Economy Aprile 2020

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ECONOMY | ANNO IV | N.33 | MENSILE | APRILE | USCITA IN EDICOLA: 31 MARZO 2020 | POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

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Aprile 2020 Euro 3,50

PARLA FRANCO TATÒ: «Il virus peggio della guerra, è un nemico invisibile. Ma l’Italia ha grandi possibilità»

RIALZIAMOCI! IMPRESE, MANAGER

PROFESSIONISTI: L’ITALIA SUL RING DEL DOPO-VIRUS

EMMA MARCEGAGLIA

«Le crisi 2009 e 2012 insegnano che la ripresa va preparata oggi»

MARCO BUCCI

«Il caso Genova dimostra che l’Italia nell’emergenza dà il meglio di sé»

STEFANO CUZZILLA

«Abbiamo mobilitato subito tutte le nostre competenze di manager»

«L’E-LEARNING NON È UN RIPIEGO: È IL FUTURO»

DANILO IERVOLINO (PEGASO): «GLI ESAMI ON-LINE UN GRANDE PASSO AVANTI» REVISIONE CONTABILE

Abbondanza (Rsm): «La svolta del nostro nuovo software»

MERCATO ELETTRICO

DANILO IERVOLINO

Putti (Gme): «Energia, dove deve portarci la transizione»

IL GREEN DEAL DI ALIS

CONFRONTA & VINCI

Proposta organica al governo per la logistica sostenibile

Comparatori, guida ai segreti delle bussole dello shopping

Con i market in franchising l’uomo al centro del servizio

L’a.d. Valérie Lorentz-Poinsot «Bilanciamo vita e lavoro»

I PIANI DI CARREFOUR

BOIRON & IL GENDER




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L’ALTRO EDITORIALE

LE CRISI CHE HO VISTO, IL VIRUS E LE POSSIBILITÀ DELL’ITALIA Conversazione con Franco Tatò: l’umanità e il nemico imprevedibile, la voglia di ripartire, i danni psicologici ed economici, la Germania, l’Europa e tutti noi

“N

e sono certo, quando questa crisi sarà passata, quando il virus sarà debellato, lascerà in tutti noi un gran desiderio di fare, di ricominciare meglio di prima e di riscattarsi. Ma dovremo risolvere grandi problemi, perché il mondo non sarà più quello di prima, e dovremo riposizionarci: non sarà facile”: non è un editoriale a quattro mani, questo che Franco Tatò ha accettato di scrivere con me, ma poco ci manca: è una conversazione sul domani costruita sull’esperienza e di ieri e di ieri l’altro. Esperienza di manager, certamente, ma anche di filosofo – l’altra sua passione – e di “grande anziano”, come senza fastidio accetta di essere definito, anche per spiegare come mai i suoi primi ricordi di una formidabile crisi risalgano nitidi alla Seconda guerra mondiale. IL VIRUS NON LO VEDI È COME IL DESTINO “Ok,proviamo quest’accostamento, quest’analogia con la guerra.

BANDIERE ALLE FINISTRE E FLASHMOB SUI BALCONI: ECCO L’ITALIA CHE SI DÀ CORAGGIO

In questa fase la vedo: la fase della massima virulenza somiglia agli anni in cui la guerra incrudelì. Comiciarono i bombardamenti. La morte arrivò ovunque, senza ragione. Eravamo tutti spaventatissimi. Suonava l’allarme ogni giorno, si scappava nei rifugi. La casa dove vivevo con i miei, in corso 11 febbraio a Torino, venne centrata e distrutta. Ci fu l’allarme, si accesero i bengala, e ricordo la città illuminata a giorno, ci precipitammo in strada scendendo le scale a due a due, cominciammo a correre verso il rifugio più vicino, in via XX Settembre. Arriviamo in piazza del Duomo e

veniamo scossi dalle esplosioni che arrivano dalle bombe cadute su Porta Palatina, che distruggono le strade del quartiere… Vediamo un prete che esce dal Duomo e si avvia in fretta verso il campanile, lo seguiamo ed entriamo con lui nella stanza al pian terreno, sì, proprio nel campanile medievale del Duomo di Torino, in un certo senso più protetti che in un rifugio, con le campane sopra di noi che suonavano… Se chiudo gli occhi rivedo la scena, surreale, pazzesca… Ecco: la sensazione di oggi per certi versi è ancora peggio. È come se fossimo all’aperto durante un bombardamento e

non avessimo alcun rifugio in cui proteggerci. Nente bombe fisiche ma bombe invisbili che ti colpiscono senza fartene accorgere, a caso, e possono colpire chiunque, anche i più cauti. Un rischio di questo genere suscita anche più della paura, suscita angoscia. E complica le decisioni. In guerra sai cosa fare: scappare, contrattaccare. Qui dove scappi? Ottant’anni fa i bombardieri alleati erano ben visibili in cielo, la contraerea cercava di fermarli e a volte ci riusciva. Il virus non lo vedi, ti coglie ma non lo vedi. È come il destino”. LA PROVA DEL FUOCO DEI GOVERNI L’Italia parla di 25 miliardi per ripartire dopo la crisi. La Germania darà la garanzia pubblica a crediti per le imprese fino a 500 miliardi. Il duemila per cento in più. Tu che conosci bene e ami la Germania, come ce la spieghi, in questa guerra globale che ciascun Paese sembra star giocando da solo? “In Germania sono partiti con molto ritardo, poi hanno

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L’ALTRO EDITORIALE COVERSTORY

RICERCATORI ALLE PRESE CON L’ASIATICA NEL 1956

accelerato per recuperare il tempo perduto. Ma tanti Paesi hanno reagito così. In Svizzera, a San Moritz, nella settimana del 9 hanno organizzato una maxicena al Palace… dopo 36 ore c’erano due degli invitati positivi… e in pochi giorni gli infetti sono saliti a 1000 e le vittime a 100 (dati al 14 marzo, ndr). Poi il governo federale tedesco si è scosso ed è partito d’impeto, ma relativamente: deve convincere i Laender e non facile. Il pronostico è che in Germania il virus si esaurirà in autunno. A Monaco il più grande ospedale neuropsichiatrico tedesco è stato chiuso e verrà trasformato in una maxi-struttura per le terapie intensive”. Ma il governo come ne uscirà? “L’esplosione del virus, improvvisa, molto aggressiva, sconosciuta, ha colto di sorpresa tutti… ed ha rappresentato una specie di test, una grande prova del fuoco per le leadership dei vari Paesi. Anche in Germania. I cinesi hanno detto subito cosa stava accadendo, il più bravo è stato Xi Jinping, il più torpido si direbbe Trump. Tra questi due estremi collocherei tutti gli altri, compresi noi e la

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LE LOTTE IN PIAZZA DEL MAGGIO 1968

istituzioni europee, che Merkel, ai quali darei due voti sembrano imbeccate proprio mediocri. Macron sta cercando dalla Germania. La gaffe della di approfittarne poi per farsi Lagarde… “La gaffe non era un profilo da leader europeo, una gaffe, le è scappato di dire lasciando a zero la Merkel, quel che pensa e che farà. Però, che all’inizio è stata titubante, bisogna capire bene cosa c’è perché è una leader azzoppata. dietro e dentro l’atteggiamento In televisione accanto a lei c’era tedesco. Certo, c’è sproporzione il ministro della salute Span, che tra le forze economiche in aveva un’aria disperata, quasi a campo. Ma intanto vorrei sottolineare peggiorativamente sottolineare che la Germania ha quanto diceva la Cancelliera. accumulato ritardi gravissimi Tutto sommato il governo nella digitalizzazione e non ha italiano – pur tra vari incidenti di minimamente previsto la crisi comunicazione – tenuto conto dell’auto, precedente al virus, che siamo stati l’epicentro per cui con dell’ondata L’ESPLOSIONE IMPROVVISA questo maxi epidemica, DEL VIRUS RAPPRESENTA stanziamento di si è difeso UNA SORTA DI TEST dignitosamente. PER I LEADER DEI VARI PAESI garanzie e altri interventi vuole Penso riposizionare tutto. terrorizzato a cosa sarebbe Dietro lo scudo delle terapie accaduto se avessimo avuto al antivirus c’è l’opportunità di vertice Salvini, che ha cambiato ristrutturare l’intera economia idea venticinque volte in dieci nazionale. E poi c’è un altro giorni…”. tema, cruciale. Noi italiani tendiamo a chiedere aiuto allo LA GERMANIA Stato. Le aziende chiedono la E LA SOLIDARIETÀ cassa integrazione in deroga, Ok, ma fa contrasto la il differimento dei contributi, mobilitazione economica la sospensione delle tasse. I che Berlino promette ai suoi tedeschi cercano sempre di cittadini sia sul fronte delle evitare tutto questo. Spostano tutele sanitarie che su quello l’obiettivo dagli aiuti agli del sostegno alla ripresa e investimenti. la prudenza diffidente delle

E vogliono approfittare della crisi per rifare le infrastrutture”. IL RUOLO DEBOLE DELL’EUROPA Ma essendo la Germania la nazione di gran lunga leader in Europa, quest’atteggiamento tedesco limita – si direbbe – la mobilità decisionale della politica economica dell’Unione! “Indubbiamente almeno nei primi giorni d’azione sulla crisi del virus la Van Der Layen ha dimostrato che accanto a tante buone qualità patisce anche una sua debolezza di fondo. Ed ha perso la grande occasione di assumere un ruolo di leadership nella gestione della crisi. Rispondere che le regole sottoscritte dai partner dell’Unione europea soci non prevedono che la Commissione si occupi in maniera centrale di sanità, anche solo per coordinarla, perché la sanità è prerogativa dei singoli Paesi, è una risposta debole. Perdere il treno sulle questioni centrali e poi fare discorsi sentimentali come quello che ha fatto in italiano sugli italiani, nella sua posizione, diventa ridicolo. L’epidemia dimostra che appena si è trovata di fronte


IL DRAMMATICO EVENTO DELL’11 SETTEMBRE 2001

ma politico-sociale, che fu il a un problema collettivo grave, ’68: vivevo a Parigi e ne ebbi che non si risolve con gestioni esperienza diretta! Addirittura fui nazionali, l’Europa come coinvolto in una rivolta di piazza istituzione è scomparsa. pericolosissima! Ricordo che ero Pensa se domani nascesse rientrato dal Brasile e, stordito in Cina un Xi Jinping Khan, dal jet-lag, mi ero messo giù a immendamente ricco e magari dormire a casa, senza leggere anche alleato con Putin, un giornale, senza sentire la che decidesse di invadere radio. Quando mi svegliai era militarmente l’Europa per un pomeriggio. Decisi di andare annettersela e spartirla con la al cinema, a piedi, a Boulevard Russia, cosa farebbe l’Unione Saint Germaine. Non ricordo europea, con un suo esercito nulla del film, salvo che la non ce l’ha? I singoli Stati sala era quasi vuota e che manderebbero le loro polizie notai una bellissima ragazza municipali a difendere i confini? seduta distante Abbiamo un AL PRIMO PROBLEMA evidentemente ministro degli COLLETTIVO GRAVE Esteri europei, L’EUROPA COME ISTITUZIONE italiana perché È SCOMPARSA leggeva Lotta come no! Ma che Continua. Alla ce ne facciamo fine uscii, mi trovai che era se non c’è un esercito europeo? venuto buio e che i rivoltosi La diplomazia è una guerra avevano creato una barricata al combattuta con altri mezzi, centro del boulevard, contro la diceva Von Klausewitz!”. polizia. Non feci quasi in tempo ad accorgemi del perché e mi LE CRISI DEL PASSATO ritrovai faccia a faccia con uno “Nel ’56 ci fu l’Asiatica in sconosciuto, col volto coperto Europa, sì: ma non ho alcun da una banda di stoffa, che ricordo di panico popolare o gridava: “à l’école des beauxdirettive pubbliche importanti. arts!”, correndo. Scoprii dopo Se ci furono, non me ne accorsi che era uno dei due capi del proprio: ero un neolaureato che movimento studentesco. Mi si specializzava ad Harvard… misi a correre dietro di lui, Invece ricordo quell’altra crisi perché alle spalle incalzavano i epocale, certo non epidemica

NEL 2008 IL CROLLO DELLE BORSE

poliziotti che spazzavano le vie a manganellate. Due giorni dopo accesi la radio per caso e sentii in diretta il discorso del generale De Gaulle al popolo francese: “Cittadini, l’esercito con 200 carri armati ha circondato Parigi. La ricreazione è finita. Viva la Repubblica. Viva la Francia”. Nel 2001 ero amministratore delegato dell’Enel, ricordo perfettamente che quel lunedì 11 settembre avevo la televisione accesa su Bloomberg e vidi in diretta il secondo aereo schiantarsi nella torre. Rispetto alla crisi di oggi ci vedo molte analogie quanto all’angoscia, alla paura dell’ignoto, perché anche allora come oggi nacque in tutti la paura dell’ignoto, del nemico invisibile, dell’integralista islamico perfettamente mimetizzato che poteva farci morire ovunque in ogni istante insieme a lui… Però la polemica politica era diversa, l’impatto sull’economia fu molto meno forte di quel che stiamo riscontrando oggi e infatti il business non si fermò forse nemmeno un giorno. Infine la crisi del 2008-2009. Guidavo la Treccani, e dal 2011 al 2014 sono stato presidente della Parmalat. La Parmalat, nel

giro di qualche anno, da caso emblematico mondiale di cattiva gestione si trasformò in un oggetto di desiderio per tutti i grandi investitori internazionali, nonostante il contesto di crisi… Vennero gestiti al meglio i cocci di una crisi finanziaria nata dopo le Due Torri, e nonostante l’ulteriore crisi economica mondiale…niente male! E poi la Treccani: se evitò il fallimento, posso dire serenamente che dipese dalla gestione che ne facemmo durante il mio mandato. Mettere on-line i lemmi fu la svolta. Contrastata da tanti, eppure fatta, e rivelatasi decisiva. Detto questo, aggiungo che però questi accostamenti con l’attualità non funzionano. Le crisi puramente economiche non sono confrontabili con questa che ci si prospetta”. Un’altra domanda, la più sgradevole. Che si prova, a una certa età, a leggere come un’attenuante che questo virus miete vittime prevalentemente ottantenni? “Qualche giorno fa ho mandato un tweet: ‘Il virus colpisce soprattutto gli anziani: stiamo facendo un megaringiovanimento della società!’”. È stato molto citato il Manzoni, in queste settimane, per le sue memorabili pagine dei Promessi Sposi sulla peste. Nessuno ha citato però quella cinica battuta di Don Abbondio: “La peste è stata una grande scopa”. Che ne pensa? “Che quella battuta è rimasta nella mia memoria dai tempi dei liceo. Evidentemente colpisce. Ma Don Abbondio non è un personaggio esemplare!”.

a cura di Sergio Luciano 9


SOMMARIO

Aprile 2020 015

COVER STORY

NEL DOPOGUERRA SIAMO DA SEMPRE I PIÙ BRAVI

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L’INTERVISTA/1 EMMA MARCEGAGLIA

018

L’INTERVISTA/2 MARCO BUCCI

Le stime sull’impatto economico del Covid-19 fanno paura. Ma le difese - forse - stavolta ci saranno Il passato ci insegna a costruire oggi la ripresa Lasciamoci guidare dall’esempio di Genova

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022

007 L’ALTRO EDITORIALE

026

CONVERSAZIONE CON FRANCO TATÒ

La crisi che ho visto, il virus e le possibilità dell’Italia (a cura di Sergio Luciano)

033 GESTIRE L’IMPRESA

028

053 FINANZIARE L’IMPRESA

Ora la revisione si fa con l’A.I.

056

FACTORING

058

NSA ECONOMY RANKING

SALARY SATISFACTION

061 GREEN ACTION

036

LEADERSHIP FEMMINILE

che (ancora) non si vede

038

B-CORP

Il panino farcito di sostenibilità

042

CYBERSECURITY

Il virus dell’ingenuità

045 WORKSHOP FORMAZIONE ORIENTARSI

L’INTERVISTA/4 FRANCESCO ROTONDI

Imprese, il “cigno nero” detta nuove regole

079 STORYLEARNING

L’arte grafica made in Italy

I soldi non fanno la felicità Il karma di Wonder Woman

INTERVISTA/3 STEFANO CUZZILLA

Manager in prima linea a ripensare il futuro

Ecco il fondo anti credit-crunch

IL DECRETO “CURA ITALIA”

Terapia palliativa per le imprese

RSM SOFTWARE

ECONOMIA REALE

Siamo in guerra, rialziamoci così

WIND TRE

Un solo brand per la sfida del 5G

LA TRANSIZIONE ENERGETICA

082

CINESKY

067

BANCA IFIS

084

CANNABIS

068

ALIS

086

FERVO

072

SMART MOBILITY

088

SURVEYEAH

076

BE FACTORY

090

RESTAURANT GROUP

Dal grafene alla pelle vegan Il Green Deal della logistica Attrezzarsi con le wall box

In volo il film è edulcorato Il business (non) stupefacente L’importanza della self-performance Il successo (non) è un’opione Il collezionista di locali

Si fa presto a dire coach

048

PEGASO

092

STEP

050

LIUC

094

FOORBAN

Il futuro è tracciato

A lezione di etica

061 10

L’incubatore green di Rovereto

La seconda vita di un’impresa La pausa pranzo hi-tech


SOMMARIO

Approfondimenti

012

100

012

TRA ME E TECH di Andrea Granelli

099

UOMINI & DENARI di Alfonso Ruffo

100

CULTURA D’IMPRESA Un valore da rilanciare

102

PRIOLO GARGALLO Il triangolo della morte

104

TEMPA ROSSA Basilicata versus “gretinismo”

107

DISRUPTION Il ciclo prossimo venturo

113

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

114

CI PIACE/NON CI PIACE I promossi e i bocciati del mese

116

QUI PARIGI/QUI DUBAI Uno sguardo sul mondo

121 COMUNICARE L’IMPRESA

139

E POI....IL PIACERE

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi redazione@economymag.it Hanno collaborato Silvia Antonini, Ugo Bertone, Maddalena Bonaccorso, Danilo Broggi, Giuseppe Capriuolo, Giovanni Ceci, Giuseppe Corsentino, Lorenzo Dornetti, Marco Folcia, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Andrea Granelli, Franco Oppedisano, Donato Pastore, Marcello Presicci, Claudio Riva, Alfonso Ruffo, Giancarlo Salemi, Roberta Schira, Monica Setta, Chiara Volonté Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni

Quella dei social si “cura” così

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FUTURE BRAND

C’È INFLUENZA E INFLUENZA

All’inseguimento dei giovani

DISTILLATI Quella “e” che fa la differenza

141

PALAZZO GHERARDI

142

MOTORI

LE RAGIONI DEL GOSSIP

127

FRANCHISING & RETAIL

LA GUERRA DEI PREZZI

Si combatte online

146

130

CARREFOUR

133

134

136

Da dipendente a imprenditore

Vivere il Quattrocento

Ecco l’auto a idrogeno a cura di Monica Setta

Comitato scientifico Pier Carlo Barberis, Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Editore incaricato Domenico Marasco Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Responsabile commerciale Fabrizio Spaolonzi Casa editrice Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993

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NEWS DALLE AZIENDE

Le opportunità di business

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Numero chiuso in redazione il 19 Marzo 2020

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COVERSTORY

Non è solo «smart working» ma una rivoluzione culturale di Andrea Granelli

R

ecenti studi hanno dimostrato che è necessario integrare sistematicamente la considerazione del rischio di pandemie nella pianificazione dello sviluppo sostenibile: l’emergenza delle malattie infettive è tra le conseguenze del cambiamento ambientale. E invece, la reazione del mondo del lavoro – con il ricorso forzato allo Smart Work – sembra invece molto congiunturale e soprattutto reattiva. In realtà siamo di fronte a una trasformazione epocale del modo di lavorare. Che sta, tra l’altro, determinando un impoverimento dei processi formativi – ancora centrati sull’esperienza di aula – sia per la progressiva riduzione delle sessioni formative in presenza sia per la loro «sostituzione» con una versione banalmente digitalizzata (e quindi nei fatti degradata). E invece il digitale fornisce e soprattutto potrà fornire molti contributi positivi, sia nei processi di apprendimento sia in quelli lavorativi. È quindi opportuno studiare nuove configurazioni o meglio ibridazioni non solo fra il fisico e il digitale ma anche fra i processi di formazione e i processi di lavoro.I futuri leader, pertanto, dovranno essere completamente a loro agio anche negli ambienti digitali, dove imposteranno anche il proprio potenziamento personale nonché l’apprendimento continuo. Ciò non vuol dire assolutamente puntare all’«all-digital» ed eliminare le relazioni dirette, ma piuttosto trovare nuove forme di interazione che estraggano il meglio da ciascuna tipologia di esperienza. È pertanto riduttivo parlare di smart work. Forse sarebbe opportuno incominciare a parlare di “nomadismo digitale”, che si basa su due importanti capacità: usare al meglio le nuove piattaforme digitali e le potenzialità dei dati; saper lavorare – dovunque – senza perdere in efficienza e in efficacia. La sfida è quindi sia educativa – formare la classe dirigente a un nuovo modo di lavorare, fortemente digitally enabled – sia organizzativa: ridisegnare i processi aziendali facendo in modo che sia la dimensione digitale che la remotizzazione siano la regola e non l’eccezione. Si dovranno dunque riprogettare processi e modelli organizzativi per gestire, in modo nativo, queste nuove forme di ibridazione fra presenza fisica e

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USARE AL MEGLIO LE NUOVE PIATTAFORME DIGITALI E LE POTENZIALITÀ DEI DATI CON UN APPROCCIO PROATTIVO partecipazione in digitale. E per fare ciò si dovranno privilegiare i contesti – siano essi fisici o digitali – dove verrà prodotto il maggior valore aggiunto. Sarà allora necessario condurre una vera e propria anatomia dei principali processi e comportamenti aziendali per riprogettarli con la lente del digitale, riaccorpando in modo innovativo la dimensione in presenza con quella digitale. Consideriamo l’interazione one-to-one: non è sempre la modalità più efficace. Prendiamo ad esempio una sessione periodica di mentorship o di coaching. In questo caso – dove la relazione fra i due interlocutori è già attiva e consolidata – la sessione su skpe è superiore rispetto alla versione “tradizionale”. Oppure il caso delle riunioni. Con questa parola indichiamo un insieme estremamente articolato di eventi aziendali con anche differenti setting e finalità. Partendo dalle finalità e dagli output attesi, possiamo identificare sette tipi di riunione: per decider, per negoziare, per controllare (gli stati di avanzamento, gli andamenti economici), per produrre (un documento, una relazione, un nuovo approccio al mercato), per formare, per illustrare (un progetto, un nuovo prodotto, una scelta aziendale), per intrattenere (alimentando team building e spirito di appartenenza).È quindi evidente che non possono essere gestite allo stesso modo. Siamo quindi all’inizio di una nuova stagione, dove le pratiche di lavoro, rilette con la lente del digitale, saranno molto diverse da quelle a cui siamo abituati. E quindi l’emergenza Coronavirus andrebbe vista come un’occasione per suggerire un approccio allo Smart Work che deve diventare non reattivo ma proattivo.




