Economy Novembre 2020

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ECONOMY | ANNO IV | N.39 | MENSILE | NOVEMBRE | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 3 NOVEMBRE 2020

POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

www.economymag.it

Novembre 2020 Euro 3,50

INCHIESTA / Webmarketing: qualche pepita d’oro, alcune vere innovazioni, ma anche tanto rumore per nulla

SVILUPPO & AMBIENTE FACCIAMO PRESTO! La sostenibilità e l’economia circolare sono le linee guida per il dopo-Covid. A Ecomondo innovatori, ricercatori e imprese del settore. Con la sfida di costruire la ripresa tutelando l’ambiente. E arginando il dumping etico

CATIA BASTIOLI

«Altro che moda, il green deal è una necessità inderogabile»

PIERROBERTO FOLGIERO

L’idrogeno ricavato dai rifiuti è puro e abbatte le emissioni di CO2

IL MOVIMENTO B CORP

Chiesi: «Così curiamo il territorio» Danone: «L’etica dà sempre un valore»

STIO (NSA): «COME MERITARE LE GARANZIE STATALI SUI CREDITI» Le analisi e i consigli del presidente della più grande società di mediazione creditizia italiana CAPALDO: «DI QUESTO PASSO SI RISCHIA DI NON RIPARTIRE» Intervista con l’economista-banchiere: «Troppi sussidi e vincoli a chi investe» • Rbm Salute, come cambia la sanità • Bilanci, «sanificarli» dalla pandemia

ASCOPIAVE

INFRATEL

Una public company a tutto gas che ora punta sulle rinnovabili

Dove la banda larga non c’è ci può pensare anche il wi-fi

Dalle pellicole all’healthcare la metamorfosi di un colosso

Dal vinile al file, la traiettoria di una famiglia discografica

FUJIFILM

SUGAR





EDITORIALE

L’EUROPA SALVI L’ITALIA DALLO SFACELO

A

voler usare un termine medico, la situazione dell’organizzazione pubblica italiana meriterebbe un’unica definizione: DI SERGIO LUCIANO “sfacelo”. Per la Treccani, lo sfacelo è il “disfacimento di un organismo vivente o di una sua parte, o anche di una facoltà psichica”. In parole povere, e salvo poche eccezioni, non funziona più niente, se non occasionalmente. Le possibilità di attivare con successo un servizio pubblico in alcune zone sono ridotte a casualità statistica, come giocare al lotto; in altre lasciano largamente a desiderare. La burocrazia blocca tutto di default, senza neanche volerlo. La magistratura è improduttiva. I ministeri sono imballati. Ma mica da oggi. I Grillini al potere stanno al buon funzionamento della pubblica amministrazione come la xylella sta alla salute dell’olivo. Ma a onor del vero non hanno iniziato loro a distruggere. Stanno solo terminando l’opera. Prendiamo il tema cruciale per questa benedetta ripresa economica che la seconda ondata del Covid sposta in avanti sine die: l’impiego dei fondi europei. Il delirio grillino insiste nel dire no al Mes. Ma il vero problema italiano, drammaticamente pre-grillino, non è avere i

IL CORSIVO

soldi: è non saperli spendere. Dal 2014 al 2020 l’Unione europea ha distribuito quasi 650 miliardi di euro in finanziamenti attraverso numerosi programmi e, di questi, 75 sono stati assegnati all’Italia. Ebbene: a fine 2019, l’Italia ne aveva speso solo 26, pari al 35%, individuando il fine di spesa (“allocando”, in gergo) per altri 54,6, pari al 73%. Il risultato peggiore d’Europa. Significa aver sciupato il diritto di spendere 51 miliardi, pari a un quarto delle risorse del nuovo Recovery Fund. Figuriamoci riuscire a spendere o almeno “allocare” il quadruplo importo. Com’è possibile una simile stortura? Con la disoccupazione che abbiamo, con la stasi del Pil e dei consumi e degli investimenti che c’è? È possibile perché nessuno è più chiaramente responsabile di nulla. La catena dello scaricabarile e dei ricorsi, il deterrente di normative demenziali e minacciose quanto inefficaci (l’abuso di ufficio…), la lottizzazione, sono altrettanti fattori che hanno concorso alla paralisi della pubblica amministrazione. Di questo cancro, di questo sfacelo del sistema, non c’è traccia nel dibattito politico, perché denunciare tutto ciò significa non solo prendersela con i precedenti governi, ma anche con gli attuali effettivi dell’amministrazione, dai capi di gabinetto in giù, fino agli uscieri, tutti più o meno coinvolti – o da complici o da spettatori passivi

– nel degrado. E significa farsi odiare. E i privati? Si barcamenano, cosa dovrebbero fare? La grande differenza è che se un’impresa privata va male l’imprenditore qualche rischio lo corre: di rimetterci dei soldi, di essere pestato dai creditori o dai dipendenti licenziati, talvolta addirittura di finire in guai penali, per l’occasionale azione di qualche tribunale meno letargico degli altri. Ma questo non vuol dire che gli imprenditori siano eroi, capaci e determinati a fare denuncie e resistenze civiche contro inazioni, concussioni e quant’altro. Mediamente, tirano a campare. E dunque? Ci può parzialmente rassicurare un piccolo sillogismo. L’Europa ha deciso di darci 209 miliardi tra prestiti e regali non perché siamo simpatici e suoniamo il mandolino ma perché la terza economia dell’Unione e dell’Eurozona deve essere attiva se non si vuol mandare gambe all’aria l’euro e l’intera costruzione unitaria. Per questo non abbiamo fatto la fine della Grecia: siamo troppo grossi per fallire. Ma se continuiamo a demeritare e vanificare così gli aiuti europei, torniamo ad essere la pietra dello scandalo. Ed allora è pensabile che, constatando l’impotenza delle buone maniere, ci trattino con quelle cattive: per la serie “o vi svegliate o vi tagliamo i fondi”. E allora voglio vedere se non si svegliano.

IL SENSO DI RESPONSABILITÀ CI AIUTI CONTRO LE NORME STUPIDE

C

hi saprebbe far di meglio, scagli la prima pietra: dettare regole credibili e plausibili per imporre comportamenti innaturali come quelli che sarebbero necessari per prevenire il contagio, non è facile per nessuno. Detto questo, è indubbio che, tra governo e Cts, tutti si sono superati nell’emanare decreti di difficilissima attuazione. Quando non veri e propri rompicapi. O, peggio: autentiche scemenze. Tipo: chiudere le palestre e semi-chiudere le scuole per lasciare aperte le sale bingo. E d’altronde: ha senso distanziare i passeggeri dei treni con posti a prenotazione obbligatoria e non quelli degli altri

treni? C’è un contagio pendolare consentito e un contagio a lungo raggio vietato? E ha senso far viaggiare gli aerei pieni, le metropolitane affollate, autobus e tram gremiti? E ha avuto senso riaprire le discoteche? E le frontiere senza controlli anche ai ritorni da Paesi molto infetti? Ha avuto senso indicare un numero massimo di persone ammissibili in casa, se non c’è ancora un lockdown nazionale? E non addentriamoci nell’analisi della tabella che distingue gli sport di contatto dagli altri perchè ci sarebbe da piangere. C’è una quantità di regole cervellotiche e spesso francamente cretine che finiscono col togliere

credibilità anche alle norme giuste, come quella di indossare sempre la mascherina, per quanto sia una grandissima rottura di scatole. Eppure... Eppure bisogna essere più intelligenti delle regole. Che non significa trasgredire quelle stupide, anche per non dare il cattivo esempio, ma sopportare la loro stupidità e continuare ad osservare quelle sensate, quanto e a volte anche più di quanto imponga la norma. In fondo si chiama prudenza, senso di responsabilità: se c’è un nubifragio, chi viaggia a 130 chilometri all’ora in autostrada solo perché su quel tratto è consentito?

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SOMMARIO

Novembre 2020 017

COVER STORY

LA SOSTENIBILITÀ È UN DOVERE ma attenti al dumping etico

018 ECOMONDO/Sulla sostenibilità anche il confronto è “ibrido” 020 L’INTERVISTA/Catia Bastioli: «Il green deal non è una moda» 022 ENERGY TRANSITION NextChem/I tempi sono maturi per una boccata di... idrogeno Eni/Quella transizione che ci porta nel futuro Sorgenia /La prima comunità energetica è “rinnovabile”

029 SPECIALE B CORP Nativa/Il lato B del business ha un impatto positivo Danone/Salute, pianeta e comunità: l’altra faccia del fare impresa Chiesi Farmaceutici/Dalla cura delle persone a quella del territorio

014 ECONOMY&POLITICA PELLEGRINO CAPALDO:

034 CARBON FOOTPRINT

«Tra sussidi e investimenti forzati l’Italia rischia di non ripartire»

Bcg/La consulenza diventa ancora più strategica

044 ENVIRONMENT

036 BEST PRACTICE Acea/La sfida dell’acqua si vince con la tecnologia FS Italiane/Il treno dello sviluppo viaggia su triplo binario Gruppo Hera/L’azienda è più green col servizio “chiavi in mano”

042 ESG INVESTING

Inalca/ Dalle mucche all’elettricità: ecco il vero modello circolare

046 GREEN MOBILITY Iveco/L’alternativa pesante è sempre più verde

048 INNOVATION

Unipol/Investendo nella transizione si assicura il futuro

Pirelli/Con la gomma virtuale la performance è reale

063 FINANZIARE L’IMPRESA

051 GESTIRE L’IMPRESA

FINANZIAMENTO GARANTITO

066

BANCA IFIS

068

RSM

072

CONFIDI

075 STORYLEARNING

grazie (anche) al mediatore

Deteriorati i crediti ma non le Pmi Il bilancio mette la mascherina

L’ECCELLENZA ITALIANA

054

ARVAL

056

BROTHER

Più sicuri con il balanced deployment

L’educazione finanziaria

058

FONARCOM

082

ASCOPIAVE

084

SHORT STORIES

060

sviluppa gli anticorpi

Mobilità integrata e connessa

L’Italia diventa una startup nation

FEDERMANAGER

La missione green dei manager

6

Parola d’ordine: velocità

PREVENZIONE, DIAGNOSI E CURA

078

DECATHLON

080

068

tutto ruota sull’innovazione

La strategia cambia per sport

ALLEANZA ASSICURAZIONI

La public company a tutto gas La ristorazione in smart working



SOMMARIO

Approfondimenti

087

092

010

SARÒ FRANCO di Franco Tatò

012

TRA ME E TECH di Andrea Granelli

087

UOMINI & DENARI di Alfonso Ruffo

088

BANDA LARGA I castelli in aria

092

SANITÀ Quel pilastro che sostiene la salute

095

LABLAW Lo smartowking all’italiana

097

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

098

IL GLOBALISTA L’insolente salute della Cina

100

CI PIACE/NON CI PIACE I promossi e i bocciati del mese

103 COMUNICARE L’IMPRESA

123

E POI....IL PIACERE

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi Hanno collaborato: Ugo Bertone, Maddalena Bonaccorso, Giuseppe Corsentino, Pierroberto Folgiero, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Andrea Granelli, Franco Oppedisano, Edilio Rossi, Francesco Rotondi, Graziano Sabatino, Monica Setta, Francesco Signor, Nicola Spagnuolo Partnership editoriali Aifi; Aiti; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio °°°° Per la pubblicità su questa rivista Oyster s.r.l. Concessionaria esclusiva Amministratore unico Domenico Marasco Responsabile commerciale Fabrizio Spaolonzi

WEB MARKETING

molto rumore di fondo... per nulla

108 110

111

il business cambia musica

TWITTER

126

FEAT FOOT

SOCIAL MEDIA

128

MOTORI

Il cinguettio che fa bene al brand La cura del raziocinio

LIUC

I vecchi film delle nostre imprese

130

è con la sostenibilità

115

STANZA SEMPLICE

116

a cura di Monica Setta

Direttore editoriale Alfonso Ruffo

Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993

STUDIO PANDOLFINI

8

LE RAGIONI DEL GOSSIP

Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano

Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)

La community dei sublocatori Ecco come si diventa franchisor

Nuova Touareg: “pieno” di tecnologia

Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia

Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097

IN AGENDA L’AFFILIAZIONE

Lo chef con l’intelligenza artificiale

°°°° Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777

°°°°

113 FRANCHISING

DAL VINILE AL FILE

128

Numero chiuso in redazione il 20 Ottobre 2020


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COVERSTORY

SARÒ FRANCO

QUEL SILENZIO INQUIETANTE SUI FONDI UE

I

l silenzio del governo italiano sulle attività preparatorie in corso per ottenere i finanziamenti previsti dal Fondo Nuova Generazione è insieme esemplare e inquietante. È esemplare perché nella sua italica ambiguità lascia intendere ogni genere di cose: che sono in corso complessi negoziati con gli uffici della Comunità Europea e non ne sappiamo ancora il risultato, oppure che, in qualche palazzo romano, un esercito di esperti è al lavoro alacremente per classificare, organizzare, valutare un numero enorme di progetti di vario interesse e qualità dalle più disparate provenienze per presentarli come parte di un progetto organico di profonda riforma del Paese. Queste attività di altissima specializzazione devono ovviamente essere tenute riservate casomai la Cina fosse interessata a copiarci per carpirne alla fine un consistente vantaggio competitivo. Potrebbe anche essere però che niente di tutto questo sia in corso e che si aspetti come al solito l’ultimo momento per presentare documenti affrettati che richiederanno nuove e sempre più complesse discussioni a livello europeo. La cosa più sorprendente è che i principali ministeri interessati al disegno della

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nuova Italia tacciano per quello che riguarda la parte di loro competenza, come se fosse necessario un parere preventivo dei gruppi parlamentari o di qualche altro misterioso organismo. Ovviamente è sottinteso, ma chiaramente percepibile, l’appello al Parlamento, ed è giusto che un piano di riforme di questa portata debba ottenere l’approvazione finale dei rappresentanti del popolo italiano. Questo LA SEDE DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI non è contestabile, ma purtroppo sappiamo già che assisteremo alla solita che cosa intende fare il presentazione di migliaia Ministero dei Beni Culturali di articoli, emendamenti per ripresentare in un nuovo e codicilli per ottenere contesto e con nuovi obiettivi microscopici vantaggi a favore il nostro immenso patrimonio dei clienti dei rappresentanti di monumenti e opere d’arte, del popolo. fondamentale per lo sviluppo Paradossalmente, in del turismo, una delle questo caso è veramente principali componenti del Pil importante l’informazione e una delle fonti principali di dei cittadini e entrata per lo SULLE INTENZIONI non soltanto Stato ora e in DI IMPIEGO DEI FONDI UE quella dei loro futuro. Ma non DAI MINISTERI NON FILTRA rappresentanti, NESSUNA INDISCREZIONE solo per questo. perché il vero Pensiamo profondo cambiamento soltanto a cosa potrebbe del Paese non è frutto significare uno sguardo e soltanto delle decisioni una strategia unitaria per prese dalle amministrazioni, promuovere lo sviluppo dei ma anche dalla miriade di borghi storici, delle rocche microdecisioni prese da e dei castelli, presenti a ciascuno di noi nella vita centinaia sul nostro territorio quotidiana e che favoriranno nazionale e finora considerati le riforme programmate ad uno ad uno come obiettivi se orientate nella stessa di faticose passeggiate sotto direzione. Soltanto a titolo il sole, per uno sguardo esemplificativo credo sarebbe panoramico e per sentire interessante conoscere una guida litaneggiare di

quando è stato costruito e da chi. Questi luoghi di autentica eccellenza e grande potenzialità potrebbero essere restaurati e collegati in una rete a livello nazionale con trasporti elettrici rapidi e silenziosi e trasformati in luoghi destinati a eventi culturali attivamente inseriti nella vita sociale del territorio che li circonda. Tutta l’Italia potrebbe diventare il luogo elettivo per la celebrazione della bellezza, della poesia, del teatro, della musica, di tutto ciò che rende l’uomo protagonista della sua storia. L’Italia, un altare disteso nel Mediterraneo sul quale si conservano e si valorizzano le orme del progresso dell’umanità. Le stesse idee potrebbero essere applicate al circuito nazionale degli innumerevoli meravigliosi teatri di cui Italia è dotata, spesso sconosciuti


di Franco Tatò

CHE TRASCURA (TRA L’ALTRO) TURISMO E DIGITALE e che andrebbero in gran parte rinnovati, ristrutturati e dotati di impianti digitali avanzatissimi: e si potrebbe continuare con altre idee, magari più creative di quelle qui improvvisate, per suggerire a chi dovrà occuparsene di non dedicarsi solo alla gastronomia, o di occuparsene inserendola in un grande circuito dell’ospitalità, del quale fa parte il godimento delle attività culturali e artistiche . Il tema più importante per il rinnovamento del Paese è la digitalizzazione. Tutti noi vorremmo sapere dal Ministero per lo sviluppo

di tutte le reti disponibili economico che cosa intende per raggiungere tutti fare per l’aggiornamento i punti del territorio o il rifacimento integrato fornendo la possibilità di tutte le infrastrutture di di telecomunicazione ad comunicazione presenti sul altissima velocità. Tutti i punti territorio. Come è possibile del territorio, senza eccezioni. parlare di digitalizzazione di Non vedo perché in un tutte le attività economiche momento in cui l’Europa per e ministrative in un paese la prima volta nel quale il IN ITALIA IL WI-FI FUNZIONA sta mostrando wi-fi funziona A MACCHIA DI LEOPARDO: sensibilità e a macchia di LA PRIORITÀ DOVREBBE leopardo e ESSERE LA DIGITALIZZAZIONE lungimiranza, anticipa con continue somme di denaro enormi interruzioni. Il problema per gli investimenti più importante, dalla essenziali allo sviluppo di cui soluzione dipende la un’economia moderna, noi realizzazione di tutto il si debba continuare a far progetto di informatizzazione, condizionare lo sviluppo è quello dell’uso integrato

delle reti dalle previsioni di traffico generato per proteggere il conto economico di Telecom, azienda che non si è certo coperta di gloria in fatto di servizi di telecomunicazione al paese. Per convincersene basta guardare cosa ha fatto Telefonica in Spagna mentre noi facevamo a braccio di ferro tra Telecom e Open Fiber. Credo che sia venuto il momento di fare sul serio e siamo tutti in attesa che un autorevole interlocutore ci dica in quale direzione dobbiamo muoverci per non trovarci sfasati rispetto al punto di arrivo auspicato.

IL CORSIVO

LA FILANTROPIA ATTIVA DELLA CONTESSA THUN

A

di Giuliana Gemelli

lla fine della guerra

ha conservato quello spirito di famiglia

i numerosi visitatori e ispiratore di

nella cantine di

e di condivisione della creatività che nel

un’iniziativa straordinaria nell’ambito

un antico castello

tempo si è manifestato al massimo non

della Filantropia attiva: la creazione di

altoatesino una giovane

tanto e non solo nella attività di “fabbrica”

laboratori di ceramica negli ospedali e

donna discendente da

ma nell’intensa e proliferante rete di

nelle cliniche per la cura dei bambini

una nobile famiglia economicamente

innovazioni creata dai due “angioletti”

affetti da malattie molto gravi. Una rete

provata dalle vicissitudine della storia

Matteo e Peter, che hanno ereditato il

di attività che coinvolgono il personale e

cominciò a dare forma alla sua creatività

potenziale creativo dei genitori. Matteo

soprattutto i genitori dei bambini stessi,

con l’idea di generare risorse per la

è uno degli architetti più famosi ed

i quali plasmando la materia generano

famiglia che aveva appena creato

innovativi del nostro tempo ed è il pioniere

flussi di speranza, di armonia, di vitalità

sposando il conte Thun. L’argilla era la

dell’architettura green. Ecò, non ego, é

espressiva. Attraverso Peter la Thun non

materia del suo laboratorio, ma l’impulso

il suo motto. Peter ha messo in opera lo

solo si è elevata al rango di una grande

alla creatività venne principalmente

spirito imprenditoriale del padre e la

impresa globale con partner i eccellenza

dai suoi due bambini, che la contessa

generosità della madre e ha creato una

internazionale tra i quali la Disney, ma ha

Lene le notti, prima discendere nel suo

rete di istituzioni che formano oggi la

assicurato attraverso la trasmissione

laboratorio, osservava dormire. Due

costellazione della Thun, non solo fabbrica

generazionale un processo di innovazione

piccoli angeli paffuti e radiosi che Lene

di oggetti di ceramica, ma Fondazione,

radicato nei valori della famiglia e della

trasformò in statuette di ceramica

laboratorio di idee a flusso continuo,

tradizione che attraverso il figlio Simon

divenute famose in tutto il mondo. La Thun

luogo di ritrovo e di condivisione per

non cessa di crescere e di progettare.

11


COVERSTORY

Dal capitalismo della sorveglianza alla dittatura dei social media di Andrea Granelli

È

esploso il caso “The social dilemma”: il bel docufilm del regista Jeff Orlowski visibile su Netflix e riassumibile dalla frase “If you’re not paying for the product, then you’re the product” è un’eccellente testimonianza – alimentata da un notevole pathos narrativo – di un fenomeno che agli albori si ignorava completamente, poi alcuni attenti osservatori ne hanno incominciato a evidenziarne le pericolosità e oggi il fenomeno appare in tutta la sua criticità e complessità e soprattutto nella sua difficoltà ad essere bloccato con efficacia nelle sue manifestazioni più virulente. Le potenzialità di manipolazione (oramai diventate profitto per quelle piattaforme) sono enormi e oltretutto agiscono a livello subliminale, lasciando gli utenti sempre inconsapevoli. Nel film si parla spesso di magia e di illusionismo, e viene citata una celebre frase dello scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke: “Any sufficiently advanced technology is indistinguishable from magic”. L’illusionismo può diventare una delle chiavi interpretative per capire i meccanismi dietro i social media, tanto che alcuni studiosi incominciano a parlare di “Brain Hacking”. Dietro questa raccolta sistematica dei dati dagli utenti inconsapevoli – un vero e proprio monitoraggio – è nato un nuovo modello economico che Shoshana Zuboff – professoressa emerita presso la Harvard Business School (anche lei tra i protagonisti del film) – chiama “capitalismo della sorveglianza”. E osserva addirittura che assomiglia molto al commercio di organi o quello di schiavi per il potenziale sovversivo nei confronti dei fondamenti della democrazia. Per questo motivo quei due commerci vennero proibiti… Possiamo forse parlare di “digital barons”, se volessimo mutuare per i multimiliardari e sovrani del digitale l’espressione pensata per alcuni imprenditori americani dell’Ottocento, promotori di sviluppo, ma anche protagonisti di abusi, dalla finanza all’ambiente (l’espressione era “robber barons”). Questa espressione può essere calzante per descrivere con efficacia gli effetti – anche sulle personalità degli imprenditori – del combinato disposto di intuizione e abilità imprenditoriale con onnipotenza e bramosia incontenibile di successo. È interessante notare che questa critica al digitale si discosta dal modello classico reso immortala dalla celebre favola di Esopo “La volpe e l’uva”. Generalmente la critica – spesso strumentale – è di chi non ha, non può avere, e non riesce nemmeno a usare. Qui il caso

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LA MANIPOLAZIONE AGISCE A LIVELLO SUBLIMINALE SUGLI UTENTI INCONSAPEVOLI è molto diverso, come si può vedere dal cast del docufilm: sono alcuni dei protagonisti della Silicon Valley. Alcuni di loro hanno addirittura determinato il successo dei social media che ora criticano. Perciò sono così efficaci nel coglierne il lato oscuro e vanno presi molto sul serio. Molti di loro non si vergognano – e lo fanno con candore – di aver totalmente sottovalutato le possibili conseguenze delle loro invenzioni. Ad esempio Tim Kendall – un tempo presidente di Pinterest – afferma: «I think we were naive about the flip side of that coin». Il pioniere dalla critica alle derive della Rete è stato addirittura uno dei programmatori più esperti e imprenditori più abili e determinanti: William N. Joy, più noto come Bill Joy. Soprannominato dalla rivista americana Fortune il “Thomas Edison di Internet”, è stato la mente scientifica e il motore innovativo – formalmente il Chief Scientist – di Sun Microsystems e da tutti considerato il padre di Solaris, il sistema operativo che ha aperto con grande successo il business di questa azienda nel mondo Unix. Molti osservatori hanno confrontato The Social Dilemma con Super Size Me – analogo per forza argomentativa e capacità di disvelamento – commentando però che le reazioni sono state diverse… quasi opposte. Nel caso della denuncia al fast food il regista ha argomentato in modo vivido e personale mangiando per un certo solo questo tipo di cibo e ingrassando in modo vistoso. Questa dimostrazione scioccante ha convinto molti. Ma la differenza non era però solo questa. Ci sono tanti modi di mangiare ed è quindi facile – dopo la rivelazione – cambiare dieta. Molti più difficile nel caso del digitale. Non esiste un Facebook o un Istagram ecosostenibile e soprattutto è difficile convincere gli altri attori con cui interagiamo a cambiare modo di interazione. Qui sta il vero dilemma. Come ha osservato Sherry Turkle, psicoanalista e docente al Mit di Boston, “La tecnologia è seducente quando i suoi richiami incontrano la nostra umana vulnerabilità”.



TRA SUSSIDI E INVESTIMENTI FORZATI L’ITALIA RISCHIA DI NON RIPARTIRE

GESTIRE L’IMPRESA

Formazione, politiche di vantaggio fiscale e una correzione alla regolamentazione bancaria: solo così il Paese potrà affermarsi nello scacchiere economico europeo. Intervista a Pellegrino Capaldo, economista e banchiere, artefice del progetto Banca di Roma, per decenni considerato il “Cuccia romano” di Sergio Luciano «NON SERVE UNA NUOVA IRI, ANCHE SE QUELLA DEL PASSATO DIEDE BUONI FRUTTI: MA ERANO ALTRI TEMPI. Occorre piuttosto chiamare a raccolta e incentivare gli imprenditori migliori, italiani e stranieri. Il Sud va aiutato anche con politiche di vantaggio ma solo a favore di soggetti che investano sul serio e a lungo termine. L’Europa dovrebbe cambiare una regolamentazione bancaria asimmetrica e controproducente per gli interessi dell’economia reale. E la classe dirigente del futuro va progettata

ripensando la formazione in termini interdisciplinari». Queste e molte altre cose ha detto in quest’intervista a Economy Pellegrino Capaldo, economista e banchiere, insigne meridionalista, artefice del progetto Banca di Roma, per decenni considerato il “Cuccia romano”, maestro di giovani colleghi del calibro di Carlo Messina, tuttora al centro di progetti e relazioni di altissimo livello internazionale. Professor Capaldo, nel 2021 l’Italia inizierà a ricevere i fondi della Next Generation Ue. Si porrà dunque il problema di “come” spenderli. In che modo e in che proporzione la soluzione di questo problema transiterà attraverso lo stimolo degli investimenti al Sud? Credo che bisogna lasciare libertà agli investitori. Non si può forzare la localizzazione degli investimenti

poiché potrebbe essere controproducente. Il rischio è noto e l’abbiamo già sperimentato. Certo si può fare qualcosa di più con una misurata moral suasion che tenga conto dei bisogni reali, analizzando e studiando le vere necessità e non puntando solo sui sussidi come forma di aiuto. Ma non andrei oltre. È sensato predisporre politiche di vantaggio fiscale a favore delle zone del Sud? Anche qui parliamo di cose già sperimentate con risultati modesti. Una fiscalità di vantaggio è certamente concepibile, ma – secondo me – va limitata a quelle aziende che trasferiscono il loro quartiere generale «al Sud, non a quelle che localizzano solo qualche investimento. Ad un’azienda che si trasferisce al Sud io darei anche altri incentivi. Le politiche di vantaggio fiscale a queste aziende devono essere concrete, solo e se davvero desiderano rafforzare il tessuto produttivo ed economico del Sud, investendo localmente sul territorio. L’afflusso di tanto denaro ripropone con forza quasi drammatica due esigenze spesso ignorate: la competenza e l’onestà nella gestione delle risorse nell’esclusivo interesse pubblico. Stante l’evidente insufficienza del

LE POLITICHE DI VANTAGGIO FISCALE DEVONO ESSERE CONCRETE 14


&POLITICA deterrente ordinamentale, come ottenere una più forte e spontanea adesione a questi elementari doveri civici? Competenza ed onestà non si impongono per legge. Non sono slogan. Occorrono leggi ben fatte, prive di scappatoie e poi occorre applicarle con serietà e, quando occorre, con la dovuta severità. Prima di tutto però è necessario individuare figure preparate e competenti che gestiscano l’afflusso degli aiuti tenendo bene a mente le ricadute occupazionali e il rafforzamento del potere d’acquisto. Queste sono le CARLO MESSINA chiavi per incidere davvero. Se non si favoriscono gli investimenti industriali, e la conseguente creazione di posti di lavoro, dubito che avremo cato andasse in porto la fusione con Ubi poiché risultati tangibili nel rilancio della nostra ecoero certo che avrebbe apportato vantaggi non nomia. Bisogna supportare e favorire i buoni solo a Intesa San Paolo ma, mi lasci dire, all’inteimprenditori. ro nostro sistema bancario. Intesa è una grande L’ingentissima quantità di risorse pubbliche, banca e sono certo che rafforzerà sempre di più ancorché europee, previste in arrivo, rafforil legame con il territorio e le aziende. Piuttosto za l’idea che ormai soltanto lo Stato possa inmi piace osservare che Carlo Messina ha dimotervenire a rilanciare le sorti dell’economia strato, nella circostanza, anche insospettabili nazionale. Qual è oggi a suo avviso il mix idedoti politiche. A lui vanno i miei sinceri compliale e della natura pubblicistica e privatistica menti per il suo ottimo operato. nel sistema Italia? E in particolare ha senso La regolamentazione europea sulle banche guardare alla Cdp come a nuova Iri? e in particolare sui rapporti tra patrimonio di Io credo non ci sia bisogno di una nuova Iri. vigilanza, impieghi e sofferenze, non è mai Quella che abbiamo avuto ha dato buona prova stata così severa, restando invece lassista rinonostante le tante, e a volte inutili, discussioni. spetto all’esposizione in derivanti. Quest’atMa erano altri tempi! Oggi c’è bisogno di altro. teggiamento non è contrario alle più logiche Chiamiamo a raccolta i nostri imprenditori miregole del buon senso e della produttività? gliori, mi creda sono tanti… Se occorre incoragHa ragione, serve più coerenza. Uno degli aspetgiamo anche gli imprenditori stranieri a venire ti negativi di queste regolamentazioni risiede da noi. Detto ciò mi pare sia stato fatto un buon nel controsenso da lei correttamente indicato. lavoro nella fase di emissione delle garanzie a Un controsenso che a lungo andare altera la trasupporto delle imprese italiane per superare la smissione della politica monetaria all’economia crisi pandemica. Qui ad esempio il ruolo attuale reale. di Sace è stato molto strategico ed utile. Bisogna Nella sua carriera lei si è spesso occupato di continuare su questa strada di sinergia fra pubwelfare e terzo settore. Proprio sul welfare, blico e privato. qual è la sua idea, pensa vada Da banchiere, cosa pensa della bene o debba essere in qualfusione Intesa Ubi Banca, geche modo cambiato? stita da un suo ex allievo, l’amIl Welfare italiano presenta nuministratore delegato di Intesa merosi punti deboli. Non c’è San Paolo, Carlo Messina? dubbio che bisogna riformarlo in È un’ottima operazione che Carprofondità. Il che non è cosa facilo Messina non poteva condurre le. La verità è che occorrerebbe meglio. Nei mesi scorsi ho auspi- MARCELLO PRESICCI introdurre un sistema radical-

mente diverso dall’attuale. E ciò è impossibile per varie e intuibili ragioni. Sicché non resta che lavorare dal di dentro facendo quello che è possibile fare senza turbare i grandi e piccoli interessi costituiti che chiedono di essere rispettati. Occorre comunque ripensarlo al più presto poiché con gli attuali indici di occupazione e con le nuove modalità di lavoro la progettualità va rimodulata ed aggiornata. In un’ottica decennale e non immediata, quali correttivi vanno apportati all’ordinamento per ripensare la formazione delle classi dirigenti del nostro Paese, palesemente appannate per identità e qualità? Secondo me occorre fare più formazione. L’imprenditorialità, certo, non si studia sui libri ma può essere in vario modo stimolata. Occorre moltiplicare i luoghi di formazione e di discussione. Bisogna investire nella formazione dei giovani. Noi stiamo facendo qualcosa per loro rafforzando le competenze ed aumentando i livelli di conoscenza e di istruzione. Per affrontare le grandi sfide e risolvere i problemi della comunità occorre essere preparati. Molto. In questo quadro come si inserisce l’iniziativa da lei appena promossa, la “Scuola di politica Vivere nella Comunità”? C’è coerenza e c’è un filo che lega quello che abbiamo fin qui fatto. La scuola vuole abituare a discutere in termini interdisciplinari. Cosa che per tanti motivi non avviene nelle nostre Università. La scuola desidera soprattutto aiutare i giovani ad acquistare consapevolezza dei problemi che hanno di fronte e a trovare la migliore soluzione nel rispetto degli altri e delle loro opinioni. Abbiamo avuto un’adesione straordinaria da parte sia delle società partecipate dello Stato sia dalle aziende nazionali ed internazionali anche perché, oltre al percorso formativo, abbiamo pensato ad un luogo dove discutere e dibattere di temi e di risoluzioni che riguardano tutto il Paese, in una profonda sinergia fra pubblico e privato. Questa è l’idea a cui abbiamo pensato dall’inizio insieme a Marcello Presicci, segretario generale della Scuola. Un progetto di alta formazione al servizio del Paese, con l’ottica di rafforzare le competenze delle future classi dirigenti.

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COVERSTORY LA SOSTENIBILITÀ È UN DOVERE MA ATTENTI AL DUMPING ETICO

20 L’INTERVISTA CATIA BASTIOLI: «IL GREEN DEAL NON È UNA MODA»

22 ENERGY TRANSITION NEXTCHEM, ENI, SORGENIA

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Economy Group ha ripreso, dopo la pausa forzata della pandemia, il percorso multimediale e territoriale sulla sfida economico-sociale del secolo: uno sviluppo a misura d’uomo. Dopo il convegno di avvio a Castellanza, appuntamento ad Ecomondo, la manifestazione (quest’anno digitale) da anni punto di riferimento del settore. Con testimonial, ricercatori, imprese, università e con una copiosa produzione multimediale

SPECIALE B CORP

di Sergio Luciano

NATIVA, DANONE, CHIESI FARMACEUTICI

34 CARBON FOOTPRINT BCG

36 BEST PRACTICE ACEA, FS ITALIANE, GRUPPO HERA

42 ESG INVESTING UNIPOL

44 ENVIRONMENT GRUPPO CREMONINI

46 GREEN & INNOVATION IVECO, PIRELLI

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enza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare». È irriguardoso prendere a prestito un brano della “Fratelli tutti”, l’ultima enciclica di Papa Francesco sull’esigenza di una nuova economia, per iniziare un articolo, ma lo strappo alla regola nasce solo dal fatto che, con questo numero di Economy, non un articolo inizia, ma prosegue un percorso un percorso iniziato tre anni e mezzo fa e formalizzato nel settembre del 2019 con una copertina semplice ma chiara: “La natura siamo noi”. Il nostro gruppo editoriale ha scelto da subito di sostenere l’istanza della sostenibilità economica, ambientale, sociale. Seguendo il fertile stimolo di un’altra enciclica, la “Laudato sì” del 2015, con cui Papa Francesco diede il via al dibattito. E riconoscendo quel quid di novità che c’era nel pur mediatico fenomeno di Greta. Oggi molto è cambiato.

«

La pandemia sembra aver scosso le coscienze dei paesi democratici. Che, sia pure in ordine sparso, hanno messo mano con una nuova foga al problema della decarbonizzazione. Ma se la sostenibilità cessa di essere un lusso, un ornamento, e diviene una dimensione necessaria e anzi inderogabile dell’intraprendere moderno, è dovere primario delle istituzioni dei paesi avanzati vigilare contro il grande rischio del dumping etico da parte dei numerosi paesi che della sostenibilità si fanno beffe. Perché è vero che gli Stati hanno sostenuto e a vario titolo continueranno a sostenere gli impegni finanziari delle imprese finalizzati alla decarbonizzazione. Ma è anche vero che la concorrenza sleale di chi non ottempera agli standard dei diritti civili ha per vent’anni portato superprofitti a migliaia di imprese straniere senza che l’Occidente abbia fatto una piega ed anzi, con la frequente complicità dei partner occidentali. Che questo abominio non si ripeta anche sul fronte ambientale.

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> COMMUNITY trasferiranno totalmente sulla piattaforma digitale già predisposta e tempestivamente riarticolata, coinvolgendo on line l’intera community di riferimento e alimentando il networking tra tutte le filiere presenti con una vetrina prestigiosa di contenuti e innovazioni sui siti ecomondo.it e keyenergy.it. Coinvolti on line anche i media: sono 140 i giornalisti che a ieri si erano accreditati per partecipare alle due fiere, dei quali 35 dall’estero. La piattaforma di Ieg, tra le più performanti del mercato, garantirà lo svolgimento di una fiera digitale nella sua totalità e comprenderà i profili aziendali completi degli espositori con i loro prodotti, servizi e innovazioni, tutti i convegni, workshop ed eventi già fissati in calendario (che potranno essere seguiti non solo in diretta streaming, ma anche nei giorni a seguire), oltre ad assicurare gli incontri e gli appuntamenDopo l’alt del Governo alle fiere, Ecomondo trasferirà i saloni ti tra espositori e buyer nazionali e intersulla piattaforma digitale già predisposta da Italian Exhibition nazionali. Group. E la manterrà attiva più a lungo: fino al 15 novembre I saloni di Ieg hanno fatto scuola e hanno saputo esportare format e competenze, di Davide Passoni come dimostra la Chengdu International Environmental Protection Expo, la più grande manifestazione di green technology n Italia c’è un gap generazionale online dal 3 al 15 novembre. L’ultimo Dpcm della Cina occidentale. Tenutasi a fine setimportante nella sensibilità verso presentato il 25 ottobre ha infatti sospeso i tembre al Century City New International le tematiche ambientali. In senso convegni, i congressi e le fiere di qualunque Convention and Exhibition Center di Chengenerale, negli anni l’attenzione è cresciugenere. Ieg - Italian Exhibition Group - si è gdu, si è avvalsa dell’expertise di Ecomonta, ma lo stacco si vede ancora; temi come così trovata obbligata, suo malgrado e per do proponendo numerose attività digital il cambiamento climatico, il riscaldamento evidenti cause di forza maggiore, a rimodupersonalizzate di match-making B2b e B2g globale sono molto sentiti da parte dei più lare prontamente Ecomondo e Key Energy (business to government) per le imprese giovani e la cosa infonde fiducia. C’è tan- previsti dal 3 al 6 novembre alla presenza internazionali. to da fare per coinvolgere le persone più di 650 aziende - ri«Ecomondo ha le caECOMONDO INDIRIZZA IL DIBATTITO avanti negli anni, ma è difficile recuperare progettandoli nel più ratteristiche di esseSULLE QUESTIONI CHIAVE decenni nei quali si è cresciuti nel più togrande appuntamenre una tra le pochisDELLA GREEN ECONOMY ANCHE tale disinteresse e con la convinzione che to digitale per il monsime manifestazioni A LIVELLO ISTITUZIONALE l’ambiente fosse una risorsa infinita». Dalle do green, esteso a su questi temi che si parole di Corrado Peraboni, amministradue settimane, dal 3 al 15 novembre 2020, svolgono nel 2020 - continua Peraboni -. È tore delegato di Italian Exhibition Group, per una digital double green week. quindi anche online un momento di ritrovo emerge chiara l’importanza che assumono I due saloni di Italian Exhibition Group della community istituzionale, economica Ecomondo e Key Energy 2020, i saloni di dedicati, il primo, all’economia circolare, e scientifica». Ecomondo e Key Energy caIeg dedicati all’economia circolare e alle e tecnologie green e, il secondo, alle enerdono in un momento nel quale i temi che fonti energetiche rinnovabili totalmente gie rinnovabili ed efficienza energetica si trattano da anni assumono una rilevanza

Sulla sostenibilità anche il confronto è online

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particolare; pensiamo al Recovery Fund, che prevede tra le sue linee di investimento l’economia circolare e la green economy. «È un intreccio di coincidenze che si uniscono all’importanza che la manifestazione ha sempre avuto e che ne fanno un appuntamento molto significativo. Tra l’altro, sottolineando una caratteristica dell’evento già molto forte da anni, ossia quella di unire contenuti e aspetto commerciale, rimane per gli operatori la valenza commerciale della fiera, mentre la tradizionale offerta di contenuti si rafforza ancora di più e si arricchisce. Il fatto che la fiera si tenga nelle settimane in cui sarà ancora aperta la discussione sulle azioni che saranno proposte dal nostro governo in sede Ue per l’utilizzo del Recovery Fund, la rendono un crocevia di occasioni». Un’opportunità che espositori e stakeholder hanno colto, confermando la loro partecipazione digitale. «È importante che quest’anno tutta la platea degli stakeholder che sostengono l’iniziativa, a partire dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, dal Consiglio nazionale della green economy, dal ministero dell’Ambiente e da una nutrita serie di soggetti, abbiano scelto di partecipare accanto alle aziende: un segnale della centralità che questo evento avrà nella discussione sulle tematiche green». Tematiche che spesso, nelle scorse edizioni, non sono rimaste nel perimetro della fiera ma hanno contribuito a indirizzare il dibattito sulle questioni chiave della green economy anche a livello istituzionale: «Dal confronto costante e diretto tra istituzioni e soggetti economici possono uscire le linee guida per un miglior utilizzo delle risorse

CORRADO PERABONI, A.D. DI ITALIAN EXHIBITION GROUP

e per una indicazione della direzione più corretta da intraprendere - conferma Peraboni -. Usciranno gli indirizzi politici di visione che daranno le istituzioni, mediati dalla concretezza che porta il confronto con il mercato». La piattaforma digitale, al di là dell’emergenza, ha mostrato potenzialità che la rendono appetibile anche quando, in futuro, la pandemia sarà solo un brutto ricordo. «Sono convinto del carattere permanente di ibridazione per le fiere, anche perché penso che i visitatori di lungo raggio non riusciranno a spostarsi agevolmente ancora per molto, anche finita la pandemia. Con questo modello riusciamo a dare la possibilità a clienti e stakeholder di incontrare quella domanda che per un po’ sarà difficile rivedere in Europa». Una formula che funziona, anche perché funziona il dialogo costante tra Ieg, aziende e stakeholder di Ecomondo e Key Energy: «Ciascuno ha messo del suo; soggetti come la Fondazione per lo sviluppo sostenibile

L’APPUNTAMENTO IN DIGITALE Ecomondo e Key Energy, dal 3 al 15 novembre 2020 www.ecomondo.com www.keyenergy.it

IL CONFRONTO DIRETTO SERVE A INDICARE LA DIREZIONE insieme al Consiglio nazionale della green economy, così come il ministero delle Politiche Agricole quello dell’Ambiente hanno messo a fattor comune la propria visione delle tematiche che ruotano intorno a Ecomondo e il proprio contributo per definire e suggerire le linee di sviluppo da qui ai prossimi anni. Abbiamo anche cercato di tenere in considerazione i segnali che parlano di un’aumentata attenzione da parte del mondo finanziario verso questi temi: penso, per esempio, alla lista di Blackrock con aziende poco attente alla sostenibilità, o al sempre maggiore peso che nella Borsa americana ha l’indice degli investimenti responsabili, cresciuto più di quello tradizionale. Segnali e suggerimenti raccolti dagli stakeholder e messi nell’agenda di quest’anno». Insomma, la peculiarità del 2020 accresce il senso di responsabilità che spinge a organizzare un momento di incontro così importante in un momento storico così delicato: «Grande responsabilità ma anche grande soddisfazione conferma Peraboni che ci deriva dall’esperienza nell’organizzazione di eventi fatti proprio di contenuti, come gli incontri organizzati dai Comitati scientifici di Ecomondo e Key Energy». Le due manifestazioni vantano un parterre di relatori di grande profilo accademico e professionale, che fanno spesso la fortuna delle fiere.

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> L’INTERVISTA «IL GREEN DEAL NON È UNA MODA, MA UNA NECESSITÀ» Il monito arriva da Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont nonché promotrice e presidente del Kyoto Club: «Sta agli Stati adottare un approccio sistemico per trasformare gli obiettivi in opportunità» di Sergio Luciano SE SI PARLA TANTO DI SOSTENIBILITÀ NON È PER UN EFFETTO-MODA SUPERFICIALE, MA PERCHÉ LE PERSONE SONO ORMAI CONSAPEVOLI DELLA NECESSITÀ DI PREVENIRE LE CATOSTROFI CLIMATICHE CHE ALTRIMENTI SI VERIFICHERANNO; è necessario comun-

que definire e utilizzare parametri di misurazione dei comportamenti sostenibili nell’economia come nella società; anche perché la sostenibilità è diventata a tutti gli effetti un fattore di competitività. E per il nostro Paese, le opportunità offerte da questa transizione verso modelli di sviluppo più sostenibili sono grandissime, soprattutto nel settore della bieconomia. Questi ed altri concetti arrivano da Economy da Catia Bastoli, amministratore delegato di Novamont, promotrice e presidente del Kyoto Club, tra le massime personalità italiane sui temi all’incrocio tra ambiente ed economia.

ciale, Città, Salute delle acque, Cancro) che affrontano le grandi sfide che la società deve vincere, rappresenteranno un driver imporDunque presidente, la sensibilità su quetante per trasformare questa enorme criticisto tema è tutta di buona lega, non è anche tà in una fenomenologia autentica e concremoda? ta. Infatti, di fronte allo sconvolgimento del Oggi gli effetti devastanti dell’azione antropibusiness as usual provocato dal Covid, anche ca, dell’eccessivo sfruttamento degli ecosistel’Europa ha preso sempre più coscienza della mi e del conseguente propria responsabiLA DEFINIZIONE DI INDICATORI CHIARI cambiamento climalità e della rilevanza E SISTEMICI PER LA MISURA DELLA tico sono sempre più di poter indirizzare SOSTENIBILITÀ È ESSENZIALE evidenti agli occhi di il cambio di modello PER MONITORARE I RISULTATI tutti, e le perdite ecouscendo da una fase nomiche dettate dalle catastrofi dirompenti di alleanza prevalentemente economico- mosono tangibili. La transizione verso modelli netaria. Con l’ambizioso progetto del Green di sviluppo più sostenibili non è un’opzione Deal e i target recentemente rivisti su decarquindi, ma una necessità per il futuro dell’ebonizzazione e circolarità, l’Europa non metconomia e delle persone. Sicuramente le polite in campo soltanto una visione ma anche cy europee, a cui si aggiungono le 5 Missions strategie e target ambiziosi chiari e concreti, lanciate dalla Commissione Europea (Salute nonché le risorse necessari alla loro realizzadel suolo e cibo, Clima e trasformazione sozione. Sta poi ai singoli Stati adattare le stra-

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tegie alle esigenze e ai problemi dei territori con approccio sistemico per trasformarli in imperdibili opportunità Ma non sarebbe ora di individuare parametrazioni affidabili per valutare il vero grado di compliance di imprese e istituzioni alla sostenibilità? La disponibilità e la definizione di indicatori chiari e sistemici per la misura della sostenibilità e circolarità è una conditio sine qua non per permettere un attento monitoraggio dei risultati su campo, un eventuale adattamento delle azioni intraprese qualora si verificassero scostamenti significativi rispetto agli obiettivi fissati. Diventa così possibile implementare progetti di innovazione in una logica inclusiva e di learning by doing fondamentali per il profondo cambio culturale a livello individuale e collettivo necessario alla transizione. In questo contesto le imprese devono essere consapevoli del loro ruolo es-


senziale nella società, che va oltre il profitto dell’oggi e deve poter produrre valore diffuso per i territori. Va in questa direzione il movimento globale delle B Corp, in grado di fare da driver nei progetti di recovery. Per poter diventare B-Corp, infatti, le aziende devono sottoporsi ad un percorso complesso e strutturato che valuta il loro approccio sistemico sul business sull’ambiente e sulla società (nel B Impact Assessment). Come valuta l’impatto della sostenibilità sulla competitività delle nostre imprese? È di freno o di spinta? Ormai tutte le indagini sulle tendenze di consumo mostrano che i fruitori di prodotti e servizi sono sempre più attenti e interessati alla sostenibilità delle filiere, agli impegni delle aziende nei confronti dei territori e dell’ambiente, all’impronta sul Pianeta e al rispetto dei diritti dei lavoratori. Per questo sempre di più servirà avere manager e imprenditori, nonché investitori e istituzioni, che comprendano appieno il valore del capitale naturale e della stabilità sociale e vogliano includerlo nei loro piani di sviluppo, perché il valore del capitale naturale e del capitale sociale stanno diventando sempre di più un fattore di competitività per le imprese, permettendo loro anche di avere informazioni sui rischi e le opportunità dei mercati del futuro. L’innovazione digitale e tecnologica è neutra rispetto all’ambiente oppure no? L’innovazione digitale e tecnologica non è affatto neutra rispetto all’ambiente, anzi può e deve rappresentare uno strumento essenziale della transizione verso modelli sostenibili in moltissimi settori. In campo energetico lo sviluppo della digitalizzazione è fondamentale per consentire la crescita delle energie rinnovabili e per offrire una maggiore efficienza a tutta la filiera, dal produttore al consumatore. L’industria 4.0 punta fortemente sulla digitalizzazione delle imprese attraverso le nuove tecnologie come l’Internet of Things che facilitano l’adozione di cicli di produzione più sostenibili e circolari, riducendo i con-

sumi, gli sprechi e favorendo il recupero degli scarti. In campo agricolo, l’innovazione digitale e tecnologica è alla base dell’agricoltura di precisione, che contribuisce ad un utilizzo più efficiente di materie prime, a ridurre l’utilizzo di sostanze fitosanitarie, determinando maggiore reddito per le imprese e una netta riduzione degli impatti ambientali. Con riferimento alla degradazione degli ecosistemi ed in particolare dei suolo, l’Unione Europea sta volgendo poi una crescente attenzione verso lo sviluppo di tecniche che consentano una rapida mappatura dello stato di salute dei suoli, attraverso il campionamento e le analisi chimico-fisiche dei terreni tramite l’utilizzo di droni per il proximal ed il remote sensing. Con riferimento all’industria, tecnologie come la blockchain applicate alle catene di approvvigionamento, alla gestione dei rifiuti, alla gestione della burocrazia, potranno poi contribuire a ridurre le frodi, l’inquiLA BIOECONOMIA È UNO DEI PILASTRI DELL’ECONOMIA ITALIANA: VALE IL 10% DEL PIL ED È STRATEGICA ANCHE PER GLI INVESTIMENTI IN R&D

namento, le emissioni, ma anche violazioni dei diritti umani, aumentando la trasparenza e la responsabilità e migliorando la gestione dei big data. Tuttavia, il tema etico della proprietà e dell’accesso ai big data è un problema epocale da affrontare quanto prima possibile. Inoltre non va trascurato l’impatto ambientale significativo della infrastruttura digitale che è in crescita esponenziale. Le prime tre iniziative che oggi l’Italia dovrebbe assumere per rafforzare la possibilità di allinearsi in tempo agli obiettivi dell’agenda europea 2030. La bioeconomia, che è quella parte dell’economia che ha a che fare con le risorse rinnovabili, se declinata in una logica circolare, è uno dei settori che maggiormente può contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda europea 2030. La bioeconomia inoltre è uno dei pilastri dell’economia italiana e ne rappresenta più del 10% del valo-

re della produzione. Il Paese è secondo per Ricerca ed Innovazione nella bioeconomia circolare e primo come ricchezza di biodiversità nonché come numero di prodotti ad alto valore aggiunto. Per massimizzare gli ingenti investimenti già fatti in questo settore, ed il suo potenziale rigenerativo e di decarbonizzazione, le prime tre iniziative che oggi l’Italia dovrebbe intraprendere sono nelle seguenti aree: agricoltura e suolo, impianti di trattamento per i rifiuti organici e bioindustrie. Nello specifico, alla luce dello scenario della nuova Pac, bisognerebbe innanzitutto partire dal favorire ed incentivare tutte le pratiche volte a riportare materia organica pulita e di qualità in suolo, prevedendo per gli agricoltori la modalità di pagamento supplementare al sostegno al reddito di base. Sempre nel settore agricolo, servirebbe un nuovo approccio alla certificazione di prodotti fitosanitari per accelerare l’introduzione di biomolecole naturali a basso impatto e incentivare l’adozione di prodotti ausiliari biodegradabili frutto di filiere decarbonizzate, nonché il riconoscimento del ruolo del compost di qualità. Nell’ambito del trattamento dei rifiuti, si dovrebbe favorire l’adeguamento e lo sviluppo di infrastrutture per il recupero e trattamento della sostanza organica e di altri fondamentali nutrienti nei flussi liquidi e solidi del rifiuto organico. Per quanto riguarda le bioindustrie, si dovrebbe sfruttare il potenziale delle filiere virtuose esistenti, nonché supportare lo sviluppo di nuove tecnologie innovative chimiche, fisiche e biotecnologiche per il riuso di scarti, di byproducts e biomasse da terreni marginali incentivando il passaggio critico da impianto pilota a primo impianto industriale e le startup connesse a filiere e piattaforme esistenti. Per quanto riguarda nello specifico le bioraffinerie, sarà necessario superare gli ostacoli che permangono in tema di end of waste riconoscendo la specificità dei processi della bioeconomia attribuendo nuovi codici Eer/ Ateco per le bioraffinerie della bioeconomia circolare e per i loro scarti di processo.

