILIARDI DI EURO. L’ITALIA SI gap di conoscenza, se nosco bene entrambe FERMA A 43 MILIARDI. MA IL GAP SI PUÒ oggi le imprese ita- COLMARE CON LE PARTNERSHIP GIUSTE le sponde: so che esiliane esportano negli stono potenzialità inStati Uniti sì e no il 7-8% del totale del loro credibili, e per questo mi sono dato il compito venduto all’estero, e se intanto gli investimendi avvicinarle». ti americani nel nostro Paese sono da tempo Con questo obiettivo fisso in testa, Napolitano fermi a 3-4 miliardi l’anno, facendo dell’Italia moltiplica appuntamenti e iniziative, accumula la modesta trentottesima destinazione monprogetti ambiziosi, insegue sempre nuove idee. La sua Italian business & investment initiative sta organizzando per il prossimo 17 aprile una mattinata d’incontri al top, presso il Council on foreign relations di Park avenue. Sotto il titolo «The international business exchange, investing in the new Europe», sono in via di organizzazione seminari su temi di stretta attualità: dal futuro dei media all’ambiente, fino al commercio tra Europa e Usa dopo la Brexit. Sponsor dell’iniziativa sono banche come J. P. Morgan, Deutsche Bank e Banco Bpm; ma anche Enel, Mediaset, Terna, Invitalia, Farmindustria, la Sace e la Simest. Partecipano l’Aspen Institute e la Bocconi, l’American chamber of DA SINISTRA: JEFFREY HEDBERG (WIND TRE), FERNANDO NAPOLITANO (CEO ITALIAN BUSINESS & INVESTMENT), GINA NIERI (MEDIASET), FRANCESCO STARACE (ENEL), GIUSEPPE CASTAGNA (BANCO BPM) E ANDREA VISMARA (EQUITA) commerce in Italy e il Center for American stu-
oi italiani abbiamo un problema con gli Stati Uniti, ma forse non lo sappiamo. È un problema fatto di potenziali inespressi, di occasioni sprecate. Un esempio, per capire: la Germania, il cui Prodotto interno lordo vale tre volte quello italiano, esporta in America merci per 400 miliardi di euro. L’Italia, fatte le debite proporzioni, non solo non arriva a 150 miliardi, e nemmeno a 100, ma si ferma a poco più di un decimo: 43 miliardi. Fermi tutti: dove stiamo sbagliando? È su questo problema che Fernando Napolitano ha deciso di battersi, fondando nel 2011 una società nel cuore di Manhattan, la Italian business & investment initiative: «Del resto» dice a Economy Napolitano, che negli Stati Uni-
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ne quale sia l’importanza di aprirsi a contatti immaginare». di quel livello» sospira Napolitano «l’immagiIl nuovo indice, elaborato da Napolitano in colne del nostro Paese oltre Oceano cambierebbe laborazione con il colosso della consulenza At in appena sei mesi». Ma la Ibii, intanto, gioca Kearney, si chiama Irg: la sigla sta per «Influensu più tastiere. Da dieci anni ormai, in collaboce, relevance & growth» (influenza, rilevanza e razione con l’ambasciata statunitense in Italia crescita). La sua logica si basa su dieci paramee con la Fulbright foundation, la società di Natri tra cui l’esposizione all’internazionalizzapolitano sostiene giovani imprenditori italiani zione, il capitale umano, il sistema di welfare dotandoli di borse di studio da 35mila euro. interno... Ogni parametro viene valutato con È fund-raising allo stato puro, spiega l’uomo un punteggio da zero a tre: il massimo è 30. Ma d’affari. E sottolinea la differenza tra quel che nessuno finora l’ha mai raggiunto. Apple, per riesce a ottenere dall’ambasciata statunitenintenderci, è arrivata a 27. «E se ti fermi sotto a se e quel che non arriva dal governo italiano. un punteggio di 20 non sei abbastanza influenCon quei fondi, i nostri giovani vengono aiute» dice Napolitano «però puoi capire dove e tati a sviluppare start-up tecnologiche: dieci come rimediare». di loro, ogni anno, volano nella Silicon Valley Napolitano è convinto che l’indice Irg sia lo per partecipare agli otto mesi di uno stage in strumento di valutazione del futuro: «Mai dies. Agli incontri prenderanno parte alcuni grado di farli penetrare nella logica della filiera come in questo nostro tempo le imprese tra i principali ceo italiani, francesi, spagnoli e dell’hi-tech. Finora, i premiati sono stati cento, hanno avuto tanta importanza. Un tempo gli statunitensi. Eni, Terna, Generali, Wind 3 e lo per un totale di 3,5 milioni di euro. «I vincitoeserciti aprivano la strada, poi arrivavano i Studio Chiomenti, la principale law-firm italiari sono andati e sono tutti rientrati in Italia» commercianti. Oggi accade il contrario. E inna, sono alcuni dei nomi che fin qui hanno adespiega il consulente «portandosi dietro circa tanto le istituzioni statuali sono in crisi pratirito all’invito. «Sto spingendo» dice Napolitano 50 milioni di dollari d’investimenti». camente ovunque, il settore pubblico non ha «perché altre nostre aziende entrino nel CounMa Napolitano (un più né teste né risorse, L’INDICE INFLUENCE, RELEVANCE cil: esserci, del resto, fa davvero la differenza, master in managei mass-media tradizioAND GROWTH (IRG) ELABORATO INSIEME per chi vuole creare business in America e nel ment alla Brooklyn nali contano sempre CON AT KEARNEY VALUTA LE REALI mondo; perché soltanto in quel contesto è gaPolytechnic University meno. Per questo è POTENZIALITÀ DI BUSINESS rantito l’accesso a informazioni non soltanto e un altro in advanced sempre più fondamenutili per muoversi sullo scacchiere internaziomanagement ad Harvard) non si ferma qui. Ha tale che l’impresa sappia percepire la propria nale, ma in certi casi addirittura vitali». La sera anche messo a punto un nuovo strumento per influenza con criteri scientifici, che possa sagprecedente, il 16 aprile, si terrà una cena-inla valutazione delle aziende: è un nuovo indice, giare la sua capacità di reazione contro evencontro off records per una cinquantina d’inviquella che definisce «la terza zampa» del tavotuali policy maker ostili». tati con Bob Rubin, che era segretario al Tesoro lo strategico da cui manovra le sue iniziative a In due anni di elaborazione, racconta Napolidegli Stati Uniti nell’amministrazione Clinton, cavallo tra Italia e Stati Uniti. «Ormai» spiega tano, l’indice Irg è stato testato accuratamente, e con Richard Haass, il diplomatico che è stato «i sistemi per la classificazione d’impresa sono anche attraverso sistemi di intelligenza artificonsulente del segretario di Stato Colin Powell invecchiati, restano legati alle logiche econociale. Molti grandi ceo, tra Stati Uniti e Italia, lo e dal 2003 è presidente del Council. «Se potesmiche e finanziarie degli anni Ottanta, quando hanno messo alla prova con successo, e ora è in si far capire a chi guida le grandi aziende italiala globalizzazione era ancora un concetto da vendita. Alle imprese italiane servirebbe come il migliore biglietto da visita per presentarsi sul mercato statunitense, perché parametri e L’interscambio commerciale Italia - Usa condizioni abilitanti di quell’indice non possono mancare. Ma Napolitano non è comunque 2015 2016 2017 soddisfatto: «Sto lavorando a una nuova iniziativa» annuncia «ma non voglio ancora parlarne. Coinvolgerà un centinaio tra rettori univerImportazioni in Italia dagli Usa 14,1 13,9 15,01 sitari e amministratori delegati o presidenti d’imprese italiane americane. Nessuno l’aveva Esportazioni italiane negli Usa 35,9 36,9 40,4 mai fatto prima, ne riparleremo nel 2019».
C’È UN BUCO NERO TRA STATI UNITI E ITALIA MA SO CHE ESISTONO POTENZIALITÀ INCREDIBILI
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GESTIRE L'IMPRESA
GIANNI BITETTI
HARD BREXIT, ISTRUZIONI PER L’USO Lo scenario più preoccupante è quello del no-deal. Così, nel dubbio, in molti hanno già fatto le valigie. Per le aziende italiane che fanno affari nel Regno Unito non c’è che una via: prepararsi al peggio. Ecco come di Marina Marinetti
F
acciamo un brutto gioco: quello del no-deal. Non sappiamo ancora come andrà a finire. Ma, comunque vada, alcune scelte sono già state fatte. E altrettante partite sono già state perse. Quella della produzione del fuoristrada X Trail di Nissan a Sunderland, per esempio. E anche Ford sta preparando il trasloco. Come Panasonic, che si è spostata ad Amsterdam. E Unilever, che ha preferito Rotterdam. Per non parlare di Barclays Bank, Bank of America, Jp Morgan, Aberdeen Standard Investments, Morgan Stanley, Goldman Sachs e Deutsche Bank. O di Sony Europe, Panasonic Europe, Dyson, Steris, Wasdel e Central Pharma. Ma noi siamo italiani e vogliamo capire è cosa succederà alle nostre aziende, se nessun accordo (o nessuna proroga) interverrà a mettere una pezza sul quel pasticcio che è la Brexit. «Prima del referendum nessuno, nel mondo imprenditoriale, aveva immaginato il what if.... Neppure la industry finanziaria», spiega Gianni Bitetti, esperto di transfer pricing e fiscalità internazionale, partner di Bernoni Grant Thornton. «Si stima che la piazza finanziaria inglese rischi di perdere, a favore del resto dell’Europa, ben 800 miliardi di sterline di financial asset: in buona parte il
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settore finanziario ha già posto in essere dei veri e propri Brexit plan». Parla con cognizione di causa, Gianni Bitetti, che tra il 2015 ed il 2017 è stato responsabile dell’Italian Desk di Bernoni Grant Thornton a Londra. Si scrive compliance, si legge “buio completo”. «I nostri colleghi che si occupano di consulenza fiscale, legale e regolatoria non fanno un weekend a casa da mesi», spiega Bitetti «ma si laATTENZIONE AL BACO NORMATIVO: IL REGNO UNITO È UN PAESE DI COMMON LAW. SIGNIFICA CHE CHI ARRIVA PRIMA DAL GIUDICE PUÒ DETTAR LEGGE
vora bendati, perché ancora non si conoscono le regole del gioco». E in un paese di common law, com’è il Regno Unito, basato sui precedenti giurisprudenziali, chi primo arriva (dal giudice) detta legge: «Le materie oggetto di regolamentazione comunitaria rischiano di creare un baco normativo, un rischio che per chi fa impresa è incredibile». Così, dall’Iva «sia intra che extra UE», spiega Bitetti, «alla procedura di postponed VAT accounting on imports immaginata in caso di un no-deal e agli innumerevoli maggiori oneri di compliance da prevedere per i rapporti d’affari con il Regno Unito. «Stia-
mo dedicando molti sforzi per aiutare i nostri clienti a gestire la fattura elettronica, unici al mondo ad averla resa obbligatoria tra i privati, figuriamoci come potremmo aiutarli a gestire l’impatto sui prezzi delle merci e tutto il tema della compliance». Le aziende sono pronte? «No». Il tema cruciale è quello dei dazi. «Siamo la seconda manifattura d’Europa e quindi siamo quelli che potrebbero avere il maggior nocumento dall’hard Brexit». Quanto nocumento? Per farcene un’idea, consideriamo che il Regno Unito è il quinto paese nella classifica dei destinatari delle esportazioni italiane, per più di 25 miliardi di euro l’anno, e il decimo per quanto riguarda le importazioni, per circa 13 miliardi di euro l’anno. La questione Brexit riguarda più di 117mila imprese italiane: quelle che, stando ai dati dell’Agenzia Doganale e Monopoli, ogni anno effettuano cessioni o acquisti di beni con il Regno Unito. «La Tatcher aveva puntato quasi tutto su una rivoluzione industriale che portasse all’affermazione di Londra come capitale finanziaria europea. C’è riuscita, ma ora tutto quello che sono i macchinari di qualità, dei quali l’Italia è il principale esportatore al mondo, così come la ricambistica, l’agroalimentare o, in misura minore, il luxury,
ha un impatto importante in uno scenario che vede la possibile reintroduzione di dazi all’ingresso». Si fa presto a dire dazi, un po’ meno a stabilirne la misura. «L’ipotesi sul tavolo è l’applicazione di dazi sulla base delle regole stabilite dalla World Trade Organization, di cui la Gran Bretagna è membro a prescindere dalla sua appartenenza alle UE, in attesa di rinegoziare le tariffe per singola area di commercio». Per fare un paragone, tra Stati Uniti e Unione Europea ci sono almeno 20 diversi accordi, che coprono dal vino alle banane, dalle etichette di efficenza energetica ai prodotti assicurativi. Ma come funzionano le regole della Wto? Ogni paese membro ha una sua lista di tariffe (che poi sarebbero le tasse di importanzione dei beni) e di quote (i limiti alle quantità importabili) da applicare agli scambi commerciali con gli altri Paesi. Secondo le regole della Wto, le auto verrebbero tassate al 10% non appena varcassero i confini tra UK e UE. E le tariffe per i prodotti agricoli sarebbero ben più alte del 2,8% medio attuale: secondo alcuni calcoli crescrebbero di più del 35% già solo per i prodotti di utilizzo quotidiano. Sempre secondo le regole della Wto, il Regno Unito non potrebbe abbassare le tariffe e alzare le quote unilateralmente (simulando una sorta di ritorno al libero scambio) senza concordare un accordo commerciale. E, dunque, dovrà trattare tutti i membri Wto con cui non abbia un accordo allo stesso modo. Dentro e fuori dalla UE. Ops. «I fattori che entrano in gioco sono principalmente due», specifica Bitetti: «l’eventuale protezionismo che il Regno Unito potrebbe praticare nei confronti dell’Italia con riferimento a determinati prodotti, e la categoria in cui la Wto e l’Ue inserirebbero il Regno Unito: se tra i paesi most favoured, con cui sono ammesse tariffe e quote agevolate, o meno. In ogni caso lo scenario della Wto impatta sui prezzi, sull’inflazione, sulla sterlina, innescando un circolo vizioso che non vedrà nessun vincitore». O quasi. Wēijī, dicono i cinesi. Significa sia “momento cruciale” (o anche “crisi”) che “opportunità”. Perché c’è sempre il modo di sfruttare la situazione. O comunque di ridurre le perdite
al minimo. Nel caso della Brexit, c’è chi si sta riorganizzando per esportare in UK i propri prodotti non finiti, ma ad uno stadio di lavorazione precedente. Magari accordandosi con un partner oltremanica che si preoccuperà di ultimare l’assemblaggio o il confezionamento, in modo da far rientrare il prodotto sotto un codice doganale diverso e quindi riducendo l’impatto del dazio sul prodotto finito. «Sicuramente emergerà l’opportunità (o il bisogno) di immaginare una definizione della catena del valore da parte di qualche gruppo», spiega Bitetti. Un esempio? «La battuta di Boris Johnson I FATTORI CHE ENTRANO IN GIOCO IN CASO DI UN NO-DEAL RIGUARDANO L’IVA, I DAZI, MA ANCHE LA COMPLIANCE DELLE NORME
sul Prosecco è passata agli annali – per chi se la fosse persa, era “Venderete meno Prosecco” detto a Carlo Calenda dopo il referendum, ndr – ma la capacità di razionalizzare i costi farà la differenza. Rimanendo appunto al Prosecco, il Triveneto per poter assorbire il maggior onere potenziale del dazio potrebbe cominciare già a fare stock, magari su Brighton. Un imprenditore con un po’ di “pelo sullo stomaco” lo potrebbe fare su qualunque prodotto a lunga scadenza, com’è il vino, proprio in previsione
di un’esplosione dei prezzi al dettaglio. Nella classica legge della domanda e dell’offerta, potrebbe opportunisticamente ricavare margini importanti. E comunque, se fossi un imprenditore, cercherei di tutelarmi con opportuni strumenti derivati di copertura cambi, per compensare (o eventualmente sterilizzare) le possibili perdite». Cosa che sulla piazza finanziaria si sta già vedendo. E per le merci a breve scadenza? «Dalla Brexit il maggiore nocumento è per i fornitori dei prodotti che la Gran Bretagna non ha, quindi Spagna, Italia e in parte anche Olanda: tutti esportatori di ortofrutta. Gli scaffali potrebbero restare vuoti anche per via dell’oscillazione del cambio, con le diverse strutture di approvvigionamento che andrebbero in collasso finanziario per insostenibilità del business, a causa dell’erosione dei margini bassissimi del settore, spesso legati ai soli volumi». Così, da Tesco e da Morrison, due fra le più importanti catene del Paese, già all’inizio di febbraio hanno limitato la quantità acquistabile di alcune verdure, fra cui insalata e broccoli. «Il razionamento richiama alla memoria qualcosa di molto peggio della Brexit», conclude Bitetti, «e anche apprendere che esiste un piano di evacuazione della Regina aggiornato rispetto a quello della seconda guerra mondiale non ci lascia tranquilli».
SE MILANO TIFA PER IL NO-DEAL La Brexit potrebbe portare nuova linfa a Palazzo Mezzanotte. «Non dimentichiamoci che dal 2007 la Borsa di Milano è controllata dal London Stock Exchange», sottolinea Gianni Bitetti, «E con la Brexit quello che è uscito dalla porta potrebbe rientrare (in parte) dalla finestra. In uno dei possibili scenari, come riportato dal Financial Times, solo l’esecutivo britannico e le banche del Regno
Unito continuerebbero ad utilizzare la divisione londinese di Mts Cash. Per tutti gli altri bond governativi, la piattaforma che collega governi, banche d’investimento e gestori, potrebbe muoversi in direzione Milano. Quindi quel tipo di piattaforma e con essa tutti i sottostanti margini dell’intermediato potrebbero tornare a Milano. Che, peraltro, si vedrebbe riconosciuta una sua expertise
storica». Se Londra piange, quindi, Milano ride. «Molte banche d’affari si stanno riorganizzando e Milano ne sta godendo. Diversi gruppi bancari hanno cominciato a distaccare personale in Italia. Certo, non si parla dei numeri che stanno invadendo Dublino, ma vediamo, per esempio, che i numeri della nostra legal firm crescono così come, e in alcuni cais pi di, quelli dei competitors».
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DE SCALZI CONTE E IL PRINCIPE EREDITARIO DI ABU DHABI MOHAMMED BIN ZAYED AL NAHYAN
Da Eni alle pmi, per l’Italia è il momento di Abu Dhabi Il mercato degli Emirati Arabi Uniti è in una fase particolarmente favorevole per le aziende del Belpaese. Che si preparano all’Expo di Dubai 2020 anche facendosi affiancare da consulenti specializzati di Angelo Curiosi
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l Papa per la prima volta in un Paese arabo, gli Emirati Arabi Uniti, e precisamente nella loro capitale Abu Dhabi. E l’Eni che firma proprio con l’azienda petrolifera di Stato di Abu Dhabi, la Adonc, un grandissimo piano di investimenti – una delle operazioni più significative del settore petrolifero degli ultimi anni – rilevandone per 3,3 miliardi di dollari il 20 per cento. Adonc – va tenuto presente – controlla il quarto complesso di raffinazione al mondo. E consentirà all’Eni di migliorare del 50 per cento l’obiettivo del break-even di raffinazione, a circa 1,5 dollari al barile. «Con quest’operazione Eni incrementa del 35% la propria capacità di raffinazione», ha commentato l’ad Claudio Descalzi, «ed è in linea con la nostra strategia volta a rendere il portafoglio di Eni maggiormente diversificato dal punto di vista geografico, più bilanciato lungo la catena del valore, più efficiente e più resiliente rispetto alla volatilità del mercato».
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Dunque negli Emirati qualcuno ci ama: e la presenza del premier Giuseppe Conte alla cerimonia della firma voleva suggellare l’alto contenuto istituzionale dell’accordo. Quest’operazione però va inquadrata in un più generale fenomeno di consenso per l’Italia: «Sì, gli
GIOVANNI BOZZETTI CON H.E. ABDALLA AL SHAMSI
Emirati Arabi Uniti ed in particolare l’Emirato di Abu Dhabi», afferma Giovanni Bozzetti, presidente e fondatore di EFG Consulting, società specializzata nell’affiancamento di aziende italiane nel processo di internazionalizzazione verso il Medio Oriente, «si rivelano sempre più un mercato estremamente favorevole per le aziende italiane, come il caso Eni conferma. L’ambiente particolarmente favorevole per le aziende straniere, grazie anche ai numerosi incentivi del Governo locale annunciati recentemente dalla Abu Dhabi Chamber of Commerce, rappresenta uno straordinario elemento di attrattività per il sistema imprenditoriale italiano, unitamente alle straordinarie condizioni di sicurezza e estrema tolleranza nei confronti di ogni credo e ogni etnia che sono state anche recentemente testimoniate dalla visita del Pontefice ad Abu Dhabi». Il che, in vista dell’Expo di Dubai 2020, rende davvero l’area di un’attrattività unica. Si calcola che quest’anno nei due grandi aeroporti degli Emirati transiteranno complessivamente oltre 150 milioni di passeggeri destinati a diventare 200 di qui al 2020. Se anche i turisti fossero meno della metà, staremmo pur sempre parlando di 70 milioni di persone, destinati a diventare 100. Più del traffico totalizzato oggi da Roma, Milano e Venezia. Gli italiani residenti sono 13 mila, le aziende italiane residenti circa 100, le agenzie commerciali 50 e i marchi depositati 8.765. I turisti dall’Italia 300 mila all’anno, su 10 voli giornalieri. Sono i numeri di una corrispondenza di stima e simpatia sulla quale c’è chi sta facendo proficuamente leva da tempo. E il tutto deve essere letto incrociandolo con l’Agenda Nazionale per il 2021 – l’anno del Giubileo della Fondazione dell’Unione - un programma poderoso non solo in termini finanziari ma soprattutto culturali che punta a fare degli Emirati un Hub mondiale dell’economia competitiva della conoscenza. Il petrolio potrà non durare all’infinito, e nuovi angoli meravigliosi faranno concorrenza per il turismo, ma le competenze avranno sempre mercato. E qui fanno sul serio, a svilupparle. E intanto sviluppano il Pil: del 3,1% quest’anno, dopo il +2,9% registrato nel 2018.
Per conquistare il mercato “bastano” dieci minuti Fimer nel 2018 ha investito sei milioni di euro in ricerca e sviluppo. E ora sta per immettere sul mercato le nuove colonnine Hyperfast, che faranno “il pieno” alle auto elettriche in una frazione di tempo di Marina Marinetti
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l progresso è un effetto collaterale. Perché investire in ricerca e sviluppo serve soprattutto a incrementare il proprio business. «Ricerca e innovazione devono sempre avere uno sbocco commerciale», sostiene Filippo Carzaniga, direttore generale di Fimer, specializzata nel fotovoltaico nonché leader in Italia delle colonnine per ricaricare le auto elettriche. Fimer ne ha già installate 2800. E il settore è in grande crescita, con 21mila unità da installare nel Paese entro il 2022. Fimer, coi suoi 140 dipendenti, fattura circa 70 milioni di euro e nel 2017 ha investito circa 2,5 milioni di euro in ricerca e sviluppo, cifra che per il 2018 ha sfiorato i 6 milioni. «In Italia innovazione e ricerca si intendono fini a se stesse, diversamente dal resto del mondo, in cui la ricerca viene finanziata solo se ha uno sbocco commerciale», sottolinea Carzaniga. «Noi abbiamo 46 persone che lavorano nel nostri dipartimento R&D, con due tipologie di ingegneria: una di prodotto e l’altra di progetto, che cala il pro-
dotto all’interno di un progetto specifico», dice Carzaniga. Ed è grazie agli investimenti in ricerca che Fimer ha appena presentato al mercato la nuova colonnina Hyperfast da 350kW, che ricarica un’auto elettrica, tipo la Nissan Leaf, in meno di 10 minuti. Per dare un’idea di quanto possa impattare, basti considerare che con le colonnine FILIPPO CARZANIGA, DIRETTORE GENERALE DI FIMER da 22kW oggi presenti in ambito urbano la 150 kW: significa che tutte ricaricheranno stessa auto si ricarica in circa due ore e mezin un quarto d’ora». Per Carzaniga potrebbe za. Una rivoluzione che, senza investimenti essere il grimaldello che amplierà la platea in ricerca e sviluppo, non ci sarebbe stata. degli utilizzatori di auto elettriche: «Oggi c’è Che arriverà in contemporanea con l’uscita poca disponibilità di prodotto», sottolinea, sul mercato delle nuove super car elettriche «bisogna scegliere che potranno essere LA CURVA DI DURATA DEI PRODOTTI SI tra l’altissima gamma ricaricate solo con ACCORCIA SEMPRE DI PIÙ. PER QUESTO questo nuovo tipo CHI NON INVESTE IN RICERCA E SVILUPPO e l’utilitaria. L’80% del segmento, quello di colonnine, come VIENE TAGLIATO FUORI DAL MERCATO dell’auto intermedia la Porsche Taycan: tra i due estremi, non è coperta». E per il fu«Uscirà nella seconda metà del 2019, ma turo, Fimer punta sullo storage: «Stiamo lanoi saremo pronti già nel primo trimestre vorando sul vehicle to grid», spiega Filippo dell’anno. Tutte le prossime generazioni di Carzaniga: «Utilizzeremo le auto come pacauto usciranno con batterie fino a 350 kW, chi batterie, come colonnine bidirezionali in mentre le attuali arrivano al massimo ai grado di trasferire energia alla rete». Per Fimer tanta attenzione alla ricerca non è questione di ideali, quanto una necessità impellente: «La curva di durata di un prodotto si sta accorciando sempre di più, fino a 7 o 8 anni fa l’orizzonte temporale era di una decina d’anni, oggi è di soli 5 o 6 anni», spiega il direttore generale di Fimer. «Con la riduzione della vita tecnologica di un prodotto chi non investe è pressoché morto e defunto». E anche il ritorno sull’investimento si è accorciato: «Oggi deve avvenire nell’arco di un triennio».
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UN MANAGER PER ENTRARE NELL'ERA DIGITALE Gli sgravi per le imprese che decidono di avvalersi di una figura ad hoc che si occupi dell'innovazione in azienda sono stati inseriti nella legge finanziaria. Una conquista di Federmanager di Marco Scotti
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uida le aziende nella complessa transizione verso la nuova era del digitale. Deve essere capace di mediare tra una cultura “conservatrice” e la necessità di abbandonare il refrain del “si è sempre fatto così”. Stiamo parlando dell’innovation manager, un professionista che è stato al centro di una norma della recente Manovra Finanziaria che ha stanziato 25 milioni. Nello specifico, per le aziende sono stati previsti tre diversi sgravi: pari al 50% dei costi sostenuti entro i 40.000 euro per le micro e piccole imprese; al 30% dei costi sostenuti entro 25.000 euro per le medie imprese; in misura pari al 50% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 80.000 euro per le reti d'impresa. Il contributo è a fondo perduto e per essere erogato deve essere suffragato da progetti di trasformazione tecnologica e digitale che utilizzano le tecnologie abilitanti previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Sono com-
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presi anche i progetti di ammodernamento degli asset gestionali e organizzativi dell’impresa, e in ultimo sono compresi anche gli interventi per l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali. Rispetto alla proposta originaria, infatti, sono state decurtate sia la soglia di investimento (passata da 40 a 25.000 euro) sia l’aliquota del rimborso che è pasSTEFANO CUZZILLA: «È UN PRIMO PASSO PER STIMOLARE LE IMPRESE AD AVVIARE UN PROCESSO CHE NON PUÒ LIMITARSI AL SOLO VOUCHER»
sata al 30%. Importante, poi, che lo stesso incentivo arrivi a 80.000 euro – con aliquota al 50% - per le aziende che costituiscono reti d’impresa un provvedimento che incentiva le aziende a creare network e a unire le forze. «Questo provvedimento – ci racconta il presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla – nasce da una nostra proposta presentata
pubblicamente a ottobre scorso a tutte le forze parlamentari. Chiedevamo appunto un contributo a fondo perduto per inserire nelle PMI le competenze manageriali esperte nell’innovazione tecnologica e di processo. In seguito, abbiamo intensificato il dialogo con il governo e con il Mise, con il ministro Luigi Di Maio e con il Sottosegretario Claudio Durigon. Siamo soddisfatti del provvedimento, che è un po’ diverso dalla nostra proposta, ma va bene così… Il budget di 25 milioni l’anno per 3 anni è solo un primo passo per stimolare le imprese ad avviare un processo che non può limitarsi al voucher. Noi infatti riteniamo vadano inserite stabilmente le competenze manageriali, invece, nella legge di Bilancio, si parla di consulenze, con una differenziazione di importo tra medie, piccole e reti di impresa. È un primo passo, appunto, che speriamo sia sufficiente. La differenza la farà la capacità di far incontrare le persone giuste per le esigenze
della singola impresa». Il problema più cogente riguarda la figura degli innovation manager. Secondo il decreto, infatti, il Ministero dello Sviluppo Economico si prenderà almeno 90 giorni per realizzare degli elenchi in cui verranno inseriti i professionisti o le società di innovazione tra cui le aziende potranno “pescare” per avviare l’inserimento di innovation manager e quindi poter accedere agli sgravi. «È necessario chiarire – chiosa Cuzzilla – chi sia l’innovation manager: si tratta di un professionista che sa guidare la trasformazione digitale innovando i modelli di business e i modelli organizzativi. Le competenze tecniche digitali sono un presupposto ma non bastano. Servono anche, ad esempio, conoscenza dei sistemi complessi di gestione delle informazioni e capacità di change management. È evidente quindi che non può essere chiunque. Noi abbiamo indicato «ABBIAMO AVVIATO UN PROGRAMMA DI CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE MANAGERIALI. LE PMI DEVONO COGLIERE QUESTA OPPORTUNITÀ»
i requisiti del manager per l’innovazione già due anni fa, quando abbiamo avviato un Programma specifico di certificazione delle competenze manageriali introducendo la figura del manager per l’innovazione. È fondamentale, poi, che il tesoretto a disposizione non sia sprecato. Non lo dico tanto per i manager, quanto per il nostro sistema produttivo nel suo complesso. Le Pmi devono cogliere questa opportunità!». Negli ultimi tre anni, secondo l’Osservatorio del Politecnico, le principali fonti di innovazioni sono state piuttosto tradizionali: in primo luogo i venditori e fornitori di soluzioni Ict (42%), seguiti dal top management (38%), dai clienti esterni (36%) e società di consulenza (32%), mentre appare ancora limitato l’impatto di università e centri di ricerca (15%), startup (10%) e aziende non concorrenti (7%). Se si osservano le indicazioni delle imprese per i prossimi tre anni, tuttavia, il divario si riduce nettamente, con
Informazione di qualità per innovare sempre Il senso dell'intesa Federmanager-Economy di Stefano Cuzzilla*
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a prima sfida per noi manager si chiama innovazione. Innovazione significa maggiore competitività. Implica un cambio di passo, il coraggio di sperimentare nuovi processi, nuove forme di organizzazione, un nuovo modo per fare business. Quando penso al leader del futuro penso a un professionista che si mette in gioco misurandosi con le trasformazioni in atto. La nota Industria 4.0 è la frontiera con cui esercitare nuove competenze e capacità. Perciò, l’innovazione non può essere un salto nel buio. Va costruita, va sostenuta. Bisogna, com’è stato osservato, dominare con intelligenza gli avvenimenti. E mettere in campo investimenti. Idee e capitale. Altrimenti, e lo dicono i dati, si rischia di restare fuori dal mercato, scalciati via da una selezione darwiniana dove chi non innova, si
estingue. Come presidente di Federmanager lavoro affinché prevalga una cultura d’impresa basata sulla fiducia nel domani, non certo sulla paura del fallimento. Siamo la parte del Paese che va avanti, nonostante tutto. Nonostante i tagli delle stime di crescita del nostro Pil, nonostante i rischi speculativi a cui è esposto il sistema Italia. Siamo quella parte del Paese che ogni giorno agisce sapendo che dal proprio lavoro si genera sviluppo e che dallo sviluppo si genera benessere collettivo. Come contribuire a diffondere una cultura dell’innovazione è la vera domanda. La partnership di Federmanager con il mensile Economy parte anche dalla consapevolezza che bisogna fare rete e condividere l’informazione. Vogliamo
tutte le fonti tradizionali in calo, come venditori e fornitori di tecnologie (31%, -27% sul triennio precedente), società di consulenza (22%, -33%) e il top management (36%, -6%), mentre registrano un forte incremento le fonti di innovazione finora poco utilizzate, come le startup (indicate dal 23% del campione, +138% sul triennio precedente), i centri di ricerca e le università (23%, +59%), le unità aziendali di ricerca e sviluppo (24%, +21%) e le aziende non concorrenti (8%,
che si contaminino le testimonianze di successo di chi, malgrado la crisi in corso, riesce a far crescere il fatturato. A far restare l’Italia una manifattura competitiva nel mondo. Vogliamo in particolare che le nostre colleghe e colleghi fruiscano un’informazione di qualità, siano aggiornati su quello che proponiamo loro in termini di servizio, conoscano bene gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento dei risultati, per avere gli strumenti giusti per superarli. Ogni mese, grazie all’abbonamento digitale ad Economy, potranno avere accesso a questa rivista e capitalizzare, ciascuno nel suo, la ricchezza che solo la conoscenza approfondita delle cose può dare. *Presidente Federmanager
+20%). Un segnale sicuramente positivo. Infine, c’è un altro tema significativo da tenere in considerazione e che riguarda la platea di aziende che potranno accedere agli sgravi. La norma sancisce che i 25 milioni stanziati dovranno essere divisi in parti uguali tra piccole e medie aziende. Stimando un investimento compreso tra i 25 e i 40.000 euro, si ottiene che il numero di aziende al massimo potrà essere di 813, a fronte di poco meno di un milione di Pmi in Italia.
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IL ROBOT (FORSE) SARÀ IL MIGLIORE AMICO DELL’UOMO Ad aprire la 13° edizione di Automatic & Testing, la fiera torinese dedicata a Industria 4.0, un dibattito con i protagonisti dell’innovazione tecnologica. E un sorprendente sondaggio sull’intelligenza artificiale di Sergio Luciano recuperi il tempo perduto e inizi finalmente a formare i nuovi tecnici di cui l’Italia ha bisogno: devono, intanto, provvedere le imprese direttamente, pur collaborando al meglio con scuole e università. Forti del fatto che, come ha sottolineato Carbonato, nonostante tanti ritardi la meccatronica rappresenta il 10% della manifattura italiana per numero d’imprese, il 20% per numero di aziende e addirittura il 27% dell’export, che al 30 settembre del 2018 si attestava a ben 88 miliardi di euro. Durante il convegno, Economy ha distribuito 200 copie di un questionario qualitativo sull’intelligenza artificiale ritirandone compilate circa un terzo. Ecco, in sintesi, le risposte pervenute dall’uditorio.
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robot sono tra noi, sono già al nostro fianco, inutile combatterli, sbagliato temerli, giusto conoscerli ed imparare a usarli: anche se si è una piccola impresa. Lo si capiva, visitando il grande luminoso padiglione dell’Oval lingotto di Torino dove dal 13 al 15 febbraio si è svolta la 13° edizione di A&T, Automation & Testing, la fiera dedicata a Industria 4.0, misure e prove, robotica, tecnologie innovative. Ben 400 espositori, in buona parte stranieri, e 15 mila visitatori per un’infiorescenza di prototipi, esemplari robotici avanzatissimi, sistemi di misurazione, ogni genere di tecnologia dedicata all’industria manifatturiera e ai servizi.In apertura, un convegno-dibattito – al quale Economy ha potuto partecipare promuovendo un contestuale sondaggio qualitativo nella nutritissima platea, arricchita dai ragazzi dello Iaad, l’Istituto d’arte applicata e design guidato da Laura Milani, aperto dall’amministratore delegato di A&T Luciano Malgaroli e da un’introduzione del direttore delle politiche indu-
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striali di Confindustria Andrea Bianchi, seguito da un collegamento Skype con Geoff Mulgan, ceo di Nesta, dall’Australia. Sul palco, Gianpaolo Barozzi di Cisco, Gianfranco Carbonato, presidente esecurtivo di Prima Industrie; Maurizio Cremonini di Comau; Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, Paolo Lobetti, partner di EY Italia Automotive LeaLA MECCATRONICA RAPPRESENTA IL 10% DELLA MANIFATTURA ITALIANA PER NUMERO DI IMPRESE E ADDIRITTURA IL 20% PER NUMERO DI AZIENDE
der; Fabio Santini, capo delle Pmi in Microsoft Italia e Alessia Russo, startupper di successo italocanadese nel settore dei droni. E dunque il messaggio forte e chiaro è che per tutte le imprese, anche quelle medie e piccole, è l’ora di rinnovare i macchinari puntando sulle persone. La vera rivoluzione 4.0 va attuata mediante una forte sinergia tra tecnologie e competenze. E non si può attendere che la scuola
IL SONDAGGIO DI ECONOMY Sai cos’è l’intelligenza artificiale? Una platea di iniziati? Forse no: comunque alla domanda “Sai cos’è l’intelligenza artificiale” la risposta unanime è: sì! In quali campi pensi venga applicata l’intelligenza artificiale? Le risposte spaziano: tra i settori più citati dal campione la medicina, l’automotive, l’automazione industriale, le funzioni di recognition, classification, la smart mobility, le tlc, la finanza, il marketing. C’è anche chi apoditticamente risponde che l’inteligenza artificiale troverà applicazione semplicemente ovunque. Pensi di utilizzarla quotidianamente? La risposta unanime è: sì. Sei favorevole o contrario all’applicazione dell’A.I? Anche qui la risposta unanime è un “sì”, con alcuni accenti addirittura poetici. C’è chi chiede: “Potremmo fermare le onde del mare?”. E c’è anche chi, meno poeticamente, dice: “Sono favorevole, ma mi spaventa”.
L’Intelligenza Artificiale non distruggerà l’umanità, ma le si affiancherà semplificando alcune operazioni ancora oggi nelle mani dell’uomo. Cosa pensi di questa affermazione? Qui le risposte si articolano in argomentazioni differenziate. C’è chi dice che l’A.I. affiancherà l’uomo, ma in maniera predominante. Chi preferisce parlare di “intelligenza aumentata”, adottando peraltro la formula scelta dall’Ibm. E c’è chi sottolinea che però nell’implementare l’A.I. nella nostra vita occorrerà predisporre forti sistemi di sicurezza. Pensi che l’AI potrà amplificare le capacità umane quindi rendere gli esseri umani più efficaci? Risposta unanimente positiva: sì, saremo più efficaci grazie all’aiuto dei robot. Cosa pensi del rapporto uomo - macchina? Il giudizio complessivo è positivo, ma anche qui con molti distinguo. C’è chi considera bene il futuro di questo rapporto, ma “senza operazioni estreme”. Chi osserva che il predominio delle macchine sull’uomo in certi ambiti c’è già, “è un tema antico ma le macchine sono e saranno sempre manipolabili dall’uomo”. Qualcuno afferma, semplicemente, che i robot “ci servono”. Chi ritiene che il rapporto vada potenziato ma “all’insegna della sostenibilità”. Chi infine ritiene che questo rapporto non vada visto con spavento come se fosse un pericolo ma accettato e usato bene. In quali campi vorresti fosse usata l’Intelli-
genza Artificiale? Nel campione molti indicano prioritariamente i settori della medicina e della salute in genere, dell’automotive, della didattica e dei trasporti. Alcuni rispondono, sinteticamente, che l’A.I. andrà utilizzata in tutti i settori della vita relazionale ed economica. E c’è chi, opportunamente, sostiene che nell’ambito della comunicazione e del web l’intelligenza artificiale vada utilizzata con particolari regole di garanzia. Sai che cos’è il Machine Learning? Se sì, puoi spiegarlo in poche parole? A questa domanda le certezze della platea vacillano. Sportivamente, una metà del campione ammette di non saper rispondere. Per gli altri, è una tecnologia che “insegna ai robot a imparare da soli”, una forma di “apprendimento per esperienza” o “autoapprendimento”, o ancora “una tecnologia che crea sistemi esperti”. Sai cos’è il deep-learning? Se sì, puoi spiegarlo in poche parole? In questo caso solo una minoranza del campione che ha compilato il questionario ha affermato di saper spiegare questa denominazione: per costoro, il deep-learning è “l’automazione dell’apprendimento automatico”, o “una tec-
nica di apprendimento”, o ancora “un incrocio tra il machine learning e l’A.I.”. Pensi che l’intelligenza artificiale sia il futuro? Se sì, perché? Tutti coloro che hanno risposto al questionario sono convinti che sì, l’intelligfenza artificiale sarà il futuro “perché l’interazione uomo-macchina sarà naturalmente sempre più invasiva”, “anzi è già il presente”, “è la nuova frontiera tecnologica del sistema, “è una naturale evoluzione”, uno scenario “inevitabile”, darà all’umanità dei veri “superpoteri” e permetterà di compiere “in fretta le scelte giuste”. Pensi che la figura dell’uomo sia insostituibile? Se sì, perché? Salvo una risposta particolarmente pessimista, tutti ritengono che il ruolo umano sia destinato a restare centrale. Per esempio “perché il momento decisionale spetterà sempre a chi usa la ragione”, o perché “la creatività umana sarà insostituibile”, o ancora sarà insostuibile “la sfera emozionale”, “la capacità di decidere”, “il pensiero creativo”. L’intelligenza artificiale sostituirà l’uomo? Se sì, in quali campi? Per il campione interpellato sì, certamente l’A.I. sostituirà l’uomo in alcuni ambiti: “in ambito industriale per tutte le funzioni automatizzabili”, nei “lavori di precisione e in quelli usuranti”, “nella gestione dei dati”, “nella gestione dei processi”. Pensi che in futuro avremo gruppi di lavoro misti composti da uomini e macchine? Questo scenario, effettivamente un po’ distopico, di uomini e macchine impegnati fianco a fianco e quasi “alla pari” è considerato molto probabile particolarmente da tutti, ma con diverse interpretazioni. C’è chi dice che “è già così”, chi preconizza che un solo uomo pssa farsi aiutare da “più macchine”, chi si augura che questo connubio non si verifichi mai. Seduti da sinistra: Fabio Santini, (Microsoft), Paolo Lobetti (EY), Marco Gay (Anitec-Assinform), Maurizio Cremonini (Comau), Gianpaolo Barozzi (Cisco), Gianfranco Carbonato (Prima Industrie) e la startupper Alessia Russo
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C’è un angolo di Svizzera a due passi dal Vesuvio Non è un distretto, ma un caso da manuale di associazionismo tra imprese: il Centro Ingrosso Sud di Nola è diventato un caso da manuale di efficienza e produttività. Ce lo racconta l’amministratore delegato Claudio Ricci di Franco Oppedisano «MO’ PARTO E VADO A ZURIGO». OGNI MATTINA C’È UN NOTO IMPRENDITORE CAMPANO CHE SALUTA LA MOGLIE COSÌ, PRIMA DI RECARSI IN UFFICIO. Ma poi non prende un aereo: percorre una trentina di chilometri in auto e, dal centro di Napoli, arriva a Nola, al Cis, acronimo di Centro Ingrosso Sud. Perché questi 5 milioni di metri quadrati che ospitano 300 aziende, per lui, sono come la Svizzera. E non ha tutti i torti. I 48 chilometri di strade interne sono pulite e senza buche, cento persone che si occupano di sicurezza, i servizi ci sono e funzionano. «È come un’enclave» spiega Claudio Ricci, amministratore delegato di Cis e di Interporto di Nola. «Non ci sono reati. Le persone normalmente, dopo aver parcheggiato, non chiudono neanche l’automobile, tanto non succede mai niente. Non c’è criminalità organizzata e chi viene condannato penalmente perde il diritto a restare dentro. È un terreno fertile per far crescere le imprese».