COVERSTORY NEI DOPOGUERRA SIAMO DA SEMPRE I PIÙ BRAVI PREPARIAMOCI AL "VIA" E COMPRIAMO ITALIANO Le stime sull'impatto economico del Covid-19 fanno paura. Ma le difese - forse - stavolta ci saranno. Non ci resta che allenarci per un nuovo Dopoguerra vincente di Sergio Luciano

U

n calo del Pil 2020 tra il 3 e il 4%, una percentuale di aziende che falliranno stimata nel 10% da Cerved, un 5% in più di disoccupazione; un rapporto tra il debito pubblico e il Pil che salirà dall’attuale 135% verso il 150%. Lo stillicidio di funeste previsioni nuoce all’umore di queste settimane surreali quasi quanto il virus alla salute. Non uccide ma deprime. E bisogna reagire. In tutti i pochi modi possibili. Tra i quali, comprare italiano. E quando si potrà riprendere a farlo, viaggiare in Italia e fare vacanze in Italia. No, non è una cosa di destra né tantomeno sovranista, per quanto la dicano Salvini e Di Maio. Anche un orologio fermo, due volte al giorno per un secondo indica l’ora esatta. È una cosa di buon senso. Qualche bello spirito ha iniziato a sfottere dicendo che a comprare italiano si danno soldi a filiere che poi per l’80% trasferiscono quel valore in Paesi stranieri e che invece a volte comprando straniero si dà linfa a subfornitori italiani. In parte è vero, per alcuni settori, ma dipende. Il “chilometro zero” è italiano per definizione. E tenere all’interno dei conti nazionali una parte più rilevante del valore aggiunto, indirizzare la ricchezza privata delle famiglie più all’interno che all’esterno del nostro organismo socio-economico non è di destra né di sinistra. Il decreto di marzo “Cura Italia” stimola direttamente soltanto la domanda aggregata del settore sanitario, e meno male. Per il resto aiuta ma non rilancia. Occorreranno i nuovi aiuti e poi una poderosa – quella sì – stagione di in investimenti pubblici. Occorrerà fare deficit e quindi aumentare il debito, sperando che la fucileria della Bce contenga davvero lo spread. Al momento, tra i primi 120 miliardi stanziati per il virus, i successivi 750 e gli altri, ordinari, già previsti, la Banca centrale europea ha 1.000 miliardi di euro di munizioni pronte per arginare la speculazione. Il 17% può essere speso per i Btp itaiani. Speriamo li usi. Quando l'epidemia passerà - perché passerà! - il mondo si ritroverà

Continua nel box a pag.17 >

Che c'entra Rocky con il Covid-19? È un'icona italiana famosa nel mondo, creata a Hollywood non a caso. Il carattere italiano ammesso tra i miti americani è ciò che più ci serve adesso: non tanto la potenza, quanto la resistenza, la tenacia, la fantasia. Da sempre, le doti del made in Italy. Per vincere il prossimo round.

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20

MARCO BUCCI

ECONOMIA REALE

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DECRETI

SMART WORKING

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FEDERMANAGER

CONFPROFESSIONI

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LASCIAMOCI GUIDARE DALL'ESEMPIO DI GENOVA

IL "CURA ITALIA" È UNA TERAPIA PALLIATIVA

IN TRINCEA A GESTIRE E PIANIFICARE IL FUTURO

DIRITTO DEL LAVORO IMPRESE, IL CIGNO NERO DETTA NUOVE REGOLE

SIAMO IN GUERRA RIALZIAMOCI COSÌ

CI VOLEVA L'EMERGENZA PER DIGITALIZZARCI?

UN PIANO STRAORDINARIO PER I PROFESSIONISTI

DONAZIONI

IL CONFORTO DELLA SOLIDARIETÀ

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COVERSTORY

«IL PASSATO C'INSEGNA A COSTRUIRE OGGI LA RIPRESA» Intervista con Emma Marcegaglia, già presidente della Confindustria nel 2008-2009 e nel 2011-2012. «Ricordo due periodi durissimi, ma so che la reazione giusta è la calma, la compattezza, la voglia di preparare il dopo» di Sergio Luciano particolare vantaggio dalla ripresa». Ma cosa si prova, in posizioni di grande COMPLESSA, BISOGNA COORDINARSI, responsabilità, quando da un giorno ESSERE TRASPARENTI, RESISTERE: MA all’altro il mondo sembra crollarci INTANTO PENSARE GIÀ AL DOPO, A COME addotto? Per esempio quando fallì la RIPRENDERCI. E non guasta un po’ di sano Lehman Brothers e i mercati crollapatriottismo, ricordarci che siamo un grande rono? popolo. Del resto, ci stiamo comportando Arrivò senza avvisaglie, non c’era stabene, stiamo facendo da test per tutti, siamo to nessun segnale che ci facesse preil primo Paese a gestire una pandemia in un parare. Ce la siamo trovata davanti regime pienamente democratico». Emma all’improvviso, con quei crolli di Marcegaglia, imprenditrice e presidente Borsa pazzeschi e con i fatturati che dell’Eni, era al vertice da un mese «IL CRACK DELLA LEHMAN BROTHERS della Confindustria all’altro ARRIVÒ DEL TUTTO INATTESO, sia quando esplose andavano CI PIOMBÒ ADDOSSO E VEDEMMO la crisi finanziaria giù del 50%. RICAVI E ORDINATIVI DIMEZZARSI» del 2008-2009 sia Quel che io mi riquella successiva del debito sovrano, nel cordo è che come presidente della Con2012. E ha vissuto sulla sua pelle lo stress findustria sono stata tantissimo in giro di un evento imprevedibile, globale, ed sul territorio. Illustravamo le strategie economicamente devastante come minaccia di difesa e di resistenza, portavamo a di essere il coronavirus. «Proprio sulla base tutti gli esempi dei migliori. Ricordo un di quelle esperienze dico che nel gestire bellissimo documento del Centro Studi l’emergenza bisogna sapere pensare anche dove evidenziammo quali erano state al dopo, dedicarci almeno il 30 per cento del le strategie vincenti in quel periodo. nostro tempo. Se saremo i primi a uscirne, Certo: alcuni poi non ce l’hanno fatta, com’è lecito sperare, essendo stati i primi ma molti altri ne sono usciti rafforzati. a essere colpiti, potremo anche trarre E che insegnamenti ha tratto da «NON BISOGNA FARSI PRENDERE DAL PANICO. LA SITUAZIONE È CERTAMENTE

CONTINUA DA PAG. 15 > sotto un cumulo di macerie economiche che gli Stati più finanziariamente deboli come il nostro faranno più fatica a scuotersi di dosso. Ma se come Stato siamo deboli, come cittadini siamo finanziariamente ancora abbastanza benestanti (non quanto prima della crisi 2008-2009). Possiamo ricominciare a spendere e a investire. Possiamo rialzarci, come auspica la nostra copertina. E lo Stato? Anche, se rimetterà in moto il ciclo virtuoso dell’economia. Ma anche e soprattutto a un’altra condizione. Basta incompetenti al governo. Qualche ministro di questo esecutivo,

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per il solo fatto di essere stato nominato a rappresentare il Paese ne costituisce in realtà un vilipendio. Basta incompetenti e largo, invece, a politiche ambiziose sostenute e attenuate da tecnici eccellenti. Scelte imprenditoriali, mani manageriali, burocrazie ridotte al minimo indispensabile, come con un grande commissariamento per quello che dovrà essere un febbrile - ma di febbre buona - cantiere nazionale. È un’utopia, si sa. Ma l’Italia dà il suo meglio - e da millenni – nelle emergenze, nei Dopoguerra. E poiché questa del virus è una guerra, c’è solo da sperare di incominciare presto il nuovo Dopoguerra.


RIALZIAMOCI

BISOGNA RESISTERE AL PANICO, UNIRSI, DEDICARE DA SUBITO UNA BUONA PARTE DEL LAVORO DI OGNI GIORNO A PREPARARE IL DOPO quell’incubo? Innanzitutto: stare uniti, respingere il panico, interrogarsi su quali fossero appunto le reazioni più giuste. Chiedersi ad esempio se bloccare gli investimenti o no, cercare di decidere razionalmente. Sul piano piscologico, l’imperativo era quello della calma per sopravvivere nel breve. Sul piano strategico, costruire la ripresa. E molte aziende in quel periodo adottarono strategie corrette per risalire la catena del valore, fare più ricerca ed innovare. Nelle statistiche quello scalino si vede chiaramente. Il valore aggiunto medio dei prodotti italiani s’è alzato. Chi ce l’ha fatta è diventato più solido, più forte e più competitivo. Lei personalmente si trovò di fronte a una tempesta perfetta, e in un ruolo di grandissima visibilità e responsabilità. Come lo visse? Ricordo una fase di grande fatica fisica, viaggiavo tantissimo, vivevo al telefono e avevo anche una figlia piccola da seguire. E poi le trattative con il governo, i sindacati, l’Abi. Ci inventammo allora le moratorie sui mutui, la Cassa integrazione in deroga nacque lì. E poi le relazioni interne con la nostra base confindustriale.

Momenti di sconforto? Sono sicura che la globalizzazione non fiQualcuno. Quando sembrava che il calo non nisca certo qui. Però in passato c’è forse finisse più… Però ricordo anche una grande stata come un’ubriacatura che ha indotto a solidarietà: il Paese si unì. Gli imprenditori qualche eccesso. Tutte le catene del valore erano arrabbiati ma compatti. E alla fine si si sono spostate verso la Cina, che è diveniniziò a vedere pian piano che quest’inferno tata l’officina del mondo: materie prime e stava finendo. semilavorati, componentistica e manifatPer poco: poi arrivò il 2011… tura. L’Occidente lì solo a dare le finiture e Per certi versi fu anche peggio. Prima del applicare i marchi. Eccessivo. Forse questa 2008 avevamo inanellato alcuni anni buobatosta potrà indurci a riequilibrare un po' il ni, molti di noi avevano accumulato solide sistema, alcuni anelli della catena del valore riserve. Nel 2011-12 non fu così. Quando lo potranno forse tornare all’Ovest. Ma questo spread arrivò a 570, la tensione andò alle non vuol dire rinnegare le tante cose buone stelle. Ricordo telefonate da cardiopalmo fatte globalmente. Del resto, i Paesi europei con i massimi livelli istituzionali, e con un e il Nordamerica hanno un sistema di costi sensazioni di rischio sistemico imminente. da tenere in considerazione. Però certo: ci Ricordo quella crisi con più ansia che non vuole più equilibro e secondo me ci sarà. la prima. E mentre la prima era mondiale, la Mi auguro che avremo ancora la globalizzaseconda si focalizzò sull’Italia. zione, sì, ma con una nuova attenzione alla E nel frattempo, lei seguiva anche le vicircolazione dei beni, con meno eccessi e più cende del suo gruppo di famiglia con alregole. Di sicuro, niente protezionismo. trettanta apprensione… Infine il fronte europeo, un'altra sua E per seguirle facevo i salti mortali, giornate esperienza unica, con la recente presida venti ore… Ma ecco, noi per fortuna vedenza di BusinessEurope. Il cigno nero nivamo da anni molto buoni. Ricordo che il del virus sembra aver ridato vita ai pegprimo anno perdemmo la metà del fatturato! giori particolarismi. Ma riuscimmo a non fare cassa integrazione. Sull’Europa mi vien da dire: se non ora, Ci accordammo col quando? La presiSUL RUOLO DELL'EUROPA MI DICO: sindacato per creare dente Van der Layen SE NON ORA, QUANDO? È IL MOMENTO una banca delle ore ha detto subito che DI DIMOSTRARE IL SENSO DELL'UNIONE lavorate, per comil patto di stabilità è CON UN GRANDE PIANO COMUNE pensare il minor lasospeso, ed ha fatto voro della crisi con il maggior lavoro della bene. Ma non basta. Adesso bisogna fare di ripresa, a retribuzione costante. E non abpiù. Sentiamo parlare di emissioni di healt biamo fermato gli investimenti. Anche lì: fu bond, di eurobond, innovazioni importanti e questione di forza, determinazione, niente necessarie per finanziare un grande piano panico, massima attenzione alla cassa… Nel di sostegno all’economia. In questa situaziogiro di un anno e mezzo di siamo ripresi… E ne se l’Europa non reagisce con forza anche sempre presenti in azienda: anche adesso, le i più convinti europeisti tentennano. Se si parlo dall’ufficio di Gazoldo. Le nostre perarriva a concepire di chiudere le esportasone sono in smart-working per la grande zioni di mascherine o respiratori e ciascuno, maggior parte, ma noi siamo qui. È imporda solo, deve andarsele a cercare in Cina, tante far sentire ai tuoi stakeholder la tua se manca un grande e corale supporto alle presenza e il tuo impegno e la solidarietà imprese e alle famiglie… vien meno il senso con i lavoratori. stesso dell’Unione. Ecco: questo è veramenLa globalizzazione riprenderà il suo corso te il momento di un’Europa che dimostri di come gliel’abbiamo visto compiere finoessere unita attuando un grande piano di ra? ripresa comunitaria.

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LASCIAMOCI GUIDARE DALL'ESEMPIO DI GENOVA Lavorare "in parallelo" anziché "in serie”, ricorrere (anche) alla negoziazione privata e affidarsi solo a persone competenti: solo così, secondo il sindaco-manager Marco Bucci, si può "battere" la burocrazia di Riccardo Venturi «RICORDATE GENOVA? QUESTO MODELLO CI INSEGNA CHE QUANDO IL NOSTRO PAESE VIENE COLPITO SA RIALZARSI, SA FARE SQUADRA, SA TORNARE PIÙ FORTE DI PRIMA. Lo

applicheremo ovunque sia possibile. Il modello Genova deve diventare il modello Italia». Lo ha solennemente affermato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel messaggio agli italiani sull’emergenza Coronavirus. Il commissario per la ricostruzione del ponte Morandi è il sindaco di Genova Marco Bucci, 61 anni, una specie di alieno della politica italiana. Lo dimostra il suo curriculum: presidente di Carestream Health a Rochester negli Usa, vicepresidente di Sgs a Ginevra, ceo di Eastman Kodak Company tra Genova e New York, prima di guidare Liguria Digitale e diventare sindaco a fine 2017. In questa intervista Bucci promuove la figura del sindaco come baluardo italiano della democrazia che funziona, ma non nasconde la fatica della battaglia contro la burocrazia - «una grossa frustrazione, pensavo in un anno di abbatterla al 90%, ne sono passati due e mezzo e sono al 45%», dice - e afferma: dobbiamo applicare al settore pubblico le tecniche del management e della leadership sviluppate in quello privato. Quella del sindaco è forse l’unica figura democratica in Italia che funziona. I poteri che gli sono attribuiti sono l’antidoto giusto contro la deriva autoritaria che può derivare dalla reazione all’eccesso di democrazia che

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blocca tutto? Ottima domanda. È vero, il sindaco ha dei poteri. Quel che ho cercato di fare qui a Genova, e diciamoci la verità, ha avuto parecchio successo, è che il sindaco ha il dovere di ascoltare tutti. Non può pensare di avere ragione, deve sempre ascoltare l’opinione di tutti; poi però deve prendere una decisione. Il dovere di decidere è importantissimo, in passato il sindaco talvolta non lo faceva mai. Invece deve prendersi questa responsabilità: anche una cattiva decisione è meglio di una non decisione, che frena il sistema. C’è poi da considerare che il sindaco è a BISOGNA APPLICARE AL SETTORE PUBBLICO LE TECNICHE DEL MANAGEMENT E DELLA LEADERSHIP SVILUPPATE IN QUELLO PRIVATO

tempo, per cui la deriva autoritaria, nel caso in cui ci fosse, viene fermata dal tempo. La legge elettorale per l’elezione dei sindaci incide? Secondo me è la migliore in assoluto, con il ballottaggio consente veramente di trovare chi si deve prendere le responsabilità, identificato con un nome e un cognome assieme a tutta la giunta. Quando questa fallisce, non ha più la maggioranza o non è in grado di prendere decisioni, se ne va a casa e si ritorna a votare. Il fatto che in Italia si pensi che quello dei sindaci sia un sistema efficiente deriva anche dal fatto che

c’è una legge elettorale di questo tipo che garantisce la democrazia, ma la democrazia deve essere in grado di prendere delle decisioni. Attenzione però, non è tutto positivo. Quali sono i limiti che si trova ad affrontare? È vero che il sindaco ha parecchi poteri dal punto di vista delle competenze assegnate in tanti ambiti della vita di una città. Ma alcuni mancano completamente. Per esempio, pur avendo il sindaco la responsabilità della salute della città, in realtà non ha neanche un euro, perché tutte le risorse vanno alla Regione: questo per me è l’esempio più eclatante della distorsione che c’è negli strumenti legislativi. La sua lunga esperienza da manager di aziende internazionali la aiuta? Ho 35 anni di business sulle spalle, e ho fatto 22 anni di scuola di management negli Stati Uniti. Management e leadership vuol dire occuparsi delle persone umane, che sono identiche nel settore privato e in quello pubblico, per cui le competenze, le skills e il modo di lavorare del privato possono essere benissimo applicati al pubblico. La grossa differenza la fa il sistema premiante. In che modo? Nel privato c’è un sistema premiante che è molto più importante di quello che c’è nel pubblico, e questa è una leva motivazionale importantissima per ottenere risultati. Quando parlo di sistema premiante intendo bastone e carota,


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tutti e due servono, soprattutto in certe situazioni in cui anche il personale apicale è stato magari scelto non solo per la competenza ma anche per alcuni condizionamenti politici. Non è certo il mio caso, ma è successo: ci si trova ad avere delle situazioni in cui i precedenti condizionamenti politici hanno sviluppato l’organizzazione anziché la performance e il raggiungimento di risultati. Le tecniche adottate nel sistema privato dovrebbero essere quindi utilizzate anche in quello pubblico? IL SINDACO DI GENOVA MARCO BUCCI Dobbiamo applicare i risultati degli studi sul management e sulla leadership anche al sistema pubblico. La prova è il cosiddetto mogatorie. Questo crea un po’ di rischi in più, ma dello Genova, quello che abbiamo fatto con la con un controllo adeguato si ottiene un’ottimizstruttura commissariale che è libera da alcuni zazione dei tempi evitando i rischi. La legge 130 vincoli e infatti funziona. Non è un caso, non è è del 14 novembre, noi il 15 dicembre abbiamo merito delle persone, ma solo dell’applicazione fatto partire il cantiere per il nuovo ponte. Sedi alcune tecniche di management che sono condo: l’uso dell’art. 32 della legge europea sutipiche dell’industria privata. Nella struttura gli appalti, ovvero il fatto di fare manifestazioni commissariale si entra solo a chiamata, e chi di interesse e una negoziazione privata anziché entra ha un bonus previsto dal decreto, questo una gara. Si sentono tutti quelli che fanno ofovviamente solo per chi è in grado di otteneferte per le opere e si sceglie la migliore, senza re risultati e li ha ottenuti. Va sottolineato un fare graduatorie. Terzo: prendere persone adeaspetto fondamentale. guate per il lavoro. La struttura commissariale Quale? è fatta tutta di persone NEI SISTEMI ORGANIZZATI NON VIENE Nei sistemi organizzamotivate, che hanno le PREMIATO L'IMPEGNO, MA IL RISULTATO: ti non si premia l’imskills necessarie. QueECCO L'ISPIRAZIONE CHE HA GUIDATO pegno, ma i risultati. sti tre concetti sembraLA GENOVA DEL POST-MORANDI Tanto impegno senza no banali, ma portano risultati non serve. Se uno è bravo a ottenere il all’ottenimento del risultato. risultato con poco impegno beato lui. Ma quel Per questo il modello Genova è stato citato che conta è il risultato. Questa è una grande difcome esempio dal presidente del Consiglio ferenza di visione che fa parte della rivoluzioConte? ne di aver applicato certe tecniche tipiche del Mi fa molto piacere e ha assolutamente ragiosistema privato, non legate al consenso che si ne, se vogliamo arrivare a risultati in tempi breottiene attraverso i voti, ma all’ottenimento del vi nei costi giusti e con le caratteristiche giuste, risultato. oggi la tecnologia e gli studi ci mettono a dispoQuali sono i segreti del modello Genova post sizione questi modelli che sono considerati i Morandi? migliori in assoluto, non li ho inventati io. Quei Primo: andiamo in parallelo e non in sequentre punti sono utilizzabili anche da sindaco, lo ziale, chiunque abbia fatto project management faccio tutti i giorni tranne quando ci sono leggi sa che oggi bisogna fare così. Se devo compiere precise che mi mettono i bastoni tra le ruote. 5 azioni e le faccio ciascuna una dopo l’altra imSi riferisce al suo più grande cruccio, la bupiego un certo tempo; se le faccio partire tutte rocrazia? assieme i tempi si accorciano, il che non vuol Esatto. La burocrazia è un problema enorme dire usare scorciatoie e non fare le cose obbliche nasce da una visione sempre seguita fino

a oggi: il codice appalti ne è l’esempio più chiaro. Devo gestire un sistema che ha derive che non mi piacciono, quindi metto un sistema con molti paletti per evitarle. L’effetto è un grande rallentamento di tutto, talvolta l’impossibilità di andare avanti. L’alternativa è questa: il sistema è sempre lo stesso, potrebbe avere delle derive terribili, allora facciamo in modo che le cose vengano fatte in fretta e mettiamo un sistema di controllo globale. Il primo che sgarra lo puniamo severamente: nel giro di un mese o va in galera, o paga un sacco di soldi, o gli fallisce l’azienda: chi si comporta male deve essere eliminato dal sistema, come accade nel mondo anglosassone. Sono convinto che si otterrebbe molta più efficienza. Siete riusciti ad abbattere i tempi per le istanze per i permessi di costruire da 117 a 44 giorni. Un grande risultato, apprezzato da cittadini e professionisti. Ma quando l’ho visto ho pensato; è una vergogna, se andassi online per comprare qualcosa da Amazon, e mi dicessero: te lo diamo fra 48 giorni, ci vuoi scommettere che comprerei da qualcun altro e da Amazon non ci tornerei più? La lotta alla burocrazia continua, conta tantissimo la competenza digitale, perché ci permette di tagliare completamente alcuni tempi tecnici dovuti alla tecnologia sbagliata. Sindaco Bucci, c’è un personaggio a cui si paragona? Cincinnato. Anche se io non avevo mai fatto politica, mentre Cincinnato sì, anche tra i senatori; poi l’avevano emarginato, se n’era tornato a casa a fare il suo lavoro di contadino. A un certo punto arrivano gli Equi alle porte di Roma, i consoli non sanno cosa fare e chiamano Cincinnato, il cosiddetto dictator. Io non faccio assolutamente il dittatore, non è questo il paragone. Però chiamano la persona a lavorare: questa è la figura del sindaco chiamato a risolvere certi problemi e a dare dei risultati. Risolti i problemi, Cincinnato ha preso e se n’è tornato a casa, e i consoli sono rimasti in carica. Questo è quel che nel mondo anglosassone viene definito il civil servant, il servitore civile, che è il compito di qualunque leader nell’amministrazione.