COVERSTORY > 21


> ENERGY TRANSITION

I tempi sono maturi per una boccata di... idrogeno A vent’anni dalle proiezioni visionarie di Jeremy Rifkin, le tecnologie di produzione dell’idrogeno oggi consentono di compiere finalmente un reale passo in avanti nel processo di transizione energetica di Pierroberto Folgiero*

I

processi di decarbonizzazione che vanno messi in campo per riuscire a contenere l’aumento della temperatura del pianeta devono prevedere la sostituzione di un numero vastissimo di tecnologie impiantistiche nate nei passati decenni sulla base di feedstock di origine fossile. Una vera “rivoluzione impiantistica industriale” che apre un fronte di enormi opportunità di innovazione e di business. Uno dei paradigmi di cui si sta molto parlando è quello di una conversione del sistema energetico – per gli usi industriali, dei trasporti e civili - in cui accanto all’energia elettrica da fonti rinnovabili si faccia strada l’utilizzo del vettore idrogeno low o zero carbon. Parliamo di: un idrogeno detto blue, prodotto con tecnologie tradizionali ma con cattura della CO2 - dunque riducendo le emissioni climalteranti in atmosfera; un idrogeno green, prodotto da elettrolisi utilizzando fonti di energia rinnovabile – la soluzione ottimale in termini ambientali, ma la cui produzione pone ancora problemi in termini di costi e di continuità di approvvigionamento energetico; o un idrogeno ‘circolare’, prodotto con processi che partono da rifiuti dei quali viene recuperato il contenuto di carbonio e idrogeno attraverso tecnologie di conversione chimica. Oggi, a vent’anni di distanza dalle proiezio-

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L’AUTORE, PIERROBERTO FOLGIERO

ni anticipatrici e visionarie di Jeremy Rifkin, rinnovabili, il processo industriale può adsembra che i tempi possano essere maturi. dirittura raggiungere la neutralità carbonica Oggi ci sono tecnologie di stoccaggio, miglioanche della fase di produzione. Il costo di ri tecnologie di elettrolisi e piattaforme tecproduzione è competitivo rispetto all’idronologiche nuove, come quella che propone geno convenzionale da fonte fossile, potendo NextChem per la produzione dell’idrogeno contare sul delta rappresentato dal costo di circolare, che consentono di realizzare imsmaltimento. Gli impianti per la sua produpianti sicuri, che hanno considerevoli vanzione - con tecnologie già oggi cantierabili taggi ambientali non solo dal punto di vista – possono essere collocati in siti industriali dell’impatto sul clima, ma anche in ottica tradizionali energivori come le raffinerie e di economia circolare, risolvendo anche il possono essere funzionali alla loro decarproblema del recupero di volumi enormi di bonizzazione, e magari in prossimità di imscarti plastici che ad oggi non hanno collocapianti di selezione e trattamento dei rifiuti, in zione. modo da ottimizzare la logistica di approvviL’idrogeno ha tanti utilizzi quanti ce ne posgionamento, riducendo ancora di più l’imsono essere nell’industria, nella mobilità e pronta ambientale e creando un sistema virnella vita civile. È quello che si chiama un butuoso “a km zero”. ilding block della chimica: un prodotto-base Nel 2025 si stima che il 23% dell’energia in per realizzare più o meno tutto quello che Europa verrà dall’idrogeno. L’Unione Euroabbiamo quotidianamente attorno a noi. pea ha lanciato la sua strategia, dimostranL’idrogeno prodotto do ancora una volta L’IDROGENO PRODOTTO DA RIFIUTI da rifiuti, prevalentela volontà di porsi PREVALENTEMENTE PLASTICI È PURO mente plastici, è un in una posizione di E CONSENTE UNA NETTA RIDUZIONE idrogeno puro, che avanguardia su questi DELL’IMPRONTA CARBONICA viene da un processo temi, a livello montecnologicamente consolidato; quando imdiale. Ogni Paese è chiamato a dotarsi di una piegato in sostituzione dell’idrogeno ‘grigio’, sua strategia, sull’idrogeno. L’Italia dovrà l’idrogeno circolare consente una riduzione farlo. Un nuovo scenario a idrogeno porta importante dell’impronta carbonica. Se viecon se’ investimenti in ricerca, occupazione ne prodotto utilizzando nel processo anche e sviluppo industriale. La Germania ha stanaltro idrogeno proveniente da elettrolisi da ziato 9 miliardi, la Francia ne ha stanziati 7,


NEL 2025 SI STIMA CHE IL 23% DELL’ENERGIA PRODOTTA IN EUROPA VERRÀ DALL’IDROGENO E NEL 2030 LA CAPACITÀ PRODUTTIVA SARÀ DI 40GW

idrogeno, si stima sia responsabile, insieme a quello generato dal carbone, di quasi il 3% delle emissioni globali di CO2. Questo perché il carbonio contenuto nella fonte fossile viene direttamente scaricato all’atmosfera durante il ciclo produttivo. Per ogni kg di idrogeno da steam reforming si immette in atmosfera 10 chilogrammi di CO2. Se vogliamo attuare una strategia che abbia un impatto in modo rapido sul taglio delle emissioni, non possiamo aspettare molti anni: occorre immaginare una strategia graduale, che veda l’implementazione non solo delle infrastrutture necessarie (su scala internazionale), ma anche di soluzioni “di passaggio”, già disponibili oggi, come l’idrogeno circolare. NextChem sta studiando tecnologie innovative anche per superare i problemi tecnici relativi al sequestro della CO2 e sviluppare soluzioni per il suo riutilizzo. La nostra tecnologia Super Blue porta a un ulteriore livello

AZIENDE PARTECIPANTI

1000

2024

successivo il concetto di blue hydrogen, introducendo come aspetto innovativo l’utilizzo di energia rinnovabile come mezzo alternativo per il processo termico dei forni. Questo approccio permette di ridurre del 50% la generazione di CO2 durante la produzione, facilitandone quindi il recupero totale. La collaborazione tra filiere industriali diverse, tra università e industria, tra industria e istituzioni, è la chiave dello scenario futuro. In Italia il ‘Tavolo Idrogeno’ istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico è un’iniziativa alla quale anche la nostra azienda ha preso parte e volentieri continueremo a dare la nostra collaborazione alla ripresa dei lavori. Abbiamo aderito anche alla European Clean Hydrogen Alliance, l’alleanza creata dalla Commissione Europea per svolgere un ruolo centrale nella discussione su tutti gli aspetti di produzione e trasmissione dell’energia, sulla mobilità e sull’industria. Lo sviluppo di un sistema a idrogeno richiede investimenti, una forte volontà politica e un approccio sinergico e intersettoriale, in quanto quello che si prospetta è un cambiamento radicale delle tecnologie impiantistiche industriali e delle reti di trasporto e distribuzione, su un piano che non può essere che sovranazionale. Serve dunque una visione complessiva di sistema. Per sviluppare il mondo dell’idrogeno bisogna innescare sinergie tra settori - energetico, manifatturiero, dei trasporti – molto diversi tra loro e mettere insieme filiere distanti che si devono parlare e che devono uniformare linguaggi, conoscenze, condividere dati e informazioni, creare sinapsi del tutto nuove. Quello che abbiamo oggi, vent’anni dopo Rifkin, è, forse, la capacità di mettere insieme questi mondi così diversi per creare una visione di sistema: oggi ci aiuta la digitalizzazione, la facilità nello scambio delle conoscenze, e l’urgenza di agire adesso, subito, per produrre effetti che si vedranno, speriamo, tra qualche anno. *ceo di Maire Tecnimont e della controllata NextChem

COMPAGNIE

2050

l’Italia si legge che potrebbe stanziarne 3. L’Italia potrebbe giocare un ruolo molto più ambizioso in questa partita; per farlo deve non solo supportare la filiera con incentivi e defiscalizzazione in misura adeguata, ma soprattutto deve fornire un quadro normativo chiaro e abilitante. In Europa le proiezioni danno una capacità complessiva di elettrolisi di 40GW per il 2030, con 6.800 km di pipeline, che diventeranno 23.000 entro il 2040 (il 75% dei quali saranno reti gas convertite). L’Italia, nella geografia prospettica delle stime di sviluppo del settore, al momento risulta non pervenuta. Oggi, delle 70 milioni di tonnellate di idrogeno prodotte la quota prevalente è da steam reforming, utilizzando una fonte di origine fossile, il gas naturale. Questo tipo di idrogeno (detto grey), che da solo oggi rappresenta circa il 75% della produzione mondiale di

COMPAGNIE

2000

ENERGIA RINNOVABILE

2024 6 GW 2030 40 GW (EU) + 40 GW (EXTRA UE)

RIDUZIONE DELLE EMISSIONI ANNUALI

2024

2030

9 MILIONI DI TONNELLATE

90 MILIONI DI TONNELLATE

INVESTIMENTI

5-9 2024 26-44 2030 MILIARDI

DI EURO

MILIARDI

DI EURO

(EUROPEAN CLEAN HYDROGEN ALLIANCE)

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> ENERGY TRANSITION QUELLA TRANSIZIONE CHE CI PORTA NEL FUTURO Come saremo fra trent’anni? Sicuramente molto più sostenibili. Lo dimostrano il Piano strategico e le azioni concrete già in atto di Eni, che da qui al 2050 ridisegnerà la propria impronta. Ecco come di Marina Marinetti e Maddalena Bonaccorso

L

e onde del mare trasformate in energia elettrica, la cattura e stoccaggio della CO2, i biocarburanti, i feedstock alternativi… benvenuti nel futuro. Quello che la nuova Eni sta ridisegnando, creando valore nella transizione energetica. «Un passo fondamentale», come lo ha definito l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, presentando il piano strategico di lungo termine al 2050: «Abbiamo disegnato l’evoluzione di Eni nei prossimi 30 anni coniugando gli obiettivi di continuo sviluppo in un mercato dell’energia in forte evoluzione con una significativa riduzione dell’impronta carbonica del portafoglio. Un connubio giudicato da molti quasi impossibile, cui diamo, per primi nell’induIL CONCEPT DELL’ENERGY BRIGHT HUB DI ENI A ECOMONDO 2020 stria, un contenuto di business facendo leva sulla qualità dei nostri asset, delle nostre tecnologie e delle nostre competenze». delle plastiche e, quanto all’impronta carbonica, Gli obiettivi del piano strategico vedono quindi il target fisso di riduzione al 2050 delle emissioni la produzione di energia elettrica da gas – che al assolute dell’80%, ben oltre la soglia del 70% in2050% costituirà circa l’85% della produzione dicata dalla Iea nel Sustainable Development Scetotale - associata a di conservazione delle foreste e nario (SDS, che traccia le riduzioni delle emissioni di cattura e stoccaggio della CO2 per più di 40 micompatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi) lioni di tonnellate l’anno, per integrare al meglio e dell’intensità emissiva del 55%. A proposito: la fornitura da rinnovabili, in forte crescita a oltre Eni non solo ha confermato, ma ha ulteriormente 55GW al 2050. Quanto alla raffinazione, ci sarà la esteso i propri obiettivi intermedi di decarbonizgraduale conversione zazione, fissato al 2030 dei siti italiani ricorren- IL TARGET DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI il net-zero carbon foDI ENI PER IL 2050 È DELL’80%, BEN do a nuove tecnologie otprint per le emissioni OLTRE LA SOGLIA DEL 70% INDICATA per la produzione di scope 1 e 2 - emissioni DALL’INTERNATIONAL ENERGY AGENCY prodotti decarbonizzati dirette, da generazione da riciclo di materiali di scarto, con l’incremento di energia elettrica, ndr - delle attività upstream della capacità della raffinazione “bio” a 5 milioni e al 2040 quello per le emissioni scope 1 e 2 di di tonnellate, palm oil free a partire dal 2023, ben tutte le attività della compagnia. «I principi che ci sette anni prima del limite previsto dalla regolaguideranno in questo viaggio restano immutati», mentazione europea. Il comparto chimico vedrà ha sottolineato Descalzi presentando gli obiettivi la conversione progressiva dei siti esistenti ricordi Eni: «la promozione di tutti gli UN SDGs è un rendo a tecnologie per produzioni più specializelemento fondante della nostra “mission”, così zate, da materie prime rinnovabili e da riciclo come il mantenimento di una solida posizione pa-

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trimoniale, che resta alla base delle nostre scelte. L’Eni del futuro sarà quindi ancor più sostenibile. Abbiamo disegnato una strategia che coniuga la sostenibilità economica con quella ambientale e l’abbiamo declinata progettando azioni che abbiamo già dimostrato di saper realizzare. Ciò consentirà a Eni di essere un leader nel mercato a cui fornirà prodotti fortemente decarbonizzati contribuendo attivamente al processo di transizione energetica». Non stupisce, dunque, trovare Eni a Ecomondo 2020 a raccontare il viaggio verso un futuro low carbon, con il suo “Energy Bright Hub”, un “non volume” architettonico realizzato completamente in vetro opalescente e in grado di emettere pulsazioni luminose policromatiche, evocative di una nuova energia sempre più low carbon. L’installazione è situata all’esterno dei padiglioni, sulla piscina, così da potersi frapporre tra gli elementi acqua e cielo, con i quali, attraverso le proprie caratteristiche, riesce a stabilire una “connessione armonica”, quasi simbiotica e sostenibile. Con


quest’ultima metafora, Eni evoca l’imponente processo di trasformazione energetica, con il quale punta, da qui ai prossimi trent’anni, a diventare leader nella produzione e vendita di prodotti decarbonizzati.

Non solo decarbonizzazione A parlare, da profani di cattura e stoccaggio della CO2, si rischia di suscitare sorpresa. Eppure, il processo di cattura e stoccaggio della CO2 (tecnicamente si chiama Carbon capture and storage, in sigla Ccs e insieme alla Ccu, vale a dire carbon capture and utilisation, concorre a formare l’insieme di tecnologie identificate con l’acronimo Ccus, Carbon capture, utilisation and storage) di fatto sfrutta l’esperienza acquisita con le attività di stoccaggio del gas naturale iniziate nel 1915, quando in Canada venne realizzato il primo impianto sotterraneo di stoccaggio del gas naturale. Ebbene: Eni è stata un precursore nel campo dello stoccaggio del gas con l’avvio, nell’ormai lontano 1964, del primo campo di stoccaggio a Cortemaggiore, in Emilia, tutt’ora in esercizio. Una tecnologia che si è sviluppata sino a diventare un processo industriale utilizzato in tutto il mondo. Il processo di cattura e stoccaggio della CO2 è quindi una tecnologia matura e consolidata indispensabile per contrastare il cambiamento climatico, e per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi del 2015 come illustrato anche dal recente rapporto della Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) che prevede che

CLAUDIO DESCALZI, AMMINISTRATORE DELEGATO DI ENI

L’IMPIANTO VERSALIS A CRESCENTINO, IN PROVINCIA DI VERCELLI

la Ccs dovrà contribuire per circa il 10% alla necessaria riduzione delle emissioni entro il 2050. È considerata inoltre l’unica opzione praticabile e tecnicamente matura in grado di decarbonizzare il settore industriale, responsabile di un quarto delle emissioni globali di CO2, associate in particolare ai comparti più “energivori”, quali la produzione di cemento e acciaio, l’industria della carta, la raffinazione: la Ccs si è anche rivelata economicamente conveniente rispetto ad altre tecnologie di mitigazione. Un grande progetto di cattura e stoccaggio è in fase di preparazione a Ravenna: l’avvio è previsto entro il 2021, a valle dell’ottenimento delle necessarie autorizzazioni, e la sua prima fase prevede la cattura e lo stoccaggio di parte delle emissioni provenienti dalle centrali a gas di Casal Borsetti e degli impianti Versalis, società chimica di Eni. Il sito ravennate presenta tutte le caratteristiche (taglia degli impianti, vicinanza alle fonti emissive, riutilizzo di facilities esistenti) per essere realizzato a costi competitivi e in tempi rapidi. Il grande potenziale di stoccaggio potrebbe consentire a Ravenna di diventare il polo di riferimento non solo per l’Italia ma anche per i Paesi del Mediterraneo. E le ipotesi di sviluppo del progetto includono, oltre alla cattura e allo stoccaggio della CO2, anche la produzione e l’utilizzo di idrogeno blu, oltre all’eventuale distribuzione ad utenze industriali e domestiche e per la mobilità sostenibile. Proprio Versalis fa dell’economia circolare un caposaldo del proprio business: in particolare, por-

ta avanti tre pilastri strategici, che sono fondati sull’innovazione e includono il riciclo dei polimeri tramite lo sviluppo di tecnologie innovative, l’eco-design per massimizzare l’efficienza delle risorse in tutte le fasi del ciclo di vita e la riciclabilità dei prodotti e i feedstock alternativi quali, tra gli altri, le materie prime da fonti rinnovabili. Riguardo al riciclo dei polimeri, soprattutto, Versalis è costantemente impegnata nello sviluppo di nuove tecnologie attraverso una serie di progetti, sia di riciclo molecolare che fisico: Hoop, per esempio, è un processo virtuoso di riciclo della plastica teoricamente infinito, che permette di ottenere nuovi polimeri vergini idonei a ogni applicazione e con caratteristiche identiche a quelli che provengono da fonti fossili. Versalis realizzerà un primo impianto da 6 mila tonnellate anno a Mantova, con l’obiettivo di un successivo e progressivo passaggio di scala iniziando dai propri siti produttivi nazionali. Sempre a Mantova Versalis produce polistirene espandibile (Eps) contenente materia prima da riciclo fornita dal circuito della raccolta differenziata domestica italiana, che comprende bicchieri, vassoi e coppette yogurt in polistirene. Il prodotto finito può essere trasformato nelle stesse applicazioni del prodotto vergine: pannelli isolanti per il risparmio energetico in edilizia o packaging protettivo di elettrodomestici e mobili. Nel campo della produzione da fonti rinnovabili, dall’inizio dell’emergenza sanitaria Versalis ha messo a disposizione la propria competenza e i propri impianti

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> ENERGY TRANSITION PIÙ VALORE AGLI EDIFICI

LA BIORAFFINERIA ENI DI VENEZIA

produttivi a Crescentino, nel vercellese, per produrre una gamma di disinfettanti, denominata Invix, utilizzando come principio attivo l’etanolo da materie prime vegetali. A questo scopo, è stata adattata una linea di produzione dello stabilimento dedicandola a questa importante produzione: il disinfettante, sviluppato su formulazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e autorizzato dal Ministero della Salute italiano, è un presidio medico chirurgico.

più innovativi d’Europa con una capacità di lavorazione fino a 750.000 tonnellate annue, le due bioraffinerie consentiranno a partire dal 2021 di superare la quota di un milione di tonnellate di HVO (olio vegetale idrogenato) che, addizionato al gasolio, dà vita al carburante premium Eni Diesel+. Ma non si ferma qui: riguardo al settore di ricerca e sviluppo, Eni è particolarmente impegnata e attiva nei progetti di economia circolare finalizzati alla valorizzazione delle biomasse, degli scarti e dei rifiuti, da utilizzare come nuovi Il futuro è circolare feedstock (le materie prime) per la produzione di Trasformare raffinerie ormai tecnologicamente biocarburanti in sostituzione degli oli di origine obsolete in bioraffinerie e identificare soluzioni vegetale. Già oggi, infatti, circa il 50% degli Uco innovative per la produzione di biocarburanti per (oli alimentari esasuti, Used Cooking Oils) disporendere il sistema econibili in Italia viene tratLA BIORAFFINERIA DI VENEZIA nomico più efficiente, tato nella bioraffineria RAPPRESENTA IL PRIMO ESEMPIO minimizzando al conEni di Venezia e a breve AL MONDO DI CONVERSIONE tempo l’uso di risorse e anche in quella di Gela, DA PETROLIO A BIOCARBURANTI di energia e tutelando grazie anche alle partl’occupazione e le competenze: Eni è stata un prenership e agli accordi siglati con diverse aziende cursore nello sviluppo di soluzioni per l’economultiutility incaricate della raccolta e trattamento mia circolare e già esercita una forte leadership, dei rifiuti. Ha anche avviato la raccolta degli oli di grazie alla presenza di asset distribuiti su tutto il cucina presso le proprie sedi, per facilitare il conterritorio, competenze interne specifiche, tecnoferimento – e il coinvolgimento - dei dipendenti logie proprietarie innovative e integrazione lungo e annunciato di non utilizzare olio di palma dal tutta la filiera. La bioraffineria di Venezia, a Porto 2023, con sette anni di anticipo rispetto alla norMarghera, rappresenta il primo esempio al monmativa europea. do di conversione di una raffineria di petrolio in bioraffineria, grazie a una tecnologia proprietaria Eni Rewind, riavvolgere il nastro Eni. Produce biocarburanti dal maggio 2014, utiGià il nome sintetizza efficacemente il purpose: lizzando quote sempre maggiori di oli alimentari Eni Rewind è il global contractor ambientale di esausti, grassi animali e altre materie prime di Eni per tutto il business sia italiano che estero. scarto in sostituzione degli oli vegetali certificati Con la progressiva crescita del proprio ruolo da per la sostenibilità. Assieme all’asset di Gela, tra i global contractor di Eni per le attività ambientali

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In Italia ci sono più di 1,2 milioni di condomini, e di questi oltre il 70% ha più di 50 anni, ovvero è stato costruito antecedentemente alla prima legge sull’efficienza energetica: proprio a questi condomini Eni gas e luce offre un servizio innovativo che si chiama CappottoMio, grazie al quale si ha la possibilità di consumare dal 30 al 50% di energia in meno, aumentando così il valore patrimoniale degli immobili. Progettato da Eni gas e luce assieme ai partner specialistici della propria rete di servizi energetici, “CappottoMio” ben si coniuga con uno dei capisaldi della mission dell’azienda, che da semplice fornitore di gas ed elettricità si pone l’obiettivo di diventare sempre di più un consulente del cliente accompagnandolo a un utilizzo più razionale ed efficiente dell’energia. Infatti, frutto della collaborazione tra le diverse professionalità della Società e dei partner, non si limita all’isolamento termico degli edifici per ridurne le dispersioni termiche, ma si estende all’adeguamento energetico delle centrali termiche condominiali e la messa in sicurezza sismica degli edifici, con la possibilità di usufruire anche in questo caso di tutti i vantaggi fiscali previsti dall’ecobonus: è realizzato in conformità con la normativa in materia di ecobonus (detrazioni fiscali fino all’110% dell’importo dei lavori) e sismabonus (fino all’110%) con la possibilità di cedere a terzi il credito fiscale. Il condominio che intende installare CappottoMio potrà inoltre cedere al partner operativo di Eni gas e luce tutte le detrazioni fiscali ottenibili secondo quanto stabilito dalla legge e corrispondere, anche in forma rateizzata, solo l’importo rimanente a saldo della spesa totale. Il condominio potrà ottenere il finanziamento a tasso fisso di tale importo residuo fino ad una durata massima di 10 anni al fine di consentire con i risparmi ottenuti la copertura dei costi.


a società operante su incarico di società terze, Eni Rewind intende valorizzare sul mercato le competenze maturate e le tecnologie validate attraverso la realizzazione di progetti complessi e diversificati, in linea con la propria mission di sviluppo sostenibile dei territori. Rewind richiama il nastro delle vecchie musicassette da riavvolgere per ricominciare l’ascolto da capo. A ricominciare, però, è l’ambiente: Rewind sta, infatti, per Remediation and Waste Into Development e la mission dell’azienda è quella di valorizzare le risorse (suoli, acque, rifiuti) e vedere la bonifica non solo come valore aggiunto, ma anche come opportunità per il Sistema Paese e per i territori, applicando i criteri di sostenibilità. Un risanamento, dunque, non fine a se stesso, ma visto e progettato come strumento di riqualificazione e di sviluppo. Proprietaria di circa 3.800 ettari di aree in Italia, di cui circa il 65% ricadenti in siti di interesse Nazionale, Eni ha speso dal 2003 a oggi oltre 3 miliardi di euro in interventi ambientali. Eni Rewind opera in linea con i principi dell’economia circolare per valorizzare i terreni, le acque e i rifiuti, industriali o derivanti da attività di bonifica, attraverso progetti di risanamento e di recupero sostenibili. Un esempio concreto di applicazione dei principi di economia circolare è il progetto Waste to Fuel (W2F) basato sulla tecnologia proprietaria Eni consente di trasformare la Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) in bio olio (fino al 16% della carica in ingresso) con recupero dell’acqua contenuta nel rifiuto umido (tra il 60 e 80%). Eni Rewind ha sviluppato un impianto pilota a Gela, avviato nel 2018, e

L’IMPIANTO PILOTA W2F DI ENI REWIND A GELA

sta progettando il primo impianto di taglia industriale a Porto Marghera, in un’area dismessa del petrolchimico. Il bio olio prodotto dagli impianti Waste to Fuel può essere destinato al trasporto marittimo, visto il basso contenuto di zolfo, o contribuire a produrre biocarburanti avanzati, mentre l’acqua recuperata può essere destinata a usi industriali. Ulteriore esempio è rappresentato dalla tecnologia Blue Water, sviluppata da Eni Rewind e finalizzata al trattamento e al recupero delle acque associate alle attività estrattive. Tra-

L’ENERGIA ARRIVA DAL MARE Le onde marine sono la più grande fonte rinnovabile inutilizzata al mondo: distribuita uniformemente in tutto il pianeta, con densità energetica estremamente elevata, alta prevedibilità e bassa variabilità. Il moto ondoso ha una densità energetica media stimata fino a ≈3 kW/m2, cinque volte maggiore del vento e fino 10-20 volte maggiore del Sole. Dalla ricerca congiunta tra il Politecnico di Torino ed Eni per l’innovazione nel settore delle energie rinnovabili è nato il progetto Iswec, Inertial Sea Wave Energy Converter: si tratta di un convertitore flottante per mare aperto, in grado di convertire il movimento delle onde in energia elettrica, attraverso l’effetto di un giroscopio presente all’interno del natante. Il funzionamento è complesso ma efficace: le onde inducono sullo scafo un movimento di beccheggio, che successivamente è trasmesso a un volano inserito in un sistema giroscopico. Il movimento e la velocità di rotazione dell’albero

mite l’impiego di questa tecnologia è possibile rigenerare l’acqua estratta con la produzione del greggio. Nello specifico, il sistema, come avviene nei tradizionali impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali, tratta l’acqua per restituirla al corpo idrico superficiale o, previo ulteriore trattamento, destinarla a uso industriale. Nel contempo, l’impianto Blue Water permetterà di ridurre lo smaltimento dei residui in uscita (soluzioni saline e fanghi) e minimizzare il prelievo di acqua in natura.

di trasmissione vengono quindi in corrente elettrica. È un innovativo sistema in grado di adattarsi alle differenti condizioni del mare, così da garantire un’elevata continuità nella produzione energetica: questo perché c’è la possibilità di controllare la velocità di rotazione del volano, in modo da poter aumentare la produttività del dispositivo. Inoltre, le sue caratteristiche di adattabilità e flessibilità, l’elevato potenziale di sviluppo, la costruibilità e la facilità di installazionegestione lo rendono un meccanismo utilissimo e dal ridotto impatto paesaggistico: misura solo 1,5 m di altezza dalla superficie del mare, con una grande differenza rispetto a eolico e solare,

che impattano in termini di altezza il primo e di superficie il secondo. Sono numerosi i campi di applicazione di Iswec, soprattutto nello sviluppo di parchi marini per produzione di energia rinnovabile destinata, per esempio, alle isole minori o artificiali non collegate alla rete elettrica nazionale: oppure ancora l’alimentazione di piattaforme offshore e di piattaforme riconvertibili a multiuso (es. per l’itticoltura). La prima applicazione su scala pilota è avvenuta nell’offshore di Ravenna nel 2018. Adesso è in corso la progettazione per una prima installazione industriale di Iswec presso la piattaforma Eni Prezioso nel Canale di Sicilia.

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> ENERGY TRANSITION

Nasce la comunità energetica gratis e “rinnovabile” Parte in Lombardia il progetto di Sorgenia: energia verde condivisa e completamente gratuita per le amministrazioni e gli abitanti di due comuni del lodigiano di Paola Belli

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a transizione energetica passa (anche) dall’autoconsumo collettivo. Mancava solo la firma del Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, per renderla una realtà. E quando, a metà settembre, è finalmente arrivata la firma al decreto attuativo che definisce la tariffa con la quale si incentiva la promozione dell’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche da fonti rinnovabili, Sorgenia, digital energy company italiana, ha immediatamente presentato il suo primo progetto di comunità energetica rinnovabile (Rec). Il primo, va detto, di una serie di interventi che Sorgenia realizzerà nei prossimi mesi. Protagonisti della comunità energetica, modalità innovativa di produrre energia da fonti rinnovabili e condividerla, sono alcuni edifici pubblici di Turano Lodigiano e Bertonico. Sorgenia ha avviato la realizzazione di cinque impianti fotovoltaici nei due Comuni, dove è presente da anni con una delle proprie centrali termoelettriche di ultima generazione. L’iniziativa, sviluppata in accordo con le amministrazioni del territorio, consentirà alla comunità energetica di ricevere energia 100% green e completamente gratuita. Gli impianti saranno installati sulle aree coperte del campo sportivo e sulla palestra di Turano Lodigiano, sopra la mensa e sull’edificio delle Poste e della Protezione Civile di Bertonico. Questo progetto consentirà sia di produrre l’energia necessaria per soddisfare il fabbisogno dei due Comuni, sia di mettere a disposizione di alcune famiglie delle due comunità quella in eccesso. Le Rec, infatti,

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permettono di condividere l’energia verde prodotta senza gravare sulla rete nazionale, rendendo possibile la produzione diffusa attraverso un modello sostenibile, capace di abbattere i costi di trasporto nonché le dispersioni lungo la rete. Sorgenia fornirà le migliori soluzioni tecnologiche per gestire la comunità energetica, ottimizzando la produzione e l’autoconsumo. «Le comunità energetiche sono l’esempio plastico di come il digitale possa trasformare profondamente il mondo dell’energia», commenta l’amministratore delegato di Sorgenia, Gianfilippo Mancini. «Si tratta di una frontiera molto interessante per un’azienda come la nostra: puntiamo a stimolare attivamente la nascita di Rec, individuando i distretti più adatti e progettando soluzioni su misura. Siamo di fronte a un modello che mette al centro le persone, trasformandole in protagoniste consapevoli della transizione energetica». «Come amministrazione comunale abbiamo voluto andare oltre quanto previsto dalla convenzione che regola i rapporti tra Sorgenia e Comune, per aprire nuovi orizzonti di collaborazione», aggiunge Emiliano Lottaroli, sindaco di Tura-

no Lodigiano: «Siamo orgogliosi che, grazie al contributo di Sorgenia, il nostro territorio si candidi a essere un’eccellenza nel campo delle energie rinnovabili». «Collaboriamo con l’amministrazione comunale dal 2018: nel corso di questi due anni abbiamo fatto molte proposte per un utilizzo innovativo dell’energia rinnovabile», sottolinea Mauro Tresoldi, portavoce del Comitato Idea Turano: «Il progetto è per noi fonte di grande soddisfazione, non solo perché rappresenta il felice esito di una cooperazione proficua ma anche perché costituisce il primo passo verso una serie di iniziative nel nome della sostenibilità ambientale». L’autoconsumo collettivo, previsto dal decreto Milleproroghe del dicembre 2019, diventa dunque una realtà. È attivabile da famiglie e altri soggetti che si trovano nello stesso edificio o condominio, e le comunità energetiche, a cui possono partecipare persone fisiche, Pmi, enti locali, ubicati in un perimetro più ampio rispetto a quello dei condomini. La tariffa per l’energia autoconsumata è di 100 €/MWh per le configurazioni di autoconsumo collettivo e di 110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabili. L’incentivo, riconosciuto per un periodo di 20 anni e gestito dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse), è cumulabile con il Superbonus al 110% nei limiti previsti dalla legge e punta a trasformare l’attuale sistema elettrico centralizzato, alimentato da combustibili fossili, in un sistema decentrato ed efficiente, alimentato con energie pulite, inesauribili e non inquinanti.


Il lato B del business concilia gli utili con l’etica Il movimento delle B-Corp sta prendendo sempre più piede anche in Italia. Un cambio di prospettiva che, insieme al profitto, persegue sostenibilità ambientale e sociale, solidarietà ed etica di Maddalena Bonaccorso

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onciliare l’economia con l’etica: è questa, sintetizzata in poche parole, la missione delle B Corp, aziende che, pur perseguendo giustamente il profitto, fanno di sostenibilità ambientale e sociale, solidarietà ed etica del lavoro i propri principi-guida. Il movimento delle B Corp, che creano business e nello stesso tempo cercano di portare avanti un impatto positivo sul mondo, lasciandolo un po’ migliore di come l’hanno trovato, è uno dei grandi temi e delle grandi sfide del terzo millennio: essere rigenerativi, cercare di creare più risorse di quante se ne consumino può essere la chiave di volta imprenditoriale per affrontare al meglio anche il duro periodo del post Covid. È dunque facile comprendere come le cinque aree sulle quali si basa lo strumento del B Impact Assessment - utilizzato dall’ente internazionale certificatore B Lab per stabilire se un’azienda possa essere o meno inserita in questa comunità virtuosa - e cioè persone, ambiente, comunità, governance e consumatori possano essere i pilastri portanti di una nuova rivoluzione industriale. «Le B Corp sono aziende che ripensano il proprio ruolo nella società», spiega Eric Ezechieli (nella foto), co-fondatore di Nativa, che nel 2013 è stata la prima società certificata in Europa e che oggi guida le altre imprese nel percorso di valutazione del proprio impatto positivo, «ponendosi come scopo non solo quello di creare valore economico per

gli azionisti, ma anche quello di apportare valore ambientale, sostenibile e sociale. È un cambiamento di prospettiva rispetto a quanto si faceva in precedenza, quando la spinta economica di un’azienda, specialmente se molto grande, era spesso a scapito di qualcuno o qualcosa: ora, con le B Corporation, si vuole prestare una maggiore attenzione al contorno, a tutto ciò che ruota attorno alle imprese, per costruire davvero una società migliore». Le B Corp sono attualmente 3700, diffuse in 71 Paesi: più di 100 tra queste sono in Italia, e sono la punta più avanzata tra le aziende che innovano e che creano il loro successo anche sulle performance di miglioramento della società e delle persone, pur essendo competitive e performanti sul mercato: «Queste aziende che hanno ottenuto la certificazione B Corp», prosegue Ezechieli, «giocano lo stesso “campionato” delle altre, e questo è un messaggio che deve essere molto chiaro: sono aziende in salute che creano ricchezza, ma nello stesso tempo riescono a

spingersi ancora oltre dal punto di vista delle responsabilità. Anzi, dirò di più: solitamente le aziende che sono più efficaci nel creare valore ambientale, etico e sociale sono anche quelle migliori nei risultati economici e finanziari». Conquistare la certificazione è un percorso lungo e non semplice: un’azienda che voglia intraprenderlo per prima cosa è invitata a misurare l’impatto che produce sull’esterno, le proprie pratiche, i propri processi, per capire se è “estrattiva” (cioè assorbe più valore di quello che produce) o “rigenerativa “ (cioè crea più valore di quanto ne assorbe): «Dopodiché», conclude Ezechieli, «tutti questi parametri, che comprendono anche la governance, la trasparenza, il business model, confluiscono in uno standard di misurazione, appunto il B Impact assessment, che misura le performance e stabilisce se l’azienda può entrare a far parte della comunità delle B Corp». Solo una piccola percentuale delle aziende riesce subito ad arrivare alla soglia minima di performance (80 punti su 200) per potersi fregiare della qualifica: per le altre – si calcola che siano almeno 150milaquelle che nel mondo hanno iniziato il percorso verso la certificazione, a testimoniare il grande interesse per queste tematiche - si apre una fase di perfezionamento e miglioramento, in attesa di riuscire a cambiare davvero prospettiva, e farsi quindi foriere di un nuovo modello di business. Quello che ci guida verso un mondo migliore, e possibile.

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> B-CORPORATION

Salute, pianeta e comunità l’altra faccia del fare impresa Da quest’anno le tre aziende di Danone sono certificate B Corp: oltre al profitto, perseguono obiettivi di beneficio comune. Ce lo spiega in quest’intervista il ceo di Mellin e Nutricia Fabrizio Gavelli di Maddalena Bonaccorso

È UNA DELLE MULTINAZIONALI DELLA NUTRIZIONE PIÙ SOLIDE AL MONDO, E DA QUEST’ANNO LE TRE AZIENDE ITALIANE DEL GRUPPO (DANONE, MELLIN E NUTRICIA) SONO ANCHE AZIENDE CERTIFICATE B-CORP: OLTRE A PERSEGUIRE IL PROFITTO, PORTANO AVANTI ANCHE OBIETTIVI DI BENEFICIO COMUNE.

Sono passati più di 100 anni da quando Danone, nata nel 1919 in Francia dell’intuizione di Isaac Carasso di creare yogurt –fino ad allora venduti solo in farmacia- più buoni e appetibili rendendoli un prodotto di massa, ha iniziato a riscrivere il modo di fare impresa perseguendo obiettivi sociali ed ecosostenibili. Adesso, arriva anche l’autorevole bollino della certificazione, conferito dal Business Impact Assessment,

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del quale abbiamo parlato con Fabrizio Gavelli (nella foto in alto), ceo di Danone Specialized Nutrition South Europe e amministratore delegato di Mellin e Nutricia.

Danone viveva già in un’ottica lavorativa B Corp, ancor prima che esistesse la certificazione. Come mai dunque avete intrapreso questo percorso? Danone ha fatto della conciliazione tra economia, etica e sostenibilità il motore trainante dell’operato aziendale sin dalla sua fondazione. La certificazione B Corp delle nostre tre aziende in Italia - Danone, Mellin e Nutricia - rappresenta il riconoscimento della visione “One Planet. One Health” con cui ci impegniamo da

sempre a prenderci cura della salute, dell’ambiente e delle persone. Ritenete possa conferire un valore aggiunto all’azienda? Siamo certi che la certificazione B Corp potrà apportare indubbi benefici sulla nostra organizzazione, sulle nostre persone e sul nostro rapporto con il mondo esterno, ma siamo ancora più convinti – in quanto primo grande gruppo della nutrizione ad aver ottenuto questo riconoscimento – di poter rappresentare un esempio per altre realtà industriali che vogliono intraprendere una svolta significativa orientandosi verso un modello economico-sociale rigenerativo, più inclusivo, sostenibile e solidale. Specialmente in un momento di grande transizione, come quello che stiamo vivendo da quando è scoppiata la pandemia. Sono sotto gli occhi di tutti i cambiamenti economici, sociali e ambientali che interessano la società attuale e che ci invitano a ripensare il modo di vivere, produrre e svilupparsi. Credo che il primo passo verso questo cambiamento spetti alle aziende, proprio perché il loro operato può avere un impatto importante sulla vita delle persone e sull’ambiente. Come funziona il processo di certificazione? Quali passaggi avete dovuto compiere, e cosa avete dovuto cambiare? Le B Corp sono aziende che usano il business come forza positiva; per diventare B Corp è necessario essere certificati attraverso il Business Impact Assessment, una valutazione rigorosa e indipendente che valuta e certifica l’impegno nei confronti dell’ambiente, dei clienti, dei dipendenti e delle comunità. L’essenza valoriale è che un’azienda B Corp si pone lo scopo di lasciare un mondo migliore di quello che ha trovato. Per questo la certificazione misura a 360 gradi l’impatto del proprio business affinché anche l’ambiente e la società, in ogni loro accezione, ne possano beneficiare. Non dimentichiamo


I VALORI DI DANONE DA SEMPRE CONCILIANO ECONOMIA, ETICA E SOSTENIBILITÀ poi che le nostre aziende hanno adottato lo statuto di Società Benefit, una nuova forma giuridica di impresa introdotta dal 1° gennaio 2016 in Italia, primo paese in Europa: le società benefit, insieme agli obiettivi di business, perseguono obiettivi di beneficio comune che vengono inseriti nello statuto e che ogni anno generano una relazione d’impatto da accludere al bilancio della società. Dopo la certificazione, cosa cambia nel percorso di Danone? Nel suo memorabile discorso del 1972, Antoine Riboud, padre fondatore di Danone disse che “Le frontiere dell’azienda non si fermano ai cancelli delle fabbriche”. Le sue parole ci guidano da allora e la nostra vision One Planet. One Health si riconferma come la nostra stella polare: la certificazione B Corp oggi rende il nostro impegno forte, tangibile e misurabile. Con la consapevolezza che la salute del pianeta e delle persone siano fortemente interdipendenti, continuiamo a studiare e ad implementare soluzioni che rigenerano l’ambiente promuovendo l’utilizzo responsabile delle risorse. Da anni siamo in prima linea per la riduzione degli sprechi alimentari, investiamo in energie rinnovabili, sosteniamo la mobilità verde dei nostri dipendenti, e doniamo alberi alle città italiane. Cosa vuol dire e cosa comporta essere una B Corp, nell’ambito del welfare aziendale?

Come cambierà? Credo che il tema della cura delle persone sia centrale, soprattutto in un momento come questo e con una emergenza che ha lasciato tracce indelebili sulle nostre vite: i nuovi modelli non potranno prescindere dalla vicinanza da parte delle aziende alle comunità per le quali e con le quali operano, prima fra tutte la comunità delle proprie persone. A questo proposito mi piace ricordare che siamo stati tra i primi ad attivare il welfare come strumento flessibile e adattabile alle esigenze di ogni persona. L’importo è cresciuto nel tempo e, dal 2019, lo abbiamo anche esteso alle persone in stage. E riguardo al tema del lavoro femminile? La valorizzazione del lavoro femminile come elemento per attivare benessere e competitività dell’azienda è molto sentito, in Danone. Abbiamo oggi nelle aziende di Danone in Italia il 100% delle mamme che rientrano dopo il congedo di maternità, il 40% delle promozioni che avvengono in un anno va proprio a donne al rientro dal congedo. Questo è avvenuto grazie a una parental policy innovativa ed unica nel suo genere che è nata in Italia nel 2011 ed è poi stata adottata da Danone nel mondo. E abbiamo appena lanciato anche una policy a favore dei caregiver, coloro che si prendono cura quotidianamente di anziani, malati e in generale di persone fragili. Nel nostro percorso abbiamo imparato che il sostegno alle mamme e ai caregiver genera un ritorno inestimabile in termini di skills e performance contribuendo ad un contesto complessivamente più aperto e inclusivo. Nel campo della sostenibilità e dei legami con il territorio quali ricadute positive ci saranno? La nostra ambizione ad essere certificati B

Corp esprime il nostro impegno a lungo termine a creare e condividere valori sostenibili per tutti, in linea con la nostra doppia agenda economica e sociale. Danone nel mondo ha la forte ambizione di diventare entro il 2025 la più grande multinazionale interamente certificata B Corp con tutte le sue consociate. Crediamo che il cibo prodotto in modo sostenibile possa aiutare a proteggere e ripristinare la salute del nostro pianeta. Per realizzare il nostro impegno per questa visione ci siamo dati obiettivi forti e coerenti con gli impegni 2030 di Sostenibilità delle Nazioni Unite. Localmente e globalmente ci impegniamo a ridurre le emissioni, proteggere il ciclo dell’acqua in collaborazione con gli attori e le comunità locali e costruire insieme l’economia circolare degli imballaggi, sviluppare e promuovere l’agricoltura, con modelli rigenerativi competitivi, inclusivi e resilienti. Nel momento attuale, fatto di grandi cambiamenti sia economici che sociali, quanto è importante che le aziende ripensino il proprio modo di fare business? Oggi tutto il mondo si trova davanti un bivio che richiede decisioni coraggiose e responsabili: la salute e il rispetto delle persone e del Pianeta non sono più un’opzione sacrificabile a vantaggio del profitto. Dall’economia etica arriva la nuova forza rigenerante in grado di creare un impatto positivo per tutti. Noi ci siamo impegnati a perseguirla con l’aiuto delle nostre persone e in favore loro e di tutti coloro con cui dialoghiamo ogni giorno. Siamo stati il primo grande gruppo della nutrizione ad aver intrapreso il percorso B Corp e l’auspicio è che altre realtà industriali possano vedere quello che abbiamo visto noi, ovvero la possibilità di fare impresa anche con lo scopo di lasciare un mondo migliore di come l’abbiamo trovato.

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> B-CORPORATION

La cura delle persone abbraccia quella del territorio Chiesi Farmaceutici, azienda familiare con una leadership mondiale nel respiratorio e nella neonatologia, è sia B Corp che Società Benefit: una vocazione al benessere comune che “vale doppio” di Marina Marinetti QUANDO NEL 1935 GIACOMO CHIESI INIZIÒ LA SUA ATTIVITÀ FARMACEUTICA IN UN PICCOLO LABORATORIO CON DUE SOLI DIPENDENTI, A PARMA, NON POTEVA CERTO IMMAGINARE CHE NEL GIRO DI QUALCHE DECENNIO LA SUA CREATURA, LA “CHIESI FARMACEUTICI” SAREBBE DIVENTATA UN COLOSSO DEL SETTORE: con sei centri di

ricerca, tre siti produttivi, uffici in 29 paesi, seimila dipendenti e un fatturato che nel 2019 ha quasi raggiunto i due miliardi di euro, il gioiello italiano del farmaco non ha però mai, in quasi cento anni di storia, cambiato la sua mission, che è quella di far stare bene il prossimo. In quest’ottica, e con un “claim” aziendale che recita “Let’s make the world feel better” non sorprende il fatto che Chiesi sia anche il più grande gruppo farmaceutico multinazionale ad aver ottenuto la certifi-

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cazione B-Corp, trasformandosi in Società Benefit che si impegna ad agire come forza positiva e a promuovere un modo diverso di fare business: ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Paola Chiesi, terza generazione della famiglia, Shared Value e Sustainability director nonché coordinatrice della Fondazione Chiesi. Dottoressa Chiesi, si presuppone che un’azienda farmaceutica si occupi già del benessere dei suoi stakeholder (pazienti, comunità, ambiente). Perché compiere un ulteriore passo con la certificazione B-Corp? Ci chiedevamo quale fosse l’impatto complessivo, sulla società e sull’ambiente, della nostra azienda. Eravamo ben consapevoli di avere un impatto positivo sui pazienti, dato che la nostra mission è quella di mi-

gliorare la qualità di vita delle persone attraverso la messa a disposizione di terapie efficaci, ma ci chiedevamo quale fosse l’impatto al di là dell’azienda, sui dipendenti, sul territorio, sull’ambiente. Volevamo in primis misurarlo, e abbiamo identificato nel Business Impact Assessment, che è il più rigoroso standard delle valutazioni ambientali e sociali di un’azienda il tool che poteva permetterci di misurarlo. Utilizzando questo strumento abbiamo potuto derivare un piano di miglioramento che non riguardava solo l’aspetto proprio del business, ma anche quello relativo a tutte le aree di analisi del B Impact. Questo piano di miglioramento, integrato in quello strategico dell’azienda a lungo termine, recepisce la sostenibilità in ogni processo e in ogni pratica dell’azienda. Siete la più grande azienda farmaceutica multinazionale ad aver raggiunto questo obiettivo. Com’è stato il percorso? Il processo è stato complesso, perché noi abbiamo deciso di certificare contemporaneamente tutte le nostre 29 filiali: alcune sono molto piccole e quindi non sono poi state oggetto di certificazione specifica, ma su 18 filiali il processo è stato portato avanti insieme contemporaneamente a quello corporate. È stato il primo vero grande progetto globale della nostra azienda e ha coinvolto la stragrande maggioranza delle funzioni aziendali. Tutto questo è avvenuto nell’arco di un anno e mezzo e ne abbiamo ricavato una grandissima soddisfazione perché c’è stata fin da subito un’adesione totale ed entusiasta di tutte le persone che sono state toccate dal processo: ne hanno colto la valenza e l’essenza, che è completamente diversa dall’ennesima certificazione. Ha il significato di annunciare al mondo il fatto che noi seguiamo un paradigma diverso e che lo proponiamo come modello per l’economia del nostro secolo. E comunque Chiesi Farmaceutici, nonostante le dimensioni, resta comunque un’azienda “familiare”, che conserva un forte legame con il territorio: questo è


un punto di forza? Noi siamo molto legati al parmense, dove l’azienda è nata e dove continua a risiedere non solo il quartier generale, ma anche il principale sito produttivo e centro di ricerca. Il legame è quindi stretto, del resto quello di Parma è un territorio sostenuto da una comunità vivace e attrattiva, caratteristiche che per noi sono fondamentali, per esempio, per portare talenti in azienda. Per contro, ci troviamo sempre e comunque in provincia, non siamo a Milano, non siamo a Roma, e seppure trovandoci in un territorio economicamente sviluppato, che ci permette di lavorare bene e dove le relazioni pubblico-privato funzionano, non è sempre facilissimo. Ma noi abbiamo comunque deciso di rimanere, non cedendo mai ai “canti delle sirene” arrivati negli anni da parte di territori dove magari la tassazione è favorevole. Restiamo qui, e qui rimane la nostra produzione, perché facciamo parte di un unico sistema. L’appartenenza, l’interdipendenza rispetto a un sistema, peraltro, è un concetto fondamentale sul quale si basano le B Corp. La recente pandemia ha mes-

SEGUIAMO UN PARADIGMA DIVERSO E LO PROPONIAMO COME MODELLO PER L’ECONOMIA DEL NOSTRO SECOLO

so ancor più in evidenza l’importanza della connessione? Certamente, il periodo pandemico che stiamo purtroppo vivendo ha reso il concetto veramente eclatante. Se si favorisce il benessere del sistema, automaticamente tutte le parti ne traggono beneficio, e questo è davvero il fondamento del nostro pensiero. E devo anche dire che il nostro CHIESI FARMACEUTICI HA SEI CENTRI DI RICERCA, TRE SITI PRODUTTIVI, 6000 DIPENDENTI E NEL 2019 IL FATTURATO HA SFIORATO I DUE MILIARDI DI EURO

rapporto con il territorio è così importante che proprio dal voler misurare l’impatto che avevamo sulle zone dove produciamo è partita la volontà di misurare poi l’impatto dell’intera azienda, in tutti gli ambiti. Proprio questo ci ha avvicinati al mondo delle B-Corp. Nel 2005 avete creato la Fondazione Chiesi. Di cosa si occupa? È un progetto al quale sono molto affezionata, che ha preso il via operativamente nel 2010, quando ne sono diventata il coordinatore. L’abbiamo creata perché, avendo

una leadership mondiale nel campo della neonatologia - da 30 anni abbiamo immesso sul mercato un farmaco salvavita per i bimbi prematuri- abbiamo iniziato a pensare di fare qualcosa per quei territori a basso reddito dove non abbiamo interessi commerciali, ma dove c’è estremo bisogno di questi farmaci. Abbiamo quindi iniziato a lavorare in Burkina Faso, in un ospedale privato dove era stata istituita la prima neonatologia del Paese, sviluppando una certa esperienza che poi si è allargata al Benin e ad altri Stati. Nel 2014 abbiamo lanciato il programma Nest, che in inglese significa “nido”, ma che è acronimo di Neonatal Essential Survival Technology, che vuole creare un modello di cura neonatale per bambini prematuri e malati alla nascita, un modello che non esisteva. Voi avete deciso di effettuare anche una trasformazione statutaria, che vi ha portato a diventare una Società Benefit. Qual è stato il motivo? Abbiamo sempre dato una grande importanza allo statuto, mai considerato solo come un pezzo di carta, ma come ciò che rappresenta davvero la carta di identità dell’azienda. Dice chi siamo, cosa facciamo, e sebbene nel nostro statuto non ci fosse mai stato scritto che la nostra azienda esisteva solo per generare profitto, abbiamo comunque voluto aggiungere in maniera molto forte l’idea del benessere collettivo. Nel precedente documento questo aspetto era spiegato in modo troppo “asettico”, e declinato in maniera esclusivamente tecnica, essendo la Chiesi un’azienda che produce farmaci. Invece ora abbiamo voluto introdurre il concetto di beneficio collettivo, abbiamo cercato di rendere “umano” il nostro Statuto, bello da leggere. Rappresenta il nostro faro e la direzione nel lunghissimo termine, accompagnerà l’azienda e la guiderà per sempre, ci indica la direzione e fa sì che il beneficio collettivo già inserito nel nostro dna, fin dalla fondazione, sia chiaro al resto del mondo.

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> CARBON FOOTPRINT L’impatto maggiore che possiamo avere è attraverso le società che supportiamo. Ci assumiamo la responsabilità di collaborare con loro per accelerare l’azione verso un futuro sostenibile. Stiamo già realizzando oltre 350 progetti per il clima e l’ambiente con oltre 250 organizzazioni ogni anno. Stiamo impegnando 400 milioni di dollari per consentire ai team di Bcg di avere ancora più occasioni per guidare l’impatto climatico e ambientale in tutti i settori e i Paesi.

Verso un futuro sostenibile la consulenza è strategica Bcg è la prima tra le società di consulenza a essersi impegnata per rimuovere la propria impronta ecologica dall’atmosfera entro il 2030. Come? Ce lo spiega la managing director e partner Laura Villani di Marina Marinetti

DIECI ANNI PER AZZERARE LE EMISSIONI. CHE A PROMETTERLO SIA UNA QUALSIASI AZIENDA MANUFATTURIERA, PASSI. MA CHE SI TRATTI DI UNO DEI PRINCIPALI OBIETTIVI DEL NUMERO UNO DELLA CONSULENZA STRATEGICA, CON PIÙ DI 90 UFFICI IN 50 PAESI E 21MILA PROFESSIONISTI NEL MONDO, CIOÈ BOSTON CONSULTING GROUP, NON È COSA CHE SI LEGGA TUTTI I GIORNI. «Bcg è la

prima, nel mercato, a essersi impegnata a rimuovere la propria impronta ecologica residua dall’atmosfera entro il 2030», conferma a Economy Laura Alice Villani (nella foto), Managing director e Partner di Bcg e responsabile della practice Energy per Italia, Grecia, Turchia ed Israele. «Il nostro purpose è l’essenza delle no-

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stre azioni. Con ‘Unlockig the potential of those who advance the world’ noi racchiudiamo tutte le componenti chiave dell’impatto che abbiamo intenzione, volontà e ambizione di portare nella società attraverso ciò che facciamo come comunità di persone e di individui e ciò che facciamo con i nostri clienti. La transizione energetica è un fattore di sopravvivenza per il pianeta e per tutti noi e al riguardo siamo già al lavoro accanto ai clienti per accelerare il loro contributo ad un futuro a zero emissioni. Come Bcg abbiamo sentito la spinta a fare un passo avanti: ci siamo impegnati a sostenere i nostri clienti e la società con un impegno aggiuntivo di 400 milioni di dollari per far progredire l’azione a favore del clima nel prossimo decennio.