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Un paradiso, insomma… Senta, io sono nato a Napoli, ma l’avevo lasciata nel 1987 e ho sempre lavorato altrove fino al 2017, quando ho accettato di diventare il Cfo del Cis. Tornando mi sono reso conto che questa realtà è un unicum che ha già alle spalle una storia di successo molto interessante e può continuare a crescere, come ha sempre fatto. È una sorta di distretto? UNA VEDUTA DALL’ALTO DEL CENTRO INGROSSO SUD DI NOLA Di più, perché il distretto sono aziende che lavorano una accanto all’altra perché hanno in comune l’area geografica di insediamento e cerchiamo di creare un clima ideale per fare il settore di attività. Inoltre il distretto è tutto business. volontaristico. Il Cis, Ma come funziona? invece, ha una strut- NELL’AREA SI REALIZZA IL 15% DI TUTTO Diamo spazio e servizi IL PRODOTTO INTERNO LORDO DELLA tura societaria che agli imprenditori. CAMPANIA, GRAZIE ALLA CONDIVISIONE coordina le attività, le Mi spieghi. DI SPAZI E SERVIZI TRA LE AZIENDE promuove, le realizza. Le aree commerciali, Allora somiglia molto a un coworking? quelle industriali, gli uffici vengono dati in leaHa capito perfettamente. Gestiamo i servizi sing alle imprese che ne fanno richiesta, ma dicomuni, costruiamo opportunità e soprattutto ventano di proprietà e si possono avere anche in affitto sia nel Cis che nell’interporto. Insieme al luogo fisico diamo anche un ambiente pulito e una serie di servizi. Quali? Fare l’elenco sarebbe difficile. Le dico solo che ci sono sette sportelli bancari e ospitiamo decine di professionisti. Poi c’è una caserma della Polizia di Stato, una della Guardia di Finanza, un sistema di videosorveglianza e un controllo costante del territorio. La raccolta dei rifiuti, l’illuminazione delle strade, le manutenzioni, l’organizzazione di eventi, i rapporti con le sistituzioni… E funziona? Direi di sì, visto che in questi spazi si realizza il 15% di tutto il Prodotto interno lordo
della Campania. Tutto bene allora? Un problema ce lo abbiamo. Finanziario? Quelli li abbiamo avuti, ma ormai sono ormai alle spalle. Abbiamo firmato un accordo di ristrutturazione del debito con le banche nell’aprile 2017. E lo stiamo onorando più velocemente del previsto. Allora quale problema avete? Abbiamo una importante storia alle spalle, 300 aziende, alcune delle quali anche molto note, 90 settori commerciali, sei chilometri di vetrine visitate da 20 operatori commerciali al Cioè? giorno, un milione di metri quadri di superficie È un’impresa complessa che, oltre a godere di complessiva coperta. Insomma, una struttura una posizione invidiabile tra due autostrade e impressionante che però, rispetto a quello che una linea ferroviaria, a due passi dal porto di è, ha ancora poca visibilità. Napoli, è in grado di erogare tutti i servizi di Non dovrebbe essere difficile rimediare. trasporto anche perché è l’unico interporto Abbiamo già avviato il processo di rinnovain Italia che dispone di una stazione ferroviamento con l’obiettivo di valorizzare il marchio, ria interna. Poi ha una Dogana, un terminal l’offerta di servizi più innovativi come i prointermodale di 225 mila metri quadrati e un getti on line e l’immagine del Cis. E dall’altra polo del freddo da 200 metri cubi. E abbiamo migliorare i luoghi fisici per offrire alle aziende un’impresa ferroviaun ambiente e un cliL’INTERPORTO È UNA REALTÀ CONTINUA ria, Interporti servima ancora più adatto AL CIS DI NOLA, CHE GODE DI UNA zi Cargo che è la più a far crescere il busiPOSIZIONE STRATEGICA TRA AUTOSTRADE, grande impresa del ness. FERROVIA E PORTO DI NAPOLI settore dopo quella Qualche esempio? di Ferrovie dello Stato. Per ora nell’interporto Siamo i primi ad avere uno sportello dell’assono presenti circa 200 operatori che occupasessorato regionale al lavoro interno per no oltre 350.000 metri quadrati di magazzini rendere più facile i rapporti con la pubblica logistici. ma ci sono grandi spazi di crescita. amministrazione in questo settore. Abbiamo In che modo? avviato rapporti con nuovi partner e una relaDa una parte con l’inquadramento nella Zona zione con il ministero degli Esteri, grazie alla Economica Speciale, Zes. Se il Governo contiquale abbiamo già fatto parte delle delegazioni nua a crederci e se verrà potenziata, oltre porufficiali invitate dalla Farnesina agli eventi uftare benefici per tutta la Regione, nei prossimi ficiali. Una delegazione cinese è venuta a Nola anni anche l’interporti potrà affrontare una per vedere cosa siamo e come lavoriamo. Ornuova fase di crescita. ganizziamo occasioni di incontro tra imprenE dall’altra? ditori e ospitiamo gruppi di buyer che vistano Con l’innovazione. Per esempio, la nostra sole nostre aziende. cietà ferroviaria sarà il primo operatore in ItaServizi per aziende che da una parte fanno lia a far viaggiare i megatrailer su ferro. Finora fronte comune e dall’altra competono… era possibile far viaggiare i container, ma non Per noi è l’uovo di Colombo. gli interi rimorchi che sono molto più grandi. E l’interporto? Abbiamo comprato una locomotrice apposta e È una realtà contigua al Cis, ma è diversa, autoil servizio partirà da ottobre di quest’anno. noma e non secondaria.
IL CIS DI NOLA È UN UNICUM CHE HA ALLE SPALLE UNA STORIA DI SUCCESSO
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GESTIRE L'IMPRESA
GIOCANDO SI IMPATTA: SUGLI AFFARI (E SUI CLIENTI) Non c’è solo la fidelizzazione dei clienti: esistono anche data mining, loyalty, engagement e brand awareness. Quattro ottimi motivi per introdurre la gamification in azienda. Che funziona anche per il recruitment di Vincenzo Petraglia
STARTUPPER E CACCIATORI DI TESTE
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iocando s’impara. Ma non solo: si cora della città meneghina. impatta su brand awareness, au«La gamification mette al centro di un’etorevolezza e loyalty. Quella che sperienza non ludica, lavoro o acquisto di tecnicamente viene definita gamification è un prodotto che sia, il fruitore stesso, per un approccio sperimentato con successo da renderlo partecipe», spiega Fabio Viola, svariati marchi, che introduce in azienda e uno dei massimi game designer italiani, cofra gli stakeholder elementi come divertiordinatore del master dello Ied, autore del mento, sfida, ricompensa, classifiche, livelli. blog Gameifications.com e di libri dedicati Secondo le stime dia questo tema. «Nei LA GAMIFICATION FA LEVA SUI COSIDDETTI MarketsandMarkets videogame ognuno CORE DRIVE, BISOGNI PRIMARI ISTINTIVI la gamification nel di noi compie delle COME PORSI OBIETTIVI E TRARNE 2020 potrebbe ragscelte, mette in atto GIOVAMENTO E SODDISFAZIONE giungere a livello glodelle strategie per bale n giro d’affari prossimo agli 11 miliardi raggiungere un risultato e ciò crea emoziodi dollari: oggi siamo intorno ai 5 miliardi, ni, quindi coinvolgimento». La gamification mentre soltanto nel 2015 si era a quota 1,65 fa leva sui cosiddetti core drive, cioè bisogni miliardi di dollari. Un trend ravvisabile anprimari istintivi: porsi degli obiettivi e ragche nei diversi corsi e master oggi esistenti, giungerli, trarne giovamento e soddisfaziofocalizzati su Game design, come quello delne, condividere i successi ottenuti con gli allo Iulm di Milano per esempio, Game design tri. Che guarda caso è il cardine attorno a cui & Management, della Luiss di Roma, Gamiruotano i social network. Normale, dunque, fication & Engagement design dello Ied, anche gamification e social siano strettamen-
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Trovare il candidato o il lavoro ideale giocando è una strategia sempre più seguita. Employerland, per esempio, è un social game che consente di creare un profilo e inserire titoli, esperienze e competenze lavorative, prima di scegliere tra una serie di aziende quella per la quale si vorrebbe lavorare. All’utente vengono proposte simulazioni per misurare le sue capacità organizzative, di preparare presentazioni, interagire con i colleghi, e così via. Grazie a partnership con realtà quali Luxottica, Bnl, Procter&Gamble, Bosch, questo professional game consente di farsi notare ed entrare in contatto con i recruiter in carne ed ossa delle aziende, procurandosi magari, per i più bravi, un promettente colloquio di lavoro. Sulla stessa lunghezza d’onda è la startup milanese Glickon, che ha creato una piattaforma che consente ai selezionatori di verificare in modo veloce le competenze dei candidati come in un gioco, all’interno di una vera e propria community di professionisti. Per chi preferisce il lavoro imprenditoriale a quello da dipendente, StartUP! è il gioco che consente di mettere alla prova le proprie attitudini imprenditoriali e prospettive di business. Scelto il tipo di startup che si vuole avviare, il giocatore tramite simulazioni deve gestire business plan e assunzioni, attività di routine, ricerca di finanziamenti e crediti. Il tutto cercando di far quadrare i conti e produrre utili, misurando così le sue capacità imprenditoriali.
te interrelati nelle strategie di marca e si sostengano e alimentino a vicenda. E lo faranno sempre di più in futuro, visto che le vite dei Millennials e della Generazione Z sono un tutt’uno con chat, videogiochi, social. In questo scenario le vecchie fidelity card, col loro siste- FABIO VIOLA ma di profilazione e raccolta punti per avere dei premi, sono ormai superate e sempre più verranno sostituite da nuove logiche in grado di catalizzare e innalzare la soglia di attenzione (sempre più bassa oggi a causa della sovrabbondanza di input e all’abituate ad avere feedback immediati alle proprie azioni) e creare partecipazione e interazione dando all’utente una motivazione più forte a registrarsi e a compiere delle azioni legate al proprio business.
Non solo marketing
Fidelizzare i clienti e migliorare l’engagement nei processi di formazione in aula e in e-learning, incentivare la forza vendita, facilitare i cambiamenti organizzativi e favorire l’introduzione di nuove strategie aziendali: le promesse della gamification sono interessanti. Unilever ha introdotto il sistema di recruiting digitale Unilever Future Leaders, dove è prevista anche una fase di gaming: tra i vari passaggi per candidarsi ce n’è uno che misura i tratti cognitivi ed emotivi della persona attraverso dodici brevi giochi online. La lista delle case history che hanno fatto scuola è lunga. Da Perrier che nel 2013 con il geniale Perrier’s Secret Place è riuscita a coinvolgere milioni di utenti tramite un gioco che consentiva di entrare in un mondo fantastico dalle atmosfere un po’ magiche e trasgressive con l’obiettivo di trovare una bottiglia speciale tra tutte quelle Perrier. Qualcosa di simile ha fatto Magnum con il gioco Magnum Pleasure Hunt, ispirato al noto videogame Super Mario, per promuovere il nuovo gelato Temptation. Operazio-
ni di successo che hanno come filo conduttore la sfida, cardine e scopo del gaming. L’app lanciata da Nike in partnership con FuelBand consente alle persone registrate di condividere i propri risultati sportivi sui social per confrontarsi con gli utenti di tutto il mondo o sfidare i propri amici. Per ogni livello completato, ci sono in palio trofei e premi. Operazione che ha consentito al brand di fare database building e offrire servizi personalizzati ai propri clienti. Condivisione è invece la parola d’ordine per MediaWorld che ha creato la community Hi-Friends nella quale si risponde a quiz e si scambiano consigli con gli altri utenti, guadagnando in tal modo monetine virtuali che si traducono in sconti. Starbucks ha, invece, puntanto con My Starbucks Reward sul miglioramento di customer experience e vendite attraverso la gamification con un’App in cui i clienti “giocatori” iscritti accumulano stelle e quindi sconti e regali. «Oltre che in selezione e formazione, oggi la gamification viene sempre più utilizzata in azienda per motivare la forza ven- MICHELE ARCIERI
dita» spiega Michele Arcieri, HR Manager Italy di Humana, società specializzata nel baby food che ha realizzato un’apposita App proprio per le Vendite. «Essa – spiega il manager – consente al nostro commerciale di conoscere sempre meglio i prodotti aziendali rispondendo alle domande che l’App gli manda come alert. Chi dà più risposte esatte, e per far ciò bisogna informarsi, viene ovviamente premiato periodicamente. È un modo per promuovere partecipazione e una sana e robusta competizione che rientra in un approccio di unconventional training legato al nuovo modo di interagire: informazioni più immediate che da un lato fidelizzano e fanno squadra e dall’altro consentono anche di esprimere le competenze nascoste e valutare le soft skill delle persone». Deloitte ha da tempo inserito nei programmi di formazione dedicati ai propri dipendenti e a quelli dei propri clienti un’academy virtuale pensata, appunto, secondo i crismi della gamification e fatta di livelli, obiettivi e riconoscimenti da raggiungere e da condividere con colleghi e cerchie LinkedIn e, soprattutto, personalizzabile in ogni sua fase. I risultati in termini di skill e performance della forza lavoro confermano l’utilità di questo approccio.
GAMIFICATION OPPURE «SERIOUS GAME»?
Il gioco può avere diverse accezioni e applicazioni nel business. Una di queste è il cosidetto “serious game”, che «si distingue dalla gamification – spiega Luca Tripeni Zanforlin, ceo dell’agenzia del design delle relazioni L’Ippocastano – per la sua forma collaborativa, mentre la gamification si
fonda sulla competizione, e può rivelarsi molto utile in fase progettuale per dare corpo a concetti astratti che si traducano poi in idee concrete per il proprio business». Nell’agenzia milanese è stato da poco messo a punto una metodologia molto innovativa, Telma, basata sulla creazione di diorami individuali
e condivisi che danno forma a dei concetti e aiutano a generare idee, come per esempio il lancio di un nuovo prodotto o servizio, l’ottimizzare processi, la creazione di engagement in fase progettuale con i propri clienti e stakeholder. O, ancora, l’impostazione di più efficaci strategie di personal branding.
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FINANZIARE L’IMPRESA La liquidità non manca, basta solo saperla intercettare. Per esempio con l’equity crowfunding, una modalità innovativa, resa possibile dalla rivoluzione digitale, ancora acerba nel nostro Paese, che però sta crescendo a ritmi vertiginosi. E promette di diventare un’alternativa convincente o almeno una modalità complementare al venture capital e alla Borsa. Cogliere queste nuove possibilità richiede però il tempo per studiare, aggiornarsi, documentarsi: ulteriore impegno in agende già fitte...
64 SOVRAINDEBITAMENTO QUELLA LEGGE CHE NESSUNO CONOSCE
66 RSM LE AGEVOLAZIONI PREVISTE PER LE STARTUP ITALIANE
EQUITY CROWDFUNDING IN ITALIA: SE LA PALLA DI NEVE SI FA VALANGA Nel 2018 le 114 campagne finanziate sulle nove piattaforme più attive hanno raccolto 36 milioni da 9.484 investitori. Numeri ancora piccoli che però crescono del 100% all’anno. Con ritorni del 14%. di Marco Scotti
D
omanda: qual è quell’investimento capitale azionario in cambio di denaro fresco. che nel triennio 1° gennaio 2016 – Una formula che piace agli italiani, siano essi 31 dicembre 2018 ha garantito un piccoli o grandi investitori. Basti dire che nel ritorno del 14%? Non certo la Borsa, con il 2018 l’equity crowdfunding ha visto più che Ftse Mib che, nello stesso periodo, è rimasto raddoppiare le campagne finanziate (da 50 a sostanzialmente invariato – complici gli scon114 in 12 mesi) sulle nove piattaforme più atquassi internazionali tive nel paese, con una LA FORMULA DELLA CESSIONE DI QUOTE e nostrani. È invece raccolta di 36 milioni, DI MINORANZA IN CAMBIO DI DENARO l’equity crowdfun- FRESCO INIZIA A FARSI STRADA: NEL 2018 in crescita del 300% ding, una forma di rispetto al 2017 quanÈ CRESCIUTA ADDIRITTURA DEL 300% raccolta di denaro in do non si raggiungeequity alternativa e complementare a quelle vano i 12 milioni. Anche gli investitori sono tradizionali, dal venture capital alla borsa, ad aumentati in maniera esponenziale, passando aver spiccato il volo. Su una piattaforma un’adai 3.278 del 2017 agli attuali 9.484. zienda che abbia bisogno di crescere – ma che Rispetto al crowdfunding tradizionale, che abbia già una massa critica sufficiente – mette ha spopolato negli Usa con piattaforme come a disposizione parte minoritaria del proprio Kickstarter, le differenze sono sostanziali. I siti
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FINANZIARE L’IMPRESA
Dario Giudici, ceo di SiamoSoci
americani sono in realtà basati su un meccanismo premiale per cui chi dà un contributo riceve una ricompensa di varia natura, spesso il prodotto stesso in anticipo e scontato. Nella quasi totalità dei casi, sulla piattaforma finisce l’idea di un oggetto che ancora deve essere realizzato e che, spesso, non verrà neanche portato a termine. Chi investe sull’idea è tutelato dal fatto che, se non verrà portata a termine, verrà rifuso della somma. Con l’equity crowdfunding, invece, si offrono quote di azienda in cambio di prodotti o servizi già esistenti. È una modalità di reperimento del capitale che funziona particolarmente bene con quella pletora di Pmi che sono sottocapiconta oltre 30.000 utenti, con 32 campagne talizzate e che non riescono ad avere accesso finanziate nel 2018 (il 28% del totale italiaai sistemi creditizi tradizionali. Entrare nel cirno), un success rate superiore al 90% e 10 colo dell’equity crowdfunding, inoltre, diventa milioni di euro raccolti. 200Crowd, invece, pur un ottimo biglietto da se di dimensioni più ENTRARE NEL CIRCOLO DELL’EQUITY visita per ritornare, contenute ha deciso CROWFUNDING DIVENTA UN OTTIMO una volta ricevuto un di usare un modello BIGLIETTO DA VISITA PERCHÉ OFFRE finanziamento, dalle AI FINANZIATORI UNA GARANZIA IN PIÙ di raccolta differente, banche, che hanno a detto all-or-nothing. questo punto una garanzia in più. Tra i player Questo modello prevede che chi lancia una del settore, Mamacrowd, Crowdfundme e campagna di equity crowdfunding riceva la 200crowd. Il primo, parte del network Siamosomma raccolta solo se l’importo finanziato Soci, è la piattaforma leader del comparto che dagli investitori raggiunge l’obiettivo minimo
NUMERO CAMPAGNE
RACCOLTA
ALMENO UN QUINTO DELLE IMPRESE ITALIANE SONO SOTTOCAPITALIZZATE QUINDI IL MERCATO POTENZIALE È MOLTO VASTO indicato al lancio della campagna di equity crowdfunding. Da ottobre 2018 Two Hundred ha annunciato la nascita di un canale specifico riservato ai crowdfunding spaziali. Questo canale si inserisce all’interno di SpaceUp, un progetto finanziato dal Programma Quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione (Horizon 2020). L’obiettivo generale di SpaceUp è di contribuire a livello europeo alla salvaguardia e allo sviluppo di un’industria spaziale competitiva. Inoltre 200Crowd ha annunciato la partnership con Digital Magics – il più importante incubatore di startup in Italia – nel program-
INVESTITORI
114
9.484 36 mln
50 11,8 mln
2017 2018
62
2017 2018
3.278
2017 2018
IL CASO DI GREEN ENERGY STORAGE «Siamo alla seconda campagna di equity crowdfunding – racconta Rodolfo Pinto, Ceo di Green Energy Storage, azienda che ha sviluppato una batteria ad accumulo più rapido e duraturo -. Già nel 2017 eravamo ricorsi a questo sistema di reperimento dei capitali, stabilendo un record per l’equity crowdfunding con una raccolta superiore al milione di euro. Oggi siamo di nuovo
su Mamacrowd e la campagna, che si è chiusa lo scorso 14 febbraio, ha raccolto 1,8 milioni di euro». Green Energy Storage ha registrato 290 adesioni nel 2017, di cui solo una decina grandi investitori, mentre gli altri più “piccoli”, con un taglio medio di circa 3.000 euro. Complessivamente è stato collocato il 10% del capitale, mentre oggi un ulteriore 13,43%. L’equity crowdfunding non sarà stato la cura miracolosa,
ma “Magic Wand”. A giugno di quest’anno, le migliori startup, selezionate da Digital Magics e dagli altri partner, parteciperanno a un Investor Day dedicato a Milano e apriranno un round di investimento. In partnership con la piattaforma di equity crowdfunding 200 Crowd, sarà costituito un veicolo d’investimento per raccogliere risorse finanziarie da investire nel round delle 6 startup di “Magic Wand Retail Revolution”. Il veicolo potrà investire fino a 150.000 Euro in ciascuna startup. Per quanto concerne Crowdfundme, oltre ad aver lanciato la prima campagna di crowdfunda 5 a 8 milioni il massimale di raccolta che ding per finanziare se stessi, sembrerebbe ciascuna azienda può effettuare annualmente. pronta a sbarcare in borsa. Non va infine dimenticato che secondo il rap«Siamo piuttosto sicuri che anche l’anno prosporto Cerved le imprese che siano sottocapisimo avremo risultati analoghi – ci racconta talizzate – escludendo le microimprese – sono Dario Giudici, Ceo di SiamoSoci – anche percomunque moltissime (si parla di almeno un ché la detrazione fiscale è passata dal 30 al 20%), il che crea un mercato potenziale molto 40% sugli investimenti in equity crowdfunvasto. Noi, dal canto nostro, ammettiamo una ding, un bell’incentivo che viene interamente fetta minuscola delle imprese che potrebbero corrisposto l’anno successivo». La Manovra essere interessate a questa modalità di reperiFinanziaria 2019, infatti, ha incrementato, mento di capitali. Abbiamo creato un network solo per il 2019, l’aliquota delle agevolazioni che conta 51 partner sul territorio, tutti incusugli investimenti nel capitale di startup o PMI batori e acceleratori innovative. La nuova LA MANOVRA FINANZIARIA 2019 di impresa, ognuno di normativa conferma HA AUMENTATO L’ALIQUOTA DELLE questi filtra il 98% del i beneficiari dei preAGEVOLAZIONI SUGLI INVESTIMENTI mercato. Noi aggiuncedenti incentivi: si IN STARTUP O PMI INNOVATIVE giamo un’ulteriore tratta delle persone barriera: o l’azienda ha già un prodotto comfisiche, che godranno della detrazione IRpleto o deve essere validata da un esperto che PEF, e delle persone giuridiche, per le quali è garantisca la bontà del progetto». prevista la deduzione IRES. In particolare, gli L’equity crowdfunding in Italia sta iniziando incentivi per gli investimenti in startup e PMI progressivamente ad affermarsi, anche se è valgono sia in caso di investimenti diretti, sia ancora lontano dal Regno Unito. All’ombra in caso di investimenti indiretti per il tramite del Big Ben, lo scorso anno, CrowdCube e Sedi OICR e altre società che investono prevaeders – le due principali piattaforme – hanno lentemente in startup o PMI innovative. La raccolto quasi 400 milioni a testa, e il crowManovra Finanziaria 2019 ribadisce inoltre dfunding rappresenta circa il 40% del ventula possibilità per startup e PMI di raccogliere re capital complessivo. «Va detto – aggiunge capitale di rischio attraverso portali on line Giudici – che la dinamica del mercato inglese come quelli dell’equity crowdfunding. è stata simile a quella che vediamo oggi nel «Inoltre – prosegue Giudici - è stato innalzato
ma ha rappresentato una preziosa iniezione di capitale, tanto che l’azienda è stata valutata 9 milioni pre-money nel 2017 e oggi “flirta” con i 15 milioni. Nel frattempo, un aumento di capitale riservato a tre soggetti molto importanti, tra cui la famiglia Malacalza e l’avvio della produzione industriale, dopo una prima fase interamente dedicata alla ricerca e sviluppo.
nostro paese. Nel 2019, ad esempio, l’equity crowdfunding rappresenterà il 15% del venture capital complessivo. Più in generale, se un fenomeno registra una crescita del 100% all’anno, non può continuare a essere guardato con sospetto: sta diventando un fenomeno vero e proprio che deve essere analizzato e compreso». Tipicamente i soci fondatori collocano in equity dal 5 al 20% del valore complessivo, in modo da garantire comunque il controllo, anche se il crowdfunding solitamente non concede diritti di voto in assemblea. Dal punto di vista degli investitori, invece, si tratta di progetti con un orizzonte di 4-5 anni, non stiamo quindi ancora assistendo al fenomeno del mercato secondario. Si tratta di una platea composta da imprenditori, manager e professionisti, ma che si sta progressivamente ampliando anche ad altri profili. L’equity crowdfunding sta attirando l’interesse anche di soggetti di grandi dimensioni: basta pensare che nel capitale sociale di SiamoSoci è entrato Azimut, uno dei più importanti gestori italiani. «Questo – conclude Giudici – dimostra come non siamo poi alieni al mondo finanziario tradizionale, ma piuttosto complementari. E non manca molto prima che i gestori inizino a consigliare un investimento sulla nostra piattaforma».
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FINANZIARE L’IMPRESA
SOVRAINDEBITAMENTO, LA SOLUZIONE CHE (QUASI) NESSUNO CONOSCE La procedura di sovraindebitamento consente di bloccare le azioni esecutive di esproprio per quattro anni, dopo i quali si ottiene, a determinate condizioni finanziarie, la cancellazione dei debiti di Marina Marinetti
L
a legge non è uguale per tutti: dipende dal ceto sociale, dalla fortuna (o sfortuna) e dalle conoscenze». A dir la verità, un po’ l’avevamo intuito. Certo che sentirlo dire da un avvocato a capo di un network di professionisti con studi a Milano, a Monza, a Brescia e a Roma, fa un po’ specie. Monica Pagano è specializzata in diritto fallimentare e bancario. Per il suo team il contenzioso bancario, fallimentare e societario, il recupero del credito, i procedimenti esecutivi mobiliari, immobiliari e presso terzi (trascrizioni e iscrizioni), sono il pane quotidiano. Ma la sua “specialità” è (anche) un’altra: la procedura di sovraindebitamento. Che tecnicamente è “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”. Così, almeno, la definisce la legge in materia. «È entrata in vigore dal 2015, ma è poco conosciuta dai professionisti». “Poco” è un eufemismo: la legge 3/12, nonostante sia “vecchia” di sei anni e in vigore già da tre, è sconosciuta. Eppure permette, mediante un piano di ristrutturazione del debito di pagare quanto è effettivamente possibile in base alle proprie entrate e di stralciare il restante. E della divulgazione della norma Pagano ha fatto la sua missione, con il sito www.leggesovrain-
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debitamento.it, il libro “Sovraindebitamento, Legge 3/12 e casi pratici” (Primiceri Editore), cui ha fatto seguito “La verità scritta da un avocato – come estinguere i debiti grazie alla legge sul sovraindebitamento”, appena pubblicato sempre con Primiceri, e l’Associazione Culturale senza scopo di lucro Favor Debitoris.
Il caso Bramini
Per capirci, la legge 3/12 è il grimaldello che Monica Pagano ha usato per tirar fuori dai pasticci, se così si può dire, Sergio Bramini, l’imprenditore monzese balzato agli onori della cronaca per essere stato sfrattato da casa dopo la dichiarazione di fallimento della sua azienda,
GRAZIE ALLA LEGGE 3/12 L’AVVOCATO MONICA PAGANO È RIUSCITA A SALVARE L’IMPRENDITORE SERGIO BRAMINI, FALLITO PER COLPA DELLO STATO
Icom spa, specializzata nel trattamento dei rifiuti, che tuttavia aveva 4 milioni di euro di credito verso lo Stato. Per non dichiarare fallimento, Bramini aveva ipotecato la casa di Monza e gli uffici di Bresso (Mi), in attesa di entrare in possesso del dovuto. Il regalo che Bramini ha ricevuto per Natale è stata proprio l’ammissione alla procedura di sovraindebitamento, che ha sospeso tutte le azioni esecutive e la sua casa non sarà più oggetto di liquidazione giudiziale, ma volontaria, con la vendita sul mercato libe-
L’AVVOCATO MONICA PAGANO
ro. Bramini, che oggi si batte per l’abrogazione dell’articolo 560 della legge Boschi-Renzi, che consente lo sloggio da casa delle persone fallite prima che il loro immobile sia stato venduto all’asta, avrà quattro anni per cedere i suoi beni: al termine della procedura tutti i suoi debiti saranno dichiarati cancellati.
Per molti, ma non per tutti
La legge sul sovraindebitamento è rivolta ai soggetti non fallibili. «Che significa, stando all’art.1 della legge fallimentare, che il soggetto deve avere un monte debitorio inferiore ai 300mila euro, incassi non superiori ai 200mila e un attivo patrimoniale inferiore ai 500mila euro», sottolinea Monica Pagano: «Significa che piccoli imprenditori, artigiani, manager hanno un’alternativa. Nel momento in cui sussistono i requisiti, la norma permette di pagare quel che ci si può permettere di pagare. Fino al 2015, invece, un soggetto non fallibile non aveva rimedi, se non pagare, vedersi aggredito dai creditori, essere assalito dalle esecuzioni. Il cliente che spesso incontriamo è l’ex garante della società, come Bramini, appunto». La procedura di sovraindebitamento è una liquidazione volontaria del patrimonio del
rà ammesso alla procedura chi si è indebitato per andare a farsi le vacanze ai Caraibi».
Come funziona
ADESSO PICCOLI IMPRENDITORI, MANAGER E ARTIGIANI HANNO UN’ALTERNATIVA ALLE AGGRESSIONI DEI CREDITORI soggetto. Ma non è aperta a tutti: il primo requisito da soddisfare per accedervi è la meritevolezza. «Per chiedere l’ammissione alla procedura occorre innanzitutto presentare in Tribunale una relazione che specifichi i motivi per i quali il soggetto si è indebitato. Serve per premiare chi si è trovato in difficoltà perché magari ha perso lavoro o ha un fornitore che non paga le commesse. Ovviamente non ver-
Se il giudice ritiene ammissibile la procedura, il debitore entra in una sorta di “bolla protettiva”: «Viene nominato un gestore della crisi, che insieme all’avvocato deposita il ricorso che evidenzia gli attivi e i crediti e il giudice decide se aprire o meno la procedura. Se viene aperta, tutte le procedure in corso vengono bloccate per 4 anni, come nel concordato. Ma non richiede l’accordo dei creditori». Né l’avvocato, per dirla tutta: «La legge non ne prevede l’obbligatorietà», conferma Pagano. Bypassando l’avvocato, o facendosi assistere, il debitore si rivolge al cosiddetto Organismo di composizione della crisi (Occ) costituito presso gli ordini professionali: avvocati, commercialisti e camere di commercio. L’OCC riceve le domande di avvio del procedimento e, valutato il rispetto dei presupposti normativi, nomina un professionista, il “Gestore della crisi”, che assisterà il debitore nella ristrutturazione dei debiti e conseguente soddisfazione dei crediti. Il procedimento si potrà concludere con un accordo di composizione della crisi, un piano del consumatore o con la liquidazione del patrimonio del debitore. «Il gestore della crisi è l’equivalente del curatore nei fallimenti», chiarisce Monica Pagano.
Fare e disfare
Tra il dire e l’applicare c’è di mezzo il legiferare. Se la legge sul sovraindebitamento è effettiìvamente entrata in vigore solo nel 2015, cioè tre anni dopo la sua approvazione, ce ne sono voluti appena altri due per sottoporla alla sua prima revisione. «La legge delega di riforma del diritto fallimentare, la n. 155 del 2017, prevede tutta una parte sul sovraindebitamento con novità interessanti», spiega Monica Pagano: «Innanzitutto si prevede finalmente la verifica del cosiddetto “abuso creditizio” da parte delle finanziarie non abbiano verificato preliminarmente la solvibilità del cliente. In caso di accertamento dell’abuso sono previste sanzioni a carico delle finanziarie e viene altresì rivista la meritevolezza del debitore che fa
L’IMPRENDITORE SERGIO BRAMINI
domanda di ammissione alla procedura di sovraindebitamento». «Altrettanto interessante è la “liquidazione a zero”», continua l’avvocato: «Se il debitore meritevole ha contratto i debiti incolpevolmente e non ha nulla, né stipendio, né pensione, né beni intestati su cui i creditori possano rivalersi, può comunque accedere alla procedura, congelando qualunque azione per quattro anni, e poi chiedere l’esdebitazione. Ovviamente, laddove sopravvengano utilità, entro 4 anni, dovrà chiaramente provvedere al pagamento dei suoi debiti». Un’altra novità introdotta dall’art.9 delle legge delega riguarda il coordinamento nella gestione delle procedure in caso di società di persone e soci illimitatamente responsabili o più membri di una stessa famiglia: «Andrebbero fatte procedure distinte per ogni debitore, col rischio di avere gestori diversi. Oggi, accertata l’identità di debito e di soggetti, la procedura è unificata». Non solo: anche le persone giuridiche grazie alla modifica delle norma possono beneficiare dell’esdebitazione con modalità e procedure semplificate, escludendo ovviamente i casi in cui sia accertata la sussistenza di frode, volontario inadempimento del piano o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
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FINANZIARE L’IMPRESA
Andamento forza lavoro delle startup innovative italiane 60.000
ECCO I NUOVI INCENTIVI ALLE START-UP La legge di bilancio 2019 cambia le regole sugli incentivi alle startup innovative. Ecco i nuovi requisiti dello "Start-up Act» italiano necessari per accedere alle agevolazioni fiscali
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a legge di bilancio per il 2019 del "governo del cambiamento" ha cambiato anche le regole sugli incentivi alle startup innovative. E la cosa rileva moltissimo perché il fenomeno delle start-up innovative in Italia non conosce sosta ed attrae, sin dall’introduzione operata dal Decreto Legge n. 179 del 2012, un numero sempre maggiore di imprenditori operanti in tutte le regioni italiane ed in ogni settore di attività. È quanto emerge dal rapporto “La valutazione dello Startup Act italiano” realizzato dall'OCSE in collaborazione con la Banca d'Italia e presentato presso la Camera dei Deputati nello scorso mese di Settembre. La normativa, ricordiamolo, mira a sostenere gli imprenditori “innovativi” nei primi cinque anni di attività con una gamma di strumenti agevolativi che vanno dalla semplificazione delle pratiche amministrative, tra cui la possibilità di costituire gratuitamente la società online, alle agevolazioni fiscali per gli investitori in equity, dalla disciplina del lavoro flessibile sui contratti a tempo determinato NELLA FOTO L’AUTORE GIUSEPPE CAPRIUOLO, PARTNER DELL’UFFICIO DI ROMA DI RSM ITALY
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52.512
50.000 40.000 30.000
29.311
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34.791
35.672
36.504
39.413
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mar-2016 giu-2016 set-2016 dic-2016 mar-2017 giu-2017 set-2017 dic-2017 mar-2018 giu-2018 set-2018 dipendenti
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totale
FONTE: RAPPORTO TRIMESTRALE UNIONCAMERE-MISE – 1° OTTOBRE 2018
all’accesso rapido e gratuito ad un programma di garanzia pubblica sui prestiti bancari ed alla possibilità di raccogliere capitale tramite campagne di equity crowdfunding. Lo “Start-up Act” italiano prevede una serie di criteri di ammissibilità al fine di consentire l’iscrizione delle aspiranti imprese innovative alla sezione speciale del Registro delle Imprese ad esse dedicato: devono, infatti, essere costituite da meno di cinque anni, avere la sede principale dei propri affari in Italia o in un Paese membro dell’Unione Europea, aver realizzato un fatturato annuo inferiore a cinque milioni di euro, non essere nate da operazioni di scissione o fusione societaria, dotarsi di un oggetto sociale espressamente riguardante l’innovazione tecnologica, essere società di capitali non quotate in borsa e, infine, non aver distribuito utili ai soci. Le aspiranti start-up innovative, inoltre, devono rispettare almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti: • ascrivere una quota pari al 15% del maggior valore tra fatturato e costi annui ad attività di ricerca e sviluppo; • avvalersi di forza lavoro costituita, per almeno 1/3, da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure, per almeno 2/3, da soci o collaboratori in possesso di laurea magistrale (al 30 giugno 2018 i soci e addetti di start-up innovative hanno superato le 50.000 unità – cfr. Tabella n. 2);
• disporre di un brevetto registrato o di un programma per elaboratore originario registrato. La recente legge di Bilancio 2019 (Legge 145/2018) ha ulteriormente rafforzato le agevolazioni fiscali a favore dei soggetti che investono nel capitale delle start-up innovative. Gli incentivi sono riconosciuti agli investitori persone fisiche ed ai soggetti IRES che investano in start-up direttamente o per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio - OICR o altre società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative. Le agevolazioni fiscali sono riconosciute nella forma della detrazione di imposta per gli investitori soggetti all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e della deduzione dal reddito complessivo per gli investitori soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES). Esse si applicano: - ai conferimenti in denaro, effettuati sia in sede di costituzione della start up innovativa sia in sede di aumento del capitale sociale di una start up già costituita. Sono agevolati solo i conferimenti iscritti alla voce del capitale sociale e della riserva sovrapprezzo delle azioni o quote della start up innovativa; - ai conferimenti derivanti dalla conversione di obbligazioni convertibili in azioni o quote di nuova emissione; - agli investimenti in quote degli organismi di investimento collettivo del risparmio. La legge di bilancio 2019 eleva, per il solo periodo d’imposta 2019, le aliquote di detrazione IRPEF e deduzione IRES, entro un massimale di investimento che deve essere mantenuto
per almeno 3 anni, pena la decadenza dal beneficio. In particolare, per l’esercizio 2019, agli investitori in start-up sono riconosciute le seguenti agevolazioni: - Investitori soggetti IRPEF: detrazione del 40% delle somme investite nel capitale sociale di una o più start up innovative, fino ad un investimento massimo di 1.000.000 di euro; - Investitori soggetti IRES: deduzione dalla base imponibile di un importo pari al 40% delle somme investite nel capitale sociale di una o più start up innovative, o del 50% delle somme investite, nei casi di acquisizione dell’intero capitale sociale di start-up innovative, a condizione che l’intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno 3 anni, fino ad un investimento massimo agevolabile di 1,8 milioni di euro. Nello scorso mese di Dicembre 2018 la Commissione Europea, al termine di una complessa procedura di valutazione tesa a valutarne
la conformità agli Orientamenti europei sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04), ha inoltre autorizzato gli incentivi fiscali all’investimento nel capitale di rischio delle PMI innovative. Tale evoluzione comunitaria rappresenta un passaggio fondamentale per l’impianto agevolativo introdotto dallo Start-up Act (D.L. 3/2015) perché consentirà l’estensione dell’ambito di applicabilità degli incentivi fiscali vigenti per gli investimenti in start-up innovative ad una platea di imprese molto pù ampia: le c.d. “PMI innovative”. Saranno attratte all’alveo della normativa, infatti, tutte le piccole e medie imprese in possesso dei seguenti requisiti: - costituite nella forma di società di capitali, anche cooperative; - non quotate in un mercato regolamentato (ma eventualmente quotate in una piattaforma multilaterale di negoziazione, come l’AIM);
FOCUS: LE NOVITÀ NELLA NORMATIVA SUL CREDITO D’IMPOSTA PER RICERCA E SVILUPPO La legge di bilancio 2019 opera diverse modifiche alla normativa sul credito di imposta sulla ricerca scientifica. Vediamole nel dettaglio. > Riduzione dal 50 al 25 per cento della quota agevolabile di alcune fattispecie di spesa ammissibili, tra cui le collaborazioni con soggetti titolari di rapporto di lavoro autonomo e con i commissionari di servizi di ricerca diversi da Università, organismi di ricerca e startup e PMI innovative indipendenti. > Riduzione da 20 a 10 milioni di euro dell’importo massimo annuo concedibile a titolo di credito di imposta. > Introduzione tra le spese agevolabili dei costi
sostenuti per materiali, forniture e altri prodotti analoghi, direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale. L’inclusione di tali costi tra le spese ammissibili alle agevolazioni, tuttavia, non opera qualora abbia l’effetto di ridurre la base incrementale agevolabile. > Introduzione, anche per le imprese soggette a revisione legale dei conti, dell’obbligo di certificazione dell'effettivo sostenimento dei costi di R&S e della corrispondenza degli stessi alla documentazione contabile predisposta dall'impresa
> Introduzione dell’obbligo, per le imprese beneficiarie del credito d'imposta, di redigere una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d'imposta. Nel caso in cui le attività di ricerca siano commissionate a soggetti terzi, la relazione deve essere redatta e sottoscritta dal soggetto commissionario. Le nuove norme si applicano, in linea generale, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, mentre gli obblighi di documentazione e certificazione scattano già dal 2018.
- soggette a revisione legale dei conti (almeno l’ultimo bilancio); - in possesso di almeno due dei seguenti tre criteri: 1. volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura almeno pari al 3% della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione; 2. Forza lavoro costituita, in una quota pari ad almeno 1/3 del totale, di titolari di laurea magistrale, oppure, in una quota pari ad almeno 1/5 del totale, da dottori di ricerca, dottorandi o ricercatori; 3. titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale, ovvero titolarità di un software registrato.
NUMERO DELLE START-UP INNOVATIVE AL 30.09.2018
REGIONE
NUMERO SOCIETÀ
Abruzzo
219
Basilicata
108
Calabria
223
Campania
759
Emilia-Romagna
893
Friuli-Venezia Giulia
226
Lazio Liguria Lombardia
1074 178 2429
Marche
357
Molise
68
Piemonte
490
Puglia
399
Sardegna
164
Sicilia
477
Toscana
418
Trentino-Alto Adige
243
Umbria
189
Valle d'Aosta Veneto
22 861
FONTE: HTTP://STARTUP.REGISTROIMPRESE.IT
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APPROFONDIMENTI LA TERZA VITA DA IMPRENDITORE DI LUIGI NICOLAIS Si chiama Materias la startup tecnologica fondata dall’ex presidente del Crn. All’attivo ha già nove domande di brevetto di cui tre già sul mercato di Alfonso Ruffo
N
ella sua terza vita, quella da imprenditore, Luigi Nicolais – Gino per gli amici – ha messo a frutto le conoscenze maturate nelle prime due in una sintesi alla base del successo che sta avendo la sua ultima creatura: Materias, una start up tecnologica che aiuta i ricercatori a connettersi con l’industria superando la temibile e micidiale valle della morte. Napoletano doc, professore emerito d’Ingegneria, ex ministro della Repubblica, già presidente del Cnr, l’accademico prestato alla politica che ora si trasforma in uomo d’azienda parte dalla considerazione che il livello della produzione scientifica in Italia è molto più alto di quanto s’immagini ed è generalmente riconosciuto. Ma c’è un ma… Molto difficilmente il frutto delle ricerche viene brevettato e alimenta il mondo della produzione. Con danno per il lavoro intellettuale, gli atenei, le imprese, l’occupazione e la ricchezza nazionale. Dunque, ci sono ampi margini per chi sa muoversi lungo tutta la catena del valore per passare dalle potenzialità ai fatti. Che sono questi: nove domande di brevetto di cui cinque di natura internazionale, 700 idee passate al setaccio nei primi trenta mesi di lancio della sua iniziativa, sessanta società innovative finanziate con piccoli investimenti, venticinque mature per un salto di qualità, quattordici pronte per la messa in produzione, tre già arrivate sul mercato. Si tratta, in quest’ultimo caso, di micro aghi per il rilascio indolore di farmaci (la cui licenza è stata venduta alla multinazionale svizzera Ibsa), di tecnologia che utilizza la tecnica in 3D per manufatti in cemento armato, di un polimero a densità variabile la cui struttura ricorda molto da vicino quella delle ossa umane. Al di là delle specifiche applicazioni e del percorso intrapreso da Materias sotto la guida di Nicolais, si tratta di affermare un metodo tutto nuovo nella scoperta e nella valorizzazione di intuizioni che rischiano di restare tali – e tali nella maggior parte dei casi restano - nonostante la forte promessa di successo che contengono.