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L’industria assediata dal virus vuole l’artiglieria pesante La prospettiva del crollo del Pil richiama scenari di guerra. La ripresa ci sarà, ma lascerà morti e feriti sul campo. Le voci di Confindustria, Federturismo, Ucimu, Altagamma e FederlegnoArredo di Marco Scotti

GUERRA. INIZIA, LENTAMENTE MA DISTINTAMENTE, A FARSI LARGO QUESTA PAROLA PER PROVARE A TRATTEGGIARE I CONTORNI DI UNA CRISI CHE NON HA PRECEDENTI IN TEMPO DI PACE. Nemmeno nel 2008-2009 (chiusi

dall’Italia rispettivamente con -1 e -5,4% di Pil) si era vista una contemporanea paralisi della domanda e dell’offerta. Il 21 gennaio l’Ocse prevedeva per quest’anno una crescita di uno striminzito +0,5%. Pochi giorni dopo l’inizio dell’epidemia si è capito che parlare di crescita sarebbe stato un miraggio. A inizio marzo Moody’s certificava un Pil in calo dello 0,5%. Ora, mentre questo articolo viene redatto, Goldman Sachs parla di una ricchezza prodotta in picchiata del 3,4% (-6% nei primi sei mesi). Qualche miglioria potrebbe portarla il piano di acquisti varato dalla Bce per 750 miliardi, ma senza vincoli “pro quota”. «A nostro giudizio – ci

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spiega Stefano Manzocchi (nella foto), direttore del Centro studi Confindustria – l’intervento di Francoforte potrebbe consentire di chiudere l’anno in maniera lievemente migliore». Ma non c’è molto da stare allegri. Il Cerved prevede per il biennio 2020-2021 perdite aggregate comprese tra i 275 e i 640 miliardi nel caso in cui l’emergenza si protraesse fino al termine FATTO 100 IL PIL DEL 1939, TRA IL 1940 E IL 1945 IL NOSTRO PRODOTTO INTERNO LORDO COLLASSÒ DEL 44%, RECUPERATO IN “SOLI” 4 ANNI

di quest’anno. E quando mai abbiamo visto numeri del genere? Ancora una volta, in guerra. Fatto 100 il Pil del 1939, tra il 1940 e il 1945 il nostro prodotto interno lordo collassò del 44% complessivo. Ma c’è una buona notizia: tra il 1946 e il 1949 il nostro Paese effettuò un

recupero talmente repentino da raggiungere un Pil superiore del 5% a quello di dieci anni prima. E oggi? Diventa sempre più complesso comprendere che cosa ci aspetta. «Unitamente al crollo della domanda – aggiunge Manzocchi – il blocco temporaneo di molte attività economiche sul territorio europeo pone una pressione senza precedenti, almeno in tempi di pace, sulla capacità di resilienza della manifattura. Dalla tenuta del sistema produttivo dipendono le prospettive di rilancio sociale dell’intero Continente, una volta terminata l’emergenza sanitaria. Servono iniziative immediate su scala nazionale ed europea». L’Italia ha messo in campo rapidamente una prima manovra (25 miliardi “cash” e 350 di garanzie), il “Cura-Italia”. Un provvedimento una tantum da 600 euro per le partite Iva, lo stop ai mutui sulla prima casa e al pagamento dei tributi (per tutte le aziende dei settori più colpiti, entro i due milioni di fatturato per quelle di industry meno flagellate), cassa integrazione per imprese anche con un solo dipendente, garanzie con le banche sono alcune delle misure varate dal governo. «La preoccupazione – prosegue il direttore del CSC– è per la limitazione temporale abbastanza stretta degli interventi. In particolare, per le deroghe di vario tipo alla Cig si pone un limite di nove settimane, da utilizzare entro agosto. Ma se la crisi dovesse perdurare, sarebbe ovviamente un orizzonte troppo stretto. Per affrontare il doppio problema del prosciugamento della liquidità nelle imprese e del calo dei prestiti bancari, le misure varate con il Decreto sono tutte condivisibili nella sostanza, ma vanno molto potenziate. La moratoria (fino a settembre) sul pagamento delle rate dei vecchi prestiti (capitale e interessi), dalle imprese alle banche, è cruciale per ridurre nell’immediato le esigenze di liquidità. A questo si somma il rafforzamento del Fondo di garanzia (per 9 mesi e con risorse addizionali per 1,5 miliardi) che mira a sostenere il flusso di nuovo credito bancario alle Pmi. Manca un intervento che sarebbe stato molto utile sul fronte della liquidità, cioè quello di accelerare i nuovi pagamenti dalla Pa alle imprese e di smaltire più rapidamente lo stock accumulato non ancora effettuati. Infi-


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quanto concerne il tema enorme della liquidità: non abbiamo di che pagare dipendenti e materiali, sarebbe stato più giusto bloccare la riscossione di tasse e tributi fino al ritorno a una condizione più “normale”. Che, a mio avviso, non potrà essere prima della metà di maggio». Altra industry fiaccata dal Coronavirus è quella dell’arredamento. «Non sappiamo quando torneremo a una condizione normale – ammette Emanuele Orsini, presidente FederlegnoArredo – ma già oggi stimiamo almeno un 20% di perdite. Siamo in difficoltà a far arrivare le nostre merci all’estero, i nostri commerciali non possono certo andare in giro a farsi conoscere: è tutto fermo. Gli allestitori che mettono in piedi le fiere sono a zero incassi da due mesi. Il Governo ha approvato un decreto che speriamo sia soltanto l’inizio. Perché le misure messe in campo, sono insufficienti soprattutto quando chiederanno alle imprese di far ripartire il Mobile verranno rimandati all’anno prossimo». Paese. Non è pensabile che le scadenza fiscali L’unica speranza per il turismo è che i contagi siano posticipate di qualche giorno o di due zero registrati in Cina spingano Pechino a riamesi». Infine, anche la filiera del lusso sta sconprire le frontiere, con i cittadini asiatici pronti a tando un momento complicato, seppur con sbarcare nel nostro Paese. un barlume di speranza in più rispetto ad altri Non basta: secondo l’Osservatorio per la Comcomparti. «Il nostro – ci spiega il presidente di plessità Economica, siamo il settimo Paese Altagamma Matteo Lunelli – è stato uno dei priesportatore al mondo, con un volume d’affari mi segmenti colpiti. La moda, in primis, che ha di 482 miliardi di dollari, un quarto circa del visto ridursi le esportazioni verso la Cina, poi le Pil. E come affrontavendite in Italia e, non re un blocco de facto MANCA UN INTERVENTO CHE SAREBBE da ultimo, quelle negli STATO MOLTO UTILE SUL FRONTE dell’export? Un esemStati Uniti. Ancora non DELLA LIQUIDITÀ: ACCELERARE I NUOVI pio concreto è quello sappiamo che impatto PAGAMENTI DALLA PA ALLE IMPRESE delle macchine utensiavrà questa pandemia, li. Massimo Carboniero, presidente di Ucimu, ma è chiaro che si tratta di un problema enorspiega che il settore è «doppiamente penalizzame, simile a una guerra. Le 107 aziende che to da questa epidemia. Esportiamo il 60% del compongono Altagamma sono molto solide, nostro prodotto, le macchine già pronte non ma la filiera non lo è. Ci sono imprese che sofvengono collaudate dal cliente e quindi non frono, hotel anche nelle grandi città che restano le possiamo fatturare. Stiamo tentando di fare vuoti, Pmi senza liquidità. Abbiamo inviato una delle prove da remoto tramite tablet, ma quelettera al presidente Conte chiedendo misure sto funziona su piccoli macchinari, non su linee urgenti a sostegno del turismo e dell’ospitacomplesse. Sul versante italiano, è tutto fermo lità. Oggi la priorità è la salute, ma un domani e ci troviamo di fronte a un’emergenza che non però bisognerà guardare all’economia, predisiamo pronti a fronteggiare. È il peggiore sconsponendo un piano Marshall condiviso. In Cina quasso dal Dopoguerra. Il Cura-Italia ci tutela in hanno iniziato a riaprire negozi, significa che parte, ma mi ha un po’ deluso, soprattutto per c’è luce in fondo al tunnel».

DALLA TENUTA DEL SISTEMA PRODUTTIVO DIPENDONO LE PROSPETTIVE DI RILANCIO SOCIALE DEL CONTINENTE

ne, su scala europea, serve affiancare alle misure della Bce anche l’introduzione di eurobond fin troppo rimandata». In questo scenario alcuni comparti più di altri rischiano di implodere. È il caso del turismo, che vale il 13% del Pil e che ha registrato cali tra l’80 e il 90%. «La conta dei danni – commenta Marina Lalli, vicepresidente di Federturismo – è ancora molto complicata da fare, anche perché non sappiamo quando si tornerà alla normalità. Gli italiani, con fabbriche e negozi chiusi, stanno erodendo il loro monte-ferie e rischiano di ritrovarsi ad agosto, mese di massimo afflusso, senza la possibilità di partire anche per scarsità di fondi. Il Cura-Italia è una prima risposta in tempi ragionevoli, ma rimangono molti punti interrogativi: che ne sarà degli stagionali, che a febbraio non erano ancora entrati in servizio e che rischiano di non aver accumulato giorni sufficienti per accedere alla Naspi? Diciamo che ci aspettiamo molto dal prossimo decreto, quello di aprile, che deve rispondere anche ad un’ulteriore domanda: come faremo senza il turismo congressuale? Per organizzare appuntamenti di questo tipo servono 3-4 mesi: se non ritroviamo la normalità, gli eventi principali come il Salone del

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DECRETO “CURA ITALIA”, TERAPIA PALLIATIVA I primi 25 miliardi di euro messi sul piatto dal Governo Conte non iniettano nel sistema sufficiente liquidità. Ecco le prime misure agevolative per le imprese: sospensioni degli adempimenti fiscali e crediti d’imposta di Giuseppe Capriuolo

L

a risposta del Governo all’emergenza Covid-19 è contenuta in una manovra economica dalla gestazione complessa che, evidentemente, pone al centro della propria azione il sistema sanitario nazionale, la protezione civile e gli altri soggetti pubblici impegnati nella gestione della crisi. Tanti sono i nodi che restano da sciogliere, invece, sul fronte delle misure economiche a favore di imprese e professionisti, in attesa che l’onda d’urto dell’emergenza dispieghi i suoi dannosi effetti sul sistema economico del Paese. Lo stesso premier Conte, pur definendo “poderosa” la manovra economica messa in campo, ne ha ammesso i limiti intrinseci che renderanno necessaria l’adozione, con l’auspicato supporto dell’UE, di misure specifiche che ingno quasi disperato, oggi più che mai per imcentivino in modo più consistente il tessuto maginare almeno una ripresa robusta dopo la produttivo ed imprenditoriale della penisola. crisi da coronavirus, e per trasformare questa Nel momento in cui scriviamo, accanto a misucrisi in una virtù». re di carattere generale quali sospensioni dei Ma vediamo nel dettaglio alcune delle misure versamenti e degli adempimenti fiscali ed amdi agevolazione al momento disponibili in Itamortizzatori sociali, si assiste all’introduzione lia ed Europa. delle prime misure agevolative per le imprese. Tali misure, di emanazione nazionale e comuAgevolazioni per la prevenzione dal rischio nitaria, saranno prevedibilmente arricchite di contagio da Coroda un nuovo decreto IL DECRETO DI MARZO PREVEDE navirus che andrà integrare e LA POSSIBILITÀ DI TRASFORMARE Il decreto Cura Italia riorganizzare la platea IN CREDITI DI IMPOSTA LE PERDITE introduce, a favore di incentivi destinati FISCALI E LE ECCEDENZE ACE degli esercenti attività ad innovazione, digitad’impresa, arte o professione, due nuove agelizzazione ed investimenti, preannunciato da volazioni per le aziende che attuano interventi Giuseppe Conte come «un’opera di sblocco di per la prevenzione dal rischio di contagio da investimenti pubblici mai vista prima, per alCovid-19. cune decine di miliardi di euro», nonché «il più Per la sanificazione degli ambienti e degli strugrande provvedimento degli ultimi decenni menti di lavoro, in particolare, è riconosciuto in termini di semplificazione delle procedure un credito d’imposta pari al 50% delle spese e degli investimenti, una cosa che nessuno ha sostenute per fino ad un massimo di 20.000 mai realizzato prima e di cui l’Italia ha un biso-

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euro e nel limite di dotazione complessiva di 50 milioni di euro. Entro il 30 aprile l’Inail, inoltre, trasferirà ad Invitalia una dotazione di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale, come le mascherine. Le modalità di accesso ai contributi saranno definite con specifico provvedimento.

Credito d’imposta su contratti di locazione A favore degli esercenti attività d’impresa, la manovra prevede un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

Trasformazione in credito di imposta di perdite fiscali e Ace Il decreto di marzo, al fine di offrire un primo sostegno finanziario alle imprese danneggiate dall’emergenza sanitaria, prevede la possibilità di trasformare in crediti d’imposta le attività


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per imposte anticipate riferite a perdite fiscali ed eccedenze Ace (Aiuto alla crescita economica) consentendone una fruibilità immediata. Sulla base di tale previsione normativa, in particolare, le società che cedono a titolo oneroso entro il 31 dicembre 2020 i crediti, commerciali o finanziari, vantati nei confronti di debitori inadempienti possono trasformare in crediti d’imposta le attività per imposte anticipate (Dta) relative alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile alla data della cessione ed alle eccedenze Ace che alla data della cessione dei crediti non siano state ancora usufruite o dedotte dal reddito imponibile. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, i componenti di cui al presente comma possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti e nel limite di un valore nominale massimo dei crediti ceduti di 2 miliardi di euro. La data di trasformazione delle perdite fiscali e delle eccedenze Ace coincide con quella di efficacia della cessione dei crediti, a decorrere dalla quale il cedente non potrà più computarle in diminuzione dei redditi imponibili (o fruirne tramite credito di imposta per le eccedenze Ace), non rilevando allo scopo l’iscrizione in bilancio delle attività per imposte anticipate ad esse riferibili. Il credito di imposta, che non concorre alla

L’AUTORE, GIUSEPPE CAPRIUOLO

formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi ed ai fini Irap sarà utilizzabile in compensazione orizzontale senza limiti di importo e sarà cedibile.

Rifinanziati i contratti di sviluppo L’art. 80 del decreto “Cura Italia” concede al Ministero dello Sviluppo Economico una dotazione supplementare di 400 milioni di euro per rifinanziare i contratti di sviluppo, principale strumento agevolativo a sostegno di programmi di investimento di grandi dimensioni nel settore industriale, turistico e di tutela ambientale. La misura, ricordiamolo, finanzia uno o più progetti di investimento ed eventuali progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, connessi e funzionali tra loro, che prevedano una spesa minima di 20 milioni di euro, ridotta a 7,5 milioni di euro per attività di trasformazione e PER LE EROGAZIONI LIBERALI IN DENARO E IN NATURA SPETTA UNA DETRAZIONE D’IMPOSTA LORDA PARI AL 30% FINO A 30MILA EURO

commercializzazione di prodotti agricoli. Le modalità di erogazione degli incentivi, riconosciuti nella forma del contributo a fondo perduto e del finanziamento agevolato, sono state modificate dal decreto MiSE dell’8 novembre 2016 con l’introduzione di una specifica procedura, l’Accordo di Sviluppo, che prevede una corsia preferenziale per le risorse, una riduzione dei tempi e un maggior coinvolgimento delle amministrazioni coinvolte. Tale procedura semplificata è riservata ai programmi di grandi dimensioni che prevedano investimenti di almeno 50 milioni di euro (20 milioni di euro per il settore della trasformazione dei prodotti agricoli) e rivestano una particolare rilevanza strategica in termini di impatto occupazionale, di capacità di attrazione degli investimenti esteri o di coerenza con le direttrici di Industria 4.0. Incentivi fiscali per erogazioni liberali in denaro e in natura Per le erogazioni liberali in denaro e in natura,

effettuate nel 2020 da persone fisiche ed enti non commerciali, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 spetta una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30mila euro.

Nuove risorse di Cassa Depositi e Prestiti A favore delle imprese che non rientrano nel perimetro di operatività del Fondo di garanzia Pmi, l’iniezione di liquidità avverrà attraverso l’intervento di Cdp. Le esposizioni assunte da Cassa depositi e prestiti, anche nella forma di garanzie di prima perdita su portafogli di finanziamenti, in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese in questione che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa dell’emergenza coronavirus, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato. La garanzia dello Stato è rilasciata in favore di Cassa Depositi e Prestiti fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta, con una dotazione iniziale per il 2020 di 500 milioni di euro. Call della Commissione Europea per start up e Piccole e medie imprese impegnate nel contrasto al Covid-19 La Commissione Europea ha avviato lo scorso mese il lancio di specifiche call tese a favorire la diffusione di nuove idee per il contrasto al coronavirus. Alla prima call, con scadenza 18 marzo, è stato destinato un budget di 164 milioni di euro da erogare alle start-up e Pmi impegnate in progetti in grado di accelerare il contenimento e la gestione dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19. L’iniziativa sarà seguita da ulteriori specifici provvedimenti nelle prossime settimane.

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Ci voleva il «coprifuoco» per scoprire lo smart working Prima dell’emergenza solo il 7% degli italiani aveva familiarità con il lavoro da remoto, mentre oggi stiamo lavorando quasi tutti da casa. Ma ci sono regole e precauzioni che non vanno sottovalutate di Marco Scotti

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uando poi un giorno ripenseremo al Coronavirus e a quella scia di disastri che ha trascinato con sé, tra le mille brutture che ricorderemo dovremo però tributargli anche un omaggio: aver finalmente dato un’accelerata alla digitalizzazione del nostro Paese. E no, non è una boutade. Se fino ad ora chi lavorava da casa veniva guardato con sospetto – al grido di “bello stare in pigiama tutto il giorno” – da chi invece usciva materialmente ogni mattina per recarsi al lavoro, improvvisamente la prospettiva si è ribaltata. Nel celeberrimo (o famigerato) Dpcm dell’8 marzo scorso si invitavano le aziende ad attivare tutte le modalità di “telelavoro” o smart working in modo da limitare gli spostamenti dei di-

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pendenti. Ma già prima del Covid-19 si stava lentamente muovendo qualcosa che riguardava un numero di persone decisamente variabile. Basti però pensare che secondo l’Agi, l’Associazione dei Giuslavoristi Italiani, circa 600.000 sono le persone che hanno attivato LA MANCATA INTRODUZIONE DI SISTEMI DI SMART WORKING COSTA QUASI UNA BUSTA PAGA ALL’ANNO PER OGNI DIPENDENTE

il contratto sul lavoro agile previsto ormai da tre anni. Ma c’è poi l’esercito nutritissimo dei freelance, che svolgono da una postazione diversa da un ufficio – tipicamente il domicilio – le proprie mansioni. Quanti? Si parla di oltre 5 milioni di persone, ma il

censimento è complicato. Quindi, se il Coronavirus ha fiaccato la nostra economia per chissà quanto tempo, non è riuscito a distruggerla definitivamente proprio grazie all’attivazione di un meccanismo di digitalizzazione che soltanto dieci anni fa sarebbe stato impossibile da attuare. La base giuridica in Italia è la Legge 81 del 2017, che istituisce l’accordo individuale tra azienda e lavoratore per l’attivazione della possibilità di lavorare da remoto. Tipicamente, una volta a settimana, ma le modalità cambiano. Fondamentale è, piuttosto, l’individuazione del cosiddetto “luogo sicuro”, ovvero un domicilio o sede che garantisca il trattamento corretto delle informazioni aziendali. Perché per parlare di smart working e non di semplice emergenza, è necessario che il dipendente possa adoperare strumentazione fornita dall’azienda (tablet, pc, smartphone) e possa accedere in sicurezza ai server. Solo in questo modo la sua operatività sarà totalmente garantita. Anche dal punto di vista assicurativo, la casa o il luogo sicuro diventano a tutti gli effetti postazioni di lavoro, con tutte le coperture previdenziali previste dai contratti di categoria. La mancata introduzione di questi sistemi di smart working – oggi solo il 7% degli italiani lo impiega contro il 17% della media europea – costa quasi una busta paga all’anno (1.300 euro) ai dipendenti e fino a 200.000 euro all’anno alle aziende. È quanto emerge da uno studio condotto da Variazioni, una società di consulenza specializzata in innovazione organizzativa. Come si arriva a definire questa cifra? Prima di tutto perché ogni giorno il lavoratore medio italiano impiega 89 minuti per recarsi al lavoro. Se si tagliasse questo tempo si otterrebbero sette giorni lavorativi all’anno. Che lo smart worker non impiegherebbe per “farsi gli affari suoi”, ma per lavorare! Dalla survey di Variazioni, infatti, emerge che il 24% delle ore non usate per il commuting vengono reinvestite nel lavoro. Ovvero, 21 minuti al giorno. Inoltre, lo smart working


RIALZIAMOCI

Lavorare da casa non significa produrre di meno, ma anzi l’esatto opposto

ha sì le stesse regole dell’impiego svolto in ufficio, ma ad esempio non beneficia dei buoni pasto e delle indennità da trasferta. Un risparmio che si può riassumere in 250 euro all’anno per singolo lavoratore. Infine, sempre Variazioni dimostra quello che molti, troppi manager ancora non hanno introiettato: lavorare da casa non significa produrre di meno, ma anzi l’esatto opposto. Il 95% del campione intervistato per la survey ha dichiarato che gli obiettivi sono stati dispositivo normativo infatti prevedrebbe raggiunti dai lavoratori smart in modo più che al lavoratore siano forniti tutti gli struproduttivo. menti tecnologici, infatti, è tutt’altro che Il problema, poi, sta in due dettagli non infrequente che il dipendente impieghi il esattamente di poco conto. In primo luogo, proprio computer o smartphone per accele infrastrutture di rete che, nonostante un dere ai dati aziendali. Risultato: senza un’apiano di banda larga e ultralarga da ultimadeguata copertura re entro il 2020, conLE INFRASTRUTTURE DI RETE COME dai rischi informatici tinuano a zoppicare LA BANDA LARGA CONTINUANO la catastrofe è dietro (per non dire di pegA ZOPPICARE, FATTA ECCEZIONE l’angolo. Per questo gio) soprattutto nei PER I GRANDI CENTRI URBANI gli “ethical hacker” piccoli comuni. Così, (che possiamo tradurre come hacker buomentre a Milano si sfreccia a quasi 1 Gbit al ni) di Yarix – azienda che fa parte di Var secondo, in provincia si festeggia quando si Group – hanno stilato un decalogo dei comraggiungono i 10 Mbit. Vedere per credere: portamenti da adottare durante il periodo l’avanzatissima regione Lombardia, come di lavoro da casa. Così, a fianco alle buone testimoniato dal sito del Piano strategico norme che andrebbero adottate a prescinper la banda ultralarga, è già coperta al dere (cambiare la password, non agganciar95,4% nei suoi 1.531 comuni, ma quel 4,6% si a reti pubbliche non protette, non aprire viaggia a velocità più che ridotta. Il che non mail sospette), vengono indicati alcuni acsignifica soltanto avere difficoltà a vedere corgimenti che contribuiscono a lavorare in i film in streaming ma, più banalmente, ad un ambiente sicuro. Ad esempio, le famose accedere in maniera confortevole ai server chiavette Usb, diventate ormai il gadget per aziendali, che spesso contengono file peantonomasia, sono un veicolo potentissimo santi e difficili da aprire se non si dispone di infezioni. E infine, attenzione ai rischi di una rete efficace. “accidentali” in casa. Perché la presenza di Il 5G, con la sua copertura capillare di ansoggetti che normalmente non fanno parte tenne – almeno 5.000 nuove installaziodel luogo di lavoro (figli, animali domestici ni – potrebbe risolvere questo problema, e così via) possono diventare un “pericolo” ma la sua diffusione non è prevista fino al se dovessero schiacciare inavvertitamente prossimo anno. Il secondo problema, invecomandi sulla tastiera. ce, riguarda la sicurezza informatica. Se il

SOLIDARIETÀ DIGITALE Un altro valore che sembra riuscire a emergere in un momento storico votato all’individualismo è quello della responsabilità collettiva. Così, su iniziativa della ministra dell’innovazione Paola Pisano, è stata creata la “Solidarietà digitale”. Di che cosa si tratta? Di imprese e associazioni che mettono a disposizione di aziende e privati servizi tecnologici gratuiti. Partner grandi e piccoli hanno deciso di “metterci la faccia”. WindTre, Tim e Vodafone per quanto riguarda le telecomunicazioni hanno esteso la connettività (in alcuni casi rendendola illimitata) per i clienti business e retail. Colossi come Microsoft, Ibm e Cisco hanno messo a punto piattaforme per lo sviluppo dello smart working offrendole a titolo totalmente gratuito, così come Connexia. Google ha reso accessibile a tutti il pacchetto premium per i servizi di videoconferenza. Sempre in tema di connessione remota, Join permette servizi audio-video, mentre Sygma Connect garantisce accesso remoto ai pc. Amazon ha messo a disposizione un canale per l’impiego dei suoi servizi di cloud computing. Italia Online ha aumentato lo spazio disponibile per un anno delle caselle di posta. E ancora: il gruppo Gedi ha messo a disposizione 50.000 abbonamenti gratuiti tra Stampa e Repubblica; #piùlibrimenostress garantisce un e-book gratuito a chiunque ne faccia richiesta; la piattaforma di streaming Infinity ha raddoppiato il periodo di prova “free” portandolo a due mesi. Smart Tales offre un abbonamento gratuito a una libreria di volumi interattivi, educativi e che insegnano le materie Stem. La piattaforma online Babbel, studiata per insegnare le lingue, mette a disposizione degli studenti italiani sei mesi di corsi gratuiti. Infine, ShippyPro, che si occupa di spedizioni, garantisce per tre mesi i propri servizi in maniera “free”. E molti altri sono pronti a partire.

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Manager in trincea a gestire l'oggi e ripensare il domani Dalla Protezione civile alla grande distribuzione: è alla capacità di reazione dei dirigenti che dobbiamo la sopravvivenza del sistema. Intervista al presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla di Sergio Luciano

«LA NOSTRA ESPERIENZA DEVE ESSERE PRESA A MODELLO DALL’EUROPA INTERA, SENZA DIFFIDENZE. Solo con un’azione coordinata a livello europeo potremo rispondere a questa emergenza, e regolare l’andamento dei mercati finanziari che sta causando perdite consistenti, dannosissime per un Paese a elevato debito pubblico come il nostro. Da questo punto di vista come organizzazione di rappresentanza, ci mettiamo a disposizione del Governo per sostenere il Paese, attuando con nuovi strumenti le politiche economiche ed aziendali che vanno realizzate». Stefano Cuzzilla, presidente della Federmanager, rappresenta una categoria professionale, i dirigenti dell’industria e dei servizi, che è nella trincea della crisi economica indotta dal virus. E lavora a pieno regime per sostenere i suoi associati in uno sforzo senza precedenti: «Per noi è una fase cruciale. Tocca a noi, in tutte le realtà economiche ma anche istituzionali, coordinare tutte le attività imposte dall’emergenza, dando fondo a tutte le nostre doti, rimodulando il lavoro nostro e delle nostre persone, adeguando alla crisi i modelli di business, interpretando i problemi, gestendo lo smart-working affinché entri a far parte stabilmente dell’organizzazione produttiva, e progettando il futuro prossimo in modo coerente con quello che la crisi ci sta insegnando».