Ma che emissioni può ridurre una società di consulenza? Sembra banale, ma in primo luogo il modo migliore per tenere l’anidride carbonica fuori dall’atmosfera è quello di non immetterla. Per questo motivo abbiamo fissato obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni. Vogliamo ridurre le emissioni dirette di energia e di elettricità del 90% per persone attive entro il 2025, rispetto al nostro anno di riferimento del 2018. Oltre l’80% dell’impronta di Bcg deriva dai viaggi e questo aspetto siamo al lavoro per ottenere una riduzione di almeno il 30% per attivo entro il 2025. Tuttavia, la mobilità è un aspetto essenziale perché le nostre persone possano raggiungere e lavorare accanto ai nostri clienti. Abbiamo iniziato modificare il nostro approccio per comprimere l’impatto climatico dei viaggi d’affari prima della pandemia da Covid-19, e stiamo facendo tesoro delle lezioni apprese in questi ultimi mesi per consolidare il cammino intrapreso. Sappiamo di esserci incamminati lungo un ambizioso percorso, sappiamo che sarà lungo, sappiamo che ci chiederà di sfidare abitudini consolidate, ma siamo fermamente convinti della sua bontà. Nel 2018 abbiamo raggiunto la carbon neutrality, nel 2019 – quando ormai il 100% della nostra energia elettrica arrivava da fonti rinnovabili – abbiamo lanciato il nostro Center for Climate Action, fissato i primi obiettivi di riduzione e ci siamo organizzati internamente per questo scopo. Con il 2020 abbiamo annunciato la nostra Net-Zero Strategy e ora guardiamo al 2025. Nel 2019 Bcg era già passata all’acquisto del 100% di energia elettrica rinnovabile e


continuerà a perseguire gli sforzi per aumentare l’efficienza in ogni sua attività con l’obbiettivo di centrare questo ambizioso risultato. E dopo il 2025? Nel 2030 vogliamo avere un impatto climatico nullo. Per ogni tonnellata rimanente (CO2 equivalente) che emette, Bcg rimuoverà una tonnellata di anidride carbonica dall’atmosfera. Parliamo di investimenti anche consistenti, per rimuovere il carbonio con soluzioni più efficaci sia naturali che ingegnerizzate – infatti – pianifichiamo un investimento di 35 dollari per tonnellata nel 2025, che salirà a 80 dollari per tonnellata nel 2030. Questo segna un aumento significativo rispetto all’attuale media del mercato volontario di compensazione del carbonio, che va dai 3 ai 6 dollari a tonnellata. Questo sforzo permetterà a Bcg di lavorare in collaborazione con le principali organizzazioni di tutto il mondo per sviluppare e implementare i più avanzati approcci di rimozione, essenziali per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Dopo il 2030, l’azienda si impegna ad avere un impatto positivo sul clima, rimuovendo più CO2 rispetto alla quantità di CO2 equivalente emesso. Lei, peraltro, è responsabile della practice Energy per Italia, Grecia, Turchia e Israele. Il passaggio alle emissioni zero non sarà a costo zero. Indubbiamente, una stima Bcg prevede siano

LA TRANSIZIONE ENERGETICA È UN’OPPORTUNITÀ DI CRESCITA ANCHE PER I NOSTRI CLIENTI

necessari circa 75 trilioni di dollari per raggiungere gli obiettivi al 2050, ovvero dal 2% al 6% del Pil annuo dei singoli paesi in analisi. I paesi che sono responsabili di oltre il 60% del mercato mondiale delle emissioni potrebbero colmare almeno il 75% del divario tra le loro emissioni attuali e i loro singoli obiettivi, investendo tra l’1 ed il 2% del proprio Pil ogni anno. Ma il costo della mancata transizione è stimato essere molto più negativo. Sul fronte economico, infatti, diverse ricerche hanno tentato di quantificare l’effetto dei cambiamenti degli ecosistemi sul Prodotto interno lordo mondiale: un’analisi dettagliata dei ricercatori dell’Università di Stanford ha concluso che la traiettoria attuale - che vedrebbe le temperature globali aumentare fino a 4°C entro il 2100 - porterebbe a un Pil pro capite inferiore del 30% rispetto a uno scenario senza un ulteriore riscaldamento. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) prevede che se l’aumento fosse invece limitato a 1,5 gradi centigradi, il Pil sarebbe inferiore solo dell’8%. Di fatto, almeno tre quarti del taglio delle emissioni per raggiungere gli accordi di Parigi sono ottenibili con tecnologie esistenti e provate. Come affiancate i vostri clienti? I temi della transizione energetica sono al centro dell’agenda strategica dei nostri clienti da diversi punti di vista. Innanzitutto, li supportiamo nella definizione del loro percorso verso

la decarbonizzazione prioritizzando le azioni che maggiormente possono fare la differenza in tal senso. Su questo abbiamo maturato molta esperienza sulle varie tecnologie e settori e possiamo contribuire significativamente ad accelerare il processo. Inoltre, la transizione energetica rappresenta indubbiamente un’opportunità di business e di riposizionamento strategico (si pensi ad esempio a tutte le riflessioni che si stanno facendo in questi mesi sul tema idrogeno), e su questo siamo in prima linea a trovare nuove opportunità di crescita e sviluppo per i nostri clienti. Uno degli aspetti a mio avviso più affascinanti della transizione energetica è il ruolo che può giocare il sistema, il tema è molto complesso e sfaccettato e spesso molti attori e competenze sono necessari per mettere a terra azioni e programmi. In questo contesto come Bcg ci impegniamo possiamo davvero fare la differenza, aiutando a mobilitare gli interlocutori e risorse necessari, facendo leva sul nostro network di esperti e di clienti. Qualche esempio? Per ragioni di confidenzialità non possiamo citare molti dei progetti che facciamo con i nostri clienti ma certamente possiamo citare quelli fatti per enti governativi. Ad esempio, in vista dell’Assemblea annuale del 2020 a Davos, il World economic forum ha chiesto ai suoi membri di impegnarsi a ridurre le emissioni nette a zero entro il 2050. Con Bcg il Wef ha poi pubblicato lo studio congiunto Net-Zero Challenge per esaminare lo stato attuale dell’azione per il clima. E il nuovo anno ci vede ancora in prima linea, ma non svelo di più. Insieme al World wildlife fund, il Wwf, abbiamo pubblicato quest’anno il report “Fuochi, foreste e futuro: Una crisi fuori controllo?” che testimonia come, in 10 anni, abbiamo perso una superficie di foresta amazzonica pari all’Italia e a luglio 2020, solo nell’Amazzonia brasiliana, gli incendi sono aumentati del 28% rispetto allo stesso periodo del 2019. Le nostre competenze sono e vogliono essere al servizio per chi si impegna a tutelare questo mondo che abbiamo l’ambizione di far progredire.

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> BEST PRACTICE

La sfida dell’acqua si vince con la tecnologia Acea, il primo operatore nazionale nel settore idrico, è una smart water company che persegue la sostenibilità anche grazie a tecnologie innovative di Alessandro Faldoni

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critta nel dna di un’azienda come tutta Europa. Nell’ambito della gestione delle Acea, la vocazione alla sostenibilità risorse idriche, l’ottimizzazione della catena dei orienta la gestione degli asset e delle processi del sistema idrico integrato ha fatto di strategie industriali che la multiutility ha messo Acea una smart water company che, attraverso in atto in tutti i settori in cui opera, dalle infrala sperimentazione di tecnologie innovative, strutture idriche a quelle energetiche, dall’amgestisce ogni giorno, solo nel territorio della biente alla e-mobility. Il Piano Industriale di Capitale, oltre 15mila chilometri di tubature e Acea non a caso prevede investimenti riconpiù di 1800 impianti idrici. Telecamere, droni, ducibili agli obiettivi di sostenibilità identificati controllo satellitare delle sorgenti, presidio di dall’Agenda 2030 dell’Onu. In particolare, sono personale specializzato costituiscono un water posti in essere interventi volti a implementare management system che segue tutte le attività la resilienza delle infrastrutture elettriche e legate alle analisi e al monitoraggio dell’enorme idriche con l’introduzione crescente delle tecquantità di dati e informazioni provenienti dalnologie IoT e telecontrollo e azioni finalizzate la rete idrica. alla riduzione di CO2 nell’ambiente, contriLe Case dell’acqua GRAZIE ALLE 547 CASE DELL’ACQUA buendo così alla lotta Lungo questo percorso DI ACEA È STATO EVITATO L’UTILIZZO DI BEN 464 MILIONI DI BOTTIGLIE al cambiamento climaall’insegna della sosteDI PLASTICA DA UN LITRO E MEZZO tico. Acea pubblica il nibilità e dell’innovasuo Bilancio di Sostenizione, le Case dell’acbilità da ventidue anni, da molto tempo prima, qua di Acea, evoluzione hi-tech delle antiche quindi, che il bilancio assumesse il carattere fontane, rappresentano un esempio di come la obbligatorio di un documento oggi previsto per gestione delle risorse idriche possa contribuire legge. anche alla riduzione dell’uso della plastica e delle emissioni di anidride carbonica. Inaugurate Una smart water company prima a Roma e poi distribuite nel Lazio, ToscaL’azienda, quotata in borsa dal 1999, è tra i na, Umbria, Campania e nei territori in cui opeprincipali player italiani nel settore dell’enerra il Gruppo Acea, le Case dell’acqua sono in tutgia e dell’ambiente, ma soprattutto è il primo to 547 e hanno erogato, fino a dicembre 2019, operatore nazionale nel settore idrico, con più di 696 milioni di litri di acqua, naturale o circa 9 milioni di abitanti serviti, distribuiti in mineralizzata, l’equivalente di circa 300 pisciquattro diverse regioni dell’Italia centrale che ne olimpioniche. Il loro utilizzo ha permesso di comprendono l’area della Capitale, una delle diminuire l’uso di 464 milioni di bottiglie di plapiù estese e complesse aree metropolitane di stica da un litro e mezzo e ha evitato l’emissione

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di oltre 135.594 tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Dato questo che comprende sia le emissioni dovute alla produzione delle bottiglie, sia al loro trasporto su gomma. Le Case dell’acqua, che uniscono alla tutela dell’ambiente il benessere delle persone e invitano alla progettazione di città più sostenibili, offrono la possibilità di ricaricare tablet e smartphone e consentono ad una famiglia di tre persone di risparmiare fino a 130 euro all’anno sull’acquisto di acqua minerale. A Roma e nella Città Metropolitana, le Case dell’acqua sono 92, hanno erogato oltre 64 milioni di litri di acqua, permettendo di risparmiare 42,7 milioni di bottiglie di plastica da un litro e mezzo, pari a 12.468 tonnellate in meno di emissioni di CO2. Sono situate, in genere, vicino alle fermate della metropolitana o a luoghi di interesse storico e con la loro caratteristica struttura verde a forma di edicola, fanno ormai parte dell’arredo urbano della città. Una app per risparmiare acqua e plastica Il progetto è nato nel luglio del 2019 dall’idea di alcuni giovani ricercatori del Gruppo Acea, nell’ambito di un programma di imprenditorialità e innovazione interno all’azienda, e dopo un anno di lavoro è nata Waidy, una app semplice, pratica e divertente che, grazie alla geolocaliz-


zazione di circa seimila punti di erogazione di acqua potabile, rende possibile individuare quelli più vicini, conoscerne la storia e la qualità dell’acqua. Il tutto con uno sguardo attento alla sostenibilità: Waidy infatti incentiva l’utilizzo dei contenitori refill e contribuisce alla riduzione della plastica monouso, oltre a invitare ad un uso responsabile della risorsa idrica. Inoltre l’app, mettendo in rete tutti i punti di erogazione, attraverso un sistema intelligente e interattivo detto smart water grid, consente di rilevare eventuali malfunzionamenti delle singole fontane, dando anche la possibilità di segnalare eventuali guasti e richiedere, in tempo reale, i parametri quali-quantitativi dell’acqua erogata (grazie a un link diretto con il portale MyAcea). Scaricando Waidy, inoltre, gli utenti della app vengono guidati alla scoperta dei circa tremila punti di distribuzione idrica della Capitale, tra nasoni, fontane e Case dell’acqua. Dalla piattaforma vengono fornite anche informazioni storiche e artistiche, sui luoghi di interesse ed eventi in pro-

gramma in prossimità dei punti di erogazione. Non mancano poi un aspetto salutistico, visto che con l’app si può facilmente tener traccia del proprio consumo idrico giornaliero ottimale, e un aspetto social. Iscrivendosi a Waidy, infatti, si entra a far parte di una grande water community, un nuovo canale di comunicazione interattivo tra i fruitori dell’app e il Gruppo Acea, in ottica smart water city, che dà a tutti la possibilità di contribuire al raggiungimento di importanti obiettivi di sostenibilità. Sono previste anche attività di gaming con la possibilità di partecipare a divertenti contest che premiano i comportamenti più virtuosi nell’utilizzo dell’acqua, di proporre un nome per un nasone oppure, a breve, di prender parte a una gara tra i quartieri di Roma per premiare quello più eco-friendly. L’app Waidy è scaricabile da tutti gli App store (Apple e Android) oppure inquadrando il QR code apposto sui punti di erogazione idrica che rimanda direttamente al download. Le campagne sul risparmio idrico In nome della sostenibilità e della difesa dell’acqua, Acea organizza ogni anno campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte agli studenti e alle loro famiglie incentrate sull’educazione al risparmio idrico. Nel 2020 la campagna “DifendiAMO l’acqua”, e gli educational di Acea Scuola, per la prima volta, a causa dell’emergenza sanitaria, si sono svolti esclusivamente online ed hanno coinvolto migliaia di giovani collegati in rete dalle loro case. Il progetto, realizzato come un viaggio multimediale nel mondo dell’acqua, dalle sorgenti al rubinetto di casa, ha raccontato l’importanza dell’applicazione degli aspetti pratici e tecnologici nella gestione delle risorse idriche e la necessità di difenderle. Un modo per sensibilizzare i giovani e coinvolgerli in una sfida che sarà decisiva per il futuro di tutti.

LA WASTE TRANSITION Non solo acqua. Il contributo di Acea alla sostenibilità passa anche per l’economia circolare, uno dei principi che guidano l’attività industriale del Gruppo. In quest’ottica si inserisce il progetto Acea Smart Comp™, realizzato da Acea in collaborazione con Enea e Università della Tuscia, che ha come obiettivo il trattamento diffuso e partecipato del rifiuto organico prodotto dalle grandi utenze (mense, ospedali, centri commerciali, aeroporti, stazioni), con la finalità di abbattere sia gli impatti ambientali che quelli di trasporto, riducendo anche le emissioni di CO2. L’obiettivo di Acea è l’installazione di 250 Smart Comp entro il 2022 per realizzare in maniera diffusa un sistema dalla capacità di 25mila tonnellate l’anno pari a quella di un impianto localizzato che gestisce rifiuti organici prodotti da una città di 250mila abitanti, con un risparmio del 30% circa sui costi di gestione e una rilevante riduzione delle emissioni di CO2: circa 3600 tonnellate emesse in meno, dovuta all’eliminazione di 5.000 autocarri per il trasporto rifiuti su gomma, pari a circa 6 milioni di chilometri percorsi in meno. Acea sin da agosto 2019 ha avviato una prima sperimentazione interna e ha già installato presso la propria mensa uno Smart Comp. Il Gruppo con questo progetto si propone come protagonista della waste transition, un nuovo modello della gestione dei rifiuti a chilometro zero che ha importanti ricadute sull’ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di gas serra dovute all’eliminazione delle fasi di raccolta puntuale e trasporto.

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> BEST PRACTICE vece, lo scopo è di avere il 50% su treno e il 50% su gomma al 2050 per le tratte superiori a 300 km.

Il driver dello sviluppo viaggia su triplo binario Dai treni riciclabili alla rigenerazione del territorio, dai green bond all’obiettivo del carbon zero: le scelte del Gruppo FS Italiane sono imperniate sulla sostenibilità: economica, sociale e ambientale di Angelo Curiosi

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a sostenibilità è una dei maggiori trano in contatto con l’ecosistema ferroviadriver di sviluppo del nostro temrio. La gestione del Gruppo della pandemia po. Per FS Italiane è l’elemento guida Covid-19 è ritenuta un benchmark a livelda per la definizione delle scelte strategiche lo europeo dalla Ministra dei Trasporti Paola e operative che assicurino una crescita del De Micheli e dei suoi omologhi a Bruxelles. business nel medio e lungo periodo. Il secondo obiettivo riguarda l’approvvigioOgni scelta industriale, insomma, è permenamento energetico e le emissioni di CO2: il Gruppo è sulla strada ata dal concetto dello NEL 2019 IL GRUPPO FS ITALIANE È per diventare carbon sviluppo sostenibiSTATO IL PRIMO PER INVESTIMENTI neutral entro il 2050 le, inteso nella sua SUL TERRITORIO: 8,1 MILIARDI DI EURO, attraverso investitriplice dimensione IN CRESCITA DELL’8,4% SUL 2018 menti che riducano sociale, economica progressivamente le emissioni di gas serra ed ambientale. Questo percorso, iniziato nel in atmosfera. Nel 2019 sono state 2,6 milioni 2017 con l’adesione al network del Global le tonnellate emesse in meno (-1,6%) rispetCompact dell’Onu, ha portato alla definizioto al 2018. La mobilità sostenibile è il terzo ne di tre obiettivi di lungo periodo. Il primo obiettivo, riguarda un concreto e graduale è la sicurezza con lo scopo di arrivare, entro modal shift di passeggeri da auto privata a il 2050, a zero eventi mortali che coinvolgamobilità condivisa: 5% entro il 2030 e 15% no viaggiatori, dipendenti del Gruppo FS e di nel 2050 rispetto al 2015. Per le merci, inditte appaltartici, oltre alle persone che en-

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Gli investimenti Il Gruppo FS Italiane nel 2019 è stato il principale per investimenti sul territorio italiano: 8,1 miliardi di euro, con una crescita dell’8,4% rispetto al 2018, contribuendo così significativamente al rafforzamento del Paese e sostenendo lo sviluppo e il rinnovamento dei settori trasporto, infrastruttura e logistica. Il valore economico distribuito dal Gruppo FS Italiane nel 2019 (principalmente costi operativi per beni e servizi e pagamento del personale) ammonta a 10,2 miliardi di euro, pari all’81% del valore economico generato. Inoltre, le attività e gli investimenti del Gruppo FS Italiane contribuiscono in modo diretto, indiretto e indotto alla crescita dell’economia italiana per 1,4 punti percentuali di Pil. Sempre nel 2019 le società del Gruppo hanno gestito acquisti core per circa 5 miliardi di euro, di cui oltre l’85% attribuibile a fornitori diretti con sede legale in Italia che generano, direttamente e indirettamente, reddito e opportunità di lavoro sul territorio. Due mesi fa è stato affidato il contratto per la costruzione di ventitre treni Frecciarossa 1000, circa 800 milioni di euro, con ricadute positive dei livelli occupazionali negli stabilimenti di Vado Ligure (Savona) per Bombardier e di Pistoia, Reggio Calabria e Napoli per Hitachi. I treni sfrecceranno sui binari spagnoli dal 2022. FS Italiane risponde alla pandemia da Coronavirus con un’accelerazione degli investimenti che garantirà il sostegno delle filiere strategiche nazionali dei trasporti. Le infrastrutture ferroviarie e stradali diventeranno più resilienti anche con l’adozione di tecnologia avanzata (system integrator, data insights, IoT) per monitorare costantemente lo stato di ponti e viadotti. Allo stesso tempo, la connettività del Paese sarà migliorata per favorire lo shift modale integrando aeroporti, porti e interporti.


Il trasporto regionale Negli ultimi 10 anni l’alta velocità di Trenitalia ha ridotto le emissioni di anidride carbonica in atmosfera di circa 20 milioni di tonnellate. Ora la sfida da affrontare è replicare il successo dell’alta velocità anche nel trasporto regionale. Il rinnovo della flotta fiorerà l’80% entro cinque anni: arriveranno 600 treni con gare già aggiudicate di 6 miliardi di euro. Gli investimenti in nuovi treni regionali nel 2019 sono stati pari a 888 milioni di euro. I nuovi Rock e Pop che, oltre a essere riciclabili fino al 97%, rispondono a importanti requisiti ambientali che permetGIANFRANCO BATTISTI, A.D. E D.G. DI FERROVIE DELLO STATO tono di consumare fino al 30% di energia in meno rispetto ai treni di precedente gegetica e ad alto tasso di riciclabilità, oltre che nerazione. Arriveranno anche i treni ibridi, sicuri. FS Italiane, nel luglio 2019, ha emesso già commissionati alle aziende produttrici: il secondo green bond: valore nominale di convogli attrezzati con motori diesel per le 700 milioni di euro e durata pari a 7 anni. linee non elettrificate, con pantografo per le Per quest’ultimo gli ordini complessivi sono linee elettrificate e con batterie per viaggiastati di circa 2,5 miliardi di euro, provenienti re nel primo/ultimo da 156 investitori, di I NUOVI TRENI “ROCK” E “POP” SONO miglio delle linee non cui il 65% dall’estero, RICICLABILI AL 97% E PERMETTONO elettrificate. con una forte presenDI CONSUMARE FINO AL 30% DI ENERGIA za di Francia (36%), IN MENO RISPETTO AI PREDECESSORI Finanza sostenibile Germania/Austria Il Gruppo FS Italiane ha sperimentato con (8%) e Gran Bretagna/Irlanda (7%). Tutti i successo anche gli strumenti della finanza progetti finanziati dal green bond assicurasostenibile, emettendo due green bond (uno no miglioramenti dell’efficienza energetica, nel 2017 e uno nel 2019) per l’acquisto di con riduzione delle emissioni di gas del 20% treni regionali, alta velocità e merci (1,3 mirispetto ai treni precedentemente in circolaliardi di euro): treni ad alta efficienza enerzione. Il secondo green bond emesso da FS

LE FS ITALIANE CONTRIBUISCONO AL PIL NAZIONALE PER L’1,4% Italiane è, per oltre il 70%, dedicato all’acquisto dei treni regionali Pop e Rock.

Sostenibilità sociale e greenways Il patrimonio immobiliare e linee ferroviarie dismesse sono uno strumento di sviluppo sociale del territorio. FS ha concesso 403 stazioni, in tutto oltre 165mila metri quadrati di superficie, in comodato d’uso gratuito ad associazioni ed enti locali. A Redipuglia, in Friuli-Venezia Giulia, poco distante dal sacrario militare in cui sono sepolti 100mila soldati italiani morti in battaglia, la stazione ferroviaria ospita dal 2014 il Museo multimediale della Grande Guerra, grazie al lavoro della pro loco del paese. Fondamentali per il tessuto sociale nelle stazioni dei grandi centri urbani sono, invece, gli Help Center. Diciotto in tutto. Luoghi, come Binario 95 a Roma Termini, di ascolto e assistenza a persone che una casa non ce l’hanno o versano in momenti critici delle loro vite. Le linee ferroviarie dismesse sono un altro strumento efficace nella rigenerazione del territorio. Attualmente sono circa 450 chilometri di linee dismesse sono state trasformate in linee turistiche, percorsi ciclabili e vie verdi, che attraversano boschi o tratti di campagna dove una volta scorrevano i binari. In tutto sono 1.400 chilometri di sedime di ex linee ferroviarie potenzialmente trasformabili in greenways.

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> BEST PRACTICE L’AZIENDA È PIÙ GREEN COL SERVIZIO “CHIAVI IN MANO” Con Hera Business Solution il Gruppo Hera si propone come partner delle imprese con una proposta di soluzioni integrate, energetiche e ambientali. L’obiettivo? Promuovere nuove opportunità di crescita di Marina Marinetti

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re indizi. È stata la prima utility in Italia ad entrare a far parte della Fondazione Ellen MacArthur, pioniera nell’ispirare le nuove generazioni sulla transizione verso l’economia circolare, per poi entrare nel Global Compact, contribuendo alla definizione di Sdg Action Manager per misurare i progressi delle aziende verso gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030. È stata tra le prime a introdurre, nel 2016, la rendicontazione a valore condiviso, ovvero delle attività di business che, oltre a generare margini operativi, rispondono ai driver per una crescita sostenibile. Ha imperniato sul tema della sostenibilità il suo piano industriale (vedi riquadro), con l’intenzione di portare al 42% entro il 2023 il Margine operativo lordo a valore condiviso (nel 2019 è stato pari al 39%). Se tre indizi - appunto - fanno una prova, bastino questi che abbiamo elencato a dimostrare l’attenzione del Gruppo Hera veri costi a carico della comunità, dell’ambiente so i temi di sostenibilità, economia circolare e delle future generazioni, puntando sulla rie ambiente. Perché il “valore condiviso”, per generazione delle risorse naturali, sull’allunHera, non è tanto una questione di numeri, gamento del ciclo di vita utile dei beni e delle quando di progettualità, partnership, servizi. risorse, sullo sviluppo di competenze per un E, soprattutto, di condivisione con il territorio utilizzo efficiente della materia. Un progetto e con le imprese... grazie a un protocollo. Quadi sostenibilità integrata tailor made, basato le? Si chiama Hera Busulle best practices siness Solution ed è il HERA METTE A DISPOSIZIONE DEI CLIENTI sviluppate in seno al programma con cui il LE BEST PRACTICES SVILUPPATE IN SENO Gruppo: dalla gestioAL GRUPPO SU ENERGIA, RIFIUTI, Gruppo Hera si prone e valorizzazione CICLO IDRICO, FACILITY E ICT pone come partner dei rifiuti industriali dei grandi gruppi industriali, con una propoalla fornitura di energia, gas ed energia gresta globale di soluzioni integrate, energetiche en, dall’efficientamento energetico e del ciclo e ambientali, sostenibili e chiavi in mano stuidrico ai servizi di facility e Ict, dall’hosting e diate per le singole imprese e che tiene conto disaster recovery all’adeguamento normatidella loro complessità. L’obiettivo è disegnavo dei sistemi energetici, dalla compensaziore, insieme alle aziende, nuove opportunità di ne dei consumi alla conduzione e manutencrescita, per contenere quanto più possibile zione degli impianti di climatizzazione. Hera

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si pone quindi come interlocutore unico, con soluzioni integrate, su misura per la singola impresa, e rendicontate annualmente - proprio così - nel Circular Economy Report che quantifica, mettendole nero su bianco, le performance di sostenibilità ottenute, per esempio il recupero dei rifiuti gestiti, le emissioni di gas serra evitate per i rifiuti sottratti alla discarica, l’energia rinnovabile utilizzata, l’energia primaria risparmiata grazie agli interventi di efficienza e gli impianti di cogenerazione. Il tutto in coerenza con gli standard Gri (Global reporting initiative), le linee guida più utilizzate al mondo per la rendicontazione di sostenibilità, in ottica di trasparenza della comunicazione verso i propri stakeholder. Dal protocollare al fare, la proposta Hera Business Solution è stata recentemente adottata dal colosso agroalimentare Fruttagel, che


ogni anno, nei suoi stabilimenti di Alfonsine ra di acqua potabile; la vendita di energia e (Ravenna) e Larino (Campobasso), lavora strumenti web per l’analisi e la gestione dei 120 mila tonnellate di frutta e verdura. «Queconsumi energetici per valutarne gli effetti; sta partnership con Fruttagel, un’importante i servizi di connettività dati, internet e data realtà nazionale, rappresenta un ulteriore center. E ora, con la firma del protocollo Hera tassello nello sviluppo di azioni concrete Business Solution, si sancisce l’avvio di un’atdi economia circolare e decarbonizzazione tività di consulenza da parte della multiutility messe in campo dalla nostra azienda», comper predisporre un modello di monitoraggio menta StefanoVenier, amministratore delegacomplessivo di tutte le attività di Fruttagel e to del Gruppo Hera. «Il contributo integrato supportarla nel raggiungimento degli obiettidelle varie società specializzate del nostro vi di sostenibilità in termini di efficientamenGruppo ci consente di presentarci come into dei consumi, miglioramento delle perforterlocutore unico al servizio dei nostri clienti, mance ambientali, riduzione degli impatti per indirizzarli verso obiettivi di sostenibilità energetici e ambientali. Obiettivi che potransempre più sfidanti e no essere resi sempre ANCHE FRUTTAGEL HA ADERITO consistenti, mettendo più sfidanti in ragione AL PROTOCOLLO HERA BUSINESS loro a disposizione anche dell’ampliaSOLUTION, CHE PREVEDE soluzioni a 360° che mento della gamma LA RENDICONTAZIONE DEI RISULTATI riguardano tutti gli dei servizi erogati dal ambiti di un’azienda». Il protocollo Hera BuGruppo Hera in modo strutturato. siness Solution siglato tra Hera e Fruttagel è Di fatto, il Gruppo Hera mette a disposizione un valido esempio di accordo fra comparti di imprese come Fruttagel la propria espeproduttivi diversi che punta a dare risposte a rienza consolidata, realizzando poi, insieme tematiche sia ambientali che produttive, colall’azienda un report che rendiconta le perlocandosi a pieno titolo all’interno del circuiformance di sostenibilità ottenute. Perché to dell’economia circolare. La collaborazione è proprio attraverso i numeri che diventa si inserisce in un processo già avviato con possibile analizzare meglio i propri processi Fruttagel, che si avvale di alcuni servizi ofe impatti, acquisendo quella consapevolezza ferti dal Gruppo Hera, ad esempio la gestione indispensabile per poter agire e mettere in dei rifiuti, con piani per ridurli e soluzioni di campo azioni di miglioramento, e rendiconglobal service per massimizzarne il recupero, tare in maniera trasparente ai propri stae dell’impianto di depurazione; la fornitukeholder.

HERA E LA SOSTENIBILITÀ La sostenibilità e l’economia circolare rivestono un ruolo primario all’interno del Gruppo Hera, indirizzandone la strategia. La multiutility è stata tra le prime a introdurre, nel 2016, la rendicontazione a valore condiviso, ovvero delle attività di business che, oltre a generare margini operativi, rispondono ai driver per una crescita sostenibile definiti dall’Agenda Onu 2030 e, più in generale, dalle varie politiche a livello nazionale e internazionale. Nel 2019 il Mol a valore condiviso del Gruppo Hera è stato di 422,5 milioni di euro, pari al 39% del Mol complessivo (+13% rispetto all’anno precedente) con l’obiettivo di arrivare al 42% entro il 2023, a testimonianza del forte impegno sui temi della sostenibilità. Inoltre, il Gruppo continua a incrementare la raccolta differenziata che ha raggiunto, nel 2019, il 64,6%, su un territorio servito di oltre 3 milioni di abitanti in 187 comuni di Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Marche. Sono partite, inoltre, importanti iniziative come il progetto di water management, che ha permesso di ridurre del 5,5% i consumi idrici del Gruppo, e la diffusione del Diario dei consumi a un campione di circa 80 mila clienti residenziali del servizio idrico con l’obiettivo di migliorare i loro comportamenti. Sul fronte interno, poi, l’impegno per l’efficienza energetica è costantemente cresciuto, permettendo nel 2019 di ridurre del 5,1% (pari a oltre 11.700 tonnellate equivalenti di petrolio) rispetto al 2013 i consumi energetici derivanti dalle proprie attività, superando così, in anticipo di un anno, l’obiettivo del 5% fissato al 2020.

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> ESG INVESTING

È investendo nella transizione che si assicura il futuro Coi suoi 57 miliardi di euro di masse gestite, Unipol punta sui criteri Esg (Environmental, Social and Governance). Ed in coerenza con questa strategia ha appena emesso un green bond da 750 milioni di euro di Sergio Luciano la transizione verde e per raggiungere gli obbiettivi condivisi a Parigi da Cop21 per la riduzione delle emissioni non sarebbero mai stati raggiunti con le soli iniziative normative o con assicurazioni a farlo, quando a profondere i soldi pubblici, ma c’era bisogno di mobilitare competenze e investimenti sulla lettera “E” in modo importante e significativo la finanza della magica sigla “Esg” (Enviromental, Social privata affinché veicolasse non il risparmio and Governance, la buona gestione aziendadi pochi illuminati, ma investimenti ben più le, sociale e aziendale) cui ormai si ispirano grandi. Per esempio quelli dei fondi pensione sia Wall Street che i legislatori sia americani che possono meglio di tanti altri soggetti supche europei è un colosso delle polizze come portare proprio quella transizione dall’econol’Unipol, è meno intuitivo capire in che modo mia brown all’economia green che è al centro possa contribuire ad anche dell’ultimo reabbattere l’anidride IL GREEN BOND DI UNIPOL HA RICEVUTO golamento approvato ANCHE UNA SECOND-PARTY OPINION carbonica ambientale. dalla Commissione e E QUINDI È STATO RICONOSCIUTO Eppure può, eccome. dal Parlamento euroIN GRADO DI CENTRARE GLI OBIETTIVI Lo spiega molto bene pei. Marisa Parmigiani (nella foto), che nel gruppo Unipol è Head of sustainability and stakeholBene e il green bond Unipol? der management (responsabile della sosteniLo abbiamo appena emesso, è di 750 milioni bilità e dei rapporti con gli stakeholder). «Mi e costituisce uno step importante perché noi sta chiedendo che c’entriamo noi con la E di abbiamo già da anni in essere politiche di Esg? Centriamo talmente tanto che abbiamo investimenti tematici che investono particodeciso di emettere un green bond: e questa è la larmente sulla green economy, sulle foreste, prima risposta. Siamo un investitore istituziosull’energie alternative, sulla mobilità sostenale, muoviamo 57 miliardi di euro, l’action nibile, ma ora decidere di assumersi un impeplan della finanza sostenibile europea quattro gno con coloro che ci conferiscono delle risoranni fa ha chiamato all’appello quelli come noi se, come i sottoscrittori di bond, l’impegno che perché si è resa conto che i soldi necessari per quelle risorse andranno tutte integralmente e

SE UN COLOSSO PETROLCHIMICO S’IMPEGNA SUL SERIO NELLA DECARBONIZZAZIONE È INTUITIVO ATTRIBUIRGLI AMMIRAZIONE. Ma quando è una grande compagnia di

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certificatamente a sostenere il cambiamento vuol dire assumersi un pezzo di responsabilità in più, con una dose di trasparenza aggiuntiva.

Cioè? Faremo un reporting annuale su questo green bond - che tra l’altro ha ricevuto una second-party opinion, quindi è stato riconosciuto come in grado di raggiungere i risultati che abbiamo dichiarato - e racconteremo ogni anno grazie a questi investimenti quante emissioni abbiamo ridotto, quanta energia pulita abbiamo creato in più di quella che c’era prima. Dunque, per rispondere alla domanda sulla lettera “E”, ribadisco che per una compagnia di assicurazioni rispettarne il valore significa ragionare di investimenti in modo nuovo. Il vero obiettivo di tutto questo progetto è accompagnare le grandi imprese energetiche all’energia pulita, non è penalizzare e marginalizzare le imprese perché tutti a partire da noi che siamo qua connessi con un computer abbiamo un gran bisogno di energia e di energia possibilmente a basso costo come l’elemento di competitività. E non basta… Cos’altro? Il mondo non è più in fase di cambiamento cli-


L’ACTION PLAN DELLA FINANZA SOSTENIBILE CI HA CHIAMATI ALL’APPELLO matico, è in crisi climatica. Le catastrofi naturali non solo sono più frequenti, ma di profondità e intensità micidiali. Quindi il nostro lavoro di assicuratori ci porta a impegnarci rispetto a questi rischi. Unipol per il clima è un position paper che produciamo dal 2012, sono otto anni che lavoriamo su questo tema, per coprire meglio sempre più rischi ambientali ed aiutare a ridurre il rischio, che significa fare tanta educazione e dare tanto supporto non solo alle persone ma soprattutto alle piccole medie imprese italiane perché imparino diventare più resilienti al cambiamento climatico.

E ci sono poi le altre due lettere, S e G… Be’, di sociale ci occupiamo proprio come ragione sociale, proteggiamo le persone, è il nostro mestiere. La buona governance è nell’affrontare con assoluto rigore la prevenzione della corruzione e della concussione, presidiando nella massima trasparenza le relazioni con pubbliche amministrazioni, applicando rigorosamente la 231. Parlava di educazione al rischio climatico. Serve anche più educazione finanziaria, però… Già molti anni fa delineammo una strategia di educazione finanziaria assicurativa capil-

lare, fu un’operazione molto complessa. Cos’è un’assicurazione? A cosa serve? Come fai a identificare i tuoi rischi? Perché se c’è, purtroppo, molta ignoranza finanziaria o bancaria, non le dico come siamo messi dal punto di vista assicurativo. Le nostre ricerche diedero risultati deprimenti, mancava proprio addirittura l’alfabetizzazione assicurativa. I risultati del nostro lavoro sono stati spesso poco gratificanti, ma dal lavoro nelle scuole abbianmo ottenuto risposte molto più apprezzabili. Quest’impegno porta anche soddisfazioni di business, o almeno riqualificazione del brand, del posizionamento, delle strategie percepite? Da un punto di vista di riconoscibilità da parte del mercato finanziario - perché noi siamo un’azienda che investe, ma che è anche oggetto di investimenti - questo impegno è un elemento di valorizzazione importante perché significa, soprattutto oggi che sempre di più si guarda a questi fenomeni (e tra l’altro col processo regolamentare che c’è in essere ANCHE DOPO LA QUOTAZIONE IN BORSA UNIPOL NON HA PERSO L’IDENTITÀ STORICA FORTEMENTE RADICATA AL TERRITORIO

si guarderanno ancora di più) essere in una posizione virtuosa e poter meglio attrarre gli investimenti di chi è attento a questi valori. Inoltre, questa nostra strategia si è riflessa nel nostro posizionamento reputazionale: siamo da anni leader in Italia nel settore, secondo l’indagine del Reputational Institute, e per noi questo dato rappresenta in modo chiaro la nostra grande affidabilità. Quando si compra una polizza si stringe un patto fiduciario che verrà messo alla prova solo in caso di sinistro, quando mi renderò conto se ho fatto bene a

fidarmi o meno, quindi per noi la reputazione è talmente centrale nel business e nella fiducia che l’abbiamo inserita come fattore di valutazione nella retribuzione a lungo termine di tutti i dirigenti dell’azienda. Per adesso la cosa ci sta dando delle soddisfazioni, speriamo di continuare così.

Quanta sostenibilità riuscite a profondere nel vostro rapporto con i territori in cui operate? Recentemente un articolo di cronaca locale di un quotidiano diceva, a proposito di una località, che se anche l’agenzia dell’Unipol era andata via, allora quella località doveva porsi un problema… Voglio dire che per noi il presidio territoriale è un elemento fondamentale: abbiamo scelto scientemente e identitariamente di essere un’assicurazione italiana pervasiva e radicata sul territorio, con 2900 agenti presenti ovunque. Poi ci connettiamo con i territori anche attraverso un’altra organizzazione storica che sono i consigli regionali Unipol, nati negli anni ‘70, quando ancora non esisteva il termine stakeholder, inventato alla metà degli anni ‘80. Erano e sono infatti interlocutori privilegiati, con i quali c’era identità di intenti e di valore e questo spiega anche perché Unipol avviò precocemente l’impegno nella responsabilità sociale, dimostrando di saper restare fedele a se stessa anche dopo la quotazione in Borsa. Significa fare progetti a vantaggio del territorio sfruttando come leva le competenze, le relazioni e le sinergie degli stakeholder presenti, e mi riferisco a Legambiente, ai sindacati e alla cittadinanza attiva, ad alcune organizzazioni datoriali che variano a seconda dei territori e a tutta la progettualità che ne deriva. Compresa quella della fondazione Unipolis, che così diventa concretamente un fattore attivo che crea benessere.

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> ENVIRONMENT

Dalle mucche all’elettricità ecco il vero modello circolare Le emissioni dei bovini possono essere utilizzate per produrre energia green: come fa Inalca (Gruppo Cremonini), che soddisfa il 100% del proprio fabbisogno grazie a biogas e cogenerazione industriale di Paola Belli

vero o è falso? I numeri reali calcolati dalle fonti ufficiali in particolare la Fao o l’Ispra per l’Italia ci dicono che questa affermazione è sostanzialmente falciò non toglie che quelle emissioni possano cosa. Tutta l’attività agricola pesa tra il 12 e il 14% munque essere preziose per ricavare energia, delle emissioni climalteranti globali e l’impatto in un modello virtuoso di economia circolare degli allevamenti è ancora più basso: in partia salvaguardia dell’ambiente. Potere è volere, colare, quello bovino contribuisce tra il 5 e 7%. ed è, infatti, su questo modello che si impernia Certamente un dato non irrilevante, ma decil’apparente paradosso di un’azienda che negli samente inferiore a quello di altri settori, come ultimi anni ha costentemente ridotto le emisi trasporti o l’energia. Mi chiedo sempre come sioni nonostante l’aumento del proprio fabbimai nessuno si preoccupi del 86-90% delle alsogno energetico. Fino ad azzerarlo, diventantre emissioni derivanti dai combustibili fossili! do autoproduttore del 100% del suo grande Trovo singolare questo accanimento contro gli consumo di corrente. impatti delle produzioParliamo di Inalca (so- GIÀ NEL 1997 INALCA AVEVA INSTALLATO ni agricole, e della carIL PRIMO COGENERATORE A METANO cietà del Gruppo Crene in particolare, quasi ALL’INTERNO DELLO STABILIMENTO monini), leader in Eufossero attività del tutDI CASTELVETRO DI MODENA ropa nella produzione to superflue delle quali di carni bovine e prodotti trasformati a base poter fare a meno. Una produzione massiccia di carne, salumi e snack (con i marchi Inalca, di prodotti vegetali sostitutivi delle proteine Montana, Manzotin, Italia Alimentari, Fiorani animali inoltre, come auspicato da qualcuno, e Ibis), un colosso da 2,24 miliardi di euro di non ridurrebbe automaticamente gli impatti fatturato, più di 6.800 dipendenti, otto aziende sull’ambiente. Questo non toglie che tutto il agricole, 16 stabilimenti in Italia, 25 piattafornostro settore sia da tempo impegnato in uno me distributive e 8 stabilimenti all’estero. E, sforzo per ridurre gli impatti a tutti i livelli, appunto, un modello produttivo basato sull’ema riteniamo che la questione vada affrontaconomia circolare. Un fenomeno, un successo, ta razionalmente e, soprattutto, senza derive di cui Economy ha parlato con Giovanni Sorlini, ideologiche che portano a manipolazioni sisteche in Inalca è responsabile della funzione Ammatiche dei dati. Al contrario, ricordo che nel biente, qualità e sicurezza. nostro paese nel 1960 c’erano 10 milioni di bovini e che oggi sono poco meno di 6 milioni, Dunque, il luogo comune sulla nocività come fanno meno bovini ad inquinare di piu? dell’industria zootecnica per l’ambiente è L’abbandono delle terre negli ultimi 60 anni

AVETE PRESENTE QUEL CHE SI DICE SUI BOVINI, CIOÈ CHE SAREBBERO RESPONSABILI DEL 74% DELLE EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA? Ovviamente si tratta di una bufala, ma

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ha portato a dissesti idrogelogici importanti e perdita di biodiversita: in Italia, costituita prevalentemente da aree appenniniche idonee per una zootecnia pascolativa, l’allevamento di bovini potrebbe costituire un’importante base per il rilancio della produzione agricola, notoriamente deficitaria, migliorando la sicurezza alimentare soprattutto in un momento di grande crisi legata alla pandemia da Covid-19. In ogni caso l’Inalca è all’avanguardia nell’economia circolare. Con quali risultati? Da sempre nella nostra azienda la visione della sostenibilità è stata intrinsecamente legata al suo modello di business e sviluppo industriale, mai un elemento aggiunto per fare immagine. Da oltre 20 anni abbiamo sviluppato una strategia nella gestione delle risorse energetiche che ha portato alla realizzazione di impianti di produzione biogas, cogeneratori industriali, alimentati a biomasse e metano, impianti fo-


tovoltaici. Oggi il 100% dell’energia utilizzata dall’azienda è autoprodotta, e andiamo verso il traguardo del 50% del fabbisogno energetico derivante da energia rinnovabile ottenuta con biomasse di recupero provenienti da attività agricole ed industriali del Gruppo. Il prossimo step riguarda la produzione di biometano liquido per autotrazione ottenuto da rifiuti e scarti agroindustriali: il bio-carburante prodotto verrà impiegato nelle flotte aziendali e i fertilizzanti risultanti dal processo verranno reimpiegati in agricoltura, ottenendo così una piena circolarità della filiera. Ma oltre a questo, va considerato lo sforzo costante nell’uso efficiente di tutte le risorse naturali, come l’acqua che viene integralmente gestita tramite un ciclo integrato completamente controllato dall’azienda, oltre a percorsi industriali di valorizzazione dei sottoprodotti, eliminazione degli sprechi, riciclo e recupero dei rifiuti che

SUL PIANO SOCIALE SIAMO IMPEGNATI IN SEI PAESI AFRICANI SU SCUOLE E SANITÀ

già coprono il 99% della produzione. Che cosa intendete con “clessidra ambientale”? È una rappresentazione grafica efficace per comprendere i reali impatti legati a un consumo equilibrato di carne. Si tratta di un modello elaborato dal comitato scientifico dell’associazione Carni Sostenibili, ripreso nel nostro Bilancio di sostenibilità nella sezione dedicata al consumo consapevole. Nella clessidra ambientale vengono coniugati i fabbisogni settimanali consigliati delle varie categorie di alimenti, così come indicati dalle linee guide nutrizionali del Ministero della Salute, con gli effettivi impatti ambientali che tali consumi comportano. Risultato? Gli impatti ambientali derivanti dall’assunzione di circa 400 grammi alla settimana di carne consigliati sono analoghi a quelli collegati all’assunzione dei 5 kg di frutta e verdura previsti nelle linee guida. Per dirla in altri termini, in un’alimentazione equilibrata basata sui principi della dieta mediterranea gli impatti derivanti dall’assunzione delle varie categorie di alimenti sono sostanzialmente equivalenti. Un altro punto di forza del gruppo è l’attenzione per il sociale: per esempio in Africa. In Africa, oltre all’Angola in cui l’azienda da oltre 30 anni ha iniziato la sua attività, siamo presenti in altri 5 importanti paesi. Il modello di business applicato sin dall’inizio da Inalca si è basato su una forte integrazione sociale ed economica, sostenendo, insieme alle attività economiche, iniziative di rilevanza territoriale come scuole e ospedali. Per fornire un quadro più chiaro sul contributo di Inalca allo sviluppo sostenibile dei paesi in cui opera, nell’ultima edizione del Bilancio di sostenibilità appena pubblicata abbiamo analizzato le nostre attività rispetto agli obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile (Sdg’s) e gli indicatori macroeconomici

dei singoli paesi, entrambi valutati e rendicontati dal punto di vista economico e sociale. Un lavoro complesso, iniziato con l’Angola e che prevediamo di sviluppare ed approfondire nelle prossime edizioni del Bilancio. I soldi spesi per la sostenibilità vengono considerati più costi o più investimenti? Riprendendo dalla sua prima domanda, nelle imprese lo sviluppo sostenibile può nascere solo da precise scelte industriali ed economiche prima ancora che da una doverosa sensibilità etica verso la protezione dell’ambiente e delle comunità. Una scelta obbligata a cercare ogni giorno le soluzioni migliori per produrre nella massima efficienza, coniugando risparmio di risorse ed impatti ambientali. Una scelta che trova piena coerenza anche nei recenti orientamenti normativi comunitari volti a privilegiare gli investimenti sostenibili da parte della comunità finanziaria. Sostenibilità applicata di selezione e valutazione degli investimenti che, ad esempio, verranno adottati anche nel contesto del piano europeo per la ripresa e la resilienza, il cosiddetto Recovery Fund. Qual è il senso della vostra presenza a Ecomondo? Ecomondo è l’evento internazionale di riferimento dell’economia circolare: non è solo una vetrina, ma uno spazio di confronto e di approfondimento tecnico dove tutti gli stakeholder possono confrontarsi in modo costruttivo. Migliorare la sostenibilità significa infatti comprendere, valutare e ove possibile adottare nuove tecnologie, acquisendole anche da altri settori produttivi. Ecomondo consente questo scambio e facilita il processo di innovazione. Da parte nostra, parleremo delle novità del nostro bilancio di sostenibilità, dei percorsi di sviluppo, ma soprattutto ascolteremo e studieremo anche le esperienze di altre imprese e istituzioni.

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> GREEN MOBILITY L’ALTERNATIVA PESANTE È SEMPRE PIÙ VERDE Elettrico, idrogeno e biogas: le soluzioni ecocompatibili sono già sul mercato. Fabrizio Buffa (Iveco Alternative Tractions Manager): «Il sentiero è tracciato e vogliamo continuare a percorrerlo da protagonisti» di Marco Scotti

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a pandemia ha fatto letteralmente a pezzi le vendite di veicoli, con crolli che hanno raggiunto il picco ad Aprile dove solo Gdo, trasporto freddo e prodotti farmaceutici hanno permesso che il settore non si fermasse del tutto». Fabrizio Buffa, Iveco Alternative Tractions Manager, non riesce a non ricordare con particolare emozione i giorni della quarantena forzata, quando le notizie che arrivavano da Wuhan si sono progressivamente abbattute sulle nostre vite. I mesi del lockdown, in cui il Coronavirus si è affacciato con prepotenza sull’Italia, sembrano al tempo stesso vicini e lontani. Vicini perché hanno cambiato in modo significativo le nostre vite, lontani perché hanno sancito un periodo di blocco forzato che oggi, nonostante un rialzo significativo dei contagi, sembra la proverbiale extrema ratio. Nel frattempo, tutti i comparti hanno dovuto imparare diverse lezioni. L’autotrasporto, ad esempio, ha accelerato una transizione verso forme alternative di carburanti che era già in atto ma che ha avuto una spinta decisiva proprio durante

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accorciando, ma anche carburanti compatibili con tecnologie disponibili quali il BioLng. Il sentiero è tracciato e vogliamo continuare a percorrerlo da protagonisti». Proprio le nuove forme di alimentazione per i trasporti dal biogas a Lng (il gas naturale liquefatto) stanno diventando sempre più importanti. L’intero settore sta vivendo una fase di importante crescita in Europa. E la conferma arriva dal numero di immatricolazioni: se fino a pochi anni fa si parlava di un mercato da qualche centinaio di unità, oggi rappresenta il 3% del totale, con una punta del 10% in Italia, che nel settore conferma il suo ruolo di leadership. «Questo grazie – aggiunge l’ Iveco la pandemia. Alternative Tractions Manager - a politiche Ora però si può (e per certi versi si deve) rieuropee e nazionali che supportano la scelta cominciare a guardare al futuro. Partendo da dei trasportatori e dei produttori di biometadei segnali di ripresa che ci sono. La produziono, ma soprattutto anche agli indubbi vantaggi ne industriale, ad esempio, è tornata su livelli che tale tecnologia dimostra: dalla riduzione di poco inferiori a quelli di gennaio 2020, e, dei consumi, a quella degli inquinanti e della a partire dal mese di giugno, molti comparti CO2, a un vantaggio economico decisamente significativo nei costi totali di esercizio. Facenhanno ricominciato a marciare. A settemdo parlare i numeri, ad oggi abbiamo venduto bre, poi, si sono visti i risultati degli incentivi globalmente più di messi a disposizione dal governo per l’am- I VANTAGGI DEL TRASPORTO PESANTE 35mila unità di cui olGREEN VANNO DALLA RIDUZIONE tre 12mila a Lng. L’anmodernamento del DELLE EMISSIONI AL VERO E PROPRIO no scorso sono stati parco auto. Il mercato RISPARMIO SUI COSTI DI ESERCIZIO quasi 1.300 i veicoli dei mezzi pesanti, ad pesanti immatricolati in Italia alimentati con esempio, «ha fatto registrare +30,4% rispetto il gas naturale liquefatto. E ci si aspetta che a allo stesso mese del 2019 – spiega Buffa -, porfine 2021 possano esserci sulle strade italiane tando ad una perdita consolidata ad oggi del più di 5mila veicoli trainati da Lng». Si tratmercato pesante del -19,5%. Il settore green terebbe dell’1‰ dell’intero parco circolante è quello che sta dando e potrà dare una spinta (secondo i dati Anfia). Un traguardo particoimportante di ripresa essendo anche al centro larmente rilevante. E l’intenzione di Iveco è delle politiche di ripartenza della comunità quella di continuare a investire per far guidare europea. All’orizzonte si affacciano nuove mezzi all’avanguardia sia per quanto concertecnologie, quali elettrico ed idrogeno con tine l’alimentazione, sia per quello che riguarda me-to-market che si stanno incredibilmente


l’apparato tecnologico, offrendo la più ampia gamma di veicoli alimentati a Cng (gas naturale compresso), Lng, e, a breve, anche elettrici e a idrogeno. Un ruolo fondamentale, ovviamente, lo devono giocare le istituzioni. Il Green New Deal di cui si discute da tempo, la necessità di destinare il 37% dei 209 miliardi del Redovery Fund alla sostenibilità e la transizione energetica avviata già prima del Covid sono tutti tasselli su cui deve per forza intervenire il governo. Magari aumentando e rendendo strutturali i meccanismi di incentivazione per i veicoli meno inquinanti. «Il tema a livello istituzionale è sempre molto complesso e variegato. Segnali importanti – sottolinea Buffa – sono sicuramente arrivati dal nuovo fondo investimenti per il biennio 2020-2021, che ha messo sul piatto circa 46 milioni per l’acquisto di veicoli a trazioni alternative, e dal decreto del 2018 sul biometano, che ha dato il via ad un processo di costruzione e trasformazione di impianti che sta cominciando a dare i suoi frutti in questi mesi in termini di reale disponibilità di prodotto bio». Ovviamente, se ci si focalizza sul solo comparto dei veicoli pesanti, non si può pensare a meccanismi incentivanti che si fermino esclusivamente all’acquisto del mezzo. Bisogna pensare a sistemi di scontistica sul pedaggio autostradale, sulla falsariga di quanto fatto in Germania, dove c’è l’esenzione totale dal pagamento per i mezzi meno inquinanti. È bene ricordare, infatti, che la gratuità delle autostrade non riguarda i Tir con peso complessivo pari o superiore a 7,5 tonnellate. Venendo all’Italia, poi, lungo la Bre.Be.Mi è in atto uno sconto del 30% per chi percorre quel tratto con veicoli alimentati a Lng. «Questo sistema – aggiunge Buffa - permetterebbe di legare più direttamente la riduzione di CO2 a incentivi economici: più chilometri vengono percorsi con mezzi sostenibili, maggiore è il contributo alla diminuzione delle emissioni di CO2 e maggiori sono anche i benefici economici. L’altro tema centrale da affrontare a mio avviso sarà la certificazione della tracciabilità del biome-

tano e, in particolare ciò che interessa l’ultima parte della filiera: la vendita del BioLNG al trasportatore/consumatore finale. In ultimo, fondamentale sarà riconoscere i benefici di tale carburante anche all’interno del calcolo Vecto (Vehicle Energy Consumption Calculation Tool, un parametro che permette di misurare le emissioni di CO2 e il consumo di carburante dei costruttori europei, ndr)». D’altronde, il comparto è in fermento come mai prima d’ora. È l’intero modo di pensare il trasporto su gomma a dover essere ripensato. Per quanto concerne la propulsione, le novità più interessanti verranno da BioLng, Elettrico ed Idrogeno. «Il BioLng, disponibile da subito e compatibile al 100% con il nostro nuovo IVECO S-WAY che garantisce autonomie fino a 1600 km, permette di ottenere emissioni di CO2 praticamente nulle nel ciclo Well-toWheel – aggiunge Buffa - ed è quindi la soluzione migliore per centrare da subito gli ambiziosi obiettivi fissati dalla comunità europea al 2025 e al 2030. L’elettrico vedrà la sua naturale applicazione in ambito della logistica urbana dell’ultimo miglio, ma anche in quello della distribuzione regionale. Affronteremo quindi la sfida non solo con il Daily, ma anche con il Nikola Tre, neonato dalla collaborazione con Nikola Motors, i cui test sono già in corso, che permetterà di avere un pesante stradale con autonomie fino a 400-500 km. Infine l’idrogeno, usato come fonte di alimentazione

FABRIZIO BUFFA

per le fuel cells, che assicurerà autonomie fino ad 800-1000 km con tempi e procedure di rifornimento del tutto simili a quelle a cui siamo abituati con i mezzi a combustione interna. È necessario, come già avvenuto per l’Lng, un adeguamento delle infrastrutture di rifornimento/ricarica con adeguati investimenti e sussidi. La velocità di tale adeguamento condizionerà la velocità della transizione energetica». Anche l’associazionismo avrà un ruolo importante in futuro: soggetti come Alis, che si battono per una logistica sostenibile e integrata, hanno fatto da cassa di risonanza per un tema divenuto non più procrastinabile. «Questo è e sarà elemento centrale della trasformazione del settore dei prossimi anni – conclude Buffa –. Riteniamo che il trasporto intermodale rappresenti uno dei principali cardini di tale trasformazione e dello sviluppo del nostro Paese, permettendo di migliorare la competitività dell’Italia sia su nuovi mercati sia nei confronti di concorrenti internazionali. Oggi in Italia è immaginabile uno scenario in cui le autostrade del mare siano un prolungamento delle autostrade tradizionali. Se consideriamo inoltre che anche il settore navale vede favorevolmente l’impiego di carburanti alternativi quali l’Lng e, se a questo aggiungiamo le prossime realizzazioni dei depositi costieri di Ravenna e Livorno, è facile intuire come i due mondi siano in realtà uno unico».