LUIGI NICOLAIS
Altri servizi nell’interno 70
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CONSULENTI
LIUC
LE POLITICHE DEL LAVORO NELLA SFIDA DIGITALE
TUTTI A SCUOLA DI SUPPLY CHAIN
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ACCIAIO
SUSSIDIARIO.NET
TARANTO RIPARTE DA ARCELORMITTAL
I MIGLIORI COMMENTI DEL MESE DAL PORTALE
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CONFPROFESSIONI
CI PIACE/NON CI PIACE
LA CHANCE DEL REDDITO DI CITTADINANZA
I PROMOSSI E I BOCCIATI
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ANDAF
QUI PARIGI
LA FATTURA ELETTRONICA CHE CI FARÀ CRESCERE
LO STILE IMPERO CHE ZAVORRA LA FRANCIA
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PRIVATE BANKER
SHORT STORIES
IL PARACADUTE CHE NON SERVE A NULLA
PILLOLE DI BUSINESS DALL’ECONOMIA ITALIANA
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APPROFONDIMENTI
«Nelle nostre agenzie la chiave del lavoro dei tempi nuovi» Dalla gestione del reddito di cittadinanza alla modifica del Durc, ma non solo: per il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro la sfida si gioca anche sul terreno del piano nazionale Agenda Digitale di Giancarlo Salemi
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n Italia ci sono 2 milioni e 300mila profesdel reddito di cittadinanza. Grazie alla legge sionisti che contribuiscono per il 6% alla Biagi siamo soggetti autorizzati e ogni anno crescita del nostro prodotto interno lordo, promuoviamo circa 45mila tirocini che per ben 90 miliardi di euro l’anno e, di questi, il 65% si traducono in offerte di lavoro. Ge26mila sono i consulenti del lavoro. Una castiamo oltre 8 milioni di rapporto di lavoro, tegoria che finalmente trova spazio anche riusciamo a fare matching tra domanda e nelle politiche del lavoro messe in campo offerta di lavoro». La presidente Calderone dal governo gialloverde e, in modo particolacrede che il reddito di cittadinanza potrà re, dal ministro Luigi creare davvero nuoLE IMPRESE CHE SANERANNO ENTRO di Maio. A partire dal va occupazione, ma UN CERTO PERIODO DI TEMPO PICCOLE reddito di cittadinanmolto «dipenderà IRREGOLARITÀ NON DOVRANNO PIÙ za, la misura bandiedalle modalità con RESTITUIRE CONTRIBUTI E AGEVOLAZIONI ra del Movimento 5 cui verrà attuato e Stelle, e che vedrà il coinvolgimento proprio soprattutto dalla filosofia dei soggetti che dei consulenti del lavoro. saranno chiamati a renderlo concreto. Ci «Nel provvedimento dell’esecutivo - spiega vorrà anche la creazione di un modello – a Economy Marina Calderone, presidente spiega – che stimoli e supporti il beneficiario del Consiglio Nazionale dei Consulenti del a cercare effettivamente un’occupazione. InLavoro - ci sono le agenzie private, quindi, somma, bisogna che diventi uno strumento anche i consulenti del lavoro delegati della di politica attiva, solo così sarà una misura nostra Fondazione Lavoro potranno parpositiva». Così i consulenti del lavoro ancora tecipare alla ricollocazione dei beneficiari una volta saranno centrali in una politica di
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governo. «Noi consulenti siamo i sensori, gli accompagnatori, i decodificatori. Assisteremo le imprese e i lavoratori nel loro percorso alla ricerca di offerte concrete di lavoro». Ma le novità non si limitano solo al Reddito di Cittadinanza. Nell'ambito della riforma della crisi d'impresa i consulenti del lavoro potranno svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore nelle procedure fallimentari di un’azienda. «Finalmente – sottolinea Calderone - ci vengono riconosciute competenze maturate nel corso degli anni. Siamo una categoria centrale nelle dinamiche giuridiche ed economiche insieme agli avvocati, ai commercialisti e agli esperti contabili. Quando un’azienda fallisce, la problematica più grossa è che cosa ne sarà del capitale umano e su questa partita noi già ci siamo». In pratica la nomina del consulente del lavoro da parte del giudice come curatore fallimentare sarà collegata alla presenza in azienda di lavoratori subordinati nelle fasi della crisi come la liquidazione giudiziale o il concordato preventivo. Anche qui con l’introduzione della cosiddetta “fase preventiva” si punta ad anticipare ed evitare il fallimento dell’impresa, una procedura che dipende in gran parte dalla propensione degli imprenditori ad avvalersene tempestivamente e dove anche il consulente del lavoro potrà avere un ruolo chiave nella sua funzione di consigliere soprattutto nel gioco degli incentivi a chi ricorre all’allerta pre-fallimento. Ma è sulla modifica del Durc, il Documento Unico di Regolarità Contributiva, che i consulenti del lavoro riconoscono al governo una politica di apertura al cambiamento. Le imprese che saneranno entro un certo tempo piccole irregolarità non dovranno infatti più restituire integralmente contributi e agevolazioni godute. Infatti il Durc, se evidenzia una qualsiasi irregolarità nei contributi, obbliga le aziende a mettersi in regola entro 15 giorni. Pena, appunto, la perdita di tutti gli incentivi, anche quelli pregressi. Un tempo che i consulenti hanno sempre giudicato insufficiente per ricostruire tutta la situazione
pregressa. Adesso, come ha annunciato il Ministro Di Maio, proprio grazie all’iniziativa della presidente Calderone si consentirà alle imprese di non dover restituire i benefici avuti in precedenza , fissando invece una proporzionalità tra debito contributivo e agevolazione goduta. «Non è possibile che un’azienda che ha dovuto sopportare il peso della crisi, se perde quella regolarità anche solo per un mese, non possa avere il Durc e venga esclusa da un circuito che le consente di acquisire nuovi incarichi». Ma ci sono anche ombre nelle politiche del MARINA CALDERONE governo e nella partita che forse più sta a cuore ai consulenti del lavoro: quella che Spagna, per risorse disponibili a valere sul riguarda proprio il mutamento dell’occupaFESR 2014-2020 - il Fondo Europeo di Svizione nell’era del digitale e dei robot azienluppo Regionale che ammonta a 8,3 miliardi dali. Con la Legge di Bilancio 2019 viene di euro -, dopo quasi cinque anni dall’avvio istituito il Fondo per l’intelligenza artificiale, dell’Agenda Digitale ha speso solo 828 miliola blockchain e Internet of things. Peccato ni di euro (il 12,3% del totale), collocandosi che il piano nazionale “Agenda Digitale”, al quartultimo posto finalizzato a rendeNEI SETTORI AD ALTA INNOVAZIONE in classifica. La scarre più competitive le TECNOLOGICA LA CRESCITA ARRANCA sa capacità di spesa aziende italiane e le PERCHÉ LE RISORSE DISPONIBILI delle ingenti risorse infrastrutture tecnoNON VENGONO IMPIEGATE europee produce eflogiche, stenti ancora fetti anche sull’occupazione nei settori ad a decollare. A dimostrarlo è proprio l’Osseralta innovazione tecnologica. Dall'indagine vatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, emerge, infatti, che in questi ambiti sono che in un’indagine ha analizzato gli open occupate in Italia 775 mila persone e che la data della Commissione europea (aggiornati crescita, dal 2008 ad oggi, è stata di sole 11 a settembre 2018) sulla rendicontazione delmila unità (+1,5%). Per fare un confronto è le risorse previste dai fondi europei. L’Italia, sufficiente pensare che nell’Eurozona sono infatti, pur essendo la terza, dopo Polonia e
GIUSEPPE CONTE CON LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO MARINA CALDERONE
ASSISTEREMO LE IMPRESE E I LAVORATORI NELLA RICERCA DI OFFERTE CONCRETE occupate in questi settori 5,7 milioni di persone, con una crescita di 362 mila unità dal 2008 (+6,7%). La scommessa è superare i ritardi strutturali del nostro tessuto economico, modernizzando le imprese, il lavoro e l’intero sistema-Paese, senza per questo cedere nulla su tutele e diritti. «La robotizzazione dei processi produttivi non deve fare paura e creare psicodrammi collettivi - sottolinea la presidente dei Consulenti del Lavoro - La storia ce lo insegna. Successe la stessa cosa quando nel ‘900 Henry Ford introdusse la catena di montaggio o quando, negli anni ’90, il web iniziò a penetrare silenziosamente in fabbriche e uffici. Da allora sono cambiate le modalità di esecuzione del lavoro, sia subordinato sia autonomo, e solo chi ha saputo cambiare ha potuto mantenere alto il proprio profilo lavorativo». Allo stesso tempo, secondo la Calderone, non si può immaginare una digitalizzazione “selvaggia” dei processi produttivi, perché si metterebbe a rischio il lavoro e si accentuerebbero le distorsioni. L’ultimo esempio è quello dei riders, i corrieri in bicicletta divenuti emblema dei nuovi lavori nati dalla gig economy, l’economia delle piattaforme digitali, che sono l’esempio classico dell’evoluzione del lavoro che non può essere ingabbiato per forza nelle due tipologie esistenti (subordinato e autonomo), ma che vanno tutelati egualmente, anche individuando nuove forme giuridiche di classificazione.
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APPROFONDIMENTI
Taranto gioca la grande rivincita della sua siderurgia Con l'ingresso di ArcelorMittal Italia, per la prima fabbrica manifatturiera italiana si è aperta una nuova era. Che parte dall'ammodernamento dei cicli produttivi e dal miglioramento dell'ecosostenibilità di Federico Pirro
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on l’ingresso ufficiale di ArcelorMittal bientali e sociali - per segnalare il nuovo Italia, controllata da ArcelorMittal, orizzonte societario in cui si sono collocati nella gestione dell’intero Gruppo Ilva da quel giorno i rapporti fra management e del Siderurgico di Taranto è iniziata il 1° aziendale e rappresentanze sindacali. novembre dello scorA quasi 59 anni dal 9 INVESTIMENTI PER 2,4 MILIARDI DI EURO so anno una nuova luglio 1960, quando fase nella vita della PER METÀ TECNICI E METÀ AMBIENTALI: venne posta la prima IL PIANO DI RILANCIO PASSA DAL più grande acciaieria pietra della fabbrica, RINNOVO DEGLI IMPIANTI PRODUTTIVI singola dell’Unione e a 55 dall’entrata in europea che resta anche - pur con un nuesercizio dei primi due altiforni (avvenuta mero ridotto di occupati pari a 8.200 unità nell’ottobre del 1964) il sito ionico è desti- la prima fabbrica manifatturiera italiana nato a restare anche con la nuova proprietà per addetti diretti. È stata una svolta stouno dei pilastri del manifatturiero nazionarica che ha collocato lo stabilimento sotto le, fornitore di una buona parte dell’induil controllo del primo produttore di acciaio stria meccanica del Paese la cui sezione al mondo e si sottolinea l’evento – peralprevalente è localizzata al Nord, anche se tro accompagnato da intuibili e complesse quote crescenti di coils, lamiere e tubi in problematiche sindacali, tecnologiche, ampartenza da Taranto potranno essere de-
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stinate alle esportazioni. Questo è il primo dato da sottolineare, pur se è comprensibile che l’impianto debba integrarsi nell’assetto produttivo ed impiantistico sovranazionale dell’acquirente: in tale prospettiva è fondamentale che il Siderurgico pugliese non venga declassato, conservando l’area a caldo resa più ecosostenibile, e recuperando la produzione dell’intera gamma dei suoi beni intermedi - lamiere, tubi e coils migliorando di questi ultimi anche la qualità così da riconquistare stabilmente clienti come ad esempio alcuni big player del settore automotive. Gli investimenti per ammodernare i cicli produttivi e migliorarne l’ecosostenibilità - pari in totale a 2.393 milioni di euro, divisi fra 1.256 milioni in investimenti tecnici e 1.137 in quelli ambientali - sono stati avviati mentre prosegue la copertura dei parchi minerali realizzata dalla Cimolai, iniziata già dalla precedente gestione commissariale, mentre ci si potrebbe preparare a sperimentare anche l’impiego del preridotto di ferro, una volta superati però (come stabilito al Mise) gli otto milioni di tonnellate prodotte, sia utilizzandolo negli attuali altiforni e sia in uno o più forni elettrici eventualmente da installare, previa accurata verifica dei costi del gas necessario per produrre il preridotto, e soprattutto dei tempi per il break even degli ingenti investimenti prevedibili per tale ipotesi. Gli 8.200 dipendenti, che dal 1° novembre erano stati distaccati dall’Amministrazione straordinaria, dal 1° gennaio sono stati assunti dalla nuova proprietà e sono così suddivisi: 717 addetti ad altiforni e sinterizzazione, 1.312 nelle centrali di manutenzione e dei pezzi di ricambio, 424 nell’area cokerie, 164 nel facility management, 366 a materie prime e porto, 57 ai servizi ecologici, 1.607 nell’acciaieria, 509 alla laminazione a freddo e 616 ai prodotti piatti e ai tubi; ad essi poi devono essere aggiunti fra gli altri impiegati e dirigenti. È stato apprezzato che i nuovi manager, chiamati a guidare l’enorme impianto, ab-
biano voluto iniziare a conoscerne tutti gli occupati perché gli operai, i tecnici, i quadri, gli impiegati e i dirigenti riassunti dalla nuova gestione, negli ultimi anni hanno assicurato ogni giorno con grandi sacrifici il funzionamento della fabbrica, duramente stressata sotto ogni profilo dalle vicende giudiziarie avviatesi dal 26 luglio del 2012: e pertanto, oggi e per i prossimi anni, saranno ancora loro se ben motivati a far funzionare al meglio con la loro professionalità la prima fabbrica siderurgica a ciclo integrale d’Europa. Fondato su esclusive logiche di mercato inoltre è il rapporto avviato dal nuovo matarantino è ben conosciuto dalla imprese nagement non solo con il vasto sistema impiantistiche (locali e non) che vi lavorano delle aziende dell’indotto tarantino, ma anda molti anni, è altrettanto vero che queche di quello nazionale presente nell’area, ste stesse aziende imprese che hanno UN ASPETTO COMPLESSO DA GESTIRE dovranno migliorasalutato positivamente la definitiva RIGUARDA I RAPPORTI CON IL TERRITORIO re ulteriormente gli E LE ISTITUZIONI CITTADINE E REGIONALI, standard di qualità aggiudicazione del COMPRESO IL MONDO DELLA SCUOLA e di prezzo sia delle Gruppo Ilva ad Arceloro prestazioni interne allo stabilimento lor, dopo l’accordo al Mise del settembre e sia delle lavorazioni di supporto eseguite scorso, perché ciò ha significato l’atteso in capannoni esterni ad esso, concentrati superamento di una situazione di incertezin alcuni Comuni dell’hinterland, come ad za che era divenuta ormai insostenibile per esempio quello di Massafra, le cui costrututti. zioni meccaniche pesanti sono in larga parOra, se da un lato l’Ufficio acquisti della te alimentate dalla domanda del Siderurgimultinazionale indiana dovrà comprendeco. In tale prospettiva sarebbe auspicabile re sino in fondo che un sito come quello
che si costituisse un consorzio di impiantisti locali, partecipato se del caso anche da imprese straniere, per qualificare l’offerta complessiva di prestazioni che però dovrebbero guardare sempre di più anche ad altri committenti italiani ed esteri: insomma, non si può vivere solo delle commesse locali di Arcelor. In realtà aziende come Comes, Modomec, Stoma group, Serveco, solo per citarne alcune, già hanno diversificato da tempo i loro mercati, acquisendo commesse anche all’estero. Certo, lavorare per il primo produttore di acciaio al mondo nella più grande fabbrica siderurgica europea è un titolo di merito, ma Arcelor Mittal ha dimensioni di mercato e di subforniture di livello internazionale e con quelle dimensioni bisognerà cimentarsi anche nell’indotto tarantino. Altro aspetto complesso che la nuova gestione ha valutato con attenzione è quello del rapporto da stabilire con le Istituzioni cittadine e regionali, con il mondo della scuola e dell’Università e con le rappresentanze della società civile, che siano naturalmente disponibili a confronti costruttivi. I nuovi gestori comunque sono sempre disponibili al dialogo con il territorio e i suoi rappresentanti che, a loro volta, devono comprendere che la conduzione di una fabbrica di quelle dimensioni, chiamata a competere ogni giorno in Europa e nel mondo, non è assimilabile a quella di un club culturale preposto solo ad alimentare dibattiti inconcludenti. Taranto oggi è ad un bivio, la grande partita per il rilancio competitivo ed ecosostenibile dell’Acciaieria si può vincere a condizione che tutti – azienda, sindacati, Istituzioni e società civile - abbiano piena consapevolezza di cosa significhi questo in termini di comportamenti individuali e collettivi. Equilibrio, saggezza, trasparenza e lungimiranza da parte di tutti dovranno essere gli ingredienti necessari per scrivere una nuova pagina di storia industriale a Taranto, in Puglia, nel Mezzogiorno e nel Paese.
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in collaborazione con CONFPROFESSIONI
Reddito di cittadinanza, la chance dei professionisti Con il via libera al decreto legge si aprono nuovi scenari che rilanciano l'occupazione anche negli studi professionali. E su quota 100 scende in pista il Fondo di solidarietà per le attività professionali
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a cura di Giovanni Francavilla
li ultimi dati dell'Inps mostrano un sostanziale miglioramento dell'occupazione, sostenuto dal forte incremento delle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. Tra gennaio e novembre 2018 nel settore privato il saldo tra assunti e cessati si è attestato a +625.000, in calo però rispetto allo stesso periodo del 2017. Le buone notizie finiscono qui, perché sul rovescio della medaglia si è registrata un'impennata delle domande di disoccupazione presentate all'Inps, che a novembre scorso ha registrato oltre 223 mila richieste (+5,2% sullo stesso mese del 2017): un dato che nei primi undici mesi del
2018 sfiora la soglia di 2 milioni di domande di disoccupazione. «Le dinamiche occupazionali riflettono le profonde trasformazioni in atto nel mercato del lavoro, già condizionate da un clima di incertezza economica e sociale che ha raggiunto livelli preoccupanti», commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «In questo contesto possiamo osservare come l'occupazione aumenti laddove si attuano politiche attive del lavoro. Le misure di sostegno al reddito o gli incentivi alle assunzioni per i soggetti svantaggiati devono in particolare essere accompagnati da una serie di interventi che mettano al centro la formazione professionale e i servizi
GAETANO STELLA
per l'impiego. E da questo punto di vista, il reddito di cittadinanza potrebbe essere un valido banco di prova per stimolare il reimpiego e l'autoimprenditorialità». Sul piatto, Palazzo Chigi ha messo 7,1 miliardi di euro per contrastare la povertà, la disuguaglianza e l'esclusione sociale «a garanzia del diritto al lavoro», recita l'articolo 1 del decreto legge varato il 17 gennaio. Uno dei passaggi chiave del reddito di cittadinanza, infatti, è il cosiddetto patto per il lavoro che, insieme con il patto per la formazione, dovrebbe aprire le porte del mercato del lavoro ai beneficiari. «Oltre alla formazione garantita da Fondoprofessioni, il sistema della bilateralità previsto
POLITICHE ATTIVE, EBIPRO SI FA IN TRE Bonus apprendisti, alternanza scuola-lavoro e contratti di reimpiego. Negli studi professionali, il 2019 si apre all'insegna delle politiche attive del lavoro. L'Ente bilaterale degli studi professionali (Ebipro) ha infatti messo in campo le prime tre misure per incentivare l'ingresso dei giovani e degli over 50 negli studi professionali e, al tempo stesso, combattere il precariato. La prima iniziativa, attiva dal 1° gennaio scorso, riguarda il cosiddetto “bonus apprendisti”, che prevede l'erogazione di un contributo (incrementato a 800 euro) per i datori di lavoro che confermino in servizio gli apprendisti assunti con il contratto di apprendistato disciplinato dal Ccnl degli studi
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professionali. Sulla rampa di lancio c'è anche il bonus alternanza scuola-lavoro, il primo progetto in Italia che mette a disposizione di professionisti e studenti un voucher fino a 1.000 euro per avvicinare gli studenti della scuola superiore e delle università al mondo della libera professione. E sempre nell'ottica di sostegno all'occupazione negli studi, l'Ente guidato da Leonardo Pascazio ha definito un contributo, pari a 800 euro, per i datori di lavoro che usufruiranno del contratto di reimpiego, previsto dal Ccnl studi professionali, per favorire l'assunzione di soggetti svantaggiati (over 50 o disoccupati di lunga durata).
dal Ccnl degli studi professionali, potrebbe contribuire a migliorare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro promuovendo una più efficace collocazione nel mercato del lavoro di coloro che ne vengono espulsi», aggiunge Stella. «Una delle opportunità previste dal decreto può riguardare anche l’avvio di un percorso di autoimpiego o autoimprenditorialità». In questo ambito, la strada è già stata tracciata con il Jobs act sul lavoro autonomo, che prevede la realizzazione di sportelli per il lavoro autonomo, presso i centri per l'impiego con il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza, per orientare i beneficiari dei servizi per l’impiego verso opportunità di lavoro indipendente. Novità in vista anche sul fronte della quota 100. Il decreto legge ha infatti aperto una finestra che consente ai fondi di solidarietà bilaterali (nell'ambito delle attività professionali è in fase di approvazione il fondo costituito da Confprofessioni e dalle organizzazioni sindacali del settore nell'ottobre 2017) di finanziare prestazioni previdenziali integrative ed erogare un assegno straordinario per il sostegno al reddito di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per l'accesso alla pensione quota 100.
in collaborazione con ANDAF
Fatturazione elettronica, un'occasione per rinsaldare la digital transformation L'introduzione delle tecnologie informatiche non solo migliora i processi produttivi, ma, basandosi sul concetto di "open innovation", permette ai vari dipartimenti aziendali di partecipare alla soluzione dei problemi aziendali di Andrea Marsilio* (* Managing Partner Bering Consulting Group)
E
ntrata in vigore all’inizio dell’anno, l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i pagamenti ad eccezione delle “mini partite IVA”, si è rivelata per le aziende una vera e propria rivoluzione copernicana, determinando un cambiamento sostanziale nella gestione della contabilità aziendale, ora non più fondata sull’emissione di documenti ma su fatture, ciascuna costituita da un data stream, un flusso di dati. Tutti i dati trasmessi vengono quindi obbligatoriamente convogliati in un unico sistema di interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate. Un passaggio che garantisce l’uniformità del formato di tutte le fatture e l’interoperabilità dei dati trasmessi dai diversi soggetti. Ecco che l’azienda deve saper guardare a questa novità come a una straordinaria opportunità: i flussi di dati tracciati, in grado di “comunicare” con i flussi di dati dei propri fornitori e di tutti gli
altri attori della filiera, possono diventare un patrimonio straordinario.
L'AUTORE, ANDREA MARSILIO
che consentano di governare il cambiamento e al tempo stesso allenare attraverso la formazione le soft-skill delle risorse umane, chiamate a gestire scenari di continuo cambiamento, segnati da una rapidissima evoluzione.
Un approccio flessibile La flessibilità nell’approccio all’introduzione della fatturazione elettronica è senz’altro indispensabile, in quanto è molto Gli Smart Contract probabile che gli scenari – nor- La fatturazione elettronica può mativi in primis – siano destinati diventare occasione propizia per a cambiare rapidamente. Solo avviare o rinforzare un procesper fare un so di digital LA FLESSIBILITÀ DIVENTA esempio, se transforINDISPENSABILE IN UNO attualmenmation che SCENARIO DESTINATO te il formapuò partire to adottato A CAMBIARE RAPIDAMENTE da questo in Italia PER SNELLIRE I PROCESSI nuovo struè l’xml, è mento per molto probabile che – in un fu- arrivare a numerosi approdi. turo non troppo lontano – si vada Pensiamo ad esempio agli Smart verso un sistema unico di fattu- Contract – ossia contratti in grarazione a livello di Unione Euro- do di verificare automaticamente pea, con l’adozione di un formato l’esistenza di determinate condidiverso dall’attuale Xml e l’evolu- zioni e di eseguire azioni consezione successiva sarà molto pro- guenti attraverso l’inserimento babilmente quella del documen- di codici autoeseguibili – che to di trasporto DDT e dell’ordine costituiscono uno strumento già digitale, per consentire una con- oggi accessibile - sia in termini divisione dei dati ancor più ampia di investimenti, sia in termini di e il conseguente ulteriore snelli- semplicità di utilizzo - e sembramento dei processi. È bene quin- no destinati a “rivoluzionare” la di affidarsi a strumenti flessibili, contrattualistica.
La Società 5.0 L’orizzonte di riferimento è quello della società 5.0, un modello fondato su un cambiamento culturale, in cui l’introduzione a tutti i livelli delle tecnologie digitali non è funzionale solo al miglioramento dei processi produttivi ma al miglioramento complessivo della qualità della vita con la tecnologia al servizio dell’uomo. Secondo questo scenario i vari dipartimenti aziendali del futuro saranno chiamati sempre più a “compartecipare” alla soluzione dei problemi aziendali. Una prospettiva solo in apparenza lontana rispetto al tema della fatturazione elettronica: in realtà la semplificazione dei processi è uno dei tanti indispensabili passaggi verso un’impresa intelligente basata sul concetto di “open innovation”. Consentire lo scambio costante e la condivisione dei dati in modo immediato significa anche facilitare la connessione tra industrie produttive, imprese di servizi, organizzazioni pubbliche e smart city per la cooperazione e la soluzione dei bisogni emergenti attraverso l’utilizzo anche dell’intelligenza artificiale.
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PRIVATE BANKER
La Finlandia insegna: il reddito garantito aiuta ma non risolve Dopo una fase di test durata due anni, il paese scandinavo ha deciso di non prorogare l'esperienza. Perché, dicono le statistiche, è un disincentivo a cercare un posto di lavoro. L'unico beneficio? La riduzione dello stress di Ugo Bertone
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l paracadute di un reddito garantito, per quanto modesto, non è un incentivo alla ricerca di un lavoro. In compenso, aiuta a vivere meglio, anche sul piano psicologico. È questo il risultato del test più ambizioso mai tentato in materia di reddito di base che è stato sviluppato in Finlandia: per due anni 2mila disoccupati tra i 25 e i 58 anni sono stati “premiati” con un assegno mensile di 560 euro, in linea con l’indennità di disoccupazione garantita dal sistema. Il risultato? Insignificante, sul piano del reinserimento nel mondo del lavoro: i beneficiati dal provvedimento, nell’arco dei due anni, hanno lavorato solo mezza giornata in più della platea del gruppo di controllo (cioè i disoccupati “normali”). In cambio, a giudicare dai riscontri di medici e psicologi, i benefici rispetto ai comportamenti della platea “normale”, sono stati rilevanti: meno stress, più autostima e benessere. Un risultato tutto sommato prevedibile, ma non per questo meno prezioso: rispetto alle forme tradizionali a sostegno del reddito, infatti, l’esperimento ha avuto una grossa differenza: il Kela, ovvero l’Inps del Paese scandinavo, ha continuato ad erogare il sussidio anche a coloro che, nel frattempo, hanno trovato un lavoro, per giunta senza alcuna limitazione o L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA
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lungaggine burocratica. Insomma, una sorta di reddito di cittadinanza al Polo Nord. Anche se meccanismi e finalità erano ben diversi dagli obiettivi del governo gialloverde. La Finlandia, ove il tasso di disoccupazione, peraltro in calo, ammonta al 6,6 per cento, non aveva particolare bisogno di uno strumento di lotta alla povertà, visto che già disponeva di strumenti di welfare molto robusti (sussidi di disoccupazione, sussidi per la casa, sussidi per i figli. L’obiettivo della riforma era, al contrario, quello di liberare le energie dei lavoratori, già frenati dalla ricerca di nuovi lavori dalla paura di perdere i sussidi pubblici. Il reddito di base, destinato a restare anche se il soggetto trova lavoro o s’impegna in una nuova impresa, era stato concepito dal governo (di destra) come uno stimolo ad accettare nuovi impieghi, anche part-time o poco pagati, comunque in grado di integrare il reddito e di offrire opportunità creative al lavoratore, finalmente liberato dai bisogni più urgenti. Un proposito che, secondo il progetto iniziale (poi cancellato) avrebbe dovuto estendersi agli occupati in lavoro “sgraditi” cui offrire una chance per stare a casa sul divano o, a scelta, per reinventarsi una seconda vita di lavoro. Una sorta di utopia possibile, che non ha nulla a che vedere con le rivendicazioni passate del mondo del lavoro. Non a caso, a favore del reddito di inclusione si sono espressi alcuni campioni del capitalismo, a partire da Richard Nixon, il primo politico che se ne occupò dietro ispirazione di Milton Fried-
man (foto), fino ad alcuni campioni della new economy, peraltro noti alle cronache come workaholics, per la dose extra di lavoro che distingue la loro esistenza. Tipo Elon Musk, il pirotecnico creatore di Tesla, o Ray Kurzweill, il vulcanico ingegnere che guida le strategie per lo sviluppo tecnologico di Google. Il meccanismo, poi, offre comunque una soluzione per evitare, come appare sempre più probabile, che l’esplosione delle tecnologie digitali e dell’Intelligenza artificiale possa devastare il mercato del lavoro, dalla finanza al manufacturing. Kurzweill, addirittura, si è spinto a sostenere che, grazie all’introduzione progressiva del reddito di inclusione, il mondo è destinato ad avviarsi, attorno al 2030, ad una situazione di “stabile benessere”. Questi attestati non hanno però convinto il governo di Helsinki a prorogare l’esperienza oltre i due anni del test. Per due motivi: la disoccupazione non è oggi un problema per la Finlandia, per cui non si sente la necessità di un’azione attiva sul lavoro. Più importante la seconda motivazione: passare da test limitato ad un reddito universale spalmato su tutto il Paese, secondo l’Ocse, sarebbe stato possibile o con un forte aumento della spesa pubblica o con una “significativa” redistribuzione del reddito da attuare aumentando le tasse: materia tabù perché anche ad Helsinki si avvicinano le elezioni (il 14 aprile ci sono le politiche).
APPROFONDIMENTI
I segreti della supply chain per essere competitivi Alla Liuc Business School si impara la logistica integrata. Ovvero come sapere in anticipo cosa vuole il mercato e arrivare prima dei competitors, come fa Amazon. Purché in azienda si segua la logica dei vasi comunicanti di Riccardo Venturi
È
il meteo a decidere quanti turni di produzione si programmano in una fabbrica di mozzarelle nel mese di ottobre. Se farà bel tempo e caldo, i consumatori avranno l'impressione che sia ancora estate e compreranno tante mozzarelle, quindi i turni saranno tre. Se invece si prevede un mese freddo e piovoso, basteranno due turni. È un esempio di come si fa oggi il supply chain management: «Una volta si chiamava logistica integrata» spiega Fabrizio Dallari, direttore del Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management della LIUC Business School, «è la catena che segue il flusso della merce, dall'acquisto della materia prima ai semilavorati ai prodotti finiti, fino alla scorta e alla distribuzione ai clienti, base di qualsiasi processo manifatturiero». La parola d'ordine per essere competitivi è anticipare le richieste del mercato, per tornare all'esempio anche con l'utilizzo delle previsioni del tempo: «Per muoversi in an-
ticipo si deve pianificare» sottolinea Dallari, «è un po' come quel che accade in famiglia quando il figlio invita gli amici a cena, papà fa la spesa e mamma cucina: se non comunicano tra loro la pianificazione fra i tre soggetti non è integrata, e magari l'ospite è vegetariano, la spesa è solo di carne e chi cucina scalda l'acqua per la pasta». Un esempio non distante da quel che accade in tante aziende: «spesso gli anelli della catena non sono collegati uno con l'altro» rimarca il docente della LIUC, «i responsabili di materie prime, produzione, logistica, distribuzione non seguono la logica dei vasi comunicanti ma quella dei silos indipendenti». La mancanza di collaborazione tra i diversi ambiti aziendali ha sempre effetti nefasti: «magari il direttore di produzione vuole produrre con grandi lotti» insiste Dallari, «senza preoccuparsi delle conseguenze della loro creazione a valle della catena; oppure chi acquista le materie prime sceglie grandi quantità per avere sconti, pen-
A SCUOLA DI PIANIFICAZIONE INTEGRATA Il nuovo percorso di formazione “Demand, Inventory & Supply Planning”della LIUC Business School, consente di individuare le aree di miglioramento ed intervenire nei processi di pianificazione integrata (vendite, scorte, distribuzione e produzione) confrontandosi con le
best practices aziendali. Per il 2019 ne sono previste due edizioni, la prima da fine febbraio a giugno, la seconda da settembre a fine dicembre. «È un percorso in 5 tappe che si rivolge a persone che possono avere diversi gradi di maturità professionale. È possibile saltare alcuni step o
farne solo alcuni» spiega Fabrizio Dallari, direttore del Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management della LIUC Business School. «Sono previste due giornate di approfondimento esperienziali: i partecipanti si sporcano le mani, lavorando su dati reali delle loro aziende» aggiunge Dallari.
sando allo sconto e non alla gestione della mega-scorta». L'adozione dei criteri del supply chain management permette di evitare queste dinamiche inefficienti: «Per ottenere una perfetta sincronizzazione delle diverse fasi del lavoro aziendale» mette in evidenza il direttore del Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management della LIUC Business School, «si deve lavorare in anticipo, con una logica predittiva. Per prima cosa si deve fare una buona previsione della domanda, e in base a quella avviare un'attività di pianificazione che porta a dare al cliente il prodotto nel luogo, nel momento e nella quantità giusta». La massima accuratezza nella stima della domanda si raggiunge con il demand sensing, particolarmente accurato nell'e-commerce: «Amazon fa una cosa spettacolare che raccontiamo nel nostro corso alla LIUC (vedi box)» rileva Dallari, «in base ai click fatti su un prodotto in una determinata zona, anche senza che ne sia seguito un acquisto, registra l'interesse crescente per quell'articolo, calcola la probabilità di venderne un certo numero e manda quel numero di articoli al magazzino corrispondente».
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QUEL CHE RESTA DEL MESE in collaborazione con ILSUSSIDIARIO.NET
Amazon a NYC: un no che rischia di affossare la sinistra Usa Dietro la battaglia contro lo stabilimento nel Queens c’è una visione miope che ha deciso di rinunciare a 25mila posti di lavoro DI UGO BERTONE
È
senz’altro riduttivo e ingeneroso etichettare Jeff Bezos, l’uomo più ricco del pianeta, come “padrone”. A qualificare il genio dell’uomo, oltre allo straordinario successo delle sue imprese, contribuisce la fortuna del suo investimento nel Washington Post, il quotidiano del Watergate avviato a un declino senza via d’uscita prima dell’intervento del tycoon di Amazon. Bezos, convinto che la qualità paga, ha rivitalizzato il giornale che oggi conta 900 giornalisti (più di 100 impegnati ogni giorno dietro il nemico Donald Trump), che non si limitano alla tradizionale copertura della capitale, ma anche di Silicon Valley e di altre realtà emergenti dell’attività Usa. Un gigante che rinnova la grande tradizione del giornalismo Usa all’insegna dello slogan usato per il primo spot di un quotidiano trasmesso al SuperBowl, lo spazio pubblicitario più costoso della tv Usa: “Le tenebre uccidono la democrazia”. Stupisce, a questo punto, che la sinistra radicale Usa, guidata dalla sempre più popolare Alexandria Ocasio-Cortez, celebri come un grande successo la rinuncia di Amazon a fare di New York la seconda capitale dell’impero con la prospettiva di dar lavoro a 25mila persone. Di fronte alla protesta degli abitanti di Queens, preoccupati dai disagi (e dall’aumento dei costi, specie delle case, che ha già sconvolto San Francisco, la capitale della new economy), Bezos ha preferito fare un
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JEFF BEZOS, NUMERO UNO DI AMAZON E UOMO PIÙ RICCO DEL PIANETA
passo indietro. Scelta comprensibile, perché il successo del colosso dell’e-commerce si basa sul favore dei consumatori: guai a passare come uno sfruttatore (anche quando le condizioni di lavoro sono tutt’altro che civili) o, peggio, a far passare l’idea che Amazon favorisce la povertà o il disagio sociale. Scelta poco costosa, perché sono decine, anzi centinaia, le città pronte a spalancare le porte all’investimento di Bezos. L’esito, però, è stato molto doloroso e costoso per la sinistra, almeno quello che fino a ieri rappresentava la maggioranza del filone progressista: CIÒ CHE CI DIFFERENZIA DALLA CINA È L’OTTIMISMO: I LORO RAGAZZI STANNO MEGLIO DEI GENITORI E CREDONO CHE LO STESSO ACCADRÀ AI LORO FIGLI
Andrea Cuomo, il leader democratico che controlla il partito a New York, e il sindaco Bill de Blasio si erano schierati per Amazon, motivati dall’arrivo di 25mila posti di lavoro. Insomma, l’appeal del posto di lavoro non è stato sufficiente a superare l’opposizione. Forse, se si fosse arrivati a una conta, avrebbero vinto i favorevoli all’opera. Ma sarebbe stata, agli occhi di Bezos, una vittoria di Pirro. Non è azzardato definire la contesa Usa come una sorta di “Tav americana”. Un paragone inquietante, almeno per uno che, come il sottoscritto, è favorevole all’opera. Ma è un dato di fatto che la sinistra, travol-
ta dai costi inflitti dalla lunga crisi, stenta a rappresentare i desideri e i bisogni del suo elettorato. Dietro alla sfiducia generale c’è una lunga stagione di sconfitte, che hanno fatto arretrare il tenore di voto e, soprattutto, le aspettative generali. Come ha dimostrato Thomas Piketty, le diseguaglianze hanno ormai raggiunto i picchi della fine del XIX secolo: il recupero delle Borse, favorito dal denaro a basso costo, ha permesso ai ricchi di diventare ancora più ricchi. Il liberismo economico ha condotto a un progressivo smantellamento del welfare contribuendo ad aggravare la qualità della vita, mentre si imponeva la stagnazione secolare da cui non siamo affatto usciti. Anzi. “Ciò che distingue oggi la Cina da noi – ha scritto il New York Times – è l’ottimismo. I ragazzi cinesi stanno meglio dei loro genitori e sono convinti che i loro figli saranno destinati a stare meglio ancora. Da noi è successo l’inverso”. Probabile che in Italia le cose siano messe peggio. Di qui il rancore e il rifiuto diffuso di novità e di iniziative che implichino comunque un rischio. Una sindrome diffusa, come abbiamo visto. Ma l’Italia, ferma da vent’anni, ha urgente bisogno di crescita più di ogni altri Paese avanzato. E la crescita richiede investimenti che, a loro volta, necessitano di quattrini. Materia prima che i mercati forniscono volentieri agli Usa, assai meno all’Italia, sovranista o no.
APPROFONDIMENTI
Lo sviluppo di un paese passa anche dalle infrastrutture Dalla Svizzera agli Stati Uniti d'America, passando alla Cina odierna: gli esempi che dimostrano che la crescita passa da strade, porti, tunnel e ferrovie non contano. Ecco perché l'Italia non può più stare a guardare di Marco Davide Castejon
A
lfred Escher nasce il 20 febbraio 1819 e il prossimo anno festeggerà i 200 anni. È vero che è scomparso nel 1882 a Zurigo, ma quello che ha fatto lo colloca in un ambito di vita eterna. Alla sua nascita, la Svizzera è un paese povero con alcune regioni ancora flagellate dalla carestia. Gli svizzeri emigravano a migliaia. Duecento anni dopo la Svizzera, anche grazie a Alfred Escher, è una delle nazioni più ricche, innovative e competitive al mondo. Lo è diventata grazie al piano infrastrutturale che quest’uomo promosse. La rete
L'AUTORE, MARCO DAVIDE CASTEJON, È STATO COMMISSARIO DI RISANAMENTO NEL 2009
ferroviaria che collega il nord della Svizzera con il Sud, la Galleria del San Gottardo, il Politecnico di Zurigo, oggi al settimo posto degli atenei al mondo e che ancora oggi prepara i migliori ingegneri nei campo delle infrastrutture ingegneristiche, sono frutto della visione illuminata di Escher. Siamo nel 1933 e F.D. Roosevelt, Presidente degli Stati Uniti d’America, lancia un piano di sviluppo legato ai lavori pubblici per fare ripartire il paese che era in una forte crisi. Si apre il periodo del New Deal. Il piano prevede una rete ferroviaria che colleghi i vari punti del grande paese americano, delle strade, dei ponti che attraversino i grandi fiumi. La creazione più spettacolare fu la Tennessee Valley Authority ( TVA ) che sfruttava il bacino del fiume Tennessee per costruire dighe e centrali idroelettriche, e permise a numerosi stati di ottenere ener-
gia elettrica a basso costo garantendo così un celere sviluppo economico e una migliore qualità della vita. Siamo ai giorni nostri e sentiamo parlare della Yi Dai Yi Lu, in cinese, o anche “il progetto del secolo”: la “Nuova Via delle Seta “. Una rotta terrestre e marittima che ricollegherà meglio di oggi più di settanta paesi. Il 70 per cento della popolazione mondiale vive lungo la “Nuova Via della Seta“ e produce il 30 per cento del Pil globale. Il piano prevede, anche attraverso forti investimenti, che il mercato cinese si sviluppi su questa asse. Oggi un computer che parte dalla città metropoli di Chongqing, a sud-ovest della Cina, con trenta milioni di abitanti, ci impiega ad arrivare a Amburgo via nave non meno di 45 giorni. Attraverso la “Nuova Via della Seta“ basteranno dieci giorni. All’ultimo Consiglio di Presidenza Nazionale dell’Ance (associazione Nazionale Costruttori Edili) è stato lanciato un forte appello affinchè tutte le infrastrutture, Tav compresa, siano portate avanti. La crescita del paese e la competitivà dello stesso passano anche da queste opere. Secondo Marco Dettori, Presidente di Assimpredil, «Le Grandi Opere sono indispensabili, soprattutto in un paese che negli ultimi dieci anni ha dimezzato gli investimenti in opere pubbliche determinando un gap infrastrutturale pari a 84 miliardi di euro». È anche vero che le imprese italiane, ad eccezione di Salini Impregilo, non versano in uno stato di grazia, ma di imprese in grado di affrontare opere di questo livello nel mondo ce ne sono. Strade, ponti, porti, scuole; luoghi pubblici di grande passaggio quali le stazioni o gli aeroporti, reti elettriche o fibre ottiche a banda larghissima: sono solo una piccola parte di una dotazione di base che un paese deve avere per non perdere il treno economico con il resto del mondo. Tutto ciò senza dimenticarci che i capitali e i fondi internazionali, avendo delle precise regole da seguire nelle loro scelte di investimento, sono oggi più che mai disponibili ad investire in opere infrastrutturali.
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TALENT SHOW
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CI PIACE FA BENE LA CPD A RADDOPPIARE L’IMPEGNO NEL CAPITALE TIM Il progetto della Cassa punta a creare una rete unica in banda larghissima capillare in tutta Italia, cioè un’infrastruttura essenziale per lo sviluppo
I
liberisti duri e puri storceranno certamente il naso, anzi semplicemente continueranno a tenerlo storto come sempre, ma è da approvare la scelta annunciata dalla Cassa depositi e prestiti di raddoppiare la propria quota nel capitale Tim dal 5 al 10%, confermando anche così “la missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali” per “rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”. Bene ha fatto a chiarire i propri progetti (oltretutto ha giovato alla quotazione del titolo Tim, subito salita in Borsa) l’a.d. della Cassa Fabrizio Palermo (nella foto). Semmai è stata tardiva (e non per colpa sua, che è appena arrivato) la scelta di entrare a piedi giunti, con capitali pubblici, nelle autostrade informatiche per dotare l’Italia di quella rete in fibra ottica a banda larghissima che solo da tre anni è finalmente in via di sviluppo grazie ad Open Fiber e che Tim insegue come e dove può, oppressa com’è da debiti. Quindi ben venga la conferma che adesso la Cassa fa sul serio. La banda larghissima ubiquitaria serve al Paese e al suo sviluppo quanto le grandi infrastrutture che mancano, ma diversamente da trafori, ponti e strade, non ha lo stesso impatto sul territorio ed è (relativamente) al riparo dalle paturnie degli iperambientalisti. Inoltre Tim, checchè ne dicano alcuni, non è più in grado di far da sola - e si sa a chi va la responsabilità morale di questa impotenza, al governo D’Alema che diede l’ok all’Opa Olivetti – e dunque che la Cassa Depositi e Prestiti, con Enel padrona di Open Fiber, prenda i comandi al più presto.