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Ce la faremo? Assolutamente sì. La storia ci insegna che in Italia ci sono straordinarie e diffuse capacità manageriali, ci sono migliaia di dirigenti che stanno lavorando 24 al giorno per tenere in funzione le linee produzione, gli approvvigionamenti, i commerci. Nei settori primari, dalla sanità all’alimentare, i nostri dirigenti stanno girando a quattro turni per non lasciare gli scaffali vuoti. Dalla protezione civile agli ospedali, anche lì c’è un management in prima linea. Che si è adattato immediatamente a una situazione senza precedenti. «TOCCA A NOI, IN TUTTE LE REALTÀ ECONOMICHE MA ANCHE ISTITUZIONALI, ADEGUARE ALLA CRISI I MODELLI DI BUSINESS»

Con le famose soft-skills? Anche, senza dubbio! Oggi spetta a noi manager esprimere tutte le nostre capacità umane e psicologiche, coordinare persone spesso straordinarie ma spesso confuse, piegate… Occorrono, nervi saldi, lucidità, leadership nella difficoltà. E competenze… Senza dubbio: è emerso con prepotenza il tema cruciale delle competenze. La politica ma anche le persone comuni hanno capito che c’è estremo bisogno di una classe dirigente seria e

STEFANO CUZZILLA

competente, non improvvisata. E si era già capito con l’impatto della crisi ambientale, certo non così deflagrante ma molto severa su tante modalità superate e pericolose di gestire secondo metodi ormai nocivi. Oggi è il momento di ripensare il sistema a 360 gradi. Per arginare questa crisi ma soprattutto preparare un futuro più affidabile. Occorre saper dialogare con la politica, interagire con il territorio. Non è solo questione di capacità tecniche: sono indispensabili, ma non bastano. Quando il capo di Blackrock dice che non investirà più in aziende che non rispettano l’ambiente e le istanze della sicurezza sociale, lancia una sfida epocale al sistema, che l’epidemia si è crudelmente incaricata di dipingere di un colore drammatico. Passato il dramma, la lezione resterà. Dunque al manager, e non solo all’imprenditore, si richiede una nuova visione? Senza dubbio. Non ci possiamo più trovare a dover scegliere tra salute e sviluppo. Non possiamo nemmeno concepire un’idea di sviluppo sganciata dalla tutela della salute e dell’ambiente. È quello che ci ha insegnato Taranto che per anni ha generato contrapposizioni: un’esperienza che va risolta per dimostrare che è possibile un modello produttivo nuovo. In questo senso, i manager hanno il compito di promuovere questa visione. Non sarà facile, ma è una grande opportunità per tutti.


in collaborazione in collaborazione con CONFPROFESSIONI con ANDAF

Un piano straordinario per gli studi professionali Confprofessioni e parti sociali in campo per aiutare professionisti e dipendenti del settore. Varato un piano straordinario di misure per oltre 4 milioni di euro. Sostegno al reddito, smart working e accesso al credito per tutelare l'attività professionale e i livelli occupazionali negli studi di Giovanni Francavilla

«L

a situazione degli studi professionali è allarmante. In molte aree del Paese l'attività si è ridotta drasticamente, causando gravi rischi sulla tenuta economica e occupazionle. Al di là delle misure messe in campo dal Governo, il nostro sistema della bilateralità ha il dovere di intervenire tempestivamente per tutelare i professionisti e assicurare continuità al lavoro negli studi professionali». Con queste parole, il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha lanciato nei giorni scorsi il piano straordinario per fronteggiare l'emergenza Coronavirus negli studi professionali. La Confedera-

zione, d'intesa con le parti sociali del settore, ha infatti mobilitato tutti gli enti bilaterali del Ccnl degli studi professionali (Ebipro, Cadiprof e Fondoprofessioni) per dare un aiuto concreto ai liberi professionisti che stanno affrontando gravissime difficoltà a causa dalla diffusione del virus Covid 19. In particolare, l'Ente bilaterale per gli studi professionali (Ebipro) ha stanziato oltre 4 milioni di euro per misure straordinarie che mirano a erogare un contributo a sostegno del reddito e un rimborso spese per agevolare lo smart working. «Le risorse finanziarie messe in campo dalla nostra bilateralità sono certamente impor-

LE MISURE IN CAMPO • Sostegno al reddito. Gli studi professionali possono accedere alle misure sul sostegno al reddito già previste dal Ccnl degli studi professionali. Il beneficio consiste in un contributo a sostegno della retribuzione oraria lorda persa in seguito a riduzione/sospensione dell’orario di lavoro. Allo studio interventi per integrare gli ammortizzatori sociali in deroga. • Smart working. Il decreto emanato dal Governo prevede la possibilità di attivare lo smart working per tutta la durata dell’emergenza. In questo ambito Ebipro interviene con un rimborso a favore del datore di lavoro per le spese sostenute nell’acquisto

GAETANO STELLA

tanti in questa fase di emergenza» ha aggiunto Stella «ma dobbiamo pensare anche a una fase post emergenza per rilanciare l'attività degli studi professionali. E in questa direzione stiamo lavorando al fianco del Governo Conte per individuare tutti gli strumenti e le misure necessarie». Ma non solo. Per venire incontro alle criticità dei liberi professionisti, Ebipro ha definito un protocollo d'intesa con Fidiprof, il confidi degli studi professionali (soggetto garante autorizzato dal Mediocredito Centrale), che riconosce un contributo per rilasciare garanzie su finanziamenti per investimenti o liquidità per 7,5 milioni di euro,

degli strumenti necessari (personal computer, monitor, stampanti...). L'importo viene riconosciuto per ciascun lavoratore interessato. • Accesso al credito. Ebipro, attraverso Gestione Professionisti, ha stanziato un contributo a Fidiprof che potrà consentire l'accesso a finanziamenti per investimenti e liquidità per 7,5 milioni di euro a favore dei liberi professionisti che avranno così l'opportunità di accedere alle garanzie dello Stato, rilasciate dal Mediocredito Centrale, per far fronte alle esigenza di credito per tutta la durata dell'emergenza, ma anche per stimolare la ripresa delle attività degli studi post emergenza.

con l'obiettivo di favorire l'accesso al credito dei liberi professionisti. «Oggi l'emergenza Coronavirus ci pone davanti oggettive problematicità nella gestione e nell'organizzazione del lavoro negli studi professionali», aggiunge Leonardo Pascazio, presidente di Ebipro. «Moltissimi lavoratori sono costretti a rimanere a casa e organizzare il proprio lavoro in maniera differente. In questa fase emergenziale, abbiamo deciso di incrementare le prestazioni di sostegno al reddito, cui si aggiunge un contributo che andrà a integrare gli ammortizzatori sociali in deroga stanziati dal Governo e dalle Regioni. A queste misure si affianca anche un rimborso spese a favore dei datori di lavoro che mira ad agevolare lo smart working dei loro dipendenti. Inoltre – continua Pascazio - la chiusura forzata delle scuole sta creando enormi disagi negli studi professionali, dove il 90% della forza lavoro è composta da donne che devono conciliare gli impegni di lavoro con quelli della famiglia. Stiamo lavorando per individuare ulteriori forme di sostegno che consentano una più efficace conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».

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LAVORO, IL "CIGNO NERO" DETTA NUOVE REGOLE Privacy, tutela della salute, smartworking, ferie, stipendi: non è facile per le aziende muoversi nel contesto emergenziale restando nei binari della legalità. I consigli del giuslavorista Francesco Rotondi di Marina Marinetti battuta i dipendenti e le loro famiglie, e poi a seguire le aziende: al termine dell’emergenza troverebbero organizzazioni gravemente debilitate e compromesse, dissipando le iniziative produttive magari coltivate in anni di fatica e lavoro.

«LA VERA SFIDA CONSISTE NEL SUPPORTARE LE AZIENDE AL FINE DI EVITARE CHE SUBISCANO UN VERO E PROPRIO BLOCCO OPERATIVO ED UNA PARALISI DELLA LORO VITA ORGANIZZATIVA E PRODUTTIVA, GIÀ PROVATA DAL CALO DRASTICO DEI CONSUMI E DEGLI ORDINI». Ma muoversi nel rispetto delle rego-

gono l’adozione di misure straordinarie. Come Studio, contando al nostro interno quasi 100 tra professionisti e collaboratori, abbiamo dovuto anche noi adottare, in tutte le sedi d’Italia, misure organizzative adeguate per garantire la sicurezza e rispettare i provvedimenti governativi. Restiamo comunque pienamente operativi, da sede e da remoto. Abbiamo costituito una task force dedicata.

le non è semplice. Lo dice a chiare lettere Francesco Rotondi, avvocato e giuslavorista con cattedra alla Liuc Università Carlo Cattaneo di Castellanza, socio La decisione più sofNEL BILANCIAMENTO DEI DIRITTI fondatore e managing ferta è quella della PREVALE LA TUTELA DELLA SALUTE partner di Lablaw, lo chiusura. Ma gli stiIN DEROGA A OGNI ALTRA PREVISIONE studio legale italiano pendi? NORMATIVA E CONTRATTUALE specializzato in diritto Ragionando in “punta del lavoro e diritto sindacale. di diritto” vi sarebbero varie teorie pronte a giustificare approcci strong, che sorreggano Sarete sommersi da richieste di chiarimenl’idea di non dover pagare alcuna retribuzioti da parte delle imprese... ne. Ma ciò non sarebbe responsabile perché Gli eventi straordinari di questi giorni impona pagarne le conseguenze sarebbero in prima

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E quindi? La soluzione è disporre ferie e permessi, come peraltro autorizzano le misure governative. Restiamo in attesa degli ammortizzatori sociali: le aziende, tutte, potranno, a quanto si apprende, sospendere tutta o parte dell’attività e collocare il personale in cassa integrazione, con intervento dello stato diretto ai fini del pagamento dell’assegno sociale. È l’unico modo per tenere in piedi il dimensionamento della forza lavoro attualmente in essere, evitando processi frettolosi di destrutturazione. È lecito obbligare i dipendenti a godere le ferie? Le misure contenute nel Dpcm dell'8 e del 9 marzo vanno in questo senso: laddove si “invita” – che poi è un invito rafforzato – a disporre ferie e congedi per allontanare le persone dalle aziende, si riconosce il diritto alle imprese di disporre di questi strumenti in maniera unilaterale, in deroga ad ogni altra previsione normativa e contrattuale. La misura emergenziale lo consente.

E come la mettiamo con la privacy, se si viene a conoscenza di un contagio in azienda? Il Garante ha diramato il 2 marzo scorso una nota nella quale ha voluto restringere le possibilità per i datori di lavoro di richiedere informazioni alle persone, sia dipendenti che esterne, circa lo stato di malattia, le proprie frequentazioni con possibili soggetti a rischio,


RIALZIAMOCI

e di misurare la temperatura corporea, richiedendo su questo punto specifico che sia il solo personale sanitario a farlo. Ritengo il provvedimento di buon senso in tempi di normalità, ma nel momento in atto la nota mi sembra giuridicamente errata e del tutto fuori luogo sul piano del mero buon senso.

Meglio abbandonare la riservatezza? Le aziende, e con esse i datori di lavoro che sono responsabili e della salute e della sicurezza delle proprie persone, sono chiamate ad implementare nuove misure per adeguare il rischio biologico ai sensi del Testo Unico sulla sicurezza; stiamo parlando della necessità di proteggere l’ambiente di lavoro e le persone che lo abitano, da un lato, e il diritto alla privacy dei singoli, dall’altro. Nel bilanciamento di interessi costituzionalmente garantiti, come giurista ritengo che prevalga, in questo momento, il diritto alla salute, e che quindi le aziende, adottando opportune cautele a livello pratico, finalizzate a minimizzare il trattamento dei dato sensibile delle persone (temperatura corporea), possano procedere con misurazioni agli ingressi e alle uscite dai propri impianti e dalle proprie sedi.

E poi ci sono le scartoffie e i presidi... L’epidemia in atto impone di procedere ad un aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (Dvr) - così come il Duvri in caso di contratto di appalto – stante la presenza di tale nuovo rischio biologico, come pure di fornire al personale dispositivi di protezione individuali diretti ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro, ovvero. Non è invece un obbligo fornire mascherine protettive, poiché gli stessi provvedimenti del Governo precisano che queste vanno usate da coloro che sono ammalati o assistono persone ammalate. Sicuramente è opportuna la predisposizione di materiale informativo diretto a fornire ai dipendenti chiarimenti sulle modalità di richiesta di assistenza medica e sui comportamenti igienico-sanitari da adottare. A tal fine è importante rendere accessibile internamente i provvedimenti di natura emergenziale ad ogni

lavoratore e le misure intraprese in materia di salute e sicurezza.

Può il dipendente sollevare una "eccezione di indampimento"? Nel caso in cui il datore di lavoro non adotti tutte le cautele necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio all’interno dell’azienda, il lavoratore potrebbe sollevare una “eccezione di inadempimento” per motivare il proprio rifiuto di svolgere la prestazione, e quindi non adempiere l’ordine datoriale. Si tenga conto tuttavia che, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’eccezione di inadempimento trova tutela - e quindi giustifica il rifiuto del lavoratore, assolvendolo da responsabilità disciplinari - solo quando la richiesta del datore di lavoro lo esponga a criticità per la sua integrità fisica. Qualora, invece, il datore di lavoro abbia adottato ogni cautela, il rifiuto sarebbe ingiustificato.

E in caso di contagio in azienda? Il datore ha la responsabilità di tutelare i lavoratori dall’esposizione a “rischio biologico”, con la collaborazione del medico competente. Se il datore ha adottato tutte le misure volte a ridurre il rischio per come oggi noto, non vi è una responsabilità, trattandosi di un episodio epidemiologico difficilmente controllabile. Vi-

FRANCESCO ROTONDI

ceversa la responsabilità sorge nel momento in cui il datore, pur edotto dei rischi, non fa nulla per gestirli e contenerli, esponendo le persone al contagio. Peraltro simili comportamenti potrebbero integrare anche violazione delle misure emergenziali e quindi costituire reato, laddove non portino ad integrare più gravi reati come quello di delitto contro la salute pubblica.

Infine, lo smart working. Non è un diritto: il datore di lavoro può disporre unilateralmente lo smart working laddove ritenga, sulla base delle sue valutazioni gestionali, che la modalità di lavoro sia perseguibile e non crei, ad esempio, problemi di continuità o organizzativi. Tuttavia, poiché la responsabilità sanitaria in azienda è dell’imprenditore, si raccomanda di disporre smart working quanto più è possibile. Ciò posto, una volta scelto di ricorrere allo smart working, resta ferma la necessità di rispettare tutte le norme che regolano il lavoro agile, come in materia di orario di lavoro, utilizzo degli strumenti telematici, esercizio del potere organizzativo e di controllo, e questo, ovviamente, anche con riferimento alla formazione dei dipendenti ed alla fornitura di tutto quanto sia loro necessario per consentirgli di rendere la prestazione lavorativa da casa.

SAREBBE GIUSTIFICABILE UN APPROCCIO "STRONG" MA ALLA LUNGA NON CONVIENE 29


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Il conforto della solidarietà che nasce dall'emergenza Per sostenere il Sistema Paese, il Gruppo Axa Italia ha stanziato 500mila euro per la realizzazione della nuova Unità di Terapia Intensiva dell'Ospedale Sacco di Milano. E non solo...

di Alessandro Faldoni

S

e c'è una competizione che fa bene al e Terapia Intensiva, con nuove strumentazioSistema Paese, è quella sulla solidani uniche in Italia per pazienti critici affetti da rietà. In piena emergenza da CoronaCovid–19 e in futuro da altre malattie infettive, virus, chi ne ha la possibilità, non si tira indietro. in grado di garantire l’isolamento totale e la È il caso di Axa Italia, che ha deciso di finanziare tutela del personale medico-infermieristico da la realizzazione della nuova unità di Terapia possibili contagi». In particolare, il Gruppo Axa intensiva, ad alta innovazione tecnologica, Italia ha scelto di finanziare con un importo di dell’Ospedale Sacco di Milano per fronteggiare 500mila euro il progetto di ristrutturazione l’emergenza Covid-19. D'altronde, con 160mila dell’Unità Operativa di Rianimazione e Terapia collaboratori e 108 milioni di clienti in 57 Paesi, Intensiva dell’Ospedale Sacco di Milano, polo di il Gruppo Axa è tra i leader mondiali nel settore eccellenza nazionale nello studio e nella cura della protezione. Solo in Italia conta 4 milioni di delle malattie infettive ad alta diffusibilità e peclienti, una rete di circa 650 agenzie, la comparicolosità e punto di riferimento per la gestiognia digitale Quixa Assicurazioni ed è primario ne dei pazienti più critici affetti da Covid-19. Il partner bancassicuprogetto complessivo, AXA ASSICURAZIONI E AXA MPS rativo a partire dal che porterà l’Ospedale DANNI HANNO RADDOPPIATO Gruppo Montepaschi. Luigi Sacco a divenire L'INDENNITÀ SOSTITUTIVA «In un momento di il primo ospedale itaGIORNALIERA DA RICOVERO emergenza come quelliano dotato di una rilo attuale, come Axa Italia vogliamo essere più animazione dedicata agli infettivi, prevede una che mai a fianco del Sistema Paese e partner per nuova dotazione impiantistica di modulazione i clienti e per la società con azioni concrete, in della pressione che consente il ricambio di aria linea con la nostra missione di protezione e con dai locali (con un sistema di aspirazione/imi nostri valori che hanno al centro la responmissione), limitando la diffusione dei contagi e sabilità sociale», spiega Patrick Cohen, ceo del l'allestimento di 8 nuovi posti letto per pazienti Gruppo Axa Italia. «Per questo abbiamo scelto da isolare, in ambienti a contaminazione biolodi concentrarci su iniziative gratuite e non di gica controllata. carattere commerciale e siamo felici di aiutare Grazie ai 500mila euro stanziati da Axa Italia, la sanità pubblica a contrastare la diffusione del si potrà procedere immediatamente con la Covid – 19, finanziando il progetto dell’Ospeprima fase: la realizzazione di due nuove Unità dale Sacco di Milano, nella Regione più colpita di Trattamento Aria, che serviranno per impledall’epidemia, la Lombardia. Il finanziamento è mentare i primi quattro posti letto, garantendo destinato ad adeguare l’Unità di Rianimazione da subito ambienti a contaminazione biologica

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PATRICK COHEN, CEO DEL GRUPPO AXA ITALIA

controllata con pressione negativa o positiva a seconda delle esigenze, indispensabili per tutelare sia i pazienti che gli operatori sanitari che li trattano. Verrà inoltre realizzata una Sala Chirurgica, unica nel suo genere, per la possibilità di effettuare interventi di piccola e media chirurgia su pazienti con infezioni altamente diffusibili, mantenendo gli stessi all'interno di un ambiente altamente protetto ed evitando il trasporto in altri luoghi dell'ospedale. Ma non è tutto: Axa Italia va oltre anche con nuove iniziative gratuite di supporto e tutela della salute dei suoi clienti, ad integrazione della proroga del periodo di mora per il pagamento delle polizze danni per tutti i clienti, famiglie e imprese. Per i clienti salute, che venissero eventualmente colpiti dal virus, Axa Assicurazioni ed Axa Mps Danni hanno scelto di raddoppiare l’indennità sostitutiva giornaliera da ricovero, così da poter essere di valido aiuto in una situazione a rischio di contagio per l’intera famiglia. Infine, per i clienti Quixa, la compagnia digitale del Gruppo Axa, è stata prevista la possibilità di usufruire gratuitamente dell’offerta “quixa smart salute”, che comprende anche i servizi di Telemedicina, particolarmente utili in questo momento e di cui il Gruppo Axa è stato pioniere. Grazie a questo servizio, sarà possibile entrare in contatto telefonico o video con i medici dedicati Axa per un consulto sul proprio stato di salute, direttamente da casa, evitando dunque di frequentare luoghi affollati e limitando l’esposizione al contagio.


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36 LEADERSHIP FEMMINILE IL KARMA DI WONDER WOMAN ALLA GUIDA DI BOIRON

38 B-CORP E ANCHE IL PANINO (GIUSTO) SI FARCISCE DI SOSTENIBILITÀ

40 PIATTAFORME FLEX TAX, IL SERVIZIO CHIAVI IN MANO PER PMI E PROFESSIONISTI

42 CYBERSECURITY IL VIRUS DELL’INGENUITÀ CHE CONTAGIA LE PMI

Secondo il Salary Satisfaction Report 2020 di Job Pricing gli italiani si ritengono sottopagati. Ma sarebbero disposti a guadagnare ancora meno in cambio di un percorso di formazione e sviluppo di Marina Marinetti

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lzi la mano chi pensa di non guadate soddisfatto, mentre ben il 26,3% dichiara, gnare abbastanza rispetto alla proall’opposto estremo, di esserne fortemente pria performance. Attenzione: non insoddisfatto. è una questione banale. Perché se è vero che «Le questioni dell’equità (percepita) e della nessun è indispensabile, è anche vero – e nesmeritocrazia (percepita) sono decisive per la sun imprenditore o Hr manager finga di non soddisfazione (percepita) dei lavoratori risaperlo - che perdere un talento – e cercare spetto alla retribuzione», commenta Alessandi rimpiazzarlo - ha un costo. Tornando alle dro Fiorelli, amministratore delegato di Job mani alzate, per il quinto anno consecutivo il Pricing. «Mi spingerei a dire che in un certo Salary Satisfaction Report 2020 realizzato da senso lo sono di più del livello economico: si Job Pricing in collaboè tanto più soddisfatti SUGLI STIPENDI LE AZIENDE ADOTTANO razione con Infojobs se si pensa che il datoLA MASSIMA RISERVATEZZA, MA Italia fotografa un’Itare di lavoro adotti gli LE NOTIZIE CIRCOLANO UGUALMENTE lia insoddisfatta. Da 0 stessi criteri retributiGENERANDO FRUSTRAZIONE a 10 siamo a quota 3,7, vi a parità di lavoro e per la prima volta negli ultimi quattro anni in di condizioni e se si ritiene che gli aumenti e le peggioramento rispetto all’anno precedente. promozioni vadano a chi se li è guadagnati in Dirigenti, quadri, impiegati: quando si parla termini di impegno e prestazione. Il problema, di soddisfazione rispetto al proprio stipendio, però, è che secondo i lavoratori tanto il livello sono tutti d’accordo. In tutte le categorie condi equità quanto quello di meritocrazia garantrattuali analizzate, i lavoratori indicano che la titi dai datori di lavoro sono decisamente bassi loro retribuzione per essere “giusta” dovrebe per di più in peggioramento dal 2016 a oggi». be essere più alta del 25% circa. Solo il 34% In compenso, nonostante tutti pensino di non dei lavoratori dà un giudizio di soddisfazione guadagnare abbastanza, ben il 70% degli ine solo il 4,5% dichiara di essere pienamenterpellati sarebbe disponibile a rinunciare

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GESTIRE L’IMPRESA

a una mensilità in cambio di percorsi per il proprio sviluppo professionale (26,8%). «Mi sembra un notizia non banale per le aziende e per il mondo del lavoro in generale. In altre parole, i lavoratori ci dicono di essere disponibili a investire, se le aziende investono su di loro. E anche questo ci conferma che l’approccio al reward dovrebbe essere sempre meno orientato al solo denaro e sempre più “totale”. Ricompense insomma piuttosto che retribuzione». Morale: la retribuzione è un fattore necessario, ma non sufficiente per generare soddisfazione (e quindi motivazione) sul posto di lavoro: è più un fattore cosiddetto “igienico”, che un fattore “motivante”. Così, oltre ad assicurare il tenore di vita minimo atteso, dev’essere percepita anche come equa e proporzionale al contributo individuale fornito (la performance). Complicato? Molto. Se poi ci mettiamo dentro anche il concetto di total reward, che riconfigura i pacchetti retributivi con un peso crescente di elementi tangibili non-monetari (benefit, welfare, etc.) e di elementi intangibili (formazione, ambiente di lavoro, work life balance, etc.), la faccenda si complica ancora di più. Quindi quel 4,2 segnato dalla percezione circa l’equità retributiva - in costante peggioramento da cinque anni – non è un buon segnale. E – sorpresa! - la percezione di equità è peggiore laddove le retribuzioni sono più elevate, ovvero nei servizi finanziari. Non solo: oltre il 70% dei rispondenti al questionario di Job Pricing non ha una posizione precisa se gli si chiede di paragonare il proprio stipendio con quello di mercato. Se poi si chiede loro di correlare performance e retribuzione, ci si ferma a un misero 3,7 di soddisfazione in materia: solo l’8,7% dei lavoratori reputa lo stipendio proporzionale al proprio contributo professionale. E anche questa valutazione diventa fortemente negativa in presenza di sola retribuzione fissa e per i blue collar. In compenso la trasparenza nella comunicazione dei criteri retributivi è l’unico indice con un andamento nel complesso positivo nei cinque anni di rilevazione: siamo a quota 4,7. Ma è comunque meno di un quinto dei lavoratori a dichiararsi pienamente soddisfatto del livel-