IL BIOGAS NATURALE È LA SOLUZIONE PER CENTRARE GLI OBIETTIVI UE

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> INNOVATION CON LA GOMMA VIRTUALE LA PERFORMANCE È REALE Grazie ai simulatori software, Pirelli si sta concentrando sempre di più sulla sostenibilità. Ed entro il 2030 realizzerà il 60% dei propri pneumatici da fonti rinnovabili, triplicando l’attuale percentuale di Marco Scotti

uando si parla di sostenibilità in genere ci si sofferma solo sull’aspetto ambientale. Ma ci sono altri due ambiti, altrettanto importanti, che vanno tenuti in considerazione: quello sociale verso il cliente e quello economico verso i dipendenti e gli altri stakeholder di un’azienda. Solo tenendo insieme queste tre facce si può ottenere un vero effetto dirompente». Piero Misani, senior vice president research & development di Pirelli, lavora nell’azienda della Bicocca da oltre 35 anni e oggi è a capo della divisione di ricerca e sviluppo. Il che significa gestire la sperimentazione e l’efficacia dei processi produttivi. Naturale che in un’industry come quella in cui si muove Pirelli il tema della sostenibilità sia particolarmente sentito. Non per niente, l’azienda ha iniziato un percorso che procede per “raddoppi”: da oggi al 2025 si vuole arrivare a costruire pneumati-

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ci da fonti rinnovabili in una percentuale che passerà dall’attuale 20% fino al 40%, per poi diventare del 60% nel 2030. Un obiettivo ambizioso che si somma all’intenzione di impiegare nei prossimi cinque anni il 3% di materiali riciclati e meno del 40% di derivazione fossile, mentre tra dieci anni si vuole più che raddoppiare il primo valore (portandolo al 7%) e tagliare ulteriormente la derivazione fossile fino al 30%. «Il primo punto su cui ci siamo concentrati in un’ottica di maggiore sostenibilità – prosegue Misani – è quello di avviare processi di virtualizzazione. Un’idea che era partita già ben prima della pandemia da Coronavirus, ma che ha avuto una fortissima accelerazione nei mesi del lockdown. È naturale, perché si fanno meno prototipi fisici, di conseguenza anche da casa si può lavorare per la fase di progettazione e test, impiegando software che simulino in tutto e per tutto la

realtà». Gli strumenti di cui dispone Pirelli sono molteplici: si va da pacchetti software per l’inserimento dei dati fino alla possibilità di modellare ogni singolo comportamento dello pneumatico. All’inizio del processo di virtualizzazione si è cominciato a sperimentare momenti più standardizzabili nella vita dello pneumatico, come nel caso dell’aquaplaning. Per arrivare poi oggi a poter predire il percorso di qualsiasi vettura, modellando il comportamento dello pneumatico in base a qualsiasi variabile possibile. «L’ultimo step del processo in atto – aggiunge Misani – è rappresentato da un test virtuale su un simulatore di guida in grado di replicare il comportamento della singola vettura che viene caratterizzata da una mole di dati che può essere fornita dal produttore e incrociata con le informazioni di cui disponiamo. Il pilota si siede ed è come se fosse realmente in pista. Oltre al simulatore normalmente in utilizzo in Pirelli, stiamo anche collaborando con il Politecnico di Milano per realizzarne uno ancora più avanzato, con una modalità di sviluppo simile a quella delle macchine usate per l’aeronautica». Così facendo, il costruttore riduce drasticamente il

Piero Misani, senior vice president research & de­velopment di Pirelli


numero di prototipi di pneumatici che deve realizzare per i test, oltretutto diminuendo anche i tempi di lavorazione, perché caricare un programma software richiede sicuramente meno ore che produrre da zero uno pneumatico. E inoltre non ci sono neanche i problemi relativi alla prenotazione delle piste. Dunque tre vantaggi: efficienza, costi e sostenibilità perché non vengono prodotti i materiali. Naturale che dal punto di vista del prezzo che Pirelli deve pagare non ci sia un taglio del 100%, perché le competenze necessarie si traducono nel dover assumere personale adeguato per il processo di virtualizzazione. «Non abbiamo eliminato la fase “fisica” – precisa Misani – perché la validazione avviene ancora con i meccanismi tradizionali. Ma su tutto il resto siamo intervenuti profondamente. La virtualizzazione, ad esempio, può far combaciare migliaia di variabili: alcune assolute, altre relative. Alle prime appartiene ad esempio l’aquaplaning o la resa chilometrica; alle seconde i percorsi, la vettura, la temperatura, i fondi stradali, lo stile di guida. Ognuno di questi macroparametri, poi, può ulteriormente essere diviso in migliaia di variabili». Un altro tema di enorme importanza in un comparto come quello degli pneumatici riguarda l’impiego dei materiali. Oggi gli pneumatici provengono per una percentuale ancora importante da fonte fossile. Si continua a parlare molto di riciclabilità, ma nel settore diventa un po’ più complesso perché lo pneumatico è composto da diversi materiali: oltre alla gomma c’è il metallo, il rayon e attualmente la percentuale di recupero è ancora limitata. «Il focus principale – aggiunge il responsabile R&D di Pirelli – deve quindi essere quello di rendere lo pneumatico costruito con materiali provenienti da fonti rinnovabili. Un percorso su cui siamo attivi già da tempo e che ci vede raddoppiare la componente ogni

cinque anni. Inoltre abbiamo abbracciato in pieno la rivoluzione della silice, che permette di abbassare la resistenza al rotolamento e di migliorare la gestione sul bagnato. E per ottenere questo materiale possiamo impiegare gli scarti naturali della produzione del riso. Oggi stiamo gestendo questo procedimento su scala globale e abbiamo implementato policy e procedure per la gestione sostenibile della catena di fornitura della gomma naturale». Ulteriore aspetto su cui concentrarsi quando si parla di sostenibilità è quello relativo alle prestazioni degli pneumatici. Questi ultimi, PIRELLI HA IMPLEMENTATO POLICY E PROCEDURE PER LA GESTIONE SOSTENIBILE DELLA GOMMA NATURALE

infatti, devono rispondere a due requisiti fondamentali per essere sempre più “eco-safety”: diventare più leggeri e consumarsi di meno. Pirelli si è data come target la riduzione del peso del 10% nei prossimi anni, un obiettivo sfidante e che impone un lavoro intenso sullo pneumatico per assicurare performance sempre eccellenti e un’ottima resa chilometrica. «Siamo particolarmente attenti su questo punto – ci racconta Misani – che è diventato uno dei capisaldi della nostra aumentata attenzione verso la sostenibilità. La sfida, insomma, è proprio quella di avere uno pneumatico più leggero e più duraturo, con

un conseguente impatto positivo sull’intera catena di fornitura. Ogni ragionamento di questo tipo, poi, passa inevitabilmente anche dal tema della sicurezza. Essere più leggeri e con minore usura contribuisce a incrementare l’affidabilità dei veicoli. In particolare, è sul bagnato che si vede il miglioramento che possiamo offrire: dare al guidatore una riserva di grip aggiuntiva è la vera chiave per riuscire a recuperare il veicolo senza andare incontro a un evento per nulla piacevole». L’ultima domanda che rimane è quella relativa alla sostenibilità economica di un modello improntato su una maggiore durata degli pneumatici e su un minore impiego di materiali. Se bisogna dare garanzie a stakeholder e dipendenti, infatti, come si riesce a farlo se si dà vita a un prodotto più longevo che necessita quindi di essere sostituito meno frequentemente? In genere, infatti, la coperta è sempre stata corta nel mondo degli pneumatici: maggiore sicurezza o migliori performance? Oggi si è riusciti in qualche modo ad “allungare” questa coperta, superando dei compromessi che sono sempre stati tipici del comparto. Ad esempio, i cosiddetti “all season” erano indicati fino a non molto tempo fa solo a una determinata tipologia di automobilisti, mentre oggi sono adatti per una fascia di clienti molto più ampia. «Ci muoviamo all’interno di un mondo estremamente competitivo – conclude Misani – in cui la leva del prezzo non è l’unica che possiamo attivare. Ci sono, infatti, anche i volumi. L’idea è quindi quella di produrre pneumatici sempre migliori, più sostenibili e che ci permettano di crescere nel nostro comparto di riferimento. Per questo il ragionamento non si basa solo sul prezzo del singolo pneumatico, ma anche sulle quote di mercato. Perché il prodotto farà sicuramente più chilometri, ma se è più sicuro permette a Pirelli di posizionarsi in maniera più efficace».

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GESTIRE L’IMPRESA

Trasporti, supply chain, consumi: la pandemia ha stravolto qualunque tipo di attività. Come stanno reagendo le aziende al nuovo scenario? Adattandosi, spostando linee di business e riposizionandosi anche su nuovi mercati. Ma non è detto che l’impronta che il Covid lascerà sull’economia sia tutta in negativo...

L’ECCELLENZA ITALIANA SVILUPPA GLI ANTICORPI Dal digitale alla sostenibilità: ecco come la pandemia ha stravolto il mondo del lusso. Ce lo spiega Stefania Lazzaroni, direttore generale di Altagamma, che raccoglie 109 marchi dell’industria creativa di Davide Passoni

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el post Covid non avremo più bisosproniamo a entrare più nel dettaglio di un ragno di eccessi. Il Covid ha insegnagionamento che non è solo di cultura ma, più in to che c’è bisogno di autenticità, di generale, di impresa, di sistema Paese, di futucoerenza, di sobrietà, di spazio per prodotti e ro, delle nostre eccellenze produttive. oggetti che durano: sono i prodotti e gli ogget«Ciò che è accaduto negli ultimi mesi al mondo ti di eccellenza, che magari costano di più, ma dei personal luxury goods non era mai accaduto che scegli perché rispettano il territorio e imnegli ultimi trent’anni - prosegue -. È una forte piegano materie selezionate. Un approccio ben discontinuità rispetto a trent’anni di crescita lontano da quello del continua, mediamenNEGLI ULTIMI TRENT’ANNI IL SETTORE fast fashion». Se c’è una te del 5% annuo; ora DEI BENI DI LUSSO È CRESCIUTO qualità che non manca invece si prevede un MEDIAMENTE DEL 5% ANNUO: ORA SI a Stefania Lazzaroni, -25/-30% a fine 2020, PREVEDE UN -25/30% A FINE 2020 direttore generale di secondo le stime di Altagamma, è il dono della sintesi. La finalità di Bain & Company». Altagamma accoglie 109 questa intervista era capire se e come il Covid marchi dell’industria culturale e creativa itaha cambiato la percezione e la comunicazione liana e ha una visione su sette industries, non del lusso. Dopo il suo virgolettato potremmo solo sui personal luxury goods: va dalla moda chiudere qui e voltare pagina, perché c’è tutto al design, alla nautica, all’ospitalità, all’automoquello che ci serve per avere la risposta al notive, all’alimentare. «Vi sono state performance stro dubbio. Ma noi non ci accontentiamo e la diverse da settore a settore; la moda e i beni di

« 54 ARVAL LA NUOVA MOBILITÀ È INTEGRATA, CONNESSA E FLESSIBILE

56 BROTHER IL LAVORO È PIÙ SICURO CON IL BALANCED DEPLOYMENT

58 FONARCOM UNIVERSITÀ E IMPRESE INSIEME INSEGUENDO IL MODELLO ISRAELE

60 FEDERMANAGER IL NUOVO MANAGER HA UNA MISSIONE GREEN

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GESTIRE L’IMPRESA LUXURY GOODS

lusso personali hanno sofferto di più, mentre il design ha tenuto, perché il ciclo di vita di un prodotto di design è diverso e perché durante il lockdown e nel post Covid c’è stata una riscoperta della casa non soltanto come luogo in cui trovare armonia e sicurezza, ma anche come luogo di lavoro, a volte da ristrutturare per rispondere a questa nuova esigenza. Il settore dell’ospitalità ha sofferto tantissimo, con un -75% per gli hotel e una stagionalità che non sarà più recuperata, almeno quella dei mesi da aprile a giugno. La nautica, invece, come il design è un settore in controtendenza con buone performance di crescita, conseguenza della necessità di viaggiare in isolamento e trascorrere momenti al mare in sicurezza». L’accelerazione digitale È chiaro che in un anno così difficile molte cose sono cambiate e stanno cambiando, accelerando processi già in atto: «Il primo, molto evidente, è stata la digitalizzazione con la trasformazione del modello di business delle aziende - conferma Lazzaroni-. In una situazione in cui i negozi erano chiusi, il digitale è stato interpretato come una alternativa, stimolando progressi che altrimenti avrebbero richiesto anni e che invece sono accaduti in brevissimo tempo. Digitale, però, non vuol dire solo e-commerce ma anche comunicazione, ingaggio del consumatore in modo diverso, e le aziende hanno compreso che si tratta di uno strumento imprescindibile. Si stanno dunque attrezzando con investimenti per tutelarsi da un possibile nuovo rischio e si stanno strutturando con siti di e-commerce che possano integrare il loro modello di business». Già, ma quanto vale questo nuovo modello? «E-commerce e digitale pesano a oggi circa il 12% dei ricavi del nostro mercato. Il digitale, però, non potrà essere sostitutivo del retail. Nella fase new normal, le visite in negozio si sono diradate e il punto vendita è diventato un luogo in cui recarsi per vivere un’esperienza, dopo aver conosciuto ogni aspetto del prodotto informandosi online. Questa accelerazione del digitale rimarrà, così come l’attitudine all’omnicanalità e a una maggiore integrazione tra il

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STEFANIA LAZZARONI, DIRETTORE GENERALE DI ALTAGAMMA

retail, forza portante ed emotiva della relazione con il consumatore, e l’online, strumento agile e utile».

Alla ricerca del turismo perduto Un’altra presa di coscienza indotta dal Covid è quella del peso del consumatore internazionale, che per il settore del lusso è straordinario: «Il 60% dei consumi di beni personali di alta gamma in Italia (e circa il 40% a livello mondiale) è fatto da turisti internazionali conferma Lazzaroni -; con il blocco dei voli e l’assenza di turisti americani e cinesi c’è stato un tracollo di questi acquisti in tutta Europa: i Paesi si sono resi conto dell’importanza di curare, sostenere e tutelare i flussi turistici alla base di questo mondo, che si fonda sul retail, sulla libera circolazione delle persone e su una grande mobilità. Lo spillover effect del viaggio è molto ampio, non solo sui prodotti di lusso ma anche su entertainment, offerte culturali ecc.; è il motivo per cui in questo triennio Fondazione Altagamma si occuperà molto di turismo e in particolar modo di turismo altospendente, del quale si è sentita la mancanza nel periodo Covid». Che cosa fare però ora, in un mondo in cui ancora i viaggi non ci sono? «Le aziende si stanno indirizzando verso una relazione più forte con il consumatore locale: col cinese in Cina, con l’europeo in Europa e così via, una dinamica che prima non avveniva».

DIGITALE NON SIGNIFICA SOLO E-COMMERCE, MA ANCHE INGAGGIO DEL CONSUMATORE Conquistare il Dragone A questo si collega lo sviluppo del mercato cinese. La Cina è stata il punto di partenza della pandemia ma da essa non è stata attaccata; il consumo dei prodotti di alta gamma ha tenuto, si è sviluppato e le aziende che hanno visto chiudere i mercati europei e italiani hanno subito investito per ampliare la loro presenza in Cina. «Già nel pre Covid - prosegue Lazzaroni -, circa un terzo dei consumatori mondiali del lusso era cinese; sempre Bain & Company stimava, in pre Covid, che entro il 2025 un acquisto su due sarebbe stato fatto da un consumatore cinese, in Cina o in Europa. Questo consumatore, che stava già crescendo molto, ora nel post Covid si è potenziato: ancora i dati di Bain & Company ci dicono che in Cina, tra consumo domestico e online, a luglio-agosto la crescita dei personal luxury goods è stata tra il 50% e il 150% rispetto al 2019. Gli high net worth individuals cinesi, non potendo più viaggiare, hanno riversato tutto il loro desiderio di shopping europeo in Cina. Teniamo anche conto del fatto che il consumatore cinese è diverso da quello americano ed europeo: molto più giovane, molto più digitale e meno sobrio, per cui anche i brand che gli si rivolgono devono seguire le esigenze di chi aspira a un gusto ancora molto cool. Americani ed europei, per ciò che hanno vissuto con Covid, sono alla ricerca di un lusso più autentico, sobrio, sostenibile, meno gridato».


Focus sulla sostenibilità Oltre a questi trend che già esistevano e che si sono confermati, il Covid ha lasciato in noi la sensazione che non possiamo più non tenere in considerazione le istanze sociali e ambientali dettate dal momento storico. «Anche questo trend era già in corso; da sette anni a questa parte la moda, settore con un forte impatto sull’ambiente data l’obsolescenza intrinseca delle proprie creazioni, aveva iniziato ad attuare programmi di responsabilità sociale, sia nei grandi gruppi sia nelle realtà più piccole. Il tema si è potenziato di pari passo con il nuovo umanesimo sorto in questo periodo, che pare affermarsi in modo forte. Le dichiarazioni di Armani dello scorso aprile a invocare una moda più lenta e riflessiva, sono il manifesto della volontà di creare modalità di ingaggio del consumatore rispettose dell’ambiente e dei ritmi umani. Il tema della sostenibilità è importante per i giovani consumatori del lusso; secondo dati di McKinsey, l’80% di loro è interessato alle tematiche ambientali e pagherebbe almeno il 10% in più per un prodotto sostenibile. Anche i buyer cominciano a essere attenti a questo aspetto e le stime dicono che acquisteranno prodotti sostenibili per il 40% dei loro ordini. Altri stakeholder, infine, sono gli investitori, più orientati a investire in aziende attente ai principi di Esg: l’81% di loro tiene conto di questi elementi nella scelta delle imprese in cui mettere denaro».

Comunicare i valori, comunicare l’Italia La sensazione è dunque quella di essere passati in modo completo da un modello di shareholder a uno di stakeholder, perché oggi le aziende vogliono agire ascoltando non solo il consumatore ma anche il territorio e le comunità, affinché siano partecipi di ciò che accade intorno all’impresa stessa. «In questo senso conferma Lazzaroni -, le aziende italiane sono spontaneamente sensibili alla Responsabilità Sociale. Sono realtà talvolta medio piccole, strettamente legate al territorio di cui sono l’espressione. L’Italia lo ha dimostrato durante il Covid, quando più di altre nazioni ha deciso di LA SENSAZIONE È DI ESSERE PASSATI DA UN MODELLO DI SHAREHOLDER A QUELLO DI STAKEHOLDER PER I QUALI ANCHE LA SOSTENIBILITÀ È UN VALORE

anteporre la vita umana a mere considerazioni di business, senza esitare a proporre un lockdown severo a tutela della persona. Il nuovo umanesimo ci corrisponde, così come la sensibilità sociale e ambientale; questo ci fa sperare che dalla crisi nasca qualcosa di davvero nuovo. In più, oggi, serve meno comunicazione sul prodotto e più sui valori. Mentre negli Anni ’80, per esempio, la percezione del prodotto era costruita, il dialogo col consumatore era mediato e univoco, oggi con una comunicazione aperta la trasparenza e l’autenticità sono l’unica via. La costruzione di un percepito strutturato a tavolino non è più possibile, mentre un

dialogo continuo con il consumatore porta a reagire subito verso le sue vere necessità, cui i brand sono tenuti a rispondere perché ormai sono parte di un flusso sociale molto più coeso. Servono meno investimenti in marketing e più in progettualità che aiutino il sociale. Su questo, i brand di Altagamma sono in prima linea, perché sono aziende che fanno del savoir-faire il loro elemento distintivo e per le quali l’uomo è centrale. Sono brand che hanno da sempre investito sul territorio e a tutela del patrimonio culturale italiano, un impegno che durante il Covid si è riversato in operazioni di solidarietà: le aziende di Altagamma hanno investito in due mesi oltre 43 milioni di euro in attività solidali. È una sensibilità umana molto forte, che permea anche il lusso italiano». Anche se, confessa il direttore generale di Altagamma, «lusso è una parola che la Fondazione non ama usare, perché viene spesso connotata in maniera negativa, specialmente in Italia per via di una certa matrice culturale. Quello che dobbiamo fare è invece riposizionare il valore delle nostre aziende del settore, che si reggono sul savoir-faire, partono da una matrice artigianale e sono la nostra specificità e la nostra eccellenza: non è un caso se molti brand francesi vengono in Italia a produrre. Questo valore della manifattura italiana va protetto, dando anche le informazioni giuste sui valori che connotano le professioni manifatturiere che vivono nei grandi marchi del made in Italy e che vanno tutelate».

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GESTIRE L’IMPRESA SMART MOBILITY

LA MOBILITÀ È INTEGRATA, CONNESSA E FLESSIBILE 360° Mobility, Good for you Good for all, Connected & Flexible e Arval Inside: l’offerta della società di Bnp Paribas si arricchisce di quattro nuovi servizi per diventare la società di riferimento per la mobilità sostenibile di Marco Scotti

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l Covid-19, oltre a essere la più drammatica emergenza sanitaria da un secolo a questa parte, ha anche avuto il ruolo di accelerare processi già in atto e mettere a nudo debolezze dei sistemi. Le città già prima del Coronavirus traboccavano di traffico e la necessità di trovare rimedio – dai car sharing ai monopattini – era diventata sempre più pressante. Oggi a maggior ragione: un mondo che guarda ancora con perplessità al trasporto pubblico, che probabilmente sceglierà sempre di più di muoversi con mezzi propri, rischia di far definitivamente collassare i grandi agglomerati urbani. E in un progressivo (e atteso) ritorno alla normalità, questa tendenza potrebbe cementarsi ancora clienti, numeri che la rendono leader del comdi più. Per questo motivo Arval, società del parto. «La strategia Arval Beyond – spiega Gruppo Bnp Paribas, ha voluto lanciare una Alain Van Groenendael (nella foto), Presidennuova offerta “a quattro teste”, per dare vita te e Ceo dell’azienda – è un piano quinquena un impatto positivo che consenta di creare nale che ingloba questo nuovo approccio e ha un mondo più inclusivo. Le anime della nuova una grande ambizione: non solo rafforzare il offerta Arval Beyond sono: 360° Mobility, che nostro storico business model, ma andare oltrasforma l’azienda da società con focus sulle tre, e diventare la società di riferimento per le auto ad azienda di servizi di mobilità; Good soluzioni di mobilità sostenibile. Con questo for you, Good for all, con cui Arval mira a dinuovo piano, ci impegniamo a offrire ai nostri ventare un leader nell’ambito della sostenibiclienti un’esperienza lità e della transizione L’OBIETTIVO DI ARVAL PER IL 2025 di mobilità integrata, energetica; Connected È QUELLO DI RAGGIUNGERE a fornire loro suppor& Flexible, per costruI DUE MILIONI DI VEICOLI NOLEGGIATI to sulla transizione ire un’offerta di nolegDEI QUALI 500MILA ELETTRIFICATI energetica, una maggio più semplice e ulgiore semplicità attraverso prodotti e servizi tra connessa; Arval Inside, con cui si inaugura connessi e flessibili e a costruire, insieme ai una nuova modalità di partnership. Obiettivo nostri partner, offerte innovative e ad alto vaper il 2025: raggiungere due milioni di veicoli lore aggiunto». noleggiati, inclusi 500mila elettrificati. Come detto, dunque, la prima “gamba” su cui Arval è specialista nel noleggio a lungo tersi muove la nuova offerta è quella di 360° Momine, attiva in 30 Paesi con una flotta di 1,3 bility. Questo perché attualmente la maggior milioni di veicoli. In Italia è presente dal 1995 parte degli spostamenti casa-lavoro ha una e gestisce oltre 217mila veicoli con 50mila

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distanza inferiore ai 5 km. Proprio per evitare che si ricorra eccessivamente al trasporto privato, il 75% delle aziende promuove e lo farà anche in futuro servizi di mobilità integrata. Arval ha predisposto tre diverse tipologi per le imprese clienti: l’e-bike leasing, il car sharing e il mobility as a service (Maas), che non comporta il noleggio a lungo termine del mezzo ma il suo impiego all’occorrenza. «La nostra ambizione – spiegano dall’azienda del Gruppo Bnp Paribas – è quella di arrivare al 2025 con la totalità dei Paesi che promuovono soluzioni di mobilità sostenibile. Il Covid ha avuto un ruolo di accelerazione per un processo già in atto, ma noi siamo nel posto giusto per rispondere alle nuove esigenze della clientela. Lavoriamo da oltre 30 anni nel comparto e abbiamo attivato dei servizi di consulenza per la mobilità. Abbiamo accesso, a livello mondiale, a una popolazione potenziale di 50 milioni di persone, un dato che ci permette di co-creare soluzioni di mobilità con i nostri partner». La seconda parte della nuova offerta è “Good


For You, Good For All”, ovvero l’ambiziosa intenzione di avere – entro il 2025 – 500mila veicoli elettrificati all’interno della flotta mondiale di Arval, con una riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 30% nell’arco di tempo. L’idea di fondo, inoltre, è che il veicolo elettrico sia una sorta di “batteria su ruote”, che viene ricaricato durante la notte, ma che durante il giorno, quando non viene impiegato per gli spostamenti, ha ancora moltissima energia che può arrivare fino a quattro o cinque giorni. Si può quindi immaginare una logica di vehicle to grid, in cui l’auto viene installata all’interno di reti elettriche per essere parte integrante del sistema di alimentazione ARVAL ITALIA È IMPEGNATA ANCHE NEL SUPPORTO AI PROPRI CLIENTI PER FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA DELLE LORO FLOTTE

della casa, per esempio. In questo modo la ricarica viene gestita in modo più smart senza sprechi. Una strategia partita in Francia e Regno Unito grazie alla partnership con Edf e Nissan. Altro obiettivo di Good for you Good for all, grazie alla maggiore tecnologia a bordo dei nuovi veicoli, è di ridurre gli incidenti del 10%. Terzo caposaldo, migliorare e semplificare l’esperienza del cliente quando la macchina è ferma. Dunque, con Connected and Flexible, Arval può offrire una serie di servizi accessori che vanno dall’individuazione del parcheggio stradale fino al lavaggio auto. La vettura, rigorosamente in modalità keyless, può essere sbloccata anche in assenza del guidatore per essere pulita o per far consegnare dei pacchi. In Spagna è stato avviato un progetto pilota per i veicoli ad alimentazione tradizionale in cui il driver può usare la tecnologia di assistenza vocale per la ricerca di officine o stazioni di servizio. Entro il 2025, l’80% della flotta globale sarà connessa e potrà offrire un ampio ven-

taglio di servizi per migliorare la vita dei driver. L’ultima novità su cui poggia il piano quinquennale è rappresentato da Arval Inside, un nuovo sistema di partnership che si rinnova. Da sempre, l’azienda ha avuto rapporti stretti con banche e case costruttrici di automobili. Ora l’intento è quello di allargarsi ad altri stakeholder, in un’ottica di condivisione, con partner selezionati, in modo da realizzare offerte innovative di mobilità, ad alto valore aggiunto, che rispondano alle nuove esigenze dei clienti. Infine, anche il nostro Paese sarà coinvolto dalla sfida del nuovo piano quinquennale: «Arval Beyond – ci spiega Štefan Majtán, Direttore Generale della branch italiana - è la conferma della giusta rotta intrapresa da Arval già nel corso degli anni passati. Questo nuovo piano strategico mette a sistema un’idea, un modo di stare sul mercato attraverso obiettivi ambiziosi. Il nostro percorso continuerà quindi con una visione ancora più definita e strategica; già oggi siamo in grado di compiere un ulteriore passo in avanti verso un vero modello di mobilità sostenibile e a 360°. La nostra proposta si arricchisce infatti del

noleggio a lungo termine delle biciclette elettriche, disponibili grazie a un canone mensile fisso e tanti servizi inclusi, a beneficio di tutte quelle persone che, come noi, vogliono fare la loro parte per avere un impatto positivo sulla società». Oggi, infatti, Arval Italia offre già prodotti alternativi e complementari al noleggio a lungo termine, come Arval Mid Term, il noleggio flessibile da 1 a 24 mesi o il corporate car sharing. Anche sul fronte delle auto connesse, Arval Italia è all’avanguardia sul mercato: la partnership con Telepass per lo sviluppo di Telepass Next va proprio nella direzione di offrire a coloro che guidano un’auto Arval servizi ad alto valore aggiunto e in grado di migliorare la loro esperienza di guida e facilitarne la vita. Arval Italia è anche impegnata nel supporto ai propri clienti a favore della transizione energetica delle loro flotte, grazie alla consulenza che è in grado di fornire e all’offerta completa di prodotti di mobilità green. Inoltre, è disponibile il noleggio a lungo termine anche delle e-bike, disponibili in due modelli, uno più adatto alle esigenze femminili, l’altro a quelle maschili. Oltre al veicolo viene offerto un pacchetto classico con copertura furto, danni, cambio gomme e con l’inclusione di dispositivi di protezione come il casco, il lucchetto antifurto e i copertoni antiforatura. Sono state profilate due offerte, una da 12 e una da 24 mesi. Nel primo caso il canone è di 113 euro, nel secondo di 87. In una prima fase, il noleggio delle e-bike sarà offerto ai dipendenti delle 360 aziende clienti che hanno sottoscritto la convenzione Arval For Employee, per una platea potenziale di 2 milioni di persone.

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GESTIRE L’IMPRESA SOLUZIONI

C’è un grande fratello che fa l’ufficio più sicuro L’utilizzo condiviso di dispositivi è fonte di possibile contagio. Ma le soluzioni Brother di “balanced deployment” permettono di “prenotare” le stampe ed eseguirle da remoto in totale sicurezza di Davide Passoni

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egli ultimi mesi, il lockdown ha costretto le persone a cambiare radicalmente il proprio modo di vivere e di lavorare. La maggior parte dei lavoratori ha infatti adottato per la prima volta la modalità dello smart working, che rappresenta un nuovo approccio al modo di operare e di collaborare all’interno delle aziende piccole e grandi, degli enti pubblici e di numerose altre attività produttive. Grazie all’ausilio di strumenti tecnologici adeguati, lo smart working ha permesso a moltissimi professionisti di essere produttivi, connessi e digitali nonostante la situazione di emergenza. Questi strumenti tecnologici non sono però solo laptop, computer fissi, smartphone o tablet: anche le stampanti rivestono un’importanza fondamentale per migliorare la produttività di impiegati e professionisti. In un qualsiasi ciclo di vita aziendale, il mantenimento di un archivio documentale è sempre stato uno dei processi chiave per le attività di business e amministrative; anche da remoto, le stampanti rappresentano un complemento

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indispensabile per tutti i professionisti che operano da casa e per cui i processi di stampa hanno una valenza fondamentale. Lo sanno bene i player più importanti del settore, come Brother. Ora che l’allentamento delle restrizioni lo permette, nonostante la seconda ondata di Covid faccia sentire i propri effetti, molti lavoratori sono tornati in ufficio dopo diverso tempo, magari non a tempo pieno, magari non cinIL SOFTWARE SECURE PRINT+ PERMETTE DI STAMPARE DOCUMENTI RISERVATI GRAZIE ALL’AUTENTICAZIONE UNIVOCA DA PIN O CARD NFC

que giorni su sette, ma hanno ripreso a vivere uno spazio lavorativo comune e condiviso. Rientrando, ci si rende conto del fatto che nulla, però, sarà più come prima. Per ripartire a pieno regime è infatti necessario modificare la cultura organizzativa sulla quale era impostata la vita di ufficio fino alla scorsa primavera. Questa nuova vita sarà infatti composta da nuove abitudini, procedure e accorgimenti

pensati per tutelare la salute delle persone, minimizzando la probabilità di altri contagi. In questa fase, il mondo del document management gioca un ruolo importante, perché vanno studiate strategie mirate a mantenere il distanziamento, senza però pregiudicare l’efficienza delle attività aziendali. Pensiamo per esempio a quante volte capita di trovare molte persone davanti a una stampante condivisa, spesso una stampante A3, verso la quale ciascuno di questi colleghi ha lanciato delle stampe, mettendosi pazientemente ad aspettare che esca dalla coda. Distanziamento difficile, passaggio di mani diverse sulle stesse superfici, via vai continuo: insomma, tutto ciò che non si dovrebbe fare per evitare il diffondersi del terribile coronavirus. È quindi vitale applicare strategie di distanziamento, una delle quali consiste nel cosiddetto balanced deployment. Questo particolare approccio alla gestione documentale punta a suddividere in modo ottimale e più capillare il carico di lavoro all’interno degli uffici, sostituendo le grandi stampanti A3 con più unità in formato A4 compatte, performanti ma soprattutto più vicine alle singole postazioni di lavoro. È uno dei punti strategici attraverso i quali Brother aiuta imprese e professionisti a gestire in sicurezza il processo di produzione e gestione documentale nel periodo del cosiddetto new normal. Grazie al balanced deployment si evitano lunghi percorsi in mezzo ad altre aree (come avviene spesso negli open space) per andare a recuperare le stampe e soprattutto si evitano le code che si creano aspettando di ritirare i propri documenti. L’aggiunta di scanner è un altro elemento di “bilanciamento”, perché chi necessità solo di effettuare la scansione di un documento non deve necessariamente attendere la conclusione delle stampe lanciate dai colleghi e viceversa. A questo si aggiunge il concetto di decentralizzazione, che consiste nel posizionare più stampanti all’interno dello stesso reparto, adempiendo alle nuove normative che impongono di avere scrivanie libere per poter distanziare gli impiegati. Le stampanti in formato A4 proposte da


Brother per far fronte alle nuove esigenze di stampa uniscono velocità, economicità e sicurezza. Quest’ultima è garantita da soluzioni software come Secure Print+, che consente di stampare documenti riservati con elevata sicurezza e che, grazie all’autenticazione da Pin o card Nfc, risolve anche il problema dei documenti lasciati incustoditi. Il controllo e il monitoraggio centralizzato delle unità dà anche la possibilità di minimizzare i fermi macchina, gli interventi sul posto e di aumentare la produttività degli uffici. Le stampanti A4 di Brother sono compatte e versatili e hanno le stesse funzionalità di una stampante A3. A differenza di quest’ultima, però, una stampante A4 può essere posizionata su un mobiletto accanto alla scrivania della persona o anche stand alone, limitando gli spostamenti all’interno dell’azienda, da ufficio a ufficio o all’interno dell’ufficio stesso. Le prestazioni assimilabili a quelle di una stampante A3 si ritrovano così in dispositivi compatti, robusti e performanti, in grado di garantire stampe di alta qualità in tempi ridotti, funzionalità avanzate anche da dispositivi smart, servizi di cloud printing e display integrato per una migliore gestione e compatibilità con la rete aziendale. In sostanza, queste stampanti soddisfano tutte le esigenze della vita d’ufficio per garantire risultati efficienti: dalla diversificazione del lavoro ai punti di scansione dedicati, fino al numero limitato di persone connesse alla stampante stessa. In tutto questo, oltre ad abbassare notevolmente la possibilità di contatto e di contagio tra i colleghi, l’attuazione corretta e costante della strategia di balanced deployment ha anche degli effetti non trascurabili in termini di contenimento dei costi e di migliore efficienza. Sebbene la

convenienza sia sicuramente un fattore importante, il vantaggio più grande è proprio dato da un aumento della produttività, che si aggiunge al fatto di inserire le persone all’interno di un ambiente sicuro, creando così le condizioni ottimali per la ripresa del business. Ottimizzare in questo modo l’ambiente di lavoro significa dunque dotarlo del giusto numero di dispositivi di stampa e di imaging, con

un effetto positivo a cascata sui costi associati al supporto, ai materiali di consumo e alla manutenzione dell’hardware. Si tratta di vantaggi ben quantificabili. Secondo un white paper di Idc, l’applicazione della strategia di balanced deployment fa registrare per l’azienda un risparmio medio del 23%, così suddiviso: -40% dei costi di supporto IT; -25% dei costi legati al materiale di consumo; -20% per le spese di riparazione dell’hardware: -10% dei costi di installazione; -5% di dispositivi hardware installati negli uffici e negli spazi comuni. L’applicazione del balanced deployment è dunque una strategia winwin, vantaggiosa sia per chi lavora, sia per l’impresa. Attenzione però: per adottarlo, è necessario avere il corretto mindset, perché per l’azienda si tratta davvero di una piccola, grande rivoluzione. Storicamente, infatti, i dispositivi di stampa e imaging sono sempre stati collocati nel punto più conveniente per la macchina, non per coloro che avevano bisogno di usarla, il balanced deployment colloca invece le stampanti nelle posizioni più convenienti per tutti coloro che hanno bisogno di usarle. È inconsueto aspettarsi che le persone si adattino a una macchina, piuttosto che il contrario, mentre sono invece le persone a venire prima di tutto. Questo è il principio alla base dell’approccio del balanced deployment e della filosofia con la quale Brother, grazie ai suoi device, offre un aiuto concreto per ripartire in azienda. https://www.brother.it/ nuove-esigenze-di-stampa

L’applicazione del balanced deployment è vantaggiosa sia per chi lavora sia per l’impresa che la impiega.

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GESTIRE L’IMPRESA FORMAZIONE

ANCHE L’ITALIA PUÒ DIVENTARE UNA START UP NATION Fonarcom esplora il modello Israele, il primo Paese al mondo per numero di brevetti grazie alla sinergia tra università e imprese. E stanzia 4 milioni di euro per finanziare le competenze digitali di Marina Marinetti

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ove c’è innovazione c’è crescita. L’assunto sarebbe anche banale, se non fosse che troppo spesso ci si muove in compartimenti stagni e l’innovazione resta circoscritta in ambito accademico senza riversarsi nel sistema industriale. Ma basta guardarsi un po’ intorno per trovare la “prova provata” di quanto sia utile che ricerca e impresa vadano a braccetto. L’esempio si trova più o meno a 2.500 chilometri da noi: «Israele è il primo Paese al mondo per numero di startup e brevetti, anche grazie a una ANDREA CAFÀ, PRESIDENTE DI CIFA E DI FONARCOM legislazione favorevole all’innovazione e a un sistema che, attraverso investimenti statali e capitali privati, sostiene E se è vero che Israele, a differenza dell’Italia, un’interazione strettissima tra università, hub è un Paese giovane (il 35% della popolazione di ricerca e imprese», spiega Andrea Cafà, preha meno di 18 anni) e di provenienza internasidente di Cifa e di Fonarcom. Perché proprio zionale, il fattore chiave, sottolinea Ofer Sachs, Israele? È presto detto: vanta, il più alto numeCeo di Herzog Strategic e già ambasciatore d’Iro di startup pro capite. «Si tratta di un modello sraele in Italia è «l’attenzione particolare del di eccellenza in cui l’Università giuoca un ruogoverno che ha portato in pochi anni a un’elo strategico nella fase di avvio delle imprese conomia di servizi e di tecnologie applicate a innovative grazie alla ricerca finanziata dallo tutti i campi. Oggi Israele è casa per 400.000 Stato e alla promozione di progetti hi-tech in aziende internazionali che lavorano a stretto molti ambiti: finanziario, cybersecurity, agricontatto con i centri di ricerca e con i giovani, e food, energie rinnovabili e automotive», contiquesto costituisce una spinta fortissima all’innua Cafà. E aggiunge: «Ma è il capitale umano novazione». Per Nava Swersky Sofer, esperta di la risorsa più importante. La presenza degli innovazione, imprenditrice e ricercatrice, «ciò hub di ricerca e innovazione all’interno delle che caratterizza lo sviluppo di Israele è la conuniversità israeliane dà ai ricercatori la spinta vergenza tra scoperte tecnologiche e linguaggi per sperimentare progetti di sviluppo nel camdiversi contamina l’intera vita culturale e propo delle tecnologie avanzate. Finanziamenti e duttiva del Paese. L’Italia potrebbe diventare strutture adeguate create con i fondi di venture leader in molti settori proprio adottando quecapital di provenienza straniera sostengono le sta convergenza». attività degli incubatori d’impresa, rendendo «L’Open innovation è una dimensione fondal’ecosistema israeliano uno dei più dinamici al mentale per lo sviluppo economico dell’Itamondo». lia. Ma essa richiede un alto capitale umano e

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un alto capitale sociale», osserva Angelo Maria Petroni, segretario generale di Aspen Institute Italia e ordinario di Logica e Filosofia della scienza alla Sapienza di Roma: «Persone più istruite e relazioni più facili tra lavoratori e imprese, e tra imprese e istituzioni. È su questo che il nostro Paese ha bisogno di interventi, sia normativi sia organizzativi» «L’eccellenza israeliana ci insegna quanto il networking e la connessione tra gli stakeholder pubblici e privati siano fattori chiave per lo sviluppo dell’innovazione italiana», sottolinea Pasquale Caffio, managing director di Hrc: «Da qui emerge il ruolo fondamentale di chi favorisce la diffusione delle competenze tecniche e manageriali attraverso il proprio network e l’utilizzo delle risorse a disposizione delle imprese». «Nonostante la creatività che contraddistingue il nostro Paese, permangono limiti all’innovazione. I principali», conclude Andrea Cafà, presidente di Cifa e di Fonarcom: «mancanza di sinergia tra mondo della ricerca, sistema produttivo e istituzioni, insufficienza degli investimenti pubblici e privati e permanenza di un sistema burocratico gravoso. Occorre che si apra un dialogo tra imprese, ricerca e istituzioni che attragga investimenti, anche internazionali. E la formazione continua deve essere il fertilizzante dell’innovazione diffusa, senza cui è impossibile crescere, creare valore e competenze di livello globale. Fonarcom, con il suo avviso Diginnova, ha stanziato 4 milioni di euro per finanziare le competenze digitali. Le aziende possono presentare piani formativi fino ad aprile del 2021».


mediarelations@cnhind.com www.cnhindustrial.com


GESTIRE L’IMPRESA MANAGERIALITÀ

Il nuovo manager ha una missione green Da un lato Federmanager avvia il percorso di certificazione di “manager per la sostenibilità”, dall’altro il Coordinamento Giovani, lancia il progetto Green Code. Ecco di cosa si tratta di Marco Scotti

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a parola sostenibilità ha ritrovato sull’ecosistema. Non solo ambientale, ma anun’ulteriore centralità nell’agenda di che sociale, politico e industriale, in modo che governo italiano ed europeo. La Comtutti gli stakeholder remino nella stessa diremissione presieduta da Ursula von der Leyen zione. Non fa eccezione la classe dirigente, poaveva deciso già prima dell’emergenza da litica e manageriale, che deve farsi portatrice Covid-19 di avviare un “Green Deal” da 1.000 di questa nuova missione. «Il manager – sotmiliardi di euro in 10 anni. Dopo la pandemia, tolinea il presidente di Federmanager Stefano quando il Recevory Fund (o Next Generation Cuzzilla – è la bussola delle imprese nel mare Eu) ha iniziato a prendere forma, ci si è imdella complessità aumentata in cui ci troviamediatamente sincerati che il 37% dell’intero mo oggi. La sostenibilità deve diventare un complessivo venisse driver per orientare le LA SOSTENIBILITÀ DEVE DIVENTARE investito in sostenibiscelte d’impresa, non UN DRIVER PER ORIENTARE LE SCELTE lità. La sola Italia, se può più essere consiD’IMPRESA E NON PUÒ PIÙ ESSERE dovesse essere conferderata un elemento SOLO UN ELEMENTO MARGINALE mata la cifra di 209 mimarginale. Per questo, liardi tra prestiti e capitali a fondo perduto, si vogliamo puntare sul profilo del manager per troverebbe a dover investire oltre 77 miliardi la sostenibilità, che ha competenze tecniche per questo comparto. e trasversali necessarie a un nuovo modo di Proprio il nostro Paese, dunque, si trova nella fare industria. La riconversione green della condizione di dover premere in maniera conproduzione è al centro della nostra attenziovinta su questo tema, partendo dalla convinne». L’associazione guidata da Cuzzilla già zione che non ci può essere ripresa senza un da tempo è attiva per portare le istanze della ricorso definitivo e preminente a un’economia sostenibilità nel mondo dirigenziale. In primo circolare, orientata alle tematiche Esg e in cui luogo, tramite il percorso BeManager, ha avtutti gli stakeholder abbiano ben chiaro il tema viato la possibilità di certificare il manager per dell’impronta che viene lasciata dal business la sostenibilità. Si tratta di una figura che con-

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tribuisce all’evoluzione responsabile dei processi produttivi, gestisce il sistema ambientale dell’azienda avendo come obiettivi la sicurezza di prodotto e lo sviluppo di soluzioni per categorie svantaggiate. Cura i progetti di innovazione sostenibile, di conciliazione vita-lavoro, le pari opportunità e la responsabilità sociale d’impresa. Ecco perché Federmanager ha avviato un apposito percorso di certificazione di “manager per la sostenibilità”, finalizzato a offrire al mercato figure professionali in grado di incidere all’interno delle organizzazioni, attraverso scelte da assumere spesso a stretto contatto con i vertici aziendali. Un’altra iniziativa è rappresentata dal progetto Green Code, ovvero un lavoro portato avanti dal Coordinamento Giovani Federmanager e i 40 finalisti del Premio Giovane Manager Federmanager 2019. Code è l’acronimo di Change Organization Data Energy, quattro aspetti fondamentali di un qualsiasi percorso di sostenibilità. «Siamo partiti da un foglio bianco – ci spiega Renato Fontana, coordinatore del Gruppo Giovani di Federmanager – senza preconcetti, cercando di individuare quattro aree di intervento e, da qui, tutte le possibili soluzioni che ci venivano in mente. Alcune di queste proposte sono già più sostanziate dal punto di vista tecnologico, altre sono addirittura delle best practice per qualche ente di ricerca. Il prossimo passo è riuscire a identificare le migliori idee e cercare di metterle in

RENATO FONTANA


Francesca Paludetti, Head of M&A and sustainable development in Sapio

pratica. Il principio su cui ci baseremo non sarà tanto quello della mera trasformazione tecnologica, ma piuttosto della possibilità di essere rapidamente efficace e con il migliore impatto possibile». Green Code parte dall’assunto che vi sia un’urgenza di cambiamento non più procrastinabile. Anche la filiera muta radicalmente pelle: uso, riuso, riciclo, circolarità, filiera, contaminazione tra settori e ibridazione delle competenze, questi i nuovi orizzonti per evolvere modelli di business lineari ormai non più coerenti e, anche economicamente, a tendere, non più sostenibili. Inoltre occorre ripensare i processi organizzativi dell’impresa, le modalità di lavoro, le modalità di accesso al credito da parte di un’organizzazione e i modelli di concorrenza e di educazione delle nuove generazioni in un’ottica sempre più sostenibile. Sopravvivranno nel futuro quelle organizzazioni e aziende che avranno giocato d’anticipo, ovvero avranno colto per tempo i segnali dal contesto, permeando i propri processi aziendali, business e prodotti e servizi di attenzione alla sostenibilità. Un altro aspetto del radicale cambiamento che deve essere messo in atto riguarda i dati, il petrolio del ventunesimo secolo. Big data, Blockchain, intelligenza artificiale e processi di digitalizzazione, sono tutti temi che ci pongono oggi di fronte a grandissime opportunità e possono veramente fare la differenza nella sfida Green che ci attende. Infatti, l’utilizzo di queste tecnologie dev’essere necessaria-

mente orientato al benessere dell’umanità e dai manager, dalle istituzioni, dalle aziende, del pianeta e deve fungere da acceleratore nei dagli stakeholder. Proprio questi ultimi hanno processi di decarbonizzazione, di sostenibilità ormai capito da tempo che la sostenibilità è sociale e di sviluppo economico sostenibile. parte del business. Gli Esg stanno decollando, i Senza contare che la sostenibilità non può prefondi più importanti hanno dichiarato che non scindere da un’energia più green, dal momento punteranno più su imprese che non puntino che la domanda globale continua ad aumentasul green, abbandonando al contempo quei re (si prevede crescerà soggetti che puntano GREEN CODE È IL PROGETTO AVVIATO di oltre il 30% da qui ancora sul petrolio. La DAL COORDINAMENTO GIOVANI al 2040). «È tutta l’afiliera è cambiata: le FEDERMANAGER. “CODE” STA PER genda delle priorità a banche danno più fonCHANGE ORGANIZATION DATA ENERGY essere profondamendi a chi è sostenibile, a te cambiata – ci racconta Francesca Paludetti, chi si riconverte. E non è un caso che le piattaHead of M&A and sustainable development in forme petrolifere vengano progressivamente Sapio – e lo è ancora di più dopo il Covid. Non trasformate in impianti per produrre idrogeno si era mai parlato così tanto di idrogeno come da offshore wind. La trasformazione coinvolge nell’ultimo mese, nonostante non sia proprio non soltanto le grandi imprese che devono reuna novità. Ma ora l’Europa ci sta finalmenalizzare il report a fine anno, ma anche i piccoli, te puntando, ed ecco che tutti ne parlano. La che magari fanno parte di filiere e che si devospinta al cambiamento deve venire da tutti, no adeguare di conseguenza».

IL PREMIO GIOVANE MANAGER Un premio ai giovani manager che stanno innovando l’impresa. L’idea è del Gruppo Giovani di Federmanager che per il terzo anno consecutivo ha lanciato il contest che individua il talento manageriale under 44, selezionando oltre 2.000 curricula e scegliendo i migliori grazie agli head hunter di Hays Italia. Sul podio del Premio Giovane Manager 2019 è arrivata Paola Boromei, laurea in Psicologia dell’organizzazione, specializzazione in Risorse umane e

organizzazione presso SDA Bocconi di Milano e un executive master in Global leadership presso la business school INSEAD di Fontainbleau. Boromei è in Snam dal 2017, dove è executive vice president human resources & organization. «Sono felice di questo premio, di cui condivido il merito con le persone che collaborano con me», ammette. «Lo considero un riconoscimento all’impegno per rendere Snam un ambiente di lavoro sempre più aperto e inclusivo,

favorendo l’engagement e la crescita professionale. Viviamo un’epoca di profonde trasformazioni, che impongono alle aziende e alle persone grande flessibilità e capacità di adattamento, oltre che un dialogo continuo con gli stakeholder. Continueremo a impegnarci in questo».

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FINANZIARE L’IMPRESA

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IL FINANZIAMENTO È GARANTITO MA BISOGNA SAPERSELO MERITARE

BANCA IFIS A DETERIORARSI SONO I CREDITI MA DI CERTO NON LE IMPRESE

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Per accedere alle misure previste dai decreti è meglio rivolgersi a professionisti in grado di evadere pratiche a prova di rivalsa. Anche con l’aiuto della tecnologia, come spiega Gaetano Stio, presidente di Nsa

RSM PER RESISTERE AL COVID ANCHE IL BILANCIO METTE LA MASCHERINA

70 AITI QUELL’ANCORA DI SALVEZZA DI SACE E MEDIOCREDITO

71 AIFI DOVE INVESTE IL PRIVATE EQUITY CRESCONO INNOVAZIONE E BREVETTI

72 CONFIDI SYSTEMA! AIUTI ALLE IMPRESE PAROLA D’ORDINE: VELOCITÀ

73 BANOR CAPITAL EMISSIONI PRIVATE LA RIVINCITA DEI BOND

di Sergio Luciano

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l buon credito c’è, ma bisogna com’era ovvio – sui finanziamenti assistiprenderlo per il suo verso. Innanti dalla garanzia dello Stato attraverso il zitutto rivolgendosi alle banche Fondo centrale di Garanzia (Fdg) del Mecon cui esista già un buon rapporto di fidiocredito Centrale. Già: perché la riparducia. E poi, se non si è in grado di sostetenza dell’economia italiana, già difficile nere in proprio l’onere burocratico della prima di questa seconda ondata Covid che pratiche di finanziala complica ancora NSA È LA PIÙ GRANDE SOCIETÀ mento, meglio farsi di più, è comunque DI MEDIAZIONE CREDITIZIA IN ITALIA, affiancare da chi sa legata alla disponibiCHE DA BRESCIA OPERA SU TUTTO farlo»: parola di Gae- IL TERRITORIO CON 23 BANCHE PARTNER lità di finanziamenti tano Stio, presidente per le imprese. Ma e fondatore di Nsa, cioè della più grande nonostante le garanzie pubbliche, farsi (di gran lunga) società di mediazione fifinanziare è rimasto una sfida spesso pernanziaria italiana, che da Brescia opera dente. «Viviamo una situazione eccezionapraticamente su tutto il territorio, con 23 le – aggiunge Stio, all’inizio di questa conbanche partner, e si è specializzata – partiversazione con Economy - Dopo il boom di colarmente in quest’ultimo difficile anno, domande al Fondo di Garanzia tra marzo e

«

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FINANZIARE L’IMPRESA

Gaetano Stio, presidente e fondatore di Nsa

luglio, c’è stato poi un rallentamento nella gestione delle stesse da parte di tutto il sistema, da agosto in qua. E i recenti decreti hanno complicato le cose cambiando alcune regole. Paradossalmente però questo problema ha stimolato gli investimenti in nuove tecnologie sia nelle banche che nelle imprese, per gestire al meglio documenti e informazioni ed evitare di essere esclusi dal mercato».

Quindi, Stio, che consiglio dà alle aziende che hanno bisogno di soldi per riprendersi? Rivolgersi alle banche che già le conoscono, che già le stimano. Noi stessi abbiamo lavorato principalmente sul consolidamento e la rinegoziazione delle imprese che erano già buone clienti delle banche, mentre prima del Covid eravano molto concentrati sullo sviluppo di nuova clientela. Inoltre, per far fronte al maggior carico di lavoro e corrispondere in modo ottimale alle richieste degli enti governativi per i finanziamenti garantiti abbiamo dovuto investire molto in tecnologia, adattare le nostre piattaforme per adeguarle ai decreti e assumere circa 50 nuovi addetti.

I RECENTI DECRETI HANNO COMPLICATO LE REGOLE MA STIMOLATO NUOVE TECNOLOGIE tero decennio dal 2000 al 2019 sono state 2.141.202. Chiaro? Il 53% del totale di quelle pratiche è stato fatto in nove mesi, il 47% in dodici anni. Ovvio che fosse necessario un adeguamento dei sistemi e delle norme.

Dunque: consulenza più tecnologia, pratiche tutte accettate! Mica vero! Con l’aiuto di una realtà come la nostra il tasso di successo delle pratiche aperte da clienti già attivi con banche già conosciute è stato superiore al 50%. Negli altri casi no, la perIL 53% DELLE PRATICHE centuale di accetDI FINANZIAMENTO GARANTITO DA FDG tazione scendeva al DELL’ULTIMO DECENNIO SONO STATE 12,5%.

Insomma: più che mediazione creditizia, consulenza creEVASE NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2020 ditizia? Sì, il nostro lavoro comprende una forte Ma come? E la garanzia statale per tutti? componente consulenziale, perché la buÈ un’agevolazione talmente importante rocrazia sulla partita del credito è comche è necessario selezionare, tra i tanti plessa e richiede specializzazione. richiedenti, quelli meritevoli di fiducia. Perché lo Stato, attraverso il Fondo di GaPerò supportata da molta tecnologia… ranzia del Mediocredito, presta sì, la sua Sì, e le spiego perché. Innanzitutto per reggaranzia, ma spera di non vedersela poi gere il boom dei volumi di lavoro. Consideescutere dalle banche! Mi spiego ancora ri solo che nei primi nove mesi del 2020 le meglio. La tecnologia e la relazione con la operazioni di finanziamento garantito da banca sono più importanti che mai proprio Fdg sono state 1.138.780 mentre nell’inper poter fruire della garanzia. Le regole

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di erogazione sono cambiate, e se non le si integra nelle piattaforme digitali continuando a fare le pratiche a mano, oltre al maggior tempo si alza di netto il rischio di errore. E su una pratica sbagliata, non si riesce a escutere alcuna garanzia! Se il cliente è insolvente, la banca si rivolge al Fondo di garanzia per escutere la garanzia; ma per poterla incassare, anche sul tipo di finanziamento più diffuso, ovvero quello fino a 30mila euro, occorre che la pratica sia perfetta. Poi, siccome la responsabilità degli errori è del cliente, può anche darsi che il Fdg paghi la garanzia alla banca, ma poi vada a rivalersi legalmente sul cliente, chiedendo anche dal doppio al quadruplo del debito residuo non rimborsato! Quindi massima attenzione. Ma non c’è un rischio di esplosione delle insolvenze, in un mercato creditizio già sconvolto dagli Npl? Le rispondo dicendo che le banche stanno rallentando l’attività di erogazione. Il problema del rischio insolvenze è ormai chiaro a tutti. Lo Stato contesterà alle banche le garanzie prestate per pratiche imperfette. E quindi il rischio di una bolla di Npl legati a questi finanziamenti è un rischio reale,


ne abbiamo anche noi discusso con il ministero. Dopo la Lehman Brothers, il tasso di insolvenza salì a circa il 10 per cento. I default del 2008 vennero al pettine tra il 2011 e il 2013. Oggi il rischio-default è molto più generalizzato, e secondo i nostri calcoli il rischio default potrebbe essere nell’ordine del 30 per cento, che coincide con una stima di Pwc. Questo significa che tra i 18 e i 24 mesi prossimi il sistema potrebbe essere colpito da default del valore complessivo oscillante tra i 60 e i 100 miliardi. E, guarda caso, 18 o 24 mesi sono proprio il lasso di tempo nel quale vige il preammortamento, e il cliente paga solo basse rate senza quota capitale. Ma poi il preammortamento finisce! E cosa si può fare, cosa si può chiedere al governo, per migliorare la situazione? Be’, io dico innanzitutto che comunque lo strumento della garanzia pubblica attraverso il Fondo centrale funziona e va rifinanziato. Funzionava già da dodici anni: è bastato adeguare le normative e aumentare i massimali, salendo dai vecchi 2,5 milioni a 5 in modo da comprendere anche le MidCap. E per le imprese più grandi è stato deciso di utilizzare, bene, la Sace. Ripeto, l’unico problema del Fondo di garanzia è che ci vuole un rifinanziamento! Tra l’altro la Commissione Europea ha dato il suo assenso per andare avanti con le garanzie al 90 e al 100% fino al 30 giugno del 2021 ma prevedo che si arriverà anche alla fine del 2021. Aggiungo che c’è un’altra richiesta corale, che proviene anche da Abi e Confindustria, che è l’allungamento del periodo di ammortamento. I finanziamenti fino al 90% hanno i 72 mesi, ma c’è chi sta chiedendo addirittura i 15 anni. L’organizzazione Oam degli enti mediatori ha poi chiesto al governo di far ricomprendere tra i beneficiari del Fdg anche i mediatori creditizi, gli agenti in attività finanziarie, i broker e agenti assicurativi. Invece, oltre al tema dei default, quali

pericoli individua per i prossimi mesi? Ce n’è uno evidentissimo, dal punto di vista delle banche e delle imprese: come faranno le banche a finanziare imprese con bilanci 2020 in deficit. Anche perché, vista questa seconda ondata Covid, è probabile che anche il 2021, pur essendo migliore del 2020, non sarà ancora l’anno della vera ripresa. Anche per questo dicevo che

TRAMITE NSA CI SI PUÒ AVVALERE DELLE SOLUZIONI DI BEN 23 BANCHE E DELLA CONSULENZA DI CHI HA INTERESSE NEL FAR CRESCERE L’IMPRESA

è essenziale estendere la garanzia statale a tutto il 2021.