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Immeritate le critiche sul rischio di un nuovo «Stato Padrone». La fibra ottica non può attendere
L’azienda paga salato i ritardi nello sviluppo delle reti ma ha fatto poco per restare competitiva
’è stato un tempo in cui la Sirti - società specializzata nella produzione di infrastrutture per le telecomunicazioni - e per questo “costola” dell’oggi smantellato gruppo Stet – aveva una tale leadership sul mercato, e se n’era talmente lasciata viziare, che i suoi dipendenti sul territorio rifiutavano il collegamento Gps dei furgoni d’intervento per non consentire all’azienda il controllo a distanza dei loro movimenti. Anni luce fa. Oggi Sirti ha annunciato “833 esuberi su 3692 addetti (quasi 1/4 della forza lavoro) con tagli massicci in quasi tutti i reparti”, come hanno denunciato i sindacati. Ebbene: che un azionista istituzionale come il fondo Pillarstone, che ha il 100% dell’azienda e che ironia della sorte vuol dire “pilastro di pietra” (capirai!) non vada per il sottile e sia pronto a usare la leva dei tagli all’organico per tornare all’utile, ci sta. Che l’attuale managament – fresco di nomina – non possa riparare ai guasti del passato e non ne sia responsabile, anche. Ma se c’è un settore dove il lavoro non manca in questa fase è proprio quello delle infrastrutture per le telecomunicazioni, tra Open Fiber, Tim e operatori mobili con i loro piani sulla tecnologia 5G. E dunque, com’è possibile un simile sacrificio proprio in un momento come questo? E meno male che l’azienda promette un “piano sociale condiviso”: conoscendo il nuovo a.d. Roberto Loyola, (nella foto) che è una brava persona, ci proverà. Ma ecco: lo scempio delle infrastrutture telefoniche fatto in questo Paese fino a poco tempo fa (si legga al riguardo il “Ci piace” in questa stessa pagina) grida ancora vendetta e miete ancora vittime innocenti.
NON CI PIACE SACRIFICIO SIRTI OBOLO SOCIALE ALLO SCEMPIO DEI TELEFONI La multinazionale del food delivery ha comprato la rivale. Ma i “fattorini” rischiano di ritrovarsi ancor più precari. È questo il nuovo che avanza?
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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE
Quello stile Impero che zavorra la Francia Scrivanie e poltrone dorate, arazzi e tele settecentesche, cristalli e porcellane, se da un lato rappresentano la grandeur d’Oltralpe, dall’altro iniziano a essere un costo insostenibile. Così sta per scattare un “piano B” di Giuseppe Corsentino
MA L’AVETE VISTA LA SCRIVANIA DI MACRON, TUTTA ORI E CESELLI IN STILE IMPERO? E IL GRANDE TAPPETO STESO SOPRA IL PARQUET LUCIDATO E RILUCIDATO DELL’ELISEO? E certe poltroncine con imbottiture e fiocchetti dorati, sempre stile Impero, eleganti e scomodissime? L’immagine della République, e non solo all’Eliseo, ma in tutti i ministeri parigini, nelle ambasciate in giro per il mondo e in altri seicento lieux publiques, come fanno sapere dal Mobilier National (che è molto di più di un Provveditorato o di un Economato incaricato dell’arredamento degli uffici pubblici, ma un’autentica sopravvivenza dell’Ancien Régime, il Gard-Meuble de la Couronne creato da Luigi XIV e dal ministro Colbert) nasce anche da qui, dalla preziosità degli arredi, testimonianza di storia e orgogli secolari. Ma a che prezzo? I mobili, scrivanie stile Impero, librerie stile Luigi, lampade e candelabri dorati, sedie e poltrone su cui è difficile trascorrere una giornata di lavoro, non solo non piacciono più ai funzionari e ai grand commis della République che ovviamente preferiscono arredi ergonomici, poltroncine Stokke e piani di lavoro moderni, leggeri e correttamente illuminati (come nella nuova modernissima sede del ministero della Difesa, a Balard, il Pentagono francese nel cuore di Parigi), ma soprattutto hanno ormai un costo di gestione e manutenzione che lo Stato non può più permettersi. Meglio rinunciarci. E immaginare una nuova vita per questa creatura burocratica tutta francese, il Mobilier National, creato nel 1937,
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quindi in piena stagione Front Populaire, mettendo insieme la Manifattura nazionale di Gobelins (tappeti e arredi, 1662), la Manifattura di Beauvais (tessili e arredi,1664) e la Savonnerie (falegnameria di qualità, 1627) oltre a una serie di atelier di pizzi e merletti, altra eccellenza normanna, ad Alençon e Puyen-Valey. Il Mobilier, che ancora gestisce un patrimonio di oltre 130mila pezzi e che ancora negli anni Sessanta, su impulso del ministro della cultura gaullista André Malraux, il politico che forse per primo capì che il potere, il “soft power” come si dice oggi della cultura, era in grado di finanziare il lavoro di tanti designer (come l’avanguardista Pierre Paulin), oggi costa allo Stato 24milioni di euro, contando gli stipendi dei 250 tecnici e artigiani che ci lavorano e - dati i tempi e il cambiamento di stile anche nell’arredo, nell’ameublement publique - sono quasi uno spreco come ha scritto perfino la Corte dei conti nel suo ultimo rapporto sul bilancio dello Stato presentato a metà febbraio. Ma, visto che non si può gettare al macero quattro secoli di storia, il nuovo direttore, Hervé Lemoine, che viene dalla direzione degli archivi di Stato (ma ha studiato economia all’università), ha ripreso la stessa idea del geniale Malraux: fare del Mobilier National una sorta di super-accademia dell’arredamento, mettendo a disposizione dei creativi la competenza, il savoir-faire e la tradizione delle gloriose Manifatture. Com’era, appunto, ai tempi del ministro della cultura gaullista (che permise con i suoi finanziamenti la creazione di oltre
600 prototipi, oggi il vero grande patrimonio del Mobilier) ma con una differenza non da poco: consentendo al Mobilier di uscire dai divieti ministeriali che a tutt’oggi impediscono accordi commerciali e la vendita dei prodotti come possono fare, al contrario, le altrettanto storiche Manifatture di Sévres (fondate anch’esse da Luigi XIV per avere le migliori porcellane al mondo per i banchetti di Versailles). Diventare, insomma, attori di primo piano nel mercato dei mobili di design attingendo al proprio patrimonio e magari stringendo accordi commerciali e distributivi con le grandi firme del design contemporaneo. E così trovare le risorse per rinnovare gli arredi degli uffici pubblici, oggi un po’ polverosi tra sopravvivenze di stile Impero e stile Luigi. Certo, bisognerà cambiare la legge del 1937 ma il neoministro della Cultura, Franck Riester, ex repubblicano passato con Macron, non è affatto contrario. Il Mobilier National si prepara così a diventare il grande laboratorio delle arti decorative, “terreau des grandes maison de luxe”, come dice il direttore Lemoine, il terreno di coltura del lusso francese nel settore dell’arredamento. Proprio come l’avevano immaginato, in tempi diversi, il Re Sole, il suo ministro dell’economia Colbert e, da ultimo, André Malraux. Un bell’esempio di sinergia pubblico-privato che attraversa la storia.
Michele Serra
SULL’ACQUA Un piccolo libro poetico e filosofico sul tema universale dell’acqua
Mettiti in ascolto, dunque. E sentirai, non sentendo più niente, che il rumore nel quale siamo nati e cresciuti non c’è più. Michele Serra
SHORT STORIES
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Le centrali digitali di Sorgenia
IMMOBILIARE, 2018 ANNO DELLA SVOLTA
Per Tecnocasa anche il 2019 si presenta in modo positivo
La possibilità di gestire i processi via smartphone rende più efficaci le azioni a favore della sicurezza Le centrali elettriche di ultima generazione si gestiscono via smartphone. Come quelle a ciclo combinato di Sorgenia, che nel giro di un paio d’anni avranno tutti i processi informatizzati, grazie all’utilizzo di tecnologie innovative a supporto di manutenzione e analisi dati. Il sistema di controllo e gestione digitale degli impianti è da poco partito. Grazie aglii applicativi progettati dagli ingegneri di Sorgenia, è possibile gestire da smartphone e tablet tutti i processi health and safety legati alle centrali: dalla gestione degli appalti al controllo degli apprestamenti ambientali e di sicurezza, dall’analisi e condivisione di infortuni al
permesso di lavoro per le imprese appaltatrici, dalla completa gestione del ciclo rifiuti fino alla formazione del personale. «Il nostro impegno in termini di digitalizzazione continua anche nelle nostre centrali a ciclo combinato, le soluzioni che oggi meglio completano la generazione da fonti rinnovabili, per loro natura non programmabili» dice Claudio Moscardini, Power Generation and Energy Management Director di Sorgenia. Notevoli, in particolare, i vantaggi dal punto di vista della sicurezza: grazie a una app tailor made, ai rugged smartphone in dotazione del personale (cellulari indistruttibili pensati per chi necessita
di un dispositivo in grado di resistere a temperature fuori dall’ordinario, urti, acqua, polvere, graffi e cadute), ai dispositivi di georeferenziazione indoor e outdoor installati nell’impianto e a un innovativo sistema di gestione delle comunicazioni, la squadra deputata alla gestione delle emergenze sarà in grado di soccorrere nel più breve tempo possibile il lavoratore in difficoltà, conoscendone l’esatto posizionamento. «Vogliamo che i nostri impianti rappresentino sempre più un modello di eccellenza e siano ragione di orgoglio anche per i territori che li ospitano» aggiunge il Management Director.
anche di Polonia e Slovacchia, Paesi in cui l’azienda è presente con attività commerciali e industriali. Dopo aver coinvolto nelle scorse edizioni le comunità delle regioni italiane in cui Whirlpool opera - Lombardia, Toscana, Marche e Campania - il progetto quest’anno si estende per la prima volta su tutto il territorio nazionale. Per il secondo anno consecutivo l’iniziativa oltrepasserà i confini del nostro Paese per abbracciare anche alunni, docenti e famiglie di Varsavia, Radomsko, Lodz, Wroclaw in Polonia, di Poprad, in Slovacchia. Entro l’anno, poi, l’iniziativa coinvolgerà anche le scuole primarie del Regno Unito, allargando ulteriormente i suoi
orizzonti. Per stimolare la partecipazione al progetto, gli alunni saranno impegnati in un concorso educativo, nel quale potranno esprimere le loro idee di sostenibilità attraverso elaborati come foto, video e disegni, sia analogici che digitali. «Come ci indicano gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contenuti nell’agenda 2030 dell’ONU, oggi più che mai l’utilizzo responsabile delle risorse rappresenta un crocevia importante per definire il futuro del nostro pianeta» dice Karim Bruneo, Corporate Responsibility and Government Relations Manager Whirlpool EMEA, «In qualità di azienda leader globale abbiamo il dovere di contribuire a questa sfida, ed è per questo che consideriamo la lotta allo spreco alimentare come una priorità sia nella nostra strategia di responsabilità sociale e sostenibilità sia nelle nostre innovazioni di prodotto».
Educazione
Whirlpool contro lo spreco alimentare “Momenti da non Sprecare” coinvolge un milione di studenti in Italia, Polonia e Slovacchia Un progetto che ha l’obiettivo di contribuire alla lotta contro lo spreco alimentare con un’azione di educazione e informazione nelle scuole. È la terza edizione di Momenti da non Sprecare, presentata da Whirlpool EMEA lo scorso 5 febbraio in occasione della sesta Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare. Saranno oltre 1 milione gli studenti, i docenti e le famiglie coinvolti, il doppio rispetto al 2018, provenienti da 1.600 scuole non solo italiane ma
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Il 2018 è stato l’anno della ripresa del mercato immobiliare, sia dal punto di vista dei prezzi che da quello delle compravendite. «La domanda immobiliare si è dimostrata vivace grazie ai mutui ancora convenienti e all’interesse degli investitori» afferma Fabiana Megliola, responsabile dell’Ufficio Studi di Tecnocasa, «e anche la diminuzione dei tempi di vendita conferma il trend positivo». Anche le previsioni per il 2019, almeno per ora, sono tutto sommato positive: «Il mercato immobiliare registrerà un andamento in linea con quello dell’anno appena terminato» ipotizza Megliola, «che, a livello di compravendite, riteniamo possa chiudersi con 570-580 mila transazioni. Negli ultimi mesi, nonostante le incertezze che hanno caratterizzato l’Italia, il mercato sembra aver tenuto. Il desiderio di acquistare casa è sempre vivo». Anche a livello di prezzi, nelle grandi città, ci sarà una leggera salita (tra +1% e +3%), con Milano a fare da traino, mentre nelle realtà più piccole dovrebbero restare stabili.
SHORT STORIES
Letti per voi
Viaggi
“Europee” è il racconto di dieci donne italiane nella capitale di un progetto in crisi eppure essenziale
Il sistema di pagamento online di Amazon è utilizzato da 33 milioni di utenti in tutto il mondo
lastminute.com, partnership con Amazon Pay
L’Europa viva di dieci italiane a Bruxelles Dieci ritratti di donne italiane a Bruxelles: le loro storie, i loro sorrisi e le loro differenze, il loro rapporto di amore-odio per le istituzioni dell’Unione europea, la passione e l’energia ma soprattutto la serietà professionale con cui affrontano le diverse attività che svolgono, tutte in qualche modo legate al progetto europeo. Sono il campione di un mondo femminile formato da migliaia di italiane di tutte le età e formazioni, che nella città simbolo dell’Europa sono particolarmente attive e determinate a fare andare meglio le cose nel loro continente, consapevoli delle difficoltà e della crisi che sta attraversando ma anche delle potenzialità che il progetto comune continua ad avere. Sono poliglotte, cosmopolite, allegre e divertenti e si contrappongono a quell’idea di una Bruxelles grigia e inutile che prevale nella propaganda populista ed euroscettica. Attive nel mondo dell’associazionismo, della comunicazione, della cultura, della politica, degli affari e delle istituzioni, le italiane d’Europa lavorano
sodo ogni giorno, anche se non sempre con la soddisfazione che meriterebbero e spesso anche in disaccordo con il funzionamento della macchina comunitaria e con le sue scelte politiche, quelle stesse che contribuiscono ad allontanare la gente dal progetto europeo. Si raccontano in un libro pubblicato da Textus, e nato da un’idea della co presidente dei Verdi europei, Monica Frassoni, ex eurodeputata. Era in volo con molte altre “europee” sull’aereo che le riportava a Bruxelles dopo che avevano partecipato a vario titolo alle celebrazioni per i 60 anni del trattato di Roma, nella primavera del 2017. Dalla discussione “in quota”, sorvolando le Alpi ancora un po’ innevate, è emersa in quella occasione, per poi essere approfondita in successivi incontri, la preoccupazione per un clima, non solo in Italia, di crescente insofferenza nei confronti dell’Europa, assieme all’esigenza di fare emergere anche i suoi aspetti positivi, oltre che le prospettive di rinnovamento di istituzioni un po’ ingessate. Ed è nato “Europee”.
Crescita personale
Giorgio Nadali, giornalista, scrittore, performance coach, docente di “Comunicazione & Successo” e di “Temi e problemi di Storia delle Religioni” all’Università UniTre di Milano, affronta il tema della crescita personale con esempi di chi, partendo da zero, ha raggiunto risultati umani, professionali ed economici altissimi. Il segreto è uno solo: non si sono accontentati. Il progresso nasce sempre dal non
L’IMPORTANZA DI ESSERE AMBIZIOSI
Un libro che racconta le storie di chi non si è accontentato Un libro che sfida il lettore fin dal titolo: “Chi non si accontenta gode. Accontentarsi della mediocrità è un “crimine”. Scopri le tue capacità per avere ed essere di più”.
Una partnership con Amazon Pay che permette agli utenti di acquistare voli e hotel utilizzando le credenziali già salvate nei loro account Amazon. L’ha siglata lastminute. com, gruppo multinazionale tra i leader mondiali nel settore dei viaggi online, che diventa così la prima agenzia paneuropea a rendere disponibile il servizio di pagamento targato Amazon per i suoi brand lastminute. com, Volagratis, Rumbo e weg. de nei principali mercati europei. «Siamo molto entusiasti di essere i primi nel settore dei viaggi in Europa a collaborare con Amazon Pay» dice Sergio Signoretti, Chief Financial Officer di lastminute.com, «Continuare a proporre soluzioni di pagamento sempre più semplici e innovative è parte integrante della nostra strategia, con
accontentarsi. Perché per dirla con Oscar Wilde, “Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare, nel potere che non si è saputo utilizzare, nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità”. L’autore incalza: accontentarsi è facile. Non richiede sforzi. Ma essere mediocri è un “crimine”, se hai le capacità per essere
l’obiettivo di rendere la fase di checkout sempre più efficace e sicura per i nostri clienti. Giorno dopo giorno lavoriamo per offrire un’esperienza di viaggio libera da complicazioni: questa è la filosofia del nostro brand. In questo nuovo capitolo della nostra storia, ci auguriamo di continuare a rafforzare il rapporto con Amazon Pay ed espandere l’offerta in tutti i nostri mercati globali, per rendere i viaggi più sicuri ed efficienti che mai». Particolare attenzione è stata posta sull’ottimizzazione per i dispositivi mobili:, un aspetto sempre più importante, se si pensa che oltre il 50% del traffico di lastminute.com proviene da smartphone. È quindi fondamentale consentire ai clienti di effettuare transazioni veloci e senza intoppi, da qualunque dispositivo. lastminute.com, che ha appena celebrato il suo 20° anniversario, con questa nuova partnership coglie l’opportunità di raggiungere ancora più clienti in tutto il mondo, potendo ora contare su oltre 300 milioni di conti Amazon attivi a livello globale, a cui si aggiungono i 33 milioni che utilizzano Amazon Pay. «Siamo entusiasti di lavorare con lastminute.com per offrire ai clienti di Italia, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna la possibilità di trovare e prenotare l’esperienza che desiderano il più velocemente e facilmente possibile, qualunque sia il dispositivo che utilizzano», commenta Giulio Montemagno, Direttore di Amazon Pay EU.
(e avere) di più per il bene di tutti. La maggioranza ha queste capacità, ma non ne è affatto convinta. Eppure il vero peccato sta nel nascondere e non fare fruttare il proprio talento. La buona notizia è che non è mai troppo tardi.
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FLOTTE AUTO
WORKSHOP IL PUNTA-TACCO NORMATIVO CHE AFFONDA LA FLOTTA
UN MERCATO SOTTO SCACCO Il rallentamento dell’economia colpisce anche il settore delle flotte di auto aziendali che da alcuni mesi fa segnare dati negativi di vendita sia per gli acquisti diretti delle imprese che per quelle indirette dei noleggiatori a lungo termine. Non è solo colpa della recessione, ma anche della confusione sulle politiche anti inquinamento e delle scelte del Governo, che nella Legge di Bilancio ha deciso di penalizzare modelli d’auto molto popolari
89 VILLAGE RENT I VANTAGGI DEL NOLEGGIO A LUNGO TERMINE
90 L’OFFERTA È TAILOR MADE ECCO L’AMBIZIOSO PIANO DEL FLEET & BUSINESS FCA
La guerra al diesel, la bagarre sulla Legge di Bilancio e il clima di incertezza politica lasciano il segno anche sul settore automotive. Che inizia a mostrare la corda, partendo dalle vendite di auto aziendali di Franco Oppedisano
L’
anno è finito male e iniziato anche lo scorso anno di 4.700 unità, mentre quelle peggio. Colpa del rallentamento agli Nlt sono sostanzialmente alla pari, dopo dell’economia, della recessione, delun ultimo quadrimestre pesantissimo che ha la bagarre politica sulla legge di bilancio, della inanellato il -38,8% delle vendite di settembre, confusione che regna sul settore automotive. il -20,89% di quelle di ottobre e il -19.93% di E gli operatori professionali del settore hanno quelle di novembre. A gennaio il trend è protirato i remi in barca e seguito senza tregua: hanno ridotto gli or- SALVATORE SALADINO (DATAFOCE): il comparto del nolegdini di veicoli nuovi. «Il Governo non ha imparato nulla gio ha chiuso in rosso A dicembre, secondo i dagli effetti dei “malus” rispetto ai calcoli sia nel lungo termine dati elaborati da Data- sulle entrate, oggi effettivamente mancanti (-4.645 unità, pari a force su fonti del Mi- oltre ogni pessimistica previsione» -19,16%) sia nel breve nistero infrastrutture (-2.646 unità, corrie trasporti e di Abi, gli acquisti diretti di auto spondenti a un regresso del 15,95%) e sono in aziendali sono scesi del 5,29% e quelli del nocalo anche le immatricolazioni aziendali diretleggio a lungo termine (Nlt) del 12,06%, porte (-547 unità, pari a -6,24%). Se per le auto le tando in negativo anche il risultato complessicose non vanno bene, la situazione non è rosea vo del 2018. Le vendite alle società sono scese neanche per le vendite di veicoli commerciali
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WORKSHOP FLOTTE AUTO leggeri, che a dicembre hanno perso il 15,98%, (3.651 immatricolazioni in meno), nel 2018 il 7,36% e a gennaio il 4,76%%. Le consegne alle aziende, agli artigiani e ai professionisti sono calate a dicembre del 15,08% e a gennaio, un mese decisamente fiacco per questa categoria, dell’1,76%, mentre quelle a società in proprietà o in leasing del 20,1% e del 6,81%. Non è calo drammatico e in altre circostanze potremmo classificarlo come una normale fluttuazione di mercato. Quello che preoccupa è la tendenza iniziata a settembre con il crollo inatteso delle consegne al noleggio a lungo termine, la parte del mercato che segnava un nuovo modo di possedere l’auto, una innovazione al consueto acquisto o alle forma tradizionale di leasing. Gli operatori professionali di questo settore per primi hanno sentito l’aria che tirava e hanno ridotto gli acquisti. E sono ormai cinque mesi che lo fanno. «I risultati del 2018» fanno sapere da Aniasa, l’associazione che raggruppa le aziende dell’autonoleggio e dei servizi automobilistici «hanno visto un secondo semestre condizionato da forti anticipi degli acquisti fino ad agosto, mentre da settembre in concomitanza con le nuove norme Wlpt - le regole Ue per calcolare le emissioni, ndr - per l’omologazione dei veicoli si è verificato un forte rallentamento dovuto anche da minore disponibilità di prodotti in base alle nuove norme da parte di varie Case. Ulteriori effetti negativi per il lentissimo rinnovamento del parco circolante (età media 10,8 anni) sono certamente dovuti all’immo-
LA CLASSIFICA
Se si sommano i due segmenti, auto e veicolo commerciali, per la prima volta il noleggio a lungo termine supera le 300 mila unità acquistate. Ald Automotive è per il secondo anno consecutivo il leader della classifica tra gli operatori del settore perché ha targato 63.300 veicoli, in calo
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tivata isteria avverso il diesel e conseguente confusione e calo della domanda di sostituzione, alla riduzione del Pil e dei livelli di fiducia di imprese e privati nonché alle incertezze delle politiche governative che hanno visto l’approvazione di imposizioni aggiuntive anche su modelli molto diffusi». La tesi che la colpa del calo del mercato sia colpa dei rallentamenti della produzione dovuta alle nuove norme sulle omologazioni dei veicoli era forse valida tre mesi fa, ma ora mostra la corda. Sono condivise da tutti gli operatori del settore, invece, le altre motivazioni esposte da Aniasa. «Che dire della Legge di Bilancio?» si chiede Salvatore Saladino, country manager di Dataforce Italia: «Che il governo (la G maiuscola questa volta proprio no) non ha imparato nulla dagli effetti dei “malus” rispetto ai calcoli sulle entrate, allora presunte in grande quan-
rispetto ai 64 mila dello scorso anno. Anche la seconda classificata, Leasys, nel 2018 ha targato meno rispetto all’anno precedente (-3,3% a 60547 veicoli), mentre la terza posizione del podio è di Arval, la controllata di Bnp Paribas che ha raggiunto un totale annuo di 56.626 nuove targhe, con un tasso
di crescita del 10,6%. Seguono LeasePlan ha immatricolato da gennaio a dicembre 38.622 veicoli, contro i 40.927 del 2017, con una flessione del 5,6% e Volkswagen che rimane stabile al quinto posto, con un tasso di crescita che è diventato più consistente di mese in mese, chiudendo il 2018 a +43,8%.
tità oggi effettivamente mancanti oltre ogni pessimistica previsione (“ma avete avuto la decenza di andarli a guardare i numeri” vi viene da dire?). Quindi aggiungiamo altri “malus”, che pagheremo cari, tutti. E non ascoltiamo le sensatissime istanze di tutte le associazioni di settore che, con il sacrosanto obiettivo di togliere dalle strade le auto più vecchie, ipotizzavano intelligentemente di incentivare anche il mercato dell’usato fresco Euro 4-Euro 6. I proprietari di auto davvero inquinanti sono famiglie che non possono comunque permettersi di acquistare un’auto nuova di quelle che il governo ha deciso di premiare, col risultato che le vecchie auto inquinanti continueranno a fare il loro (sporco) lavoro e le fasce medio-alte della popolazione acquisteranno auto ancora più nuove di quelle che hanno già. La logica politica di tali scelte è terrificante, che la si voglia vedere come opportunistica (ma per raccogliere il consenso di chi?) oppure, molto più semplicemente, stupida». In una situazione di questo genere è davvero difficile fare previsioni sensate per il prossimo anno, ma Dataforce ci prova lo stesso. «Prevediamo un calo delle vendite dirette ad aziende del 4,7% e una ripresa del noleggio a lungo termine» dice Saladino « ma il mio augurio è che, per il prossimo futuro, venga dimenticata la soglia dei 2 milioni di veicoli venduti complessivamente in un anno perché non ci sono le condizioni economiche e, soprattutto, politiche (“causa causae” per chi vuol intendere) per raggiungerla senza ulteriori sofferenze soprattutto delle reti di concessionarie».
IL NOLEGGIO A LUNGO TERMINE? MEGLIO SE È TAILOR-MADE
Contratti flessibili da 4 mesi a 2 anni, con la possibilità di sostituire la vettura ogni sei mesi, ricevendola in soli due giorni: per Village Rent l’offerta è davvero “su misura”. Ce ne parla il founder, Michele Giacometti di Marco Gemelli
N
on era facile, né da un punto di vista semantico né di organizzazione del lavoro, declinare la parola “artigianale” nel campo del noleggio auto. Eppure c’è chi ha saputo tarare la propria offerta in maniera taylor made sul cliente, rifuggendo logiche di massa per instaurare rapporti più diretti con l’utenza. È Village Rent, società di noleggio a lungo temine con sedi operative a Cittadella (Pd) ed Albavilla (Co), che opera da metà 2017, nata dall’esperienza e dall’intuizione dell’imprenditore padovano Michele Giacometti, con oltre 25 anni di esperienza nel settore automotive, nonché dalla spinta propulsiva dell’amministratore Mauro Rigoni, a capo del progetto. «Abbiamo chiuso il 2018 con un parco auto circolante di oltre 400 unità – spiega Giacometti, a capo di una realtà imprenditoriale con 12 dipendenti – e vogliamo chiudere l’anno in corso con mille veicoli. Siamo presenti in Veneto e in Lombardia e oltre alle nostre sedi operative disponiamo di punti vendita denominati Business Point Partner. Nel futuro ci espanderemo in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino alto Adige: in questo momento non abbiamo interesse a coprire tutta la penisola perché
il nostro servizio, che definiamo “artigianale”, può essere svolto al meglio solo mantenendo un rapporto diretto con il cliente, quindi nel territorio a noi adiacente». Non a caso la sede di Cittadella è nel cuore del Veneto, in una zona strategica al confine fra le provincie di Padova, Venezia e Vicenza e Treviso, ben inserito nel contesto delle Pmi. «Vogliamo servire al meglio il territorio veneto – aggiunge Giacometti – puntando ad essere i numeri uno, strizzando l’occhio alle regioni limitrofe. La caratteristica che ci contraddistingue è la sartorialità dell’offerta e del servizio poiché siamo in grado di soddisfare tutte quelle richieste particolari che spesso le aziende di noleggio troppo strutturate non possono esaudire». Con Village Rent il rapporto con il cliente è immediato e diretto: «Disponiamo di un parco auto in pronta consegna di oltre 500 vetture di fascia medio-alta fino ad arrivare a mezzi di lusso, dal valore di oltre 150mila euro – conferma l’amministratore dell’azienda, dal management interamente italiano – Siamo in grado di soddisfare i clienti più esigenti: ci rivolgiamo alle aziende e ai privati, ma il nostro target naturale è la clientela che chiede vetture di media
e alta gamma». La sartorialità del servizio si evince dai tempi di consegna (due o tre giorni lavorativi) alla scelta di proporre noleggi a medio termine, a partire dai 4 mesi sino ai 2 anni con sostituzione del mezzo ogni 12 mesi. «Abbiamo contratti flessibili per adeguarci a chi pretende subito una vettura, magari consegnata a casa e ha voglia di sostituirla anche ogni 6 mesi. Offriamo un servizio All Inclusive compresa la sostituzione di una gomma forata o il rabbocco del serbatoio nel caso in cui il cliente si sia dimenticato di fare benzina. Il cliente sceglie la vettura, la prova e nel giro di pochi giorni la riceve in consegna». E se volesse un’auto non in pronta consegna? Nessun problema: «Siamo specializzati su brand d’alta fascia come Jaguar, Land Rover e Volvo – risponde – ma siamo in grado di reperire qualsiasi vettura in una settimana». Village Rent è la dimostrazione che il noleggio auto non conviene solo alle aziende ma, grazie a un canone mensile fisso che copre ogni incombenza, dal bollo all’assicurazione fino alla manutenzione ordinaria e straordinaria, offre al privato un risparmio di tempo e denaro che solleva dalle noiose procedure burocratiche e da oneri di gestione. «Dopo tanti anni in questo settore – conclude Giacometti, che grazie a un nuovo sito affiancherà anche servizi in ambito assicurativo, consolidando la propria posizione sul mercato – sono convinto che un canone mensile onnicomprensivo sollevi il privato o l’azienda da ogni pensiero».
MICHELE GIACOMETTI (A SINISTRA) CON MAURO RIGONI
WORKSHOP FLOTTE AUTO 89
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WORKSHOP FLOTTE AUTO bile e un successo sempre maggiore tra i noleggi a privati, dove iniziative come Be-Free e Be-Free Pro in Italia e in Europa, ci hanno resi pionieri.” Il 2018 ha visto anche il lancio di nuove iniziative di Leasys, leader nel settore della mobilità appartenente al Gruppo Fca Bank. Tra queste c’è U-Go by Leasys, la prima piattaforma integrata di mobilità proposta in Italia da una società di noleggio a lungo termine. U-Go mette a disposizione della clientela privata, in tutta Italia, soluzioni di car sharing peer to peer, e permette ai clienti Leasys e Fca Bank di contenere le spese di condividere l’auto nei momenti di non utilizzo (U Go Player), contenendo le spese. La seconda novità è Noleggio Chiaro, la soluzione di mobilità che consente al cliente di acquistare il veicolo alla fine del contratto di noleggio a lungo termine, conoscendo fin da subito il prezzo e le condizioni a cui potrà riscattare la sua auto. La leadership sul mercato italiano nel 2018, tante nuove proposte “In generale”, dice Alessandro Grosso, “posper il 2019 e un futuro ricco di novità. Ne abbiamo parlato so affermare che il 2018 per il mondo delle con il direttore Fleet & Business di Fca Emea, Alessandro Grosso flotte è stato un anno pieno di innovazioni, che ci ha permesso di rispondere in maniera a cura di Federico Ferrero* adeguata alle esigenze del cliente business e l 2018 è stato un anno di crescita del suo segmento in nei principali 10 mercati delle aziende, e che ha confermato una creper Fca nel settore delle flotte, con Europei con il 17,5% di market share.” scita importante soprattutto fuori dall’Italia, un rafforzamento e una conferma di Inoltre, Alfa Romeo Giulia è la prima berlina e costante in Europa, e il nostro impegno leadership nel mercato italiano. Durante l’annon tedesca venduta in Austria e Svizzera nell’offrire ai nostri consumatori un prodotto no passato Fca ha guadagnato terreno anche e Jeep, con Renegade, è il terzo Suc più vensempre migliore.” fuori dall’Italia, aumentando la sua presenza duto in Francia. Per quanto riguarda Fiat, la Con il claim “un’offerta per ogni tipo di cliente nei principali mercati Emea. 500 è leader in 5 mere ogni tipo di soluzioCon un +17% di consegne al cliente finale cati (Austria, Belgio, ALESSANDRO GROSSO (FCA): ne d’acquisto”, l’obietvs l’anno precedente, fuori dall’Italia è stato Spagna, Svizzera, UK) «Fiat Professional è diventata leader assoluto tivo di Fca è di soddieffettuato il primo passo di un percorso di oltre all’Italia, dove del settore con oltre il 39% di market share sfare le richieste e le crescita che ha visto incrementare del 16% le è seconda dietro alla e il Ducato, nello specifico, si è confermato esigenze dei clienti, vendite nei canali flotte. A fronte di risultati Panda, con la quale il veicolo più venduto del suo segmento» attraverso un’ampia così soddisfacenti abbiamo parlato con Alesraggiunge il 60% di gamma di prodotti sandro Grosso, Direttore Fleet & Business di market share, mentre 500X e Tipo sono nella e servizi. Per rispondere a queste esigenze, Fca Emea, che ha svelato tutte le iniziative del top 10 in Francia, Spagna e Austria. sia dei privati sia delle grandi imprese, viene settore, oltre a raccontarci i piani futuri. A tal proposito il manager di Fca sottolinea proposta una grande varietà di opzioni d’ac“I successi di Fca non si sono fermati qui”, afche “il 2018 per noi è stato indubbiamente quisto, come i servizi di leasing o le offerte di ferma Grosso, “proseguendo per brand, infatun anno molto intenso. Abbiamo lanciato tre noleggio a lungo termine con servizi personati, Fiat Professional, è diventata leader assolunuovi modelli adatti al mondo flotte: Jeep Relizzati. ta del settore con oltre il 39% di market share negade MY19, Wrangler, Fiat 500X, Jeep CheAl riguardo, Fca Fleet&Business ha ideato e il Ducato, nello specifico, si è confermato per rokee. Gli ultimi anni per Fca sono stati anni due importanti programmi fedeltà che garanil 5° anno consecutivo il veicolo più venduto di grande evoluzione, con una crescita tangitiscono ulteriori vantaggi, creati per instaura-
UN’OFFERTA SARTORIALE: ECCO L’OFFENSIVA FLEET & BUSINESS DI FCA
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ABBIAMO UN PIANO AMBIZIOSO PER IL 2022: UN PORTFOLIO DI MODELLI CONNESSI ED ELETTRIFICATI
ALESSANDRO GROSSO
re il miglior rapporto possibile con i clienti, e a cui hanno già aderito in più di 17.000: il primo è il “Driver’s Club”, il programma Fca che offre a tutti i nostri user-choosers che si registrano sul nostro portale dei vantaggi speciali, omaggi e promozioni. Il secondo è il “Privilege Program”, che permette ai dipendenti dei partners di Fca di godere di una totale esperienza dedicata, a partire dalla configurazione del prodotto, ai servizi di mobilità e molto altro. Per attuare una strategia commerciale dedicata e ben definita, Fca ha diviso il proprio mercato di riferimento in 3 cluster: il primo è il canale corporate, dove il principale obiettivo resta quello dell’awareness presso la popolazione aziendale dei partner. Questo avviene attraverso la progettazione di un vero e proprio Roadshow presso le filiali delle principali aziende partner; in modo che il portafoglio prodotti venga portato direttamente a casa del cliente, dando l’opportunità ai dipendenti di vedere, toccare con mano e guidare le vetture del gruppo Fca. Il secondo è il canale dei noleggiatori. Oggi sempre più clienti sono alla ricerca di un canone di noleggio competitivo, compatibile con le proprie possibilità e una garanzia del “tutto incluso” o dello “zero pensieri”. Anche su questo fronte Fca si sta muovendo con spi-
rito pionieristico, costruendo una solida relazione tra i partner del noleggio (a breve e a lungo termine) e i partner sul territorio (la rete dei Business centers). Il terzo è il canale Pmi: la piccola e media impresa rappresenta una fetta importante e ha un ruolo chiave nella catena del valore, con i Business Centers che se ne occupano. Si tratta di concessionari qualificati in grado di offrire consulenza fiscale, soluzioni di acquisto personalizzata, assistenza dedicata e funzionale alle esigenze del cliente. Dopo i lanci degli ultimi anni, per Fca il 2019 sarà un anno di consolidamento, in attesa dell’elettrificazione. Alfa Romeo negli ultimi anni ha avviato un percorso di riaffermazione del brand, con Stelvio che continua ad ac-
crescere i suoi volumi di vendita e Giulia, che rappresenta una vettura business attraente e competitiva. Fiat Professional vedrà il rinnovamento di tutta la gamma con l’introduzione delle nuove motorizzazioni E6d-temp, accompagnate da nuove features e sistemi di aiuto alla guida (Ads), mentre, per quanto riguarda Jeep, le nuove Renegade, Wrangler e Cherokee nel 2019 contribuiranno alla costante crescita del marchio. Inoltre, nel 2019 proseguirà la fase di adattamento della linea produttiva di Melfi, propedeutico alla produzione della Jeep Renegade Plug-in Hybrid (Phev), che sarà prodotta a Melfi, dove già escono la Renegade con motore convenzionale e la 500X. Il Direttore Fleet & Business di Fca Emea conclude: “Stiamo guardando al futuro per espandere la nostra gamma di prodotti con un piano molto ambizioso: avere un portfolio di modelli interamente elettrificati e connessi per il 2022, concentrandoci in particolare sulle nuove tecnologie relative alla guida autonoma. Stiamo lavorando per offrire ben 12 motori completamente elettrici (Bev, Phev, full-hybrid e mild-hybrid), su ben 30 modelli diversi, per ogni Brand del gruppo Fca.” * www.autoappassionati.it
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LA DISILLUSIONE DIGITALE PONE NUOVE SFIDE AL MARKETING COMUNICARE L’IMPRESA La tecnologia corre e le aziende la rincorrono. Ma non è facile capire come sfruttare tutte le nuove opportunità fornite dal digitale, dall’intelligenza artificiale, dalla blockchain. Così, la dura legge della selezione naturale lascia morti e feriti sul campo. Come sopravvivere? seguendo l’esempio di chi ha saputo cavalcare l’onda della novità. Magari anche affidandosi a chi ha già capito come girerà il business prossimo venturo.E soprattutto bisogna capire che neanche il digitale offre ricette miracolistiche ed anzi, periodicamente, archivia le stesse soluzioni che per anni ha presentato come le più efficaci
96 FUTURE BRAND INDEX SOLO ALCUNI MARCHI SOPRAVVIVERANNO. ECCO PERCHÉ
I “like” servono a poco: occorre riposizionarsi sul mercato, innovare il prodotto, cambiare strategia di comunicazione. Come hanno fatto Boscolo, Ferrero e Richard Ginori, con il colosso americano Ogilvy di Marina Marinetti
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n principio la missione del marketi multinazionali come Bbc, Bp, Coca-Cola, ting era dar notorietà ai marchi e GlaxoSmithKline, Ibm, MasterCard, Merrill associarli a una garanzia di qualità. Lynch, Nestlé, Shell e Unilever - specializzata Erano gli anni a cavallo tra la seconda metà in strategia e innovazione, che a dicembre si degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 e il marè affacciata ufficialmente sul mercato italiano: keting era “prodottocentrico”. Poi, con la cu«Aiutiamo i brand a costruire un percorso di stomizzatione e i canali di e-commerce, arrivò crescita ben definito, con maggiore creatività, l’era digitale, incentrata sul brand. Ma ancora visione, pragmatismo. E velocità». Già, perché non si parlava di Connected era (un’epoca in se per raggiungere la soglia dei 50 milioni di cui tutti siamo online), né di Intelligent era, utilizzatori il telefono ci ha messo 75 anni, a tra configuratori di Pokemon Go sono baprodotti, profilazione SIAMO ENTRATI NELLA “INTELLIGENT ERA” stati appena 19 giorDOMINATA DALL’A.I. MA SI RISCHIA del consumatore, ofni. Come dire: i tempi DI NON RIUSCIRE A SFRUTTARE ferta di servizi semcambiano. E anche il I NUOVI STRUMENTI A DISPOSIZIONE pre più personalizzamarketing deve acceta (e personalizzabile), quella in cui, secondo lerare. «Oggi il tema dell’accountabily è più rigli addetti ai lavori, siamo entrati quest’anno. levante», spiega Paduano: «le aziende, disillu«Al giorno d’oggi il mercato è bombardato da se dalla messe di paroline chiave che il digital nuovi strumenti e tecnologie, ma il rischio ha portato negli anni come fossero una ricetta è quello di confondere il marketing con gli facile, hanno iniziato a capire che il punto non strumenti», spiega Pietro Paduano, Managing è essere a tutti i costi sui social o nei blog deDirector Italia di Ogilvy Consulting, la divisiogli influencer, ma trovare il progetto adatto al ne dello storico Gruppo Ogilvy – established proprio marchio. Replicare per tutti la stessa in 1948, sarebbe da dire - che ha 450 uffici in ricetta non funziona. Ma allo stesso tempo tutto il mondo e annovera fra i propri clienper i direttori marketing non è facile spiega-
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COMUNICARE L’IMPRESA
re i razionali di un progetto dal punto di vista economico, così spesso i budget su progetti specifici vengono congelati». Ma non è tutto qua: «Dopo questa sbornia di tecnologica, che comunque continuerà, i direttori marketing dovranno fare conti con la creatività, che è stata un po’ accantonata per rincorrere utenti/clienti ovunque si nascondessero. Ma la capacità di attrazione passa proprio attraverso la capacità di innovare la propria offerta». La terza sfida? «Guardare il mercato in modo con un’ottica più ampia: i competitors di domani PIETRO PADUANO, OGILVY CONSULTING possono essere diversi da quelli di oggi»: il “più in là del proprio naso” è diventato inditecnologia acquistare per comunicare con i pensabile per la sopravvivenza. Per capire propri clienti e con i cosiddetti prospect, quequanto, non c’è niente di meglio che guardare gli utenti che si considerano potenzialmente alla realtà delle aziende che, a un certo puninteressati all’offerta commerciale», racconta to della loro esistenza, hanno capito che era Paduano: «Ci sono più giunto il momento di CI SONO PIÙ DI 6MILA PIATTAFORME di 6mila tecnologie metter mano alle loro TECNOLOGICHE DIVERSE UTILI diverse per interlocustrategie di markeA INTERLOCUIRE CON SOCIAL, MEDIA ire con le piattaforme ting. E MAILING. SCEGLIERE È COMPLICATO media, per mandare Viaggi in scatola email, ecc. Non è facile scegliere». «Ogilvy Avete presente i cofanetti regalo che “conConsulting ci ha accompagnato in un lungo tengono” un viaggio? Ecco, si tratta di un’idea percorso di strategia di marca e soprattutto che Ogilvy ha sviluppato anni fa per Boscolo. di business design», spiega Giorgio Bosco«Ci avevano chiesto una consulenza su quale lo, fondatore e owner di Boscolo Viaggi. «Il
Tempo impiegato per raggiungere 50 MILIONI di utenti
TELEFONO
75 anni
RADIO
38 anni
TELEVISIONE
13 anni
CELLULARE
12 anni
INTERNET
4 anni
2 anni
19 mesi
YOUTUBE
10 mesi
9 mesi
ANGRY BIRDS
35 giorni
POKEMON GO
19 giorni
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DOPO LA SBORNIA TECNOLOGICA FACCIAMO I CONTI CON LA CREATIVITÀ settore dei viaggi è estremamente dinamico, frammentato e competitivo e agire in questo mercato richiede un’organizzazione flessibile e reattiva. Il digital ci consente di creare uno scaffale infinito di viaggi che non sarebbe possibile vendere attraverso i canali tradizionali». Dalla digital transformation alla nascita del “viaggio in scatola”, sfruttando un canale distributivo aggiuntivo, il passo è stato breve: «Abbiamo introdotto sia una linea di viaggi completamente personalizzabile, sia una linea dei nostri Boscolo Gift disponibile solo online. Gestire il nostro assortimento, e di conseguenza, la relazione personalizzata con gli utenti ci ha indotto, di recente, a utilizzare una piattaforma di Marketing Automation».