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FATTORI PER LA SCELTA DI UN POSTO DI LAVORO 1. Relazioni interpersonali positive con capi, colleghi e collaboratori 2. Retribuzione fissa 3. Training e formazione / Possibilità di sviluppo di carriera 4. Il contenuto del lavoro (attività interessanti, importanti, con mansioni ricche) 5. Flessibilità orari - Work Life Balance 6. Essere parte di un’organizzazione con una missione di valore per i clienti e per la società

7. Benefit / Welfare - servizi ai dipendenti 8. Ambiente di lavoro (spazio, location, arredamento, ecc.) 9. Retribuzione variabile individuale 10. Retribuzione variabile aziendale contrattuale (es. contratto di II livello e/o premio di risultato)

11. Altri premi non monetari (esempio: viaggi, gadget tecnologici, buoni benzina, ecc.) lo di comunicazione dell’azienda. «Direi che questo sia veramente il nodo critico», spiega Fiorelli: «da un lato molte aziende adottano la linea della massima riservatezza; dall’altro gli stipendi sono uno degli argomenti più discussi in azienda. In questo modo molte imprese rinunciano a guidare la comunicazione sul tema, ma le notizie, vere o false, corrette o meno, si diffondono lo stesso. E il risultato nella maggior parte dei casi è una percezione dello stato dell’arte peggiore della realtà. La scarsa trasparenza è un espediente difensivo (poco efficace per la verità), la maggior parte difetta di capacità e di volontà di comunicare: una specie di autogol». Infine, la meritocrazia. Da 1 a 10, si ferma a 3,2 nella valutazione dei lavoratori.. E soltanto la presenza di incentivi di lungo termine deter-

ALESSANDRO FIORELLI

mina una percezione (leggermente) positiva (a quota 5,1). «Le retribuzioni in Italia sono ferme da circa cinque anni e di conseguenza in un mercato così poco dinamico è difficile “sentire” che merito ed equità siano adeguatamente garantiti», continua l’Ad di Job Pricing. «Anche a causa di una cultura sindacale che fatica ad aggiornarsi, spesso il merito e l’equità sono associate dai lavoratori all’esperienza e all’anzianità di servizio, piuttosto che alla performance raggiunta e ai criteri di valorizzazione della stessa in termini economici. E le aziende, da ultimo, denotano evidenti gap culturali, sia perché molto spesso mancano politiche strutturate di governo delle retribuzioni, che siano effettivamente eque e meritocratiche, sia perché, quando ci sono, spesso sono comunicate male o per niente». Ma se la retribuzione fissa resta cruciale per la scelta del posto di lavoro, le relazioni con colleghi, collaboratori e superiori ormai condividono con la vil pecunia il podio della motivazione. E cresce, in generale, il peso degli elementi intangibili di natura non-monetaria, primo su tutti la formazione e le possibilità di sviluppo di carriera, così come la possibilità di conciliare tempo di vita e tempo di lavoro. Insomma, lo stipendio non è la ragione principale per cui si resta in azienda. «Quando si cambia si cercano sicurezze, ma quando si è in già in un contesto lavorativo, la valutazione è più globale e la remunerazione è un “pezzo” di un puzzle molto più complesso», conclude Fiorelli.


FAMILY COMPANY ALLA PROVA DELLA SUCCESSIONE Il 65% delle imprese che fatturano più di 20 milioni è familiare. Con un volume d’affari che supera i 730 miliardi di euro, dando lavoro a 2,4 milioni di persone

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oronavirus o meno, c’è una costante difficile da abbattere nel tessuto imprenditoriale italiano: le imprese familiari. Un pezzo del nostro Paese che procede nonostante gli scossoni vecchi e nuovi. I numeri, prima di tutto: secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Aub, che si occupa proprio di fotografare le aziende a conduzione familiare, il 65% delle imprese che fatturano più di 20 milioni sono family business. Hanno un volume d’affari complessivo di oltre 730 miliardi di euro e danno lavoro a 2,4 milioni di persone. Se poi si considerano anche le imprese con revenues inferiori ai 20 milioni, la quota sale all’85%. Un esercito che ha creato occupazione più delle aziende non familiari, con un indebitamento più basso e con una redditività più alta, con il Roi al 9,1% contro il 7,9% di altre forme societarie. Una tendenza che si riscontra Il problema più serio emerge quando si inizia anche a livello europeo: secondo la Commisa parlare di competenze. I family business nosione, infatti, le imprese familiari rappresentastrani hanno solo il 7% dei membri del board no il 60% delle aziende continentali e creano straniero, contro il 13% delle non-family. E il dal 40 al 50% di posti di lavoro. confronto con gli altri Paesi è impietoso: 30% Ma c’è un dato che dovrebbe far drizzare le in Francia, 18% in Germania e 17% in Spagna, antenne a tutti gli imprenditori, soprattutto i a testimonianza di una maggior apertura intitolari delle Pmi. Secondo il Family Business ternazionale delle imprese familiari di questi Report 2019 realizzato dalla società di conpaesi. Ancora: se Industria e Impresa 4.0 hansulenza Russell Reyno portato all’attenL’86% DEI PRESIDENTI DELLE IMPRESE nolds, meno del 30% zione la necessità di FAMILIARI È UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA delle imprese familiari digitalizzarsi, la media STESSA: SI TRATTA DI UN DATO ALTISSIMO sopravvive alla terza dei cda “tecnologici” è SE PARAGONATO AGLI ALTRI PAESI generazione di prodell’1% in Italia, conprietà della famiglia. Il che, tradotto, vuol dire tro l’11% della Francia. Inoltre: contabilità e che o si vende o si chiude. Non uno scenario finanza, competenze necessarie per guidare allettante. Lo è ancora meno la fotografia delle un’azienda, appartengono al bagaglio del 7% aziende italiane a gestione familiare. Se infatti dei membri del board in Italia, contro il 16% in il numero di membri “interni” nei cda è in linea Germania e il 20% in Francia. Ma chi comanda con alcuni Paesi europei (mediamente il 28% “il vapore”? La famiglia. L’86% dei presidenti del totale), rimane evidente come la famiglia delle imprese familiari è un membro della fasia ancora il ganglio di potere più sviluppato, miglia stessa. È un dato altissimo se paragoavocando a sé una buona parte del controllo nato a Francia (52%) e soprattutto Germania delle attività. (16%). Inoltre, nel nostro Paese si registra una

netta, quasi totale prevalenza degli uomini sulle donne: solo il 5% dei presidenti è donna (contro il 20% della Spagna). Sempre in tema di catena di comando, per il 33% delle imprese familiari italiane il presidente è anche amministratore delegato, un dato significativo se si considera il 5% delle società nazionali non familiari. Infine, il ruolo di presidente si caratterizza per una lunga durata: 14 anni, rispetto ai 3,5 anni medi delle imprese non familiari. Infine, in merito ai piani di successione, dai dati forniti dalle aziende nostrane emerge una maggiore propensione da parte delle imprese familiari ad adottare una visione di lungo termine. Il “dna familiare” sembra spingere questo tipo di aziende a progettare maggiormente la successione degli Ad (44%) rispetto a quelle non familiari (33%) e a preservare maggiormente l’“intimità” del Consiglio di Amministrazione svolgendo solo internamente le valutazioni sull’operato del Consiglio stesso. Mai fu così vero l’adagio di John Garland Pollard, che definisce la famiglia come «il luogo dove siamo trattati meglio e dove si brontola di più». (m.s.)

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GESTIRE L’IMPRESA LEADERSHIP FEMMINILE

Il karma di Wonder Woman nei panni del ceo d’azienda Bilanciare il lavoro intenso con lo svago: è la “cura” di Valérie Lorentz-Poinsot, dal 2019 alla guida del colosso dell’omeopatia Boiron. «Non essere azionista dell’azienda - dice - è un vantaggio» di Davide Passoni

«QUANDO ERO BAMBINA NON RICORDO DI ESSERMI IMMAGINATA COME UNA MANAGER, UNA VOLTA ADULTA, MA QUALCHE MESE FA MIA SORELLA MI HA DETTO CHE UN GIORNO, DA PICCOLA, LE CONFESSAI CHE DA GRANDE AVREI VOLUTO DIRIGERE UN’AZIENDA». Più

che di karma o di sogni che si realizzano, la storia di Valérie Lorentz-Poinsot, direttore generale del Gruppo Boiron, racconta di una donna che, con idee chiare e un approccio pulito al management, è arrivata al vertice dell’azienda leader globale dell’omeopatia. Una realtà che conta 20 filiali in tutto il mondo, con oltre 3600 dipendenti di cui circa 2500 in Francia e 175 in Italia, dove ha aperto la propria filiale a Segrate nel 1979. Boiron, il cui titolo è quotato alla Borsa di Parigi, ha registrato nel 2018 un fatturato di oltre 604 milioni di euro e dall’1 gennaio 2019 è guidata da Valérie Lorentz-Poinsot con uno stile che non recede di un passo dalla propria femminilità e diventa il valore aggiunto nel lavoro di tutti i giorni. Uno dei libri che ha scritto si intitola “Wonder Women: dites oui à vos pouvoirs”, dite sì alle vostre abilità. Ma lei è una Wonder Woman? Sono una persona con molte passioni: per la vita, per i bambini, per il vino e l’agricoltura organica, per l’ambiente. Il mio slogan è “One world, one health”, un solo mondo, una sola salute. Devi trattare il tuo corpo, la natura, gli

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animali con il medesimo rispetto. Ho tre figli, di 23, 20 e 12 anni ed è importante per me passare del tempo buono con ciascuno di loro e con mio marito, così come con i miei dipendenti. E con me stessa, naturalmente. Cerco di prendermi cura tanto del mio corpo quanto della mia mente e ogni mattina dedico del tempo allo sport: corsa, camminata, pilates, yoga, meditazione. Inoltre, passo molto tempo nei weekend a camminare nella natura, in montagna con la mountain bike o, d’inverno, praticando lo sci di fondo. Penso sia importante bilanciare il lavorare sodo e lo svagarsi BOIRON CONTA 20 FILIALI NEL MONDO, È QUOTATA ALLA BORSA DI PARIGI E NEL 2018 HA REGISTRATO UN FATTURATO DI 604 MILIONI DI EURO

intensamente; stare bene nel corpo e nella mente per me è una chiave per ottenere ciò che voglio, per migliorare le mie abilità. È stato un percorso difficile quello che l’ha portata dove è ora? Il mio percorso si riassume in: testa, cuore, corpo. Testa, per sapere perché si vuole fare qualcosa, cuore per sapere come farlo, corpo per farlo fino in fondo. Arrivare dove sono ora non è mai stato per me un obiettivo fisso, come invece è sempre stato quello di fare il massimo per migliorare la salute delle persone, in tutto il mondo. Ho scoperto l’omeopa-

VALÉRIE LORENTZ-POINSOT

tia grazie ai miei figli che, come tutti i bimbi, da piccoli si ammalavano spesso. Due di loro sono allergici all’aspirina e all’ibuprofene, così il pediatra mi disse che la soluzione non era riempirli di antibiotici e mi invitò a provare l’omeopatia. Da giovane l’avevo usata qualche volta, ma poi l’avevo tralasciata. Poco dopo averla riscoperta ho avuto l’opportunità di lavorare per Boiron. Boiron è un’azienda familiare, ma lei non appartiene alla famiglia: come è entrata in sintonia con i principi aziendali? Non facendo parte della famiglia e non essendo azionista, per me è più facile parlare di determinati argomenti che riguardano l’azienda con la stampa, con i politici, con altri Ceo: mi sento più libera e oggettiva. In questo momento, in cui in Francia siamo sotto pressione come azienda, incontro spesso la stampa e non essere la signora Boiron è meglio. Per me, non appartenere alla famiglia non è un problema, ma un’opportunità. In Italia si parla tanto delle differenze retributive tra uomo e donna: è un problema anche in Francia? Lo è stato, e anche piuttosto grande. Poi un lento cambiamento ha portato all’equilibrio. Oggi in ogni azienda è obbligatorio equiparare gli stipendi di uomini e donne, ci sono regole che obbligano ad avere retribuzioni comparabili, a seconda delle funzioni e delle


LE DONNE SI CREANO BARRIERE CHE RITENGONO INSUPERABILI posizioni. In più, le aziende quotate in Borsa devono mettere nero su bianco nel proprio statuto che non devono ammettere disparità tra uomini e donne nei trattamenti economici. Si dice che uno dei segreti delle donne in posizioni di responsabilità sia quello di essere molto organizzate. È d’accordo? Dipende dalle donne e dipende dagli uomini. Per esempio, la nostra responsabile HR in Francia non è per nulla organizzata, nonostante sia una donna; per fortuna è un’ottima manager. Un’altra mia amica, responsabile acquisti in una grande azienda, è anche lei una persona molto disorganizzata. Riconosco però che, in generale, le donne si sanno organizzare meglio, ma semplicemente perché non hanno alterative (ride, ndr). Boiron è un’azienda con una forte componente femminile. È un processo naturale o

IL SITO PRODUTTIVO DI BOIRON, A MESSIGNY

una strategia? Circa il 70% del nostro personale in Italia e il 71% in Francia è composto da donne. È una questione di storia e di competenze. Storicamente in azienda siamo molto focalizzati sulla qualità della produzione, che è sempre stata principalmente manuale: in passato assumevamo oltre il 90% di donne appositamente per lavorare sui prodotti omeopatici, perché sono molto precise. Inoltre, un tempo erano solo loro a individuare le piante da usare nei preparati e a decidere quali materie prime acquistare. Per quanto riguarda invece le capacità, ho notato che anno dopo anno molte donne sono entrate in posizioni di responsabilità, ma non so dire se c’è un motivo particolare. E in fase di selezione? Rispetto ad altre aziende non ci facciamo un preconcetto su uomo o donna nel momento in cui dobbiamo selezionare qualcuno e siamo molto aperti al part-time anche ad alti livelli in caso di maternità. Per noi è importante avere la persona giusta al posto giusto, uomo o donna che sia. Certò è che nella mia storia ho notato che è più difficile assumere uomini che donne. Che cosa pensa del movimento MeToo? Secondo alcuni sottolinea la debolezza della donna anziché far sì che le persone prendano coscienza del problema della violenza. Faccio fatica ad avere un’opinione sulla questione, perché io stessa ho avuto dei problemi simili ma con un capo donna. Per questo penso che le molestie possano essere tra-

sversali, senza per forza parlare di genere. Ci vorrebbe una sorta di rivoluzione a livello globale per cambiare le cose, un po’ come fece la Rivoluzione Francese, con la dichiarazione dei diritti dell’uomo prima, nel 1789, e della donna poi, nel 1791. Servirebbe un Big Bang per far ripartire tutto da zero, un cambiamento al quale ciascuna nel proprio piccolo può contribuire. Per esempio, io sono presidente dell’International Women’s Forum della regione francese del Rhône Alpes e con l’associazione, che riunisce oltre 7000 donne di 70 Paesi, organizziamo eventi e iniziative perché uno dei nostri obiettivi è quello di avere sempre più donne a capo di organizzazioni e imprese, che possano dare il proprio contributo attivo nel cambiare il mondo. Che suggerimenti può dare a delle giovani donne che vogliono intraprendere una carriera dirigenziale? Di fare sempre ciò che hanno intenzione di fare, di non crearsi delle barriere. Spesso infatti il problema sta in noi stesse. Quando si vuole accedere a una posizione e, poniamo, ci sono dieci condizioni da soddisfare per candidarsi, se si è una donna e si pensa di possederne otto ci si pone il dubbio di non essere adeguate; se si è un uomo e se ne possiedono cinque, non ci si fanno problemi, si pensa di essere adeguati e ci si candida. Spesso le donne esitano: non fatelo, andate, andate, andate. Altro suggerimento: prendetevi del tempo e pensate prima di agire e decidere. È un suggerimento per tutti, ma principalmente per le donne, dalle quali ci si aspetta il massimo ogni giorno, sono sempre sotto osservazione e devono fare tutto più velocemente e meglio degli uomini. Infine mi sento di dire: non portate la vostra asticella troppo in alto, fate ciò che serve per riuscire a fare quello che dovete fare. E siate donne, non comportatevi mai come un uomo, anche se a volte è utile provare a pensare come un uomo e reagire come lui in determinate situazioni. Così come per l’uomo sarebbe utile farlo come una donna. Chi è il capo a casa? Lei o suo marito? Dipende dai casi. Quando si tratta di organizzare, sicuramente è mio marito.

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GESTIRE L’IMPRESA TRENDSETTER

E (ANCHE) IL PANINO SI FARCISCE DI SOSTENIBILITÀ Lotta allo spreco, energia da rinnovabili, empowerment femminile, programmi di formazione, inclusione e primo soccorso: Panino Giusto, lo storico brand nato nel 1979, è diventato la prima B Corp italiana della ristorazione di Marina Marinetti

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lzi la mano chi non ha mai provato il Settebello. No, non l’elettrotreno rapido che ha prestato servizio fino al ’92, né il classico di Durex, ma quello del Panino Giusto: brie, prosciutto di Praga e patè di vitello fatto “in casa”. Correva l’anno 1979 e a Milano, in corso Garibaldi 125, apriva i battenti un piccolo locale che elevava un pasto di ripiego, il panino, in un prodotto di eccellenza, puntando sulla qualità delle materie prime e su abbinamenti inediti, come quello ideato dallo chef stellato Claudio Sadler (e certificato dalla fondazione Accademia del panino italiano): bresaola della Valtellina, stracciatella pugliese, fiore di zucca, il tutto racchiuso tra due fette di pane arso, al secolo “Tra i due”, come l’espressione futurista ideata nel 1929 da Marinetti per indicare il panino imbottito in un periodo in cui gli inglesismi non erano consentiti. La formula di Panino Giusto ha funzionato talmente bene che oggi il brand conta 33 locali: 25 in Italia, LA CRESCITA DEL BRAND HA IMPOSTO AL MANAGEMENT UNA RIFLESSIONE SULL’IMPATTO DELL’AZIENDA: È NATO COSÌ IL PERCORSO CON NATIVA

di cui 15 a Milano, uno a Londra, Parigi, Ginevra, tre a Tokyo, due a Hong Kong (con contratto in scadenza nel 2020, che pare non verrà rinnovato). E nel corso di quest’anno l’hub di Malpensa si aggiungerà alla “collezione” che già conta Linate, Orio al Serio e Stazione Centrale di Milano. Il tutto, per un fatturato (quello 2019) di 35 milioni di euro, con 550 dipendenti (età media 23 anni) e store manager per l’80% donne. Tutto merito di Antonio Civita e della mo-

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ELENA RIVA E ANTONIO CIVITA

glie (e socia) Elena Riva, con la quale, dopo aver gestito in affiliazione 15 locali nell’arco di 6 anni, nel 2010 ha acquisito la titolarità dell’impresa, rilanciandola, intuendo nel panino italiano un progetto da valorizzare come eccellenza del made in Italy a livello globale. Lo scorso anno Panino Giusto ha avviato con Nativa, la prima Certified B Corporation in Italia, il percorso per diventare B Corp. Così, a gennaio di quest’anno, Panino Giusto è diventata la prima B Corp italiana del mondo ristorazione, oltre ad aver cambiato il suo Statuto, trasformandosi in Società Benefit . «La nostra crescita ci ha imposto una riflessione sull’impatto che produciamo», spiega il ceo Antonio Civita: «abbiamo ragionato sull’effetto positivo che le nostre scelte possono avere non solo sul benessere della no-

stra impresa. Il nostro obiettivo è diventato quello di integrare la nostra sostenibilità con quella del sistema nel quale operiamo, orientando le scelte al miglior grado di bene comune raggiungibile. Lo scorso anno abbiamo valutato opzioni di collaborazione con


partner finanziari o industriali, ma abbiamo poi convenuto che la strada migliore per il nostro progetto fosse continuare a investirvi personalmente», continua Civita:«Abbiamo liquidato i soci di minoranza, che hanno dato continuità storica al progetto nei primi anni e, come primo atto del nostro nuovo assetto, ci siamo trasformati in Società Benefit, dando piena stabilità all’impresa e esprimendo i nostri valori che da oggi, diventando la prima B Corporation italiana della ristorazione, dichiariamo sempre più orientati alla cultura della sostenibilità e della responsabilità sociale». «Rendere il mondo più giusto attraverso un panino è la nuova vision che abbiamo concretizzato entrando nel mondo B Corp, un sistema globale di certificazione, misurabile e trasparente, per aziende che considerano il business come opportunità per creare una società più giusta e inclusiva», gli fa eco il presente, Elena Riva: «Il sistema B Corp è rigoroso, stimola suggerisce e monitora le imprese perché raggiungano i più alti standard di performance sociale e ambientale – Panino Giusto ha totalizzato bel 87,1, superando il punteggio indispensabile alla certificazione (80), ndr - Siamo orgogliosi di avere in breve tempo raggiunto e superato il punteggio che ci ha premesso di essere la prima B Corp italiana della ristorazione, ed è solo un inizio». Ma in cosa consiste, esattamente, l’essere una B Corp? Si tratta di un assessment composto da 4 macro aree: governance, persone, community, ambiente. Il Cfo Roberta Pontrelli, spiega che la vocazione B Corp da tempo era nel dna del brand: «dalla lotta allo spreco espressa dalla scelta di fare panini solo al momento, alle pratiche formative e inclusive per i lavoratori sottoccupati come i giovani migranti, fino al grande spazio occupato dalle donne in azienda, l’80% degli store manager». Ma anche smart working programmi dedicati all’empowerment

femminile. «È nei nostri prossimi obiettivi istruire i nostri store manager con corsi di disostruzione delle vie aeree, un incidente che può essere fatale e può accadere in ogni luogo della ristorazione, così come man mano installeremo defibrillatori nei nostri locali, a beneficio della clientela e delle persone nelle vicinanze. Riferendoci alla community abbiamo avviato delle survey con i nostri collaboratori esterni e un codice condotta

per i nostri fornitori, perché con le nostre scelte possiamo influire sulle loro. In campo ambientale stiamo implementando la scelta bio, la politica di acquisti locali, entro gli 80 km, il monitoraggio del consumo delle acque ed usiamo già un tipo di energia 100% rinnovabile, per la quale ci riforniamo presso una B Corp, rendendo sempre più virtuoso il circuito. Per quanto riguarda la plastica abbiamo già scelto la bottiglia di vetro a rendere in tutti i nostri locali, che si avviano quindi a diventare presto plastic free».

UN PATRIMONIO IDENTITARIO DA PRESERVARE La qualità fa scuola. Letteralmente: anche la Accademia del Panino Italiano, fondazione culturale che ha elaborato un patrimonio identitario di valore per il concetto gastronomico del panino italiano, è un’iniziativa nata da un’ idea di Antonio Civita. E senza favoritismi: l’Accademia lavora in modo super partes e istituzionale, affinché il panino italiano si affermi nel mondo offrendo reali opportunità a tutto il sistema. Manifesto dei valori, disciplinare di produzione, prassi di certificazione, eventi culturali e b2b creati dalla Fondazione sono condivisi da un advisory board di 12 professionisti noti nel mondo del food, della cultura, della comunicazione, del design. A febbraio è stata lanciata la Community del panino, che rappresenta chi lavora nella panineria di qualità ma anche i suoi stakeholders e il sempre più esigente e curioso pubblico di fan. Attività mirate che mettono in connessione i titolari o gestori di esercizi con i loro potenziali clienti e il più ampio panorama di produttori, creativi, artigiani del cibo grazie a strumenti come l’app Paninomap, eventi fieristici e contest, attività giornalistica, comunicazione offline e copertura sui social network.