Le banche sono anche preoccupate che le regole della European banking autorithy sul Calendary Provisioning, ossia l’obbligo di scontare rapidamente in bilancio le perdite da sofferenze, imponga loro ricapitalizzazioni che non hanno i soldi per fare! Io penso che sia necessario rinviare le tempistiche attualmente stabilite del Calendary Provisioning, altrimenti le ban-

I FINANZIAMENTI EFFETTUATI DAL FONDO CENTRALE DI GARANZIA

TOTALE Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic TOT

2018

2019

9.472 10.476 11.525 11.761 12.383 11.719 13.149 0 12.421 13.063 10.871 12.555

7.962 11.392 12.901 8.519 8.561 11.168 13.749 993 12.039 12.378 10.511 11.757

2020

8.360 10.959 13.698 27.701 364.246 297.138 212.376 92.730 111.472 -

129.395 121.930 1.138.780

che smetteranno di far credito. Le autorità devono adoperarsi affinché le imprese vengano finanziate e le banche tutelate! Anche perché tutelare le banche significa tutelare i soldi dei cittadini che hanno affidato i propri soldi a quelle banche. Lo abbiamo visto con le crisi bancarie degli anni scorsi: quando viene meno la fiducia nel credito, crolla tutto. Focalizziamoci adesso per un attimo su Nsa. Come operate, sia rispetto a questi temi che nell’attività tradizionale? Tramite noi, i nostri clienti possono avvalersi delle soluzioni di ben 23 banche e di un nostro professionista che ha il suo medesimo interesse: far crescere le loro imprese. Il nostro modello di business è basato sulla trasparenza: l’imprenditore ci paga solo se ottiene il finanziamento richiesto. La rapidità nella concessione del credito è decisiva in questa fase, inoltre dobbiamo garantire alle banche nostre clienti la certezza della corretta gestione delle garanzie pubbliche, altrimenti in caso di default perderebbero soldi: per questo abbiamo adeguato i nostri sistemi informatici alle novità introdotte dai recenti decreti. E come può fare per interagire con voi chi opera lontano dalle vostre sedi? C’è una soluzione? Guardi, abbiamo già pensato di rispondere a questa esigenza mettendo al centro il tema della sicurezza. Le piattaforme digitali sono il presente, non il futuro. Abbiamo aperto i nostri sistemi favorendo la comunicazione a distanza, l’innovativa piattaforma Gesfintec, che aggiorniamo in continuo ai nuovi processi e alle variazioni normative.. E’ la porta d’ingresso nella gestione totalmente digitale dei documenti necessari all’elaborazione della pratica di finanziamento. Il tutto senza contatti, senza rischi di contagio e nel massimo rispetto del distanziamento sociale.

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FINANZIARE L’IMPRESA

A deteriorarsi sono i crediti ma certo non le imprese Per Banca Ifis nel 2021 il tasso di default dei nuovi prestiti sarà del 2,8%. Nel 2013 fu del 4,5%, ma il sistema è cambiato e anche le imprese hanno imparato la lezione e sono diventate finanziariamente resilienti di Franco Oppedisano

S

ì, è vero, la pandemia ha travolto il comunque inferiore a quello della precedente tessuto economico come uno tsucrisi che aveva raggiunto il 4,5%. Da quanto nami. Ma è altrettanto vero che, tra emerge da una nostra analisi di sensitivity, la crisi del 2008 e quella finanziaria del 2012, basata su ipotesi macroeconomiche meno le imprese italiane hanno sviluppato gli antifavorevoli, ma sempre senza un secondo lockcorpi. E se i crediti in default aumenteranno, down totale, il default rate 2021 potrebbe saranno comunque meno di quelli che sono arrivare anche al 3,4%». Certo, nulla per cui stati gestiti durante la grande recessione, pervalga le pena baciarsi i gomiti, ma senz’altro ché il sistema è preparato ad affrontarli con uno scenario decisamente meno devastante di una maggiore efficienza rispetto al passato. quanto si potesse ipotizzare. Per convincersene, basti guardare al Market «Il sistema finanziario è ben posizionato riWatch Npl presentato a Cernobbio durante la spetto alla precedente crisi», ha proseguito nona edizione dell’Npl Meeting, un report che Colombini, «perché le banche hanno impleha spazzato via molte delle paure che hanno mentato sistemi di rilevazione/monitoraggio attraversato il mercato negli ultimi mesi. e modalità attive di gestione dei crediti Npe I Non performing Non performing expoSECONDO IL MARKET WATCH NPL loan, ovvero i crediti sures, che insieme alla DI BANCA IFIS LO STOCK COMPLESSIVO deteriorati in mano Npe ratio sono i criteri DI NPE RAGGIUNGERÀ A FINE ANNO agli istituti di credito che l’Ue ha adottato I 338 MILIARDI DI EURO italiani, cresceranno, dal 2008 per calcolare come è naturale che sia dopo una crisi come l’esposizione ai crediti deteriorati delle banquella che stiamo attraversando, ma non sache europee, ndr - nei diversi stadi di deterioranno uno tsunami in grado di mettere in ramento». grande difficoltà il sistema bancario. «Nel Certo, le ipotesi di studio sulle quale si basa il 2021, con la fine delle moratorie» ha spieMarket Watch Npl di Banca Ifis non sono certo gato, alla presenza di 300 ospiti e oltre mille ottimistiche: è previsto un impatto del Covid collegamenti in streaming, Luciano Colombisul Pil italiano pari al -9% nel 2020 e una rini, amministratore delegato di Banca Ifis «il presa nel 2021 del +5%, l’assenza, a oggi quasi tasso di default dovrebbe attestarsi al 2,8%, il scontata, di un secondo lockdown generalizdoppio di quello registrato nel 2018-2019, ma zato, una riduzione del commercio mondiale

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LUCIANO COLOMBINI, A.D. DI BANCA IFIS

del 12% quest’anno, la proroga fino a gennaio 2021 della moratoria sui prestiti e del blocco dei licenziamenti, una deroga dell’Eba sulla classificazione forbearance dei prestiti soggetti a moratoria fino a settembre 2020 e una distribuzione su più anni, 2021 e 2022, della materializzazione dei nuovi flussi di deteriorato. Nonostante queste premesse, l’ufficio studi di Banca Ifis prevede che lo stock complessivo, ovvero la somma delle sofferenze (Npl) e delle inadempienze probabili (Utp) ancora presenti a bilancio bancario e quelle già cedute, raggiungerà nel 2020 quota 338 miliardi di euro (+5% sul 2019) mentre nel 2021 le esposizioni deteriorate potrebbero salire fino a 385 miliardi di euro e subire un ulteriore incremento soltanto nel 2022. «La nostra stima» ha spiegato Colombini «è che sia un aumento dello stock dei deteriorati soprattutto con un indice di decadimento in salita dall’1,3 (2020) al 2,8% (2021) e stimiamo un default tra il 5 e il 10% delle moratorie concesse (323 miliardi di euro) con effetti nel bilancio bancario che si sentiranno dalla seconda metà 2021 quando prevediamo un sensibile incremento dei flussi di nuovo deteriorato che porterà l’Npe ratio al 7,3% in crescita rispetto il 6,2% che si registrerà nel 2020 - il target massimo della Ue è il 5%, ndr-. Il segmento imprese, si stima, inciderà più del comparto famiglie».


38 MILIARDI

2021

Secondo Banca Ifis, infatti, l’impatto della crisi non sarà uniforme sui vari settori produttivi. Un’indagine sulle Pmi, realizzata tra aprile e giugno del 2020 dall’istituto di credito in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e l’Università di Padova, ha evidenziato come i settori della Chimica & Farmaceutica e della Tecnologia vedano una spinta positiva dal diverso ruolo giocato in questa fase emergenziale, la Meccanica consolidi o subisca una leggera variazione negativa, mentre la Moda o l’Automotive risentiranno maggiormente della crisi. Dall’analisi è, poi, emerso come l’internazionalizzazione del business possa essere fattore di compensazione dei risultati a fronte di un mercato domestico in contrazione e come sia fondamentale la solidità aziendale delle Pmi realizzata attraverso investimenti, innovazione, una buona sostenibilità finanziaria e un aumento dell’autofinanziamento. Una strada già intrapresa dalle pmi italiane, almeno a giudicare dai risultati del Market Watch “Fattore I: Quale innovazione per il futuro delle Pmi” realizzato da Banca Ifis nel febbraio 2020. dal quale si evince come i ricavi delle piccole e medie aziende siano cresciuti al ritmo del 4,3% all’anno, la marginalità (misurata tramite l’Ebitda) sia stata sempre positiva attestandosi al 7,9% medio e la remunerazione media del capitale (Roe) si mantenuta sostenuta al livello

medio dell’8%. Numeri che evidenziano una ottima sostenibilità finanziaria dimostrata anche dalla leva finanziaria (rapporto tra posizione finanziaria netta e Mol/Ebitda) che nel triennio 2016-2018 ha registrato un valore medio del 1,31%, arrivando nel 2018 di poco sopra l’1 (1,09). Le Pmi hanno incrementato, anno su anno, l’autofinanziamento cresciuto nel 2017 dell’11,8% e nell’anno successivo del 2%, mentre, nello stesso tempo, hanno puntato sull’aumento della capacità produttiva aumentando gli investimenti in media del 3,4% all’anno e puntando sulle tecnologie 4.0 che, a inizio 2020, aveva già interessato il 44% delle Pmi intervistate. Ma c’è di più: suona strano, ma i crediti deteriorati rapresentano comunque un’opportunità da cogliere: «Gli operatori del settore sono una vera e propria industria con circa 8.000 addetti e 230 miliardi di euro di Npe in gestione», ha sottolineato l’amministratore delegato

CREDITI CHE ANDRANNO

IN DEFAULT NEL % NPE RATIO

7,3NEL 2021 34

TRANSAZIONI NPL

NEL 2020 E NEL 2021 MLD

7% DEGLI NPL

VALORE MEDIO

2021 2020

IL SISTEMA FINANZIARIO È BEN POSIZIONATO RISPETTO ALLA PRECEDENTE CRISI DEL 2012

SENZA GARANZIA REALE NEL

385 MILIARDI

TOTALE NPL

DEL SISTEMA BANCARIO NEL

di Banca Ifis, «capaci di intervenire nelle varie fasi del processo del credito per contenerne il deterioramento e massimizzare i recuperi degli Npl. Per i mesi a venire vogliamo essere ottimisti e guardare con fiducia ai segnali di ripresa in grado di azionare nuovi circoli virtuosi per la nostra economia». Nei prossimi anni la crescita dei volumi dei crediti deteriorati consoliderà il mercato delle transazioni di Npl e dei portafogli di Utp. Le prime sono previste per un volume pari a 34 miliardi di euro nel 2020 (16 dei quali sono state già finalizzate) e per una cifra identica nel 2021. E se nei primi nove mesi di quest’anno le transazioni di Npl hanno avuto una dimensione media abbastanza contenuta (circa 600 milioni di euro), fatta eccezione per l’operazione Monte dei Paschi-Amco che ha toccato i 4,8 miliardi, nell’ultimo trimestre 2020 si prevede la conclusione di diverse operazioni di cessione di crediti, tra le quali alcune con un controvalore complessivo di quasi 7 miliardi di euro sono già in stato avanzato di lavorazione. Per gli Utp nel biennio 2020/2021 sono attese dismissioni per 27 miliardi, 4 dei quali sono deal già conclusi e 10 stanno per essere finalizzati. Il prezzo delle transazioni di crediti deteriorati è rimasto più o meno stabile negli ultimi quattro anni e le variazioni che registrano le medie dipendono soltanto da singole operazioni che hanno spinto in alto i prezzi. Questo il caso dei portafogli secured, quelli coperti da una garanzia reale, che hanno mantenuto un valore tra il 25 e il 30% tra il 2017 e il 2019 e sono cresciuti al 45% solo grazie alla valorizzazione al 60% della già citata operazione tra Monte Paschi e Amco. I portafogli unsecured, senza una garanzia reale alle spalle, hanno mantenuto un valore tra il 6 e il 7% negli ultimi tre anni e quelli misti tra il 25 e il 27%. Gli Utp vengono prezzati in media nel 2020 al 47% del loro valore cartolare.

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FINANZIARE L’IMPRESA

no essere considerate in modo analitico e, talvolta, univoco, ma la presenza di una view o un’advice generale è sicuramente un supporto fondamentale per chi si trova a dover redigere il bilancio e l’informativa finanziaria», spiega D’Ambrosio: «Le stime contabili, la continuità aziendale, gli eventi successivi, il riconoscimento dei ricavi, i possibili impairment di immobilizzazioni materiali e immateriali, sono solo una parte delle tematiche con le quali chi predispone il bilancio dovrà scontrarsi e sulle quali gli effetti devastanti del Covid-19 possono creare delle serie difficoltà assolutamente da non sottovalutare. A questo punto avere delle chiavi di lettura” può fare la differenza». L’impatto della pandemia incide nella predisposizione dell’informativa Così, il manuale si focalizza sulle principali contabile e finanziaria, che va adeguata al nuovo scenario. aree di bilancio indicando con un metodo Così Rsm ha predisposto un manuale ad hoc analitico come valutare - e cosa non sottovalutare - nella redazione dell’informativa contabile e finanziaria, dalle stime contabidi Marina Marinetti li alla continuità aziendale, fino agli eventi verificatisi successivamente alla chiusura o smart working e la discontinuità affiancare la direzione amministrativa e i dell’esercizio. della supply chain. Le misure di sisoggetti deputati alla predisposizione del Prendiamo il caso delle stime contabili: «La curezza e comunicazione. La riorbilancio d’esercizio al fine di capire e predistima, l’informativa e i giudizi soggettivi di ganizzazione e la liquidità a breve termine. sporre in modo corretto e adeguato l’inforchi fa il bilancio saranno più complicati e Che il Covid-19 impatti pesantemente sulla mativa contabile e finanziaria». Rsm Interrichiederanno maggiore tempo», sottolinea vita delle imprese è ormai assodato, così national, ad esempio, Luca D’Ambrosio. IL MANUALE DI RSM SI FOCALIZZA come è pacifico il suo ingresso a gamba tesa ha predisposto un «Occorre iniziare a SULLE PRINCIPALI AREE DI BILANCIO sui conti aziendali: «Le implicazioni della documento denomipredisporre il doINDICANDO UN METODO ANALITICO pandemia sulla predisposizione dei bilanci nato Rsm Insights: cumento con molto PER L’INFORMATIVA CONTABILE d’esercizio, insieme alle continue modifiche Coronavirus and Ifrs anticipo rispetto alla legislative intercorse in questo periodo, si financial reporting implications, una sorta normalità perché, oltre alle stime e alle vastanno rivelando molteplici e ardue», condi “manuale” pratico che affronta i possibili lutazioni, il management deve tener conto ferma a Economy Luca D’Ambrosio, Intereffetti correlati al Covid-19 con riferimento di tutto ciò che deriva o può derivare dagli national contact partner di Rsm Società di alle principali aree all’interno di un bilancio effetti del Covid-19 sui numeri di bilancio revisione e organizzazione contabile: «I predisposto in ottemperanza agli Internae deve tenerne conto in modo specifico per grandi network di revisione e organizzaziotional Financial Reporting Standards (Ifrs), l’azienda. Quel che è certo è che è aumentane contabile si stanno attrezzando nel predifornendo la visione e l’interpretazione del to significativamente il rischio di dover efsporre supporti per le società che dovranno network Rsm. fettuare degli “aggiustamenti” o comunque affrontare inevitabilmente questo momento «Viene da sé che ogni società presenta prodelle variazioni negli attivi e passivi patrifornendo analisi e set documentali utili per blematiche e criticità specifiche che dovranmoniali che derivano dal passato». Anche

Con il Covid anche il bilancio si “sanifica” con nuovi criteri

L

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LUCA D’AMBROSIO - INTERNATIONAL CONTACT PARTNER DI RSM

perché l’azienda non è un’isola in mezzo al mare. E negli ultimi mesi stanno aumentando i casi di clienti che ritardano o dilazionano i pagamenti. C’è poi il tema della continuità aziendale: se fino a ieri bastava rispettare nel limite del possibile il business plan, farlo oggi, in una situazione che da un momento può cambiare per mille ragioni (che vanno dai fornitori ai clienti, passando per la forza lavoro), è, letteralmente, un’impresa. «D’alta parte le aziende devono comunque continuare a predisporre le loro previsioni di breve medio e lungo termine», rileva l’International contact partner di Rsm: «Occorre quindi tenere in considerazione ciò che comporta il virus, per esempio è probabile che si verifichi la necessità di risorse finanziarie aggiuntive nei periodi di breve e medio termine. Dovrebbe esserci un monitoraggio continuo, con aggiornamenti di forecast, di previsioni, più frequenti. Perché è vero che l’informativa si presuppone debba essere data annualmente insieme ai bilanci, partendo da un’analisi macroeconomica generale e via via scendere progressivamente nel dettaglio fino a spiegare come la pandemia impatta direttamente nel business. Ma l’imprevedibilità dell’evoluzione della situazione porta inevitabilmente a valutare con at-

al conto economico, anche lo stato patrimoniale va attentamente rivisto, in primis per quanto riguarda le immobilizzazioni immateriali (Ias 38), incluso l’avviamento: «La società deve considerare eventuale indicatori di impairment delle immobilizzazioni immateriali così come deve rivalutarne (o più probabilmente svalutarne) la vita utile a seconda dei flussi di cassa attesi», prosegue Luca D’Ambrosio. «Il coronavirus costituisce quasi sicuramente un indicatore di impairment: è necessario pertanto effettuare un impairment test, ovvero un test sulla tenzione l’adozione dei criteri di continuità recuperabilità del valore, a supporto della per la predisposizione del bilancio». Anche voce iscritta a bilancio e rivedere la bontà perché, una volta chiuso l’esercizio, assume delle capitalizzazioni sostenute per i costi di particolare rilievo la verifica dei cosiddetricerca e sviluppo, che se non si riescono a ti “eventi successivi”: «Le società devono riflettere sui ricavi futuri rischiano di aver analizzarli in modo critico e valutare se tali poco senso. È utile, in particolare, rivedere eventi impattino o meno sulla chiusura del anche la vita utile e il valore residuo attribilancio stesso. Si parla, tecnicamente, di buito alle immobilizzazioni materiali, così adjusting events e come riconsiderare UNA VOLTA CHIUSO L’ESERCIZIO non adjusting evenin modo critico il OCCORRE ANALIZZARE ts», spiega D’Ambroprocesso interno di IN MODO CRITICO sio: «Ad esempio le capitalizzazione dei I COSIDDETTI “EVENTI SUCCESSIVI” società potrebbero cespiti per assicuraressere indotte a rivedere i loro eventuali si che siano rispettati i criteri di capitalizcovenant sui finanziamenti, cioè gli indici zazione previsti dallo Ias 16. Ma la guida», che devono rispettare al fine di mantenerconclude l’International contact partner di ne la corretta classificazione, verificando Rsm, «approfondisce analiticamente tutte le la possibilità di ottenere un waiver, cioè la principali altre voci di bilancio, quali magazrinuncia, da parte dell’istituto di credito zino (Ias 23), accantonamenti per imposte mantenendo l’iscrizione del debito a lungo (Ias 12), trattamento contabile dei leasing termine». (Ifrs 16), strumenti finanziari (Ifrs 9), pasIl manuale predisposto da Rsm fornisce un sività potenziali e contratti onerosi (Ias 37), supporto a chi predispone il bilancio, conimpatti sul rendiconto finanziario (Ias 7)». siderando quali sono, nel conto economico, le voci che possono essere impattate in modo significativo dal Covid, con particolare riguardo alla corretta applicazione del principio dei ricavi dei clienti (Ifrs 15), della contabilizzazione dei contributi (Ias 20), dei Scarica il report qui benefici a dipendenti (Ias 19). Ma, insieme

LE IMPLICAZIONI DELLA PANDEMIA SUI RENDICONTI SI STANNO RIVELANDO DIFFICILI

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FINANZIARE L’IMPRESA

Quell’ancora di salvezza di Sace e Mediocredito Fino a fine dicembre le imprese possono usufruire della garanzia da parte dello Stato, grazie al potenziamento degli strumenti previsti dal Decreto Liquidità. Ecco nel dettaglio le misure previste di Graziano Sabatino

A

seguito dello scoppio della Pandemia proclamata dall’Oms il giorno 11 Marzo 2020 e degli interventi restrittivi resisi necessari, il Governo per sostenere le imprese ha varato, con il “Decreto Liquidità” del 6 aprile 2020, misure urgenti in materia di accesso del credito. In particolare, è stata prevista la concessione, fino al 31 dicembre 2020, di garanzie da parte dello Stato, attraverso le società Sace S.p.A e il Mediocredito Centrale con il suo Fondo Centrale di Garanzia (Fcg). A seguito delle innumerevoli richieste pervenute (erogati quasi 100 miliardi di euro), nell’ultimo Decreto Liquidità del 5 giugno 2020 abbiamo assistito al potenziamento del Fcg per le Pmi. Ma veniamo nel dettaglio dei due strumenti. GARANZIA SACE Quali sono le caratteristiche di tale garanzia? Quella concessa da Sace è una forma di garanzia a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile, oltre che conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio. Nel caso specifico, Sace concederà fino al 31 dicembre 2020 garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. L'AUTORE, GRAZIANO SABATINO, È FINANCIAL CONTROLLER & TREASURY MANAGER DI SI-SOCIETÀ INTERNAZIONALE SPA, NONCHÉ MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI AITI

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Quali condizioni di accesso dovrà rispettare l’impresa beneficiaria? Al fine di accedere a tale garanzia è necessario che: • l’impresa beneficiaria non rientri, al 31 dicembre 2019, nella categoria delle imprese in difficoltà, né risulti, al 29 febbraio 2020, presente tra le esposizioni deteriorate della banca, così come definite ai sensi della normativa europea; • l’impresa beneficiaria della garanzia, nonché ogni altra impresa appartenente al medesimo gruppo della beneficiaria ed avente sede in Italia, si impegni a non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020; • l’impresa beneficiaria si impegni e a gestire i propri livelli occupazionali attraverso accordi sindacali. Quali costi dovrà sostenere l’impresa beneficiaria? Le commissioni annuali dovute dal soggetto finanziato sono, in rapporto all’importo garantito: • 25 punti base durante il primo anno, 50 punti base durante il secondo e terzo anno e 100 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno per finanziamenti alle Pmi; • 50 punti base durante il primo anno, 100 punti base durante il secondo e terzo anno, 200 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno per finanziamenti a imprese non qualificabili come Pmi; • Non sono previsti costi di istruttoria. Le commissioni devono essere limitate al recupero dei costi e il costo dei finanziamenti coperti dalla garanzia deve essere inferiore al costo che

sarebbe stato richiesto dal finanziatore per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia. Quali sono i termini di rilascio della garanzia? • Per i prestiti fino a 800mila euro la garanzia è concessa al 100% ma con una valutazione della solvibilità • La garanzia è al 90% per i prestiti concessi fino a 5 milioni di di euro, potendo arrivare al 100% con la controgaranzia dei Confidi. Le banche non sono esonerate dalle procedure di verifica di solvibilità • La durata dei finanziamenti non potrà essere superiore a 6 anni, con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento di durata fino a 24 mesi. Come specificato da Sace, i preammortamenti ammessi sono di 12, 18 o 24 mesi Laddove l’impresa interessata non rispetti i requisiti di cui sopra, il rilascio della garanzia è subordinato a una valutazione con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentito il Ministro dello Sviluppo Economico, adottato sulla base dell’istruttoria trasmessa da Sace, tenendo in considerazione il ruolo svolto, in Italia, dall’impresa, in relazione a determinati ambiti e parametri di riferimento: sviluppo tecnologico, logistica e rifornimenti, incidenza su infrastrutture critiche e strategiche, impatto sul mercato del lavoro, peso specifico nell’ambito di una filiera produttiva strategica.

L’articolo integrale è leggibile all’indirizzo web raggiungibile con il QR qui riportato


in collaborazione con Aifi

Dove investe il private equity crescono innovazione e brevetti L'analisi fatta dal Monitor Sci - Sviluppo Capitali Innovazione della Liuc su 300 aziende nell'arco di cinque anni rivela che, dopo l'ingresso nel capitale di un fondo, hanno quintuplicato la brevettazione rispetto alla media di Anna Gervasoni

O

ggi più che mai il tema dell’innovazione è di attualità. A fronte della pesante crisi in corso emerge la necessità di rivedere profondamente prodotti, processi e organizzazioni. Lo sforzo di politica economica e l’indirizzo di capitali pubblici in tal senso è prioritario. In parallelo ruolo importante può essere svolto dagli operatori di private capital. È intuitivo e noto che i venture capitalist siano motori di innovazione, andando a intercettare le migliori idee e sviluppi tecnologici, apportando capitali e competenze per creare imprese di successo. Ma attori di altrettanto rilievo sono i fondi PROFESSORE ORDINARIO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC DI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT)

di private equity. Investendo in imprese più mature e spesso attive in settori tradizionali, selezionano quelle con grande attitudine all’innovazione e le spingono verso percorsi di sviluppo accelerato, rendendole protagoniste del cambiamento di settori stessi. Questo emerge da un’analisi fatta dal Monitor SCI- Sviluppo Capitali Innovazione della Liuc Università Cattaneo presentata nel corso della Private capital Conference 2020 organizzata da AIFI in collaborazione con Linklaters e PwC. Il Monitor è il risultato di un lavoro che ha visto l’interazione di Osservatori della facoltà di Economia e di Ingegneria Industriale, con un team guidato da chi scrive e da Raffaella Manzini. I due istituti hanno incrociato i dati presenti nei propri osservatori, estraendo un campione significativo di quasi 300 aziende lombarde oggetto di operazioni di private equity o venture capital nell’arco di un quinquennio. Si sono

considerati come indicatori d’innovazione l’attività di deposito di brevetti e marchi. Un primo risultato che emerge è che nel 27% dei casi le società del campione hanno depositato brevetti, percentuale decisamente superiore alla media italiana che è pari al 5%; il 44% del campione, ossia quasi la metà, ha consegnato per l’approvazione, almeno un marchio. I settori più coinvolti in questi processi sono quello manifatturiero e della grande distribuzione. Subito dopo questi settori, segue quello dell’Ict, attività professionali, scientifiche e tecniche. Altro dato di rilievo che emerge è che le imprese più attive in termini relativi sono quelle oggetto di operazioni di expansion, dove nel 30% dei casi si brevetta, seguite da quelle oggetto di management buy out, dove la percentuale è pari al 21%. In termini assoluti sono pero proprio i casi di buy out ad essere i più numerosi. Le aziende che registrano marchi post investimento sono solo in parte quelle che già svolgevano tale attività in precedenza. Ciò che si è visto è una fortissima vocazione a cercare manager e imprenditori con voglia di innovare anche nei settori tradizionali e comunque in aziende che vogliono fare un salto di qualità. Il private capital si sta muovendo spontaneamente nelle direzioni che interessano al Paese che pone delle esigenze a cui gli operatori rispondono adattandosi in maniera rapida. Questo fa sì che il private equity sia un fattore di trasformazione delle imprese italiane. L’innovazione si conferma essere una leva di creazione di valore fondamentale, a fianco alla vocazione all’internazionalizzazione e all’attenzione alla valorizzazione del capitale umano. Oltre a questo, il private equity spinge verso l’m&a che a sua volta è un modo importante per innovare ad esempio comprando aziende più piccole ma con nuovi prodotti. Questa è la sintesi della competitività delle nostre ottime imprese, che sanno esprimere capacità imprenditoriali e competenze tecniche e tecnologiche che ci fanno ben sperare per il futuro del nostro sistema produttivo, e che mai come in questo momento hanno bisogno di incrociare capitali per lo sviluppo.

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FINANZIARE L’IMPRESA FINANZA DIRETTA

CONFIDI, LA PAROLA D’ORDINE È “VELOCITÀ” Durante la crisi Confidi Systema!, che associa oltre 55mila imprese, ha rafforzato la propria capacità di supportare le piccole e medie imprese, erogando i finanziamenti in una sola settimana di Davide Passoni

V

oglio essere ottimista: in linea generale abbiamo reagito bene a questa crisi che è arrivata forte, inattesa e avrebbe potuto creare scenari ancora più terribili. Siamo riusciti a gestirla e spero che nel futuro si possa consolidare il buon lavoro fatto negli ultimi mesi». Le parole di Alessandro Spada, presidente di Confidi Systema!, sono aria fresca per gli imprenditori su cui la pandemia ha picchiato duro. Polo del credito che associa oltre 55mila imprese per lo più in Lombardia, durante la crisi Confidi Systema! ha rafforzato la propria capacità di supportare le aziende in modo importante, soprattutto con operazioni di finanza diretta, ANDREA BIANCHI grazie a una struttura in grado di svolgere le pratiche necessarie a erogare questi sostegni le, rispetto alle altre che abbiamo vissuto negli in tempi molto stretti, circa una settimana. La ultimi anni, è stata caratterizzata dal ricorso parola d’ordine per Spada è infatti “velocità”: alla moratoria del rimborso delle rate in conto «Quella che abbiamo dimostrato nei processi di capitale delle operazioni in essere: solo di quedelibera ci ha portati a supportare le banche in ste, ne abbiamo processate quasi 4mila per un un momento di grande difficoltà. Il fatto di aver totale di circa 260 milioni». Moratoria che, salvo aiutato a offrire direttamente liquidità è stato proroghe, terminerà il 31 gennaio 2021: «Allora uno dei modi con cui siamo riusciti a servire le - prosegue Bianchi -, dovremmo cominciare a laaziende in maniera più completa. Consideri che vorare per mettere in sicurezza la grande quananche nella situazione complessa dettata dalla tità di aziende che nella fase emergenziale ha pandemia, abbiamo utilizzato lo strumento: NEGLI ULTIMI MESI TRA LE PMI aumentato il numero si tratterà di costruire È AUMENTATA LA CONOSCENZA dei nostri associati». la soluzione più adatta DEI CONFIDI E DEI LORO STRUMENTI Lo conferma il diretimpresa per impresa, A SUPPORTO DELLE IMPRESE tore generale, Andrea anche attraverso una Bianchi: «Abbiamo iniziato l’anno con poco più forte attività consulenziale». di 55mila imprese associate, ora siamo a circa Un’attività alla quale si affianca quella di comu55.500, al netto di quelle che purtroppo, nel penicazione del lavoro di Confidi Systema!, che riodo, sono fallite. Il lavoro fatto è stato imporancora diverse imprese non conoscono. «È autante, abbiamo processato oltre 8mila operamentata la conoscenza della realtà dei confidi zioni dall’inizio della pandemia, per un totale di negli ultimi mesi, come dimostra il numero di poco meno di 700 milioni. Il nostro supporto si aziende in più che si sono associate a noi - dice è orientato soprattutto a supplire alla carenza Spada -. Abbiamo avuto la possibilità, anche di liquidità comportata da questa crisi la quagrazie ai provvedimenti presi dal governo, di

«

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ALESSANDRO SPADA

potenziare gli strumenti a nostra disposizione a favore delle imprese. Siamo contenti, ma vorremmo sempre fare qualcosa di più, vorremmo che lo strumento confidi fosse sempre più conosciuto». Magari anche grazie al supporto di alcuni partner, come sottolinea Bianchi: «Le banche potrebbero svolgere un ruolo più attivo nel comunicare il nostro lavoro. In più, in questo periodo difficile, dopo un primo approccio non positivo siamo stati riconosciuti a livello governativo come un player che può fare la propria parte, aiutando a mettere a terra i vari interventi agevolativi, spesso ben congegnati, ma a volte con qualche limite a livello attuativo. Insomma, scavallata la fase acuta della crisi, è ora di ragionare in termini di crescita, sviluppo e potenzialità da cogliere». Questione di sentiment, che nella visione di Spada vuole essere positivo: «Vediamo che le imprese hanno iniziato a ridurre le grosse perdite di produzione avute durante il lockdown. Mi auguro che la situazione possa proseguire per i prossimi mesi e che si rafforzino i percorsi di crescita iniziati».


EMISSIONI PRIVATE, LA RIVINCITA DEI BOND Ci sono nicchie per gli investitori che ancora offrono interessanti opportunità. Come i green bond, ma non solo. Parola di Francesco Castelli, responsabile obbligazionario di Banor Capital di Sergio Luciano quali la società emittente si prende l’impegno di investire i soldi che le sono stati dati in prestito e investirli solo in iniziate verdi. Il nostro lavoro come analisti di crediti è selezionare le aziende verdi, che sono sostenibili e che rispettano certi criteri e questo è veramente importante per il futuro.

È UN MOMENTO QUASI SURREALE PER I MERCATI FINANZIARI E IN PARTICOLARE PER IL MERCATO DEL REDDITO FISSO, SU CUI SI SCARICA DIRETTAMENTE LA FORZA ILLIMITATA DELLE BANCHE CENTRALI CHE INIETTANO OGNI GIORNO LIQUIDITÀ NEL SISTEMA ACQUISTANDO TITOLI DI STATO DEI LORO PAESI E DEI PAESI STRANIERI.

Eppure, anche in questo quadro inedito, investire bene si può: parola di Francesco Castelli, responsabile obbligazionario di Banor Capital e gestore del fondo Banor Sicav Euro Bond: «È chiaro che nel momento in cui la Bce e la Federal Reserve sono i più grandi acquirenti dei titoli di Stato emessi dalle rispettive zone monetarie, il tasso di interesse lo decidono loro e non più noi investitori», esordisce.

Dottor Castelli, in che senso, scusi? Diciamo che c’è un quadro inedito in cui le banche centrali praticano una politica monetaria volta, in fondo, a dissuaderci dall’investire in bond». E quindi? Chi investiva in obbligazioni viene spinto dalle banche centrali a far qualcos’altro, chi comprava i bond governativi oggi compra i bond corporate e chi comprava i bond corporate oggi compra l’azionario, il tutto per spingerci ad avere sempre meno paura e quindi a prendere sempre più rischi nella speranza che l’economia si sollevi. E dunque come si regola un grande investitore istituzionale come Banor? Oggi il mercato governativo, soprattutto quello super sicuro come la Germania, non è più un mercato da investitori privati e

FRANCESCO CASTELLI

IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO ORMAI È SOPRATTUTTO ISTITUZIONALE: PER INTERCETTARE LE OPPORTUNITÀ SONO FONDAMENTALI I FONDI

nemmeno da investitori istituzionali come noi: è un mercato da investitori che sono obbligati a comprare. Noi investitori istituzionali per prima cosa tentiamo di spiegare alla clientela che oggi l’obbligazionario non è più l’asset-class di una volta, non è più una fonte di rendimenti, purtroppo è nella migliore delle ipotesi un buon parcheggio. Quindi li indirizziamo verso le nicchie di mercato obbligazionario che ancora presentano delle opportunità. Per esempio tutte le emissioni verdi, i green bond, che profumano di opportunità Esg... Sono iniziative sicuramente di grande interesse, danno anche il polso di quanto gli investitori anche obbligazionari si stanno spostando sul mondo green. I green bond sono sostanzialmente dell’emissioni nelle

Non sarà facile... Quello su cui a volte rimaniamo un po’ dubbiosi è vedere delle aziende che non sono assolutamente green o sostenibili, che invece emettono questi green bond, e li sfruttano per ottenere tassi di interesse migliori da parte degli investitori. Per convincerci a sottoscriverli vogliamo parlare con l’emittente, valutare l’azienda nel suo complesso. La nostra impressione è che ci sono alcuni emittenti che non sono assolutamente sostenibili, che sfruttano le emissioni sostenibili per riuscire a sopravvivere, per garantire al proprio business model non sostenibile un futuro pagato paradossalmente dagli investitori verdi che vogliono dei green bond.

Tra le emissioni private anche in Italia ce ne sono state di molto vantaggiose: come intercettarle? Guardi, il mercato obbligazionario corporate, ormai sta diventando anche per motivi legali un mercato soprattutto istituzionale. Realtà come la nostra vengono contattate in mattinata per essere informate di emissioni che vengono attuate alle 11, bisogna decidere in tempi strettissimi. Per il resto è un mercato prevalentemente gestito dai fondi, e d’altra parte investire in fondi, secondo me, è un grosso aiuto per gli investitori privati.

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SYNAPSE 3D È IL SOFTWARE PER L’ELABORAZIONE DELL’IMAGING MEDICALE E COSTITUISCE UNO STRUMENTO PER IL SUPPORTO ALLA LETTURA, INTERPRETAZIONE E REFERTAZIONE

PREVENZIONE, DIAGNOSI E CURA TUTTO RUOTA SULL’INNOVAZIONE 78 DECATHLON

Diagnostica 3D, intelligenza artificiale e farmaci biotecnologici: senza rinnegare pellicole e fotocamere, Fujifilm si posiziona sempre più come azienda healthcare. Come ci spiega il presidente in Italia Yoshiki Kimura

SE LA STRATEGIA CAMBIA NON È (SOLO) PER SPORT

80 ALLEANZA ASSICURAZIONI LA CRESCITA PASSA DALL’EDUCAZIONE FINANZIARIA

82 ASCOPIAVE QUELLA PUBLIC COMPANY CHE VA A TUTTO GAS

84 SHORT STORIES ELIOR, LA RISTORAZIONE VA IN SMART WORKING

di Marina Marinetti

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i stiamo impegnando per contrastatografiche e fotocamere istantanee, ma che in re la pandemia Covid-19 attraverso realtà negli ultimi anni è salito alla ribalta da la prevenzione, la diagnosi e la cura, protagonista come azienda healthcare ad alto facendo leva sulle nostre risorse, sul talento e tasso di innovazione, attiva tanto sull’imaging sulle tecnologie che diagnostico quanto IL BRAND REILI, abbiamo accumulato e sullo sviluppo e proL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI FUJIFILM, acquisito nel corso di duzione di farmaci bioSUPPORTA I MEDICI molti anni». In prima tecnologici, passando NELLA DIAGNOSI DEL COVID 19 linea contro il corona(come se non bastasse) virus non ci sono solo ospedali, centri di ricerper l’intelligenza artificiale. «Ad esempio, in Itaca e case farmaceutiche: ci sono colossi come lia, Fujifilm ha applicato una tecnologia di AI che quello guidato da Yoshiki Kimura, Presidente può essere utilizzata nel campo dell’imaging e Managing Director di Fujifilm Italia. Un brand medico», spiega a Economy Yoshiki Kimura , che i più legano ancora soltanto a pellicole foche guida la filiale italiana da settembre 2019.

«

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STORY-LEARNING HEALTHCARE INNOVATION

A quale tecnologia si riferisce? trasformati in strutture dedicate all’accoglienza Alla tecnologia REiLI, l’intelligenza artifciale di e al trattamento del nuovo paziente Covid, con Fujifilm. Grazie a REiLI, i medici possono ottiun percorso imprevedibile, per questo motivo mizzare la velocità e l’accuratezza della loro siamo sempre stati a disposizione dei nostri diagnosi di Covid-19 e monitorare la diffusione clienti. Abbiamo imparato molto da questa della malattia (ndr: vedi infografica caso Asst pandemia. Abbiamo messo a frutto il nostro Vimercate nella pagina a fianco). Ma non è l’uspirito “Never Stop” in modo concreto e per nica: Fujifilm fornisce la piattaforma Synapse una causa importante. Continueremo a farlo, in 3D, che consente un’analisi quantitativa più un’ottica di collaborazione, alla ricerca di nuove rapida e oggettiva dell’insorgenza di Covid-19 soluzioni tecnologiche e di nuove idee. e supporta i radiologi nel monitoraggio e nello studio dell’evoluzione della malattia. Inoltre, Senza andare troppo lontano, l’abbiamo viforniamo dispositivi diagnostici mobili che aiusto a Pisa, proprio con la diagnostica 3D. tano i radiologi ad assistere i pazienti costretti Il “modello Pisa”, come ormai viene chiamato a letto. È stato un periodo di incredibile partein tutto il mondo, nasce da una stretta collacipazione alle esigenze borazione tra Fujifilm dei nostri clienti. E lo è DALLA COLLABORAZIONE CON L’OSPEDALE Italia e l’Ospedale UNIVERSITARIO DI PISA È NATO ancora. Universitario di Pisa UN NUOVO MODULO DEL SOFTWARE in un momento in cui DI ELABORAZIONE IMMAGINI SYNAPSE In che senso? le operazioni ospedaDall’inizio della pandemia, abbiamo istituito liere erano state stravolte dalla diffusione del una task force in grado di sostenere il carico di Covid-19. Il modello, che prevede un’elabolavoro supplementare in radiologia e nei reparrazione semplice, veloce e riproducibile delle ti ospedalieri. Abbiamo intensificato il supporimmagini Tac e risonanze, permette di valutare to sulle apparecchiature radiologiche e adattalo stato dei polmoni attraverso il software di to alcune delle nostre soluzioni informatiche elaborazione Synapse 3D. L’utilizzo di Synapse alle nuove esigenze del paziente Covid-19. 3D si è rivelato decisivo: le informazioni, utilizAbbiamo inoltre dotato alcuni clienti di letti zabili dai vari specialisti coinvolti, permettono per la terapia pre-intensiva e di strumenti per il di comprendere lo stato di salute polmonare point-of-care. Gli ospedali si sono rapidamente e di individuare tempestivamente il percorso

YOSHIKI KIMURA, PRESIDENTE E A.D. DI FUJIFILM ITALIA

da seguire per gestire i ricoverati ed evitare il sovraccarico di terapie intensive. Con Synapse 3D è stato creato un vero e proprio protocollo di emergenza: la procedura per chi si presenta al pronto soccorso con sospetto di Covid-19 è prima di tutto il test Pcr, poi, in attesa dei risultati del test, il paziente viene sottoposto a una Tac. Synapse 3D analizza l’immagine e produce un output che permette di valutare la densità polmonare e quindi il livello di criticità del paziente. Un’innovazione nata sul campo. Con Synapse 3D, il reparto di radiologia ha messo a disposizione i suoi strumenti a supporto del pronto soccorso e dei reparti di terapia intensiva, pneumologia e malattie infettive, a beneficio non solo dei medici e del sistema sanitario, ma soprattutto dei pazienti. La configurazione di Synapse 3D, avvenuta in pochi giorni sulla base di alcune raccomandazioni e linee guida pubblicate dalla Sirm (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica), ha permesso di adottare un metodo di lavoro che potrà essere utilizzato anche in futuro, una volta superata l’emergenza Covid. Intanto stiamo attendendo il vaccino. Fujifilm è stata da subito in prima linea. Abbiamo diverse iniziative in corso. Fujifilm

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FACCIAMO LEVA SULLE NOSTRE RISORSE, SUL TALENTO E SULLE TECNOLOGIE PIÙ AVANZATE Diosynth Biotechnologies (Fdb), in particolare, produrrà su larga scala una componente farmacologica per un candidato vaccino Covid-19 per il governo del Regno Unito presso la sua sede di Billingham, ne sta già producendo una con Novax in North Carolina e a breve inizierà a produrre la componente farmacologica per i candidati al vaccino presso la sua sede in Texas, grazie anche al supporto finanziario degli Stati Uniti all’espansione dell’impianto di produzione nell’ambito dell’Operation Warp Speed (Ows). In Giappone, invece, Fujifilm ha siglato un contratto di produzione con la società di biotecnologia Vlp Therapeutics Japan Llc per il suo vaccino Covid-19. Fujifilm utilizzerà i suoi impianti e le sue infrastrutture per la produzione di nanoparticelle lipidiche, un tipo di tecnologia Drug Delivery System, per gestire le operazioni relative alle formulazioni del vaccino Covid-19 di Vlp Therapeutics, dallo sviluppo del processo alla produzione per gli studi clinici. E poi c’è Avigan... Infatti. Fujifilm Toyama Chemical (Fftc) sta portando avanti la sperimentazione clinica del farmaco antivirale antinfluenzale Avigan Tablet su Covid-19 sia in Giappone che negli Stati Uniti, e sta incrementando la produzione in risposta alle esigenze del governo

giapponese e di altri Paesi. L’endpoint primario è stato raggiunto nella fase 3 dello studio clinico - l’ultima verifica prima dell’entrata in commercio del farmaco, ndr - condotto in Giappone. In queste settimane Fftc, a seguito dell’analisi dettagliata dei dati positivi originati dal trial, ha ottenuto l’autorizzazione ad includere indicazioni sulla somministrazione e il dosaggio di Avigan nei casi di Covid-19. Non solo: in collaborazione con la Dr. Reddy’s Laboratories Ltd., una società farmaceutica globale con sede in India, e con Global Response Aid (Gra), un fornitore globale di forniture mediche e prodotti farmaceutici, Fujifilm Toyama Chemical sta lavorando per accelerare lo sviluppo e la fornitura per la diffusione globale di Avigan. Inoltre, Fujifilm Diosynth Biotechnologies sta collaborando con il Covid-19 Therapeutics Accelerator, l’iniziativa lanciata da Bill & Melinda Gates Foundation, Wellcome, e Mastercard, nello sviluppo e nella produzione di terapie contro il Covid-19.

Ma a emergenza superata, tutta questa innovazione non finirà in un cassetto: ci sono altre patologie in attesa di cure. Anzi: Fujifilm sta cercando di diventare una società che possa creare un reale cambiamento. L’azienda ha fornito alla società prodotti innovativi, uno dopo l’altro, in vari campi, con un’ampia varietà di tecnologie uniche, tra cui la nanotecnologia, la tecnologia di analisi, la tecnologia di sintesi, la tecnologia di produzione e la tecnologia di controllo della qualità, promossa ed evoluta nel settore della fotografia, combinata con tecnologie detenute da società controllate. Fujifilm continuerà a creare innovazione per soddisfare le esigenze sociali e quindi generare valore e cambiamento. Nel campo dell’informatica medica basata sull’intelligenza artificiale e sulla medicina rigenerativa, sta già diventando realtà.

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SE LA STRATEGIA CAMBIA NON È (SOLO) PER SPORT L’impennata delle vendite online definisce i nuovi piani strategici di Decathlon Italia, che ora puntano su un modello integrato tra store fisici e vendite online: ce lo spiega l’a.d. Fulvio Matteoni di Francesco Signor

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ìed’ze per gli sciatori, Nabaji per i nuotatori, Tribord per i velisti, B’twin per i ciclisti, Fouganza per chi si è dato all’ippica e Kalenji per i runners, categoria che ha visto impennarsi drammaticamente il numero degli adepti in occasione del lockdown: tanti marchi (una trentina) sotto un solo brand, quello di Decathlon, colosso mondiale presente in 69 paesi con un fatturato globale di 12,4 miliardi di euro nel 2019 e 93mila dipendenti sparsi in tutto il mondo, con oltre duemila punti vendita sparsi tra Europa, Stati Uniti, Canada, America Latina, Africa e Asia, dei quali il più importante, ultimamente, è diventato quello... sui server. Un’evoluzione che quando, nel 1976, il fondatore di Decathlon Michel Leclercq, insieme a un piccolo team di imprenditori, aprì il primo punto vendita a Englos nel nord della Francia per creare un negozio con “tutti gli sport sotto lo stesso tetto” al miglior rapporto qualità-prezzo, certo non immaginava. A quasi 45 anni di distanza Decathlon è l’incarnazione del modello misto, che coniuga

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peal. Così, ci siamo privati a malincuore - ma non troppo - dell’experience per trasformarci in buyer seriali online. «Stiamo attraversando una crisi sanitaria, economica e sociale straordinaria e non sappiamo esattamente quando finirà», continua Matteoni: «È chiaro che l’impatto sui punti vendita fisici, costretti a lunghe settimane di chiusura, è stato importante. Anche le abitudini di acquisto sono mutate, come gli interessi. Tutto quello che avevamo pianificato per il 2020 è stato profondamente rivisto in una nuova ottica». Così si è capito chiaramente che lo store fisico, per quanto importante, è solo una delle due gambe su cui si regge l’azienda. Il web diventa sempre più importante. Attenzione, però: non si tratta di una sorta di autocannifisico e digitale. Con un peso dell’online sembalismo: «La nostra organizzazione è sempre pre più marcato: «Questo periodo ha rappredi più omnicanale e crediamo che, in prospetsentato un acceleratore di nuove tendenze di tiva, i due canali (fisico e online) si integreconsumo e ci ha fatto fare un balzo enorme in ranno ulteriormente, sfruttando soprattutto avanti sull’online», conferma a Economy Fulla nostra formula ‘Clicca & Ritira’, ovvero orvio Matteoni, amministratore delegato di Dedini online e vai a ritirare i tuoi articoli presso cathlon Italia. «Avevamo chiuso il 2019 con il punto vendita. Un modello che vogliamo una parte di fatturato generato dalle vendite sviluppare insieme ai nostri retailers, quelli digitali pari al 5,1% e da marzo registriamo preferiti dagli italiani, per avere una copertuun incremento esponenziale di questa forma ra ancora più capillare». di vendita. È un trend Proprio la territoDECATHLON ITALIA HA CHIUSO IL 2019 crescente che segna rialità è l’elemenCON UN 5,1% GENERATO DALLE un cambiamento delle to chiave - insieme VENDITE ONLINE, CHE ORA REGISTRANO abitudini di acquisto, UN’IMPENNATA CON IL “CLICCA E RITIRA” all’innovazione conlegate al digitale, che tinua dei prodotti difficilmente saranno abbandonate. Ci aspete alla specializzazione dei marchi - su cui tiamo una crescita a due cifre per questo e il conta Decathlon per proseguire la sua straprossimo anno sul web». tegia di crescita in Italia: «Abbiamo chiuso Inutile negarlo: le abitudini di consumo sono il 2019 con un fatturato di 1,6 miliardi di cambiate. Un po’ perché il lockdown ci ha dieuro, registrando una crescita del 2,1%. Ad sabituati allo shopping, un po’, anche, perché oggi abbiamo una rete di 126 negozi, a cui mascherine, sanificazione, misurazione della si aggiunge quello di Malta che, pur non estemperatura, distanziamento e code all’insendo nel territorio italiano, è sempre sotto gresso gli hanno tolto gran parte del suo apla nostra ‘ala’, 4 depositi logistici e 2 sedi di


FULVIO MATTEONI

produzione», sottolinea Fulvio Matteoni. «Uno dei punti di forza della nostra organizzazione resta la capacità di agire localmente: questo vuol dire prendere delle iniziative a livello territoriale per rispondere in maniera più efficace alle esigenze dei nostri clienti che, evidentemente, non possono essere le stesse a tutte le latitudini. Per la nostra esperienza sul campo, la miglior strategia è sempre quella che nasce dalla squadra più vicina al cliente. In questo modo riusciamo a intercettare positivamente i bisogni del nostro pubblico». Magazzino tendente a zero, oltre 80% della superficie destinata alla vendita, assortimento personalizzato su base geografica in base alle propensioni di acquisto dei clienti della zona: il business model dell’azienda non solo è caratteristico, ma ha anticipato la tendenza ad alleggerire la logistica, con una sorta di “just in time”, una filosofia che prevede di minimizzare gli sprechi e le scorte di magazzino perché, idealmente, si cerca di vendere il bene o servizio solo quando ce n’è realmente bisogno. Anche se, ammette Mattioni, «durante la fase di lockdown abbiamo incontrato qualche difficoltà nel rispondere adeguatamente al volume crescente di ordini. Una situazione che ci ha costretto ad accelerare nello sviluppo della nostra organizzazione delle vendite online e della logistica». D’altra parte, il Covid ha colto tutti impre-

UNO DEI NOSTRI PUNTI DI FORZA RESTA LA CAPACITÀ DI AGIRE A LIVELLO TERRITORIALE parati. Per fronteggiare tempestivamente l’emergenza Covid-19 e tutelare la salute dei propri dipendenti e clienti, Decathlon ha anticipato la chiusura di tutti i punti vendita sul territorio nazionale l’11 marzo: «Abbiamo mantenuto per tutto il periodo di lockdown un contatto costante e continuo con i nostri collaboratori con il duplice scopo di fare squadra e di informare, in modo chiaro e trasparente, sull’evoluzione della situazione e le ripercussioni sulla nostra attività», spiega Mattioni. E, sempre durante il lockdown, Decathlon è balzata agli onori delle cronache per la maschera da snorkeling trasformata in maschera C-PAP ospedaliera per terapia sub-intensiva dalla società di Cristian Fracassi: «A Isinnova abbiamo fornito il materiale tecnico, utilizzato da loro per ideare e sviluppare il brevetto di una valvola che, applicata alle nostre maschere da snorkeling Easybreath, ha permesso di ovviare all’estrema carenza di presidi respiratori ordinari. Ne abbiamo donate 10mila unità alle regioni italiane». E dopo il lockdown? «Dopo il lockdown è stato molto bello constatare come i nostri clienti siano ritornati ad acquistare nei nostri negozi. C’è stato un vero e proprio boom nella vendita delle biciclette. Per gli italiani, l’attività fisica si è rivelata subito un grande punto di forza per la gestione dello stress, dell’umore e dell’equilibrio, durante il periodo di quaran-

tena», risponde l’a.d. di Decathlon Italia. «Credo che sia arrivato il momento per il nostro Paese di ripartire proprio dallo sport, investendo su politiche lungimiranti che sappiano diffondere e promuovere l’importanza di praticare lo sport come scuola di vita e di educazione alla salute. È fondamentale partire dai giovani per farli avvicinare a un ambiente positivo e sano, insegnandogli a vivere lealmente il confronto competitivo e rafforzando la fiducia in loro stessi. Lo sport, da sempre, svolge un ruolo sociale fondamentale in termini di educazione e formazione: favorisce lo sviluppo di capacità e abilità essenziali per la crescita equilibrata di ciascun individuo. Tutti valori che, insieme alla lotta alla sedentarietà, potrebbero essere molto utili anche nella vita degli adulti. Purtroppo», aggiunge l’a.d. di Decathlon Italia, «il mercato dello sport nel nostro Paese evidenzia una costante stagnazione nella propensione all’attività fisica da parte della popolazione. Si registrano delle tendenze che spostano le abitudini da uno sport all’altro, ma queste non generano una crescita del numero assoluto dei praticanti». E la burocrazia non aiuta: proprio Matteoni è stato protagonista di qualche polemica circa le lungaggini delle amministrazioni pubbliche nel concedere i permessi per la costruzione dei negozi. «Permangono difficoltà in alcune regioni, ma il nostro sviluppo è soddisfacente e siamo sempre più considerati come una realtà preziosa per il territorio», dice. E aggiunge: «Certo si potrebbe fare di più, sostenendo maggiormente quei settori che dimostrano di avere migliori capacità di crescita e di sviluppo occupazionale. Dal canto nostro, continuiamo a investire in questo Paese, puntando sull’innovazione sostenibile e partecipata. Più del 90% dei nostri collaboratori sono azionisti di Decathlon con la formula dell’azionariato d’impresa e tutti i giorni hanno ben chiara la loro responsabilità nel mettere in campo le migliori energie per raggiungere la sostenibilità economica, sociale e ambientale nel rispetto della mission, del senso d’impresa e dei nostri valori aziendali».