Questione di lead
Chiamarlo «potenziale cliente interessato a un prodotto o servizio» è impegnativo. Definiamolo lead, che, nel gergo del marketing, si “genera” quando, attraverso un’iniziativa di marketing, si ottiene dall’utente informazioni utili a stabilire un contatto commerciale, da utilizzare in un secondo momento per generare un’opportunità di vendita. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Il caso di Ferrero è emblematico. «Qualche anno fa abbiamo ideato per loro un programma di loyalty totalmente digitale che sostituisse Regalissimi”, racconta Paduano: «era costoso, perché comportava l’acquisto dei premi in anticipo e il loro stoccaggio a magazzino. Così, un paio di anni fa, ci siamo inventati un progetto pilota sui pro-
dotti a marchio Kinder che consente l’utilizzo di codici onile per ottenere un premio certo digitale, sotto forma di voucher per cinema, lezioni private, esperienze sportive. Abbiamo definito un business plan a cinque anni e tutto sta andando secondo i piani, così l’idea ora è quella di allargarlo anche ad altre linee di prodotto. C’è stato un impatto sulle vendite, come previsto, ma anche dal punto di vista della conoscenza degli utenti. E qui sta la grande differenza col programma “cartaceo”, i cui risultati si vengono a conoscere dopo sei mesi, cioè a fine raccolta punti. Ora il feedback è immediato. Questo ci ha consentito, diversificando i premi, di indirizzarci a target diversi e di avere un quadro più chiaro dei gusti dei consumatori e della loro propensione acquisto». Quel che si chiama “profilazione” del cliente.
CRESCITA, INNOVAZIONE E “CAMBIO DI PELLE” Sono tre le linee di servizio caratteristiche di Ogilvy Consulting. C’è il servizio Growth & Innovation, che include Growth Strategy, New Business Model e Capability Transformation (la ritaratura delle competenze che si rende spesso necessaria per perseguire la nuova strategia coordinando marketing, legal, customer care e così via). Poi c’è il Business Design
(tripartito in Brand Strategy, Marketing Strategy, Customer Experience Strategy): «Quando parliamo di Brand Strategy parliamo di marchi che si stanno riposizionando o che stanno nascendo», spiega Paduano. «In Italia diverse aziende si sono accorte di non avere un vero e proprio brand. Sta succedendo anche in ambito b2b». La terza linea di servizio si chiama Digital
sortito i risultati attesi. Con Ogilvy Consulting abbiamo iniziato la nostra collaborazione Riposizionare il brand circa un anno fa. Dopo pochi mesi abbiamo «Richard Ginori ha intrapreso un percorso di ridefinito il nostro posizionamento in una trasformazione del proprio business, lungo categoria merceologica profondamente camtre direttrici: digital transformation, crescita biata negli ultimi anni e l’abbiamo portato in del fatturato sul tarvita su tutti i canali di PER IL RIPOSIZIONAMENTO DELLA get consumer e intercomunicazione». «La nazionalizzazione», MARCA BISOGNA SUPERARE IL CLASSICO marca aveva perso un STEREOTIPO DEL MADE IN ITALY, spiega Annalisa Tani, CHE NON SEMPRE È ADATTO AL TARGET po’ di smalto», spiega marketing director di Paduano, «e l’acquisto Richard Ginori: «Abbiamo deciso di utilizzare di servizi di piatti di lusso da 6mila euro non il digital come acceleratore per ricominciare era certo un top of mind dei target affluent a dialogare con la nostra audience consumer dei 35-40enni. Per giunta online. C’era da fare su scala internazionale; d’altronde sapevamo un doppio salto morale», racconta Paduano. che senza lavorare sul rinnovamento della La soluzione? «Per il riposizionamento della marca, la sola strategia online non avrebbe marca abbiamo consigliato di modificare la
ANNALISA TANI, RICHARD GINORI
L’E-COMMERCE CI AIUTA A CAPIRE IL POTENZIALE DEI NOSTRI PRODOTTI
Transformation, a sua volta tripartita in Digital Transformation Consulting, che è una consulenza di carattere tecnologico su piattaforme e soluzioni digitali, Digital Experience, orientata al miglioramento dell’esperienza fatta dal cliente attraverso i canali digitali, e Digital Innovation, ovvero l’utilizzo del digitale per concepire nuovi prodotti e servizi.
comunicazione, che puntava ancora sul made in Italy, sulla storia, sull’artigianalità. Ma i target più contemporanei sono più attenti al design, alle nuove collezioni o alla valorizzazione delle vecchie. E solo con l’e-commerce non si andava da nessuna parte: era meglio sfruttare il fatto che Richard Ginori vende perlopiù nell’ambito del b2b per rendersi desiderabili all’utenza consumer. Così, nella nuova campagna istituzionale, il cui payoff è beutyful obsession e siamo partiti con l’e-commerce con una campagna di lead acquisition. Il progetto pilota è andato bene, abbiamo già localizzato l’e-commerce anche nel Regno Unito, dove Richard Ginori non ha una presenza fisica. L’obiettivo per il 2019 è di entrare in altri mercati, come Usa, Cina e Medio Oriente». «L’ecommerce, visto come strumento per l’internazionalizzazione, ci aiuta a capire, nei mercati in cui non abbiamo ancora punti vendita, qual è il potenziale per i nostri prodotti», sottolinea Annalisa Tani: «Diventa quindi parte integrante di una strategia digitale integrata che consente di relazionarsi in modo più efficace con i clienti portando benefici anche al canale Retail tradizionale. E, sebbene il nostro progetto di trasformazione abbia un respiro di tre anni, abbiamo necessità di essere rapidi e innovativi, registrare i primi risultati per poi ritarare le azioni di marketing e espanderle sugli altri mercati».
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COMUNICARE L’IMPRESA
ISTRUZIONI PER UN BRAND A PROVA DI FUTURO Il FutureBrand Index riclassifica la Best Global 100 di Pwc in base alla solidità della loro posizione rispetto alle sfide che li attendono nel futuro di Marina Marinetti
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a marca (sostantivo) marca (verbo): il brand identifica, caratterizza, in un certo senso veste. L’esteriore e l’interiore. O meglio: quel che dell’interiore si vuol dare a intendere all’esteriore. Sul mercato il brand è la locomotiva del business. Se viene giù l’uno, trascina in basso anche l’altro. Vi siete mai chiesti a cosa servono le varie classifiche (da quelle di Fortune in giù)? Ecco, appunto: a fregiarsi di una posizione. Ma c’è una classifica che, è il caso di dirlo, stacca le altre, perché guarda lontano: è il FutureBrand Index, che riorganizza la Best Global 100 di PricewaterhouseCoopers, rivedendo le posizioni delle aziende secondo un ordine dettato dalla forza delle percezioni che le riguardano in quanto brand e non su quella finanziaria e misurando quanto i brand siano “a prova di futuro” e quanto solida sia la loro posizione rispetto alle sfide che li attendono. Una riclassificazione della classifica, volendo usare un gioco di parole. Che ha molto da insegnare, alle imprese e ai loro manager.
Primo: non invecchiare
Come in ogni top-ten che si rispetti, partiamo dalle ultime posizioni. E non per mantenere alta la suspance, ma perché ogni caduta ha una lezione da insegnare. Per esempio, perché Facebook abbia perso ben 37 posizioni, possiamo immaginarlo. E non è questione dello scandalo di Cambridge Analytica, che non in realtà non ha scandalizzato nessuno, quanto il fatto che il social per antonomasia ormai è vetusto e le nuove generazioni sono cresciute a pane e Instagram. Quindi è chiaro che in una classifica che tra le altre cose si chiama “Future”, Facebook appartenga ormai al passato. Ma
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FRANCESCO BUSCHI, STRATEGY DIRECTOR DI FUTUREBRAND
il brand che ha perso più posizioni in assolue lifestyle. È una scelta di campo: se indosso to, e in un solo anno, è Lvmh. «La caduta del Nike, non metterò Adidas. E viceversa. brand del lusso tradizionale e una sfaccettaSecondo: innovare tura del ripensamento del concetto di lusso», La cura? «In particolare i brand del lusso despiega Francesco Buschi, Strategy Director di vono modificare il loro tipo di approccio nei FutureBrand, il network globale di consulenconfronti delle nuove generazioni, che cercaza di branding e innovazione, parte di Interpuno l’esperienza, anzi, l’experience», dice Bublic Group, che ogni anno si scomoda a idenschi: «Devono capire tificare i marchi con la OGNI CADUTA DEL RANKING INSEGNA cosa vogliono fare migliore (ma anche la UNA LEZIONE: SE LVMH HA PERSO 51 peggiore) aspettativa POSIZIONI IN UN ANNO È PERCHÉ IL LUSSO da grandi, se restare su un certo tipo di di vita. «Per le nuove È DIVENTATO UNA SCELTA DI CAMPO consumatore oppugenerazioni il lusso re mettersi in discussione, anche con ironia, non passa più per status ed esclusività, ma per come ha fatto Gucci, che sta lavorando molto il concetto di rarità, artigianalità, originalità. I bene». Il concetto chiave? L’ipercustomizzabrand del lusso si sono stretchati moltissimo, zione, sia del prodotto che dell’esperienza di perdendo la loro base artigianale e interpreacquisto: «Per esempio, nel camerino, oltre tandola in modo poco peculiare. Ecco perché, all’abito, si dovrebbe poter cambiare anche banalizzandosi, hanno perso ranking a livello la musica di sottofondo». La tecnologia, poi, globale». Perché la vera battaglia è tra lusso
I MIGLIORI E I PEGGIORI
è un’arma a doppio taglio. Perché prima “fa il botto” e poi, dopo averci viziati, altrettanto velocemente invecchia. «Pochi anni fa il nostro index era cavalcato dai brand tecnologici», spiega Buschi: «Uber, Netflix e gli altri erano underdog in esplosione. Ma nel momento stesso in cui si affermano, hanno un modello di business talmente innovativo che li fa saltare: nel momento in cui vengono assorbiti dalla quotidianità diventano parte del nuovo lifestyle». La lezione? «Fondare il proprio appeal sull’innovazione tecnologica è pericoloso, perché non potendo crescere nel servizio bisogna sempre immettere nuova tecnologia». E auguri. Nel 2016, per esempio, il brand giudicato più a prova di futuro era Apple, oggi caduto al quarto posto. Per carità, non si tratta di un tracollo verticale, ma che ci sia voglia di novità (e di fuga dal monopolio) non è un mistero. La medaglia d’argento dello scorso anno, Microsoft, perde invece 10 posizioni e finisce dodicesima. Chissà perché.
Da che pulpito
Ma come si fa a stabilire l’attitudine alla sopravvivenza di un brand? Semplice: lo si va a chiedere in giro. Ma non, come parrebbe (ma non lo è) logico, ai consumatori dell’hic et nunc, bensì a un panel di 3000 esperti tra i 21 e i 75 anni, uomini e donne d’affari senior, dipendenti pubblici, professionisti o proprietari di piccole attività. «Si tratta di un target selezionato di manager, im-
Le prime cinque aziende dell’Index 2018 • The Walt Disney Company • Kweichow Moutai Co • Gilead Sciences • Apple Inc • AbbVie Inc
Quelle che salgono più velocemente: • Sinopec (su di 42 posizioni) • GlaxoSmithKline (+ 30) • Verizon (+ 26) • China Life Insurance (+ 24) • Anheuser-Busch InBev (+ 23)
Le ultime: • Goldman Sachs Group • Bank of China • British American Tobacco • Exxon Mobil • Philip Morris
Quelle che hanno perso più posizioni: • LVMH (- 51 posizioni) • Walmart (- 45) • Ambev (- 38) • Facebook (- 37) • Toronto Dominion Bank (- 29)
sentita nominare, ma è un colosso degli alcoliprenditori, opinion leader, scelti in base a una ci, controllato ovviamente dallo Stato. Produscrematura piuttosto alta fra i professionisti ce un distillato di frumento e sorgo, il Moutai, del marketing, dell’economia, della comuniche prende il nome dalla città d’origine, è nato cazione», spiega Buschi. «Chiediamo loro di 2000 anni fa ed è considerato patrimonio delvalutare i brand in base a sei parametri: quanla cultura cinese. Patrito le marche siano in grado di rispondere I BRAND CINESI SCALANO LA CLASSIFICA monio lo è anche fuori alle sfide del futuro GRAZIE A UNA STRATEGIA DI BUSINESS dalla Cina, dato che le IMPRONTATA SULLA VALORIZZAZIONE versioni invecchiate secondo il loro modelDELLE TRADIZIONI CULTURALI possono arrivare a colo di business; quanto stare 3.500 euro la bottiglia da mezzo litro. «È rispondano a dei benefici emotivi; quanto riil liquore rappresentativo della Cina, ma inizia escano a essere rilevanti nella vita del consuad avere una penetrazione anche negli Usa», matori; quanto siano sostenibili in un’ottica racconta lo Strategy Director di FutureBrand: prospettica; quanto, infine, offrano un’expe«Lo bevve anche Kissinger quando andò a fare rience rilevante e proprietaria, differenzianil primo summit con Mao. Modelli di markedosi rispetto alla categoria di appartenenza». ting basati su un ceto tipo di temporaneità Tradotto: quanto si sapmolto veloce, con trend macroscopici. I cinesi piano reinventare. si sono sì arricchiti, ma non si sono occidenAnd the winner is... talizzati: riscoprono loro origini e i brand The Walt Disney Comtrovano strumenti di marketing che adottano pany è la migliore azienstrategie di customizzazione che reinterpretada globale a prova di no le tradizioni locali. Notiamo questo tipo di futuro, secondo il Futustrategia di lungo periodo anche nei brand fireBrand Index 2018. Ha nanziari, come le assicurazioni Pingan e China soppiantato Apple, oggi Life: entrambe sono brand rilevanti a livello caduta al quarto posto, globale e hanno un approccio che considera come abbiamo visto. Ma la storia del cliente». Il corollario? «Bisogna la cosa che sorprende essere coerenti con se stessi, non ibridizzare nella classifica è l’esore omogeneizzare storie, modelli di business diente cinese Kweichow e modelli di marca per accontentare tutto e Moutai, che va dritta al tutti, ma trovare una relazione unica con il secondo posto. Probaconsumatore. Non sarà all’ultimo grido, ma bilmente non l’avete mai garantisce nel lungo periodo». La Cina docet.
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A SINISTRA LA FAMIGLIA MARZOT, A DESTRA I GERMANETTI
STORY-LEARNING, CHE COSA INSEGNANO QUESTE STORIE
Le family company, si sa, rischiano di implodere per le tensioni tra gli eredi. Ma questo non deve far dimenticare che è più spesso proprio la famiglia la "culla" più accogliente per far crescere l'impresa e farle superare i momenti difficili. Ci sono casi virtuosi che dimostrano come l'armonia familiare faccia rima con il business. È il caso dei fratelli Marzot e dei Germanetti. Fermo restando che, famiglie o non famiglie, l'innovazione è irrinunciabile. Perchè a rendere tutto più armonioso contribuisce anche la tecnologia. Ce lo insegnano le storie di Dell Emc e di Microsoft, ma anche di una realtà tutta italiana come Retelit.
ALTRO CHE COLTELLI: OGGI I FRATELLI FANNO VOLARE GLI AFFARI DI FAMIGLIA Chi l'ha detto che le liti tra consanguinei devono essere la costante del capitalismo italiano? I Marzot e i Germanetti mostrano che la via può essere un'altra, tra l'amore per l'arte e un occhio alla sostenibilità di Marco Scotti
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ono un esercito di oltre 780.000 aziende che rappresentano il 70% dell’occupazione del nostro paese e il 60% del mercato azionario nostrano: sono le imprese familiari, che continuano a essere un punto di riferimento della nostra economia anche se la vulgata vorrebbe che i capitali stranieri siano sempre in agguato, pronti a “scippare” al Bel Paese i suoi figli migliori. La verità è molto più sfumata: secondo l’Osservatorio Aub dell’Università Bocconi (in tandem con Unicredit e AIdAF, Associazione Italiana delle Aziende Familiari), che monitora oltre 10mila aziende a controllo familiare, questa modalità di impresa è ancora molto in voga, specialmente nel Meridione. Al Sud, infatti, poco meno dell’80% di tutte le aziende è a gestione familiare, mentre nel Nord Ovest superano di poco il 60%. Ancora: il 40% delle imprese familiari fattura meno di 10 milioni, mentre il 12% arriva oltre i 200. Altro che “parenti serpenti”: l’azienda familiare conviene e rimane la formula più utilizzata nell’Italia delle Pmi. Esulando per un momento dai grandi gruppi – da Exor a Luxottica, da Esselunga a
Salini-Impregilo – sette aziende su dieci hanno l’intero management che è espressione della famiglia, invece di essere reclutato sul mercato come avviene all’estero. Questo porta a due problemi fondamentali: una competitività minore rispetto ai competitor e una senescenza del gruppo dirigente. Secondo l’osservatorio AUB oltre un quarto degli amministratori (delegati o unici che siano) ha più di 70 anni. Un’età che poco si sposa con la necessità di innovazione che il moderno scenario competitivo richiede. Eppure le eccezioni ci sono: nuove generazioni che hanno saputo trasformare il business di famiglia in qualcosa di nuovo. Ecco due esempi di fratelli (in entrambi i casi, tre), che hanno unito le forze. I Marzot, che insieme alla madre ereditano la struttura dell’Hotel Spadari a Milano, in meno di trent’anni hanno aggiunto ai “gioielli di famiglia” altri due hotel. I fratelli Germanetti, invece, hanno lanciato nuovi modi di impiegare i tessuti – e in particolare la lana – con l’azienda di famiglia. Così, il tessuto diventa non solo la base per capi di abbigliamento, ma anche una morbida copertura per le automobili.
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STORY-LEARNING
MARZOT, ALBERGATORI ARTISTI AUTODIDATTI E PRIMI IN DESIGN
di cementare la propria posizione a Milano, con
POSSIEDONO UNO DEGLI ALBERGHI PIÙ AP-
una gestione familiare - i tre fratelli lavorano at-
PREZZATI A MILANO, HANNO SAPUTO ESPANDERE IL BUSINESS DI FAMIGLIA ANCHE A TORINO E AMANO L'ARTE: sono i tre fratelli
Marzot (Piero, Margherita e Matteo) che, insieme alla mamma Marida Martegani, hanno ereditato
un immobile in Via Spadari, nel cuore di Milano.
Dopo un'esperienza poco entusiasmante con l'af-
bergo di design a Milano e, più in generale, in Eu-
ropa. Alla fine degli anni '80 sembra un azzardo
ma invece è una scelta vincente. L'Hotel Spadari
si afferma rapidamente come una delle mete pre-
ferite dal turismo d'affari e di piacere. Il successo della formula ha permesso alla famiglia Marzot
GERMANETTI, DA TOLLEGNO ECCO LA LANA ECOSOSTENIBILE Tollegno Holding, di cui possiedono quote azio-
della lana, infatti, sono necessari enormi quantità
legno 1900, uno dei più importanti manufattori
fiume medesimo con una qualità superiore dal
sua volta divisa in tre realtà. La prima è la Tol-
di lana al mondo: ogni anno tratta la lana di 1,3
miglia", ritagliarsi un posto al sole nel comparto.
I tre si chiamano Clemente, Giovanni e, appunto, Lincoln e sono a capo della holding di famiglia, la
100
ha conquistato il titolo di migliore albergo d'Italia
videre la propria esperienza positiva.
narie anche i Sella e i Maramotti. La holding è a
fratelli under-50 che gestiscono gli "affari di fa-
2014 dopo un lungo lavoro di ristrutturazione,
che, con mentalità anglosassone, vogliono condi-
e, insieme a un architetto, la famiglia si lancia in
radicata nel territorio e ha saputo, grazie a tre
quest'ultimo albergo, riaperto al pubblico nel
sciare commenti negativi, ce ne sono molti altri
dai lavori di ristrutturazione, con camere grandi
vergine. Oggi la famiglia Germanetti è ancora
Turin Palace nel capoluogo piemontese. Proprio
considerati. Perché per ogni utente che vuole la-
quindi di affidarsi al gusto personale, partendo
1946 ha avviato un'attività di tessitura della lana
a pochi passi dalla Pinacoteca Ambrosiana e del
negative, "democratizza" la possibilità di essere
qualcosa di attinente all'albergatoria. Si decide
SINESS. Il suo nome è Lincoln Germanetti, e nel
così le acquisizioni dell'hotel Gran Duca di York,
una panacea, perché a fronte di poche recensioni
tre fratelli - e nemmeno la mamma - ha studiato
VINCIA DI BIELLA) AVVIERÀ UN GRANDE BU-
Marzot ad ampliare il proprio business. Seguono
albergatori di tutto il mondo è, secondo i fratelli,
tro di Milano. C'è però un problema: nessuno dei
NEL SUO TERRITORIO, A TOLLEGNO (PRO-
tivamente nella gestione dell'albergo - convince i
social network che tanti grattacapi sta dando agli
rale, ovvero riportarlo al ruolo di albergo del cen-
NELL'IMMEDIATO DOPOGUERRA DECIDE CHE
bardo. La formula di un hotel quattro stelle con
dosi al terzo posto a livello mondiale. Proprio il
di riportare il palazzo alla sua destinazione natu-
C'È UN UOMO CON UN NOME INSOLITO CHE
uno degli alberghi preferiti del capoluogo lom-
nella classifica di Tripadvisor del 2017, piazzan-
fitto, i Marzot decidono che è giunto il momento
un'impresa avveniristica: realizzare il primo al-
giudizi unanimi che hanno fatto dello Spadari
milioni di pecore. «Se le mettessimo in fila indiana - racconta Lincoln Germanetti PRESS KIT - sarebbero più lunghe dell'Italia. Le altre due partecipazioni del-
la nostra holding sono in Valduce, con i marchi Ragno e Julipet e un'immobiliare in Polonia, dove
abbiamo stabilito da oltre 20 anni una produzione di lana vergine». I Germanetti hanno saputo
governare un piccolo colosso che fattura 172 milioni di euro e che dà lavoro a oltre 1.000 per-
sone. Di queste, 600 lavorano in Italia, a testimo-
nianza di un forte radicamento con il territorio. L'altra parola d'ordine della famiglia è sostenibi-
lità: nello stabilimento di Tollegno viene impie-
gata l'acqua del fiume Cervo. Per la lavorazione
di acqua. Una volta impiegato, il liquido attraver-
so un sistema di filtraggio viene reimmesso nel punto di vista microbiologico. Infine, i tre fratelli
condividono una grande passione per le auto d'epoca e ogni anno organizzano una corsa dedicata a questo tipo di vetture. Non si tratta soltanto di una gara, ma anche di un'occasione per presenta-
re al mondo le eccellenze eno-gastronomiche del biellese. Il tutto nella cornice della fondazione Michelangelo Pistoletto, uno degli artisti italiani
più influenti del mondo. E proprio per le auto i Germanotti hanno inventato un prodotto speci-
fico: una copertura per vetture di pregio che ne segue interamente la sagoma e che è realizzata
all'esterno in materiale sintetico efficace contro la pioggia, mentre all'interno, per garantire una migliore conservazione, in lana.
Un datacenter sull’oceano che potenzia e fa risparmiare La Costa Crociere, multinazionale della crocieristica, in partnership con Dell Emc ha potuto abbattere i costi di gestione delle navi, aumentando l’affidabilità e riducendo il rischio di fermo macchine di Marco Scotti
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bbiamo abbattuto la Tco (Total Cost che, in caso di malfunzionamento, permetteva of Ownership, il costo totale di proil corretto funzionamento delle applicazioni « prietà di un bene, ndr) del 30-35%. grazie alla sincronizzazione dei dispositivi in E per dei genovesi è decisamente un ottimo tempo reale. «Inoltre – prosegue Voltolini – punto di partenza». Scherza, ma fino a un abbiamo migliorato le performance dei nostri certo punto, Giorgio Voltolini, It Director Cosistemi di bordo, ottenendo tempi di risposta sta Crociere, quando presenta i risultati della più brevi anche del 20%. Grazie all’intervento partnership iniziata poco più di un anno fa di Dell Emc abbiamo creato le basi per la digital con Dell Emc. Il Gruppo tra il 2018 e il 2023 transformation nostra e dei nostri clienti». prenderà in conseCosta Crociere ha così gna sette nuove navi IL FUTURO DELLA CROCIERISTICA PASSA deciso di destinare una PER UN USO CONSAPEVOLE DEI DATI, CHE con un investimento fetta consistente della POSSONO SERVIRE PER MIGLIORARE complessivo di sei LE ROTTE O PER ATTRARRE LA CLIENTELA spesa informatica per miliardi di euro e un tecnologie che aumenincremento di posti letto stimato nell’ordine tino l’efficienza della nave e che, al contempo, del 50%. Grazie all’intervento della multigarantiscano al cliente un’esperienza soddisfanazionale dell’informatica, la compagnia di cente. La scelta è caduta su Dell Emc perché crocieristica ha registrato un risparmio, ma ha offerto un team capace di supportare Costa anche un miglioramento dell’intera infrastrutCrociere lungo tutto il percorso di implementura informatica. La soluzione tecnica offerta tazione tecnologica, andando oltre il semplice è lo sdoppiamento del sistema di storage. In rapporto tra cliente e fornitore e strutturando questo modo si è ottenuta una ridondanza la collaborazione come se fosse una partner-
ship. «La nostra flotta – prosegue ancora Voltolini – è dislocata sostanzialmente in 250 porti in tutto il mondo. In ognuno di questi abbiamo bisogno di garantire la continuità dei nostri sistemi hardware. Un fermo macchina ha un costo enorme ed è per questo che abbiamo scelto Dell Emc, perché offriva un modello operativo di servizio migliore degli altri per minimizzare i tempi di discontinuità. Senza dimenticare il risparmio del 30-35% nel Tco». Le nuove tecnologie stanno cambiando in maniera sostanziale il mondo delle crociere, soprattutto per quanto riguarda due temi. Da un lato la profilazione della clientela, dall’altra la definizione di rotte migliori e più efficienti. In entrambi i casi, alla base di questa piccola rivoluzione ci sono i dati, miliardi di informazioni che devono essere correttamente raccolte, processate, analizzate e trasformate in un plus per l’azienda che sa trattarle nel modo più efficiente. «In Costa Crociere – conclude – utilizziamo i dati per diversi motivi. In primo luogo per il governo delle nostre navi in tempo reale, anche se si tratta di un utilizzo per aspetti più industriali ormai consolidato da tempo. Dall’altro lato, invece, stiamo massimizzando i dati per la realizzazione di iniziative commerciali, in modo da passare da un marketing one to many a uno one to one. D’altronde, i nostri clienti ci danno molti spunti di riflessione: dal momento in cui prenotano al tempo che trascorrono sulla nave, quando interagiscono continuamente con noi attraverso le ordinazioni, la scelta delle escursioni o dei servizi accessori». Le informazioni raccolte da Costa Crociere risiedono su due data center, uno a Genova e uno a Milano, che garantiscono la perfetta capacità di disaster recovery e business continuity. Ma il processo di innovazione tecnologica avviato sul più grande operatore turistico italiano non è ancora terminato: in primo luogo è stato costruito un datacenter a Shanghai e si procederà a un complessivo incremento della capacità di archiviazione di dati. Infine si stanno iniziando a valutare investimenti hardware per il lavoro in condizioni gravose o in ambienti che possono presentare qualche rischio di troppo per i lavoratori.
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L’ecosistema dei partner che mette al centro Microsoft Mentorship, gioco di squadra e progetti con le Università: ecco come il colosso dell’informatica digitalizzerà il Paese. Ce ne parla Barbara Cominelli, direttore Marketing & Operations in Italia di Marco Scotti dimentichiamoci che siamo in Italia da 30 anni, che siamo presenti in milioni di perCOINVOLGERÀ IL PROSSIMO ANNO 250.000 sonal computers in questo paese: se cresce STUDENTI TRA I 12 E I 18 ANNI E 20.000 INl’Italia, cresciamo anche noi. Siamo un pezSEGNANTI. Inoltre, abbiamo ampliato il nuzo importante dell’ecosistema digitale, e più mero di partnership con gli atenei universitaquesto cresce, più ci sviluppiamo anche noi. ri: la Federico II di Napoli, l’Università di Bari Possiamo dire che abbiamo un conflitto d’ine ora anche il Politecnico di Milano, un’autenteressi positivo affinché il paese cresca. tica eccellenza a livello mondiale». Barbara Si spieghi meglio… Cominelli, direttore Abbiamo strutturato «VOGLIAMO OFFRIRE UN APPROCCIO Marketing & Operail nostro business in ESPERIENZIALE IN CUI GLI STUDENTI tions di Microsoft Ita- REALIZZERANNO PROGETTI VERI E PROPRI Italia creando il colia, spiega l’impegno siddetto ecosistema E IMPARERANNO IL PROBLEM SOLVING» della multinazionale dei partner, composto fondata da Bill Gates e Paul Allen per rendere da 10mila soggetti con cui noi lavoriamo. Per l’Italia un luogo più tecnologicamente avanogni 10 euro che loro guadagnano, Microsoft zato. ne guadagna uno: per questo abbiamo interesse a contribuire alla creazione di un’Italia Perché un’azienda privata come Micropiù fortemente digitalizzata. soft sta investendo risorse nello sviluppo Non spetterebbe alle istituzioni? delle competenze digitali? No, perché da sole non ce la possono fare. SerÈ ovvio che questo è un tema di Csr - la reve un gioco di squadra che funzioni in modo sponsabilità sociale d’impresa, ndr -, ma non che si uniscano le forze il pubblico, i privati «ABBIAMO
APPENA
ANNUNCIATO
UN
PROGETTO DEDICATO ALLE SCUOLE CHE
BARBARA COMINELLI, DIRETTORE MARKETING & OPERATIONS DI MICROSOFT ITALIA
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(come noi) e l’università. Noi poi ci mettiamo del nostro, ma siamo sicuri che da solo non basta. Ma se poi aiutiamo a creare un nuovo modello di sviluppo, perché no? A questo proposito, nei giorni scorsi avete annunciato, dal Politecnico di Milano, nuove iniziative per le scuole italiane, davanti al vostro presidente Brad Smith. Ci dica di più… Abbiamo lanciato un progetto che ha l’obiettivo di coinvolgere 250.000 studenti, dai 12 ai 18 anni in 14 regioni italiane, per formarli sulle tecnologie. Vogliamo che i ragazzi possano toccare con mano che cosa significhi operare nel campo del digitale, dimostrando che è un altro degli strumenti che hanno a disposizione. Vogliamo riuscire a offrire un approccio esperienziale per cui realizzeranno progetti veri e propri e impareranno il problem solving. Inoltre, vogliamo coinvolgere 20.000 insegnanti all’anno perché anche loro si sentano coinvolti nell’ecosistema digitale che cambia.
CON LINKEDIN E ADECCO DEFINIREMO PRESTO UN INDICE DI EMPLOYABILITY
Chissà che impegno dal punto di vista della forza lavoro che avete mobilitato… In realtà no: abbiamo avviato già da una decina d’anni una collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale, una ong che ha messo a disposizione i propri trainer per portare avanti questo progetto. Non solo: abbiamo cooptato anche ragazzi dell’università che possono fare da mentor per i più giovani. Infine, ci sono una cinquantina di dipendenti Microsoft che lavorano al progetto come volontari. Nella nostra azienda, infatti, abbiamo diritto a tre giorni retribuiti all’anno per svolgere attività di volontariato e alcuni dei nostri hanno scelto di impiegare queste giornate in questo modo. Il progetto con le scuole è una delle tre “gambe” che compongono il progetto Ambizione Italia: ce lo vuole presentare? La seconda parte del nostro progetto riguarda le competenze verticali. Abbiamo avviato una serie di corsi gratuiti che riguardano le specifiche competenze, divisi per profilo. Ce ne sono tantissimi, dal data scientist all’architetto di data cloud. Inoltre, abbiamo dato il via a 12 accademie, dislocate sui territori, con una serie di partner per realizzare dei corsi della durata variabile dai 4 ai 6 mesi. Possono essere solo online, o in aula o con un mix tra le diverse possibilità. La nostra pretesa è riuscire a formare gli specialisti che le aziende stanno cercando, perché in Italia, a fronte di una disoccupazione giovanile intorno al 30%, abbiamo dati che certificano che nei prossimi anni avremo bisogno di circa 135.000 esperti di Ict che al momento non ci sono. Inoltre, abbiamo lanciato un’iniziativa con la Confe-
renza dei Rettori delle Università italiane per L’intelligenza artificiale è la “killer integrare, all’interno del corso dell’università, application” dei prossimi anni? una parte di laboratori per mettere a disposiSicuramente, ma le aziende italiane sono anzione il software e le piattaforme. Ovviamencora in fase pilota, specialmente le Pmi. Sono te la parte teorica rimane in capo agli atenei, poche le aziende che abbiano una visione olinoi cerchiamo di aiutare in quella pratica. Nei stica e che abbiano compreso l’importanza di giorni scorsi abbiamo annunciato che, dopo queste tecnologie. Molti non hanno neanche la Federico II di Napoli e l’Università di Bari, in aziende le persone adatte per svilupparle. abbiamo stretto un accordo di questo tipo Inoltre manca l’ecosistema e le aziende italiaanche con il Politecnico di Milano. Ci piacene si stanno sentendo un po’ sole. La politica rebbe espandere questa partnership a tutte tutta, la pubblica amministrazione, le univerle università italiane, anche perché al termisità: le imprese non ricevono le risposte di cui ne di questo percorso possono ottenere una avrebbero bisogno. Eppure l’Italia sarebbe certificazione Microsoft, un attestato che apre un terreno fertile eccellente. In Microsoft, ad ulteriori porte. esempio, abbiamo sviluppato progetti che ci E l’ultimo tassello di Ambzione Italia qual è? rendono leader nel mondo. Ma si tratta di isoÈ quello che riguarda il re-skilling dei lavole d’eccellenza, non c’è un progetto organico ratori, ovvero il riposizionamento dei lavoalla base. ratori. In questo caso i parner che abbiamo Per concludere, visto che siamo alla visono LinkedIn e Adecco e l’idea è quella di gilia dell’8 marzo, lei, che pure lavora lanciare a breve una piattaforma che aiuta a in un’azienda con una grande presenza valutare le competenze rispetto alle esigenze femminile, è favorevole alle quote rosa? del futuro e a definire Il termine è davvero FACENDO LEVA SULL’INTELLIGENZA una sorta di “indice di terribile e non so se ARTIFICIALE E SULLE ALTRE TECNOLOGIE employability” in base sia giusto chiamare SI PUÒ FAR FARE AL PAESE UN VERO alle conoscenze che si così la presenza di SALTO DI COMPETITIVITÀ hanno al momento e donne nelle posizioni rispetto alle future esigenze del mercato del apicali. Quello che so è che il problema c’è lavoro. Questo consente di riposizionarsi nel ed è inutile fare finta di niente. Serve quindi caso in cui ci si accorga di essere lontani dalle prestare la massima attenzione per mantenecessità. nere obiettività nei processi di selezione. Il Tecnologie capaci di rimodulare carriere lavoro da fare è ancora tantissimo e c’è bisolavorative: ma l’Italia è pronta per questo gno di interventi per far aumentare il livello passaggio? di diversity. Penso che il tema debba essere Sappiamo che siamo agli ultimi posti in Euaffrontato in due livelli: c’è il primo, quello ropa per digitalizzazione. Eppure molti studi base, in cui vediamo che le Pmi sono molto dimostrano chiaramente come facendo leva indietro. Si tratta del welfare di base, della sull’intelligenza artificiale e su altre tecnoloconciliazione tra vita privata e lavorativa, gie si possa fare un vero salto di competitività. delle agevolazioni per le donne che rientraSi tratta di strumenti che sono disponibili in no dalla maternità. Poi invece c’è un livello cloud e quindi “democratizzati”, cioè disponipiù alto, che riguarda tutte le aziende, ed è bili a tutti. Noi di Microsoft possiamo offrire quello che deve garantire a tutti i dipendenti diversi tool che garantiscono la possibilità di la stessa possibilità di accesso ai livelli di leamigliorare in maniera esponenziale il busidership, di mentorship. ness, specialmente delle Pmi. Oggi in Italia c’è E dunque sì alle quote rosa purché non grande movimento intorno a questi filoni e vengano chiamate così… quasi tutte le aziende stanno iniziando a fare In Italia ce n’è ancora tanto bisogno. Ma che qualcosa. brutto, quel nome!
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SOLO LA RETE UNICA POTRÀ CABLARE I PICCOLI CENTRI Agli operatori viene richiesto di anticipare gli investimenti per garantire la connettività sul territorio. Ma il ritorno sull’investimento non è assicurato. L’analisi di Federico Protto, amministratore delegato di Retelit di Riccardo Venturi
L
a rete unica ha senso nelle aree rurali o semirurali, dove però devono essere coinvolti anche i medi operatori dotati di infrastrutture in fibra ottica, molto meno nelle grandi città. Parola di Federico Protto, ad di Retelit, uno dei principali operatori italiani di servizi dati e infrastrutture nel mercato delle telecomunicazioni, dal 2000 quotato alla Borsa di Milano, nel segmento Star dal 2016. Il progetto di fusione tra le reti di Telecom e Open Fiber, caldeggiato dal governo anche con un emendamento ad hoc al decreto legge fiscale, sembra entrato nella fase operativa con il primo incontro tra gli ad Luigi Gubitosi e Elisabetta Ripa. In questa fase cruciale Protto spiega a Economy quali sono la visione e le richieste di una media azienda come Retelit, dotata di 12500 chilometri di fibra ottica che collegano 9 reti metropolitane e 15 data center in tutta Italia: ogni unità abitativa non è necessario. Ma se «Da un lato abbiamo il modello rete unica, anche oggi forse la domanda non c’è, si dice, dall’altro quello della competizione infraci sarà nei prossimi anni: su questo sono abstrutturale» mette in evidenza l’ad di Retelit, bastanza d’accordo. Questo periodo transi«nelle grandi città e anche nelle zone popolotorio però può durare 1 o 4 anni, e intanto se e con un’industria sviluppata, dove oggi ci gli operatori devono fare i conti, non possosono già diverse infrastrutture di rete messe no stare ad aspettare la domanda e pagare a reddito, è difficile trovare i vantaggi del prigli stipendi fra 1 o 4 mo». In questa zone LE AREE RURALI E SEMIRURALI SONO anni». In queste zone, l’assenza di compeDETTE “A FALLIMENTO” PERCHÉ quindi, la rete unica è tizione infrastruttuGLI OPERATORI SI TROVANO A DOVER rale non è un fatto INVESTIRE ANTICIPANDO LA DOMANDA un modello che può essere adottato in positivo: «Nel centro modo proficuo: «Mettere a fattor comune gli di Milano per esempio oggi puoi scegliere investimenti in queste aree» sottolinea Prottra diversi operatori con più reti» osserva to, «e quindi creare infrastrutture cui tutti gli Protto, «il che porta concorrenza e quindi operatori accedano tramite tariffe regolate, prezzi più convenienti per l’utente finale». potrebbe avere un senso». È il meccanismo Le cose cambiano nelle aree rurali o semirudel Rab (Regulatory asset base), che stabilirali, dette a fallimento o semifallimento: «In sce a priori quale rendimento debba avere il queste zone gli operatori si trovano a dover capitale investito nell’infrastruttura in un refare investimenti anticipando la domanda» gime di monopolio, come accade in Italia per spiega l’ad di Retelit, «oggi avere la fibra in
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JOY MARINO, PRESIDENTE DEL MILANO INTERNET EXCHANGE
esempio per i servizi di trasmissione dell’energia elettrica forniti da Terna. Una logica che non piace agli internet provider di Aiip, associazione di oltre 60 operatori piccoli e medi di telecomunicazioni e internet, che in una nota ha messo in guardia: «L’introduzione di meccanismi di remunerazione automatica degli investimenti sulla rete (il Rab), con il prezzo imposto forzosamente a favore del nuovo monopolista, rischia di minare l’efficienza e premiare invece la rendita di posizione a danno dei concorrenti e degli utenti». Ma l’ad di Retelit insiste: un conto è applicare questa logica in una grande città, un altro è farlo in una zona rurale o semirurale. «In queste zone in realtà esiste già l’infrastruttura» rimarca Protto, «ma viene offerta in maniera tendenzialmente disaggregata: ognuno propone la propria, così il mercato non ha un’idea chiara di quali siano prezzi e disponibilità. Quindi in questo caso per noi mettere a fattor comune gli investimenti e le infrastrutture esistenti è virtuoso, specie perché operatori come il nostro hanno a disposizione tanta infrastruttura, quindi costruirla ex novo sarebbe oggettivamente uno spreco». Secondo l’ad di Retelit insomma nelle zone in
NELLE ZONE IN CUI LA DOMANDA È PIÙ IN RITARDO LA CONCORRENZA PUÒ NON ESSERE OPPORTUNA cui la domanda più in ritardo non giustifica grandissimi investimenti, la concorrenza infrastrutturale può essere non opportuna, e il modello rete unica potrebbe funzionare. A patto di coinvolgere i medi operatori, e anche i piccoli comunque dotati di infrastrutture: «È un aspetto assolutamente importante, che accelererebbe in maniera enorme lo sviluppo» afferma Protto, «a una sola condizio-
FEDERICO PROTTO
ne però: gli investimenti degli operatori medi come noi o di quelli piccoli sono investimenti privati. Se siamo disposti e ben contenti di valorizzare la nostra infrastruttura esistente in un progetto di ampio respiro, è chiaro che deve essere remunerata secondo gli investimenti fatti. Tanto più nel nostro caso, visto che siamo quotati alla Borsa di Milano, e rispondiamo al mercato».
Quel consorzio a Milano che promette di connettere tutta l’Italia (e non solo) «Siamo un oggetto essenziale per l’equilibrio del sistema, svolgiamo un compito simile a quello del canarino in miniera: siamo piccoli ma siamo fondamentali. Il nostro obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo di internet in Italia e incrementare le interconnessioni tra gli internet provider e i principali player della rete che operano nel nostro paese. Detta così sembra quasi semplice, ma qui in Italia siamo talmente poco capaci di fare squadra che il nostro impegno viene guardato con sospetto dagli operatori». Joy Marino è quello che si definisce un guru: pioniere di internet, esperienza internazionale, amante folle dell’innovazione. È lui il “papà” di Mix (Milano Internet eXchange), uno snodo fondamentale per la rete italiana, un
consorzio che è già oggi a pieno titolo tra i principali hub continentali, insieme a Londra e Amsterdam, e che – grazie allo sviluppo dei cavi sottomarini – permette di veicolare le interconnessioni in tutta Europa, in Asia e in Medio Oriente. Mix è un luogo in cui i network di ogni player si interconnettono per scambiare traffico Ip in modo efficiente e con costi vantaggiosi. Mix può contare su oltre 50 carriers e 240 membri, con una crescita di oltre il 30% all’anno a partire dal 2000, anno della creazione del consorzio. Il picco di traffico internet è superiore ai 550 Gbps. Ha oltre 1380 interconnessioni ed è uno dei pochi internet exchange europei dotati di un proprio datacenter. Oggi la velocità di connessione
anche a Palermo è stata aumentata fino a 100 Gb. Nei mesi scorsi, inoltre, Mix ha siglato una partnership con Aruba per la crescita dei servizi di data center e cloud. Sullo stato dell’arte in Italia, Marino va controcorrente: «Basta riempirsi la bocca con il mantra del “siamo indietro”, perché non è più vero. Semmai c’è un problema culturale che va risolto quanto prima: secondo i dati Istat il 30% della popolazione non saprebbe che cosa farsene di una connessone ultrabroadband. I governi precedenti hanno fatto cose egregie. Quello attuale mi pare che finora abbia un po’ sottovalutato il digitale, stanziando miliardi per molte altre voci ma lasciando le briciole all’innovazione». (m.s.)