Dichiara Barbara Rizzardini, Direttrice della Accademia del Panino Italiano: «Offriamo agli esercenti una formazione completa, che non riguarda solo gli aspetti di preparazione e ricettazione, ma anche il controllo di gestione e la formazione del personale», spiega la direttrice dell’Accademia, Barbara Rizzardini. «Oltre alla Paninomap con la quale diamo la possibilità ai gestori di pubblicizzarsi, anche aggiornando personalmente i propri contenuti, proponiamo corsi di gruppo o personalizzati, sia per startupper del panino sia per chi vuole migliorare la propria presenza sul mercato. Ci piace valorizzare ogni player di questo settore, con attività editoriali e partecipando a contest locali o nazionali dove ciascuno possa esprimere il meglio di sé e farlo sapere anche fuori dal suo circuito». A oggi sono 1300 i locali italiani e 1700 quelli tra Europa e resto del mondo selezionati da Accademia per la Paninomap, secondo precise regole di ingresso: solo panini fatti al momento, con ingredienti selezionati e ricette creative o tradizionali che comunque rivelano la passione di chi le esegue, sempre artigianalmente.

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GESTIRE L’IMPRESA PIATTAFORME

DA SUITE PER PMI A PARTNER PER LE GRANDI IMPRESE Consulenza, gestione amministrativa e certificazione di affidabilità: ecco come la piattaforma FlexTax si propone a professionisti e aziende, guidandoli nel campo minato di adempimenti e scadenze a cura della redazione

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vete presente uno dei primi giochi a imprese con importanti reti di vendita a livelessere inseriti di default nei pc, quello nazionale o di nuove aziende digitali - come lo che si chiamava Campo Minato, quelle che gestiscono marketplace - che connel quale bisognava scovare tutte le mine presentono ai loro utenti di guadagnare; aziende senti nel quadro senza cliccare su una di esse alle quali, per il loro modello di business, sere saltare in aria? Ecco, l’apertura e la gestione vono collaboratori con partita Iva e vogliono di una partita Iva, in Italia, somigliano molto a entrare con nuovi business nel mercato Italiaquesto gioco: aziende no. Spesso chi desidee professionisti si tro- FLEXTAX OPERA SU TUTTO IL TERRITORIO ra associarsi a queste NAZIONALE CON UN SISTEMA CHE ENTRO vano a dover seguire realtà, una volta che SEI ORE DALLA RICHIESTA FORNISCE ogni giorno talmente cerca informazioni sui LA RISPOSTA AI QUESITI PROPOSTI tante problematiche loro siti ha una doe scadenze che il rischio di saltare in aria su manda ricorrente: “Quanto guadagnerò al netuna norma non adempiuta o su un termine to delle tasse associandomi a voi?”. Le persone non rispettato è sempre dietro l’angolo. Con la si sentono quindi dire di rivolgersi a un prodifferenza che questo gioco può comportare la fessionista fiscale, poiché queste aziende non vita o la morte di una piccola impresa o di un hanno gli strumenti per rispondere in maniera professionista. «Sono proprio questi gli utenti esaustiva. Inoltre, in fase di colloquio, molti cui offriamo i servizi della nostra piattaforma candidati rinunciano alla posizione perché, FlexTax», dice Fabio Pennella, fondatore e amposti di fronte all’esigenza di aprire una partita ministratore delegato di Flex Company, che geIva, preferiscono declinare, non avendo chiara stisce ed eroga il servizio. Ma FlexTax si propoquella che sarà loro retribuzione al netto delne anche come partner di grandi aziende per le imposte. Con i nostri tool, invece, chi lavora aiutarle nel reclutamento e nella gestione del nelle risorse umane può mostrare al candidato personale: «Si tratta - specifica Pennella - di durante il colloquio il quadro preciso di quanto

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guadagnerà al netto, quali tasse dovrà pagare e quando. Ci stanno anche contattando aziende straniere interessate al nostro mercato, per le quali possiamo essere partner a sostegno nel rapporto con la fiscalità italiana». «La nostra piattaforma - prosegue Pennella offre nello stesso strumento tre servizi fondamentali. Intanto la consulenza fiscale, con un team di esperti online accessibili ovunque e un sistema di risposta entro sei ore dalla richiesta, con un massimo di 48 ore in caso di weekend. Operando su tutto il territorio nazionale e su un panel molto ampio di partite Iva, molte delle quali sono nuove professioni, questo servizio ci consente di avere una conoscenza delle varie casistiche che un professionista tradizionale può non avere. Abbiamo un database di oltre 10mila richieste che ha permesso ai nostri consulenti di specializzarsi ciascuno in un proprio ramo, seguendo determinate professioni». Così come accade nel mercato tradizionale, anche nell’online la consulenza è monca senza la gestione amministrativa: «È proprio questo il secondo strumento di FlexTax - aggiunge il


Ceo -. Attraverso la suite, gli utenti possono accedere a simulatori per le imposte, calcolatori finanziari, strumenti di fatturazione e report economici e finanziari. In sostanza, essi gestiscono tutta la propria posizione finanziaria attraverso dei ticket, in qualunque posto si trovino». Infine, la parte fintech della piattaforma: «Flex Company fa parte del Fintech District di Milano. Per aiutare le partite Iva ad avere una corretta gestione economica, stiamo sviluppando una serie di servizi presto attivi, che consentiranno di pagare e incassare le fatture con un clic, di registrare in automatico i pagamenti ricevuti sul conto corrente, di accedere a finanziamenti, di conteggiare in automatico lo split delle varie spese che ciascuno ha in base al fatturato: in questo modo, per ogni fattura incassata sarà possibile accantonare le percentuali che serviranno per i tributi e i fornitori da pagare, per gli investimenti, con l’evidenza del guadagno residuo». Per potersi proporre in maniera credibile, il sito e la piattaforma sono sostenuti da numeri significativi, come sottolinea Pennella: «A gennaio la piattaforma ha totalizzato 155.000 utenti unici, grazie anche al fatto che abbiamo un blog di informazione fiscale che è ben posizionato online, con oltre 5.000 contenuti di informazione gratuiti; nel 2019 il blog ha

FABIO PENNELLA

VADE RETRO, PAGAMENTO! Ecco gli esborsi più detestati da parte delle neo partite Iva, secondo quanto emerge da una ricerca effettuata da FlexTax sui propri utenti: 1. I più incomprensibili: i contributi fissi da pagare all’atto dell’iscrizione in Camera di commercio. Questi soggetti avvertono un approccio sbagliato

da parte del Fisco verso chi vuole aprire una partita Iva: trovano insopportabile l’idea di dover iniziare a pagare ancor prima di fatturare. 2. I più odiati: gli acconti. Sapere che l’anno dopo aver aperto un’attività si rischia di pagare il doppio delle imposte già a giugno, significa lavorare

totalizzato quasi 900.000 utenti unici e circa 3 milioni di pagine viste. FlexTax ha utenti paganti in tutta Italia, con diversi codici ateco e appartenenti a diverse fasce di età, che vanno dai 25enni ai pensionati, questi ultimi in forte aumento con l’introduzione del regime forfettario. Oggi siamo a circa 1000 nuovi utenti al mese che usano la piattaforma in modalità Freemium, gratuita: una modalità che consente loro di fruire di 10 consulenze fiscali gratuite e di fatture cartacee e xml illimitati, di accedere a report e analisi economico finanziarie e utilizzare simulatori e calcolatori, tutto in maniera illimitata». Il sito nella sua versione Mvp, Minimum Viable

DIVENTIAMO PARTNER FISCALI DELLE AZIENDE PER RISOLVERE LE LORO PROBLEMATICHE

otto mesi dell’anno dopo con la certezza che non resterà un soldo in tasca. 3. I più antipatici: i bolli in fattura. È un’antipatia specifica di chi è in regime forfettario, non tanto per la cifra ridicola dei due euro del bollo, quanti per tutte le pratiche che essa comporta.

Product (una versione iniziale del prodotto che ne include solo le caratteristiche minime, al fine di raccogliere i feedback dei clienti), è andato online il 7 dicembre 2018, mentre a novembre 2019 è stata rilasciata la nuova versione con la suite e la piattaforma. L’idea di business, invece, è maturata nel corso del 2018 quando il team ha svolto diverse analisi e ha capito che il mercato era pronto per questo tipo di servizio: «In quel periodo - dice Pennella ho iniziato a parlare dell’idea con alcuni studi di consulenti del lavoro e consulenti fiscali che si sono dimostrati da subito entusiasti. Il progetto ha potuto partire grazie a due round di equity, uno da 60.000 euro e uno da 100mila. A maggio attiveremo un nuovo round di finanziamenti rivolto a venture capital, aziende interessate al nostro mercato e business angel». Il fatto di aver trovato finanziatori ha sicuramente agevolato l’avvio della start-up, ma spesso quello dell’accesso al credito è un ostacolo che i neo imprenditori si trovano a dover affrontare. Pennella lo sa e con FlexTax prova a dare una risposta anche in questo senso: «Spesso le banche non erogano finanziamenti a nuove imprese e partite Iva perché non hanno dei rating, dei dati che ne certifichino l’affidabilità. Noi, in partnership con banche, finanziarie, assicurazioni possiamo creare servizi personalizzati e nuovi strumenti di rating per le micro e piccole imprese, in modo che gli istituti di credito sappiamo se l’azienda o il professionista sono clienti potenzialmente affidabili cui erogare del credito».

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GESTIRE L’IMPRESA CYBERSECURITY

Quel virus dell’ingenuità che contagia le Pmi Dalle email dei clienti alle app di Google Play: l’hacker si nasconde dove meno lo si aspetta. Così il 92% delle aziende italiane subisce attacchi con danni nella maggior parte dei casi superiori agli 80mila euro di Marina Marinetti

C’

è virus e virus. Mentre mezza Italia co Fanuli, Security engineer team leader di si affannava a saccheggiare superCheck Point Software Technologies, il princimercati e farmacie in prenda all’ipale fornitore di soluzioni di cybersecurity a steria da Covid-19, un altro virus si aggirava livello globale, nata a nel ’93, con headquarindisturbato a minacciare il Pil nazionale: ters in Israele a Tel Aviv e a San Carlos, in CaEmotet. Che già a gennaio aveva infettato il lifornia, quasi 2 miliardi di fatturato a livello 18% delle aziende italiane. Perché non esiste globale e più 5.100 dipendenti nel mondo, mascherina in grado di proteggere dall’ingedei quali una cinquantina in Italia. «Il vettore nuità, dalla curiosità, dalla fretta. Chi di noi email è il più semplice, lascia all’utente finale non aprirebbe una mail che arriva da un conla libertà di aprire la porta all’attaccante. Abtatto conosciuto (e quindi non finisce nello biamo visto a dicembre le campagne a tema Spam), specie se si presenta come risposta a Greta, a gennaio quelle sul Coronavirus. Si una nostra comunicazione? Chi non cliccheutilizza un topic sociale che sta a cuore chi lo rebbe su un file Office sta aprendo. In Italia», IL DATO ITALIANO È SUPERIORE che si presenta, per continua, «gran parte A QUELLO DEL RESTO DEL MONDO PERCHÉ esempio, come rettidel malware, il 90% TENDIAMO A SOTTOVALUTARE I RISCHI fica a un nostro articirca, è veicolato traE SIAMO MOLTO PIÙ SOCIALI colo, o come risposta mite il vettore email. a una nostra offerta commerciale? Et voilà: il È un dato strano: nel resto del mondo è sotto malware è servito. E con un semplice click gli l’80%. Siamo ingenui? No: siamo sociali. Non abbiamo dato libero accesso alle nostre pasci domandiamo cosa c’è dietro l’email. Specie sword, alla nostra casella di posta, ai nostri se arriva da contatti conosciuti, e ci sono tanmovimenti bancari. te metodologie per fingere di essere chi non «In questo periodo stanno impattando le mail siamo. Difficilmente apriremmo un file .exe, a tema Coronavirus, che sembrano segnalama il file .doc di Word o quello .xls di Excel re dove il Coronavirus si stia diffondendo, o vengono percepiti come innocui, come passembrano offrire maggiori informazioni, insivi». coraggiando la vittima ad aprire gli allegati Se noi siamo sociali, anche i soldati israeliani o a cliccare su link che, se aperti, tentano di non scherzano. E nelle scorse settimane hanscaricare Emotet», spiega a Economy Marno subito tentativi di hackeraggio da parte di

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Hamas: «gli aggressori si fingevano ragazze per spiare i soldati, entrando in contatto sui social: li seducevano e cercavano di fargli scaricare un’app che avrebbe permesso ad Hamas di hackerare i loro smartphone». Un trucchetto che era già stato utilizzato in occasione dei Mondiali di Calcio 2018. «Il processo è sempre lo stesso: usare profili falsi sui social media, quello che noi chiamiamo social networking, per interagire e poi adescare e sedurre le vittime, facendo scaricare app da link inviati attraverso questi account falsi». «Ci sono due tipi di aziende: quelle che sono state hackerate e quelle che non sanno ancora di essere state attaccate», diceva John Chambers, l’ex ceo di Cisco. L’ultima edizione del Security Capabilities Benchmark Study della


multinazionale, relativo al 2018, parla di attacchi subiti dal 92% delle aziende italiane. E il 62% degli attacchi in Italia ha provocato danni superiori agli 80mila euro. Un caso su tutti: quello dell’emiliana Iris Ceramiche, che a fine 2018 un ha subito attacco hacker ben strutturato: un malware si è addentrato nel sistema aggirandone i sistemi di sicurezza di base e, a partire da un backup dati di alcuni mesi prima, ne ha bloccato l’operatività. Risultato: 48 ore circa 3 milioni di euro di fatturato andati in fumo. E se pensate di essere al sicuro perché state utilizzando un Mac vi sbagliate: «È vero che la mela è più sicura, ma non è invulnerabile», sottolinea Fanuli. «È sempre una questione di soldi: se c’è diffusione di mercato tale da giustificare lo sforzo di costruire un malware per la piattaforma, possiamo essere sicuri che verrà fatto. Noi, proprio per aumentare la sensibilità in materia specialmente sul mobile, organizziamo demo di attacco live proprio su piattaforme Ios: ancora una volta è l’utente ad aprirci le porte, aprendo link mandati via sms o foto via whatsapp. Certo, Apple è fino a 17 volte più sicura delle altre piattaforme perché implementa check di sicurezza anche a monte dello store». Ecco appunto: da Google Play milioni di utenti hanno inavvertitamente scaricato migliaia di app dannose che

che solo il 3% delle organizzazioni in tutto il hanno compromesso i loro dati, tra cui SMS, mondo utilizza una protezione adeguata per credenziali, foto, calendari, appuntamenti ed gli smartphone, mentre nel solo 2019 il 27% e-mail. Ad esempio, nel marzo 2019, l’adwadegli attacchi informatici li ha presi di mira. re “SimBad” è stato trovato in oltre 200 app Il successo di queste campagne cybermobile sullo store, con un conteggio di download è il risultato di due fattori principali: uno, la combinato di quasi 150 milioni. La famiglia di crescente dipendenza di tutti noi dai nostri malware Haken, per esempio, è stata installasmartphone e dalle app installate su di essi; ta su oltre 50.000 dispositivi Android da otto due, la mancanza di consapevolezza da parte diverse applicazioni dannose mascherate da di molti su quanto sia facile usare gli smarutility per la fotocamera e giochi per bambini, tphone come vettori di attacco». tutti apparentemente innocui. Il malware è E se le aziende risparmiamo sugli antivirus, un “clicker”: prende il controllo del telefonino figuriamoci sulla protezione dei cellulari: e clicca su qualsiasi cosa possa apparire sullo «Negli ultimi anni abbiamo condotto una batschermo, attivando, per esempio, servizi in taglia di evangelizzazione su questo tema. Il abbonamento premium senza che l’utente se perimetro dell’azienda è morto: non c’è più ne renda conto. La buona notizia è che queste solo l’ufficio, ma anapp corrotte sono staAL GIORNO D’OGGI TUTTI I MALWARE che i pc personali che te tutte rimosse da GoSONO CONFIGURATI PER ATTACCARE si collegano al server ogle Play. Ma ci sono ANCHE I CELLULARI, ACCEDENDO da casa e gli smarquasi 3 milioni di app A DATI AZIENDALI RISERVATI tphone. Sono pochisdisponibili in Play Stosime le aziende che hanno adottato strumenre, con centinaia di nuove app caricate ogni ti di security allo stesso livello che hanno nel giorno, il che rende difficile controllare che perimetro. Quando proponiamo una proteognuna di esse sia sicura. «Sotto Pokemon zione estesa, ci viene detto “interessante, ma Go, per esempio, c’era un regalino, chiamato in questo momento non c’è budget. Così la siDroid Jack, che dava agli hacker l’acceso ancurezza dei dispositivi mobili passa in ultimo che alla telecamera e agli input da tastiera», piano: è un barattolo di miele per gli attaccanspiega Fanuli. «Al giorno d’oggi, tutti i malwati. E nel Cloud sta avvenendo la stessa cosa». A re conosciuti sono adottati anche per attaccaproposito di budget: quanto costa proteggere re i cellulari. Le nostre ricerche dimostrano un’azienda con una trentina di dipendenti? «Più o meno tra i 5 e i 6mila euro l’anno, con una protezione a 360 gradi estesa anche ai dispositivi mobili», risponde Marco Fanuli. E per convincere le aziende della bontà della spesa, esiste un solo modo: la dimostrazione: «Di solito facciamo testare Cloudguard Saas, il nostro software as a service, la protezione ontop per Office 2.5: dopo cinque giorni si notano già una miriade di alert dal punto di vista di attacchi .doc contenenti ransomware – un tipo di malware che limita l’accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione - piuttosto che eventi di fishing». Se funziona per i dimostratori del Folletto che scovano la polvere nascosta nei materassi, funziona anche per la MARCO FANULI cyber security. Provare per credere.

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HAI BISOGNO DI UN TEMPORARY MANAGER? Studio Temporary Manager™ S.p.A. è la 2^ società Italiana specializzata a 360° nei HAI BISOGNO DI UN TEMPORARY MANAGER? servizi di Senior Temporary Management, per fatturato e numero di missioni svolte. HAI BISOGNO DIS.p.A. UN MANAGER? I Soci sono Temporary Manager Professionisti da vent’anni, sono ancheaautori di 4 Studio Temporary Manager™ èTEMPORARY la 2^ società Italiana specializzata 360° nei libri, articoli, pubblicazioni e Management, relatori e corsi sul Temporary Management. servizi di Senior Temporary fatturato e numero di missioni svolte. ^ società Studio Temporary Manager™ S.p.A.inè seminari la 2per Italiana specializzata a 360° nei I Soci sono Temporary Manager Professionisti da vent’anni, sono anche autori di 4 servizi di Senior Temporary Management, per fatturato e numero di missioni svolte. Studio Temporary Manager si occupa di: Management. libri, articoli, pubblicazioni e relatori in seminari e corsi sul Temporary I Soci sono Temporary Manager Professionisti da vent’anni, sono anche autori di 4 libri, articoli, pubblicazioni eTemporary relatori in seminari e corsi sul Temporary Management. • Riorganizzazioni - Studio ristrutturazioni • Operation, riorganizzazioni e Manager si occupa di: • • • • • • • • • • •

aziendali digitalizzazione d’impresa Studio Temporary Manager si occupa di:business • Riorganizzazioni - ristrutturazioni • Operation, riorganizzazioni e Passaggi generazionali & Governance Controllo di gestione, aziendali digitalizzazione d’impresa aziendale intelligence Riorganizzazioni ristrutturazioni • Operation, riorganizzazioni e • Passaggi generazionali & Governance •• Controllo di gestione, business Turnaround, ex art. 67 e 182 bis L.F Implementazioni ERP, analisi e software aziendali digitalizzazione d’impresa aziendale intelligence compresi selection Passaggi generazionali & Governance • Controllo di gestione, • Turnaround, ex art. 67 e 182 bis L.F •• Implementazioni ERP, business analisi e software Riorganizzazione commerciale/marketing Presenza indipendente nei Consigli di aziendale intelligence compresi selection Amministrazione Rivisitazione rete vendita, start up nuovi Turnaround, ex art.commerciale/marketing 67 e 182 bis L.F Implementazioni ERP, nei analisi e software • Riorganizzazione • Presenza indipendente Consigli di business/B.Unit • Pianificazione strategica compresi selection Amministrazione • Rivisitazione rete vendita, start up nuovi M&A, Capital advisoring, ricerca partner • Ricerca & Selezione con Autorizzazione Riorganizzazione Presenza indipendente business/B.Unit commerciale/marketing • Pianificazione strategica nei Consigli di industriali/ finanziari Ministeriale Amministrazione • M&A, Capital advisoring, partner • Ricerca & Selezione con Autorizzazione Rivisitazione rete vendita,ricerca start up nuovi industriali/ finanziari business/B.Unit • Ministeriale Pianificazione strategica M&A, Capital advisoring, ricerca partner • Ricerca & Selezione con Autorizzazione industriali/ finanziari Ministeriale Sede di Verona Viale del Lavoro, 33 Sede diBuon Verona 37036 S. Martino Albergo Viale del Lavoro, 33 37036 S. Martino Buon Albergo

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FORMAZIONE

WORKSHOP TRASMETTERE IL KNOW HOW Strumenti, contenuti, tecniche e mentalità per arricchire la propria cassetta degli attrezzi: è la mission di coach e formatori. Che ai loro clienti offrono percorsi di comunicazione, negoziazione, leadership, coaching, public speaking, conflict management e gestione dei collaboratori. Ma, soprattutto, forniscono un mindset adeguato ad affrontare i cambiamenti.