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La crescita passa dall’educazione finanziaria Digitalizzazione, assunzione di giovani e nuova generazione di offerta: sono i punti di forza che segnano il percorso di Alleanza Assicurazioni. Con un occhio di riguardo (anche) al tema della sostenibilità di Riccardo Venturi

sicurazioni per l’educazione finanziaria? La strategia che stiamo attuando all’interno TUITI INVESTMENT DAY, PROTECTION DAY del gruppo Generali, che è quella di essere E PREVIDENZA DAY CHE DAL 2019 HANNO partner di vita delle persone, con grande atCOINVOLTO OLTRE 50MILA PERSONE IN 500 tenzione alla sostenibilità attraverso un forte APPUNTAMENTI IN TUTTA ITALIA. I risultati impegno su progetti ad alto impatto sociale. positivi del primo semestre, con una crescita Tra questi, in primis l’educazione finanziadella nuva produzione dell’1% a 1,3 miliardi ria, uno dei golden goal nell’agenda 2030 in un mercato sceso del 16%, e con i premi Onu per lo sviluppo sostenibile. Un tema saliti del 3% a 2,8 miliardi, resi possibili da particolarmente rilevante in Italia, perché gli un programma di digitalizzazione della rete indicatori dicono che il livello medio di eduavviato da anni: 9 pocazione finanziaria lizze su 10 sono full ALLEANZA ASSICURAZIONI HA CHIUSO delle famiglie è infeIL PRIMO SEMESTRE 2020 CON digital, e il 97% delle riore alla media euroNUOVA PRODUZIONE A 1,3 MILIARDI liquidazioni vita è in DI EURO IN UN MERCATO SCESO DEL 16% pea, anzi al penultimo digitale. La crescita posto nella classifica della rete, sia qualitativa attraverso un miliodel G20, davanti solo all’Arabia Saudita. Rine di ore di formazione all’anno e un numero teniamo che un risparmiatore più informato, crescente (1800) di professionisti qualificati responsabile e consapevole sia un valore per anche consulenti finanziari, sia quantitativa la società, e anche per gli operatori qualificacon 210 nuove assunzioni nei mesi del lockti: un interlocutore più preparato è meglio in down e l’obiettivo di 900 ingressi di giovani grado di apprezzare i nostri servizi. tra il 2019 e il 2022. E le nuove soluzioni Smart Evergreen e Valore Evergreen, rispoIndubbiamente, la crisi economica dovuta sta all’esigenza delle famiglie di trovare il alla pandemia acuisce l’esigenza di mimodo di investire ottenendo un rendimento gliorare il livello medio dell’educazione in una fase di tassi tendenti allo zero, con un finanziaria sia dei singoli che delle famiprofilo di rischio contenuto e una filosofia glie... votata alla sostenibilità. Davide Passero (nelLa tematica ha una rilevanza sociale molto la foto), amministratore delegato di Alleanza elevata, e in questo contesto di mercato è Assicurazioni, racconta a Economy le strateancor più importante e critica. La sicurezza gie che fanno crescere, nonostante la pandeeconomica delle famiglie in questo momento mia, la compagnia di Generali Italia, società di incertezza è fonte di grande preoccupaguidata da Marco Sesana. zione: almeno una su due, per fare un esempio, avrebbe difficoltà a sostenere spese Da dove nasce l’interesse di Alleanza Asimpreviste superiori a 10mila euro. Inoltre UN PROGRAMMA NAZIONALE DI EDUCA-

ZIONE FINANZIARIA, CON I SEMINARI GRA-

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il contesto dei mercati finanziari presenta uno scenario di bassi tassi di interesse che in Italia non abbiamo mai sperimentato. Il Btp decennale sotto l’1% non avremmo avuto nemmeno la possibilità di immaginarlo anche solo un anno fa, così come i Btp a scadenze più brevi e tassi negativi. La liquidità sui conti correnti ammonta ormai a 1600 miliardi di euro, quasi il 30% del totale delle attività delle famiglie. La gente non sa come impiegare i propri risparmi, anzi non vede utilità nel loro investimento. Il combinato disposto tra incertezza economica e congiuntura finanziaria con bassi tassi d’interesse rende il tema di come affrontare questi scenari dal punto di vista delle famiglie, e quindi dell’educazione finanziaria, particolarmente rilevante: questo spiega anche il successo delle iniziative che stiamo portando avanti. Incontriamo una domanda di informazione molto forte. L’attività di formazione dei vostri stessi professionisti è legata a questa esigenza? Per soddisfare questa elevata domanda di informazione dobbiamo essere in grado di fornire un’interlocuzione all’altezza, quindi è necessaria un’alta professionalità finanziaria della nostra rete. Abbiamo fatto un investimento in formazione e qualificazione professionale molto forte ormai da qualche anno,


UN RISPARMIATORE INFORMATO E CONSAPEVOLE È UN VALORE PER LA SOCIETÀ con risorse significative. Eroghiamo ogni anno oltre un milione di ore di formazione a tutti i nostri 12mila consulenti. Uno dei filoni è quello di chiedere all’interno del percorso professionale nella nostra compagnia di superare l’esame da consulente finanziario. Non è strettamente richiesto dalla normativa per esercitare la professione di consulente assicurativo, ma crediamo sia un ottimo compendio dal punto di vista della preparazione da un lato e reputazionale dall’altro. A oggi 1880 dei nostri professionisti hanno ottenuto la qualificazione di consulenti finanziari, di cui 138 durante il lockdown, quando gli esami sono stati prima sospesi e poi svolti da remoto. Come siete riusciti a ottenere risultati positivi in un periodo nel quale il mercato è

invece sceso? Ci siamo trovati in una condizione favorevole a dispetto del contesto grazie a una rete fortemente digitalizzata. Una strada che abbiamo intrapreso con forza da 4 anni e che riguarda tutti i nostri processi. Tutti i nostri 12mila professionisti sono forniti di strumenti digitali per la gestione dell’attività in mobilità, che fino a marzo si svolgeva a contatto con i clienti; a marzo abbiamo dovuto rapidamente riconvertire i processi per svolgere l’attività da remoto. Grazie alla digitalizzazione lo abbiamo fatto in tempi molto rapidi, il che ci ha consentito di continuare l’attività nei mesi del lockdown. Questo ci ha permesso di diventare il più grande operatore assicurativo a distanza. Oggi una quota dell’attività continua a essere svolta da remoto; possiamo dire di aver imparato a gestire una relazione che mette assieme l’intensità del contatto in presenza con la frequenza di contatto, data dalla distanza. Tutto questo ha portato a un riscontro positivo da parte dei nostri clienti: anche quest’anno l’indice di raccomandabilità è cresciuto, raggiungendo quota 21 punti. Perché avete scelto di far crescere la vostra rete anche nei mesi del lockdown? È uno degli elementi portanti della nostra strategia in questo periodo in cui vorremmo dare un contributo alla ripresa sostenibile del paese. Quindi la rete cresce oltre che in termini qualitativi anche in termini quantitativi: non abbiamo mai smesso di inserire giovani neolaureati o neodiplomati. A loro è dedicato “Generazione Alleanza”, un pro-

gramma di selezione e formazione per imparare il mestiere di consulente assicurativo. Abbiamo un piano di assunzioni di 900 giovani tra il 2019 e il 2022, ne abbiamo assunti già più di 500 di cui 210 durante i primi 6 mesi dell’anno, il che è consentito dalla tenuta del fatturato, a conferma del fatto che se c’è una crescita sostenibile si riesce a fare occupazione stabile.

“Valore Evergreen” e “Smart Evergreen”: la filosofia sostenibile dei vostri nuovi prodotti è una scelta strategica? Sostenibilità per noi significa fare bene impresa con un impatto positivo sull’economia reale e le soluzioni di risparmio e investimento Evergreen rientrano in questa strategia. La nostra nuova offerta presenta, infatti, una componente di investimento opportunamente diversificato che permette al cliente di fare affidamento sulla solidità della Gestione Separata Fondo Euro San Giorgio, e su una componente sostenibile, dal punto di vista di impatto ambientale, attraverso il Fondo GIS EuroGreen & Sustainable Bond. Si tratta di un motore finanziario ibrido, che cerca di mettere assieme tutte le componenti che sono a disposizione di una compagnia assicurativa, alla ricerca di quella diversificazione di opportunità di investimento che cercano di dare una risposta diversa allo scenario di rendimenti zero che preoccupa i risparmiatori. È evidente che per ottenere rendimenti oggi sia necessario assumere qualche rischio, ma l’alternativa è non avere rendimento. Il rischio lo si affronta se c’è la diversificazione del portafoglio che proponiamo e soprattutto con prodotti come i nostri che hanno un profilo di rischio contenuto, andando incontro all’orientamento al rischio del risparmiatore medio italiano, decisamente basso. Una risposta concreta, dunque, allo scenario di mercato e alla preoccupazione delle famiglie, in questo momento. Questo per noi significa fare bene impresa con un impatto positivo sulla vita delle persone.

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QUELLA PUBLIC COMPANY CHE VA A TUTTO A GAS Ascopiave oggi capitalizza in Borsa 745 milioni di euro ed è in grado di raggiungere con la propria rete di gasdotti quasi 2 milioni di clienti. E con molte munizioni finanziarie ora punta alle rinnovabili di Sergio Luciano

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i può costruire una public company, italiano che sono i miracoli veneti, e la pandee quotarla in Borsa, a Pieve di Soligo, mia qui non c’entra. 12mila abitanti nel nord del Trevigia«Siamo il quinto operatore nazionale nella no? Sissignore. E si possono mettere d’accordo distribuzione del gas nella classifica stilata 78 comuni a detenere quote azionarie di una in base alla proprietà della rete», dice Ceccoholding che controlla una utility capace di ragnato, un commercialista prestato all’azienda, giungere, con la propria rete di gasdotti, quasi understatement e idee chiare. «Abbiamo circa 800mila punti di consegna, indirettamente 2 13mila chilometri di condutture, a servire i nomilioni di clienti? stri quasi 800mila punti di riconsegna del gas Si può, se ci si chiama Ascopiave, perché la (in sigla Pdr), destinati presto ad aumentare. società presieduta da Nicola Cecconato c’è riCerto, rispetto al leader Italgas, che ha 70mila uscita, capitalizza 745 chilometri, siamo anIL SOGNO DI PIEVE DI SOLIGO INIZIÒ milioni di euro, ma a cora piccoli, ma creNEL 1921, DA UN CONSORZIO detta di molti analisti sceremo, come già abFRA COMUNI PER GESTIRE vale di più, ha cambiabiamo fatto, non solo LE CANALETTE IMBRIFERE to pelle potenziandosi, rafforzandoci in casa, ha una forte capacità di leva finanziaria pronta bensì anche uscendo dall’ambito locale. a scattare, intensi programmi di crescita induIl sogno di Pieve di Soligo ha inizio per un’instriale e tutti vanno nella direzione del maggior tuizione di Francesco Fabbri, classe 1921, un vantaggio dei propri stakeholder, che sono sia grande della Dc veneta, nato a Solighetto, qui il socio di controllo, sia i soci di minoranza, sia vicino, e prematuramente scomparso a Roma un territorio che di energia buona – nonostannel ’77. «I Comuni della zona – ricorda Ceccote la crisi – ha molta fame. nato - si erano consorziati per gestire i canoni Benvenuti in quel sotto-insieme del miracolo concessori delle canalette imbrifere. A un certo

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punto, Fabbri intuì che con il boom del metano, quei canoni valeva la pena capitalizzarli e investirli nella realizzazione di una rete del gas. Per anni i comuni non hanno più usufruito di quei canoni, perché li hanno reinvestiti…». Altri tempi: quando di reti non si parlava tanto, ma se ne facevano molte. «Dalla quotazione in Borsa in poi – ricostruisce Cecconato, che guida Ascopiave dal 2017 col doppio incarico di presidente ed amministratore delegato – l’azienda si è molto evoluta. Oggi detiene concessioni e affidamenti diretti per la gestione dell’attività di distribuzione in 268 Comuni, fornendo il servizio a circa 775mila utenti (Pdr). Nel 2019 abbiamo preso una decisione strategica essenziale: abbiamo conferito tutta l’attività retail, con oltre 700mila clienti finali , a una società mista con il gruppo Hera, Est Energy, ottenendo una valutazione dei nostri assets di 645 milioni di euro. Una scelta fatta innanzitutto per una finalità industriale: non sarebbe più stato conveniente per noi rimanere da soli su quel mercato da grandissimi player. Peraltro, in Est Energy, in cui anche il partner ha conferito clienti in modo da consentire alla società di raggiungere una dimensione critica di 1 milion e 100 mila clienti, abbiamo conservato il 48% del capitale, con una put-option verso Hera». Dunque tra Ascopiave ed Hera qual è la vera relazione? Quella di una forte partnership sul retail, peraltro costruita con un importante vantaggio finanziario, rappresentato dalla realizzazione dei 645 milioni e di una consistente plusvalenza. E dunque il totale dei contratti gestiti da Hera, con Ascopiave al 48% in Est Energy, è di ben 3,5 milioni di clienti: «In questo senso è corretto parlare di partnership e non di vendita secca di Ascopiave retail – sottolinea Cecconato – Abbiamo reinvestito il ricavato sia comprando il 48% di Est Energy – che possia-


NICOLA CECCONATO, PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI ASCOPIAVE

mo però vendere quando vorremo, grazie alla put-option, sia concessioni di distribuzione del gas per 188mila Pdr tra Padova (122mila), Udine e Pordenone». Non a caso Ascopiave nella semestrale ha incrementato il proprio Mol del 57%. Est Energy guadagna bene e, nonostante il Covid, il business retail non ha perso colpi. Ma il piano industriale prevedrà molto di più. «È ovvio che restare impegnati solo nella distribuzione non ci basta – prosegue il manager - perché equivarrebbe a crescere troppo piano e a non creare più valore incrementale per i soci… Le gare per il gas sono bloccate dal 2011, in attesa che ripartano vogliamo fare dell’altro: nuove acquisizioni di Pdr e apertura ad altri vettori energetici da distribuire, primo fra tutti l’idrogeno, naturalmente da energia pulita. E poi un’evoluzione strategica importante verso l’energia sostenibile». «La rete è un asset che ha valore nel tempo, a differenza del singolo cliente che è volatile per definizione», sottolinea ancora Cecconato. «Le reti valgono sempre: finché le gestiamo sono nostre e semmai perdessimo le future gare concessorie, chiunque subentrasse dovrebbe pagarcele , il che significherebbe per noi rientrare degli investimenti. E le reti danno un rendimento garantito. La distribuzione del gas non risente di altro che delle scelte del regolatore che periodicamente decide la redditività degli investimenti, attenendosi peraltro, per obbli-

go di legge, a criteri di equità e a parametri di mercato. Prevediamo di investire sull’idroelettrico e sull’energia pulita. Naturalmente tutto è condizionato ai vari regimi concessori con Province, Regioni etc. L’idroelettrico è energia pulita, siamo nell’ambito regolato ed incentivato. Infine, stiamo anche studiando una ulteriore diversificazione produttiva nel biogas e nel biometano, che può essere immesso nella nostra rete. Con investimenti industriali diretti, impiegando le nostre elevate competenze tecniche. Siamo in uno stadio molto avanzato, speriamo

LA QUOTAZIONE E LA GOVERNANCE SONO LA LINFA DELLA DEMOCRAZIA ECONOMICA di poter fare presto degli annunci». Dunque un futuro impegnatissimo e promettente: «La nostra posizione finanziaria netta sotto i 300 milioni e la put-option in Est Energy su Hera, che peraltro ha un valore minimo incomprimibile e rende il 4% all’anno per i prossimi sette anni, ci dà una capacità teorica di investimento molto consistente. Siamo un’azienda che è una public-company con profonde radici nel territorio, ove la quotazione e la governance aziendale rappresentano una linfa vitale per la democrazia economica».

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SHORT STORIES

Welfare aziendale

La pausa pranzo nella società che cambia Elior presenta la sua nuova linea iColti in Tavola (anche) per lo smart working Elior punta sempre più sull’innovazione e sull’integrazione dei propri servizi nei piani di welfare aziendale delle imprese, uno strumento che si sta diffondendo anche nelle Pmi e in cui l’alimentazione sta assumendo un ruolo di primo piano. Sono sempre di più infatti i lavoratori attenti alla dieta, che intendono seguire regimi alimentari bilanciati. Elior, da anni impegnata a soddisfare le

esigenze sempre nuove delle organizzazioni e dei lavoratori, presenta la linea iColti in Tavola: oltre 400 piatti pronti , sani, genuini, veloci e personalizzati che grazie alla tecnologia di confezionamento in Atp mantengono inalterate le qualità organolettiche e nutrizionali fino a 10 giorni. Il progetto iColti in Tavola, grazie all’ampia varietà di ricette e ingredienti, è ideale per tutte le aziende che desiderano offrire un servizio di ristorazione

flessibile e innovativo, senza vincoli di orario e spazio, ideale anche per chi lavora da casa grazie al servizio Welfare@ home. Sarà possibile infatti, per i dipendenti che sono in smart working totale o solo alcuni giorni a settimana, ordinare e ricevere a casa i piatti preferiti, da consumare a pranzo o a cena, per sé e per la propria famiglia. Infine, iColti in Tavola interpretano le nuove esigenze anche in materia di nuitrizione:

Real estate

Food delivery

Il volume delle operazioni in Italia cresce del 4% grazie a Milano e arriva a 2,6 miliardi

Pizza, hamburger e giapponese ancora i preferiti dagli italiani, ma per crescita vince il gelato

Riprende l’attività di locazione per gli immobili uso ufficio Con un totale di 2,6 mld di euro, anche il volume delle operazioni riguardanti immobili ad uso ufficio sul mercato italiano registra una crescita del 4% sull’anno, in gran parte trainata dalla città di Milano. Si conferma la resilienza del mercato residenziale in Germania , con una dinamica sostenuta in particolare dalla scarsità di alloggi. Mentre il numero di permessi concessi per nuove abitazioni diminuisce (-2% a luglio) continua l’incremento dei valori (+7% su base annua). A Berlino, l’introduzione di una nuova regolamentazione presenta un effetto tangibile sulle abitazioni disponibili in locazione, con una riduzione del -66% del numero di offerte di appartamenti su base annua. Dopo un secondo trimestre caratterizzato da un approccio

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Il digitale salva il business dei ristoratori attendista, l’attività di locazione sui mercati degli immobili a uso ufficio comincia a riprendere lentamente nel 3° trimestre, in particolare nella regione Île-de-France, dove la domanda si è attestata a 246.200 m2, in aumento del 23% rispetto al secondo trimestre. Le percentuali di vacancy a fine settembre invece rimangono a livelli fisiologici e prossimi ai minimi storici, pari al 6,1% nella regione Île-deFrance e al 3,3% nelle grandi città tedesche. Al contempo, il mercato dell’investimento rimane dinamico, in particolare nel segmento degli immobili a uso ufficio, trainato prevalentemente dalla propensione degli investitori verso gli asset core. A fine settembre, in Francia, in Italia e nelle grandi città tedesche erano stati investiti circa 34 mld di euro, a testimonianza dell’importante liquidità su questi mercati.

Il digital food delivery continua a crescere in Italia, rappresentando tra il 20% e 25% dell’intero settore del domicilio, con un incremento rispetto al 2019 guidato dalle province e fuori dalle grandi città come Roma e Milano, oltre che da un aumento di domanda e offerta. Su Just Eat, nell’ultimo anno il +30% dei ristoranti ha scelto il digitale per ampliare business e clientela, con richieste sul servizio 5/6 volte superiori durante il periodo di lockdown, e si è registrata un’espansione e rafforzamento della presenza

oltre ai piatti senza glutine o lattosio, il progetto è pensato per chi desidera seguire una dieta personalizzata, grazie alla possibilità di costruire il proprio regime attraverso un questionario oppure avvalendosi del consiglio professionale di un dietologo.

territoriale di un ulteriore +12% guidata da Sardegna, Piemonte, Marche ed Emilia-Romagna, arrivando a servire con Just Eat il 66% della popolazione nazionale. In questa direzione Just Eat presenta i risultati del quarto Osservatorio annuale sul mercato dell’online food delivery, analizzando in questo nuovo appuntamento della “Mappa del Cibo a Domicilio in Italia” 30 città della Penisola. Nell’analisi non solo i trend dei consumi, le cucine e i piatti più amati ed emergenti e le abitudini lungo tutto il territorio, ma anche nuove evidenze sulle emozioni. “Mai come quest’anno il food delivery si è dimostrato un servizio essenziale per gli italiani, portando direttamente a domicilio, in modo facile, veloce e sicuro, cucine e piatti preferiti, e rispondendo in modo positivo anche in un contesto storico difficile. Secondo un sondaggio che abbiamo condotto durante i mesi di lockdown, il food delivery si è dimostrato un servizio essenziale per il 90% degli intervistati”, commenta Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia.


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Siamo una societĂ specializzata nella ricerca e selezione del personale di middle e top management, ma siamo soprattutto persone che incontrano persone. Seguiamo passo dopo passo aziende e candidati, lo facciamo con passione, ascoltandone esigenze e opinioni per instaurare un rapporto autentico, che duri nel tempo. Vi facciamo incontrare e conoscere per dare, insieme, forma al futuro che immaginate.


APPROFONDIMENTI

CATERINA MEGLIO

88 INFRATEL QUEI CASTELLI IN ARIA SULLA BANDA LARGA

91 ANDAF LA BUSINESS CONTINUITY ALLA PROVA DEL COVID

92 RBM SALUTE QUEL (SECONDO) PILASTRO CHE SOSTIENE LA SANITÀ

94 IMPRESA IL CORAGGIO DI FALLIRE PER RIPARTIRE PIÙ FORTI

95 LABLAW LO SMARTWORKING ALL’ITALIANA

98 IL GLOBALISTA L’INSOLENTE SALUTE DELLA CINA E IL FIENO IN CASCINA FRANCESE

100 CI PIACE/NON CI PIACE

UOMINI & DENARI

LA STARTUPPER PORTA IL SUD OLTRE LA “VALLE DELLA MORTE” Con la sua Materitas, Caterina Meglio crea nuove imprese facendo leva sulla ricchezza della ricerca scientifica delle nostre università

È

di Alfonso Ruffo

conosciuta più all’estero che in Italia, ma anche da noi si sta facendo velocemente largo tra le donne manager più interessanti nel campo della ricerca e dell’innovazione. Tanto che quest’anno ha vinto l’antico e prestigioso premio del Sele d’Oro per “l’impegno volto a sostenere e accompagnare nuove idee imprenditoriali di start up nel Mezzogiorno e a svilupparle in una dimensione stabile e duratura. Classe 1964, originaria di Benevento, Caterina Meglio è cofondatrice e ceo di Materias che, come recita la presentazione svolta sul sito, “ha l’obiettivo di creare nuove imprese supportando lo sviluppo di soluzioni innovative nel settore dei materiali avanzati accelerandone il loro ingresso nel mercato di riferimento. In una frase: Aiutiamo le idee e diventare realtà”. Avvalendosi della guida esperta di Luigi Nicolais, ex ministro e già presidente del Cnr, oltre che della collaborazione di un selezionato gruppo di giovani ricercatori, la creatura della Meglio si pone strategicamente lungo la linea conosciuta come Valle della Morte: lungo quel crinale, cioè, dove le iniziative imprenditoriali più visionarie e promettenti rischiano

di deperire. Facendo leva sulla qualità e sulla ricchezza della ricerca scientifica nascosta nelle pieghe delle nostre università, la formula adottata sta avendo un grande successo tanto che sono molti gli investitori, anche internazionali, che si affacciano alla porta e gruppi dinamici come il farmaceutico Dompé hanno già acquistato quote della compagnia che si va progressivamente consolidando. D’altra parte, il curriculum di Caterina è molto fitto e va dall’impegno nell’Istituto delle Tecnologie applicate ai Beni culturali a quello nel Distretto ad Alta tecnologia per l’edilizia sostenibile passando per la collaborazione con la Deloitte nel gruppo di lavoro Rete Global Network e l’incarico di delegato nazionale presso la Camera di commercio italiana in Canada. È stata consigliere del ministro dell’Università e nel corso degli anni ha partecipato a numerosi progetti di ricerca. A conferma della sua natura eclettica, Caterina Meglio vanta esperienze anche nel campo della politica (è stata consigliere comunale e assessore alla Cultura di Cerreto Sannita) e della gestione di istituzioni come il Conservatorio di Benevento di cui è stata presidente.

I PROMOSSI E I BOCCIATI DEL MESE

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APPROFONDIMENTI

I castelli in aria della banda larga Nelle aree a fallimento di mercato dove non esistono previsioni di investimento da parte degli operatori, interviene Infratel Italia, un’azienda del Mise. Portando la connettività via etere di Marina Marinetti

S

i fa presto a dire banda larga. Ma cui lo stato, attraverso Infratel, porta la l’Italia non è Milano, né Roma: è connessione veloce sono quelle in cui una costellazione di piccoli centri non arrivano gli operatori di mercato, e aree rurali, zone impervie e lontane quindi è il pubblico che interviene per dalle grandi città. Nelle quali gli operanon lasciare queste aree tagliate fuotori economici non hanno convenienza a ri dallo sviluppo», spiega a Economy la intervenire... e infatti non intervengono. presidente di Infratel Italia, Eleonora In gergo tecnico si chiamano “aree bianFratesi. che”: sono quelle dove non c’è nessuna previsione di investimento privato per Senza banda larga, non si riparte: dibanda ultralarga per almeno i prossimi sconnessi, è difficile pensare all’adoziotre anni. E dunque? Dunque, a ridurre il ne generalizzata dello smartworking, divario infrastrutturale nelle aree a falfiguriamoci del cosiddetto southworlimento di mercato, king, che tanto piaci deve pensare lo IL GOVERNO HA STANZIATO 53 MILIONI ce agli italiani. DI EURO PER FORNIRE CONNETTIVITÀ Stato. È la StrateIl Piano Banda UlGRATUITA A COMUNI E OSPEDALI gia nazionale per tralarga, varato dal ATTRAVERSO LE RETI WIFI la banda ultra larGoverno nel 2015 ga approvata dal Consiglio dei Ministri ed entrato in operatività di fatto nel il 3 marzo 2015 a stabilirlo: l’obiettivo 2018, è un progetto sfidante e come Inè quello di massimizzare la copertura fratel Italia, quale società in house del della popolazione con una connettività Mise facente parte ad almeno 100 Mbps, con priorità per del gruppo Invitale imprese e le sedi della Pubblica Amlia, siamo coscienti ministrazione, garantendo al contempo dell’incarico strateconnettività ad almeno 30 Mbps a tutta gico che abbiamo, in la popolazione. Il braccio operativo di particolare in questo questa strategia è Infratel Italia S.p.A. momento di ripar(Infrastrutture e Telecomunicazioni per tenza. Il periodo di l’Italia), società in-house del Ministero lockdown che abbiadello Sviluppo Economico: «Le zone in mo vissuto ha fatto

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emergere drammaticamente la differenza di competitività tra varie aree del Paese basata proprio sul diverso livello di infrastrutturazione digitale. Siamo pertanto chiamati a svolgere un ruolo cruciale nel processo di digitalizzazione del Paese e nel superamento del digital divide tra zone urbane e rurali. Ma siamo in ritardo... L’emergenza Covid ha mostrato con sempre più evidenza l’importanza di disporre di una connettività diffusa su tutto il territorio nazionale. Anche nelle modalità operative di rapporto con la concessionaria Open Fiber, nel corso di questi mesi, abbiamo avviato una serie


di semplificazioni tecnico procedurali al fine di accelerare le fasi di progettazione e di esecuzione dei lavori da un lato e mantenere un costante monitoraggio sulla realizzazione delle opere così da rendere possibile il completamento delle infrastrutture entro il 2023. Dall’altro, i collaudi agili, che consentiranno a Infratel Italia di ridurre la presenza fisica sui cantieri di Open Fiber S.p.A. Il concessionario è stato autorizzato alla commercializzazione di servizi fino al 15 ottobre 2020 nei comuni con Cuir (Certificato Ultimazione Impianto di Rete). Un’opportunità ulteriore deriverà infine dalle risorse che saranno stanziate con il Recovery Fund. A che punto siamo? Per quanto riguarda la fibra ottica il piano riguarda 6232 comuni; ad oggi i lavori sono in esecuzione in 1931 comuni, sono terminati in 279, mentre 637 comuni sono collaudabili e quindi presto potranno essere commercializzati, cosi’ come 777mila unità immobiliari, di cui 382mila già disponibili agli operatori. Ma la fibra ottica non è certo l’unica via per digitalizzare l’Italia. Infatti. Un altro grande impegno di Infratel Italia è il progetto di realizzare una rete WiFi, libera e gratuita, nelle piazze. Il governo crede molto in questa iniziativa e ha stanziato, in totale, 53 milioni per la realizzazione di una infrastruttura alla quale accedono i cittadini scaricando una semplice app. Non solo, andando incontro alle necessità dettate dalla pandemia, da marzo il progetto è stato allargato agli ospedali pubblici, in modo da fornire la possibilità a pazienti e personale sanitario, di ridurre - con la tecnologia - il distanziamento personale reso necessario dalle norme antiCovid: sono oltre 150 le strutture sanitarie che hanno aderito all’iniziativa “WiFi Ospedali”.

Quanti comuni raggiungete? Attualmente i comuni che sono nel progetto Piazza WiFi Italia sono oltre 3200 e gli hotspot sono attivi in circa 600 comuni. Anche qui dobbiamo andare veloci: il nostro obiettivo, a fine anno, è raggiungere i 1000 Comuni coperti. Abbiamo riscontrato la sensibilità dei sindaci per GRAZIE AGLI SMART GLASSES IL COLLAUDATORE PUÒ INTERAGIRE DA REMOTO CON IL PERSONALE IN LOCO, LIMITANDO GLI SPOSTAMENTI

un servizio che, attraverso Infratel, forniscono alla comunità. La app si avvale anche delle reti federate al nostro progetto, come quella di Poste italiane. Gli utenti dell’app wifi.italia.it , che ricordo è gratuita, sono circa 380.000, una platea importante. Certo, oggi, con la pandemia, muovere i tecnici è un rischio. Dicevo prima che l’emergenza è stata uno stimolo: i collaudi agili - grazie all’utilizzo di Smart Glasses integrati con il sistema Gisfo - sono una “cabina virtuale”, dove

LA PRESIDENTE DI INFRATEL ITALIA, ELEONORA FRATESI

il collaudatore può interagire da remoto con il personale in loco e acquisire direttamente in Gisfo video, foto e dati. Questo ci consente da un lato di salvaguardare la salute dei nostri dipendenti, limitando gli spostamenti, aiuta a ridurre l’impatto ambientale delle operazioni e consente di velocizzare le attività, accelerando sull’avanzamento del Piano. Tra tanti voucher, non trova posto un sostegno alla connessione delle famiglie? Il Governo ha varato misure proprio indirizzate alle famiglie, oltre che alle imprese. Ci sono dei bonus da 500 euro per l’attivazione di servizi a banda ultralarga e pc per le famiglie che hanno un Isee fino a 20mila euro. L’obiettivo è sempre quello di ridurre il digital divide e le diseguaglianze che crea; anche per questo non dimentichiamo il mondo dell’istruzione: grazie ad un decreto sull’infrastrutturazione delle scuole potremo dotare di connettività oltre 32mila istituti scolastici che sarebbero rimasti tagliati fuori per ragioni di mercato.

SVOLGIAMO UN LAVORO CRUCIALE NEL PROCESSO DI DIGITALIZZAZIONE DEL PAESE E NEL SUPERAMENTO DEL DIGITAL DIVIDE 89



in collaborazione con ANDAF

Resilienza finanziaria per la business continuity Le nuove sfide poste ai Cfo non possono essere affrontate con gli strumenti tradizionali. Ma la trasformazione digitale dei processi di amministrazione, finanza e controllo possono giocare un ruolo cruciale nel rendere possibile una gestione agile, rapida e flessibile dell'impatto del cambiamento di Edilio E. Rossi *

L

a pandemia che stiamo vivendo ha stravolto i contenuti delle agende aziendali e le loro priorità, sia tattiche sia strategiche. Conseguentemente anche i Cfo hanno dovuto modificare “in corsa” alcune delle loro attività. Tra queste, due si sono rivelate essenziali ma al contempo sfidanti. La prima può essere riassunta nella necessità di riformulare e ricalcolare i forecast economico-finanziari alla luce della “distruzione” (transitoria) della catena del valore aziendale. La pianificazione economica ha dovuto fare i conti con la caduta verticale del fatturato causata dalla contrazione dei volumi di vendita e di un ciclo procure-to-pay sostanzialmente fermo. I forecast finanziari hanno dovuto tenere conto dell’impatto sia del ciclo operativo (stravolgimento della dinamica incassi-pagamenti) sia dei flussi straordinari una-tantum (accesso ed utilizzo di nuove linee di credito, rinvio

degli investimenti,...) sulla posizione finanziaria netta. È essenziale disporre quindi di strumenti digitali che consentano da un lato di testare nuovi algoritmi predittivi (nuovi pattern di domanda: servitization, e-channels), dall’altro di simulare diverse versioni per analizzarne l’effetto sui conti aziendali (what-if scenario analysis multidimensionale) in un’ottica di business continuity. La seconda invece attiene alla capacità di delineare ed elaborare scenari alternativi per definire le migliori strategie utili ad affrontare i mesi a venire e il loro impatto economico, finanziario e patrimoniale. Il tutto in base all’ipotesi che si verifichi uno scenario piuttosto che un’altro - e con quale grado di probabilità. Qui si tratta di prevedere come le ipotesi in ordine ad uno scenario abbiano effetti sul business. Servono quindi strumenti digitali che consentano una modellazione multidimensionale di scenario incentrata su grandezze rilevanti (saldi, indicatori e metriche) anzitutto economico-finanziarie (margini e flussi di cassa) e patrimoniali (working capital, investimenti fissi e nuova

L'AUTORE, EDILIO E. ROSSI

struttura delle passività finanziarie). Ciò al fine di prendere delle decisioni razionali, finalizzate al perseguimento di obiettivi strategici o per valutarne la modifica, attuando sin d’ora i cambimenti opportuni alla configurazione di modelli e processi aziendali in un’ottica di business sustainability. La resilienza finanziaria d’impresa si misura quindi sulla capacità di avere un pieno e preciso controllo delle previsioni di breve termine, soprattutto focalizzandosi su margini e liquidità, per garantire la continuità delle operazioni aziendali, e sull’effettiva possibilità di delineare strategie concrete di medio termine a 6-12-18 mesi, finalizzate a mantenere la sostenibilità del business in termini di profittabilità (prodotti-servizi, clienti,...), e di finanziamento (cash flow, accesso a risorse addizionali, controllo dei convenants). Le nuove sfide poste ai Cfo da questa situazione non possono però essere affrontate con modelli interpretativi tradizionali e strumenti tecnologici, almeno in parte, obsoleti. La trasformazione digitale dei processi di ammi-

nistrazione, finanza e controllo (Afc) può e deve giocare un ruolo essenziale nel rendere possibile una gestione agile, rapida e flessibile dell’impatto di questi cambiamenti. Ciò è reso possibile da moderne soluzioni applicative di Enterprise Performance Management (Epm) e di Enterprise Resource Planning (Erp) in Cloud, in modalità Software-as-a-Service (SaaS). Si tratta cioè non di hosting in cloud di soluzioni on-premise – nel datacenter aziendale – ma di applicazioni sviluppate nativamente in cloud (e per il cloud) che incorporano le nuove tecnologie emergenti (come ad esempio l’intelligenza artificiale, il machine learning e gli assistenti digitali) in modo esteso e pervasivo. La combinazione virtuosa tra nuovi modelli e strumenti digitali nel Finance farà la differenza tra le aziende in termini di resilienza finanziaria, gettando le fondamenta per agganciare una ripresa solida e duratura. *Digital Finance Solutions Sales Development Director, Oracle Membro del Comitato Tecnico Pianificazione e Controllo, ANDAF

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APPROFONDIMENTI

Quel (secondo) pilastro che sostiene la sanità Cresce la spesa privata per cure che il Servizio sanitario nazionale non eroga (o eroga con tempi biblici). Ma la sanità integrativa, sostiene l’a.d. di Intesa Sanpaolo Rbm Salute Marco Vecchietti, «va istituzionalizzata» di Marina Marinetti

N

el nostro Paese c’è un’emergenza sanitaria da affrontare: la sostenibilità economica e sociale del sistema sanitario stesso che richiede l’adozione di «misure strutturali». Marco Vecchietti, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Rbm Salute, la prima compagnia nel settore dell’assicurazione sanitaria in Italia, porta avanti una campagna per garantire una migliore tutela della salute attraverso un secondo pilastro sanitario, che assicuri le cure sostenute di tasca propria (il cosiddetto out of pocket) integrando in modo organico i livelli essenziali di assistenza erogati dal Servizio sanitario nazionale. Un secondo pilastro che continua da anni a crescere grazie a soluzioni assicurative dedicate a lavoratori, imprese, professionisti e famiglie che altrimenti non riuscirebbero ad accedere alle cure in tempi ragionevoli e a costi sostenibili. Marco Vecchietti li definisce “i forzati della sanità a pagamento”: «si tratta di quasi venti milioni di persone costrette a pagare di tasca propria per ottenere prestazioni essenziali prescritte dal proprio medico, almeno una volta l’anno. E di questi circa la metà appartiene alle categorie sociali più fragili, come gli anziani e malati cronici». Dati alla mano (si veda il grafico nella pagina ac-

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MARCO VECCHIETTI, A.D. E D.G. DI ISP RBM SALUTE

euro), al 3,9% del Nord Est (dove la spesa canto), la necessità di pagare di tasca propria privata arriva agli 873,97 euro). «Le proieziocresce in ragione del peggioramento, anche ni sul futuro mostrano l’aumento dei bisogni in termini di cronicità, del proprio stato di sain corrispondenza delle fasce più anziane ed lute e di fronte alla necessità di pagare di tain presenza di patologie croniche», continua sca propria le cure necessarie cresce anche il Vecchietti: «L’insorgenza di una malattia crofenomeno della rinuncia alle cure, a meno di nica, o il manifestarsi di uno stato di non aunon indebitarsi: «In base all’ultimo Rapportosufficienza richiede un pagamento di tasca to Rbm-Censis all’insorgere di una malattia propria che incide in misura catastrofale sul cronica, ad esempio, la necessità di ricorrere reddito del cittadino». Si va dai 233,79 euro a prestiti e credito al consumo per finanziare per i sani ai 2.046,45 per i non autosufficienle proprie cure passa dal 10,54% al 27,14%», ti, con un’incidenza sul reddito che passa continua l’AD di Intesa Sanpaolo Rbm Salute. dall’1,12% al 9,77%. «È chiaro che sono sem«Le più fragili sono le famiglie a basso redpre più necessari degli interventi strutturati dito, ma emergono anche - come testimonia differenziati in ragione delle diverse fasi dell’Istat - disuguaglianze territoriali: gli indici la vita. Diversamente il costo di un maggior di salute sono migliori al Centro Nord, anfabbisogno di cura finisce per gravare escluche grazie ai più elevati livelli di prevenzione sivamente sui cittadini e, in particolare, su garantiti alla popolazione. Ed è sempre al quelli che ne hanno bisogno». Prendiamo le Centro Nord che la spesa sanitaria privata è spese odontoiatriche: più elevata: Non è un ALL’INSORGERE DI UNA MALATTIA il beneficio che i vari caso». CRONICA LA NECESSITÀ DI PRESTITI gruppi di acquisto, Eppure, anche a fronE FINANZIAMENTI PER SOSTENERE come appunto quelli te di una quota diffeLE CURE PASSA DAL 10,54% AL 27,14% del mercato assirenziata pagata dai curativo, stanno garantendo attraverso la cittadini per le cure private, l’incidenza me“contrapposizione” con i dentisti che da semdia sul reddito delle famiglie italiane risulta pre hanno agito come pricemaker privati, è sostanzialmente omogeneo in tutte le aree evidente. Facciamo l’esempio degli impianti geografiche: si va dal 3,14% del Sud (dove si dentali: a fronte di 150 euro di premio annuo spendono di tasca propria in media 523,71


mètaSalute (il fondo sanitario del contratto metalmeccanico) garantisce la copertura integrale delle spese di impianto (a tal fine acquistate “cumulativamente” dai dentisti convenzionati con il network a 840 euro, contro 1.500 euro di prezzo di mercato), mentre Fondo Est (il fondo sanitario del commercio e dei servizi) con 144 euro di premio annuo garantisce un contributo di circa 500 euro per impianto. E i materiali da utilizzare da parte del dentista sono oggetto di specifica individuazione nel contratto di convenzione al fine di poterne garantire la qualità di riferimento. Non solo: nell’ultimo quadriennio, a fronte di un premio medio stabile pagato dagli assicurati, l’ammontare medio rimborsato dalla sanità integrativa è passato dai 407,99 euro del 2016 ai 455,23 del 2019. In particolare, risultano in crescita tutte le prestazioni extraospedaliere, con una dinamica molto spinta per quanto attiene all’odontoiatria. «Un sistema - in sintesi - che mostra di funzionare piuttosto bene. Sostanzialmente negli ultimi 4 anni risulta progressivamente accentuata la funzione integrativa al Servizio Sanitario Nazionale e, in misura più contenuta, quella complementare di polizze e fondi a fronte di una funzione progressivamente più contenuta in ambito duplicativo dei Livelli Essenziali di Assistenza», commenta Marco Vecchietti. «Senza assicurazione sanitaria, la quota da pagare di tasca propria per le cure erogate al di fuori del Ssn rappresenta in media l’81,3% della spesa sanitaria privata pro capite. Ma in presenza di assicurazione sanitaria, la quota a carico del cittadino si riduce drasticamente, scendendo al 37,3%. Ad essere beneficiari sono soprattutto lavoratori e lavoratrici con redditi mensili prossimi ai mille euro. Sia a livello sanitario, sia a livello sociale, si tratta di un contributo molto importante». Diciamo la verità: il secondo pilastro è l’unica via per garantire un aiuto concreto ai cittadini di fronte al costante innalzamento dei bisogni di cura ed alla necessità di pagare una quota delle cure sempre maggiore di tasca propria. E infatti la spesa sanitaria privata è ormai da un decennio una realtà nel nostro sistema

sanitario: «Il numero delle prestazioni rimborsate dalla sanità integrativa è decisamente cresciuto nell’ultimo triennio - conferma l’a.d. di Intesa Sanpaolo Rbm Salute - Si è passati complessivamente dai 7,9 milioni di prestazioni rimborsate del 2017 a poco meno di 9 milioni di prestazioni nel 2019. L’utilizzo di questa componente attualmente è indispensabile per sostenere i maggiori bisogni di cura che caratterizzano alcuni stati patologici, gli sviluppi nel campo della medicina o situazioni specifiche».

nel quale i cittadini ricevono le cure privatamente, ma un sistema di “gestione collettiva” delle prestazioni sanitarie erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale rimaste a loro carico», sottolinea Marco Vecchietti: «Un sistema sanitario universalistico non dovrebbe accettare la presenza di una necessità strutturale di integrazione individuale pagata direttamente dai cittadini malati o più deboli e l’istituzione di un secondo pilastro sanitario complementare al quale affidare la gestione delle cure non erogate e non erogabili all’interno del Ssn mediante il ricorso a strumenti privati, come fondi e polizze, nell’ambito di una governance pubblica che ne assicuri l’armonizzazione con i principi fondamentali del Ssn, è ormai una prospettiva indispensabile per garantire la sostenibilità economica e sociale del sistema sanitario del nostro Paese. «A questo punto - conclude il manager - sarebbe normale immaginare, da parte del Governo politiche di supporto, alla diffusione di questa importante tutela sociale aggiuntiva».

SAREBBE NORMALE IMMAGINARE DA PARTE DEL GOVERNO POLITICHE DI SUPPORTO ALLA DIFFUSIONE DELLA TUTELA SOCIALE AGGIUNTIVA

Anche perché non è la sanità integrativa a spingere i consumi privati in sanità, ma, viceversa, è la crescita della spesa sanitaria privata a richiedere un maggiore livello di assicurazione delle cure private dei cittadini. «Il Secondo Pilastro Sanitario non è un modello

Come pagano le spese sanitarie private gli italiani CRONICO 15,04% 7,21% SANO/MALATO

6,85%

5,84% 21,64% 27,14%

10,54%

35,66% 26,32% 43,77%

Reddito Risparmi e proprietà Welfare contrattuale

Prestito Aiuto familiare

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APPROFONDIMENTI

Il coraggio di fallire per ripartire più forti Gestire l’incertezza adattandosi in maniera repentina ai cambiamenti richiede pensiero critico, creatività, flessibilità, resilienza e antifragilità. Tutte doti che ai manager italiani non mancano di Nicola Spagnuolo, direttore di Cfmt

D

efinire come le aziende e i loro manaAssumeranno decisioni importanti perché ger si comporteranno nella fase del non potranno fare a meno di farlo. post Covid-19 è un esercizio pressoMa si sa, in una tale situazione l’errore può ché impossibile. Ad oggi ancora troppe vaessere dietro l’angolo. È il prezzo delle deriabili rimangono incerte. cisioni rapide, incerte, importanti. Anche L’incertezza permarrà ancora a lungo ed a questo i manager e gli imprenditori sono ogni azienda dovrà imparare a conviverci. preparati e sanno di poter sbagliare, ma non La prontezza dei manager si misurerà inhanno alternative: non possono pensare di nanzitutto sulla loro capacità di interpretare stare fermi aspettando che tutto torni alla i segnali deboli di cambiamento, adottando situazione pre-Covid, non possono pensare di conseguenza decisioni rapide e impattanti. di operare senza rischi. Il loro coraggio, che sarà direttamente proHanno messo in conto che ogni loro azione porzionale alle condizioni di incertezza entro contemplerà un possibile fallimento. Già, il cui si troveranno a operare, è ciò che farà la fallimento. Farà parte del processo di adatdifferenza e decreterà il successo o l’insuctamento delle aziende al nuovo paradigma. cesso delle strategie Anzi, non solo ne sarà MANAGER E IMPRENDITORI SONO aziendali adottate in parte integrante, ma PREPARATI E SANNO DI POTER questo percorso di riprobabilmente risulSBAGLIARE. IL PROBLEMA allineamento al nuoterà dirimente la geÈ IL SISTEMA SOCIO-ECONOMICO vo paradigma ecostione dei fallimenti. nomico. I manager a questo sono preparati, Ci si dovrà abituare a non fermarsi di fronte come ci ha dimostrato la survey promossa ad essi, ma anzi a contemplarli come tentatida Cfmt e realizzata da Astra Ricerche, dalla vi di superare la foschia di dubbio e incertezquale è emersa chiaramente l’accettazione za. In fondo in una simile situazione, fluida e del rischio e della responsabilità a cui essi costantemente mutevole, le uniche certezze sono chiamati in questa fase delicata. I masu cui ci si potrà muovere saranno proprio i nager sanno di dover fare ricorso a tutta la tentativi falliti. Solo essi potranno contribuire loro capacità di adattamento al cambiamena scartare ipotesi e scenari previsti poiché to, di pensiero critico, di creatività, di flessibialla prova dei fatti si saranno dimostrati ineflità, di resilienza e di antifragilità. ficaci e pertanto si potranno escludere con Il bagaglio di competenze a cui loro potranno certezza. attingere, per quanto ingente, però, non baSul fallimento, in buona sostanza, si basesterà ad azzerare i rischi, già di per sé insiti ranno le uniche certezza su cui manager e in ogni decisione ma certamente più elevati aziende potranno operare adottando continue in questo difficile momento storico. Dovranno decisioni via via sempre meno rischiose. Ma imparare a sperimentare e a sperimentarsi. mentre i manager, gli imprenditori e le loro

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aziende sono pronti e preparati a tutto questo, siamo altrettanto certi che il sistema socio-economico entro cui essi operano sia pronto ed adeguato ad “accogliere” il fallimento quale elemento indispensabile e costruttivo? Il dubbio nasce dal fatto che i sistemi economici reagiscono al fallimento delle decisioni aziendali in modo diverso, a seconda della cultura da cui sono guidati. Non esiste nessuna azione o decisone umana che implichi al tempo stesso una componente di fallimenti ed un’altra di successi. Solo quando decidiamo di non provarci più il fallimento diventa una sconfitta. Cercando però l’etimologia del verbo “fallire” si scopre, forse con sorpresa, che il verbo in questione deriva dal verbo latino “fallere”: ingannare. Il fallimento dunque altro non è che un inganno, che ci consente di superare l’errore, perseverando nella ricerca della giusta strada alla luce delle esperienze accumulate grazie ai fallimenti. In questo periodo complicato si chiede alle aziende di avere coraggio nel cercare nuove strade, nell’intraprendere cambiamenti importanti, nel modificare il proprio business o nel modificare le modalità con cui portare avanti i loro modelli di business. Rischiano di fallire se non lo fanno e si assumono il rischio dei possibili fallimenti nel tentare di farlo. Il fallimento impone una sola condizione: riconoscere a tutti una seconda possibilità, e poi una terza, una quarta ed un’altra ancora fino a trovare la strada giusta. Il sistema socio-economico italiano è davvero pronto a questo?


Lo smart working all'italiana non è lavoro "sostenibile" Il concetto di retribuzione come scambio di tempo dedicato è stato scardinato dall'emergenza. Ora, per cogliere la piena opportunità del lavoro da remoto, è arrivato il momento di cambiare i contratti di Francesco Rotondi

O

ggi il tema della sostenibilità, ovvero dell’impresa sostenibile, dell’economia sostenibile, dell’economia circolare, è decisamente al centro dell’attenzione e del dibattito sul futuro. L’economia diviene sostenibile quando incontra e comprende l’ambiente, quando comprende i bisogni sociali, quando apprende dal territorio. Ciò detto, tuttavia, esse sono totalmente collegate poiché non esiste la possibilità di sussistenza di una sostenibilità senza che le altre dimensioni non siano sostenibili. L’impresa in questo nuovo scenario è decisamente il fulcro ed allora dobbiamo immaginare che anche il rapporto di lavoro sia sostenibile all’interno dell’impresa sostenibile. Il dibattito è ovviamente attorno allo smart working che pare essere lo strumento che potrà realizzare le convergenze delle tre sostenibilità di cui abbiamo parlato sopra. Abbiamo però un problema: nessuno sa cosa sia lo smart working. E per accorgersene è sufficiente leggere ed ascoltare i media, leggere le dichiarazioni delle parti sociali, di presunti esperti, di fantomatiche relazioni di altrettanto fantomatici osservatori. Smart working non è lavorare da casa, non è non andare in ufficio, non è una sorta di evoluzione del telelavoro. Diciamo questo, non per spirito di polemica, ma perché se veramente pensiamo a come dover modificare l’organizzazione per far sì che un’impresa sia sostenibile occorre che lo strumento gestionale ed organizzativo sia compreso; diversamente arriviamo a pensare che il Covid ha dimostrato che si può lavorare da casa. Chiariamo allora: lo

smart working è un concetto organizzativo e riguarda le organizzazioni di impresa, non è una vicenda legata al singolo lavoratore. Se così fosse qualsiasi lavoratore, professionista, collaboratore già abituato a lavorare in modo agile sarebbe uno smart worker. Ma così non è. Non possiamo considerare smart working l’idea che un giorno alla settimana il dipendente non si trova in ufficio. Lo smart LO SMART WORKING È UN NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO CHE IMPATTA DIRETTAMENTE SUGLI ELEMENTI DEL CONTRATTO DI LAVORO

working è un nuovo modello organizzativo che impatta direttamente sugli elementi del contratto di lavoro che sino ad oggi hanno determinato le regole della prestazione professionale all’interno dell’impresa e del contratto di lavoro subordinato mettendo in discussione proprio la tenuta giuridica di esso. Da quanto sopra deriva una ridefinizione della leadership, dei ruoli, delle relazioni, del controllo, del luogo di lavoro. Ovviamen-

FRANCESCO ROTONDI

te vi è un tema tecnologico al centro della sostenibilità di un simile cambiamento.Per quel che qui interessa la sostenibilità nel e/o del rapporto di lavoro subordinato nella forma di smart working è decisamente un tema aperto. Se pensiamo all’attuale definizione di lavoratore subordinato ordinario vediamo immediatamente che vengono scardinati: il luogo, l’orario, il concetto stesso di “sotto la direzione”, ma, cosa ancor più importante, a nostro avviso, viene meno il sinallagma contrattuale ordinario, ovvero la retribuzione come scambio di tempo dedicato. Questo è il reale problema sul tavolo e quando si parla di autonomia, responsabilità del prestatore, assenza di vincoli, e via dicendo, in realtà stiamo modificando il contratto che, se non lo si modifica dal punto di vista legislativo, non consentirà mai l’utilizzo e la piena operatività ed opportunità. Non sarà un percorso facile, ma è assolutamente necessario poiché ad oggi si pensa di fare lo smart working, ma stiamo facendo qualcosa all’italiana che scontenterà tutti.

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in collaborazione con CONFPROFESSIONI

Sul Recovery Fund tanti buoni propositi da trasformare in realtà Confprofessioni in audizione al Senato per discutere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo. Fisco, ordinamento giudiziario, infrastrutture e sanità le priorità del Paese. Stella: «Obiettivi condivisibili, ma poi si tratta di vedere come verranno declinati sul piano operativo» di Giovanni Francavilla

«I

l Recovery Fund è un’opportunità cruciale per il nostro Paese, un’occasione che non deve e non può essere sprecata». È il monito lanciato dal presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, alle Commissioni riunite Politiche Europee e Bilancio del Senato sulle linee guida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) su cui saranno definiti i progetti finanziati dal Recovery Fund. Sul piatto ci sono 209 miliardi di euro per sostenere la ripresa econo-

mica e sia le raccomandazioni della Commissione europea, sia gli obiettivi economico-sociali del Governo coinvolgono a pieno titolo i professionisti: «Possono giocare un ruolo di primo piano sui temi indicati dall’Europa e dal Governo dalla finanza pubblica e sistema sanitario, al lavoro e formazione; dalla liquidtà imprese e investimenti, alla giustizia e pubblica amministrazione» afferma Stella. «E ancora: trasformazione digitale, infrastrutture, green economy sono gli asset fonda-

GAETANO STELLA

mentali per uno sviluppo sostenibile delle libere professioni nel lungo periodo». Ma prima occorre sciogliere i nodi che frenano la competitività del sistema professionale italiano e il documento depositato a Palazzo Madama da Confprofessioni ne sottolineano alcuni. Le priorità partono dalla riforma del fisco, «che coinvolga le amministrazioni territoriali nei processi di ammodernamento tecnologico e di riqualificazione del personale»; della giustizia, con «la razionalizzazione della

IL COVID - 19 RAFFORZA IL WELFARE NEGLI STUDI Il welfare aziendale esce rafforzato dalla crisi Covid - 19 e si afferma come una leva strategica per affrontare l’emergenza e per la ripresa del Paese. Sanità, sicurezza, formazione, sono le aree di maggiore intervento. Sono le evidenze del Rapporto 2020 Welfare Index Pmi, promosso da Generali Italia e presentato il 22 settembre a Roma alla presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha visto la partecipazione di Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni. «Nel settore professionale l'impatto del Covid - 19 è stato durissimo e solo una attenta politica di welfare ha permesso di

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evitare il peggio» ha detto Stella durante la tavola rotonda con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confcommercio. «In questi mesi abbiamo potuto osservare il profondo senso di responsabilità dei liberi professionisti verso il Paese. Uno sforzo che è stato possibile anche grazie alla sempre più diffusa cultura del welfare che permea oggi gli studi professionali. Salute, sicurezza, formazione, sostegno al reddito, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sono i pilastri del nostro welfare contrattuale, che durante la pandemia ha dato prova di straordinaria capacità d'intervento».

giurisdizione civile e penale, rimuovendo le incertezze del nostro sistema processuale per attirare investimenti esteri». E poi: più tutele per i lavoratori digitali, incentivi alla ricapitalizzazione delle imprese e stop al dumping fiscale. «Anche il piano nazionale di investimenti per la rigenerazione verde delle periferie urbane e per la messa in sicurezza degli edifici pubblici, può diventare un’occasione irripetibile per rilanciare le professioni tecniche», aggiunge Stella. «Ma poi si tratta sempre di vedere come questi obiettivi verranno declinati su piano operativo». Fondamentale infine ripensare alla struttura dell’assistenza sanitaria: «L’emergenza ha dimostrato che il nostro sistema sanitario, pur di altissima qualità, è in via generale esposto a carenze di risorse e di organico», rileva Stella. «Carenze che potrebbero essere superate con una valorizzazione della medicina di prossimità, con una riconsiderazione dei fondi sanitari integrativi e con la riforma, ormai indifferibile, della laurea abilitante all’esercizio della professione sanitaria».