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QUELLA ATTUALE NON SARÀ UNA FASE PERMANENTE MA NECESSITA DI ESSERE SEGUITA CON ATTENZIONE
L’economia blu traghetterà l’Italia fuori dalla crisi
di tempi e di risposte fanno la differenza nel garantire efficacia e risultati di una chiara politica industriale e, soprattutto, consentono di colmare gli eventuali gap con gli altri Paesi». Ma qual è a suo avviso la situazione Il presidente di Fincantieri Giampiero Massolo non ha dubbi: l’industria dell’industria in Italia e come si posiziona italiana resta competitiva nel contesto globale. E la cantieristica navale l’industria italiana nel contesto globale? può essere un volano per la crescita, grazie anche all’indotto record La nostra industria resta competitiva nel contesto globale, per qualità, innovazione, di Giordano Fatali efficienza produttiva. Il patrimonio indu«L’INDUSTRIA ITALIANA È STATA CAPACE Bono. «L’industria però» aggiunge Massolo striale italiano è una ricchezza da preserDI SUPERARE I MOMENTI MOLTO DIFFICILI in quest’intervista a Economy «per rimanere vare. Tuttavia, i dati congiunturali riflettono DELLA CRISI ECONOMICO-FINANZIARIA competitiva muovendosi nell’ambito un rallentamento derivante certamente da DEGLI ANNI SCORSI, ED È TUTTORA IN di un mercato in continua evoluzione un contesto globale complesso, a cominciaGRADO DI ESPRIMERE DELLE ECCELLENZE deve con rigore darsi una progettualità re dalle grandi incognite legate alla Brexit e IN DIVERSI SETTORI E DI CONFRONTARSI di lungo periodo sulla quale innestare in generale a un’Eurozona che avanza lenSUI MERCATI GLOBALI”»: ne è convinto ogni necessario aggiustamento tattico tamente, ma anche al più lungo shutdown Giampiero Massolo, ambasciatore, di rotta. Per far della storia degli Stati FINCANTIERI È UN’ECCELLENZA A LIVELLO presidente di Fincantieri, il colosso della questo sempre Uniti e all’economia MONDIALE, CON UN CARICO DI LAVORO TALE cantieristica italiana a controllo pubblico più indispensabile cinese che cresce DA GARANTIRE CONTINUITÀ DI IMPEGNO quotato alla Borsa di Milano e guidato appare oggi meno rispetto al pasPRODUTTIVO ALMENO FINO AL 2027 dall’amministratore delegato Giuseppe investire con sato. Se pensiamo che continuità in asset fisici, ricerca, formazione in passato la ripresa è stata guidata dalle e risorse professionali. Fondamentali esportazioni, tali mutamenti in atto a livello L’AUTORE, GIORDANO FATALI, si rivelano a tal fine: il sostegno mondiale, accompagnati da una domanda PRESIDENTE DI HRC all’investimento; l’abbattimento dei costi interna ancora debole, di fatto comportano della burocrazia; la riduzione di costi e una decelerazione della crescita, che inveinefficienze connessi alla fragilità e vetustà ste buona parte del nostro continente, non delle infrastrutture. In altre parole, certezza solo l’Italia. Permane pertanto primario per
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l’Italia l’obiettivo della salvaguardia e rilancio del manifatturiero. Accanto a ciò, e indispensabile all’avvio di un nuovo periodo di sviluppo, è indifferibile pensare a un grande piano di formazione per le generazioni del futuro, capace di liberare quelle innate capacità che grandemente hanno contribuito alla rinascita del nostro Paese nel secondo dopoguerra. In definitiva, quella attuale non sarà una fase permanente, ma necessita di essere seguita con attenzione, anche dalle Autorità pubbliche. Ci sono specifici settori che possono fare da traino per posizionare meglio l’Italia a livello internazionale? Pensiamo alla moda, all’enogastronomia... Oltre ai comparti indicati, come non citare la cosiddetta “economia blu” che, secondo l’Unione Europea con un fatturato complessivo di circa 560 miliardi di euro, pari all’1,6% del totale della Ue, dà lavoro a quasi 3 milioni e mezzo di persone? Il segmento delle navi da crociera, in particolare, ha registrato una crescita eccezionale negli ultimi anni. A giudicare dalle più recenti evidenze, questa tendenza sembra destinata a prolungarsi, soprattutto in virtù delle previsioni di crescita del numero di crocieristi, che potrebbero raggiungere i 49 milioni nel 2030, dato ritenuto addirittura suscettibile di aumentare per effetto dell’apertura del mercato asiatico e di quello cinese, in particolare. E in questo contesto, Fincantieri? Nell’ambito dell’economia del mare Fincantieri è un’eccellenza a livello mondiale, con un carico di lavoro di dimensioni tali da garantire continuità di impegno produttivo fino al 2027, un orizzonte temporale assolutamente eccezionale nell’attuale panorama industriale. L’azienda ha una rilevantissima valenza sociale ed economica per i territori sui quali è insediata. Infatti, essa non solo favorisce, a
livello locale, lo sviluppo di filiere e distretti tecnologici di eccellenza, mediante la produzione di beni complessi e una non comune capacità di assicurare certezza e continuità di impiego, ma ha un impatto rilevante sul sistema economico nazionale. Basti pensare che ogni euro investito nella cantieristica produce un valore di 4,5 volte superiore; ciò va, innanzitutto e come già detto, a beneficio del territorio d’insediamento che, grazie al coinvolgimento di un ampio e diversificato network di imprese, molte delle quali Pmi altamente specializzate, trova in Fincantieri un motore unico per lo sviluppo dell’innovazione e per l’accesso dei propri prodotti a nuovi mercati, altrimenti irraggiungibili a causa delle ridotte dimensioni del proprio tessuto imprenditoriale. OGNI EURO INVESTITO NELLA CANTIERISTICA PRODUCE UN VALORE DI 4,5 VOLTE SUPERIORE, A BENEFICIO PRIMA DI TUTTO DEL TERRITORIO D’INSEDIAMENTO
Cosa fa l’industria per i giovani? Una risposta esauriente alla domanda non può prescindere da un aggiornamento dell’intero modello scuola-lavoro, affinché nei prossimi anni siano individuati i profili professionali necessari all’industria e le scuole possano preparare i ragazzi adeguatamente. È noto come nella navalmeccanica vi sia penuria di figure indispensabili per la costruzione della nave. Come Fincantieri abbiamo sottoscritto tre protocolli di politica attiva per l’occupazione con le regioni Friuli Venezia Giulia, Liguria e Campania, finalizzati a stimolare l’occupazione locale, e in particolar modo proprio quella giovanile, contribuendo così allo sviluppo socio-economico dei territori. Penso inoltre all’accordo raggiunto recentemente con il Miur, che rafforza il rapporto tra il sistema di istruzio-
ne e formazione tecnica superiore e il mondo del lavoro nel nostro settore. Può fare una previsione dei lavori del futuro di cui anche l’industria dovrà tener conto? Vanno senz’altro rivalutati i saperi tecnici e rilanciata la loro promozione. Credo che il fattore determinante sia l’innovazione tecnologica e la sua integrazione all’interno di processi produttivi in buona parte ancora appannaggio delle lavorazioni manuali tradizionali. Sempre per rimanere all’esperienza della cantieristica navale, non si potrà mai prescindere da attività come quelle della saldatura o della posa di cavi e tubi. È difficile pensare, quantomeno con un orizzonte temporale di soli 10 anni, che queste mansioni possano essere svolte integralmente dalle macchine, ma è probabile che le figure professionali che emergeranno dovranno essere sempre più capaci di operare con l’ausilio di sistemi informatici specifici idonei a governare macchine a supporto del lavoro umano. Contemporaneamente la nave avrà un contenuto di automazione maggiore mirando al traguardo ideale di “nave autonoma” (con un contenuto di equipaggio sempre minore o al limite assente) e sarà sempre più connessa ai sistemi di terra attraverso uno scambio di dati continuo. Ne deriva che anche le figure professionali che presiedono alla progettazione, costruzione ed esercizio delle nave dovranno necessariamente vedere i propri profili adeguati a tali mutate esigenze. È, infine, naturale che si prenda atto che la vera concorrenza è ormai globale e si svolge sui mercati mondiali. Le aziende europee per farvi fronte con efficacia debbono creare sinergie e unirsi tra loro. Questo consentirebbe di battere la concorrenza, creare valore a livello europeo e ampliare l’offerta di impiego per i nostri lavoratori
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Dalla Brianza in 85 Paesi investendo sempre a 360 gradi Quando nel 1970 Poliform visse il primo passaggio generazionale, nessuno poteva prevedere che in pochi decenni sarebbe diventato un brand internazionale di successo. Intervista all’ a.d. Giovanni Anzani di Angelo Curiosi
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obbiamo ancora e sempre ringraziascimenti ci hanno molto onorato. Non sono re i nostri genitori, che nel ’70 hanpremi per finta, abbiamo superato una seleno deciso di affidarci l’azienda trazione severa tra aziende concorrenti molto smettendoci due principi fondamentali, anzi agguerrite», sottolinea, EY ha selezionato due qualità: la passione per il nostro lavoro, otto aziende più due start-up su tremila cone la passione per far bene le cose»: Giovanni correnti! E dunque sì, tutto è cominciato cinAnzani, amministratore delegato della Poliquant’anni fa. La passione, le dicevo: è la base, form di Inverigo, nel cuore della Brianza, non ma poi deve incardinarsi nella determinazioè un ragazzino, ma quell’”imprinting” non lo ne, anzi nell’ulteriore passione di far bene le dimentica. Ora che, a cose, è fondamentale suggello di una car- «ABBIAMO SEMPRE INVESTITO A 360 GRADI, anch’essa. E per farle SOPRATTUTTO NELL’INNOVAZIONE riera imprenditoriale DI PRODOTTO, PER ARRIVARE OGGI A ESSERE bene abbiamo sempre straordinaria, ha colto investito a 360 gradi, APPREZZATI IN 85 PAESI DIVERSI» insieme con i cugini soprattutto nell’innoAlberto e Aldo Spinelli la doppia soddisfavazione di prodotto, fino ad arrivare dove siazione del Compasso D’Oro dell’Adi (Associamo oggi, quando non dico che riusciamo ad zione per il disegno industriale) e del premio affermare il nostro modo di fare nel mondo Imprenditore dell’Anno di Ernst Young, torna ma quasi. Quando ti apprezzano in 85 Paesi volentieri a quel giorno di cinquant’anni fa in diversi, è segno che qualcosa di convincente si cui vennero affidate alla nuova generazione, riesce a fare». Di molto convincente, in realtà. con una scelta inedita per l’epoca, le redini «Siamo passati da una piccola industria con dell’azienda. 40 dipendenti a una realtà con 750 dipenden«Sì, è vero, perché negarlo? Questi riconoti e un fatturato di oltre 200 milioni di euro
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GIOVANNI ANZANI CON ALBERTO E ALDO SPINELLI
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nel 2017», racconta Anzani, evidenziando che dopo la crisi del 2008 è stato fondamentale internazionalizzarsi. «In seguito al crollo del mercato interno, spinti proprio dalla contrazione del mercato interno, siamo riusciti a portare l’azienda sui mercati internazionali e oggi realizziamo il 75% del fatturato all’estero e siamo presenti in 75 paesi del mondo». L’Italia ha un peso del 25%, l’Europa del 35% e poi ci sono le Americhe e il Sud Est Asiatico. «Vede, noi non abbiamo mai puntato sul prodotto ovvio», spiega Anzani, «perché abbiamo sempre cercato di proporre un nostro modo di concepire lo stile di vita e di abitazione. Naturalmente l’abbiamo abbinato a un brand affidabile, in cui quel che abbiamo cercato di comunicare è il fatto che esprimiamo una certa eleganza nella nostra produzione». Con questa proposta, c’è stata l’espansione internazionale. Dapprima in Europa, a cominciare dalla Germania per poi passare in Svizzera, Polonia, Olanda… Poi, in ultimo, siamo andati anche in Russia e quando abbiamo ritenuto di aver esaurito l’espansione in Europa siamo approdati negli Stati Uniti. È stato vent’anni fa», rievoca Anzani: «Abbiamo
iniziato com’è giusto da NY e poi man mano ci siamo espansi: Chicago, Los Angeles. E dieci anni fa Poliform Usa è stata assorbita al 100 per cento, con ottimi risultati». Cosa restava, facendo un rapido giro d’orizzonte sui grandi mercati internazionali? Ma che domande! La Cina: «E infatti siamo andati in Cina», prosegue Anzani nel suo racconto: «Da 6-7 anni abbiamo aperto alcuni punti vendita monobrand che ci danno moltissime soddisfazioni. A Pudong, Shangai, abbiamo aperto nel centro commerciale Gala Mall un L’azienda di Inverigo ha iniziato ad occuparnegozio da 1000 metri quadrati. In questi sene soltanto dieci anni fa per completare il giorni ne stiamo aprendo un altro a Shenzen sistema lifestyle del marchio in aggiunta ai sisotto il nuovo museo Design Society…». Già: stemi per la zona giorno, alle camere da letto l’ultimo fiore della straordinaria stagione di e alle cucine (all’epoca presidiate con il marsviluppo e crescita che sta vivendo la megalochio Varenna, oggi rientrate sotto il cappello poli cinese. L’inaugurazione ci sarà entro apridi Poliform). Ma il successo è stato tale da le, lo store sarà di 1200 metri quadrati, ma la imporre ingenti investimenti. Si è resa necessua peculiarità sarà quella di essere situato saria la realizzazione di oltre ventimila metri all’interno di un Museo Lifestyle, un po’ come di stabilimento per rafforzare quella che oril Moma di New York, che si chiama appunto mai rappresenta un terzo del business. Entro Design Society… Un l’anno tutta la produIL “NUOVO” BUSINESS DEGLI IMBOTTITI Museo peraltro colzione verrà trasferita INTRODOTTO DIECI ANNI FA HA RICHIESTO legato al Victoria and nella nuova sede. Ad LA REALIZZAZIONE DI UNO STABILIMENTO Albert Museum di oggi, poltrone e divaDI VENTIMILA METRI QUADRATI Londra. «Tanto che – ni imbottiti generano dice Anzani - qualcuno già lo chiama Vam!». il 30% delle vendite della società mentre il La strategia dei monomarca accompagna restante 70% degli incassi è suddiviso tra le Poliform in tutto il mondo: «Ne abbiamo cucine, che rappresentano la metà del giro nove, in nove città, e saliremo a 13-14 entro d’affari complessivo, e dai mobili per soggiorgiugno-luglio. Tutti questi negozi – fa notare no e zona notte. Anzani – hanno un’impostazione simile ed Ma l’espansione del business degli imbottiti anche un taglio uguale, tra i 500 e i 1000 meè stato un vero crescendo, a partire dai pritri quadrati. Possiamo dire che sì, attraverso mi pezzi presentati nel 2008 fino all’ultimo l’osservatorio qualificato dei monomarca nato, Bellport, presentato nel 2018 al Salone stiamo constatando un po’ ovunque che il nodel Mobile, disegnato da Jean-Marie Massaud stro prodotto piace molto, è tra i più seguiti e premiato nei giorni scorsi da Stylepark. Per del genere moderno, potrei dire forse il più il nuovo stabilimento ci saranno ulteriori asrichiesto…». Nell’organizzazione di Poliform sunzioni. A livello produttivo, Poliform può i negozi sono aziende partner, mentre a Incontare su cinque stabilimenti tutti situati in verigo c’è il commerciale e la logistica. E così Brianza e suddivisi tra le varie specializzazioil lavoro viene diretto dall’Italia, ma è poi sul ni con l’aggiunta del Poliform Lab dedicato territorio che gli specialisti si misurano con il alle attività di ricerca e sviluppo. Non a caso mercato. l’acceleratore è stato schiacciato anche sulla E non basta. Per non privarsi di niente, Polidigitalizzazione, un canale in più per essere form ha voluto affermare il proprio ruolo in “portabandiera del design italiano nel monun settore in più: quello del mobile imbottito. do”. In una parola, Poliform.
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LA MOLTIPLICAZIONE DEL PANE, UN BOOM CHE SA DI BUONO Corrado e Marco Menchetti hanno trasformato il panificio di famiglia in un’azienda che fattura 20 milioni l’anno, grazie all’introduzione della vendita diretta con una formula (anche in franchising) che offre un feedback immediato di Giuseppe Folliero
mantenendo per sé solo una quota minima. La sua idea? Trasformare l’azienda da panificio di PRENDITORIALE, INTRAPRENDENZA E ATqualità a casa del pane: una serie di punti venTACCAMENTO ALLE RADICI. Un esercizio dita dove i clienti comprano il pane ma possologico che porta gli occhi al futuro e il cuore no anche fare colazione, mangiare un pezzo al passato. Così sono nati molti dei grandi imdi pizza o un piatto caldo, o ancora prendere prenditori italiani: partendo dal basso, magari l’aperitivo alla sera. Un posto che sa di pane da un semplice panificio con forno e market caldo e di casa, la casa di una volta. In quel moannesso come quello della famiglia Menchetti, mento il panificio aveva 36 dipendenti e meno nato nel 1948, subito dopo la seconda Guerra di 2 milioni di fatturato. Dodici anni dopo, a Mondiale, nella zona di Arezzo. Un’azienda che queste cifre bisogna aggiungere uno zero: oggi con i discendenti dei il Panificio Menchetti DIECI ANNI FA IL PANIFICIO MENCHETTI fondatori è cresciuta conta 320 dipendenti, IMPIEGAVA 36 DIPENDENTI E FATTURAVA fino a dividersi, nel 6 punti vendita polivaMENO DI 2 MILIONI DI EURO L’ANNO. MA 2005, in due rami, fa- IN DIECI ANNI IL BUSINESS È DECUPLICATO lenti, 6 in franchising, miliari e commerciali: 4 reparti forno presso da una parte ristoranti, alberghi e supermercasupermercati, un’azienda agricola che produce ti, dall’altra il Panificio Menchetti, oggi gestito il grano Verna per i loro prodotti, vino e olio, un da Corrado Menchetti con il fratello Marco. nuovo capannone con due nuove linee di basi Ed è a Corrado che si deve la svolta di filosofia per pizza surgelate. Per un totale di 20 milioni avvenuta nel 2006, quando, al termine del suo di fatturato. viaggio di 8 mesi per l’Italia e all’estero, in cerca di ispirazione per lo sviluppo dell’azienda di Com’è stato passare dalla produzione alla famiglia, confida di avere altro in testa ai genivendita? tori, Santino e Santina Menchetti, che qualche In realtà noi la vendita l’abbiamo nel dna, ce anno prima hanno ceduto la società ai figli e l’hanno lasciata in eredità i nonni con il market, C’È UNA PREROGATIVA TUTTA ITALIANA:
QUELLA DI CONIUGARE VISIONARIETÀ IM-
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tutt’ora presente. Non si tratta solo di saper vendere, è piuttosto vedere nella vendita diretta la grande opportunità di confrontarsi con chi compra e consuma i nostri prodotti e capire subito se quel dato articolo che tu hai pensato e voluto, può funzionare oppure no. Coniugare produzione e vendita diretta è totalizzante: noi lavoriamo tutti i giorni, sabato e domenica compresi, tutto il giorno, diventa una forma di ossessione in un circolo continuo di qualità. Se tu governi tutto, non puoi far bene una cosa e lasciare che di fianco ce ne sia una fatta così così. Alla fine ti metti in testa di fare bene tutto. Un’ossessione, ma anche un sogno. Quello che si vede oggi nei vostri punti vendita è quello che aveva in testa nel 2006? Sono tornato dal mio viaggio sapendo solo che non potevamo restare una panetteria, che avevamo la qualità e che la nostra clientela era matura per altro. La sfida è stata farlo qui, in piena campagna, in un posto dove nessuno mangia fuori o beve l’aperitivo. Noi il pane buono l’avevamo già, si trattava di metterci accanto il cappuccino buono, il cornetto buono, la pizza buona. Ci abbiamo messo tutto: colazione, pranzo, cena, aperitivo, pane e pizza, pensando che così avremmo avuto modo di selezionare le attività e i prodotti che la nostra clientela apprezzava di più, facendo di questo primo punto vendita il progetto pilota; alla fine abbiamo mantenuto tutto. Abbiamo tutto, ma non tutto di tutto. Questa è una tentazione cui non abbiamo voluto cedere. Da noi c’è il piatto del giorno, nel senso che è stato fatto alla mattina. Se oggi c’è in menu pasta con il sugo di chianina, l’alternativa è una pasta con il pomodoro fresco. Punto. Non ci sono otto primi e otto secondi. Però ogni domenica puoi mangiare l’arrosto cotto nel forno a legna, come a casa, come nella case delle nostre zone, dove c’era la stufa a legna e le mamme la domenica mattina ci cuocevano
il pollo arrosto con le patate. Noi vogliamo che la gente da noi si senta a casa, in qualche modo ritrovi la casa archetipica, perché il fornaio è un concetto quotidiano, ci si va tutti i giorni. Alla fine il progetto pilota è andato così bene che l’anno dopo abbiamo aperto ad Arezzo decuplicando il fatturato. Avete preso spunto dai nuovi punti di vendita&consumo, pur opponendovi al concetto dei grandi centri, dove c’è troppo di tutto, i cosiddetti non-luoghi; voi al contrario avete scelto di essere un super-luogo, la casa. Ma come controllare la qualità? Da una parte devi fare una scelta molto attenta dei fornitori, tutto deve essere allo stesso livello di qualità. Adesso lo dico come se sapessi la ricetta ma all’inizio eravamo in grande ansia: per 4 o 5 mesi abbiamo assaggiato tutto, tutti i menu, i cornetti, caffè bibite, tutto quello che non produciamo noi è stato selezionato con grande attenzione. E poi ci sono le fotografie. Alla mattina alle 7 ho tutte le foto dei banchi colazione, a mezzogiorno le foto del banco pizze e focacce e alle 19 quelle del banco aperitivi, da tutti i punti vendita, tutti i giorni. Dalle foto si può capire molto… È stato difficile fare cambiamenti di rotta con i capostipiti ancora presenti in azienda? Il passaggio generazionale nelle aziende di famiglia è il momento più difficile; noi abbiamo avuto la fortuna di avere genitori che fin da subito ci hanno lasciato lo spazio sufficiente per sperimentare; poi, se una cosa funzionava, ci davano ulteriore spazio. Gradualmente, piano piano, ci hanno messo in mano l’azienda e noi abbiamo maturato esperienza e l’orgoglio di seguire le loro orme. Dobbiamo ancora molto alla loro presenza costante, sempre in giro ad assicurarsi che tutto funzioni: otto occhi vedono meglio di quattro, ma loro hanno otto occhi ciascuno… Sono gli occhi del cuore, di chi ha ereditato una piccola impresa, che all’inizio consegnava il pane ai negozi con la corriera, l’ha fatta crescere e oggi ha il coraggio di demandare ai figli un modo nuovo di fare qualità. E poi c’è la linea a base di grano Verna... La diversificazione del prodotto era nelle nostre intenzioni da tempo, così sono nati i primi
CORRADO MENCHETTI
pani funzionali, cioè pani che hanno qualità di particolare interesse per l’organismo: pani integrali, pani con cereali e segale, a lievitazione naturale, pane di grano Verna e pane di grano di Senatore Cappelli, vecchie varietà di grano tenero con funzionalità molto importanti. Quello che succede è che il frumento di oggi è stato modificato geneticamente per aumentarne la produttività e il contenuto di glutine, soprattutto nel grano duro della pasta perché tenga meglio la cottura, sia più appetibile e offra una masticabilità migliore. Dal punto di vista intestinale però questo tipo di glutine non viene riconosciuto dal nostro organismo che reagisce con stati infiammatori, intolleranze basse, medie e alte, fino alla celiachia. Il grano Verna contiene il glutine di una volta, più riconoscibile per il nostro corpo che riesce a filtrarlo meglio; in più lo maciniamo a pietra a bassa velocità il che permette di trattenere nella farina parti di germe e crusca che la arricchiscono di fibre, rendendola più digeribile. Esiste anche la pasta di grano Verna… Non si può chiamare pasta perché la pasta è fatta con grano duro ma noi abbiamo trovato un pastificio di Bologna che con una essicazione lenta riesce a fare un buon prodotto. Poi c’è un’intera linea di prodotti da forno, sempre a base di grano Verna, perfetti per persone con una moderata intolleranza al glutine Adesso vi cimentate anche nella produzione
IL PASSAGGIO GENERAZIONALE NELLE AZIENDE È IL MOMENTO CRUCIALE di pizze precotte. Qualche anno fa un nostro agente di prodotti dolciari che collabora con un’azienda che fa pane surgelato, innamorato della nostra pizza, si è preso la briga di provare a surgelare le nostre basi. E’ venuto da noi e ci ha detto che secondo lui modificando leggermente il contenuto di acqua si potevano ottenere basi per pizza a lievitazione naturale da surgelare. Abbiamo già iniziato l’esportazione in Cile e Brasile, forniamo Chef Express nella grossa distribuzione - stazioni, aeroporti e autostrade. Siamo arrivati a non poter più a soddisfare le richieste, tanto da dover allestire un altro capannone di 2.000 metri per fare altre due linee di surgelazione. Come si fa a coniugare diversificazione della produzione con la coerenza con le origini? Significa dedicarsi 7-24, tutti i giorni e tutto il giorno. È quello che facciamo noi due fratelli, per non perdere mai di vista la qualità. Anche i dipendenti sono continuamente sollecitati da noi al rispetto dei nostri standard: nel dubbio si butta via, è la regola. Se la pizza un giorno esce leggermente più cotta o il cornetto leggermente più crudo, nel dubbio si butta via. Questa politica ha dei costi, ma ogni giorno circa 20.000 persone nei nostri punti di vendita, almeno 120.000 tra punti vendita e casa, mangiano il nostro pane. Abbiamo una responsabilità. Quindi si fantastica, sì, ma sempre nel recinto della qualità e dell’amore verso la nostra azienda.
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Lo strano caso di Sipcam Oxon e della fusione “fatta in casa” Utilizzare le risorse interne per gestire un’aggregazione complessa? Si può, come ha fatto la family company dell’agrofarmaco. Che ha messo ordine nel business per presentarsi al sistema bancario in maniera più leggibile di Marina Marinetti
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due erano di fatto l’integrazione una a monte i scrive “fusione per incorporazione”, altra a valle - spiega Affaba - Se fosse stato noto si legge “mettere un po’ di ordine”. da subito che Sipcam cercava l’indipendenza, Perché certi “escamotage” messi in avrebbe potuto avere dei problemi di relaziopiedi per questioni di opportunità sul mercato ne con i propri partner commerciali. Nacque a volte sfuggono di mano. Ma arriva un mocosì Oxon: un nome diverso, un diverso manamento in cui le cose vanno sistemate. Come gement, una sede diversa, a Pero anziché a Mihanno deciso di fare i soci di Oxon Italia e di lano». Come tutte le foglie di fico, anche questa Sipcam, che a fine 2018 hanno approvato la cadde... vent’anni dopo: nel ’93, Sipcam venne fusione per incorporazione della seconda neltrasferita a Pero. «Fu una fusione organizzativa la prima (retroattiva ai fini di bilancio a inizio - continua Affaba - con un unico presidente e anno). Una storia simile a quella di molte family un solo amministratore delegato, io, così come company italiane nella sua genesi. Era il 1946 unici diventarono il cfo e tutte le funzioni cenquando Emilio Gagliardini e Baldo Ciocca fontrali. Ma le due società mantenevano una strutdarono Sipcam (acronimo di Società Italiana tura operativa e due Prodotti Chimici per SIPCAM OXON È UNA MULTINAZIONALE cda indipendenti». l’Agricoltura Milano). CHE FATTURA 500 MILIONI DI EURO Nel frattempo la family «All’epoca Sipcam forED È 15MA NEL RANKING MONDIALE company è diventata mulava i prodotti che DEI FARMACI PER AGRICOLTURA una multinazionale, poi venivano venduti con un fatturato di 500 milioni di euro e oltre direttamente al mercato», racconta Giovanni 400 dipendenti in Italia, il primo gruppo tra Affaba, CEO della “neonata” (si fa per dire) Siquelli di proprietà totalmente italiana e 15esipcam Oxon. «Sipcam comprava i principi attivi mo nel ranking mondiale del settore dell’adalle società con cui aveva accordi nella vendigrofarmaco, con siti produttivi nel lodigiano, ta dei prodotti finiti». Per intenderci: come nei nel pavese, ma anche in Spagna, in Brasile e farmaci a uso umano, la molecola è il principio persino in Cina e una presenza commerciale attivo (facendo un esempio, l’acido acetilsaliciche si estende in tutto il globo. Da qui la decilico lo è dell’Aspirina), la formulazione (quella sione della fusione societaria. Non proprio una di cui si occupava Sipcam) è invece la sua “forpasseggiata: «Mettere insieme le teste dei due ma farmaceutica”: confetti, pastiglie, sciroppi e gruppi ha presentato qualche difficoltà nella così via. Gli affari andavano bene e i due soci determinazione dei valori di concambio, nella erano ambiziosi. Così nel 1970, per allargare semplificazione della governance e nell’unifiil business, decisero di mettersi a produrre in cazione dei bilanci, ma alla fine ce l’abbiamo proprio i principi arrivi dei loro farmaci. Fafatta e con quella che noi chiamiamo italian cendolo un po’ “di nascosto”, per non far sapecreativity il nome della nuova società è divenre ai loro partner commerciali che, di fatto, gli tato Sipcam Oxon», ironizza Affaba. stavano facendo concorrenza. Così, nel 1970, «Abbiamo dovuto amalgamare i processi opedecisero di costituire la Oxon Italia spa. «Le
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GIOVANNI AFFABA, CEO DI SIPCAM OXON
rativi in un’unica società, dalla supply chain agli acquisti, dalle vendite alla gestione degli stabilimenti - sottolinea il Cfo Massimo Mauri - Abbiamo spinto al massimo l’utilizzo delle risorse interne. Così, quasi tutto è stato fatto attraverso il mio team: gli analisi, gli studi, e anche le valutazioni dei due gruppi aziendali, poi avvallate dal perito nominato dal tribunale. I colleghi dei sistemi informativi, invece, si sono fatti carico dello sviluppo del software. Quindi il costo maggiore è stato quello per gli avvocati, il notaio, il perito esterno e le pratiche amministrative di registrazione di tutti i prodotti, che abbiamo dovuto rifare per ognuno dei paesi in cui siamo presenti». Il conto? «Intorno agli 800-900 mila euro». Figuriamoci se l’azienda si fosse rivolta a consulenti esterni. «L’operazione è stata molto costosa, ma il gruppo ha raggiunto una visibilità che ci consentirà di muoverci in avanti con una certa solidità e con dimensioni diverse. Questa montagna di soldi in qualche modo la riporteremo a casa come valore per l’azionista attraverso operazioni diverse e l’ottimazione dei flussi interni». Ma alla fine quello che conta davvero, per il ceo Giovanni Affaba, «è l’aspetto della rappresentazione del gruppo verso l’esterno e in primis verso il sistema finanziario e bancario. Leggere due gruppi con le relazioni intercompany non era proprio così semplice. Per il resto, quello che cambia è solo l’intestazione dei nostri cedolini paga».
IL PAESE CHE CRESCE STORY-LEARNING
L’AUTO DEI SOGNI CORRE SUL FILO (DIGITALE)
VENDITE DI AUTO USATE IN FORTE INCREMENTO DI ANNO IN ANNO
La storia in crescita di AutoScout24, un marketplace leader in Europa Trovare l’auto dei propri sogni, oppure venderne una, in modo semplice e efficace. È la promessa di AutoScout24, il più grande marketplace automotive online d’Europa. Oltre a permettere a dealer e privati di vendere le proprie auto, nuove e usate, attraverso gli annunci pubblicati sul sito, AutoScout24 offre a concessionari, case automobilistiche e altri attori del settore automotive prodotti pubblicitari, come display advertising e lead generation. AutoScout24 fa parte del Gruppo Scout24, che opera nei principali mercati online del settore
immobiliare e automobilistico in diversi paesi europei. Il marketplace ha anche creato un osservatorio sui principali trend che riguardano il mondo delle auto usate. Se il mercato delle auto ha registrato una flessione nelle vendite di vetture nuove a privati (-2,4%), sono sempre più gli italiani che si orientano su una vettura usata: dopo aver archiviato il 2017 con una crescita del +4,7%, nel 2018 le vendite di auto di “seconda mano” sono aumentate di un ulteriore +4,7% rispetto allo scorso anno e di ben il +20,6% rispetto a cinque anni fa.
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FINTECH, SEICENTOMILA CLIENTI PER HYPE Oltre un miliardo di valore per le operazioni effettuate nel 2018
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Seicentomila clienti, che complessivamente hanno movimentato operazioni per oltre €1 miliardo nel 2018, con una crescita del 400% rispetto all’anno precedente. È il risultato raggiunto da Hype, soluzione mobile per una gestione semplice ed efficiente del denaro, attiva dal 2015. Un numero che conferma Hype tra gli esponenti di spicco del fintech italiano ed europeo. Aprire un conto con Hype è estremamente facile e conveniente. Basta scaricare l’app, lasciare il proprio nome, cognome, codice fiscale e e-mail, inviare una foto del documento di identità. Questo
è già sufficiente per attivare il servizio su Smartphone, che sarà operativo in poche ore in tutte le sue funzioni; dopo pochi giorni si riceverà gratuitamente anche la carta di pagamento fisica associata all’IBAN del conto (circuito Mastercard). Da subito l’utente potrà quindi controllare e gestire il proprio denaro fino a un massimo di €2.500 di deposito con Hype Start (completamente gratuito), e fino a €50.000 di deposito con Hype Plus, per chi desidera farne il proprio conto primario, con addebito automatico di utenze e abbonamenti, al costo di un solo euro al mese.
IL LIEVITO DEL SUCCESSO DEL PANE DI ALTAMURA
L’AZIENDA HA VINTO IL PREMIO INNOVAZIONE DELLA CONFINDUSTRIA
Dalla migliore tradizione pugliese, la rivoluzione tecnologica di Oropan Quella di Oropan è una storia di rituali e tradizioni che viene da lontano. Nasce dal coraggio e dall’intuito imprenditoriale dell’allora giovane garzone Vito Forte che, sin da giovanissimo, lavorava nel forno medievale più antico di Altamura. A 19 anni, il signor Forte rilevò quel forno e ne fece un’azienda artigianale dalla quale con l’impegno e una spiccata propensione alla ricerca e innovazione è nata un’industria che oggi produce 600 quintali di pane al giorno, occupa 135 dipendenti, fattura 25 milioni di euro all’anno
ed è leader nel settore della panificazione italiana con una struttura moderna e tecnologie avanzate. Un percorso che non è passato inosservato: Oropan è risultata infatti vincitrice della decima dizione del premio Imprese per innovazione organizzato da Confindustria, realizzato in collaborazione con la Fondazione Giuseppina Mai, Confindustria Bergamo, con il sostegno di BNP Paribas e Warrant Hub - Tinexta Group e con il supporto tecnico di Associazione Premio Qualità Italia (APQI).
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IMMAGINARE IL FUTURO È sulla bocca di tutti, nelle azioni di molti, nel business di pochi, ma la sostenibilità deve diventare il nuovo driver delle imprese. Anche per una questione di mero ritorno economico, come Fabio Benasso, l'amministratore delegato di Accenture Italia, spiega in queste pagine. Echeggiando un pensiero diffuso che sta ormai conquistando anche l'alta finanza di Wall Street, come insegna il Ceo di Black Rock Larry Fink.
LA SOSTENIBILITÀ È UN ASSET CHE PUÒ ESSERE PROFITTEVOLE Non è solo una questione di reputazione: stare sul mercato in maniera responsabile sviluppa piani di business vantaggiosi per le aziende. L'analisi di Fabio Benasso, a.d. di Accenture Italia di Marco Scotti
È
inutile fare finta di niente: perché la dedicata a questo tema. Le aziende più gransostenibilità diventi un tema all’ordi, per un problema di reputazione, ma anche dine del giorno per le aziende, è di convenienza, non possono esimersi dall’afnecessario che sia foriera di business». Fabio frontare l’argomento in maniera organica, Benasso, presidente e amministratore delesviluppando piani che migliorino l’impatto gato di Accenture Italia, spiega a Economy dei business sull’ecosistema», dice Benasso. perché la sostenibilità sia diventata uno dei Non solo: secondo Larry Fink, gran capo del punti principali dell’agenda programmatica fondo Black Rock che ha masse gestite per economica e finanziaoltre 1,25 trilioni di SECONDO LARRY FLYNT (BLACKROCK) ria. «Fortunatamente dollari, «la società PER PROSPERARE LA PERFORMANCE per tutto l’ecosistema, chiede a gran voce che FINANZIARIA NON È SUFFICIENTE: oggi questo asset sta le aziende, siano esse SERVE ANCHE UNO SCOPO SOCIALE diventando sempre pubbliche o private, più importante, anche se permangono signiabbiano uno scopo sociale. Per prosperare ficative differenze tra piccole e grandi aziennel tempo, la performance finanziaria non de. Essere sostenibile vuol dire declinare è sufficiente, ogni azienda deve dimostrare nel proprio business l’utilizzo ottimale delle di aver fornito un contributo positivo alla proprie risorse. È un modo forzatamente resocietà, a beneficio di tutti i suoi portatori sponsabile di stare sul mercato, in maniera di interesse: azionisti, dipendenti, clienti e responsabile, ma anche profittevole. E noi, comunità di riferimento». D’altronde, anche come Accenture, abbiamo un’intera divisione per quanto riguarda la finanza l’interesse ver-
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so questo tipo di tematiche sta crescendo in modo moderato ma costante. Secondo un sondaggio condotto dal Forum per la Finanza Sostenibile e da Doxa, il 40% degli intervistati considera gli aspetti di sostenibilità molto importanti nel settore finanziario. Inoltre, quasi il 60% del campione ritiene che gli elementi sociali, ambientali e di governance producono un incremento dei profitti. Secondo uno studio condotto da Assogestioni, il 24% degli Etf e il 15% dei fondi comuni sono “sostenibili”. Il nostro paese, però, rimane ancora guardingo, anche se qualche piccolo segnale di risveglio inizia a farsi vedere. Per provare a “smuovere le coscienze”, l’AmCham (American Chamber of Commerce in Italy) ha avviato già da sette anni un Comitato Sostenibilità che vede alla guida proprio Fabio Benasso. Le aziende promotrici del comitato sono dodici, in rappresentanza dei player più importanti dell’intero tessuto produttivo italiano. Il Comitato Sostenibilità di AmCham ha realizzato una call per startup innovative in grado di portare soluzioni e idee efficaci per l’economia circolare. A fine novembre, a Milano, sono state presentate le dodici finaliste e la vincitrice, ovvero quella con il più alto potenziale di innovazione: si tratta della start up Glass to Power, a cui verrà data la possibilità di incontrare una grande azienda, creando un duplice beneficio: da un lato, l’opportunità per le piccole realtà di crescere, e dall’altro, la
GLASS TO POWER
Glass to Power è uno spin-off dell'Università Bicocca, che ha sviluppato una nuova tecnologia - chiamata LSC, Luminescent Solar Concentrator - in grado
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IL CLOUD PUÒ OFFRIRE MOLTO ALLE PICCOLE E MEDIE AZIENDE MA SERVONO IMPRENDITORI ILLUMINATI possibilità per le grandi aziende di fare innovazione in modo concreto. «Questa iniziativa – prosegue Benasso – ha senso solo se crea un percorso virtuoso per le piccole e le grandi aziende, se si creano le condizioni per irrobustire le startup e per consentire ai colossi di sperimentare nuove soluzioni. Bisogna andare oltre le attività di pura CSR, perché la circolarità è un fattore di differenziazione strategica». Un altro tema molto caro al mercato – e quindi ad Accenture, che guida i propri clienti in percorsi che consentano una crescita e una ottimizzazione del business – è quello della reputazione. «È vero che c’è un beneficio per la collettività – continua l’amministratore delegato della società di consulenza – ma è prima di tutto il mercato a chiedere maggiore responsabilità, maggiore attenzione sui temi
di recuperare l’energia solare attraverso le finestre. Dei nanocristalli inseriti in film o nel plexiglass convertono la luce solare in raggi infrarossi, che vengono
riflessi sul bordo della finestra. Qui, delle celle fotovoltaiche riescono a convertire con alta efficienza i fotoni infrarossi in corrente elettrica.
come gli imballaggi, il trasporto o il riciclo». Infine, da Benasso arriva un suggerimento all’attuale esecutivo per proseguire – e magari migliorare – il piano Industria e Impresa 4.0 elaborato da Carlo Calenda e dal governo di cui faceva parte. «Questo intervento governativo – conclude – è stata un’iniziativa lodevole e illuminata. Io però non credo che il potenziale sia stato pienamente colto, per ora le aziende hanno investito molto sulla parte “hard”, con il rinnovamento del parco macchine per far sì che le aziende potessero fare un salto tecnologico significativo, ma non su quello delle competenze. Il piano Calenda era strutturato per generare un miglioramento anche della formazione delle risorse umane. Gli stessi Innovation Hub e i Competence Center, strategici per Impresa 4.0, sono partiti con notevole ritardo e solo ora si stanno iniziando a muovere i primi passi. Sono ancora una volta le grandi aziende a “guidare le danze”, mentre i piccoli fanno fatica in assenza di piattaforme comuni. Il cloud, da questo punto di vista, può offrire molto perché permette di uscire dalla logica degli asset proprietari e abbracciare una filosofia fatta di condivisione e di software as a service. Ma servono imprenditori illuminati per fare ciò».
IL NUOVO CHE AVANZA STARTUP-TELLING
VENDERE ONLINE È FACILE SE SAI COME FARLO
ILARIA TIEZZI, AD DI BRANDON
La startup Brandon guida le imprese dai cataloghi al post-vendita Una piattaforma di vendita online che offre alle pmi un servizio di gestione di tutto il processo di vendita e post-vendita online: dalla digitalizzazione dei cataloghi alla descrizione in chiave SEO dei prodotti, dalla definizione della strategia di vendita online alla logistica, dal re- pricing automatico alla gestione dei feed e all’analisi dei big data, dal customer care alla gestione dei resi e del post vendita. È Brandon, l’ex startup ormai sc aleup creata nel 2012 da Paola Marzario, interamente dedicata
allo sviluppo delle vendite online nei settori fashion, sport, home & living e beauty. Brandon Group prevede di chiudere l’esercizio 2018 con un fatturato di circa 10 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto ai 4,9 milioni di euro registrati nel 2017. E dopo avere chiuso un round da 3 milioni di euro, rafforza l’executive team e punta su crescita e internazionalizzazione con la nomina di un nuovo CEO, Ilaria Tiezzi, giovane ma dalla consolidata esperienza in grandi gruppi italiani e internazionali.
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L’ASSICURAZIONE DIVENTA DIGITALE, ON DEMAND E PAY PER USE CON YOLO Grazie a un nuovo round di finanziamento, per un totale di 5 milioni, l’azienda potrà consolidarsi dal punto di vista industriale
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Siete alla ricerca di un player insurtech che svolge attività di intermediazione assicurativa esclusivamente in modalità digitale, enabler tecnologico dei maggiori gruppi assicurativi e bancari? Ce n’è uno che ha una caratteristica particolare. Si chiama Yolo, fondato da Simone Ranucci Brandimarte e Gianluca De Cobelli nel 2017, e si rivolge al consumatore digitale con un’offerta di polizze on demand che consentono di accedere a un nuovo modello di digital bancassurance e a un’offerta ad hoc che risponde ai suoi bisogni. Tramite l’app dedicata è possibile sottoscrivere prodotti instant e pay per use su base giornaliera
o mensile: dalla copertura viaggi, alla protezione volo e del proprio smartphone e coperture per attività sportive. Si tratta di potenzialità che non sono affatto passate inosservate, tanto che addirittura il Gruppo Intesa Sanpaolo ha voluto entrare nel capitale di Yolo. L’operazione è stata realizzata attraverso Neva Finventures, il Corporate Venture Capital che fa capo a Intesa Sanpaolo Innovation Center e che, appunto, investe in società fintech e in startup che intendono entrare in nuovi mercati e settori chiave quali la circular economy e data- driven economy.