SI FA PRESTO A DIRE COACH Per orientarsi nel panorama della formazione ci vorebbe un navigatore... o meglio, un “navigato”. Come Mario Alberto Catarozzo, che dal lontano 1996 accompagna il percorso di professionisti e imprenditori di Paola Belli

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uelli che ridefiniscono il concetto non vado sul palco a far saltare la gente o a di “impossibile” con il firewalking promettere risultati miracolosi», esordisce camminando sui carboni ardenti; i Mario Alberto Catarozzo. Giurista, ancor malati di sfide che rideterminano le chiavi del prima che formatore: dopo la laurea in Giusuccesso conquistando nuove vette... letteralriprudenza (con 110 e lode) s’è dato alla comente: in cordata sull’Himalaya oppure lanmunicazione e all’editoria, curando progetti ciandosi da grattacieli editoriali area tax&o immergendosi negli MARIO ALBERTO CATAROZZO: legal per Alpha Test, oceani; quelli che, in «Sono un coach tecnico, non ho bisogno Maggioli, Il Sole 24 sostanza, “vi spiego io di andare sul palco a far saltare Ore. Poi, la passione come si sta al mondo, la gente. Mi concentro invece l’ha portato a prosediffidate dalle imita- su un coaching più concreto» guire il suo percorzioni”. Santoni, guru, so formativo, con la opinionisti proliferano e per districarsi nel programmazione neurolinguistica (discipina panorama del coaching servirebbe un nasulla comunicazione e crescita personale al vigatore. O meglio, un “navigato”, uno che il tempo stesso) con specializzazioni in Pnl e business coach lo fa sul serio da prima che la qualifica di Npl Coach rilasciata dalla Nlp diventasse moda. «Sono un coach tecnico, Society di Richard Bandler: «Mi sono formato

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WORKSHOP FORMAZIONE presso le migliori scuole di coaching internazionali», racconta. Quattro anni fa ha fondato MYPlace Communications, (www.myp. srl), a cui si rivolgono studi professionali e aziende del calibro di Merck, Bayer, Dentons, Tyco, Inaz, Ktm, Crédit Agricole, Tim, Confcommercio, Umana, Adecco, il Sole 24 Ore e organizzazioni come la Fondazione Studi Consulenti del lavoro, Asla, Confcommercio e Università come Bbs (Bologna Business School) e Università di Padova... «Accompagno i professionisti e i manager nei loro processi di sviluppo, individuali e di organizzazione», spiega a Economy. «In questi anni in cui i cambiamenti sono repentini e radicali, le persone abituate a pensare sempre nello stesso modo si sentono perse, non capiscono cosa stia succedendo né come organizzarsi. Vogliono riqualificarsi, rimettersi in pista, riprendere in mano l’azienda o semplicemente cambiare vita». «Il mio mondo è un circolo virtuoso: parto spesso dal coaching, ma poi approfondendo i miei clienti capiscono di aver bisogno di integrare competenze che non possiedono». Comunicazione, negoziazione, leadership, coaching, public speaking, conflict management, gestione dei collaboratori diventano skills essenziali. «Poi arriva il momento di guardare fuori dall’azienda, per promuoversi». E scatta l’esigenza di approfondire tematiche di marketing, branding, promozione, business development. L’offerta di Catarozzo si articola su tre linee di servizi interconnesse tra loro: formazione, coaching e consulenza. «La formazione è la trasmissione di know how sulle soft skills, trasmette strumenti, contenuti, tecniche e principi per arricchire la propria cassetta degli attrezzi», spiega Catarozzo. «Un tempo le soft skills erano complementari a quelle hard, alla formazione universitaria, ma oggi tutto quello che riguarda la comunicazione, la negoziazione, il public speaking, la gestione del tempo e dello stress, la motivazione, la leadership, la gestione dei collaboratori è parte integrante di ogni figura professionale. Io lavoro in particolare con av*Fonte 2019 vocati,Assofranchising commercialisti, notai e consulenti del

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MARIO ALBERTO CATAROZZO

lavoro. In qualunque ambito business puoi essere bravissimo, se però non sai comunicare, lavorare in team, avere una progettualità, ecco che le competenze hard servono a poco». Ed è inutile sviluppare soft skill, se poi non si osa metterle in atto. Ecco l’importanza del coaching, in cui l’individuo (ma anche il team) viene affiancato nel proprio processo di sviluppo personale e professionale. «Si lavora su tre momenti: chiarezza, focus, azione», spiega ancora Catarozzo. «Prima si fa chiarezza circa gli obiettivi che ti poni, sulle risorse necessarie per raggiungerli, sul piano di azione. Poi si passa alla fase focus e ci si dedica step by step a ognuno degli obiettivi individuati. La terza fase è quella dell’azione, del “fare, non parlare”. Il coaching è un processo di sviluppo che lavora sulla mentalità. Non per niente il “ciclo del successo”, inteso come participio passato del verbo “far succedere”, quindi “far accadere”, include quattro passaggi: come penso determina come sto, che determina i comportamenti che tengo, che determinano i risultati che ottengo, che a loro volta influenzano il come penso. Il coach parte dall’idea che tu vai bene come sei: non sei tu in discussione, ma devi lavorare sulle strategie che metti in atto per raggiungere i tuoi obiettivi. Non sei tu a essere sbagliato: lo sono le tue strategie». Nel coaching, in sostanza, non esiste il giudizio, ma la distinzione tra modo di agire funzionale o disfunzio-

nale rispetto agli obiettivi che ci si pone. Tutto questo, senza la consulenza, avrebbe poco senso. Ecco perché quattro anni fa Catarozzo ha raccolto professionisti senior, tutti – come lui - con un quarto di secolo di esperienza alle spalle mettendo in piedi MYPlace: «Facciamo incontrare il mondo professionale del diritto con la comunicazione e il marketing. Facciamo parlare due mondi che erano separati. Lavoriamo anche con moltissime aziende, dalla piccola del bresciano alla multinazionale, dallo studio piccolo al più grande al mondo. Affianchiamo lo studio e l’azienda soprattutto sul web: dal sito al progetto di comunicazione, dal posizionamento al social media management. Non ci limitiamo a portare ai clienti tecnologia e nuovi processi: il nostro obiettivo è di migliorare la qualità della vita dei datori di lavoro, dei loro collaboratori, dei loro clienti: ognuno deve imparare a prendersi cura del sistema perché il sistema si prenda cura di lui. Le persone più serene e meno stressate lavorano meglio e forniscono al cliente un servizio migliore». È l’approccio giapponese del kaizen, il miglioramento continuo a piccoli passi: «ci si prende cura di ciò che già funziona per farla funzionare meglio». L’offerta di servizi è ampia: dalla formazione a catalogo, con master e mini master, a progetti tailor made costruiti in base alle esigenze del cliente, dal coaching one to one nello studio di via Cadore 26 a Milano alle sessioni tramite Skype, passando per il team coaching presso aziende e studi. «La più grande soddisfazione», conclude il formatore «è vedere negli occhi del cliente lo scatto del cambiamento, quando si vede che l’ha introiettato. Per Timothy Gallwey, il padre del coaching, la performance è data dalla differenza tra la potenzialità e le interferenze, che sono principalmente mentali. Pensiamo che i nostri limiti siano oggettivi: dove abito, quanti soldi ho, che conoscenze, quali studi, ma in realtà le uniche vere interferenze importanti sono come pensiamo: non posso farcela, è impossibile, non me lo merito. Siamo noi che ci limitiamo».


Il lavoro continua grazie ai webinar Già nella prima settimana di coprifuoco antivirus Cifa Italia e Confsal hanno promosso un ciclo di incontri formativi online completamente gratuiti per gestire le riorganizzazioni aziendali nelle situazioni di crisi di Angelo Curiosi

ANDREA CAFÀ

U

n passo avanti epocale, senza dubbio, questo smart-working diffuso su vasta scala: da capire bene, però, e maneggiare con cura. Per questo la Cifa Italia, associazione confederale di imprese, e il sindacato Confsal hanno promosso – iniziando venerdì 13, nella prima settimana di coprifuoco antivirus - l’iniziativa #illavorocontinua, un ciclo di webinar informativi sui temi più attuali del lavoro, utili per gestire le riorganizzazioni aziendali nelle situazioni di crisi. «A noi tutti italiani resilienti, imprenditori e lavoratori – spiega Andrea Cafà, presidente di Cifa – abbiamo voluto offrire gratuitamente quest’opportunità di formazione sulle innovazioni accelerate che la congiuntura ci sta portando. E abbiamo ritenuto di abbinare questa nostra iniziativa a una raccolta fondi a favore dell’Istituto Spallanzani per testimoniare tutta la nostra riconoscenza verso chi sta aiutando i malati a superare la crisi». E il primo webinar – un grande successo, con circa 3500 collegati – non poteva che essere dedicato allo smart-working, col titolo: “Covid-19: Smart Working, sospensione delle attività e ammortizzatori sociali”. Tre i relatori tecnici che, dopo i saluti introduttivi di Cafà, sono stati moderati da Salvatore Vigorini, presidente del Centro studi InContra: Roberto Camera, ideatore e curatore

del sito dottrinalavoro, dalla prospettiva del datore di lavoro; Massimo Braghin, consulente del lavoro («anche noi siamo una categoria in trincea, di questi tempi, subissati da domande su come si applicano le nuove norme»); e Paolo Stern, presidente di NexumStP Spa. Si sono prese le mosse dal Decreto del presidente del Consiglio emanato l’8 marzo 2020 sullo “smart-working semplificato”, che estende le agevolazioni a tutto il territorio

SI INIZIA CON LO SMART WORKING Il primo webinar gratuito ha visto la partecipazione di circa 3.500 tra imprenditori e lavoratori collegati per scoprire lo “smart working semplificato”

nazionale, ai lavoratori subordinati, a tutto il 31 luglio 2020, nel rispetto dei principi dettati dalle legge 81 del 2017, può essere applicato dalle aziende unilateralmente, cioè anche in assenza di un accordo con il lavoratore, e inviandogli una lettera e l’informativa sulla sicurezza. Per essere in regola col decreto, l’azienda che utilizza lo smart working deve poi andare sul sito cliclavoro.gov.it e utilizzare la procedura massiva prevista, che consiste nel caricarvi un file excel con i dati dei lavoratori e le relative date di inizio e fine periodo “smart”.

Tra le “istruzioni per l’uso” dello smart working dal punto di vista dei lavoratori, importanti alcune essenziali avvertenze: si può lavorare dovunque si ritenga opportuno – in casa e fuori casa – ma facendo attenzione alla privacy propria e dell’azienda, soprattutto per i collegamenti live con la webcam accesa. Le disposizioni di sicurezza sul lavoro, in tempi di epidemia, vanno ovviamente osservate anche da chi fa smart-working, per non vanificare lo spirito stesso dell’iniziativa. E per chi utilizza personal computer aziendali, si raccomanda una precauzione particolare, perché in rete girano altri tipi di virus diversamente pericolosi da cui guardarsi e che possono più facilmente infiltrarsi se l’impiego del computer esula dalle finalità strettamente aziendali per le quali è predisposto. Nella stessa logica un’altra raccomandazione ai lavoratori coinvolti: lo smart-working raccomandato dal governo è finalizzato a permettere a chi lo svolge il massimo distanziamento sociale possibile, ai fini del contenimento del contagio. Se però chi sta in casa a lavorare “smart” non evita poi di uscire per ragioni diverse da quelle “necessarie” elencate dalle autorità, non solo commette una violazione alle norme, ma soprattutto un gesto incoerente con lo spirito delle norme stesse e con le finalità sociali categoriche alle quali esse sono state ispirate.

WORKSHOP FORMAZIONE 47

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WORKSHOP FORMAZIONE

Il futuro è tracciato l’e-learning ci salverà Nel 2007 l’Università Telematica Pegaso è stata tra le prime a proporre la formazione a distanza. Oggi, grazie a procedure innovative certificate, è leader incontrastata di mercato con oltre 100mila iscritti di Sergio Luciano

marzo, di sostenere le prove d’esame universitarie anche in modalità online: «Siamo stati i primi nel settore dell’e-learning - continua assediata dall’epidemia da Covid 19, ha poIervolino - a garantire la modalità dell’esatuto sperimentare su larga scala i vantaggi me online inteso sia come prova di profitto dello studio (oltre che del lavoro) a distanza, che come discussione della tesi. Gli studenti oggettivamente il comparto dell’e-learning hanno potuto sostenere le verifiche da casa trova nell’Italia una delle nazioni europee in piena serenità e sicurezza». meglio attrezzate. «E in questo momento Le precondizioni necessarie per accedere a di grave incertezza questa modalità d’e– sottolinea Danilo same sono alla portaSTRUMENTI ALLA PORTATA DI TUTTI Iervolino, fondatore Un personal computer, una webcam ta di tutti: l’uso di un e presidente dell’U- e una buona connessione internet: basta personal computer e niversità Telematica questo per accedere ai corsi e, dopo di una webcam, una Pegaso, tra le prime il decreto del 4 marzo, anche agli esami buona connessione a partire, nel 2007 internet, la scansione ed oggi incontrastata leader di mercato con di un documento di riconoscimento valido. oltre 100 mila iscritti - l’Università tiene a Lo studente, accedendo nella piattaforma lanciare un forte messaggio di speranza e di Pegaso, ci trova tutti gli appelli degli esami positività. Per questo ci siamo impegnati per da sostenere, si prenota e sostiene l’esame dare pronta risposta alle esigenze della conei giorni e negli orari indicati. A fine prova, munità degli studenti che, a oggi, conta ben non deve far altro che attendere la convalida oltre centomila iscritti». della verifica sostenuta. «Tutto questo è reso La vera rivoluzione del momento – scattata possibile – spiega il presidente - grazie a una tra le norme sull’emergenza epidemica, ma procedura prestabilita che comprende la secondo logica destinata a rimanere nell’orcertificazione dell’identità dell’esaminando dinamento - è rappresentata dalla possiattraverso il riconoscimento biometrico facbilità, offerta dal decreto del Miur datato 4 ciale, il monitoraggio e il tracciamento della IL MONDO DELLA FORMAZIONE SCOLASTICA E UNIVERSITARIA PUNTA SULL’AZIONE SALVIFICA DELL’ONLINE. E se tutta l’Italia,

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DANILO IERVOLINO

prova interamente registrata, l’intervento della commissione esaminatrice che verifica la correttezza dello svolgimento dell’esame».

Ma a questo punto sorgono spontanee alcune domande sul futuro prossimo. Se è chiaro che l’e-learning rappresenta una valida soluzione per accorciare le distanze con il sapere, può mai risolversi nella semplice trasposizione online del vecchio modello di studio? Non è anche l’occasione di un cambiamento radicale, che richiede e merita l’intervento di specialisti? Non è necessario stabilire regole certe, che siano in grado di individuare parametri chiari, capaci di misurare l’efficacia del metodo, l’efficienza dei supporti tecnologici, la fruibilità da parte degli utenti, e i risultati raggiunti? Certamente l’emergenza che ha investito l’Italia e il mondo ci ha spinto a fare di più e meglio. Ed è un bene che nel sistema universitario in generale l’Italia abbia già da tempo sposato l’e-learning. Non solo per le 11 università telematiche esistenti, ma anche le università in presenza hanno accolto positivamente questa metodologia. Però il mondo dell’e-learning, per essere definito tale, ha


L’EMERGENZA CHE HA INVESTITO L’ITALIA E IL MONDO CI HA SPINTO A FARE ANCORA DI PIÙ E MEGLIO bisogno di aderire a metriche certe codificate. È necessario avere strumenti tecnologici adatti per una didattica erogativa e interattiva, c’è bisogno di una metodologia ad hoc, attraverso il supporto di figure specializzate, ben inquadrata in quella del tutor, e poi bisogna avere contenuti certificati e scientificamente validi. In un certo senso, quest’emergenza si può tradurre in un’opportunità di evoluzione culturale? Con l’eccezione, purtroppo, del settore del turismo, per molti altri settori sicuramente questo choc si tradurrà in una spinta fortissima alla trasformazione digitale. A mio avviso l’Italia non aveva ancora capito fino in fondo le opportunità della banda larga, dell’e-commerce, viveva ancora di formule tradizionali. Ora tutti stanno comprendendo com’è prezioso vivere e pensare digitali. Il bom, obbligato, della formazione a distanza sta mettendo in moto creatività e progettualità verso ogni sorta di sviluppi. Docenti che utilizzano strumenti software mai toccati prima, studenti che familiarizzano con le logiche della formazione a distanza. Non a caso l’ultimo rapporto “Macrotend” sostiene che il setto-

re dell’e-learning abbia un valore potenziale di circa 20 miliardi di dollari. Un’espansione che l’emergenza coronavirus sta accelerando. E non solo nella scuola e nell’università: l’opportunità è ora chiara anche agli ordini professionali, alle imprese, a tutti. Perché a tutti è aperta la formazione on-line come risorsa preziosa lungo tutto l’arco della vita, con infinite varianti di utilizzo possibile. Un Paese con 8000 comuni come il nostro quanto potrebbe giovarsi di un’implementazione profonda dell’e-learning? Ne sono convinto: infinitamente. Il diritto allo studio non è un’acquisizione proprio scontata per noi italiani, visto che siamo ultimi nell’Ocse per numero di diplomati e laureati, quindi il primo frutto dell’e-learning sarà una democratizzazione e una capillarizzazione del sapere. Ma non basta. L’effetto sarà sistemico. In che senso? E-learning e smart-working avvicinano tutti alle funzionalità digitali avanzate, alla riconversione al modello 4.0. Quando si parla di big data, di manifattura additiva, si deve sempre immaginare un transito formativo, PARALLELO CON LO SMART WORKING I nuovi parametri avvicinano studenti e lavoratori alle funzionalità digitali avanzate: il manager di oggi deve organizzare il lavoro per renderlo efficiente

per lo più on-line. Il manager di oggi deve organizzare il suo e l’altrui lavoro in modo da renderlo efficiente nella logica digitale, abituarlo al lavoro da remoto, alla sua temporizzazione autogestita, all’efficientamento del tempo, al lavoro virtuale di gruppo, alla piena e corretta capacità d’impiego degli strumenti elettronici, dei fogli di calcolo, di tutto. E queste cose s’imparano idealmente in modalità e-learning. Abbiamo la notizia: tutti stanno finalmen-

te diventando digitali? Proprio così: tutti si stanno lanciando. Chi non è on-line per la prima volta si sente obsoleto. Però attenzione: tutti possono usare le suite digitali più semplici e diffuse, da Google for education a Microsoft Office 365 education e tanti altri, ma fare formazione on-line di qualità signifca avere la tecnologia giusta per una didattica erogativa e interattiva. Bisogna fare una didattica video sempre frubile e spesso interattiva. Bisogna far evolvere il metodo: on-line, l’iter del trasferimeto del sapere prevede l’intervento di nuove figure intermedie, ad esempio i tutor. E poi c’è la questione dei contenuti: c’è bisogno di contenuti scientificamente validati. Il docente quando parla divaga. Ha pause di riflessione, può non essere pronto, perde il filo logico, personalizza la lezione. Che materiali sono, questi? Inadatti: occorre invece perfezionarli e dedicarli alle modalità di fruizione on-line. Così si apre un mondo vastissimo. Che richiede però non solo buona volontà, ma anche una macchina organizzativa complessa e sofisticata.

Voi come Pegaso che avete fatto? Per assicurare la massima sicurezza, trasparenza e veridicità del grande passo avanti compiuto dalla legislazione con l’introduzione dell’esame on-line abbiamo inventato e brevettato un modulo nuovo che prevede l’identificazione del candidato con il riconoscimento facciale, la registrazione dell’intera sessione e la verifica da parte della Commissione che approva il suo giudizio e archivia tutto in cloud. L’accesso agli atti diventa così sempre possibile. E le vecchie dinamiche delle raccomandazioni soccombono. Tutti vantaggi, effettivamente. Vantaggi e opportunità: ma facciamoli gestire a dei professonisti. Nessuna chiusura: tutti possono diventarlo, ma rispettando quella matrice di regole ben codificata che definisce anche a livello mondiale i canoni della vera formazione a distanza.

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WORKSHOP FORMAZIONE

Manager a lezione di business etico Oltre ai parametri finanziari servono indicatori che misurino la performance di sostenibilità: per questo Liuc Business School ha avviato un percorso formativo sui nuovi modelli d’impresa di Riccardo Venturi

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osa distingue un’impresa autenticamente etica e sostenibile da una che lo è solo nelle dichiarazioni d’intenti? Semplice: i numeri. Per questo nasce l’esigenza di individuare nuovi indicatori per misurare lo sviluppo economico dell’impresa che non si limitano ai tradizionali parametri di carattere economico finanziario. Un’esigenza cui vuole dare risposta il nuovo percorso di formazione della Liuc Business School, “Business Ethics tra strategia, misurazioni e performance” suddiviso in 4 moduli e 5 giornate di lavori con cadenza mensile (a partire dal 14 maggio, Sars-Cov-2 permettendo), per conoscere altri modelli d’impresa e saper misurare le proprie performance attraverso nuovi indicatori che si ispirano alla business ethics. «È un cambio di paradigma non da poco» dice il professor Alberto Bubbio, direttore del Centro su costi e performance aziendali della Liuc Business School, «la misurazione economico finanziaria è sempre stata centrale, ma purtroppo nascondeva insidie particolari. L’azienda poteva magari raggiungere certi traguardi ecofin, ma andare a danno di una serie di altre variabili importanti quali quelle dell’impatto sociale e ambientale dell’impresa». Dalla consapevolezza della nuova centralità di questi aspetti nasce l’esigenza di trovare delle metriche nuove. Se l’obiettivo è quello di impostare una strategia secondo nuovi modelli etici e sostenibili, serve un altro modo di rendicontare

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l’attività aziendale secondo standard inclusivi di tutti i capitali. «Come dice una frase un po’ abusata: you get what you mesure, in azienda si presta attenzione a ciò che viene misurato» sottolinea Bubbio, «e per tanti anni si è prestata grandissima attenzione alla parte ecofin, meno alle altre variabili. Magari si manifestava l’intenzione di essere attenti a questi aspetti più soft della gestione d’impresa, ma poi non si faceva nulla perché mancava la metrica che riportasse concretamente l’attenzione su

VA ADOTTATA UNA NUOVA METRICA Per molti anni si è prestata grande attenzione alla parte ecofin senza però attuare una strategia concreta in ottica sostenibile. Ma oggi ci sono anche le B-Corp

di loro». Una giornata del percorso di formazione della Liuc Business School è dedicata a cosa vuol dire formulare una strategia attenta ai temi della sostenibilità, proprio nell’ottica di instillare nelle aziende un pensiero più attento a variabili che fino a oggi sono state magari ricordate ma non poi attuate. «Inoltre riportiamo ai partecipanti anche lo stato dell’arte a livello teorico e pratico» precisa il direttore del Centro su costi e performance aziendali della Liuc Business School, «ricordiamoci che oggi esistono le società benefit, e ci sono aziende che utilizzano la cosiddetta dichiarazione non finanziaria, dove vengono

IL PROFESSOR ALBERTO BUBBIO

associati ai dati di bilancio anche dati non ecofin. Cerchiamo anche di dare uno stimolo a fare delle cose nuove, soprattutto in termini di misurazione». Uno strumento chiave per misurare le performance aziendali anche al di là dei parametri ecofin è il Balanced scorecard (scheda di valutazione bilanciata), pensato all’inizio degli anni ’90, in tempi non sospetti, da Robert Kaplan e David Norton, cui negli ultimi tempi si tende a premettere l’aggettivo sustainable. «Nella parte che prima era incentrata solo sui clienti, ora si inseriscono tutti gli stakeholder» rimarca Bubbio, «perché poi l’aspetto pratico di questo nostro filosofeggiare è il fatto che si deve essere particolarmente attenti a tutti i rapporti con gli stakeholder, a partire dai fornitori: una volta eri bravo se spuntavi il prezzo basso, oggi invece bisogna fare partnership. Poi ci sono anche i dipendenti». Il Balanced scorecard può essere visto come una bussola: «Ai quattro punti cardinali ci sono altrettante prospettive» mette in evidenza il professore della Liuc Business School, «quella ecofin, quella degli stakeholder, quella di processo - come svolgo i processi che mi portano a soddisfare clienti e stakeholder? – e quella di learning innovation, dove le aziende sono stimolate a cercare di capire quali sono le variabili che devono cercare di seguire e monitorare per fare da un lato apprendimento e dall’altro innovazione». La navigazione sui mari del mercato sostenibile può iniziare.


Impariamo dai Ceo il reale valore della Csr Affrontare e superare la crisi grazie alla responsabilità sociale d’impresa: per Giordano Fatali, promotore dei Ceo For Life, solo la salvaguardia del capitale umano ci consentirà di reagire al coronavirus di Marcello Presicci

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n un momento come questo, un finanziaria, al centro dell’attività economiCeo deve cercare, secondo un’etica ca - come dell’impegno delle istituzioni sia lavorativa lodevole, di salvaguarpubbliche che private - non può che esserci dare i posti di lavoro e ridurre al minimo la persona. Persona intesa come cittadino e gli impatti negativi derivanti da dalla crisi. non solo come produttore o consumatore o Non è facile, lo so, ma tutto l’impegno deve risparmiatore. Da ciò la necessità di svilupessere rivolto alla salvaguarda del capitale pare strategie, politiche e azioni per garanumano ovviamente anche con l’aiuto del tire più servizi, agli individui e alle famiglie, Governo e delle istituzioni»: Giordano Fatauna più efficace relazione tra tempi di vita li, promotore di Ceo For Life – la piattaforma e di lavoro, occasioni di promozione di una che unisce gli amministratori delegati precultura etica diffusa. Le imprese, allora, senti nella comunità sono chiamate a redi Hrc - fronteggia cuperare il concetto L’IMPORTANZA DELLA RESPONSABILITÀ come tutti l’emer- La Csr è sempre di più un elemento concreto di qualità del lavoro, genza di questa fase che le imprese adottano per competere piuttosto che di mera drammatica per la sul mercato: non è solo una questione quantità. In questo società e l’economia di etica, ma anche di valore economico un Ceo For Life ha un italiana e reagisce. grande responsabili«L’emergenza coronavirus rischia di avere tà, quella cioè di indirizzare le politiche ecoeffetti sociali ed economici a breve e lungo nomiche e produttive della propria azienda termine su svariati settori produttivi: le priin questa direzione. orità in questa situazione sono migliorare Nei mesi scorsi è stato presentata la piatle competenze e la qualità del capitale umataforma Ceo For Life, che reazioni avete no». avuto? Abbiamo tenuto una prima presentazione Dunque, la responsabilità etica di un Ceo non ufficiale durante un evento con circa For Life in questo momento qual è? 400 direttori risorse umane radunati al VoSe l’obiettivo è una migliore qualità della dafone Village a Milano. La reazione è stata vita individuale e collettiva, nell’ottica di un straordinaria poiché molti di loro hanno sistema che intende promuovere il benesriportato in azienda i contenuti e le progetsere e non solo l’incremento di ricchezza tualità relative a Ceo For LIfe, ricevendo un

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GIORDANO FATALI

interesse reale e concreto da parte dei loro Ceo. Questo ci dà grande fiducia e ci sprona ad andare avanti in questa direzione, continuando a rafforzare la rete e la community di amministratori delegati e di ambassador di questo splendido progetto a favore della vita e del prossimo. Le Csr come motore per trainarci fuori dalla crisi. È possibile? Negli ultimi dieci anni la Csr – Corporate Social Responsability – è divenuta sempre di più un elemento concreto che le imprese adottano per competere nel mercato globale, per accrescere la propria reputazione e per costruire un modello di sviluppo più connesso alle aspettative degli stakeholder. Ci siamo resi conto che, per lo sviluppo di attività imprenditoriali, è molto più proficuo basare le proprie strategie aziendali sul concetto di responsabilità etica e sociale piuttosto che su quello, più limitato, di valore economico assoluto. Questa ha prodotto a cascata una sensibilità maggiore che ha aumentato il valore aziendale, anche in maniera indiretta, valorizzando il brand di un’azienda e avvicinandolo in maniera più profonda ai clienti. In poche parole per affrontare le nuove sfide, e la crisi che stiamo vivendo uno dei modelli da adottare risiede proprio nel ruolo proattivo delle imprese in tema di Csr e dei loro Ceo, ovviamente.