Se il climate change è (anche) quello del mercato In Borsa vince chi è più sostenibile: lo dimostrano le impennate dei valori dell'americana Nextera e dell'italiana Enel. E la Bce ha già annunciato che valuterà anche l'aspetto green delle varie emissioni di Ugo Bertone

D

i questi tempi si parla molto di Enel a proposito di Open Fiber, come è giusto visto il valore strategico dell’investimento che, qualunque sarà la scelta di Francesco Starace, comporterà una ricca plusvalenza per il colosso elettrico. In questo modo, però, si rischia di far torto alla straordinaria crescita del gruppo che, pur praticando una politica all’insegna del basso profilo, si presenta ormai come uno dei casi di scuola più interessanti del panorama finanziario internazionale, in grado di interpretare il nuovo paradigma della crescita. Lasciamo parlare i numeri. Oggi Enel è non solo di gran lunga la società italiana a maggior capitalizzazione, con un valore di borsa di 91 miliardi di euro al 13 ottobre, ma anche la seconda utility del mondo, superata solo dall’americana Nextera, protagonista a sua volta di un’incredibile scalata: dieci anni fa il titolo valeva un sesto del gigante Exxon Mobil, che sembrava irraggiungibile con i suoi 330 miliardi di dollari di capitalizzazione. Ma dieci anni dopo Exxon ha in pratica più che dimezzato il valore di Borsa a 146 miliardi.

L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

Intanto Nextera, leader delle rinnovabili (in particolare l’eolico) che dieci anni fa valeva un sesto del colosso di Houston, è salito a 147 miliardi. Non è un episodio isolato. Avanzano sui listini europei i titoli più “sostenibili”, tipo la spagnola Iberdola o Siemens Gamesa. Tra i preferiti figurano le danesi Vestas e Oenrsted che, grazie ai loro exploit borsistisi, hanno spinto il listino di Copenhagen ai vertici tra i mercati europei. Il risultato? Una vera e propria rivoluzione. Dieci anni fa Enel valeva la metà di Total, oggi la compagnia petrolifera francese vale solo 20 miliardi di euro in più. Il fenomeno non ha risparmiato Eni, fino a pochi anni fa la controllata del Tesoro più capitalizzata. Oggi il cane a sei zampe vale, al contrario, più o meno di un terzo del gruppo elettrico che conta su una rete di partecipazioni internazionali. La caduta del prezzo del petrolio ha impattato in maniera rilevante tutto il suo settore che oggi veleggia ai minimi dal 2010. Ma non è solo questione di prezzo del greggio. I grandi investitori internazionali guardano con sempre maggior disagio ai rischi legati alla “bolletta ambientale”. Le regole dettate dai governi e dalle altre autorità gettano un’ipoteca pesante su tutto quanto può comportare inquinamento. E così capita che, nonostante la benedizione di Donald Trump, le compagnie Usa hanno rinunciato a riprendere le estrazioni di carbone. L’Unione

FRANCESCO STARACE, A.D. DI ENEL

Europea è andata più in là: la presidente della Bce Christine Lagarde ha annunciato che la banca centrale non resterà più neutrale di fronte alle emissioni di bond, valutando i titoli solo sotto l’aspetto dell’affidabilità finanziaria. L’esame di Francoforte, presto, verterà anche sulla sostenibilità ambientale delle varie emissioni. La Banca Centrale Europea riesaminerà infatti una regola chiave che la costringe ad acquistare obbligazioni societarie in proporzione all'importo in circolazione, alla luce dell' "incapacità" del mercato di riflettere i rischi legati al cambiamento climatico. È quanto riferito dal presidente, Christine Lagarde. «Alla luce di quelli che chiamo difetti del mercato -ha detto a Washington in occasione del Fondo Monetario- c'è anche una domanda che dobbiamo porci e cioè se la neutralità di mercato sia effettivamente il principio che dovrebbe guidare (...) il nostro programma di acquisto di asset» Nello stesso giorno Enel Finance International, controllata da Enel, ha lanciato il primo bond sostenibile in sterline per 500 milioni, ricevendo richieste per quasi 6 volte l'offerta, ovvero circa 3 miliardi di sterline, in gran parte da investitori "socialmente responsabili". Insomma, il successo del gruppo italiano dipende dalla capacità di aver anticipato e correttamente interpretato il cambio di paradigma del mercato.

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IL GL BALISTA L’INSOLENTE SALUTE CINESE E IL FIENO IN CASCINA DELLA FRANCIA Se a inizio ottobre 637 milioni di cinesi hanno speso 466 miliardi di yuan in viaggi e shopping di lusso, in Europa i consumi si contraggono, tanto che Oltralpe lo stock di rispami accumulati durante i mesi della pandemia ha toccato i 50 miliardi di euro

In Cina spendono... Per capire come sarà il mondo post-Covid non basta scorrere le tabelle e i grafici preparati dalla signora Gita Gopinath (nella foto), capo-economista del Fondo Monetario Internazionale, da cui si apprende che la ripresa sarà “lunga, ineguale e incerta” (con un Pil che perderà il 4,4% quest’anno

per riguadagnare il 5,2% l’anno prossimo con uno scarto al ribasso per le economie avanzate che perderanno il 5,8% di Pil nel 2020 e una più debole risalita, solo il 3,9%, nel 2021), ma bisogna tornare a Wuhan, in Cina, la metropoli industriale da dove tutto è cominciato, e fare la conoscenza di un’altra signora, Li Yaquing, di professione agente di commercio. Miss Li per la festa nazionale d’autunno è tornata qui, nella sua città natale, dopo essere stata confinata per mesi a Shangai, dove lavora. A Wuhan ha riabbracciato genitori e parenti che non vedeva da febbraio, ma, soprattutto, ha potuto scatenarsi in lunghi pomeriggi di shopping nei centri commerciali e nei mall con le loro vetrine di nuovo scintillanti come hanno fatto –

ecco il punto - 637milioni di cinesi che nella “settimana d’oro” di inizio ottobre hanno speso 466miliardi di yuan (58,8miliardi di euro), stando alle cifre diffuse dal ministero del turismo e definite – bontà loro – “incoraggianti”. Colpiscono soprattutto le vendite del settore del lusso che dimostrano, come ha scritto Le Monde Diplomatique, “une santé insolente”, uno stato di salute che nessuna casa di moda o colosso dei cosmetici può vantare nelle boutique e nei mall di Parigi, Londra, Milano o New York. Per dire,

QUI DUBAI, APPUNTI DAL BURJ KHALIFA

All’Expo di Dubai il David di Michelangelo lotterà contro il Golia del coronavirus

riproduzione virtuale scientificamente e

Una riproduzione in scala 1:1 della statua accoglierà i visitatori al centro del Padiglione Italia, il cui titolo sarà “La bellezza unisce le persone”. Per realizzarla verranno utilizzati strumenti avanzati dell’industria aeronautica

una fase importante di rielaborazione

U

metricamente attendibile, che potrà essere archiviata per tutti gli studi futuri. Dopo dei dati sarà avviata la riproduzione». La tecnica scelta è quella del processo di stampa additivo, che utilizza grandi

na riproduzione ad altissima tecnologia

futuro, tra storia e innovazione. Il titolo del

stampanti 3D. «È una strumentazione che

del David di Michelangelo in scala

padiglione è “La bellezza unisce le persone”,

non è mai stata utilizzata per riprodurre

1:1 campeggerà al centro del Padiglione

e il David è un’icona del bene, del giusto, del

sculture di queste dimensioni» spiega

dell’Italia a Expo 2020 Dubai, il cui avvio è

vero contro il male». Per realizzare la copia

la prof. Tucci, «con le tecniche additive

stato posticipato di un anno all’ottobre del

del David saranno utilizzati tecnologie

bisognerà frammentarla in diversi pezzi».

2021 a causa della pandemia. «È il nostro

e strumenti avanzatissimi dell’industria

La Tucci ha dato a Economy qualche

flagship project, il progetto più importante»

aeronautica. «Industria 4.0 ha tra le sue

elemento in più: «Per fare il gemello digitale

dice il commissario generale di sezione per

parole chiave “gemello digitale”» spiega la

useremo laser-scanner e fotogrammetria»

l’Italia a Expo Dubai, Paolo Glisenti, «perché

professoressa Grazia Tucci dell’università

ci ha specificato, «una stampante 3D molto

rappresenta la connessione tra memoria e

di Firenze, «il primo passo sarà creare una

grande ci permetterà di dividere la scultura

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di Giuseppe Corsentino

Prada ha venduto qui il 60% in più rispetto al 2019 e Louis Vuitton e Dior hanno letteralmente raddoppiato i fatturati. La crescita del lusso è “fascinante” ha dichiarato al giornale francese il responsabile di Boston Consulting China che intravede un balzo del 30% del settore già quest’anno. Mentre il concessionario Bmw di Shangai, il molto rispettabile signor Liu Yufei, conta gli incassi di questi otto giorni di ottobre che gli hanno regalato il doppio delle vendute rispetto al 2019. Alta moda, lusso, auto di grossa cilindrata: è la Cina “comunista” a darci quasi fisicamente la misura di quella “ineguaglianza” che il Covid 19 ha impresso drammatica-

mente nell’economia globale come si può vedere ritornando in Francia.

...e in Francia risparmiano Qui, se il “confinement” ha generato 50 miliardi di risparmio aggiuntivo (con inevitabile congelamento dei consumi al punto da spingere quest’estate Bercy, il ministero dell’economia, a sollecitare i francesi a “sortir et dépenser”, uscire e spendere), due terzi di questa “bas de laine” - noi diremmo: fieno in cascina – cioè di queste risorse – una trentina di miliardi – sono state accumulate dalle famiglie più ricche, come si può leggere in un paper del Conseil d’analyse économique, una sorta di ufficio studi che dipende direttamente da Matignon, dal governo. Ebbene, secondo l’autrice dello studio, Camille Landais, che insegna alla London School of Economics, proprio questo “eccesso di risparmio” delle famiglie “les plus aisées”, quelle che rappresentano il nono e il decimo decile del campione statistico con i redditi più alti, è l’indicatore che fa intravvedere il lascito peggiore della pandemia, cioè una recessione che ha aumentato

LA SEDE DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA FRANCESE

esponenzialmente tutte le “inegalitées”. In Francia (e in quasi tutte le economie avanzate) i governi hanno attivato la leva dei sussidi finanziati a debito, cioè a carico delle casse pubbliche. Ma questo, ha fatto sapere l’economista di sinistra Thomas Piketty, ha generato uno stock di debito che ormai rappresenta il 1000% (mille!) del Pil mondiale. Debito che non potrà mai essere rimborsato se i governi non si decideranno a tassare i ricchi. I quali hanno “bas de lain” sufficiente a evitare la recessione più dura e più difficile del secolo. Che l’Italia prova a schivare guardando a Bruxelles.

di Riccardo Venturi in 3-4 pezzi al massimo. Utilizzeremo

«siamo felici di partecipare, sotto l’egida

materiali plastici, in particolare stiamo

del Commissariato Italiano per Expo 2020

facendo dei test con plastica riciclata.

Dubai, a questo progetto così innovativo,

Per quanto riguarda i tempi, mentre per

il primo di riproduzione ad altissima

fare il modello digitale basteranno un

tecnologia del David di Michelangelo. Il

paio di mesi, per la riproduzione ci vorrà

David sarà il protagonista del Padiglione

più tempo, anche perché le macchine che

Italia

utilizzeremo hanno un carico di lavoro,

Universale, icona di bellezza e perfezione

dovremo bloccare un flusso produttivo».

rappresenterà non solo l’arte italiana, la

della

prossima

Esposizione

sua figura sarà soprattutto portatrice di un

Nel progetto del David a Expo 2020 Dubai, insomma, storia dell’arte e impresa italiane

della

alla

importante messaggio positivo di rinascita,

si incontrano. «Il significato di questa

digitalizzazione e all’intelligenza collettiva

di speranza e di coraggio: al centro del

operazione» insiste il commissario Glisenti,

resa possibile dal riuso dell’informazione.

padiglione ci poteva stare solo lui e nessun

«destinata a portare nel mondo l’anima

Un

multidisciplinare,

altro». A guardarlo ora, il messaggio senza

dell’Italia, di Firenze e delle nostre città

inclusivo». «Come Galleria dell’Accademia

tempo del David con la fionda in mano

d’arte, è quello di presentare ai visitatori di

di Firenze» gli fa eco il direttore della

sembra chiaro: il Golia Coronavirus è una

Expo Dubai le competenze multidisciplinari

Galleria dell’Accademia Cecilie Hollberg,

brutta bestia, ma non avrà scampo.

cultura

processo

digitale,

corale,

legata

99


TALENT SHOW

I

CI PIACE AUTOSTRADE NON TUTTO IL PRIVATO VIEN PER NUOCERE All’approccio finanziario dei Benetton si contrappone quello industriale di Gavio, che sta vincendo numerose gare

C’

è un approccio finanziario e, diciamolo, predatorio alle concessioni pubbliche. Stabilirà la magistratura – sia pure, more solito, tra qualche era geologica – se quest’approccio abbia spinto la proprietà di Autostrade per l’Italia, concentratasi nel ruolo guida del socio Benetton, a comportamenti francamente lesivi del pubblico interesse. Ma l’approccio, l’atteggiamento – che risalta peraltro dai profumatissimi risultati finanziari dell’azienda - è stato chiaro da subito, dalle modalità stesse di un’acquisizione a leva che ha portato al gruppo di Treviso un vantaggio economico impressionante rispetto a un impegno di capitale veramente irrisorio. Ma c’è chi pur guadagandoci gestisce le concessioni autostradali con un approccio diverso: industriale. È il caso del Gruppo Gavio (nella foto, il presidente e maggior azionista Beniamino), che non fortuitamente si è appena classificato primo nella gara per l’aggiudicazione delle concessioni per i prossimi 12 anni del sistema tangenziale di Torino e delle autostrade che dal capoluogo piemontese portano a a Piacenza e a Quincinetto verso la Val d’Aosta. Inoltre Astm, la sua società autostradale, è in pole position anche nell’altra gara del quadrante nord-ovest, quella per la Sestri Levante-Livorno, Viareggio Lucca e Savona Ventimiglia. Astm è diventato anche socio di maggioranza della società Sitaf che gestisce sia il tunnel del Frejus che la Torino-Bardonecchia battendo l’Anas (!) nella gara per l’acquisto delle quote del Comune e della città metropolitana di Torino. Nessun ingrediente segreto: solo buona gestione per fare buone offerte. Apprezzate anche all’estero, dove pure Gavio opera.

100

+ Buona gestione + Offerte congrue + Manutenzione + Globalizzazione

- Confusionarietà - Velleitarismo - Debolezza istituzionale

l caso Whirlpool, puntualmente riesploso nel mese di ottobre nonostante la asserita e apparente mobilitazione istituzionale, si accoda al caso Ilva irrisolto ed a tutte le altre crisi aziendali rispetto alle quali purtroppo la capacità risolutiva del ministero dello Sviluppo Economico – e in generale delle istituzionoi, nel trovare investitori industriali - si sta rivelando debolissima. Fa specie cercare su Google le “occurrencies” con questi marchi perché si constata come a distanza di mesi i titoli delle news, e dunque la sostanza dei problemi, non cambino mai. Ma cosa capita, al Mise? Perché i tavoli di gestione delle crisi aziendali sembrano segnare il passo e non approdare mai a soluzioni? Sarà colpa del ministro Patuanelli (nella foto)? Improbabile, e comunque non è certo peggiore – sarebbe impossibile – del suo predecessore Di Maio, passato a far danni anche maggiori agli Esteri. E allora? Allora, forse, il dramma è il crollo della credibilità dell’iniziativa pubblica italiana, attiva e ricca (speriamo a fin di bene) quando si tratta di metter mano alla tasca e finanziare passaggi di proprietà attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, ma torpida e impotente se bisogna costringere investitori fuggiaschi a mantenere gli impegni. Non siamo la Francia, i governi italiani la faccia feroce non sanno farla, e se ci provano fanno ridere. Dunque hanno ragione i metalmeccanici quando contestano ai vertici di Whirlpool la decisione “di violare gli accordi sottoscritti nel 2018”. Peccato che alla loro protesta non segua nessuna sanzioni pubblica contro gli spergiuri.

NON CI PIACE WHIRLPOOL ILVA E LE ALTRE L’IMPASSE INSUPERABILE Di semestre in semestre le aziende in stato di crisi vi si avvitano sempre di più senza mai uscirne. Segno dell’impotenza istituzionale


Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda

Molti imprenditori stanno ripensando strategicamente all’organizzazione ed al modello di business della propria azienda per affrontare con fiducia il futuro e chiedono competenza e tempestività. I team multidisciplinari RSM offrono un approccio integrato per definire soluzioni mirate alle esigenze di ogni azienda che voglia crescere su solide basi.

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RSM Società di Revisione e Organizzazione Contabile S.p.A and RSM Italy Corporate Finance S.r.l. are members of the RSM network and trade as RSM. RSM is the trading name used by the members of the RSM network. Each member of the RSM network is an independent accounting and consulting firm each of which practices in its own right. The RSM network is not itself a separate legal entity of any description in any jurisdiction. The RSM network is administered by RSM International Limited, a company registered in England and Wales (company number 4040598) whose registered office is at 11 Old Jewry, London EC2R 8DU. The brand and trademark RSM and other intellectual property rights used by members of the network are owned by RSM International Association, an association governed by article 60 et seq of the Civil Code of Switzerland whose seat is in Zug. © RSM International Limited, 2020



COMUNICARE L’IMPRESA Sette motivi per i quali la Generazione Z non crede nell’industria tecnologica Abuso dei dati personali Automazione senza creazione di nuovi posti di lavoro

65% 11% 11% 64% 32% 11% 26% 11%

Perseguimento dell’innovazione solo per i propri interessi

22% 11%

Creazione di una ricchezza eccessiva

20% 11%

Mancanza di diversità nella forza lavoro

15% 11%

Non pagano abbastanza tasse

15% 11%

Condizioni di lavoro non adeguate

14% 11%

26% 11% 20% 11% 16% 11% 16% 11% 17% 11%

2020

2019

SOURCE: DENTSU AEGIS NETWORK DIGITAL SOCIETY INDEX SURVEY 2020

Poca spesa, molta resa. È l’illusione dei feticisti del web, che si illudono di raggiungere un pubblico vastissimo puntando su programmatic e social. Che però, dati alla mano, non mantengono quel che promettono. Anzi, possono essere persino controproducenti: il pubblico si sta stancando e la Generazione Z sta già mettendo in atto la controffensiva...

108 TWITTER UN CINGUETTIO PER COLPIRE NEL SEGNO... DEL BRAND

110 PILLOLE DI OTTIMISMO CONTRO IL COVID LA CURA È IL RAZIOCINIO

111 LIUC QUEI VECCHI FILM SULLE NOSTRE IMPRESE

MOLTO RUMORE DI FONDO... PER NULLA L’ILLUSIONISMO DEL WEB MARKETING Online siamo vittime di un incessante bombardamento pubblicitario sulla base di profilazioni inefficaci: infatti la propensione al consumo, dopo l’avvento del web 3.0, non è cambiata di una virgola di Riccardo Venturi

C

ompri una lavatrice online, e per mesi cente, pensiamo che questo ti possa interessati compaiono sul pc e sullo smartphore”: peccato che invece non ti interessi affatto! ne pubblicità di lavatrici: ma l’hai già Sono solo alcuni esempi del crescente bomacquistata, e non essendo titolare di una lavanbardamento di messaggi promozionali sul web deria te ne basta una! Vai a fare un weekend poco precisi, per non dire inutili e sbagliati, che a Roma e cerchi una camera d’albergo online, sta provocando una reazione avversa specie tra e per settimane ti arrivano pubblicità di hotel i ragazzi nati dopo la metà degli anni Novanta, nell’Urbe: ma ci sei già stato e chissà quando la cosiddetta Generazione Z. Secondo il report ci tornerai! Fai una ricerca su un farmaco, inDigital society index dell’agenzia giapponese curiosito da una notiDentsu aegis network, SU 9 MILIARDI DI EURO INVESTITI zia letta sul giornale svolto a livello globaLO SCORSO ANNO IN ITALIA o sentita alla radio, e le su un campione di IN ADVERTISING ti compaiono articoli 5mila 18 - 24enni, i PIÙ DEL 35% È FINITO SUL DIGITALE sulla malattia curata genzie sono preoccuda quel farmaco e pubblicità di cliniche privapati per l’utilizzo dei propri dati, e si stanno te specializzate nel suo trattamento: ma quella quindi muovendo per ridurre i propri profili malattia non ce l’hai tu e nemmeno i tuoi paonline. In particolare, il 43% (in Italia il 44%) renti! Ti arriva un messaggio da un grande sito ha adottato misure per ridurre la quantità di di e-commerce: “sulla base della tua attività redati condivisi, come cancellare la cronologia

103


COMUNICARE L’IMPRESA WEB MARKETING

Da sinistra: Vittorio Meloni (Upa), Lorenzo Marini (Lorenzo Marini Group) e Alessandro Mininno (Gummy Industries)

delle ricerche o rinunciare ai servizi di geolocalizzazione; e il 58% non si fida delle aziende tecnologiche proprio a causa delle preoccupazioni sull’utilizzo dei propri dati. Il gran numero di messaggi pubblicitari che ci scorrono davanti agli occhi, che viene calcolato a seconda delle fonti nell’ordine dei 3mila-5mila al giorno, non sembra peraltro aver sortito grandi effetti macroeconomici, se è vero che la propensione ai consumi negli ultimi 20 anni è rimasta sostanzialmente immutata. Il che fa sorgere più di un dubbio sull’efficacia di una simile dieta mediatica degna del gavage, l’ingrasso forzato delle oche da foie gras. «L’efficacia dei messaggi di marketing sul web è stata sopravvalutata» dice Lorenzo Marini, fondatore dell’omonimo network internazionale di oltre 120 agenzie pubblicitarie, «come sempre accade quando arriva qualcosa di nuovo: tutti a pensare che un po’ di social network ti cambiano la vita, ma stiamo vedendo che non è così facile». I problemi sono diversi. «Ho molti dubbi sulla promessa affinità tra il messaggio e chi lo riceve» spiega Marini, «sul web si dovrebbe passare da una cultura generalista a una specialista, ma i mezzi non sono così affinati e neanche i messaggi, che dovrebbero essere adattati al mezzo e spesso non lo sono». Inoltre c’è un limite congenito nel messaggio via web. «Perché Apple non fa solo digital? Perché continua a utilizzare i manifesti, cioè il mezzo pubblicitario più antico del mondo? - riflette il fondatore di Lorenzo Marini Group - Perché sa che la personalità di un brand si crea con i media tradizionali». Eppure su 9 miliardi di euro investiti in Italia in

104

adv nel 2019, oltre il 35% è andato sul digitale: 3 miliardi e rotti, di cui il 70% a Google e Facebook. «L’attenzione delle persone è il nuovo bene scarso» dice Roberto Ravazzoni, professore ordinario di Marketing distributivo presso l’Unimore, «il consumatore contemporaneo è raggiunto da molteplici media e messaggi, e questo eccesso di offerta di comunicazione tende a renderlo incerto e meno attento, gli crea disagio e lo confonde». Se poi questa dieta ipercalorica è fatta anche di messaggi personalizzati ma sbagliati, la frittata è fatta. «Il marketing nell’economia digitale non deve essere intrusivo» osserva Ravazzoni, «bensì ricercare una relazione basata sul consenso da parte di chi riceve e su uno scambio di valori: tempo in SI CALCOLA CHE OGNI GIORNO CI SCORRANO DAVANTI AGLI OCCHI DAI 3 AI 5MILA MESSAGGI PUBBLICITARI SU PC, TABLET E SMARTPHONE

cambio di informazioni rilevanti. La ribellione dei giovani della Generazione Z ricorda il plateale taglio delle carte fedeltà di tanti anni fa da parte dei consumatori americani, indignati per essere stati contattati telefonicamente e quindi per l’invasione della loro privacy». Come hanno capito molti ventenni, siamo noi a dare inconsapevolmente il permesso di essere tracciati e quindi bombardati di messaggi basati sulle nostre navigazioni online. Già 7 anni fa il film documentario “Terms and permissions may apply” ci metteva in guardia: quando sul web clicchiamo per dare il nostro consenso, in realtà non sappiamo esattamente che permessi stiamo dando, perché nessuno si

prende la briga di leggere le lunghe condizioni scritte in piccolo. «Ogni volta che clicchi sul pulsante colorato per accettare i cookie stai barattando il tracciamento delle tue abitudini con il più o meno incredibile vantaggio di usare quelle piattaforme» dice Alessandro Mininno, a. d. di Gummy Industries, «quando sei su un sito di e-commerce e cerchi una lavatrice, al momento di dare il consenso ti si deposita nel computer un codice, il cookie appunto, che viene riconosciuto da tutti i siti del mondo che fanno parte di un certo network di advertising: Google per esempio ne ha uno che raccoglie i banner da moltissimi siti. Così quando vai su Facebook, Amazon, eBay, i siti riconoscono il cookie e ti propongono altre lavatrici». Il problema interviene dopo che l’hai comprata. «Nessuno è in grado di cancellare il cookie su mio computer, che di solito dura 28 giorni» spiega Mininno, «quindi se ho acquistato la lavatrice dopo 5 giorni dalla prima ricerca, per altri 23 giorni vedrò inutilmente pubblicità di lavatrici». Il motivo è da ricercare in logiche di marketing volte a massimizzare le vendite più che a rispettare il consumatore: «Le statistiche dicono che se ti faccio rivedere quell’articolo per 28 giorni, è 12 volte più probabile che tu lo compri» aggiunge Mininno. A prendere consapevolezza delle possibili conseguenze della cessione dei propri dati sulla Rete non sono soltanto i ragazzi della Z-generation, ma anche e in misura crescente i grandi brand. «Se fino a pochi anni fa il tema non era sentito» dice Lucio Chiappa, socio fondatore di Ecomunicare, «ora sta emergendo una maggiore attenzione a mantenere una


Da sinistra: Lucio Chiappa (Ecomunicare), Andrea Boaretto (Personalive) e Roberto Ravazzoni (Unimore)

brand reputation alta, anche a costo di perdere qualcosa in termini di visibilità». Lo dimostra la campagna “Stop hate for profit”, con la quale 160 aziende americane tra cui colossi come Coca-Cola, Unilever e Hp hanno ritirato la pubblicità su Facebook per tutto lo scorso mese di luglio, accusando il social network di non fare abbastanza per bloccare i messaggi d’odio, e in particolare quelli razzisti. Un segnale forte, che ha fatto perdere a mr. Zuckerberg 7 miliardi di dollari e spicci a causa del calo delle azioni Facebook di oltre l’8% - anche se già da agosto tutto pare essere tornato come prima. Un precedente è quello di Disney, che nel 2017 ha bloccato i suoi ingenti investimenti pubblicitari su Youtube per un mese in segno di protesta per la pubblicazione sul canale del più seguito youtuber al mondo, lo svedese Felix Kjellberg alias PewDiePie (oltre cento milioni di iscritti!), di un video da lui pagato via web con due indiani che danzano mostrando un cartello con la scritta «morte a tutti gli ebrei»: prima di essere rimosso, è stato visto 10 milioni di volte. Qualcosa negli ultimi mesi si è mosso anche in Italia. «Alcuni grandi brand si sono posti il problema di riappropriarsi dei dati ceduti ai giganti del web» spiega Chiappa, «con l’obiettivo di profilare il consumatore senza disturbarlo, tutelando meglio la brand reputation». È il progetto Nessie (Next generation system for strategic insights exploitation) lanciato da Upa, l’associazione che riunisce i più importanti investitori italiani in pubblicità e comunicazione, sviluppato in partnership con Neodata Group, società specializzata in digital innovation e big data, cui hanno aderito Bolton, Henkel, Nestlé,

Perfetti, Piaggio, SixthContinent, Valsoia. Un progetto che dichiara apertamente «la volontà dei brand di riprendere la leadership dello sviluppo del business basato sui dati e di investire, in modo significativo, risorse economiche destinate ai nuovi modelli di marketing e di advertising digitale». Un altro progetto di Upa ha l’obiettivo di limitare le inefficienze della cosiddetta programmatic adv attraverso l’uso della blockchain. «La programmatic prevede un sistema d’asta con il quale si acquistano in modo automatico slot digitali» dice Vittorio Meloni, direttore generale di Upa, «ma il meccanismo ha un alto grado di opacità e una notevole inefficienza: al publisher arriva solo il 35% del valore dell’investimento pubblicitario, il resto è distribuito tra numerosi soggetti della filiera; e il 15% non si sa nemmeno dove vada a finire, il che può comportare problemi di reputation. Per questo abbiamo progettato una piattaforma blockchain in grado di certificare tutti i passaggi degli investimenti, e vigilare sulla qualità dei destinatari». Spinto dalla richiesta delle aziende di proteggere il loro bene più prezioso, la brand reputation, il web marketing sta insomma facendo qualche primo passo verso strategie caratterizzate da minore intrusività, e quindi maggiore rispetto del consumatore. «È finita l’epoca della richiesta estrema di portare risultati con strumenti digitali», dice Andrea Boaretto, Founder e Ceo di Personalive, startup incubata al Polihub, «le imprese hanno capito che è necessario fare un lavoro sul brand, ma non per forza alla tv o alla radio: si possono utilizzare intelligentemente anche gli strumenti digitali».

NESSUN EFFETTO SUI CONSUMI I numeri non mentono: secondo l’Istat da quando è arrivato Internet la propensione al consumo degli italiani non è affatto aumentata in modo significativo SPESA PER CONSUMI FINALI NAZIONALI ANNO

MILIONI DI EURO

2000

1.304.156,1

2001

1.326.915,3

2002

1.330.695,4

2003

1.341.982,6

2004

1.353.931,1

2005

1.369.976,4

2006

1.382.201,0

2007

1.396.292,2

2008

1.388.841,3

2009

1.372.855,2

2010

1.386.001,9

2011

1.379.535,6

2012

1.334.624,8

2013

1.306.241,0

2014

1.305.950,9

2015

1.322.280,2

2016

1.336.929,9

2017

1.352.387,9

2018

1.362.673,9

2019

1.366.766,9

105


COMUNICARE L’IMPRESA WEB MARKETING

Artificiale di sicuro ma intelligente è da vedere Da “L’origine del mondo” di Courbet censurata da Facebook ai consigli per gli acquisti reiterati anche dopo averli effettuati: gli algoritmi che dominano il web, più che mirati, sembrano sparare nel mucchio di Marco Scotti

P

uò sembrare una discussione sul sesso degli angeli ma in realtà si tratta di un tema in cui filosofia, giurisprudenza e tecnologia si fondono dando vita a uno dei dibattiti più interessanti – e meno risolvibili – degli ultimi secoli. E dunque: l’intelligenza artificiale è davvero intelligente? Mentre ci si almanacca sulla sostituzione dell’umano da parte dei robot bisogna iniziare a chiarire quanto effettivamente gli algoritmi che ci circondano in ogni modo siano giunti a un livello predittivo interessante, se siano davvero capaci di capirci e se, dunque, possa-

no essere un “partner” per l’uomo. Intanto: il termine algoritmo non è un’invenzione dei nostri giorni, ma è un lemma medievale. Come si legge sulla Treccani, deve la sua origine al matematico arabo Muḥammad ibn Mūsa del 9° sec., chiamato al-Khuwārizmī perché originario di una regione dell’Asia centrale, appunto il Khwarzim. La definizione contemporanea in informatica viene data dall’Enciclopedia che fu guidata anche dal nostro Franco Tatò come «l’insieme di istruzioni che deve essere applicato per eseguire un’elaborazione o risolvere un problema». E qui c’è la prima chia-

L’AI come la carbonara: la ricetta è semplice, ma ci vuole uno chef

ve di volta: la riduzione della complessità, la semplificazione della vita dell’essere umano. Potrebbe risiedere qui l’utilità dell’intelligenza artificiale? O è forse proprio questo punto a far diventare questa tecnologia nient’altro che una commodity, come potrebbe essere un’automobile o uno spazzolino elettrico. Ai quali chiediamo delle prestazioni precise, ma da cui non pretendiamo che si inseriscano nelle nostre vite facendoci cambiare il modo di prendere decisioni. Le pubblicità profilate sono solo un esempio: chi scrive ha recentemente acquistato un’aspicosì perfetti. Si tratta di sistemi molto avanzati dal punto di vista tecnologico, ma anche molto lineari. E se ci spostiamo nel mondo consumer? Lì ci approcciamo al problema del millennio,

«H

a presente la carbonara? Ecco,

ma per arrivare all’output desiderato serve

che possiamo postulare così: se si hanno

l’informatica tradizionale è la

la competenza dello chef. E questo succede

un milione di clienti potenziali, come si fa a

stessa cosa: ho gli ingredienti e

nell’informatica tradizionale. Diverso è il

sapere che cosa comprerà uno o l’altro vista

ho un output, cioè la pasta che mi accingo

discorso se si prende in considerazione il

la mole di possibili variabili? L’intelligenza

a mangiare. Ma una ricetta presuppone

machine learning, in cui si arriva al prodotto

artificiale riesce a farlo con la tecnica del

che ci sia uno chef che la conosca». Michele

finale perfetto insegnando alla macchina-

clustering, ovvero facendo accorpamenti che

Grazioli ha la semplicità dei suoi 25 anni

chef i passaggi corretti.

permettono di “tipizzare” le folle.

quando discetta di intelligenza artificiale

Usciamo di metafora: le

Lo scopo dell’AI, a differenza

e machine learning. Lui, che a 13 anni

macchine sono intelligenti?

dell’informatica tradizionale,

realizzava algoritmi e che ora è ceo di

Dipende. In ambito b2b si parla

non è essere accurata al

Vedrai Spa, rende chiaro come la “ricetta”

di automazione, le attività

100%, ma minimizzare il costo

per macchine più intelligenti sia ancora

sono ad alta intensità e ad

dell’errore. Dunque, se invio 50

lontana dall’arrivare.

alta frequenza, ma a bassa

mail alla settimana e ottengo

Scusi, ma che c’entra la carbonara?

varianza. Per questo ci sembra

dieci disiscritti, ma due vendite,

Nel senso che dati gli ingredienti arcinoti,

che i processi industriali siano

il costo degli abbandoni è

106


rapolvere presso il negozio online di una grande catena dell’elettronica. Trattandosi di un prodotto robusto, l’auspicio è che almeno per il prossimo lustro – non vivendo tra le dune del Sahara – non ci sarà più la necessità di comprarne uno nuovo. Eppure, dal momento in cui si è completata la transazione, gli annunci di quella medesima catena dell’elettronica che invita a comprare aspirapolveri (ivi incluso quello già in possesso) si sono moltiplicati. Significa, in buona sostanza, che gli algoritmi che dovrebbero prevedere le nostre intenzioni d’acquisto sono talmente poco intelligenti che

non capiscono che un’aspirapolvere non è una sembra più che altro un modo per “sparare nel scatoletta di tonno che può essere comprata mucchio”, alla cieca. con frequenza settimanale. Altro che risolveE sempre gli algoritmi hanno mostrato tutta re problemi, non fanno altro che aumentare la loro fallacia su Facebook e Instagram, assoil nervoso. Anche perché nel caso specifico, il ciandosi alla parola censura in modo opposto prezzo del piccolo elettrodomestico era pure e contrario. Il quadro “L’origine del mondo” sceso di 10 euro! di Gustave Courbet è un dipinto che mostra, Altro esempio, di segno opposto, è rappresenin primo piano, una vulva. Ebbene: giudicatotato da Amazon e i famosi suggerimenti d’aclo sconveniente, il social network fondato da quisto. Teoricamente, dovrebbe trattarsi di Zuckerberg si è affrettato a oscurare la fotograun modo per invogliare qualcuno a comprare fia tutte le volte in cui è stata riprodotta. Ma, si qualcosa in più, a ren- BISOGNA INIZIARE A CHIARIRE QUANTO dirà, quell’immagine è dere l’uomo più ricco particolarmente espliEFFETTIVAMENTE GLI ALGORITMI del mondo ancora più SIANO GIUNTI A UN LIVELLO PREDITTIVO cita, e potrebbe turbaATTENDIBILE ED EFFICACE vicino a Creso. O no? re i bambini (che pure Tra i libri consigliati a chi scrive, nella stessa sui social non dovrebbero esserci). Però come pagina, compaiono: Scurati e il suo secondo si può commentare l’oscurantismo mostrato capitolo della saga su Mussolini; la nuova stoverso i dipinti di Pompei o “L’angelo incarnato” ria a fumetti di Zerocalcare; l’ultimo romanzo di Leonardo? E Rubens? E Modigliani? Peccadi Ken Follet; il volume del ceo di Snam Marco to che analoga severità non sia stata utilizzaAlverà sulla rivoluzione della propulsione a ta per fermare il proliferare di fake news che, idrogeno; un libro su storie di sport. Per cariquelle sì, si sarebbero dovute arginare. D’altà, la curiosità rimane una virtù fantastica. Ma tronde – e per certi versi per fortuna – il lavoro qui si flirta con il disturbo dissociativo, più che di “debunking” che gli umani quando vogliono con un sano interesse per il mondo librario. riescono a fare egregiamente, quello no, non è La strategia dell’intelligenza artificiale, qui, cosa per intelligenze artificiali.

ampiamente compensato dal fatturato e

un login si poteva sapere tutto del suo

fake news?

dunque mi conviene continuare a “sparare

profilo e dei suoi comportamenti. Con il

Perché dal punto di vista matematico le

nel mucchio”.

Gdpr questo è stato impedito: si può avere

notizie tendenziose sono un enorme punto di

Dunque l’intelligenza artificiale non è

accesso solo ai dati su cui l’utente ha dato

domanda, dal momento che non esiste una

stupida?

esplicito consenso. Ma c’è uno stratagemma:

definizione univoca di che cosa sia vero e che

No, anche se adotta comportamenti che

durante la navigazione, ci sono dei cookie

cosa è falso. E poi esistono le opinioni, tutelate

possono sembrarlo. Ma se si continua

che permettono di “fotografare” che cosa fa

dalla legge tanto quanto la libertà di stampa

a mandare la pubblicità di un bene già

l’utente.

o di parola.

acquistato alla stessa persona, magari si può

Ma è vero che le macchine ci spiano?

Perché però sono così pervasive?

sperare che tra tanti che si spazientiscono

Neanche per idea, solo che siamo meno

Siamo comunque animali e la parte

ce ne sia uno che decide di consigliare quel

imprevedibili di quanto ci piace credere.

irrazionale è quella che porta alla maggiore

prodotto a un amico.

Se parliamo al telefono con nostra moglie

produzione di ormoni. Qui entrano in gioco

A che punto siamo nel processo di sviluppo

dicendo che ci piacerebbe mangiare una

tecniche di neuromarketing che lavorano

dell’AI consumer?

zuppa per cena e quando chiudiamo la

sulle paure o sul fatto che la gente si crede

Eravamo in un momento di crescita

conversazione ci compare l’adv proprio

più astuta di quello che è.

esponenziale. Poi Cambridge Analytica e

di quel primo piatto non è perché c’è una

C’è modo di uscirne?

il Gdpr hanno abbattuto la curva, che ora

rete che ci ascolta, ma perché dato il

No, perché internet è nato come organismo

sta risalendo. Fino al 2015-2016 si aveva

clima, l’orario, l’umore, è abbastanza facile

decentralizzato. O si crea un organo preposto

accesso a un’enorme quantità di dati. Se

prevedere di che cosa avremo voglia.

a definire che cosa è vero e che cosa non lo è,

qualcuno utilizzava Facebook per fare

E allora perché non mettere un freno alle

oppure non si può fare nulla.

107


COMUNICARE L’IMPRESA SOCIAL MARKETING

MA UN CINGUETTIO PER COLPIRE NEL SEGNO... DEL BRAND Dopo Facebook e LinkedIn, ora è Twitter a conquistare la strategia di comunicazione delle imprese. Un social diretto e targettizzato, come ci spiega Barry Collins, Head of Global Reseller della piattaforma di Marina Marinetti IN PRINCIPIO ERA LINKEDIN, FONDATO NEL 2002 COME “MARKETPLACE” PER SVILUPPARE CONTATTI PROFESSIONALI E PRESTO COLONIZZATA ANCHE DA AZIENDE E BRAND IN CERCA DI VISIBILITÀ. Poi venne Face-

book, nel 2004, nato come social network e ormai vetrina anche per imprese di ogni dimensione. Ora è Twitter, lo speaker’s corner creato nel 2006, a essere preso d’assalto dal segmento corporate. Lo fanno i big come Tim, che proprio su Twitter ha avviato il suo sistema di assistenza clienti rapida, o come Samsung Italia, che ha sponsorizzato i contenuti video di Sky Sport sulla Champions League con video adv pre-roll dedicato al BARRY COLLINS nuovo smartphone SamsungS20. Lo fanno anche piccole realtà, come la varesina Agricola, che grazie alla presenza - a pagamento, usando per misurare la propria campagna s’intende - su Twitter ha incrementato di 210 (costo per click, costo per installazione delvolte gli accessi al proprio sito web. Tra i due la app, etc). L’ultimo earning, quello del seestremi, ci sta un po’ di tutto: la Nutella e la condo trimestre 2020, parla di ricavi dovuti Juventus, Atac e Groupon, PosteMobile ed Eiall’advertising per 562 milioni di euro, in calo naudi. Tutti con il loro account, pronti a farsi - un po’ per il sistema di bidding, ma anche la notare da un pubblico che non vede l’ora di pandemia pare ci abbia messo lo zampino dire la sua in 280 caratteri, spazi compresi. del 23%, a fronte di una platea che continua Anche perché, diamocelo, costa molto, molad aumentare, ormai a quota 145 milioni di to poco: non c’è un costo minimo o fisso per utenti attivi al giorno. In Italia, dove Twitter, pianificare attività secondo l’OsservatoSECONDO L’OSSERVATORIO AGCOM pubblicitarie su Twitrio Agcom, è stata la TWITTER È LA SECONDA PIATTAFORMA ter in quanto tutto si seconda piattaforma (DOPO TIKTOK) A CRESCERE DI PIÙ basa su un sistema di di social networking a CON 12,8 MILIONI DI UTENTI ATTIVI offerte e per molti dei crescere di più (dopo prodotti il costo è legato alle voci fatturabili TikTok), si tratta di 12,8 milioni di persone, (costo per click, costo per installazione delun +25,2% rispetto al dato rilevato a dila app, etc). Il sistema è quello del “bidding”: cembre 2019 e un +24,2% rispetto a marzo una sorta di asta in cui si imposta il proprio dell’anno scorso, quando Twitter totalizzava prezzo massimo - in pratica quanto si può ar10,3 milioni di audience per utenti unici in rivare a spendere - e la piattaforma compara Italia. E allora, se raggiunge una platea tanto le offerte selezionando il prezzo più basso vasta costa poco così - una campagna si può disponibile in quel momento. E anche la fatpianificare anche con poche centinaia di euro turazione dipende dalla modalità che si sta - perché non provarci? «Ci sono numerose

108

SU TWITTER C’È UN GRANDE POTENZIALE PER STORYTELLING CREATIVI app e piattaforme che hanno un approccio “Guardami”, mentre Twitter è di tipo ‘Guarda questo», spiega a Economy Barry Collins, Head of Global Reseller di Twitter: «è questo che rende Twitter un social unico. Le persone su Twitter sono aperte alle novità e curiose, vogliono scoprire cose nuove, condividendo e discutendone con la community. Ed è proprio questo che li rende un target prezioso per gli inserzionisti». Come distinguersi, con solo 280 caratteri a disposizione? Su Twitter c’è veramente un grande potenziale per storytelling creativi, nonostante il limite di caratteri. Anzi, questa forma più breve aiuta ad essere chiari, concisi e ai tweet si possono sempre aggiungere foto, GIF e video. Le catene (i thread, ossia una serie di tweet di una sola persona connessi tra loro) consentono alle persone di condividere messaggi più lunghi e storie con più contenuto che si possono aggiornare nel tempo e condividere sulla piattaforma.


Ecco svelato l’arcano.. Non solo: per gli esperti di marketing, abbiamo qualche suggerimento per far emergere i tweet dei brand e catturare l’attenzione: fare copy corti, mantenere un tono informale, coinvolgere il proprio pubblico con domande e far call-to-action chiare. È anche molto importante monitorare i trend delle conversazioni e inserire al momento giusto gli hashtag più significativi. Ogni tipo di brand e azienda al mondo usa Twitter, sia in modo organico che con adv, per interagire con il suo pubblico più influente. Ogni settore ha il suo contenuto specifico, ma il nostro consiglio per i brand è quello di usare Twitter in due casi principali.

Ovvero, quali? Il primo è quando si lancia qualcosa di nuovo, come un prodotto, una nuova funzione o una campagna, mentre il secondo è quando i brand vogliono connettersi con le notizie del momento, che sia il campionato di calcio o Sanremo. Twitter è ciò che accade e ciò di cui le persone parlano e quindi è anche la piattaforma migliore per gli inserzionisti che vogliono far parte delle conversazioni più attuali ed essere parte della cultura del momento.

Un caso di particolare efficacia? Un esempio recente di una campagna adv significativa è quello di PlayStation. Quest’anno hanno fatto leva sull’incremento globale dell’89% su Twitter delle conversazioni sui videogiochi per creare interesse e far conoscere la console PlayStation 5. La campagna – con una branded emoji e con i nostri prodotti adv “takeover” che danno la proprietà esclusiva di slot adv premium – a giugno ha posizionato PlayStation come primo trend globale con oltre 1 milione di mention in soli due giorni e con un tasso di engagement 4 volte più alto rispetto al settore di riferimento.

E in Italia? ne insieme ai contenuti organici. Ci sono nuIn Italia lavoriamo con aziende molto comerose soluzioni per il tipo di formato, target nosciute in diversi settori, come la moda, e ottimizzazione che rispondono alle diverse l’automotive, le telecomunicazioni e beni di esigenze della campagna e del budget. Ad largo consumo, soprattutto per lanciare una esempio, se un’azienda volesse promuovenovità o perché vogliono entrare più a conre l’installazione di una app, Website e App tatto con ciò che accade nel mondo. All’inizio Cards sono dei formati con contenuti media di quest’anno, Prada ha lanciato su Twitter che indirizzano direttamente le persone al la sua collezione in occasione della Milano sito o alla app da mobile. Oppure, se l’obiettiFashion Week, creando quindi engagement vo è farsi conoscere di più dai fan dello sport, e consapevolezza, prisi può scegliere il noIL MECCANISMO DI ADV SI BASA ma, durante e dopo stro prodotto AmpliSUL “BIDDING”: L’INSERZIONISTA la sfilata. Per prima fy grazie al quale si STABILISCE UN BUDGET MASSIMO cosa, hanno chiesto possono pubblicare E TWITTER COMPARA LE OFFERTE ai follower di mettere video di adv prima Mi Piace al loro tweet per ricevere l’avviso del contenuto premium dei nostri partner, dell’imminente sfilata, poi hanno trasmesso come l’Inter o la Roma. Twitter offre anche l’evento dal loro account (che ha raggiunto prodotti premium di “takeover”, come First oltre 2 milioni di visualizzazioni) e dopo la View (esclusività dello spazio adv in alto per sfilata hanno pubblicato video di adv per in24 ore) e i Promoted Trend (essere tra i primi crementare il traffico sul sito. nell’elenco dei trend su Twitter), che hanno un grande impatto. Lavoriamo sempre con i Qual è il target di riferimento? nostri partner e client per individuare la soSu Twitter c’è veramente ogni tipo di persona luzione più adatta. e formano community appassionate di qualsiasi argomento, dal calcio agli e-sport, dalla Quali consigli possiamo dare a un’azienda politica alla moda. Abbiamo notato però che che decide di utilizzare Twitter come struc’è un elemento in comune tra queste persomento di comunicazione e di marketing? ne: sono curiose e influenti con gli altri. Ad Qualsiasi tipo di azienda, grande o piccola esempio, vanno su Twitter per capire cosa sta che sia, può usare Twitter per contenuti orsuccedendo invece che per condivideganici o sponsorizzati. Twitter è un ottimo re foto di amici e famiglia. E questrumento per Pmi e grandi aziende per insesto vale anche in Italia: l’85% di rirsi nelle conversazioni relative al loro settochi usa Twitter in Italia vuole re, per accrescere la conoscenza del brand e scoprire nuovi contenuti e il per entrare in contatto con potenziali nuovi 74% chiede regolarmente clienti. È molto importante però creare in consiglio agli amici e conomodo regolare contenuti che siano interesscenti per fare un acquisto santi per il pubblico di riferimento e che si(Kantar, 2017). È proprio per ano coerenti con il brand. Non bisogna mai questo tipo di persone che gli indimenticare di ascoltare la propria audience serzionisti su Twitter possono coine adattare di conseguenza i contenuti; quevolgere il loro pubblico di riferimento quando sto aiuterà a trovare nuovi follower e coinè più ricettivo e influente. volgerli in modo continuativo. È l’azienda che sceglie il prodotto adv più adatto con gli Come funzionano le campagne Twitter? obiettivi. Inoltre, suggerisco di non avere un La maggior parte delle campagne adv su approccio “uno per tutti” per i contenuti. Il Twitter è rappresentata da tweet sponsoriznostro ruolo è quello di lavorare con i brand zati che appaiono nelle timeline delle persoper ottimizzare le risorse a disposizione.

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COMUNICARE L’IMPRESA SOCIAL MEDIA

Contro il catastrofismo l’unica cura è il raziocinio La pagina Facebook creata da Paolo Spada, chirurgo dell’Humanitas di Milano, si chiama Pillole di Ottimismo. Ogni giorno fa da contraltare al bollettino delle 18 spiegando i dati e contestualizzandoli di Marco Scotti

S

iamo ufficialmente tornati ai giorni in cui il Coronavirus è tornato prepotentemente a essere il convitato di pietra di qualsiasi discussione, ma la situazione è diversa. Per provare a tenere la barra dritta c’è chi ha cercato di dispensare Ottimismo (con la maiuscola): è la pagina Facebook Pillole di Ottimismo, che ogni sera prova a spiegare in maniera ragionata che cosa sta succedendo e a che punto è la notte, ricordando che le cure esistono e che il vaccino non è più il Graal che sembrava prima. Pillole di Ottimismo è un team di scienziati di diversa estrazione (medici, statistici, biologi) che dopo la pubblicazione del bollettino quotidiano prova a raccontare all’Italia che cosa sta succedendo. «La situazione Coronavirus – ci spiega Paolo Spada, chirurgo vascolare dell’ospedale Humanitas di Milano, uno dei membri più attivi di Pillole di Ottimismo e responsabile dell’aggiornamento serale post-bollettino - è ben diversa da com’era tra febbraio e marzo.

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Non ci sono le condizioni perché si ripeta il collasso del sistema sanitario che ci fu allora». La liturgia laica che accompagna da febbraio gli italiani, in cui la conta dei nuovi contagi e degli ospedalizzati diventa un argomento di discussione più potente del calcio, ha ancora bisogno di essere indirizzata. «Siamo a un livello più avanzato rispetto a qualche mese fa – ci spiega Spada – per cui si iniziano a contestualizzare le informazioni. Il numero di positivi, non ha gran senso se non messo in relazione con i tamponi effettuati. Ora si inizia a farlo, ma si sbaglia quando si confrontano i dati giorno per giorno, servirebbe guardare la curva, come minimo, nei sette giorni per capirne la dinamica ». La pagina Facebook di Pillole di Ottimismo ha saputo ritagliarsi uno spazio perché ha trovato un modo di spiegare non così polarizzato come avvenuto negli ultimi mesi. Che la comunicazione della pandemia sia stata drammaticamente sbagliata da tutti – media compresi – è palese. Le istituzioni hanno prima cercato

di minimizzare, poi hanno scatenato il panico, quindi hanno continuato a prorogare lo stato di emergenza senza dare un orizzonte temporale per un ritorno alla normalità seppur con mascherina e distanziamento, e infine, quando si è ritornati a un passo dal burrone hanno cercato di dare la colpa agli italiani. I medici stessi si sono divisi tra catastrofisti e negazionisti, con gli ultimi che sono diventati preponderanti nel post-lockdown. Sul ruolo degli scienziati, però, Spada è decisamente assolutorio: «Si tende a esasperare posizioni che non sarebbero così estreme anche perché si tende a estrapolare parti di dichiarazioni, calcando su un punto più che su un altro. Noi di Pillole di Ottimismo, invece, cerchiamo di parlare in prima persona e lo facciamo sui social, senza alcun tipo di intermediazione. Questo è un grande vantaggio perché facendolo tutti i giorni possiamo evitare affermazioni lapidarie, ma piuttosto possiamo correggere la rotta gradualmente, come farebbe un navigante, evitando di incagliarsi nel catastrofismo o nell’ottimismo negazionista». Il futuro rimane comunque un’incognita. Quando arriverà il vaccino? In questo caso Spada non può che indossare i panni del pompiere. «È legittimo – conclude – attendersi qualche buona notizia per la primavera 2021, quando dovremo avere una distribuzione corretta del vaccino o dei vaccini, visto che non è detto che sarà la prima generazione quella giusta. Nel frattempo però possiamo contare su tutto il resto. L’immaginario collettivo è ancora sotto shock per quello che si è passato tra febbraio e marzo. Questo non va minimizzato, anzi forse nella narrazione non tutti hanno compreso che catastrofe abbiamo vissuto dal punto di vista sanitario. Ma non dobbiamo nasconderci: oggi la situazione è più sotto controllo e non è in agenda una nuova valanga improvvisa e inaspettata. Il virus è noto e abbiamo farmaci che non avevamo prima, così come percorsi specifici e metodiche sconosciute a marzo».