AUMENTO DI CAPITALE PER MARTHA’S COTTAGE
I QUATTRO FONDATORI DI MARTHA’S COTTAGE
L’azienda siciliana leader nell’e-commerce per il matrimonio spicca il volo Un aumento di capitale per un importo complessivo di 520 mila euro, grazie a una campagna di equity crowdfunding e al successivo contributo di altri investitori privati. Lo ha realizzato Martha’s Cottage, l’e-commerce per il matrimonio leader in Italia e in Europa, fondata alla fine del 2013 da Salvatore Cobuzio, Simona Canto, Laura Bevelacqua e Tiziana Mendolia, che è riuscita a raggiungere una quota di mercato di oltre il 20% in Italia nella vendita di accessori e oggettistica per il matrimonio. Nel 2016 ha avviato
l’espansione internazionale e dal 2017 ha iniziato ad esportare il matrimonio 2.0 in tutta Europa: alla fine del 2018 circa il 20% del fatturato di Martha’s Cottage è stato realizzato in Francia, Spagna e Germania. In particolare, la startup, in meno di tre mesi, ha raccolto 430.000 euro su Mamacrowd, raggiungendo il 215% dell’obiettivo iniziale e ha attirato l’interesse di molti investitori privati che hanno aderito al funding dopo il termine della campagna, con un ulteriore investimento di 90mila euro.
GIANLUCA DE COBELLI CEO DI YOLO
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— Let’s write the future della qualità della vita nelle città digitali.
ABB favorisce lo sviluppo delle città intelligenti grazie a tecnologie pionieristiche per un futuro sostenibile. Città e imprese connesse digitalmente ad ABB Ability™, insieme alla rapida evoluzione della mobilità elettrica, pongono le basi per la qualità della vita del nostro futuro. www.abb.it
ENERGIA
WORKSHOP CAMBIAMENTI DA CAVALCARE Nel prossimo decennio il settore dell’energia sosterrà investimenti per una cifra monstre: 96 miliardi di euro, secondo Pwc. Mai come in questo periodo il mercato è stato in fermento, tra nuovi operatori, consolidamento dei mercati di riferimento, liberalizzioni e obblighi, come la diagnosi energetica, che portano nuove opportunità alle imprese italiane. Purché i manager siano attenti al cambiamento in corso e lo sappiano cavalcare.
121 ENERGY MANAGEMENT ECCO IL SERVIZIO DI ALENS CHE DÀ “LA CARICA” ALL’IMPRESA
LA SFIDA DEL MERCATO LIBERO SI GIOCA ANCHE OLTRE CONFINE Le multiutility consolidano le proprie posizioni con acquisizioni mirate sul territorio di riferimento. Ma c’è chi va oltre, espandendo il business dell’energia in UK, come ha fatto Green Network. Nonostante la Brexit di Marco Scotti
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ono anni di grandissimi cambiamencon un significativo – e ovvio – impatto sul pil e ti per il mercato dell’energia. Da una sull’occupazione. La somma, che verrà impieparte, il servizio di maggior tutela gata entro il 2030, servirà ad ammodernare che – seppur in ritardo rispetto alla tabella di le infrastrutture energetiche, incrementando marcia iniziale – verrà pensionato dal luglio progressivamente il peso delle fonti rinnovabidel 2020, costringenli, in particolare eolico do gli utenti a occu- IL GENERAL MANAGER PIETRO DI MARIA: e solare. parsi per la prima «L’Italia ce la mette tutta per complicarsi In questo nuovo scevolta di selezionare la vita. Basti pensare allo smantellamento nario competitivo, è tariffe e addentrarsi del servizio di maggior tutela: i tempi naturale che operatori davvero in un mercato si dilatano e le modalità rimangono incerte» diversi da quelli tradicompetitivo e pieno di zionali stiano inizianplayer, sulla falsariga di quello delle telecomudo a “far sentire la propria voce”, sia nel mercanicazioni. Dall’altro, secondo uno studio Pwc to domestico, sia in quello estero. Uno di questi elaborato per Confindustria Energia, nei prosè Green Network, azienda nata per effettuare simi dieci anni il mercato energetico nostrano trading di energia nel 2003 e oggi quarto opesosterrà investimenti per 96 miliardi di euro, ratore in Italia tra gas ed energia elettrica con
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WORKSHOP ENERGIA Pietro Di Maria, general manager UK di Green Network
un fatturato intorno ai 2 miliardi di euro. Green Network sta crescendo molto anche grazie all’utilizzo di canali digitalizzati. «Prevediamo – spiega Pietro Di Maria, general manager UK di Green Network – di crescere in modo inorganico, ovvero tramite acquisizioni, di un 50% nei prossimi due anni. Certo, l’Italia ce la sta mettendo tutta per complicarsi la vita: basti pensare al servizio di maggior tutela. Che doveva essere smantellato, e lo sarà, ma i tempi si stanno dilatando. Rimangono incerte anche consolidato la propria posizione fino a iniziare le modalità con cui questo procedimento verrà l’attività di vendita nel Regno Unito, paese stoportato a termine. Noi comunque non ci facciaricamente “ostile” ai player italiani. «Siamo gli mo spaventare: oggi siamo il quarto operatore unici operatori indipendenti in questo paese – italiano se si considerano le componenti gas spiega Pietro Di Maria – anche se esistono altri ed energia elettrica. Per arrivare al terzo posto casi di incumbent di altri paesi europei come nella produzione di energia, oggi occupato da Germania e Francia. Il nostro “sbarco” in UK è Eni, non manca molto: il “cane a sei zampe” è avvenuto quasi per caso. Inizialmente, infatti, davanti a noi di 1,5 Tw/h di produzione, una siamo venuti qui nel 2013 per le nostre attidistanza colmabile e che vogliamo colmare nel vità di trading che svolgevamo con soddisfapiù breve tempo possibile. Molto diverso invezione già da dieci anni. Effettivamente, però, il ce il discorso sul gas: se si prende solo quella mercato davvero interessante era quello della componente, per riuvendita e, dopo aver scire a scalare posizio- IL GENERAL MANAGER PIETRO DI MARIA: effettuato uno studio ni c’è ancora un abisso «Il nostro sbarco in UK è avvenuto per caso: di fattibilità, abbiamo nel 2013 abbiamo iniziato col trading e poi che difficilmente potrà deciso di lanciarci alla ci siamo lanciati, complice anche essere colmato in tem- la scarsa bucrazia inglese» fine del 2016, compi rapidi». A meno che plice anche la grande Green Network non compia un ulteriore misemplicità di realizzazione dell’impresa grazie racolo. Cosa che non sarebbe da escludere. La alla scarsa burocrazia inglese». ricetta perfetta, d’altronde, è già stata trovata Dici impresa italiana nel Regno Unito e subito ed è comune: da un lato, proseguire con acquici si immagina qualche difficoltà di troppo, un sizioni di operatori più piccoli per consolidare clima ostile con i venti della Brexit che iniziala propria dimensione e aumentare la massa vano a soffiare. In realtà, secondo Di Maria, critica. Dall’altro, puntare forte su quella che c’è stata una grande accettazione da parte del viene definita “customer experience”, ovvero i regolatore, che ha aperto le porte fin da subiservizi offerti alla clientela. Il digitale, che nel to. L’unica differenza “negativa” con l’Italia è mondo della produzione di energia è ancora che la licenza che viene rilasciata è graduale, poco utilizzato, può diventare il grimaldello non totale per la vendita. Ogni step successivo per scalare ulteriori posizioni e permettere a necessita di una fase di auditing in cui il regoGreen Network di ridurre il gap che la separa latore controlla la conformità dell’azienda alle dai competitor. varie esigenze. «Questo – spiega il general maMa la crescita passa anche per l’espansione del nager di Green Network Uk – perché negli anni business nei mercati esteri: Green Network ha precedenti l’eccessiva liberalizzazione aveva
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PREVEDIAMO UNA CRESCITA DEL 50% IN UN BIENNIO portato all’ingresso nel mercato britannico di soggetti con pochi scrupoli che erano finiti a gambe all’aria rapidamente senza godere delle adeguate coperture per svolgere la propria attività». Decisamente però non è stato il caso di Green Network, che in soli 12 mesi è riuscita a raggiungere la ragguardevole cifra di 200mila punti di misura serviti. Alla fine dello scorso anno, poi, i clienti erano arrivati a 450mila clienti tra gas ed energia elettrica, con un fatturato in crescita del 100% all’anno che ha raggiunto i 350 milioni di euro. Sullo sfondo, però, una data: il 29 marzo 2019, quando l’Inghilterra dovrebbe procedere – ma i condizionali sono sempre d’obbligo – all’uscita dall’Unione Europea di fatto costringendo le aziende straniere a cambiare il proprio modello di business. «Dal nostro punto di vista – ci spiega Di Maria – quello che ci preoccupa è il blocco del flusso migratorio, perché tocca da vicino noi e le persone che lavorano in Green Network Uk. E siamo anche molto colpiti dalla volatilità della sterlina e del tasso di cambio, perché questo modifica radicalmente le nostre previsioni di business. Per il resto, invece, non cambia granché: in Uk continuerà a fare freddo con o senza Brexit e noi resteremo sicuramente a Londra. Il resto, si vedrà». L’incremento enorme del peso di Green Network Uk sui conti della società ha convinto l’azienda a guardare ad altre possibili espansioni europee, soprattutto in Francia, dove sono già state richieste le licenze per poter operare nel mercato energetico.
individuare aree energetiche critiche e di agire su di esse tramite miglioramento dei comportamenti, della manutenzione o grazie all’inserimento di tecnologie innovative”. In particolare l’Energy Management di Alens si struttura in diverse attività. Si parte dalla scelta dei migliori contratti di acquisto dell’energia e controllo delle fatture dei fornitori, per poi passare all’individuazione di interventi di risparmio energetico, all’analisi dei dati ottenuti dai sistemi di misura fino all’ottenimento degli incentivi e alla scelta delle migliori tecnologie disponibili e delle migliori logiche di funzionamento degli impianti esistentAi. Tutto questo con l’obiettivo di ottimizzare i costi/benefici per l’azienda in campo energetico. “Le azienI FONDATORI DI ALENS PAOLO GUARDAMAGNA E DAVIDE MARIANI de si ritrovano oggi con dei sistemi di misura implementati per ottemperare all’obbligo di diagnosi energetica del 2019 – prosegue Guardamagna - ma rischiano di aver investito su un qualcosa che non sarà mai sfruttato appieno. L’Energy Management consente di ripagarsi l’investimento andando ad individuare dei saLa gestione ottimizzata dei consumi consente risparmi che incidono ving grazie all’elaborazione dei dati acquisiti sulla redditività aziendale. Come hanno fatto Fiorucci, Pilkington dal campo”. Da qui la creazione di un database e Ferrero, che si sono affidati ad Alens e al suo team di specialisti storico delle grandezze misurate, aggiornate in modo dinamico, l’esecuzione di analisi, anche di Giancarlo Salemi complesse, in tempi rapidi e la presentazione estire in modo razionale e consapevo- più di 20 ingegneri esperti in materia e diversi dei risultati tramite piattaforma user-friendly. le l’energia della propria azienda. Un EGE, che ha messo a punto un servizio di EnerSta crescendo Alens, da Pavia dove tutto è nato procedimento che prevede l’analisi, gy Management completo dove l’azienda viene molti anni fa grazie ad una scommessa dei due il monitoraggio e l’ottimizzazione della risorsa affiancata passo dopo passo nella gestione di soci Davide Mariani e Paolo Guardamagna che energia nel percorso che da una conoscenza tutti gli aspetti legati al consumo energetico. hanno fatto della loro indipendenza la loro priprofonda dei vettori energetici di un’impresa Basta guardare ai clienti che in questi anni si ma qualità, adesso arriva anche l’apertura della conduce ad una corretta amministrazione dei sono affidati alla consede di Roma, a piazconsumi e al conseguente raggiungimento di sulenza di Alens – da zale don Luigi Sturzo PAOLO GUARDAMAGNA: benefici economici ed ambientali. Per farlo Fiorucci a Pilkington all’Eur. “Ci consentirà «Un’accorta visione e politica occorre affidarsi ad un Sistema di Energy Ma- e Ferrero – per capir- di utlizzo delle risorse e dei consumi di essere più vicini alle nagement qualificato che parta da una diagno- ne l’importanza. “La garantisce incredibili risultati che portano Istituzioni – conclude si energetica, anche perché questa, nel 2019, gestione dell’ener- a risparmi energetici ed economici» l’ingegnere Guarda- come succede ogni quattro anni - è obbliga- gia ha ormai assunto magna - in particolare toria. Ma non bisogna temere i costi anzi, affi- un’importanza fondamentale – spiega uno dei al Gestore dei Servizi Energetici e al Ministero dandosi ad un Energy Management di elevata soci fondatori, l’ingegnere Paolo Guardamagna dello Sviluppo Economico, ma soprattutto di qualità si possono ottenere risparmi significa- - Un’accorta visione e politica di utilizzo delle sviluppare l’Energy Management nel settore tivi fino al 5% dei consumi totali del sito. Un risorse e dei consumi garantisce infatti incredidel terziario che è tradizionalmente molto preservizio che viene offerto da ALENS, leader nel bili risultati che portano a risparmi energetici sente nella Capitale e che va dagli alberghi ai campo della consulenza energetica che vanta e soprattutto economici. Il servizio consente di centri direzionali”.
Con l’Energy Management l’azienda si dà la giusta carica
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MERCATO
DOMANDE &OFFERTE 125 RISPARMIO QUANDO IL RAPPORTO CONTA PIÙ DELLA PERFORMANCE
SOLO TRUCCHI, NIENTE INGANNI ALL'ADUNATA DELLA COSMETICA Al Cosmoprof di Bologna dal 14 al 18 marzo 260mila operatori provenienti da 170 Paesi. Una filiera che per l'Italia vale 15,7 miliardi di euro. In Europa il nostro paese vale almeno il 65% dei prodotti make-up di Chiara Volonté
126 MEDICINA LEGALE IL DANNO BIOLOGICO MUOVE 7 MILIARDI DI EURO L'ANNO
128 CA' ZAMPA I CENTRI BENESSERE PER GLI AMICI A QUATTRO ZAMPE
129 ENTI LOCALI COMUNI IN DISSESTO FINANZIARIO ITALIA DIVISA A METÀ
130 SOSTENIBILITÀ/1 L'OLIO MINERALE USATO DIVENTA UNA RISORSA PER LE PMI
131 SOSTENIBILITÀ/2 ABOCA DIVENTA UN'AZIENDA BENEFIT
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orse non lo immaginavate, ma più rato della cosmetica italiana è cresciuto del del 65% dei prodotti make-up in 14% con l'Ebit margin nel 2017 all'8,8%, avEuropa è creato nel nostro paese. vicinandosi agli 11,6 miliardi di euro. E per il «L’industria italiana rappresenta un’eccel2019 le attese sono ancora di una ulteriore lenza nel mondo - spiega sa Economy Enricrescita (+2,6%). Trainanti i mercati esteri co Zannini, direttore generale Bologna Fiere con l'export salito del 30% circa. In pochi Cosmoprof - e il dato anni la cosmetica PER MANTENERE L'ECCELLENZA ben rappresenta italiana ha portato il IL SETTORE INVESTE IN RICERCA l’elevato livello di proprio avanzo comE SVILUPPO IL 7% DEL FATTURATO tecnologia e innovamerciale sopra i 2,5 CONTRO UNA MEDIA NAZIONALE DEL 3% zione che le nostre miliardi di euro, con aziende hanno saputo raggiungere. Ciò noun aumento significativo considerato che si nostante, il mondo sta cambiando a ritmi partiva da un saldo lievemente negativo nelvertiginosi, e le nuove tecnologie da un lato la prima meta' degli anni Novanta. Nel 2017 stanno influenzando le esigenze dei consul'Ebit margin per le imprese di produzione matori, dall’altro facilitano l’ingresso di nuodi cosmetici e' stato pari all'8,8%, 2,7 punti vi player e di nuovi mercati». percentuali in piu' rispetto al manifatturiero Nel triennio 2016-18, secondo la Direzione italiano. «Ma per mantenere il livello di ecStudi e Ricerche di Intesa Sanpaolo., il fattucellenza di oggi, l’industria cosmetica italia-
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DOMANDE&OFFERTE
Enrico Zannini, direttore generale Bologna Fiere Cosmoprof
na continua ad investire in ricerca e sviluppo il 7% del fatturato, contro una media nazionale che si aggira intorno al 3%, per poter rispondere alle mutevoli condizioni del mercato», aggiunge Zannini. A fare il punto del settore, fra le tradizioni del passato e le avanguardie del prossimo futuro, il Cosmoprof Worldwide Bologna 2019, la fiera dedicata alla filiera dell’industria cosmetica e della bellezza professionale, che si è rapidamente imposta come leader mondiale, in scena dal 14 al 18 marzo presso lo spazio espositivo del capoluogo dell’Emilia Romagna. I numeri della manifestazione B2B più importante del settore beauty sono sempre in costante fonti rinnovabili, al riciclo e al consumo increscita, e il trend positivo si registra antelligente. «Il filo conduttore di tutta la mache per questa cinquantaduesima edizione: nifestazione è la sostenibilità ambientale «Quest’anno gli espositori presenti a Bologna - prosegue Zannini - Cosmoprof è sempre sono oltre 2.900, circa 100 in più rispetto allo stato attento agli sviluppi di un’industria coscorso anno, e attendiamo 260.000 operatori smetica sensibile al mondo green con diverprofessionali provenienti da oltre 170 paesi», se aree riservate alle aziende più impegnate continua il direttore generale della manifeda questo punto di vista. La situazione amstazione espositiva, Enrico Zannini. «L’andabientale di oggi ci chiede di fare il possibile mento positivo delle vendite degli spazi crea i per eliminare prodotti di scarto e per utilizpresupposti per una crescita in termini di fatzare al meglio le risorse disponibili anche turato rispetto allo scorso anno, che già aveper la cura della persona. L’allestimento di va registrato un +6% NO.CO. - No Comprorispetto al 2017, dato IL FILO CONDUTTORE DI COSMOPROF 2019 mise - mostrerà come È LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE: che avvalora il grande sia possibile creare DALLE FORMULAZIONI WATER SAFE riscontro della maniun prodotto utilizALL'IMPIEGO DI MATERIALI DI RICICLO festazione. In particozando formulazioni lare, stanno migliorando i settori professiowater safe e con materiali di riciclo. Non nali Hair, Estetica & Spa - che ha aumentato mancheranno poi gli approfondimenti sulle del 20% la sua area espositiva - e Cosmopack, soluzioni industriali sostenibili e sui trend di il più importante salone internazionale dedimercato, frutto di una sempre maggiore concato alla filiera produttiva della cosmetica in sapevolezza ambientale del consumatore». tutte le sue componenti: materie prime ed inI numeri di Cosmoprof parlano da soli: nel gredienti, produzione conto terzi, packaging, 2018 ha fatto registrare un fatturato comapplicatori, macchinari, automazione e soluplessivo pari a 75 milioni di euro, 45 dei zioni full service». quali provenienti dagli eventi internazionali. Un’altra interessante novità è data dall’ampio «L’importante crescita di Cosmoprof Worspazio dedicato da Cosmoprof all’universo ldwide - afferma Zannini - è stata possibile green, in un mondo sempre più attento alle perché siamo una realtà in espansione, che
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scommette fortemente sullo sviluppo del network anche all’estero: dopo Bologna, Las Vegas, Mumbai e Hong Kong l’anno prossimo debutteremo in Sud America, grazie alla partnership con Beauty Fair in Brasile, che si affianca alla nostra attività in Colombia dove collaboriamo con Belleza y Salud. Questa strategia ci permette di porci come intermediari per l’ingresso nei mercati sudamericani delle aziende europee, asiatiche e del Nord America già parte della nostra piattaforma. Senza dimenticare che recentemente abbiamo acquisito il gruppo tedesco Health & Beauty, media company operativa nel settore della cosmesi con 30 riviste specializzate e una manifestazione fieristica, Beauty Forum, organizzata in 14 paesi». L'operazione, siglata lo scorso ottobre, ha permesso a Cosmoprof Worldwide di ampliare la propria sfera d’influenza ai mercati dell’estetica del centro Europa e di estendere il proprio business al campo dell’editoria, portando al network un guadagno potenziale di circa 8 milioni di euro. E gli orizzonti sono sempre più ampi, perché la piattaforma ha organizzato road show in tutto il mondo, dalla Corea del Sud all’Etiopia, passando per Vietnam e Russia, per un totale di 370.000 professionisti e 7.000 aziende coinvolti.
Quando il rapporto conta più della performance Se è presente nei momenti cruciali della vita del cliente, il consulente finanziario diventa “uno di famiglia”. È questo uno dei punti di forza di Renato De Rosa, ormai da 21 anni in Mediolanum di Marina Marinetti
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e ci accompagna quando compriamo vicino al cliente nei momenti importanti della casa, se non fugge davanti alla stipula sua vita, dal matrimonio dei figli alla pianificadi un mutuo (e anzi ci indirizza verso zione successoria», sottolinea Renato De Rosa. il finanziamento migliore), se ci supporta nei La fiducia è un bene prezioso, e il ritorno momenti difficili, come un incidente o complessull’investimento è assicurato. «Quando parlo si come un passaggio generazionale in azienda, col cliente devo essere il più semplice possibile: se è al nostro fianco nelle decisioni cruciali per non uso un gergo per iniziati e se gli faccio delle il nostro futuro, non ci sono dubbi: lui è “quello domande lui deve essere in grado di rispondergiusto”. Perché con il consulente finanziario la mi. Perché se il cliente non capisce quello che relazione deve contare più della performance. gli stai dicendo, è naturale che ti dica “ci penso” «Io non sono il gestore del patrimonio: sono e poi si ritiri». il gestore delle esigenze delle persone e delle Renato De Rosa ha “sposato” la filosofia di Meloro famiglie». Renato De Rosa, classe 1962, diolanum 21 anni fa (portandosi dietro anche novarese con uno di quei 60/60 in Ragioneria molti clienti che piuttosto di cambiare consuche 36 anni fa ti portavano dritto filato in banlente hanno deciso di cambiare banca) «e da alca, appartiene decisamente alla categoria del lora non ho mai cambiato casacca, nonostante consulente finanziai richiami di tante sireIL RAPPORTO FIDUCIARIO COSTRUITO rio che è anche “uno ne». Il suo è un portafoCOL CLIENTE COL PASSARE DEGLI ANNI di famiglia”. «Molti mi glio di quelli “pesanti”, È UN PATRIMONIO CON UN “INVESTIMENTO” dicono: “posso dirti sopra ai 110 milioni di DAL RITORNO ASSICURATO tutto perché ormai sei euro, con molti clienti di famiglia”», conferma lui. «Oltre ai soldi, mi afche lo seguono da più di trent’anni. «Mi piace il fidano anche un po’ della loro vita. La mia filotipo di lavoro che faccio e sono agevolato molto sofia è sempre stata quella di essere a fianco del dalle referenze». Che poi è il passaparola: se si cliente aiutandolo nelle sue scelte, nella sfera cerca un consulente finanziario, si preferisce privata come in quella professionale. E per me affidarsi a qualcuno già testato sul campo da è molto importante entrare in sintonia con le amici e parenti. sue esigenze: non parlo solo di un investimenDe Rosa ha partecipato a tutti i progetti di creto, della rendita rispetto a un benchmark o a un scita di Banca Mediolanum, dalla fiduciaria ai altro player, quanto della riconferma che, anmutui e ai prestiti, in una banca, peraltro, deche in un mercato negativo come è stato quello cisamente liquida: «Per me è importante poter del 2018, in cui gli unici che non hanno perso offrire ai clienti un servizio senza ricorrere a sono quelli che hanno lasciato i soldi sul conto, istituti terzi», sottolinea: «I flussi arrivano se la differenza la fa il consulente, proprio grazie hai una copertura di servizi completa. Gli inveal rapporto fiduciario che è riuscito a costruire stimenti sono solo una conseguenza». nel tempo. Il consulente finanziario dev’essere La sfida prossima ventura? La protezione. «È
RENATO DE ROSA
IL “CUSCINETTO” È UN RISCHIO: LA PROSSIMA SFIDA È LA PROTEZIONE un tema delicato. Noi italiani siamo tendenzialmente scoperti e in casi di un evento funesto come un infortunio o un decesso, o anche un problema lavorativo che magari ci impedisca di pagare il mutuo, rischiamo di vanificare tutti gli sforzi fatti negli anni, risparmiando perché “non si sa mai”». Eppure la protezione è una forma di risparmio e un investimento al tempo stesso: «Mettere via dei soldi per avere un cuscinetto potrebbe non essere sufficiente a coprire le necessità della famiglia in caso di mancanza di reddito. Trasferire il rischio dell’evento su un altro soggetto, invece, da un lato ci protegge meglio, dall’altro ci consente di liberare risorse utili per un investimento. Nei paesi anglosassoni invece prima ti assicuri e solo dopo inizi a parlare di investimenti. Ma la mentalità inizia a cambiare anche in Italia».
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DOMANDE&OFFERTE
Perché il danno biologico "fattura" 7 miliardi l'anno Dal 2013 i conti tecnici delle assicurazioni sono passati in positivo. È solo uno degli effetti delle pressioni esercitate sulla categoria dei medici legali. Ne parla a Economy Franco Marozzi, portavoce di Simla di Marina Marinetti L’ANTRO DEL MEDICO LEGALE È UNA SORTA DI WUNDERKAMMER IN CUI UNA GIBSON EXPLORER KORINA DEL ’58 SI ESIBISCE IN UN ASSOLO sotto al gagliardetto dell’Inter, alle pareti, anziché i soliti diplomi, la gigantografia di Humphrey Bogart fa coppia con i fratelli Kennedy e i Rolling Stones strizzano l’occhio alla locandina del felliniano 8 ½, dove sullo scaffale i soldatini napoleonici marciano accanto ai guerrieri di StarWars, per l’occasione in versione scacchi. Eppure il personaggio, in attesa di compiere i suoi primi sessant’anni, è serio, serissimo. Il fatto è che in qualche modo deve compensare: la patologia forense non è cosa leggera. Il dottor (per una volta il titolo è speso propriamente) Franco Marozzi ha passato i primi 15 anni della sua carriera all’Istituto di medicina legale di Milano, poi è passato alle assicurazioni e oggi lavora come perito e consulente tecnico per tribunali e per le parti che lo richiedono. Nella sua testa, immagini raccapriccianti. Nella sua biografia, le autopsie di due suicidi eccellenti di Tangentopoli: Raul Gardini e Gabriele Cagliari, nel 1993. Dopo un quarto di secolo Franco Marozzi si ritrova segretario di Amla, l’Associazione medico legale ambrosiana, e nel consiglio direttivo di Simla, la Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni. A parlare di Pil: «I medici legali valutano qualsiasi forma del danno nell’ambi-
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to della responsabilità civile e si occupano di tutte le questioni di indennizzo sia in ambito privato che pubblico. Pur essendo al massimo 3-4mila specialisti in Italia, abbiamo in mano una parte del Pil, circa 7 miliardi di euro all’anno, ovvero i danni alla persona nell’ambito della responsabilità civile auto. Con questi soldi Di Maio ci potrebbe fare il reddito di cittadinanza», scherza il Franco Marozzi. Ma coi risarcimenti danni c’è poco da scherzare. Comportano problemi etici e professionali molto rilevanti. E in questi ultimi tempi anche dibattiti interessanti, per esempio su come quantificare il danno morale e la sofferenza.
E il danno biologico? Quello ha una storia molto milanese: è stata un’invenzione straordinaria del capostipite della medicina legale civilistica, Antonio Cazzaniga, che negli anni 20 e 30 cercò di esulare il danno dal concetto di produttività. In che senso? Melchiorre Gioia diceva che se il ciabattino perdeva una mano avrebbe prodotto la metà delle scarpe quindi guadagnato la metà. In
FRANCO MAROZZI, SEGRETARIO DI AMLA E PORTAVOCE DI SIMLA
Germania è ancora così. Cazzaniga, invece, sosteneva che anche le cicatrici vanno pagate, anche se non producono reddito.
Il ruolo del medico legale è cruciale. Senza medici legali non si può liquidare il danno. Siamo noi che da un punto di vista tecnico stabiliamo la correlazione causale tra sinistro e menomazione che ne consegue e poi ne valutiamo le conseguenze economiche. Mica facile. Il danno valutabile nasce nell’ambito dell’indennizzo di natura lavorativa e professionale. Anche se le prime tabellazioni relative agli infortuni sul lavoro risalgono al 1898, si comincia dall'Inail, che nasce negli anni ‘30, con la prima tabellazione, riferita a perdite artuali o limitazioni funzionali importanti. Nel ‘65 con un decreto legislativo venivano elencate le malattie professionali e le menomazioni, soprattutto connesse alle perdite artuali. Che significa? Se un arto inferiore vale il 60%, allora il ginocchio in anchilosi varrà il 25%. Un tot al chilo. Esattamente. Ma mentre prima il proble-
ma era “solo” la capacità lavorativa, solo dal 2000 l’Inail indennizza il danno biologico, che venne dichiarato costituzionalmente risarcibile solo dopo una lunga diatriba di tipo giuridico: con la sentenza 184 del 1986 la Corte Costituzionale decise che il danno biologico va risarcito in quanto danno alla salute, costituzionalmente garantita dall’art. 32 della Costituzione. Che poi è il principio su cui si fonda il Servizio sanitario nazionale. L’Inail ci ha messo un sacco di tempo ad adeguarsi. E si è messa nello stesso mercato delle compagnie assicurative pagando gli infortuni in itinere, generalmente gli incidenti del traffico. Con una differenza: la possibilità di revisione a distanza di mesi, mentre il risarcimento danno in realtà sarebbe a botta secca. Qual è la quotazione attuale di una vita umana? Si parte dai 165mila euro e si arriva ai 360mila, secondo le Tabelle del Tribunale di Milano per la perdita di un parente stretto (figlio o marito). E per una frattura? Dipende. Nell’ambito civilistico viaggiamo con due regimi: quello delle lesioni micro-
permanenti (e lo decidiamo noi se è micro o macro) dall’1 al 9%. I valori monetari sono stabiliti per legge. Per le menomazioni superiori al 9% il punto di riferimento nazionale, ma non obbligatorio per legge, sono le tabelle dell’osservatorio del Tribunale civile di Milano che dovrebbe essere la base di una nuova regolamentazione della problematica di tipo legislativo a cui non si è ancora arrivati. Per le tabelle di invalidità i passaggi sono stati deduttivi da un primo schema sulla capacità valutativa generica. Oggi noi medici legali - e il dottor Marozzi piazza sul tavolo un tomo di 702 pagine intitolato “Linee guida per la valutazione del danno alla persona in ambito civilistico”, NdR - ci fondiamo su questo. Siamo una società scientifica. Con un forte impatto sulle aziende. Anche quelle ospedaliere. Che sono le più grandi imprese in Italia, con migliaia di dipendenti. E il problema del danno alla salute che deriva dalla responsabilità professionale medica in Italia è peculiare.
LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO HA UN RUOLO CRUCIALE NEI RAPPORTI TRA AZIENDE E LEGISLATORE. PERCHÉ MUOVE MILIARDI DI EURO OGNI ANNO
In che senso? Da un lato per la responsabilità civile auto esiste l’obbligatorietà, che per la responsabilità professionale medica è solo teorica, nonostante la legge 24 del 2017 l’abbia resa obbligatoria. Peccato che manchino i decreti attuativi.
Come mai? Perché la norma è assai osteggiata dalle compagnie assicurative. E tutte le grandi compagnie italiane sono uscite dalla sanità. Ormai se ne occupano solo le straniere, colossi come AmTrust o la Berkshire Hathaway. Per quanto riguarda gli errori medici l’Italia in questo momento è sottoassicurata. E le aziende sanitarie stanziano somme a bilancio per coprire i possibili risarcimenti. Ma
hanno franchigie elevatissime, di almeno 250mila euro. D’altra parte c’è l’annosa questione del colpo di frusta... Una lesione contro cui dal 2012, attraverso una legislazione estremamente restrittiva e del tutto assurda dal punto di vista clinico, si fa una guerra sfrenata, limitandone il risarcimento.
In che senso? Dal 2012 tutte le lesioni che non si possono strumentalmente accertare non possono essere risarcite. Ma il colpo di frusta non dovrebbe quasi mai essere radiografato perché il gioco non vale la candela, sotto il profilo della scientificità e dei costi.
I medici legali hanno le mani legate, insomma. Per la prima volta nella storia della medicina legale in Italia le compagnie assicurative sono intervenute pesantemente sui medici. Se guarda i dati Ania, vedrà che dopo il 2012, come per magia, i conti tecnici delle assicurazioni per la RC auto per la prima volta sono passati in positivo, dopo essere stati negativi per anni. Ma in questo paese di ladroni un po’ ce la siamo cercata. Abbiamo perso credibilità adattandoci prima al lassismo e favorendo poi una svolta di tipo repressivo. Noi, poi, siamo consulenti assicurativi e ora dobbiamo destreggiarsi tra l’etica e la questione di natura economica. Poi l’introduzione dell’indennizzo diretto ha dato il colpo di grazia, perché il fatto che la tua stessa compagnia per danni minori ti risarcisca direttamente pone in capo ai medici legali una pressione particolare. Non c’è speranza... Invece sì: una recente pronuncia dell’Ordine dei medici di Milano dice che chiunque entri in questo studio per essere valutato, anche per conto di una compagnia assicurativa, è un “paziente”, titolare del diritto alla salute costituzionalmente garantito. E tutte le pressioni di tipo valutativo nei confronti dei medici legali sono pressioni indebite.
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DOMANDE&OFFERTE
GIOVANNA SALZA
È nata la Spa per Fido che cura, educa e diverte L’idea di Giovanna Salza con il network Ca’ Zampa: aggregare in un unico luogo tutti i servizi, dalla prestazione veterinaria alla toelettatura, passando per rieducazione e vendita di parafarmaci di Riccardo Venturi
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n unico centro per tutte le esigenze degli animali domestici, dal veterinario alla toelettatura, dall’educazione al servizio a domicilio, dalla vendita di farmaci a quella di accessori. È la proposta di Ca’ Zampa, il primo gruppo di cliniche veterinarie integrate per il benessere a 360 gradi dei pet. «La nostra intuizione è stata quella di sviluppare una serie di servizi per semplificare la vita di chi ha un animale domestico» spiega la fondatrice Giovanna Salza, «se hai un cane, il più complesso da gestire, hai tanti interlocutori in altrettanti luoghi diversi: il veterinario, lo specialista per eventuali interventi, quello per la toelettatura, uno per l’educazione, e poi devi trovare una parafarmacia anche veterinaria. Noi abbiamo messo insieme tutti questi servizi in un unico luogo». Il primo Ca’ Zampa, da 500 metri quadrati oltre l’area esterna, ha aperto nel giugno dell’anno scorso alle porte di Milano, a Brugherio, presso il centro commerciale Bennet. «Abbiamo deciso di posizionarci nei centri commerciali perché sono luoghi dove la gente è abituata a andare spesso» sottolinea la fondatrice di Ca’ Zampa, «i nostri clienti combi-
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nano la spesa con il drop off dell’animale per la toelettatura o la vaccinazione, e dopo una, 3, 5 ore vengono a riprenderlo. L’esperienza dentro la clinica è diversa, spero e credo piacevole, ci abbiamo lavorato moltissimo». Il successo è stato immediato, tanto che quest’anno apriranno quattro nuovi Ca’ Zampa: tra aprile e luglio i primi due all’interno dei centri commerciali Auchan di Mestre e Città Fiera di Udine; nei
«I NOSTRI CLIENTI COMBINANO LA SPESA CON IL DROP OFF DEL LORO ANIMALE PER LA TOELETTATURA OPPURE PER LA VACCINAZIONE PERIODICA»
mesi successivi uno in Liguria e il secondo in Lombardia. «Abbiamo riscontrato un grande apprezzamento generale, e in particolare dal mondo degli anziani» rimarca Giovanna Salza, «moltissimi vivono soli con l’animale domestico e spesso si devono affidare a figli o nipoti per spostarli; d’estate sono spesso ancora più soli e meno supportati». Il team di Ca’ Zampa, d’altra parte, non ha lasciato nulla al caso: «questa intuizione imprenditoriale è stata sviluppata in tempi lunghi» sottolinea la fondatrice, «abbia-
mo lavorato per un anno studiando le migliori esperienze estere e individuando le specificità del mercato italiano: il mondo dei servizi per i nostri animali domestici è poco sviluppato, specie se raffrontato a quello di altri paesi. Gli Stati Uniti sono vent’anni avanti, ma anche altri paesi europei come la Spagna sono cresciuti tantissimo». Un’altra novità di Ca’ Zampa è quella della prevenzione applicata agli animali: «Un pilastro portante della nostra offerta sono i piani salute» mette in evidenza Salza, «una sorta di abbonamento annuale che prevede controlli, checkup, visite, in modo che il pet sia sempre sotto controllo. Siamo rimasti sorpresi dall’ottima risposta dei clienti, avevamo messo in conto tempi più lunghi perché è un cambiamento culturale: la nostra abitudine è di andare dal veterinario quando il cane o il gatto sta male, oppure alla scadenza delle vaccinazioni. Invece il 30% dei nostri ricavi viene già dai piani salute». L’idea insita nel format Ca’ Zampa è quella di restituire il veterinario al suo ruolo, sgravandolo di tutta una serie di incombenze: «In Italia c’è un numero importante di veterinari, ma prevalentemente in strutture di piccole dimensioni, in media 150 metri quadrati» osserva la fondatrice «dove il veterinario fa un po’ di tutto, accoglienza, amministrazione... I veterinari sono professionisti innamorati del loro lavoro, il che non è da tutti, ma spesso lo fanno al 50% perché si devono occupare di tutto quel che comporta avere un laboratorio»: a Ca’ Zampa invece fanno solo il loro mestiere, curare gli animali, con soddisfazione dei pazienti.
Comuni in dissesto finanziario, il Belpaese è diviso in due La banca dati curata da BFF Banking Group per il Ministero dell’Interno con Fondazione Farmafactoring e Università Ca’ Foscari mostra un quadro disomogeneo: l’82% dei Comuni in dissesto si trova nel Sud del Paese di Riccardo Venturi
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l dissesto finanziario? Guai se non quello in bonis continua a gestire i servizi. Alla ci fosse. «Il dissesto finanziario serfine tutto confluisce nel Comune riunificato». ve a gestire le crisi e a rimettere il Sono quasi 800 i Comuni italiani che dal 1989 Comune in grado di fare il proprio mestiere», a fine 2017 sono stati interessati da rilevanspiega PierGiorgio Bicci, responsabile risk ti criticità finanziarie, e hanno fatto appunto management di BFF Banking Group, leader ricorso all’istituto del dissesto oppure del rinella gestione del credito e nei servizi finanequlibrio finanziario pluriennale. L’incidenza ziari per i fornitori dei dissesti è molto della sanità e della PA, A OGGI NON ESISTE UN SISTEMA ORGANICO più alta nel meridione: DI CONTROLLI, NEPPURE SUGLI ENTI che cura la banca dati l’82% del totale delle IN SITUAZIONE DI SOFFERENZA. E I DATI online del Ministero procedure è relativo ESISTENTI SONO POCO ACCESSIBILI dell’Interno, con la a comuni del Sud. Ci sua Fondazione Famafactoring in collaborasono stati però casi, come quello del Comune zione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia: di Taranto, in cui il dissesto si è trascinato per un progetto partito nel 2016. «Con il dissesto tempi lunghissimi: «per questo è stato creato il Comune si sdoppia», continua Bicci: «quello il dissesto cosiddetto “breve” o “semplificato”, gestito da un commissario è la parte passiva, che ha caratteristiche che tendono a evitare il suo prolungarsi» aggiunge BicLa distribuzione dei Comuni in dissesto finanziario ci. A ricorrere al dissesto sono nel periodo 1989 - 2017 stati 553 comuni, circa il 7% del totale (ma in Calabria sono circa il 40%), di cui 487, pari 36 6 all’82%, al Sud; 38 l’hanno fatto 13 12 più di una volta. 12 Non solo dissesto: a fine 2012 il 12 8 9 30 governo Monti introdusse l’isti25 tuto del riequilibrio finanziario 66 pluriennale, che in casi meno gravi sostituisce il dissesto: 64 31 «In questo caso non c’è nessun 3 175 commissario, ma il Comune si impegna a redigere un piano per estinguere i debiti e riceve 210 un mutuo da parte dello Stato», 107 sottolinea il responsabile risk management di BFF Banking Group, «e a fronte di un impe-
gno di verifica semestrale da parte della Corte dei Conti ha accesso ai finanziamenti». A fine 2017 erano già 266 i Comuni ad aver fatto richiesta di riequilibrio. In particolare, 74 di loro hanno reiterato la richiesta per più di un anno, rimodulando il piano, mentre 89, circa uno su tre, hanno visto approvato dalla Corte dei Conti il piano di riequilibrio finanziario pluriennale presentato. Fin qui tutto bene. O quasi: in Italia non esiste, a oggi, un sistema organico di controlli sugli enti locali, e tanto meno su quelli in situazione di sofferenza finanziaria. «Il legislatore dovrebbe dare più forza a chi deve fare i controlli» afferma Bicci: «potrebbe essere opportuno dare potere e visibilità al collegio dei revisori dei conti. E introdurre un obbligo di trasparenza: ogni volta in cui vengono fatti dei rilievi, per cercare le carte devi fare un lavoro di scavo, non sono facilmente reperibili». Qualche novità utile, però, è stata introdotta: «Un impatto lo potranno avere le nuove norme che modificano il bilancio degli enti. Per esempio non sarà più possibile mettere tra gli attivi le multe non incassate. Lo potrà fare solo chi è in grado di dimostrare di poterle davvero incassare. Sono le classiche poste che hanno permesso a diversi Comuni di posticipare l’evidenza delle situazioni di sofferenza». In questo quadro complesso non mancano gli esempi eccellenti, anche al Sud. Come quello del Comune di Pollica nel salernitano, che ha sviluppato l’accertamento e la riscossione dei tributi con un metodo collaborativo.