ARCHIVIO

I VECCHI FILM RACCONTANO LE NOSTRE IMPRESE Duemila cortometraggi realizzati da grandi registi (quando erano alle prime armi) sono raccolti nell’Archivio del cinema industriale e della comunicazione d’impresa della Liuc. Un patrimonio di valore storico e artistico di Riccardo Venturi

L

a storia dell’industria italiana a partire dagli inizi del cinema attraverso oltre duemila filmati, alcuni dei quali realizzati da grandi registi agli esordi quali Michelangelo Antonioni, Ermanno Olmi, Bernardo Bertolucci, Dino Risi, Paolo e Vittorio Taviani. È il doppio valore storico, imprenditoriale e cinematografico, dell’Archivio del cinema industriale e della comunicazione d’impresa della Liuc. A dimostrazione dell’importanza che si dà all’archivio, ne è stato nominato presidente il rettore della Liuc Federico Visconti. «La nomina del rettore a presidente dell’archivio rappresenta un momento significativo per lo sviluppo di questa realtà» dice il presidente della Liuc Riccardo Comerio, «che è un punto di riferimento per la salvaguardia del patrimonio storico delle nostre imprese. Un centro di eccellenza che, a partire dal materiale di valore raccolto negli anni, sviluppa attività di divulgazione e didattica di alto livello. Con questa nomina ritengo potrà essere rinsaldato il legame con l’università, nell’ottica di mettere a disposizione dei nostri studenti e di tutta la comunità Liuc questa immensa ricchezza culturale». Il progetto dell’archivio è nato nel 1998 da una collaborazione tra Confindustria e Liuc, cui si è unito due anni più tardi il Centro per

la documentazione storica ed economica dell’impresa, diretto da Valerio Castronovo che, con la nomina del rettore Visconti alla presidenza, ne è diventato presidente onorario. I filmati sono in gran parte riversamenti digitali del patrimonio cinematografico di Confindustria. È stato anche realizzato un censimento di tutta la produzione cinematografica italiana, anche quella conservata presso altri centri. La parte più affascinante dell’archivio è quella in cui all’interesse per la storia dell’industria si aggiunge quello per il grande cinema. «Erano gli anni del boom economico» racconta il prof. Daniele Pozzi, direttore dell’archivio, «le imprese sentivano il bisogno di comunicare, anche per superare la diffidenza di cui si sentivano circondate. Non c’era la televisione commerciale, i documentari per il cinema venivano girati in 35 millimetri con la strumentazione analogica di quei tempi, con costi e qualità cinematografica». L’esigenza delle imprese degli anni Cinquanta incontra una leva di giovani registi desiderosi di mettersi alla prova. «Tanti di loro si erano formati con associazioni promosse da gruppi universitari fascisti per la cinematografia» spiega Pozzi, «avevano bisogno di trovare occupazione e sostegno economico prima di cimentarsi in

opere costose di fiction». È il caso di Ermanno Olmi, impiegato dell’Edison, che comincia a collaborare con la sezione di produzione cinematografica del gruppo dopolavoro. «All’inizio facevano filmini sulle feste aziendali. Poi hanno cominciato a girare sui cantieri e sul lavoro, e l’azienda si è resa conto che la loro attività poteva essere funzionale alle esigenze di comunicazione. Così Olmi è diventato leader del gruppo Edison cinema». Nasce così, tra gli altri, il film documentario Tre fili fino a Milano, del 1958 per Edison Volta, che racconta la costruzione della linea elettrica ad alta tensione dall’Alto Chiese fino al capoluogo lombardo. «Nel film si vede il lavoro degli operai che costruiscono piloni, tirano fili nei boschi, si arrampicano, fissano cavi sospesi nel vuoto» racconta Pozzi, «c’è già il cinema di Olmi: i dialetti, i volti, le mani, il lavoro della gente di montagna che guarda gli operai che portano la modernità nella loro valle. Un film con poca comunicazione d’impresa e molto cinema di Olmi con la sua poetica; chi l’ha visto la prima volta forse avrà storto il naso… ma è un prodotto artistico molto bello, non un documentario istituzionale». Guarda il video

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE THE GLOBAL GOALS FOR SUSTAINABLE DEVELOPMENT

La sostenibilità non è un'optional, neppure per il vasto mondo delle reti in franchising. Ci sono diversi punti di contatto tra l'affiliazione e gli obiettivi fissati dall'Agenda 2030 sottoscritta dai Paesi membri dell'Onu. Ma sostenibilità significa anche essere in grado di mettere in piedi una nuova rete facendo bene attenzione a non scivolare su bucce di banana... legali. Come? Lo spieghiamo in queste pagine.

115 STANZA SEMPLICE LA SUBLOCAZIONE DIVENTA UNA PROFESSIONE "IN RETE"

116 NUOVE RETI DIVENTARE FRANCHISOR? ECCO DA DOVE PARTIRE

119 NEWS DALLE AZIENDE

L'AFFILIAZIONE DA FARE È CON LA SOSTENIBILITÀ Il franchising fatto bene è una collaborazione inclusiva tra grandi (franchisor) e piccole aziende (franchisee), alla ricerca di un profitto sostenibile. In linea con gli obiettivi dell'Onu di Luca Fumagalli*

“L

o sviluppo sostenibile … è un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con quelli attuali". Era il 1987 e così si esprimeva il rapporto Brundtland, elaborato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Cinque anni fa, invece, l’ Agenda 2030, “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”, sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu, indicava 17 Obiettivi per lo sviluppo e 169 sotto obiettivi. In questo sforzo collettivo ognuno è tenuto a fare la propria parte e non si può certo chiamare fuori chi si occupa di franchising. Le reti di affiliazione hanno infatti un impatto im-

portante sull’economia nazionale, sui singoli settori, sulla produzione e sulla distribuzione di prodotti, sull’erogazione di servizi, sull’occupazione e sul benessere economico delle persone, sui consumatori e sui consumi, sulla società nel suo quotidiano evolversi. Scorrendo la lista dei vari Obiettivi, quello che riguarda più direttamente questa formula è l’Obiettivo 8: “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti”. Nel sistema franchising ciò si traduce in comportamenti pratici di immediata applicabilità. Si tratta, per esempio, di dare spazio a quelle imprese affilianti che hanno una visione di lungo periodo del business e che intendono raggiungere i propri risultati economici insieme ai loro affiliati, non

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE SOSTENIBILITÀ

L'AUTORE, LUCA FUMAGALLI, CO-FOUNDER DI AFFILYA

sulla loro pelle e su quella dei loro dipendenti. Sappiamo come talvolta questo non accada: ci sono aziende che vedono nel franchising un mezzo per scaricare a valle attraverso il sell-in le loro difficoltà di vendita, altre che usano il pretesto del franchising per finanziare le loro improbabili idee, altre ancora che operano in un logica di “mordi e fuggi”, con l’unico scopo di incamerare fee d’ingresso e poi mollare il malcapitato affiliato in mezzo ai suoi guai. Il mondo del franchising, nello specifico quello italiano, deve finalmente riuscire a fare piazza pulita da pseudo-franchisor e dilettanti allo sbaraglio, per concentrarsi su franchisor solidi, dal know-how sperimentato e vincente, in grado di competere sia sul mercato interno che a livello internazionale. La missione di queste aziende affilianti deve essere quella di far crescere tante imprese affiliate di successo, supportandole nel loro avvio e nel loro consolidamento con formazione, assistenza, prodotti, servizi, marketing, ricerca. Il franchising fatto bene è proprio questo: una collaborazione inclusiva tra grandi (franchisor) e piccole aziende (franchisee); la ricerca di un profitto “sostenibile”, che premi proporzionalmente e con equità sia l’affiliante che gli affiliati; l’applicazione di modelli di business efficienti, corretti e sperimentati, che non basino la propria redditività sul mero sfruttamento del lavoro ma, al contrario, valorizzino la professionalità di ciascun addetto e degli imprenditori affiliati. Ma tutto ciò non basta

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a garantire la sopravvivenza nel tempo di una rete in franchising. E’ indispensabile, infatti, che la soddisfazione di affiliante e affiliati passi attraverso quella, sovrana, dei consumatori o utenti finali dei prodotti e dei servizi di quella marca. Il gradimento dei clienti, manifestato attraverso gli acquisti, riempie le casse dei franchisee. Questi, a loro volta, generano ricavi per il franchisor e lo mettono nella condizione di investire costantemente nel mantenimento e nel miglioramento di tutta l’organizzazione. I consumatori sono dunque al centro di un sistema interconnesso, costituito da piccoli imprenditori, dai loro collaboratori o dipendenti e da una impresa più grande e strutturata in grado di sostenere e guidare l’attività di tutta la rete di affiliati. La centralità dei consumatori è proprio uno dei temi presenti nell’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 che tende a “garantire modelli sostenibili di produzione e consumo”. Il franchising può contribuire alla realizzazione di questo obiettivo in molti modi, tutti concreti e attuabili. Le reti distributive sono infatti il tramite tra la produzione e il consumo. Non un mero collegamento, tuttavia, ma un vero e proprio generatore di mode, di stili, di comportamenti di acquisto. In questo ruolo le marche affilianti e i loro affiliati possono fare molto, indirizzando sempre più i consumatori verso l’acquisto di prodotti sostenibili, sia dal punto di vista ecologico che da quello economico. Non è solo questione di “cavalcare” una ten-

denza con un bel “greenwashing” dell’offerta e della relativa comunicazione, ma di andare incontro in modo convinto ad un “sentimento comune” destinato a diffondersi sempre di più. Favorire il cittadino, aumentando le possibilità di scelta di consumo sostenibile, è senz’altro un ruolo importante che le reti di franchising possono svolgere. Ma non il solo. Dal lato della produzione le possibilità di manovra dei franchisor sono ancora più ampie. La forza di gruppo, i grandi volumi di acquisto, le economie di scala permettono di orientare la produzione, di ridefinire gli standard “pretendendo” un impegno significativo dei fornitori verso “la gestione sostenibile e l’utilizzo efficiente delle risorse naturali”. Inoltre alcuni franchisor (per esempio nel settore della ristorazione, della distribuzione alimentare o del tessile, giusto per citare alcune grandi categorie) possono farsi portatori verso i propri franchisee di alcune grandi istanze legate proprio all’Obiettivo 12: l’abbattimento sostanziale dello spreco alimentare e la riduzione drastica della produzione di rifiuti. Nel primo caso, si tratta ad esempio di inserire nelle procedure standard delle reti soluzioni per diminuire le perdite di cibo durante le catene di fornitura, per recuperare e destinare a chi ne ha bisogno i prodotti al termine della giornata lavorativa, per recuperare e riutilizzare gli scarti delle lavorazioni. Nel secondo caso, i franchisor potrebbero agire lungo l’intera filiera che va dalla materia prima alla vendita finale al pubblico. Ridurre la quantità di rifiuti è possibile, ma è ancora più “facile” in sistemi fortemente e verticalmente integrati come quelli del franchising. A partire dalla riduzione del packaging o dall’uso di materiali riciclati, per proseguire con il recupero di prodotti usati e riciclabili sul punto vendita, le potenzialità delle insegne franchisor sono veramente ampie. Si tratta solo di cominciare un processo, il 2030 è alle porte e il nostro pianeta, umanità compresa, ha sempre meno tempo per correre ai ripari. *Co-founder e senior franchising consultant Affilya


La sublocazione decolla col franchising Stanza Semplice è una rete in franchising che affitta appartamenti per poi locare le stanze a studenti. Un business redditizio ideato da Francesco Zeni nel 2013 e oggi presente in 29 località italiane di Davide Passoni

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omplicare è facile, semplificare è difficile», diceva il grande designer Bruno Munari. Una massima che Francesco Zeni, 40 anni, fondatore di Stanza Semplice, ha tradotto in pratica con un business in franchising lineare e intuitivo, specializzato nel subaffitto di stanze a studenti universitari. «Stanza Semplice è nata nell’agosto 2013 a Trento - spiega -. Volevo prendere un appartamento in affitto in città e provare a subaffittarlo; non è stato facile, perché all’epoca la sublocazione non era conosciuta, né incoraggiata, né normata. Quando però sono riuscito ad attivare la prima, ho capito che il gioco valeva la candela: nell’arco di poche ore ero riuscito a esaurire tutte le quattro stanze dell’appartamento». Zeni ha via via perfezionato il sistema, con la media di un appartamento al mese fino a

«

marzo 2015: «In quei primi due anni molte persone che avevano notato sui social il mio lavoro, mi avevano già chiamato da tutta Italia, proponendomi di collaborare con loro. Ho allora deciso di scalare il business al di fuori di Trento, attraverso l’affiliazione commerciale in franchising in altre città universitarie. Dopo vari passaggi fiscali, assicurativi e soprattutto normativi - non c’era ancora una regolamentazione chiara del settore - . Nell’arco di pochi mesi Stanza Semplice è partita nelle prime città e da lì è iniziata l’avventura imprenditoriale. Oggi siamo presenti in 29 località». Con questo modello di business, il privato, se è proprietario dell’immobile tale rimane, l’affiliato di Stanza Semplice ne diventa conduttore e lo studente subconduttore. Inizialmente l’idea era di affittare a studenti e gio-

vani lavoratori, ma da subito Zeni aveva compreso che solo un posizionamento verticale e ristretto su un target in forte crescita e solvibile come quello studentesco poteva migliorare un business accessibile: «Per affiliarsi - spiega - non occorre essere degli esperti in campo immobiliare. Servono spirito imprenditoriale, passione per il settore, buone doti relazionali. In poche settimane, grazie al know-how che Stanza Semplice trasferisce con la formazione iniziale, si è pronti per iniziare. A parte la fee d’ingresso di 8mila euro, bisogna investire almeno 75mila euro per imbastire 5-6 operazioni nell’arco di poco tempo e generare cash flow operativo. Seguendo il nostro metodo di lavoro, che tiene sotto controllo i rischi d’impresa e i costi di gestione, si riesce a generare una ebitda interessante anche per gli investitori più esigenti». Detto dei vantaggi per gli affiliati, Zeni riassume quelli per gli studenti: «I nostri subconduttori accedono al club Stanza Semplice, hanno una card che garantisce una formula all inclusive - pagano una cifra e quella è, senza sorprese -, non si intestano utenze, non pagano cauzione, hanno a disposizione appartamenti ristrutturati, con arredi nuovi e organizzati in maniera specifica per la vita degli studenti, hanno manutenzioni incluse, convenzioni con esercizi pubblici, contratti individuali e solo stanze singole, niente spese di agenzia, impianti sicuri, assicurazione, gestione di scadenze e adempimenti: studenti e famiglie devono solo pagare il canone e non pensare ad altro». Un business nel quale è fondamentale saper fare rete: «Collaboriamo molto con le agenzie immobiliari, che in alcuni casi decidono di affiliarsi al nostro sistema e in altri collaborano con noi trovandoci gli immobili e facendo da mediatori tra noi, che siamo i conduttori, e i proprietari. Che a loro volta sono ottimi interlocutori, specialmente se dispongono di immobili grandi e non vogliono interfacciarsi con le agenzie: possiamo trattare direttamente noi con loro e acquisire l’immobile in locazione per tanti anni». https://www.stanzasemplice.com/franchising

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

DIVENTARE UN FRANCHISOR? ECCO COME SI FA Per creare una rete di successo occorre un’attività preliminare lunga, complessa e delicata. Dalla pianificazione agli accordi ci sono diverse fasi da attraversare, con “trappole” legali da evitare di Valerio Pandolfini

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l franchising è una tipologia contrattuale che, nata negli Stati Uniti alla fine dell’800, si è diffusa in tutto il mondo ed oggi rappresenta una delle formule commerciali più utilizzate nella distribuzione commerciale di prodotti e servizi. Anche in Italia, il franchising gode di un crescente successo ed in è espansione costante. Basti pensare che, negli ultimi venti anni, le reti in franchising sono quadruplicate; ed anche negli ultimi mesi, contrassegnati dall’impatto dell’epidemia da Covid-19, le reti in franchising hanno retto l’impatto della crisi mediamente meglio rispetto alle altre formule commerciali. Ma il franchising non si improvvisa, anzi. A dispetto di quanto spesso gli operatori immaginano, per creare una rete in franVALERIO PANDOLFINI chising di successo occorre un’attività preliminare lunga, complessa e delicata. addirittura trascurata, vi sono inevitabili – Vediamo molto brevemente perché. e spesso gravi - conseguenze negative. In effetti, lo start up di una rete in franIl primo passo per la futura rete in franchichising rappresenta caratteristiche che lo sing non è strettamente giuridico, anche differenziano notevolmente da molte altre se ha implicazioni anche di tipo giuridico: attività d’impresa. Ciò essenzialmente per occorre predisporre un accurato studio due ragioni: di fattibilità circa la • la complessità della LO STUDIO DI FATTIBILITÀ SERVE formula di affiliastruttura di una rete AD ANALIZZARE IL POTENZIALE zione che si intende in franchising, che POSIZIONAMENTO SUL MERCATO adottare. Lo studio presenta diverse vaRISPETTO ALLA CONCORRENZA di fattibilità serve rianti e vede coinvolessenzialmente ad analizzare se il progetto ti numerosi soggetti; della rete è sufficientemente caratterizza• una regolamentazione legislativa peculiato sul mercato ed innovativo rispetto alla re e specifica, che non ha paragoni con le concorrenza, in particolare sotto il profilo altre attività d’impresa. del know-how, che rappresenta l’elemento Pertanto, tale fase richiede particolare atfondamentale intorno al quale ruota tutto tenzione da parte dell’aspirante franchiil sistema del franchising sor; se viceversa – come purtroppo troppo Come è noto, il know-how consiste nel “saspesso accade - viene sottovalutata, se non

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per fare”, cioè nel “sapere pratico” in cui si sostanzia il modo originale di fare business del (futuro) affiliante. Si tratta di uno dei componenti fondamentali del cosiddetto franchise package, cioè di quel complesso di diritti che il franchisor concede al franchisee e che permetterà a quest’ultimo di presentarsi agli occhi del pubblico come l’alter ego del franchisor. Ed infatti, ciò che contraddistingue il franchising rispetto ad altre tipologie di accordi commerciali (come ad esempio la concessione di vendita o la licenza), è la circostanza per cui il franchisor non “vende” (o comunque non dovrebbe “vendere”) semplicemente prodotti ai propri affiliati, ma mette a loro disposizione una formula imprenditoriale, ben individuata e dotata di una certa originalità. La centralità del know-how nel franchising è confermata dalla L. n. 129/2004 sul franchising, che da una parte prevede l’obbligo di indicare nel contratto di franchising il know-how fornito dall’affiliante all’affiliato, e dall’altra – e soprattutto - prevede che il know-how debba essere dotato di tre caratteristiche: • segretezza; • sostanzialità; • individuabilità. Tali caratteristiche hanno un unico comun denominatore: consentire all’affiliato in franchising di caratterizzarsi sul mercato e differenziarsi rispetto alla concorrenza, cioè di acquisire un sostanziale e stabile vantaggio competitivo. Dunque è essenziale porre particolare attenzione, in sede di pianificazione iniziale della rete in franchising, al know-how, analizzando, con l’ausilio di consulenti esperti


in franchising, se l’insieme delle conoscenprovocare conseguenze gravissime, e può ze che costituiscono l’oggetto dell’attivicomportare financo la nullità dei contratti tà in franchising. è effettivamente dotato di franchising. delle caratteristiche previste dalla L. n. La legge (purtroppo) non disciplina né in 129/2004. che cosa debba effettivamente consistere Le conseguenze di una carente predisposila sperimentazione, né per quanto tempo zione del know-how in sede di avvio della deve essere sperimenta la formula. In ogni rete possono essere molto gravi, e riverbecaso, la sperimentazione deve consentirarsi, magari a distanza di anni, sull’intera re al franchisor di verificare sul campo le rete in franchising. previsioni del piano di fattibilità (caratteriSe infatti il franchisor è privo di un knowstiche del mercato e della clientela, gamma how o non ha un know-how dotato deldi prodotti/servizi offerti, approvvigionale caratteristiche previste dalla legge, in mento, stock, politica dei prezzi, gestioprimo luogo può andare in contro a gravi ne del personale, gestione finanziaria del conseguenze nei confronti degli affiliati, in punto vendita e redditività, etc.). Per tale quanto il contratto di franchising potrebmotivo, La sperimentazione deve essere be essere ritenuto nullo, con conseguente condotta per un tempo sufficiente a testare diritto del franchisee effettivamente il siLA SPERIMENTAZIONE DEVE ESSERE alla restituzione delstema, in modo che CONDOTTA PER UN TEMPO SUFFICIENTE le somme che abbia possa produrre un A TESTARE IL SISTEMA versato nel frattem- PER AVERE UN RISULTATO ATTENDIBILE risultato attendibile po al franchisor e al e sufficientemente risarcimento deli danni. In secondo luogo, remunerativo. Nella prassi, il periodo di la mancata o insufficiente trasmissione durata della sperimentazione è di almeno di know how può integrare un’ipotesi di un anno. pubblicità ingannevole, con conseguente La sperimentazione può essere condotta sanzione pecuniaria irrogata – sempre più personalmente dall’aspirante franchisor spesso, negli ultimi anni - dall’Autorità Ga(tramite ad esempio una filiale o una sorante della Concorrenza e del Mercato - su cietà controllata) oppure tramite soggetti segnalazione del franchisee o anche di un terzi. In quest’ultimo caso – che è il più concorrente - e inevitabili danni all’immafrequente nella prassi – la sperimentaziogine dell’intera rete. ne viene condotta attraverso un contratto Una volta predisposto lo studio di fatti(pilotage), che serve appunto a testare il bilità ed analizzato il know-how, prima progetto della rete, in modo da verificare di procedere alla creazione di una rete in che tale sistema possa produrre un risulfranchising occorre passare ad una fase di tato attendibile e sufficientemente remusperimentazione della formula commernerativo. ciale, che è richiesta obbligatoriamente Terminata la fase di sperimentazione, si dalla L. n. 129/2004. può (finalmente) passare alla vera e proAnche questa fase è molto spesso sottovapria creazione della rete in franchising, lutata, e talvolta addirittura ignorata. Ed attraverso la stipula dei contratti di franinvece, le catene nate “in fretta” sono purchising con gli affiliati. La L. n. 129/2004 troppo quelle che registrano il più alto tasprevede tuttavia una serie di obblighi inso di “mortalità” e la più elevata conflittuaformativi in capo al franchisor – riguarlità all’interno di una rete. Senza contare danti le caratteristiche della rete, i marchi, che, sotto il profilo strettamente giuridico, il numero degli affiliati alla rete, il contenanche in questo caso una mancata o insufzioso nella rete, etc. - che devono essere ficiente sperimentazione della formula può adempiuti prima della sottoscrizione del

contratto di franchising. La mancata o insufficiente osservanza di tali obblighi espone il franchisor a gravi conseguenze, che possono arrivare fino alla nullità dei contratti di franchising con conseguente risarcimento del danno in favore degli affiliati, e possono dare luogo a sanzioni dell’Agcm per pubblicità ingannevole. Spesso, peraltro, la conclusione dei contratti di franchising con gli affiliati è preceduta da una trattativa, più o meno lunga e complessa, nell’ambito della quale le parti concludono degli accordi preliminari, come ad esempio un contratto preliminare (che vincola alla conclusione del contratto definitivo di franchising) o (più spesso) un contratto di opzione, con il quale essenzialmente il franchisor concede all’aspirante franchisee, dietro corrispettivo: • l’esclusiva in un determinato territorio, per un certo periodo di tempo; • servizi di consulenza e assistenza (ad es. il reperimento della sede punto vendita); • l’opzione per la sottoscrizione del contratto di franchising, da esercitarsi entro un certo tempo. Infine, particolare attenzione deve essere riservata ai materiali promozionali che vengono forniti agli aspiranti affiliati in franchising prima della sottoscrizione del contratto, come business plan, prospetti di redditività, depliants pubblicitari etc., che devono essere adeguatamente redatti anche sotto il profilo giuridico, allo scopo di evitare possibili profili di responsabilità e sanzioni in capo al franchisor, sotto il profilo della pubblicità ingannevole. Il business plan è infatti considerato pubblicità sotto il profilo giuridico, e vi sono stati numerosi casi, anche recenti, in cui l’Agcm è intervenuta per sanzionare franchisors che avevano pubblicizzato dati e servizi non rispondenti alla realtà. Studio legale Pandolfini Largo A. De Benedetti, 4 - 20124 Milano info@studio-pandolfini.it www.consulenzalegalefranchisor.it

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NEWS DALLE AZIENDE APRIRE QUATTRO AGENZIE IN ALTRETTANTE PROVINCIE NEL 2021, 8 NEL 2022, 10 NEL 2023. È il piano di crescita della rete di franchising lanciata da Maison Magnifique, un nuovo marchio specializzato in immobili di pregio con sede a Ferrara. Le prime città target sono Bologna, Milano, Firenze, Venezia, Verona e Padova. Quello degli immobili di lusso è un business in crescita, trainato dalla polarizzazione della ricchezza: nel 2018 in Italia si contavano 394mila milionari, secondo le previsioni nel 2022 saranno 519mila – sono aumentati anche i miliardari, da 36 a 40. L’obiettivo di Maison Magnifique è quello di sviluppare un maggior livello di imprenditorialità nel settore dell’intermediazione immobiliare.. Per questo non si punta sulla quantità ma sulla qualità, con un solo ufficio per provincia, ciascuno con un numero compreso tra 10 e 15 collaboratori, così da sviluppare un fatturato importante per l’imprenditore. L’obiettivo è di offrire una soluzione a chi desidera fare impresa nel

MAISON MAGNIFIQUE AMPLIA LA SUA RETE settore immobiliare in modo redditizio e senza avere un ruolo operativo in azienda. Per raggiungerlo Maison Magnifique punta molto su un percorso formativo orientato ai risultati: un anno di incontri settimanali, su temi quali la comunicazione efficace e persuasiva e la leadership, cui si aggiunge

l’affiancamento all’imprenditore prima e al team manager poi, che viene fatto settimanalmente. Anche dopo il termine dell’anno di formazione il coaching da parte della casa madre continuerà, concentrandosi sulle attività pratiche. https://maisonmagnifique.it/

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CON I PROTAGONISTI DELLA SOSTENIBILITÀ

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E POI IL PIACERE...

I NEGRAMARO, LANCIATI NEL 2003 DA SUGAR MUSIC (PH. PIETRO PAPPALARDO)

DAL VINILE AL FILE: LA MUSICA È CAMBIATA, IL SUONATORE NO Sugar, la principale etichetta discografica indipendente in Italia, è un modello di impresa familiare che dal 1932 ha saputo adattarsi all’evoluzione del mercato. Puntando su catalogo e scouting

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di Marina Marinetti

FEAT FOOD LO CHEF ADESSO HA L’INTELLIGENZA... ARTIFICIALE

127 AUTOAPPASSIONATI LE ULTIME NOVITÀ NEL MERCATO DELL’AUTO

128 MOTORI NUOVA TOUAREG, IL SUV PIENO DI TECNOLOGIA

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

P

er i più âgée si tratta di Ennio Morgar, che nel 1932 fondò a Milano la sua prima ricone, Nino Rota, Fred Buscaglione, attività editoriale nel settore musicale, Melodi, Armando Trovaioli. Per i boomer per poi, negli anni Cinquanta, fagocitare prosono Umberto Tozzi, Lucio Battisti, Paolo Congressivamente la Compagnia Generale del Dite. O Andrea Bocelli, Raf e i Negramaro per i sco di Teddy Reno. Erano gli anni in cui sotto millennials. E Malika Ayane, Raphael Gualazzi l’ala della casa discografica cantavano Adriano e Motta per la generaCelentano, Johnny DoALLA GUIDA DELL’ETICHETTA C’È zione Z. Quali che siarelli, Gigliola CinquetUN “FIGLIO DI”: FILIPPO SUGAR, NIPOTE no i vostri riferimenti ti, Massimo Ranieri e DEL FONDATORE LADISLAO E FIGLIO musicali, una cosa è Caterina Caselli, che DI CATERINA CASELLI certa: è molto, molto infuocava il pubblico probabile che figurino nel vasto, vastissimo con il suo inno beat “Nessuno mi può giudicatalogo di autori, artisti e compositori del care”. Nel 1970 sposò Piero Sugar, il figlio di gruppo indipendente italiano Sugar. Che si Ladislao, per poi mollare la carriera artistica pronuncia sciùgar, come se fosse inglese, ma e dedicarsi a dare forma ai talenti degli altri. è ungherese. È il cognome di quel Ladislao SuCinquant’anni dopo, la musica è cambiata.

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E POI IL PIACERE...

Ma non l’impronta familiare dell’azienda, dal 1997 guidata da Filippo Sugar. «È difficile trovare un nome che non abbiamo», dice.

Quanto è difficile essere “figlio di”? Si devono fare i conti con aspettative e pressioni, ma in realtà per me non è stato difficile. Se sei il capo devi essere il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Ma non ho mai avuto il problema di sentirmi legittimato. Il primo ad arrivare anche sulle tendenze. Il mondo della musica negli ultimi trent’anni ha vissuto ben più di una rivoluzione. Io ho iniziato a lavorare a 21 anni, dopo la laurea breve a Bruxelles - in Relazioni internazionali, ndr - e la prima grande innovazione fu il fax, che ha consentito di emergere ad alcuni distributori, tagliando il tema degli agenti.

il nostro lavoro e confondevano chi faceva i dischi con chi faceva i concerti.

E oggi? Direi che la musica, rispetto a tutti gli altri settori che vivono di creazione di contenuti, è tra le prime ad aver convertito il suo business. L’editoria è indietro. La musica si è ripresa per prima per una questione di target: i giovani si adattano velocemente. Lo streaming è in continua crescita, il supporto fisico scenderà ancora, ma rimarrà il vinile, che ha un fascino sia a livello grafico che di ascolto.

Quindi chi si occupa di vendere la musica che producete? Ci affidiamo a dei partner, oggi siamo un’azienda b2b. Dal 1° luglio di quest’anno, grazie MADAME (PH. COSIMO BUCCOLIERI) all’accordo triennale siglato con Universal Poi dalla cassetta si è passati al cd e infine Music Group, una delle più importanti etichetdi dell’attività commerciale delle Messaggerie al file, alla musica liquida. te musicali a livello globale, tutte le produzioni Musicali. Oggi il nostro focus è proprio il conQuando iniziai, una parte importante del busidiscografiche di Sugar saranno distribuite in tenuto musicale, non più la commercializzaness era legato al commercio, con le Messagtutto il mondo. Oltre alla distribuzione dell’inzione. gerie Musicali, all’attività discografica e a queltero repertorio SugarOGGI SUGAR È UN’AZIENDA B2B: la editoriale. A un certo punto ho capito che music, l’accordo preDAL 1° LUGLIO 2020 A DISTRIBUIRE Anche perché, diciainevitabilmente la parte distributiva sarebbe vede anche il rilancio LA MUSICA CHE HA IN CATALOGO molo, la musica oggi stata un problema, perché il prodotto sarebbe dell’intero repertorio È UNIVERSAL MUSIC GROUP è (quasi) gratis. diventato progressivamente da fisico a digitadi colonne sonore anBeh, per un po’ c’è stato un grande inganno: le. Così ho venduto alla Divisione Librerie di che di Cam, che abbiamo acquisito nel 2011. quello che la musica dovesse essere gratis, Arnoldo Mondadori Editore le Messaggerie appunto. Oggi la cultura è cambiata anche Parliamo delle musiche che animano caMusicali, mantenendo però la proprietà dei grazie al lavoro polavori del cinema come La Dolce Vita, siti e del marchio fatto dagli operaOtto e Mezzo e Amarcord di Federico Felstorico. Insomtori del settore e lini, Il Gattopardo di Luchino Visconti, Il ma, ho seguito le dagli artisti che Postino di Massimo Troisi, Anonimo Veneorme di mio nonsi sono esposti. ziano di Enrico Maria Salerno... no, che prima aveSono nate anche E molti altri. Ma non solo: l’accordo con Univa la fabbrica e la tecnologie che in versale prevede la collaborazione per svitipografia poi la maniera molto efluppare progettualità innovative in ambito vendette, e di mio ficiente consentomusicale, anche e soprattutto nel settore padre, che nell’89 no di fruire della audiovisivo, che il gruppo Sugar presidia con cedette a Warner musica a prezzi Sugar Play, la unit che abbiamo costituito lo Music la Cgd ma contenuti. Bisoscorso anno per sviluppare e co-produrre conservò l’intero gnava trovare un format innovativi di storytelling che partano catalogo editoriaequilibrio. Non è dalla musica. Il nostro scopo è di realizzare le e i due grandi stato facile perché storie partendo dal mondo della musica: sianegozi nel centro le istituzioni non mo convinti che la musica sia anche un grandi Milano che eracomprendevano de contenitore di storie. no stati i caposal- LA COVER DEL PROGETTO CAM/SUGAR “MORRICONE SEGRETO”

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Del tipo? Il primo progetto che abbiamo avviato è un documentario sulla vita di mia mamma, Caterina Caselli. E poi stiamo acquisendo i diritti su storie legate al mondo della musica, intercettando la domanda di docufilm e miniserie. E poi l’artigianalità è la nostra cifra: siamo quel tipo di boutique che realizza un valoro su misura, anche per quelle aziende che vogliono fare qualcosa con la musica. Per esempio con Barilla abbiamo creato “One Night in Central Park”, il concerto più straordinario della carriera di Andrea Bocelli. E per Eni abbiamo fatto interpretare da Raphael Gualazzi “Don’t Stop”, il celebre brano dei Fleetwood Mac. Possiamo fornire alle aziende un sostegno anche per progetti complessi o per attività di rebranding attraverso contenuti tailor made o dei nostri artisti.

Quindi il product placement esiste anche in ambito musicale. Eccome. Specialmente nei video. Ma bisogna farlo bene, ci vuole attenzione. Per esempio, abbiamo fatto diverse cose con Fiat, siamo un interlocutore ideale anche per operazioni innovative e più sofisticate della semplice sponsorizzazione del concerto. Così nel cinema: abbiamo un rapporto speciale, diretto, con i registi, possiamo costruire la colonna sonora degli eventi, o rendere disponibili i nostri contenuti per la comunicazione digitale delle aziende, anche sui social. Questa artigianalità è la nostra cifra. E lo scouting dei nuovi talenti lo fate ancora? Eccome. Oggi l’etichetta conta 23 progetti di-

FILIPPO SUGAR (PH. CLAUDIO PORCARELLI)

scografici attivi, compresi promettenti talenti italiani emergenti, tra cui Madame e Speranza per il mondo urban, l’australiano Michael Leonardi, il cantautore indie Lucio Corsi, i giovani pop- urban Sissi e Nyv, il trio elettronico Fuera e l’arpista di musica elettronica Kety Fusco.

E come li scovate? Subite l’assalto alla diligenza o li cercate voi? Non dormiamo. Letteralmente. Scandagliamo per ore e ore Spotify, Youtube, andiamo ai concerti. C’è un’esplosione di nuova creatività e di generi musicali legati alle nuove tecnologie. Abbiamo aperto a nuovi generi musicali, che vogliamo seguire col nostro modo di lavorare: investendo sugli artisti a lungo termine e creando valore.

I NUMERI DEL GRUPPO Sugar Holding è la società della famiglia Sugar che controlla le diverse attività del gruppo, a cui fanno capo le attività di editoria musicale (SugarMusic); quella discografica

(Sugar); le produzioni audiovisive (Sugar Play); il catalogo delle colonne sonore (Cam/Sugar). Con un fatturato consolidato che nel 2019 si è attestato a circa 22,5 milioni di euro, 23 artisti

e 42 autori in esclusiva, 80 mila opere in catalogo oltre a 2 mila colonne sonore, il gruppo Sugar ha contribuito a far crescere e definire una cultura musicale in Italia.

TRA I SETTORI CHE VIVONO DI CONTENUTI LA MUSICA È STATA LA PRIMA A CONVERTIRE IL BUSINESS Conta più lo scouting o l’autocandidatura? Indubbiamente lo scouting. Facciamo un’audizione, alla quale siamo sempre presenti io o mia mamma, per valutare l’artista dal vivo. Se è già maturo coi suoi brani prepariamo il lancio sul mercato, ma se, come spesso accade, a livello di scrittura deve crescere organizziamo una serie di sessioni con altri produttori e musicisti per accompagnarlo nella crescita.

Potete permettervelo? Essendo un’azienda familiare, siamo una realtà unica, completamente indipendente, senza partner finanziari. Siamo completamente autofinanziati e investiamo dove intuiamo un valore intrinseco artistico. Non avendo budget imposti dall’alto, se crediamo in un artista ci investiamo per due o tre anni, sostenendolo finché con il suo lavoro non incontra il pubblico. Non abbiamo orizzonti a breve. Per noi è un grande privilegio essere in grado di mantenere una competizione molto dura contro aziende enormi e globali. Venderete Sugar? Tutti sanno che se volessimo vendere sarebbe un attimo trovare un compratore. Ma non vogliamo vendere.

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EE POI GASTRONOMIA POIILILPIACERE PIACEREMOTORI

Lo chef più efficace ha un algoritmo in padella Feat Foot è il primo servizio di consegne a domicilio di pietanze pronte personalizzate, studiate da un algoritmo di machine learning. Funziona in tutta Italia e tra i soci ci sono anche Amadori e Riso Gallo di Davide Passoni

U

na volta le idee imprenditoriali geniali nascevano nei garage. Oggi, in tempo di chef stellati celebri come rockstar, nascono in cucina. Lo sa Andrea Lippolis (nella foto) che nel 2015, quando era un giovane studente di ingegneria gestionale appassionato di fitness, in una piccola gastronomia di Lecce dava indicazioni a un cuoco per preparare pasti sani e bilanciati, che egli stesso consegnava a domicilio a bordo del proprio scooter. Oggi al posto di Lecce c’è Milano, al posto della gastronomia un laboratorio di produzione di 160 mq e al posto dello chef l’intelligenza artificiale. Tutto dentro a Feat Food, il primo servizio di consegne a domicilio di pietanze pronte personalizzate, studiate da un algoritmo di machine learning e consegnate in tutta Italia in 24-48 ore. «La società è nata nel 2015, ma

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il business è partito nel 2018 - dice Lippolis, che di Feat Food è fondatore e Ceo -. Stiamo crescendo molto bene, sia in termini di pasti erogati sia di fatturato. Piace l’esperienza d’acquisto: la possibilità di avere ogni giorno un menu personalizzato è percepita come un plus dal consumatore». Come funziona il servizio? In base al sistema di intelligenza artificiale ideato dal team di Feat Food, ogni consumatore inserisce nel calcolatore i suoi dati - sesso, età, peso, altezza, obiettivi -; il software, attraverso un’analisi predittiva, individua la quota di calorie giornaliere e di macronutrienti necessari per raggiungere gli obiettivi e stima il risultato che si può ottenere seguendo un determinato piano alimentare. Più sono implementati e aggiornati i dati nel pannello utente (a oggi sono oltre 20mila gli utenti profilati), più

il software diventa preciso nell’individuare i percorsi nutrizionali, che gli utenti seguono o per avere un’alimentazione sana e bilanciata o per migliorare la propria forma fisica: «Le due cose vanno di pari passo - spiega Lippolis - ma principalmente gli utenti guardano alla forma fisica; il 71% di loro è composto da donne, il cui obiettivo è spesso quello di perdere peso. C’è comunque una larga fetta di clienti che si serve di noi per avere un’alimentazione equilibrata, per sé e per i figli». Una volta pronti, i piatti sono consegnati nel giorno e nel luogo indicato dall’utente e si conservano per dieci giorni. I prezzi? «Dipendono dal profilo fisico del consumatore, ma vanno da 5 a 9 euro circa, poco di più se si hanno dei fabbisogni particolari». Dal 2015 a inizio 2020 Feat Food è cresciuta fino a contare dodici dipendenti e ha raccolto un totale di circa 2 milioni di euro tra investimenti e finanziamenti. Tra i soci, per la maggior parte costituiti da fondi di investimento, ci sono anche grandi realtà dell’alimentare come Amadori e Riso Gallo che forniscono alcune materie prime. La distribuzione è multicanale, con l’e-commerce che dal 2016 a oggi ha decuplicato il giro d’affari e rappresenta il 65% del fatturato. Feat Food è presente anche in frigoriferi intelligenti all’interno di quaranta centri fitness e in alcune aziende, canali che valgono il 20% del fatturato. Inoltre, da luglio 2019 a gennaio 2020 ha testato il proprio modello nella Gdo nel gruppo Finiper-Unes, con l’obiettivo di esportarlo in altre realtà. Sempre nel 2019 ha aperto il primo punto di vendita diretta al pubblico a Milano, in Porta Ticinese. E con il lockdown? «Come è normale, hanno sofferto i nostri canali legati alle palestre e alle aziende, mentre l’online è cresciuto del 40% rispetto al budget stimato - dice Lippolis -. Da due anni viaggiamo a una crescita annua del 100%, quest’anno con il lockdown siamo a +135% rispetto al 2019». Non resta che guardare all’estero: «Il nostro business è scalabile perché la piattaforma su cui si basa è largamente replicabile anche su altri mercati. Infatti abbiamo già avuto diverse richieste», conclude.


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE

FORD PUMA ST: IL CROSSOVER DIVENTA SPORTIVO Dopo l’arrivo sul mercato della Ford Puma, l’Ovale Blu presenta la versione vitaminizzata “ST”, con il propulsore EcoBoost 1,5 litri da 200 CV e con una rigidità torsionale incrementata del 40% rispetto alla sorella minore Fiesta ST. La Puma ST cambia veste, si presenta con un look più aggressivo dato dai cerchi da 19 pollici e da nuove tinte sportive, che valorizzano lo splitter anteriore, lo spoiler e il diffusore posteriore, mentre le prese d’aria sono progettate per offrire maggiore

capacità di raffreddamento. A livello tecnico la ST propone il differenziale meccanico che lavora in sintonia con il Torque Vectoring elettronico. Cambiano anche sterzo, assetto e impianto frenante, oltre allo scarico che ora ha tonalità più sportive. All’interno dell’abitacolo l’attenzione è catturata dai sedili Recaro con profili sagomati per una guida sportiva, e dagli svariati loghi ST che impreziosiscono l’ambiente. Rimane invariato il vano bagagli da 456 litri.

BMW M3 E M4: FINO A 510 CV A SCELTA LA TRAZIONE INTEGRALE

HYUNDAI I30 N: COMPATTA, PEPATA E ORA ANCHE COL CAMBIO AUTOMATICO

BMW presenta le nuove sportive M3 ed M4, disponibili anche in versione Competition. Esteticamente, il lato B, doppio terminale di scarico a parte, somiglia alla Serie 3, mentre davanti c’è il grande doppio rene che deriva dalla Serie 4. I fari full LED sono di serie, il tetto è in resina rinforzata con fibra di carbonio e la dotazione standard

prevede cerchi in lega leggera M, da 18” sull’asse anteriore e da 19” sul posteriore. Gli interni delle M4 ed M3 propongono sedili M regolabili elettricamente di nuova concezione e i rivestimenti in pelle Merino, ma in opzione ci sono i nuovi sportivissimi sedili avvolgenti M Carbon. Sotto il cofano di entrambe c’è il 6 cilindri in linea Twin

Power Turbo da 480 CV, che sale a 510 CV nella Competition. A scelta anche il cambio, che può essere manuale o automatico Steptronic a 8 rapporti in base alla preferenza. L’altra novità è rappresentata dalla possibilità di montare la trazione integrale XDrive sulle versioni Competition, capace di ripartire anche tutta la coppia al posteriore.

La Hyundai i30 N si aggiorna con un restyling estetico e tecnico. Disponibile sia 5 porte sia Fastback, la nuova i30 N si caratterizza per le nuove luci diurne a LED a forma di V, cerchi da 18” o da 19”, alette aerodinamiche laterali, un generoso spoiler posteriore, LED anche per il lato B e due grossi scarichi. All’interno, invece, c’è la pedaliera in alluminio, la possibilità di avere sedili super sportivi e, a livello di infotainment, si può optare per il nuovo sistema di navigazione con schermo da 10,25”. Tornando alle prestazioni, il 2.0 turbo benzina, capace di esprimere una potenza compresa tra 250 e 280 CV in base alla versione, per la prima volta riceve sulla Performance il nuovo cambio automatico doppia frizione a bagno d’olio a otto rapporti (N DCT). Per i due motori, si parla di 353 Nm per il 250 CV e di 392 Nm per il 280 CV. Come la versione precedente, anche il nuovo modello è equipaggiato con numerosi sistemi per la guida ad alte prestazioni tra cui il Rev Matching, il Launch Control e la barra di irrigidimento posteriore.

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EE POI MOTORI POIILILPIACERE PIACEREMOTORI

Prezzo, prestazioni e... un sacco di tecnologia Se non siete fanatici delle emissioni zero (e vivete fuori città) e il vostro budget supera di poco i 60mila euro, la Touareg offre spazio, versatilità e un’autonomia di ben 900 chilometri di Franco Oppedisano

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rande, pesante e con una batteria un garage e, a una distanza ragionevole, non che serve quasi solo ad accendere trovano una colonnina di ricarica. Per questi il motore. Detta così sembra essere “sfortunati” ci sono ancora a listino auto come l’archetipo del male nel mondo delle auto. InTouareg, un grosso suv, che non ha nulla da vece, la Volkswagen Touareg è una gran macinvidiare a quelli delle auto dei marchi prechina. Comoda, spaziosa, capace di portarvi mium e li batte sul piano del rapporto prezdappertutto in strada e fuoristrada, con una zo/prestazioni. autonomia tra un pieno e l‘altro di 900 chiloPerché l’ammiraglia di Volkswagen (prezmetri. Non è un’auto zo partire da 62.700 OLTRE ALLE VERSIONI IBRIDE adatta alle grandi citeuro) ha davvero tutLA NUOVA TOUAREG È DISPONIBILE tà, per le dimensioni to: dal sistema di viIN ITALIA CON DUE MOTORIZZAZIONI e le limitazioni del V6 TURBODIESEL DA 231 E 286 CAVALLI sione notturna Nighttraffico, ma nel monvision che riconosce do dorato delle zero emissioni dimenticano persone e animali al buio grazie a una telespesso che tre quarti degli italiani non vivocamera a infrarossi), al sistema di assistenza no in una metropoli, fanno tanti chilometri al nella guida in colonna (fino a 60 chilometri giorno e hanno bisogno di trasportare spesso all’ora l’auto sterza, mantiene la corsia, accequalcosa di ingombrante. Oppure semplicelera e frena in modo parzialmente automatizmente abitano in un condominio, non hanno zato), da un sistema di assistenza agli incroci

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che reagisce al traffico trasversale davanti alla vettura, alle quattro ruote sterzanti attive, al un nuovo sistema antirollio con barre stabilizzatrici a regolazione elettromeccanica, dai fari IQ.Light a led matrix (interattivi grazie ad anabbaglianti e abbaglianti regolati mediante un telecamera), all’ unhead-up display proiettato direttamente sul parabrezza. Una montagna di tecnologia che, collegata in rete tramite una nuova unità elettronica centralizzata, operano in background, senza che il guidatore lo percepisca. La filosofia da cui è nata l’ammiraglia di Volkswagen è che nessuno debba adeguarsi alla vettura, ma sia quest’ultima a doverlo fare. Per questo offre possibilità di configurazione simili a quelle di uno smartphone per ottenere una vettura il più possibile su misura. I sistemi e programmi, collegati in rete, sono, poi, gestiti tramite il volante multifunzione e la strumentazione digitale dell’Innovision Cockpit, formato dall’Active Info Display da 12,3 pollici e dal sistema di infotainment Discover Premium con touchscreen da 15 pollici, che insieme danno vita a un’unità digitale di comando, informazione, comunicazione ed entertainment sempre connessa. L’Innovision Cockpit rinuncia in misura quasi totale ai classici tasti, manopole e interruttori, ma li mantiene là dove hanno più senso, per esempio nella regolazione del volume. Rispetto al modello precedente, la terza generazione della Touareg è diventata più larga e lunga, ha un bagagliaio più grande e maggiore spazio all’interno, ma pesa oltre cento chili in meno grazie a una carrozzeria realizzata in un mix di alluminio (48%) e acciai high-tech (52%). La nuova Touareg, oltre alle versioni ibride, è disponibile sul mercato italiano con due motorizzazioni V6 Turbodiesel, entrambe Euro 6 AG e concepite per consentire un peso rimorchiabile massimo di 3,5 tonnellate, da 231 e 286 cavalli Quest’ultima versione si distingue per le prestazioni su strada e i consumi contenuti: la Touareg V6 Tdi Scr 4Motion (peso: 2.070 chili) così motorizzata, infatti, accelera da 0 a 100 chilometri all’ora in 6,1 secondi, raggiunge una velocità massima

di 235 chilometri all’ora. Il consumo medio nel ciclo Nedc di 6,9 litri per cento chilometri, per 182 grammi al chilometro di CO2. Anche con la terza generazione, la Touareg è dotata di serie di trazione integrale permanente che è abbinata a un cambio automatico a otto rapporti anch’esso di serie. Per ripartire la coppia fra asse anteriore e asse posteriore c’è un differenziale centrale autobloccante con ripartizione della coppia asimmetrica e dinamica. La forza motrice può essere trasmessa all’asse anteriore fino a un massimo del 70% e all’asse posteriore fino a un massimo dell’80%. La trazione integrale dispone di una selezione del profilo di guida controllato da un comando sulla consolle centrale con il quale il guidatore può attivare quattro modalità principali e differenti menu pop-up. Ruotando l’interruttore verso sinistra, si accede ai profili stradali. Ruotando l’interruttore verso destra, si attivano i profili fuoristrada Offroad per adeguare i principali sistemi di assistenza alla situazione di marcia. I profili di guida disponibili a richiesta vengono offerti in abbinamento al pacchetto Offroad. Quest’ultimo optional comprende, tra l’altro, due occhioni di traino, un serbatoio carburante maggiorato da 75 a 90 litri, un sistema di protezione del sottoscocca con mascherina di protezione radiatore, una protezione anti-incastro rinforzata, un elemento di protezione per la batteria 12 V, un rivestimento aerodinamico del sottoscocca particolarmente robusto, protezione del

serbatoio e una protezione anti-ghiaia. Optional anche le sospensioni pneumatiche 4-Corner di nuova generazione che perfezionano non solo il comfort, ma anche l’aerodinamica e la marcia su fondi molto dissestati. Il nuovo sistema veloce e silenzioso è insensibile alle variazioni della temperatura e della pressione atmosferica (per esempio in zone montuose). Di base, le sospensioni pneumatiche offrono le modalità Normal o Comfort. Sono però disponibili anche un livello per fuoristrada, più elevato di 25 mm, e un livello per fuoristrada eccezionale che solleva la vettura complessivamente di 70 mm. A velocità superiore ai 120 chilometri all’ora, le sospensioni pneumatiche abbassano automaticamente l’assetto di 15-25 mm per ridurre la resistenza aerodinamica e migliorare il comportamento di marcia. Inoltre, è disponibile un “livello di carico” (abbassamento di 50 mm), che facilita le operazioni di carico e scarico del bagagliaio a vettura ferma. In funzione delle sospensioni si modificano anche i parametri off-road. I valori di pendenza superabile massima (60%) e inclinazione traversale (35 gradi) si mantengono identici indipendentemente dal fatto che la vettura sia dotata di sospensioni in acciaio o sospensioni pneumatiche. Con le sospensioni pneumatiche gli angoli di attacco e uscita aumentano invece da 25 a 31 gradi. Cresce anche l’angolo di rampa, da 18,5 o fino a 25 gradi. Aumenta anche la profondità di guado massima: da 490 a 570 mm.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

L’ALTA CLASSE VA A NOZZE CON LA WEDDING PLANNER PIÙ CHIC È stata l’unica italiana in nomination per il Best World’s Wedding Planner e si è aggiudicata il premio Eccellenza italiana agli ultimi Wedding Awards: ecco chi è Giorgia Fantin Borghi ADDIO ALLE NOZZE SONTUOSE,

Ma chi è davvero Giorgia? Nata

agenzia, che diventa, in breve

legati al galateo del matrimonio e

SFARZOSI RICEVIMENTI

a Padova il 1 settembre del 1972

tempo, un riferimento per

alla tavola anche in collaborazione

PER DUECENTO O TRECENTO

si trasferisce a Milano alla fine

aziende nazionali e internazionali

con alcuni dei migliori chef italiani

INVITATI DIVISI ADDIRITTURA

degli anni ‘80. Mentre frequenta

appartenenti ai settori dell’alta

tra i quali Enrico Bartolini, Enrico

IN MOLTEPLICI GIORNI DI

la facoltà di Filosofia, inizia la sua

finanza, del lusso e dell’executive

Cerea, Carlo Cracco, Sergio Mei,

FESTEGGIAMENTI. Le norme

esperienza professionale nel

automotive. Nel 2008 nasce

Tommaso Arrigoni. Collabora

varate dal governo Conte

marketing. Nel 1996 approda

anche una divisione specializzata

come Table Stylist creando tavole

stringono ospiti e scenografia,

sempre diverse e innovative per

riducendo i matrimoni a momenti

aziende e testate del panorama

“selettivi” di feste. E a questo

nazionale. Tra le tante troviamo:

proposito cambiano anche

Richard Ginori, Sambonet,

gli specialisti delle nozze più

Rosenthal, Kering, Limonta Wall

giuste. A parte Enzo Miccio che

Covering, Dalani, Star, Wedgwood,

organizzava nozze fiabesche ma

Whirlphool e San Carlo, mentre

troppo in grande, sulla rampa di

per la stampa: La Repubblica,

lancio c’è una milanese chic del

Donna Moderna, Elle e molte altre.

calibro di Giorgia Fantin Borghi.

Nel gennaio 2017 è stata

Lei si definisce “Apparecchiatrice

protagonista, con autorevoli nomi

seriale di tavole”. Esperta di

nel mondo del design italiano,

galateo del matrimonio e di

di un evento speciale dedicato

storia della tavola, definita dalla

alla tavola in uno degli show-

rivista Elle Spose “una delle 5

room di Soho più rinomati di

top organizzatrici di matrimoni”

New York. E che sono le donne a

è stata inserita da Zankyou-

giocare un ruolo da protagoniste

Italia nel novero dei “10 migliori

nell’economia del post covid

wedding planner di Milano”. Giorgia è la sola wedding planner

soprattutto nel segmento food IN SENSO ORARIO: CARLO CRACCO, ENRICO CEREA, NIKO SINISGALLI E GIORGIA FANTIN BORGHI

and banqueting lo dimostra una

italiana in nomination per il titolo di

a Merrill Lynch dove, nel 2000,

in eventi privati, in particolare

seconda storia di successo.

Best World’s Wedding Planner per

diventa Marketing & Events

matrimoni e ricevimenti di

Quella di Maria Rosito sposata

il contest Elle International Bridal

Coordinator. Nel contempo

grande ricercatezza. Dal 2014

con lo chef stellato Niko Sinisgalli.

Awards ed è stata anche insignita

matura la sua esperienza

viene annoverata tra i soci

È Maria ex modella per le grandi

del premio “Eccellenza Italiana”

nel protocollo nazionale e

Ancep Associazione Nazionale

griffe fra Milano e New York ad

nell’ultima edizione dell’Italian

internazionale affiancando

Cerimonialisti Enti Pubblici.

avere lanciato il Tazio ristorante

Wedding Awards. Oltre ad essere

l’ex ambasciatore americano,

Attualmente Giorgia si occupa

del marito a Roma nella versione

autrice dei libri “Matrimonio da

allora Presidente della Società.

del design, dell’organizzazione

post covid. Sipario alle 24 ma con

Sogno” e “Donne con un Diavolo

Dopo la nascita del primo figlio,

e della produzione di matrimoni

l’obbligo del distanziamento che

per Capello”, di Valentina Edizioni –

nel 2004 Giorgia Fantin Borghi

ed eventi esclusivi e sofisticati

fine avrebbero fatto i ricevimenti

Brioschi Editore.

lascia l’azienda e crea la sua

nonché di workshop tematici

senza l’intuito di Maria?

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