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DOMANDE&OFFERTE
IL PRESIDENTE DI CONOU PAOLO TOMASI (A SINISTRA) E CLAUDIO ANDREA GEMME (CONFINDUSTRIA)
L’olio minerale usato? Una risorsa per le imprese Confindustria e Conou hanno dato il via a un roadshow nelle città italiane per sensibilizzare gli imprenditori sui nuovi modelli di business improntati all’economia circolare. L’iniziativa si chiama CircOILeconomy dalla redazione
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rasformare un rifiuto pericoloso per l’ambiente e per la salute dei cittadini in un’importante risorsa economica? Si può, eccome. Ecco perché Confindustria e CONOU, il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, a gennaio hanno firmato un protocollo d’intesa per dare il via a CircOILeconomy, un roadshow sul “sistema Confindustria” per migliorare il processo di gestione e raccolta dell’olio lubrificante usato da parte delle imprese. Anche perché in Italia il valore economico dell’olio usato non è affatto trascurabile: ogni anno se ne recuperano 186mila tonnellate, per la gran parte dal settore industriale, il 99% delle quali vengono avviate a riciclo tramite rigenerazione, con un significativo risparmio sulla bilancia energetica del Paese. In particolare l’olio usato raccolto nel 2018 proviene per
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la gran parte dal settore industriale. Sensibilizzare le imprese alla corretta gestione di questo rifiuto è un ulteriore passo per rendere l’intera filiera sempre più efficiente. «La firma dell’accordo – spiega il Presidente del Gruppo Tecnico Industria e Ambiente di Confindustria Claudio Andrea Gemme - rappresenta l’ennesima iniziativa che abbiamo assunto per sostenere presso PAOLO TOMASI, PRESIDENTE DI CONOU: «MIGLIORANDO LA QUALITÀ DELL’OLIO USATO DIVENTERÀ PIÙ PERFORMANTE IL PROCESSO DI RIGENERAZIONE»
il nostro tessuto produttivo i nuovi modelli di business improntati all’economia circolare. Siamo convinti che grazie al lavoro che stiamo portando avanti con tutte le istituzioni competenti, anche sovranazionali, e alle iniziative che coinvolgono direttamente
le nostre imprese, come quella odierna, l’economia circolare costituirà sempre più un fattore centrale sia per il benessere diffuso che per la competitività delle nostre industrie». «Il Protocollo d’intesa firmato oggi con Confindustria – spiega il Presidente del CONOU, Paolo Tomasi – è un contributo concreto alla crescita economica e sostenibile delle imprese. CircOILeconomy intende infatti formare gli imprenditori, che hanno a che fare con un rifiuto complesso da gestire, sulle norme e le procedure da seguire per il suo corretto stoccaggio. In questo modo migliorerà la qualità dell’olio usato raccolto, potrà essere reso più performante il processo di rigenerazione e crescerà la resa della produzione di olio base rigenerato, rendendo le imprese sempre più protagoniste di un sistema virtuoso di economia circolare». Il Progetto CircOILeconomy, del quale è responsabile Riccardo Piunti, Vicepresidente CONOU, prevede un roadshow che farà tappa nelle principali città italiane, con un fitto calendario di incontri rivolti alle imprese per supportarle nell’adempimento degli obblighi di legge relativi alla gestione dell’olio usato. Per le aziende diventare “ambasciatori” di buone pratiche di gestione di un rifiuto pericoloso si traduce in vantaggi sotto forma di brand reputation, affidabilità e nuove opportunità di business: praticare scelte attente all’ambiente e alla sostenibilità economica facilita i rapporti con le istituzioni, la pubblica amministrazione e le associazioni del settore. Gli incontri formativi, realizzati presso le Sedi territoriali di Confindustria, hanno anche lo scopo di mettere in contatto tra loro rappresentanti e responsabili ambiente delle maggiori imprese produttrici di olio usato, istituzioni competenti, concessionari CONOU e aziende di rigenerazione, per rendere la filiera sempre più coesa. Il programma di incontri territoriali è disponibile nella sezione dedicata del sito del CONOU, www.conou.it, e di Confindustria, www.confindustria.it.
Aboca consacra il “benefit” nel suo statuto societario Promuovere il benessere al di là del business per bilanciare l’interesse imprenditoriale con quello della collettività: uno stile di riferimento per il brand dei dispositivi medici a base di complessi molecolari vegetali
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ancire anche a livello legale la voattraverso la scienza ridisegna il modo di cucazione aziendale in cui si fondono rarsi delle persone, ha deciso di aderire al nuoattività imprenditoriale e ricerca del vo modello giuridico di cui lei stessa si è fatta Bene Comune: ecco cosa ha spinto Aboca a mopioniera sia a livello di mission sia di politiche dificare il proprio statuto, diventando Società aziendali. Dal giorno stesso della sua fondazioBenefit, l’innovativa forma giuridica di impresa ne, infatti, Aboca si è impegnata nel promuoentrata in vigore nel 2016 in Italia con la legge vere un benessere diffuso a favore dell’Uomo, 208, che richiede ai manager il bilanciamendella Società e dell’Ambiente tendendo a una to tra l’interesse imprenditoriale e l’interesse Crescita Qualitativa intesa come una diversa della collettività. Le Società Benefit devono concezione del valore in cui lo sviluppo non nominare un responsabile dell’impatto dell’apassa per un insostenibile aumento delle quanzienda e si impegnano a riportare in maniera tità di merci e consumi, ma per un cambiamentrasparente e completa le proprie attività attrato di sistema in cui siano le qualità a emergere verso una relazione annuale di impatto che la per un reale progresso dell’umanità. «L’imprelegge richiede sia realizzata secondo standard sa si inserisce all’interno del sistema vivente di valutazione riconosciuti. Aboca diventa così e dovrebbe condividerne le regole affinché la una delle pochissime aziende in Italia (sono sostenibilità non sia più solo compensazione circa 300) che hanno scelto la forma societadelle esternalità della produzione ma elemenria Benefit, facendo in to costitutivo dell’imRICERCA E INNOVAZIONE, AMBIENTE, un certo senso un bis, presa stessa» spiega CULTURA E COMUNITÀ, VALORE dopo la trasformazioMassimo Mercati, amALLE PERSONE: ECCO LE LINEE DI AZIONE ne in azienda benefit di ministratore delegato NEL CORE BUSINESS DI ABOCA Afam, Azienda Farmadi Aboca Spa Società ceutica Municipalizzata (Farmacie Comunali Agricola. «I valori che perseguiamo sono nel Firenze) che fa capo ad Apoteca Natura, aziennostro DNA da sempre e oggi possiamo dimoda anch’essa della sfera del Gruppo. strare che questo approccio è a sua volta un È un passaggio, se non obbligato, quantomeno fattore di successo. Creare valore per la società logico per Aboca, l’azienda italiana che produè la prima condizione che consente a imprece dispositivi medici e integratori alimentari se come la nostra di affermarsi sul mercato». a base di complessi molecolari 100% naturali Come tutte le Società Benefit che integrano e estratti da piante e che, grazie a un avanzatisrendono espliciti nei propri statuti gli obiettivi simo laboratorio di biologia molecolare e celdi beneficio comune oltre a quelli di profitto, lulare, ha sviluppato piattaforme scientifiche Aboca si impegna a rendicontare ogni anno che consentono di studiare la complessità delle l’impatto dell’azienda attraverso la certificasostanze naturali e la loro interazione con i pazione di un ente terzo che, tramite il cosiddetthway fisiologici dell’organismo umano seconto Benefit Impact Assesment (BIA), valuterà il do i principi della System Medicine. Aboca, che corretto adempimento degli oneri assunti dalla parte da una visione sistemica della vita e che società e allegherà tale rendicontazione al bi-
MASSIMO MERCATI, A.D. DI ABOCA SPA
lancio aziendale. La creazione di valore condiviso per Aboca si esplica nello specifico in quattro aree di azione: ricerca e innovazione, miglioramento dell’ambiente, cultura e comunità, valore alle persone. Il core business è la ricerca e sviluppo di complessi molecolari 100% naturali, scientificamente evoluti e ottenuti tramite processi produttivi tecnologicamente avanzati, al fine di migliorare la salute delle persone. La naturalità dei prodotti e la ricerca finalizzata a evitare sostanze di sintesi chimica non biodegradabili ed estranee al ciclo vitale sono alla base di una nuova visione sistemica della salute. Aboca impiega esclusivamente pratiche rispettose e migliorative dell’ambiente e in particolare dell’agricoltura biologica come sistema di coltivazione fondato sul rispetto delle risorse naturali, della biodiversità e della vitalità dei suoli. Quanto all’ambiente di lavoro, in Aboca è volto alla valorizzazione e al benessere delle persone, per sviluppare il potenziale di ogni individuo e far crescere l’orgoglio di lavorare con l’azienda. Infine, l’azienda ha un orientamento concreto allo sviluppo culturale, sociale ed economico delle comunità nelle quali opera, con iniziative di sensibilizzazione sui temi dello sviluppo sostenibile e del bene comune.
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VITA DA MANAGER Come in tutte le storie, bisogna sempre cercare il colpevole. Che questa volta, però, non è il proverbiale maggiordomo. Le cronache, infatti, sono sempre più piene di manager che finiscono in prigione, o agli arresti domiciliari. Perché con le responsabilità aumentano anche i rischi. Eppure basterebbe sapersi accontentare...
136 LA FELICITÀ HA UN COSTO OLTRE GLI 80MILA EURO ANNUI LA TENSIONE SALE
FARE IL TOP MANAGER È UN MESTIERE PERICOLOSO Dalla privacy all’ambiente, dalla sicurezza alla salute, dalla fiscalità alle norme anticorruzione. I rischi di finire nei guai aumentano con le responsabilità. Che, in caso di reato, sono sempre personali di Franco Oppedisano
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essuno è intoccabile. Quando Rupert può vedere i suoi cari solo una volta al mese Stadler e Carlos Goshn si sono ritroe rischia di rimanere detenuto per dieci anni, vati agli arresti erano all’apice della per aver utilizzato – tra l’altro - denaro della loro carriera, al vertice di aziende che fattusocietà per fini personali. Ma tutti i manager, rano miliardi. In Audi (il primo) e in Renaugli imprenditori i consiglieri di amministralt-Nissan (il secondo) guadagnavano milioni zione e i sindaci, insomma, tutti i vertici delle di euro, viaggiano su aerei privati, perenneaziende, specie in Italia, rischiano finire damente circondati da uno stuolo di accompavanti a un giudice o un pubblico ministero. E a gnatori riverenti e volte anche in carcere. ossequiosi. Stadler è LE CRONACHE PULLULANO DI EXECUTIVE Perché gli impegni FINITI NEI GUAI (GIUDIZIARI) PER AVER stato arrestato in Gersono sempre più presTUTELATO GLI INTERESSI DELL’AZIENDA. mania a giugno dello santi in tutti i campi: A RISCHIO SONO SOPRATTUTTO I CFO scorso anno, ma non dall’ambiente alla ho mollato redini fino a settembre, per poi protezione dei dati, dalla sicurezza alla salute, venire rimesso a piede libero il mese succesdalla rendicontazione alle questioni tributasivo. È ancora accusato di frode e diffusione di rie, dagli appalti alle norme anticorruzione. E false certificazioni. A Goshn, arrestato in Giapse un fatto costituisce un reato, la responsabipone a novembre, sta andando molto peggio: lità è sempre personale. anche lui si è dimesso dal vertice di Renault Pressione sui manager dopo due mesi di carcere, ma è ancora dietro All’ambizione si sta sostituendo la paule sbarre, in una cella di 6,5 metri quadrati,
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VITA DA MANAGER
Paolo Bertoli, presidente dell’Advosry Council di Andaf e partner RSM
ra. Ormai il 47% dei manager, secondo lo studio legale londinese Clifford Chance, è riluttante a far parte dei board societari proprio per le eccessive responsabilità individuali. Il rischio è quello di pagare di tasca propria per aver cercato di fare gli interessi della società. Un pericolo iniziato con l’acuirsi della crisi nel 2008 e accentuato con la estensione della responsabilità penale delle società (e dei vertici) anche ad aree come i crimini ambientali e l’abuso di mercato. Un sondaggio effettuato da Qbe Insurance Europe in Italia, Francia, Spagna Germania e Gran Bretagna rivela che per il 47% degli intervistati sono aumentate le responsabilità individuali, in prevalenza a causa dei cambiamenti nel campo della digitalizzazione, del maggior carico di lavoro e degli obiettivi individuali da raggiungere. Per il 40,4% del campione oggi c’è una maggiore enfasi sulle responsabilità individuali, mentre il 29,2% teme di essere chiamato in causa per difetto di capacità o di competenza e il 25,2% vorrebbe una maggiore copertura dal rischio di essere chiamato a rispondere del proprio operato. Cosa peraltro già successa al 24,6% dei manager interpellati.
ORMAI È UNA MODA TENTARE LA RIVALSA ECONOMICA NEI CONFRONTI DEI MANAGER USCITI DALLA SOCIETÀ La corazza del Dp
appalto a diverse società locali. La sensazioNessuno può stare tranquillo: lo dimostra ne è che tutti debbano essere responsabili una recentissima sentenza della Corte di di tutto. Dirigere una impresa è oggettivaCassazione che, pronunciandosi su un caso mente sempre più difficile. Ancora peggio di infortunio mortale verificatosi all’interno se le questioni da tenere sotto controllo di un cantiere, ha ripassano dalle cose LA LEGGE HA INTRODOTTO LA FIGURA badito la responsabiconcrete ai numeri, DEL DG, IL “DIRIGENTE PREPOSTO”, lità del committente: alle interpretazioni RESPONSABILE DELLA REDAZIONE secondo la Corte «il delle norme fiscali, DEI DOCUMENTI CONTABILI SOCIETARI dovere di sicurezza alle valutazioni degli gravante sul datore di lavoro opera anche in assett, magari immateriali. In questo campo relazione al committente, dal quale non può si aggira (speriamo munito di una solida cotuttavia esimersi da un controllo pressante, razza) la figura del Dp, ovvero il “Dirigente continuo e capillare sull’organizzazione e preposto”. A cosa? Alla “redazione dei dosull’andamento dei lavori». Un delirio: imcumenti contabili societari”. Una figura che maginate il caso di un ceo di un’azienda di è stata introdotta nel 2005 per le società costruzioni con decine di cantieri affidati in quotate dopo i famosi scandali americani e italiani. «E non solo», spiega Paolo Bertoli, partner Rsm, società di revisione e orgaMEGLIO PENSARCI PRIMA nizzazione contabile, e presidente dell’Adcausa i manager sono indagine è del 2017 ed Per mitigare tutti i danni, visory Council di Andaf, l’Associazione italiquidazioni, fallimenti è stata effettuata da l’unica possibilità è liana direttori amministrativi e finanziari: e altre procedure XL Catlin, compagnia assicurarsi, con una concorsuali, a cui fanno di assicurazione e polizza D&O, (Directors «La legge ha modificato la parte penale del seguito i procedimenti riassicurazione che & Officers Liability) che, codice civile introducendo come soggetto penali come le violazioni ha evidenziato come a dire il vero, non è responsabile la figura del Dp. La norma nain materia di sicurezza granché diffusa, visto che il 26% delle aziende sceva per le grandi imprese quotate mentre e prevenzione sui che hanno sottoscritto le previsioni di mercato il codice civile si applica a tutte le società. Di luoghi di lavoro, i reati una polizza D&O ha limitano il fatturato in in materia ambientale, i Italia di questa nicchia di denunciato un sinistro solito» continua Bertoli «il Dp è il Cfo dell’aprocedimenti dell’autorità nei precedenti 3 anni. I copertura assicurativa zienda. La conseguenza è che gli vengono sinistri più ricorrenti per di vigilanza e relativi a a 200 milioni di euro attribuite le medesime responsabilità civili reati fiscali e tributari. i quali sono chiamati in per il 2020. L’ultima e penali degli amministratori e del Direttore
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Generale, benché non ne abbia gli stessi poteri. E così il Dp risponde nei confronti della società, dei creditori, dei singoli soci e di terzi. Di chiunque, insomma. E il suo lavora diventa ancora più pericoloso in momenti particolari come un fallimento, un’acquisizione o una fusione, una crisi in un’azienda familiare, o una quotazione. Oppure quando lascia l’azienda, perché è ormai quasi una moda nel caso di passaggio di proprietà tentare da parte dei nuovi soci e amministratori una rivalsa economica verso chi è ormai uscito dalla società».
Arrampicarsi sugli specchi
controllo. Ma quando il reato è consumato è ben difficile poter dimostrare che il proprio modello organizzativo era corretto. Si tratta di fatto di una probatio diabolica. Così le imprese si salvano quasi sempre solo in un caso: se le persone perseguite hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di qualcun altro. In pratica il discrimine adottato dai giudici in Italia è questo: se l’azienda ha guadagnato dalla condotta scorretta di un tuo dipendente, devi pagare i danni alle parti lese. E non solo! Il massimo rischio per le imprese è la definitiva interdizione dall’esercizio dell’attività sociale, ovvero la morte dell’impresa.
Ma se i manager rischiano la condanna TUTTE LE SPESE LEGALI SONO A CARICO Quelle condotte DELL’AZIENDA E IL RINVIO A GIUDIZIO antidoverose penale, le aziende NON È UN GIUSTIFICATO MOTIVO Per essere più chiari rischiano di dover PER IL LICENZIAMENTO DEL MANAGER usiamo un esempio pagare risarcimenti da manuale: il rogo allo stabilimento torineingenti. se della Thyssenkrupp, in cui nel dicembre La legge italiana dal 2001 ha superato l’an2007 persero la vita sette operai. L’ammitica massima latina societas delinquere non nistratore delegato e tre dirigenti vennero potest e prevede che le imprese debbano condannati in via definitiva a pene che vanadottare e attuare efficacemente un modelno dai 9 anni e 8 mesi ai 7 anni e 6 mesi, lo di organizzazione, gestione e controllo come scrive la Cassazione, «per la pluralità idoneo a prevenire i reati. Non solo: l’impree per la reiterazione delle condotte antisa deve dimostrare che i soggetti responsadoverose riferite a ciascuno di essi che, sibili del fatto hanno eluso fraudolentemente nergicamente, avevano confluito nel deteri modelli, senza chi vi sia stat una omessa minare una situazione di attuale e latente o insufficiente vigilanza da parte dell’orpericolo per la vita e per la integrità fisica ganismo dotato di autonomia preposto al dei lavoratori». Le testimonianze parlano di estintori scarichi, telefoni isolati, idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato per affrontare l’emergenza. Non si è mai capito se le CARLOS GOSHN RUPERT STADLER condotte “antido-
verose” descritte dalle Cassazione fossero una precisa scelta aziendale o la decisione scriteriata di alcuni manager. Di fatto, però, hanno fatto diminuire le spese dell’azienda e quindi aumentare i guadagni. Infatti, un anno dopo il rogo, la ThyssenKrupp ha versato quasi 13 milioni di euro alle famiglie dei sette operai uccisi. Per il colosso dell’acciaio tedesco è una cifra ingente, per altre aziende, più piccole equivarrebbe alla chiusura definitiva.
I dirigenti protetti
I contratti collettivi hanno cercato di metterci una pezza: a tutela del dirigente, una norma prevede che il rinvio a giudizio non è di per sé giustificato motivo di licenziamento. In più, in caso di procedimento penale, tutte le spese, comprese quelle di assistenza legale e gli eventuali oneri, sono a carico del datore di lavoro, anche quelle di un legale di fiducia scelto dal manager. In caso di carcerazione, al dirigente dovrà essere conservato il posto di lavoro e corrisposta la retribuzione. Inoltre, queste protezioni dovranno essere applicate al dirigente anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, ovviamente per i fatti accaduti durante il rapporto stesso. Il contratto collettivo nazionale dei dirigenti, poi, sancisce che “Ogni responsabilità civile verso terzi per fatti commessi dal dirigente nell’esercizio delle proprie funzioni è a carico dell’azienda”, a meno che gli stessi siano stati contrari all’interesse specifico del datore di lavoro o scelte imputabili solo al dirigente stesso. In pratica, potete finire dietro le sbarre, ma almeno avrete l’avvocato pagato dall’azienda. Sempre che l’azienda non abbia chiuso i battenti nel frattempo e che non abbia deciso di licenziarvi pagando le indennità previste, visto che per i dirigenti non è prevista la reintegra anche in caso di licenziamento ingiustificato.
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VITA DA MANAGER
Il reddito ideale è molto più basso di quel che credete
impegnando il mondo accademico e organizzazioni come Oms, Ocse o Consiglio superiore della Sanità. «L’Oms evidenzia l’importanza dell’armonia tra promozione della salute individuale e quella nel proprio ambiente di Fino a 80mila euro l’anno cresce l’aspettativa di benessere, ma oltre lavoro. Occorre quindi uno stile di vita sano questa soglia cominciano i problemi. Così nascono i seminari che possa diventare contagioso nel contesto per insegnare ai manager ad accontentarsi di uno stipendio calibrato lavorativo e domestico», sottolinea Anna De Santi del dipartimento di Neuroscienze dell’Idi Giuseppe Spatola stituto Superiore di Sanità, sottolineando l’importanza, per la felicità e anche per il fatturato, di luoghi di lavoro dove si stia bene. Concetto ribadito da Cristina Aguzzoli, psiconeuroimmunologa di Gorizia: «Non c’è economia senza uomo e l’uomo fa economia se è sano, nel corpo, nella psiche, nell’anima». «I soldi contribuiscono allo stato ottimale quando non diventano obiettivo da stress», rimarca l’avvocato Federico Di Maio, che cura il progetto di Leadership emotiva e Family Business nell’area milanese. I seminari dell’associazione offrono quindi ai manager una immagine completamente nuova e avvincente dell’economia, per riconciliare il loro mondo con una disciplina che sconta agli occhi dell’opinione pubblica il pregiudizio di essere materia noiosa e arida. «In realtà l’economia, dal Greco oikos nomos, come dice il suo etimo on è affatto vero che più si guadagna, il rischio concreto di diventare schiavi del “il governo della casa”, riguarda la nostra vita meglio è. Non ci credete? Secondo guadagno e dello stress: «Al centro occorre quotidiana, cioè la dimensione materiale e un recente studio della Purdue Unimettere il nostro benessere fisico, psicologico, spirituale della nostra esistenza e anche della versity dell’Indiana (Usa) il Reddito ideale inspirituale, che si incrocia col benessere della nostra salute», sottolinea il presidente Luciadividuale si attesta intorno agli 80 mila euro società e anche con la salute dell’economia», na Avrella: «Saper gestire il proprio bilancio annui netti. Un concetto fatto proprio dall’asrimarcano al Family Business: «Binomi come energetico, economico e lavorativo tanto sociazione bresciana Leadership emotiva e etica e profitto, bilanci e felicità, affari e wealquanto quello psicofisico, è necessario per coFamily Business presieduta da Luciana Avrelth, emozioni e strategie aziendali non sono più struire un percorso integrato diretto alla masla, che insegna ai manager lombardi ad essere così stridenti. “Stare bene per fare bene“ è un sima performance personale e professionale». felici rimanendo “ricchi quanto basta”. I suoi imperativo che si Una lezione facile seminari coinvolgono abitualmente professta facendo strada». da apprendere. In sionisti, imprenditori e manager di alto livello. Il rapporto fra ecofondo per essere «L’equazione ricchezza=felicità si deve intennomia e benessere felici basta guadadere nel trovare il giusto equilibrio, ossia fare si poggia su tre pignare 80 mila euro bene per stare bene», spiega Avrella. Fino ad lastri intrecciati del l’anno. Nulla di più, 80 mila euro annui l’aspettativa di benessere Family business: la nulla di meno, per economico e felicità aumentano. Oltre quefamiglia appunto, evitare lo stress da sta soglia, può crescere esponenzialmente l’azienda, il patricompetizione dato l’aspettativa di maggior benessere economimonio, allargando dalla moderna ecoco, ma la felicità resta invariata, anzi si corre ai temi che stanno LUCIANA AVRELLA (A SINISTRA) INSIEME AL SUO TEAM nomia.
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in collaborazione con MBE
La logistica MBE al servizio del mercato enologico Che si tratti di produttori, grossisti, ristoratori o appassionati, i Centri Mail Boxes Etc. pensano a tutto: dal ritiro all’imballaggio delle bottiglie, dalla gestione dalle pratiche doganali al tracciamento della spedizione
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ail Boxes Etc. (MBE) è una delle maggiori reti al mondo di Centri Servizi in franchising che offre servizi di spedizione, micro-logistica, grafica, stampa e comunicazione a supporto delle attività di aziende e privati. Tra gli svariati servizi disponibili nei Centri MBE merita senza dubbio attenzione MBE Wine, il servizio dedicato alla spedizione di vino. MBE Wine è la soluzione che i Centri Servizi Mail Boxes Etc. offrono, sia ai clienti business che all’utenza privata, per la spedizione di bottiglie di vino in modo sicuro e nel pieno rispetto delle normative vigenti, sia in Italia che all’estero. Che si tratti di produttori vinicoli, grossisti, titolari di enoteca, ristoratori, sommelier o semplicemente di appassionati che hanno la necessità di spedire vino e spumante, per vendita o uso personale, i Centri MBE si prendono cura dell’intera gestione: dal ritiro su richiesta all’imballaggio con tecniche e materiali specialistici, dalla gestione della documentazione e di eventuali pratiche doganali, al tracciamento della spedizione fino
a destinazione. Il servizio MBE Wine si inserisce nell’ambito delle soluzioni a valore aggiunto che la Rete MBE offre ai clienti consumer e business. Grazie allo Staff specializzato dei Centri MBE chiunque debba spedire vino può preoccuparsi esclusivamente della scelta del vino, lasciando che sia il Centro Servizi MBE a far arrivare il vino a destinazione, senza doversi preoccupare né dell’imballaggio, né di eventuale documentazione a corredo. Per le aziende e per i professionisti del settore vitivinicolo si tratta di un grande risparmio di tempo: spedire campionature, vendere prodotti, fare omaggi o regali aziendali con i prodotti della cultura enogastronomica italiana, è un’attività che richiede consulenza, supporto informativo oltre che una logistica testata ed efficace, aspetti sui quali MBE mette a disposizione tutta la propria competenza. MBE offre, inoltre, uno specifico servizio che consente di spedire vino per uso personale negli Stati Uniti, che può comprendere la ge-
Per maggiori informazioni sui servizi MBE Wine e MBE SafeValue si rimanda alle pagine: https://www.mbe.it/it/spedirevino-privato-azienda https://www.mbe.it/it/spedizionevino-stati-uniti-uso-personale https://www.mbe.it/it/safe-valuecopertura-consegna-rimborso
stione completa delle tasse e dazi doganali su richiesta e la notifica di importazione del vino, come richiesto dalla Food and Drug Administration. In aggiunta, i Centri MBE offrono il servizio MBE SafeValue: una soluzione tutto in uno di imballaggio, spedizione e copertura del valore del bene dal momento del ritiro fino alla consegna al destinatario finale. Per bottiglie di vino di pregio unire i servizi MBE SafeValue e MBE Wine rappresenta quindi una scelta imprescindibile per delegare a dei professionisti la gestione totale del processo di consegna in modalità protetta. Per testimoniare il ruolo strategico della logistica MBE al servizio della filiera vitivinicola, MBE è Sponsor Tecnico della 53ma edizione di Vinitaly (Verona, 7-10 aprile 2019, www. vinitaly.com), International Wine & Spirits Exhibition, il più grande salone al mondo per metri quadrati e presenze estere dedicato al settore del vino e dei distillati. Per presentare le novità del servizio MBE Wine, inoltre, MBE sarà presente a Vinitaly con due installazioni, una presso il Padiglione Vinitaly Design – Pad. F – Stand L 7 e una presso la Galleria Arena tra i Padiglioni 6 e 7.
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PIACERI Svago e affari a volte si intrecciano in modo insospettabile. Come spesso accade tra le Alpi svizzere, dove un antico borgo sta rinascendo grazie agli investimenti di un tycoon d’eccezione, e in Alto Adige, dove i manager vanno a rigenerarsi in una Spa d’eccellenza.
141 RIGENERARSI VILLA EDEN, LA SPA MERANESE DAI TRATTAMENTI BREVETTATI
145 MERCEDES IBRIDA, MA NON COME PENSATE: ECCO LA NUOVA GLA
146 LE RAGIONI DEL GOSSIP
IL BORGO SVIZZERO CHE HA CONQUISTATO SAWIRIS A pochi chilometri del tunnel del Gottardo, Andermatt è una stazione sciistica in pieno rilancio grazie all’investimento miliardario del tycoon egiziano. E a una deroga ad personam della Legge Koller di Marco Scotti
Q
ual è il cuore dell’Europa? Se la rispole tensioni internazionali era ormai inutile e sta è Parigi, Londra o perfino Milano, Andermatt, progressivamente, tornò a essere siamo di fronte a un errore. Grave. Il un paesino sperduto sulle Alpi. Una stazione centro nevralgico del Vecchio Continente è un sciistica mediocre, per di più con infrastruttupiccolo paese sulle Alpi svizzere, a pochi chire vetuste aveva ben poca capacità di attraziolometri dall’ingresso del tunnel del Gottardo. ne per il turismo, nazionale o estero che fosse. Andermatt è un coacervo di storia (e di storie) Questo fino al 2005, quando il consigliere di che ha origine nell’Alto Medioevo. Divenuta un stato Josef Dittli invita nel paesino Samih Sawicentro importante per ris, tra i 1.000 uomini IL PIANO PREVEDE LA COSTRUZIONE il commercio – grazie più ricchi del mondo DI 42 CONDOMINI, UN CAMPO DA GOLF alle abilità dei Walser e fratello del magnate A 18 BUCHE E LA MODERNIZZAZIONE che aprirono il primo dell’editoria e delle DELLA VECCHIA LINEA FERROVIARIA passaggio tra le montelecomunicazioni Natagne per raggiungere il resto della Svizzera guib. L’incontro serve per sondare la disponiin tempi rapidi – è stata anche teatro di conbilità del tycoon egiziano per la realizzazione flitti napoleonici. Infine ha vissuto il momento di un progetto che riqualifichi Andermatt e gli più importante della propria storia durante dia nuovo slancio. la Guerra Fredda, quando divenne una sorta Sawiris, azionista di Orascom, intuisce imdi roccaforte dell’Europa continentale. Con la mediatamente le potenzialità della zona ed caduta del muro di Berlino, però, la presenza elabora una serie di soluzioni che vengono fissa di un esercito che difendesse i confini dalsottoposte all’assemblea comunale nel marzo
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E POI IL PIACERE...
ALCUNI SCORCI DEL BORGO DI ANDERMATT
del 2007. L’organo consultivo approva e viene avviato il progetto Andermatt Swiss Alps, che prevede un investimento complessivo intorno ai due miliardi di euro per la realizzazione di 42 condomini con circa 500 appartamenti, un campo da golf a 18 buche, la modernizzazione e accorpamento dei comprensori sciistici di Andermatt e Sedrun nella SkiArena Andermatt-Sedrun. Inoltre viene modernizzata la linea ferroviaria Cervino-San Gottardo, facendo del paesino delle Alpi Svizzere il centro della Matterhorn Gotthard Bahn, la ferrovia che porta da Zermatt a Sankt Moritz. Il progetto prende corpo su un’area che conta complessivamente 1,5 milioni di metri quadrati, con delle peculiarità climatiche uniche: d’inverno, il Gottardo crea una gola naturale che garantisce tanta neve – tanto che gli impianti sono aperti da novembre a maggio – mentre d’estate il sole batte costante, permettendo di svolgere sport all’aperto. La SkiArena Andermatt-Sedrun-Disentis (che sarà completata alla fine del prossimo anno) è il più grande comprensorio della
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Svizzera centrale, con oltre 120 chilometri di piste e 22 impianti di risalita, che si estende fino ai quasi 3.000 metri di Gemsstock. Quando l’intero comprensorio sarà completato, saranno a disposizione degli sciatori 33 impianti di risalita e 180 chilometri di piste, mediamente impegnative, ma che offrono anche molteplici possibilità per gli sciatori meno esperti. La Andermatt Swiss Alps è una società privata il cui capitale azionario è al 49% di Orascom – la holding della famiglia Sawiris – e al 51% dello stesso Samih. Nei prossimi mesi, però, per dare più “robustezza” al progetto, il rapporto verrà ribaltato, dando la maggioranza a Orascom che, essendo quotata in Borsa, avrà maggiore facilità a reperire eventuali capitali per procedere nel progetto. Ad oggi, oltre un miliardo di euro è già stato investito, con la realizzazione di circa 220 appartamenti e di due alberghi: il The Chedi, un 5 stelle deluxe con ristorante stellato all’interno; e il Radisson Blue, hotel quattro stelle che è stato inaugurato lo scorso 20 dicembre. Sempre a dicembre è stata completata la prima parte del rinnovamento del comprensorio sciistico, con l’inaugurazione della cabinovia di nuova concezione che garantisce un trasporto più rapido e sicuro degli appassionati. Per quanto riguarda il ritorno dell’investimento, entro la fine del 2019, o inizio del 2020, il miliardo di euro sarà già ritornato nelle casse di Sawiris. Merito di un’offerta che sta riscuo-
tendo grande successo sia tra gli svizzeri – che rappresentano circa il 50% degli acquirenti degli immobili – sia tra gli europei. Un turismo ricco, che può permettersi di spendere gli oltre 11.000 euro al metro quadro richiesti dalla Andermatt Swiss Alps per accaparrarsi gli appartamenti già costruiti. Alcuni condomini hanno già esaurito interamente le case disponibili, mentre in altri siamo ben oltre l’80% di tasso di occupazione. Per rendere appetibile l’offerta è stato necessario derogare a una legge svizzera, la Lex Koller. Si tratta di una norma approvata nel 1983 che regolamenta l’acquisto di terreni da parte di stranieri, che non possono acquistare più del 20% delle abitazioni di un determinato paese. Con l’esenzione da questa legge è stato possibile aprirsi ai turisti stranieri, che hanno accettato entusiasti. Ogni condominio ha i propri posti macchina sotterranei e l’accesso agli appartamenti è regolato da schede magnetiche che non consentono “intrusi”. Andermatt Swiss Alps, inoltre, svolge anche un ruolo di intermediario immobiliare: per i proprietari di case che desiderino affittare la propria dimora nei mesi di assenza, viene messo a disposizione un servizio chiavi in mano che si occupa di gestire l’intero processo di locazione. In cambio, il consorzio riceve il 30% del canone di affitto. Per arginare il fenomeno dei “letti freddi”, cioè i momenti di vuoto stagionale, i proprietari hanno inoltre incentivi finanziari.
Nella spa altoatesina per ricaricare le batterie Dal trattamento Bio Elettro Detox per espellere i metalli pesanti dall’organismo al “Corpo Calco” per perdere i chili in eccesso: i brevetti di Villa Eden a Merano di Vincenzo Petraglia
D
ici manager e pensi stress all’ennesima potenza. Che va anche bene, perché i ritmi forsennati danno adrenalina. Ma nel lungo periodo è tutta un’altra storia: meglio correre ai ripari e abbassare i livelli di cortisolo nel nostro organismo. Meglio se in una top medical spa a cinque stelle, come Villa Eden Leading Park Retreat (via Winkel 68/70, 0473 236583, www.villa-eden.com), nella zona residenziale di Merano, fra lussuose dimore e scenari naturalistici di grande impatto a due passi dalle piste da sci di Merano 2000, che fonde la tradizione altoatesina con alcune tecniche e trattamenti all’avanguardia. Un approccio al benessere psicofisico a 360 gradi che si traduce in un percorso tailor made in linea con gli obiettivi che ciascun ospite vuole raggiungere e che coinvolge in parallelo alimentazione, attività fisica, tecniche di rilassamento e trattamenti ad hoc per riequilibrare corpo e mente. Ogni soggiorno a Villa Eden (quello ideale per raggiungere risultati dura-
turi nel tempo sarebbe di 7-10 giorni, ma ci si può accontentare delle formule weekend o long weekend) comincia con una consulenza medica e una visita specialistica, che prevede anche diagnostica tomografica per individuare eventuali aree critiche e squilibri dell’organismo, dopo la quale si appronta insieme un efficace piano d’azione. Il tutto in una struttura di grande charme, da poco peraltro rinnovata, con ambienti comuni, due piscine, una interna e l’altra all’aperto, ampio giardino e aree relax, camere e suite di alto livello. Come lo è anche la cucina, in mano a chef che san-
no proporre un’alimentazione light e salutare senza rinunciare al gusto. I trattamenti a disposizione spaziano dai massaggi di ogni tipo al drenaggio, dalla biotermiaper stimolare il metabolismo alla riflessologia plantare con cromoterapia, passando per la stimolazione dei punti chakra del corpo con musicoterapia, pera disintossicare l’organismo. O, ancora, trattamenti come quelli contro la caduta dei capelli (e per la ricrescita di quelli perduti) tramite biorivitalizzazione con piastrine PRP (plasma ricco in piastrine), e ossigeno-ozoto terapia contro i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare. In fase di diagnostica, il TestFlora: l’esame della flora intestinale, con una cura personalizzata per il ripristino del corretto funzionamento dell’intestino, che vita frenetica, alimentazione sregolata, fumo, alcol e stress inficiano, provocando stanchezza, gonfiore, allergie e patologie varie. Alcuni dei trattamenti proposti sono stati brevettati proprio a Villa Eden. Come il “Bio Elettro Detox”, un sistema innovativo che aiuta a espellere dall’organismo gli accumuli di metalli pesanti che possono provocare allergie, intossicazioni e malattie anche gravi, e il “Corpo Calco”, utile sia per lui che per lei per perdere facilmente i grassi in eccesso. Alcuni di questi trattamenti sono parte integrante dei pacchetti pensati per staccare la spina, allontanare lo stress, anche attraverso la meditazione o altre tecniche di rilassamento, e ritrovare il proprio equilibrio naturale e l’energia per affrontare al meglio la vita professionale. «La nostra – spiega Angelika Schmid, proprietaria della struttura avviata nel 1982 dal padre Karl, eclettico uomo d’affari che ha messo su un bel patrimonio tramite l’attività di produttore su licenza dell’amaro Jaegermaister e capace poi di differenziare il suo business – è, più che una beauty farm, una destination spa dove relax, svago e salute vanno di pari passo e dove ogni cosa è pensata per aiutare gli ospiti a ritrovare il proprio benessere, quando sono qui da noi, ma anche e soprattutto quando tornano a casa facendo propri stili di vita il più possibile sani». Provare per credere.
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E POI IL PIACERE...
NÉ SUV NÉ BERLINA: ECCO L’IBRIDO VERSATILE Difficile incasellare la Mercedes Gla: perfetta nei percorsi urbani, se la cava agevolmente anche fuoristrada, grazie a un sistema che permette di personalizzarne l’assetto. Con una trentina di versioni tra cui scegliere di Franco Oppedisano
L
o ammettiamo: non amiamo detirvi a smanettare vi consigliamo di prenderstreggiarci tra segmenti e categovi almeno una giornata di vacanza. Potete rie. Forse per questo non riusciamo partire dal parcheggio automatico e arrivaa incasellare la Mercedes Gla nei classici re a scegliere che tipo di risposta ottenere schemi che dividono i modelli di auto e il dall’auto durante la guida, impostando uno mercato. Non è un Suv, perché ha linee molto dei quattro programmi di marcia, uno dei più accattivanti e non quali completamente CINQUE MOTORIZZAZIONI A BENZINA èuni dei soliti macchipersonalizzabile. VoCON UN RANGE DI POTENZA DAI 90 AI 280 noni (indistinguibili lete risparmiare, acCAVALLI PER LA VERSIONE AMG E DUE l’uno dall’altro). Ma celerare un po’ di più A GASOLIO CON 100 O 125 CAVALLI è più, molto più alta o stare comodo? Si di una berlina. Certamente non è un’auto può fare. Volete alzare di qualche centimetro con cui avventurarsi sui ripidi sentieri di l’auto perché vedete davanti a voi qualche montagna, ma ha protezioni sottoscocca un sporgenza che vi preoccupa? Si può. Volete po’ dappertutto, che magari non serviranno abbassarla? Si può fare anche questo. mai, ma la caratterizzano non poco. Dato ormai per scontati la navigazione e il Di certo non è la classica e banale berlina due volumi, perché è un’auto che non passa inosservata anche se è alla portata di molti. Se dovessimo qualificarla con un aggettivo diremmo “multiforme”, perché la Gla di Mercedes è un po’ tutto: berlina in città, suv in vacanza e, magari, anche fuoristrada se il percorso non è proprio impegnativo. Diremmo un ibrido, se nel settore non significasse tutt’altro: un ibrido riuscito. Con un buon impasto di design, una base di sicurezza e un ripieno di tecnologia è venuto fuori un buon prodotto, non banale. Salirci e guidarla è sufficiente per apprezzarla, ma se volete diver-
collegamento con lo smartphone, non sono banali le quattro telecamere collegate fra loro tengono sotto controllo l’ambiente circostante per parcheggiare o per fare manovra, o la funzione che permette di aprire il bagagliaio passando il piede sotto il portellone. Le versioni sono quasi innumerevoli. Noi ne abbiamo contate oltre una trentina, ma potremmo sbagliarci per difetto. Le motorizzazioni, invece, sono un po’ meno: cinque a benzina da 1,6 litri a 2 litri con un range di potenza che va dai 90 ai 280 cavalli per la versione Amg, il marchio sportivo di Mercedes, e due a gasolio da 2,2 litri con 100 o 125 cavalli. I prezzi di listino partono da poco più di 30 mila euro.
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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta
I CAPRICCI D’INVERNO DELLE CELEB CHE NON S’ACCONTENTANO DI UN BANALE 5 STELLE Ormai è un must far tappa negli hotel multitasking con servizi di altissima qualità e nei ristoranti che offrono un’offerta caleidoscopica. Così da Roma a Potenza tocca attrezzarsi per non deludere i vip SONO LE FOLLIE INVERNALI
due). Ma il vero must per chi
sono i super ricchi i clienti
gamberoni di Gallipoli e fiumi
DELLE CELEB, LUSSUOSI E
si vuole concedere un lusso
potenziali perché l’ A. Roma è
di champagne con un tripudio
FANTASIOSI CAPRICCI TIPICI
metropolitano è il Ristorante
praticamente sold out già a inizio
di almenocinquemila roselline.
DI UNA CATEGORIA CHE NON
Sapori dal Mondo che propone
settimana.
bianche. Non per esagerare
HA PROBLEMI DI SOLDI NÉ DI
un’offerta caleidoscopica:
Che ormai ai ricchi piacciano solo
ma. Per coccolarsi quando fuori
VISIBILITÀ. Non bastano più i
dalla cucina giapponese alla
le offerte extra lusso lo conferma
piove. Luxury è trend topic anche
classici 5 stelle con maggiordomo
postazione barbecue, passando
infine Vito Intini che controlla
al Sud. Soft opening, infatti per
h24, adesso, come insegna la
per l’orientale teppanyaki e
l’Euclide risto-bar dei Parioli
il nuovo luxury resortcinque
wellness life di Jennifer Lopez,
stelle lusso San Barbato Resort
è doveroso fare tappa negli
Spa & Golf, a Lavello (Potenza),
hotel multitasking con servizi di
nel cuore della Basilicata. «È
qualità altissima. A Roma trionfa
un progetto di grande respiro
la più grande Spa della capitale,
nato dalla volontà di dar vita
quella dell’A.Roma, l’urban
a un’eccellenza nel mondo
resort più cool del momento
dell’hôtellerielusso in Italia, in
che conta su 276 camere e
una delle aree più autentiche
suite, una mega palestra da
della Basilicata, oggi al centro
3000 mq, un centro congressi
di una grande valorizzazione»,
di ultima generazione da 19
anticipa ad Economy la pr
sale meeting con il più grande
Flaviana Facchini, che si
led wall in Italia, un parco con
occupa di tante altre strutture
piscina all’aperto e un ristorante
a là pagé come La peschiera
con 7 postazioni di cucina
di Monopoli amata da Mika e
nazionale ed internazionale.
da Raoul Bova con la moglie
È qui che, rigorosamente in
Rocio Munoz. All’interno di un
incognito, si dice che siano
parco di sei ettari nello scenario
transitati nei primissimi giorni del 2019 dive del calibro di
IN SENSO ORARIO DREW BARRYMORE, GABRIELE MENOTTI LIPPOLIS, GIANNI MORANDI E PAOLA PEREGO
naturalistico del Monte Vulture, il resort è una proprietà unica,
Drew Barrymore o habitueé
l’immancabile pizza, e molto
frequentato da Gianni Morandi
che racchiude in sé una serie
della business community italica
altro ancora. Tutte le domeniche
Luca Cordero di Montezemolo
di unicità: il ristorante gourmet
come Gabriele Menotti Lippolis,
dalle 12:30 alle 15:00 Sapori
Alessia Marcuzzi Francesco
Don Alfonso 1890 San Barbato–
nuovo coordinatore degli
dal Mondo propone anche il
e Ilary Totti o Samantha de
derivazione del ristorante due
imprenditori del Mezzogiorno
Sunday Brunch con uno sguardo
grenet e Gigi Buffon. Per la festa
stelle Michelin di Sant’Agata
di Confindustria, proprietario a
cosmopolita. Ogni sera a partire
dell’amico Andrea Carnevale,
dei due Golfi, l’esclusiva
sua volta di varie società attive
dalle 19:00, lo stesso ristorante
ex goleador ed ex marito di
TerrazzaBellavistaFranciacorta–
nel food o nel banqueting (Tito
delizia i suoi numerosi ospiti
Paola Perego Presta, non si
unica al mondo – la Spa Vitas by
Schipa e White a Ostuni, alto
con cena a buffet nella stessa
è badato a spese. Locale off
Claris. Scommettiamo che sarà la
Salento, tanto per citarne solo
formula del brunch. E non solo
limits se non per gli. Ospiti,
prossima meta delle celeb?
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