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FINANZIARE L’IMPRESA

Non la manifattura ma anche i servizi ad alto valore aggiunto: l’impatto dell’intelligenza artificiale, o meglio “aumentata”,come ormai la definiscono tutti gli esperti più illuminati, sta cambiando davvero tutto. Ne è riprova la storia d’apertura di questa sezione, che illustra una bella conquista di Rsm nella revisione contabile.

CON L’«INTELLIGENZA AUMENTATA» LA NUOVA VITA DELLA REVISIONE Rendere automatiche la maggior parte delle funzioni operative lasciando all’uomo la responsabilità cruciale delle fasi valutative del processo: è il primato mondiale raggiunto da Rsm con Raffaele D’Alessio e Nts Project di Sergio Luciano un primato mondiale, proprio un revisione. «Ne siamo orgogliosi perché ci successo italiano, firmato da Rsm abbiamo investito risorse finanziarie, ma Società di revisione Spa insieme soprattutto studio e approfondimento procon Nts Project, una software house spefessionale», spiega Rocco Abbondanza, macializzata e qualificatissima. Si tratta di un naging partner di Rsm, «e perché in quesoftware inedito che riesce ad effettuare in sto momento anche gli altri operatori del modalità totalmente automatiche la magsettore non riescono a fare la revisione con gior parte delle funun simile massivo zioni operative com- L’USO MASSIVO DEL DIGITALE AVANZATO contributo dell’intelRAPPRESENTA UNA SVOLTA prese nel processo ligenza aumentata, CHE FARÀ SCUOLA IN TUTTA di revisione di un bicome ci piace definiL’INDUSTRY MONDIALE DEL SETTORE lancio societario lare ciò che molti altri sciando all’intervento umano del revisore chiamano intelligenza artificiale». qualificato soltanto la responsabilità delle fasi valutative e conclusive del processo Intelligenza aumentata stesso. Ma di che si tratta? Proviamo a capirlo meUna svolta, un balzo in avanti in termini di glio, anche e soprattutto dal punto di vista efficienza e potenzialità produttiva che farà di quella vasta fascia di imprese – soltanto scuola in tutta l’”industry” mondiale della in questo 2020 oltre 80 mila in più rispetto

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56 FACTORING LÀ DOVE IL CREDITO STRINGE IL FONDO SI ALLARGA...

58 NSA ECONOMY RANKING LA “BUONA STAMPA” È QUELLA DELLE ARTI GRAFICHE

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FINANZIARE L’IMPRESA REVISIONE CONTABILE

a prima – che per legge devono certificare il bilancio e temono, o temevano, di doversi sobbarcare per questo all’ennesimo, proibitivo costo di un adempimento obbligatorio. «Per spiegarmi al meglio vorrei ricordare quel che di solito accade oggi nei processi tradizionali del lavoro di revisione, che peraltro non cambiano da cent’anni», dice Abbondanza. E spiega: «Attualmente gli incaricati delle società di revisione si trasferiscono presso gli uffici amministrativi del cliente e vi trascorrono una, due o anche tre settimane per esaminare la documentazione di base. Inutile dire che è un lavoro dispersivo, ripetitivo, di modesto valore quaiitativo. È sostanzialmente una lunga collazione di documenti». Ragionando su come ovviare a questa prassi così sterilmente dispersiva e lenta, Abbondanza ha ROCCO ABBONDANZA, MANAGING PARTNER DI RSM costituito in Rsm un dream-team, costituito da Raffaele D’Alessio – professore ordinario di revisione all’Univerità di Salerno - e Tele che solitamente dicono: “Gentile cliente, resa Puca. «Due veri visionari», li definisce ci risulta che il suo saldo sia di 100 euro. lui. D’Alessio ha la peculiarità di essere un Risulta anche a lei?”. Devono compilare e vero esperto d’informatica, e aveva già lavospedire a mano decine e centinaia di mail rato con la Nts Project, boutique informatica di posta elettronica certificata. Dunque il progettuale focalizzata nella realizzazione nostro sistema provvede direttamente e in di software unici, customizzati sulle necesvia informatica a inviare questa verifica al sità dei clienti. Che ha coinvolto nella sfida. cliente come anche al fornitore. E risparma «E che si è confermata una compagine di tantissimo tempo e qualche errore al team veri fuoriclasse», sintetizza Abbondanza. E umano». dunque, come opera questo software? Innanzitutto, si collega – con la massima flesIl lavoro del software sibilità tecnologica, nel senso che riesce a Il software legge i libri contabili, valuta a parlare con tutti! – al sistema contabile della chi sia necessario società di cui si deve revisionare il bilan- OGGI LE FATTURE SONO ELETTRONICHE: inviare le mail, le NON HA PIÙ SENSO RACCOGLIERLE spedisce, e il cliencio. Ne legge i dati e IN FORMA CARTACEA PER ESAMINARLE, te viene invitato a inizia, avvalendosi QUANDO SULLO SDI C’È TUTTO flaggare un sì o un di specifici algoritmi no rispetto al saldo che gli viene propodi intelligenza artificiale, a fare quel che di sto. Molto tempo si risparmia anche nella regola fanno a mano – su fogli excel, con la verifica dei rapporti bancari: interagendo spunta, e quindi con l’errore, dei processi in automatico con gli istituti di credito, il ma manuali – i revisori. Naturalemente, il nuovo software non solo riscontra il saldo sistema agisce anche da remoto, prerogatidelle controparti, ma dialoga direttamente va preziosa di questi tempi. «Poniamo che la con la centrale rischi. società debba spedire le mail per la confer«Un’altra considerazione ritengo sia facilma dei saldi – illustra Abbondanza – Quel-

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L’IMPRENDITORE VEDE IL REVISORE COME UN CENSORE MA PRESTO POTRÀ CONDIVIDERE CON LUI LE DECISIONI CRUCIALI mente comprensibile da ogni imprenditore – prosegue Rocco Abbondanza – Oggi le fatture sono tutte elettroniche, che senso ha doverle raccogliere in forma cartacea per esaminarle, quando sullo Sdi possiamo vedere sia le fatture emesse sia le relative accettazioni? La missione del revisore è accettarsi dell’autenticità del fatturato, ma non è più indispensabile accontentarsi di una campionatura, poiché si può verificare tutto automaticamente e analiticamente. È chiaro quale rafforzamento della prevenzione antifrode comporti questa nostra innovazione? Introduce tutele algoritmiche imbattibili». Già: perché la realtà quotidiana del lavoro della revisione è che, in caso di sospetta frode, il revisore di solito chiede chiarimenti e documenti al management della società, e in definitiva si deve avvalere – meglio: accontentare – di quel che gli viene fornito in risposta, soprattutto quando la frode è grave e si serve di un tasso avanzato di contraffazione. Quindi ci sono tutele algoritmiche antifrode. «Il caso Enron – sottolinea Abbondanza – venne alla luce pro-


prio grazie all’utilizzo di un software per la verifica di uno specifico dato di bilancio».

Metamorfosi metodologica Inutile dire che questa metamorfosi metodologica comporta una serie di modifiche all’attività dei revisori, impegnative nella fase in cui verranno calate nel lavoro quotidiano, ma molto vantaggiose in prospettiva. «Sì, dal nostro punto di vista tutto ciò aiuta e qualifica il nostro lavoro – argomenta Abbondanza - Ci permette di impiegare al meglio le risorse umane, con un flusso organizzativo univoco. La macchina guida i processi, parte dall’accettazione, prende i bilanci, confronta tutto con i regolari parametri di settore. In 20 secondi genera report completi di 30 pagine sulla società cliente… Ne illustra il posizionamento, ne elenca i competitor. Permette anche al cliente di guardare a se stesso in un’ottica critica rispetto al contesto… anziché dire semplicemente “tutto è a posto“, l’output di revisione è articolato e autenticamente personalizzato, non è la solita relazione uguale per tutti. Quella resta, è un obbligo di legge, ma il nostro sistema va molto al di là». Ma c’è di più. Questa dose d’urto d’intelligenza aumentata che viene immessa nella professione del revisore s’inserisce perfettamente nel processo di evoluzione e rinno-

vamento della professione stessa. I revisori di nuova generazione non si occupano più della spunta delle fatture e della loro riconciliazione bancaria. Sono analisti esperti dei vari settori di business di cui si occupano. Passano da un ruolo (e un’attività) paragonabile a una commodity ad un’altra, decisamente connotata come una specialty. Da serial-counter a specialist… Da revisore contabile a consulente integrale. «Fermo restando il ruolo istituzionale cruciale della revisione del bilancio – osserva ancora Rocco Abbondanza – il futuro del nostro ruolo RSM HA ADOTTATO LA “GLOBAL AUDIT METODOLOGY” PORTANDO LE TECNOLOGIE PIÙ AVANZATE AL SERVIZIO DELLA REVISIONE

inizierà quando l’imprenditore ci vedrà non più soltanto come un possibile censore pronto ad agitare la paletta rossa davanti al bilancio, ma come uno da convocare al momento di prendere e condividere le decisioni cruciali per l’avvenire dell’impresa». Non sarà facile, né automatico: e chi conosce dall’interno la realtà della professione, come anche quella delle imprese, sa bene che il processo evolutivo è appena iniziato. Ma col piede giusto, almeno dalle parti di Rsm Revisione. «Ci occorrerà vivere un’umile e non breve fase di formazione – aggiun-

ge Abbondanza – che costruiremo insieme, per impossessarci delle nuove dinamiche lavorative e imparare a cambiare il planning lavorativo, parallelizzando le attività, ma insieme calandoci nel nuovo ruolo più qualitativo e preventivando tutto secondo nuovi parametri». Tutto questo si comincerà a vedere già dai bilanci societari che entro aprile le imprese devono in un modo o nell’altro approvare e quindi devono prima ottenere la relazione di certificazione del revisore: «Sarà una stagione-test, ma è già iniziata. E stiamo intanto pensando a un modo del tutto nuovo di affrontare questo snodo della vita dell’impresa», dice Abbondanza, «iniziando il lavoro di revisione con un approccio completamente nuovo».

La nuova frontiera Il tutto, per Rsm Revisione, si ingrana perfettamente con la nuova “global audit metodology” che il gruppo ha adottato a livello mondiale, in sigla Orb. «È la nuova frontiera – conclude Abbondanza – che renderà possibili alleanze commerciali inedite per i revisori, a dispozione di una categoria chiamata a una sfida industriale senza precedenti, con gli 80 mila nuovi clienti da certificare per la prima volta quest’anno. Il nostro software, che aderisce pienamente alla metodologia Orb lanciata da Rsm, è un modo di portare tutte le tecnologie più avanzate al servizio della revisione ed al servizio di quello che rimane lo strumento più importante di audit: cioè la preparazione e la passione di ogni professionista e revisore nello svolgere il proprio lavoro. Il nostro nuovo software mette al servizio dei professionisti della revisione una infinità maggiore di dati di quelli disponibili fino ad ora ed in pochi secondi. Preparerà, ripeto, dei report di decine e decine di pagine calibrati su misura sulle necessità dei nostri clienti. Sarà la miglior risposta a chi riteneva che l’audit fosse una “commodity”: al contrario, l’audit dovrà, nel rispetto del proprio ruolo e delle regole di indipendenza, dare un valore aggiunto ai nostri clienti».

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FINANZIARE L’IMPRESA FINANZA INNOVATIVA

Dove il credito stringe si allarga il factoring Sgt Crescitalia invoice fund si rivolge agli investitori istituzionali in cerca di rendimenti con un rischio basso: il target è quello delle piccole e medie imprese penalizzate dal credit crunch di Riccardo Venturi

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a un lato sostenere le Pmi alle prese con il credit crunch, dall’altro rivolgersi agli investitori istituzionali che cercano buoni rendimenti con un rischio basso. È il duplice obiettivo del nuovo fondo chiuso italiano Sgt Crescitalia invoice fund, realizzato da Sagitta Sgr, società italiana di gestione del risparmio del Gruppo Arrow Global, 58 miliardi di asset management, in partnership con CrescItalia Holding, società di advisory specializzata in strumenti alternativi di finanziamento dedicati alle Pmi italiane. «Da anni analizziamo le esigenze di supporto all’economia reale che le Pmi, e non solo loro, hanno nei confronti del finanziamento del circolante» dice Claudio Nardone, ad di Sagitta Sgr, «è chiarissimo il trend degli ultimi anni che ha creato una difficoltà di accesso al credito da parte dei soggetti più vulnerabili che, purtroppo per l’Italia, rappresenta più del 70% del tessuto industriale, cioè le Pmi». La situazione negli ultimi anni non è migliorata, anzi. «Le Pmi oggi hanno una grandissima difficoltà a confrontarsi positivamente con il sistema bancario» sottolinea Nardone, «che negli ultimi anni ha regolamentato tantissimo l’accesso al credito, sottoponendolo a una serie di criteri restrittivi per evitare i problemi accaduti nel passato e limitare

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sempre di più il tasso di crediti inesigibili nei propri bilanci». I filtri per l’accesso al credito sono stati introdotti anche altrove, ma l’effetto è stato diverso. «Mentre negli altri paesi europei sono fisiologici perché c’è una dimensione media più alta, strutturata e managerializzata» osserva l’ad di Sagitta Sgr, «in Italia, storicamente gravata da una sottocapitalizzazione delle Pmi, ha comportato una riduzione delle erogazioni proprio al settore che rappresenta la maggior parte del tessuto industriale». In questo scenario nasce Sgt Crescitalia invoice fund. «È un SGT CRESCITALIA INVOICE FUND ACQUISTA FATTURE COMMERCIALI NON SCADUTE E PERFORMING PAGANDOLE A PREZZO DI MERCATO

fondo che compra fatture commerciali non scadute e performing, le fatture emesse da una Pmi nei confronti di un buon cliente» precisa Nardone, «non andiamo a vedere qual è il merito creditizio della Pmi, non ci interessa fare un rating al cedente, dargli un affidamento, un castelletto come fa la banca: noi valutiamo la fattura, se è buona la compriamo, pagandola a prezzi di mercato, in certi casi anche il 10-15% sotto il factoring». Il credito commerciale è garantito da una primaria assicurazione internazionale

CLAUDIO NARDONE, AD DI SAGITTA SGR

che copre dal rischio di insolvenza del debitore. «Questo è molto importante perché siamo l’unico fondo che lo fa» rimarca l’ad di Sagitta Sgr, «il che significa che il fondo investe in capitali sostanzialmente protetti dal rischio di insolvenza; l’assicurazione del gruppo Allianz, Euler Hermes, ci dà la garanzia dell’insolvenza coprendo il 100% del capitale investito». L’interesse del fondo consiste nel fatto che a questa garanzia corrisponde comunque un rendimento interessante. «Sicuramente il rendimento è più elevato rispetto al profilo di rischio del sottostante, che è autoliquidante, cioè sono crediti che vanno all’incasso e che il fondo incassa autonomamente» osserva Nardone, «è un rendimento abbastanza basso rispetto ad altri prodotti illiquidi come minibond più strutturati o più complessi, però si attesta intorno al 3,5 - 4% netto all’investitore, molto più alto di governative bonds, su un orizzonte temporale di 5 anni». In questo modo Sgt Crescitalia invoice fund si pone come possibile alternativa a un Btp a 5 anni. «Siamo un po’ a metà tra uno strumento di rischio che investe in un’azienda per il rilancio e gli investimenti e un titolo governativo» mette in evidenza l’ad di Sagitta Sgr, «il fondo è uno strumento poco rischioso che dà un rendimento positivo a investitori isti-


NOI PUNTIAMO SULLA “PANCIA” DELL’ECONOMIA ITALIANA: LE FATTURE ATTIVE tuzionali che oggi non hanno molte alternative, tra bond italiani legati allo spread, prodotti esteri che non incidono sull’economia reale o strumenti più rischiosi…». Oltre a questo, resta l’utilità dello strumento per le Pmi: «Investiamo nella pancia dell’economia italiana, le fatture attive» ribadisce Nardone, «non esiste economia reale se non c’è fattura attiva». L’obiettivo del fondo è quello di acquistare pro soluto (il cedente si libera da ogni responsabilità in merito all’adempimento da parte del debitore) crediti commerciali non scaduti di valore nominale compreso tra 50 mila e 500 mila euro, con scadenze comprese tra 30 e 180 giorni. La fattura viene pagata subito al 90% alla Pmi, che al momento dell’incasso della fattura da parte del fondo ottiene anche il restante 10%, meno il tasso di interesse, che dipende dalla bontà del credito ma che si aggira attorno allo 0,5% al mese. Un meccanismo non molto dissimile a quanto può avvenire con la banca: in attesa di incassare la fattura, poniamo a 120 giorni, l’azienda anticipa con uno sconto fattura la fattura presso la banca; per poterla scontare la banca deve aprire una posizione di credito nei confronti del cliente. La banca non compra la fattura ma la anticipa, quindi fa un’analisi di merito creditizio e un affidamento. «Il problema è

che le banche oggi danno molti meno affi«normalmente queste aziende non riescono damenti» rileva l’ad di Sagitta Sgr, «Cedendo ad avere affidamenti bancari, ma magari ha la fattura l’azienda incassa la liquidità e può ottimi clienti; noi ribaltiamo il concetto di dedicarsi al business, con un tasso d’intefinanziamento alle Pmi, andiamo a guardaresse di mercato, circa lo 0,5% al mese, 5,5 re i loro clienti». Il motore del fondo è rap– 6% all’anno. Inoltre ci sono altri vantaggi: presentato da una piattaforma fintech che è non c’è la segnalazione alla centrale rischi, stata studiata in collaborazione tra Sagitta cosa che invece la banca deve fare, quindi Sgr e l’advisor Crescitalia. «La piattafornon c’è impatto sui bilanci». Il fondo stipuma consente di svolgere tutte le attività di la anche degli accordi di filiera con grandi analisi del credito in tempi molto ridotti» aziende che vogliono permettere ai propri puntualizza l’ad di Sagitta Sgr, «fornendo fornitori di accedere a forme alternative di un supporto al fondo per tutte le attività di finanziamento. «Spesso i fornitori faticano front, middle e back office. Una piattaforma ad accedere ai finanziamenti bancari, ma unica nel suo genere che consente quello sono interessanti per la grande azienda» che gli assicuratori chiamano il total look spiega Nardone, «che fa un accordo diretto through, cioè la possibilità per l’investitore con noi per consentire al suo fornitore di di sapere esattamente in ogni momento il vendere le fatture al fondo. In questo modo portafoglio degli investimenti, la rischiosil’impresa svolge un’attività che da un lato tà, la tesoreria, l’analisi degli investimenti, si può annoverare tra le attività di bilancio tutto quello che una compagnia assicurasociale e attività etica nei confronti dei fortiva vuole avere per motivi di trasparenza nitori, dall’altro ottiene un beneficio diretto, dell’investimento». La piattaforma consente potendo pagare invece che in 90 giorni in di eseguire analisi sul credito in modo molto 120 giorni, perché di fatto c’è il fondo che automatizzato, ma questo non significa che fa da banca». sia una piattaforma basata sull’intelligenza Tra le Pmi che vendono le proprie fatture artificiale. «È semplicemente un tool che al fondo ce ne sono alcune che pur scoppermette di raccogliere dati oggettivi e sogpiando di salute non riescono ad accedere gettivi in modo molto rapido» puntualizza al sistema bancario. «Per esempio abbiamo Nardone, «e consente ai credit manager di il fornitore di un grande gruppo, una utilipoter valutare avendo tutte le informazioni ty romana di livello nazionale» nota l’ad di sotto mano in poco tempo. Abbiamo due Sagitta Sgr, «una srl team molto senior di LA FATTURA VIENE PAGATA SUBITO che taglia l’erba sotto persone che provenAL 90% ALL’IMPRESA, CHE ALL’INCASSO i tralicci dell’energia OTTIENE ANCHE IL RESTANTE CREDITO gono da esperienze elettrica, con 5 dipenbancarie specifiche, MENO IL TASSO DI INTERESSE denti, costituita da che verificano i creun rumeno con altri 5 dipendenti rumeni; diti abbiano i criteri di eleggibilità previsti ha un contratto annuale da 100mila euro al dal fondo. Per noi il fintech non è prodotmese. Il debitore è di buonissimo livello, per to, ma uno strumento per poter consentire noi è un’ottima Pmi, la banca invece ha seri al nostro team di valutare in modo rapido problemi per affidare perché è una società avendo tutte le informazioni disponibili su con un bilancio povero fatta da poche perun’unica piattaforma; uno strumento che sone, senza garanzie personali». Altra catenon sostituisce cervello umano e esperiengoria è quella delle aziende che hanno avuto za». Non sorprendentemente, il fondo non difficoltà finanziarie. «Una è una società compra fatture verso la pubblica amminiottima dal punto vista del business, che ha strazione. «Il problema è che lì non si riesce fatto la procedura di concordato preventivo a programmare l’incasso, la PA impiega anma continua a lavorare» aggiunge Nardone, che 2 anni a pagare…».

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FINANZIARE L’IMPRESA NSA ECONOMY RANKING

La “buona stampa” è quella della tipografia Il settore delle arti grafiche continua a essere importante nel tessuto economico italiano, nonostante qualche difficoltà. Da Nord a Sud ci sono realtà solide che l’Nsa Economy Ranking classifica per affidabilità di Davide Passoni

S

econdo l’attore americano James grazie anche al fatto di avere attrezzature moWoods, l’invenzione dell’iPhone è derne che non necessitano al momento di esstata «altrettanto importante che sere aggiornate. Anche sul fronte clienti siamo l’invenzione da parte di Gutenberg della stama posto: se è vero che la clientela negli ultimi pa, in termini di futuro dell’umanità». Forse è anni si è ridotta, quella che è rimasta non ci dà un tantino esagerato, ma è certo che, a dispetproblemi, tanto che ogni anno abbiamo insoto dell’evoluzione delle tecnologie, il settore luti praticamente pari a zero». Sempre al Sud, delle arti grafiche, carta e stampa continua a ma questa volta in Puglia, si trova un’altra di essere importante nel tessuto economico itaqueste aziende virtuose, la Printek 2.0 di Fogliano, nonostante qualche difficoltà. Secondo gia, il cui responsabile commerciale, Ernesto i dati del Centro studi Federazione Carta e Lo Muzio, racconta una storia non dissimile Grafica, nel 2018 il fatturato della filiera è stada quella ragusana: «Siamo una piccola realtà to di 31,4 miliardi (+1,4% rispetto al 2017), di sei dipendenti, i clienti sono soddisfatti del pari all’1,8% del Pil. Ma il settore soffre, spenostro lavoro che cerchiamo di fare sempre al cialmente nella grafica e stampa, in contrameglio. Proviamo a lavorare utilizzando i nozione dal 2004 con una perdita produttiva stri soldi, tanto è vero che abbiamo qualche complessiva del 48%. finanziamento acceso IL FATTURATO DELL’INTERA FILIERA Nonostante ciò, in per dei macchinari, ma DI ARTI GRAFICHE, CARTA E STAMPA questo ramo vi sono è poca cosa. UltimaSUPERA I 30 MILIARDI DI EURO E CONTA realtà solide da un mente riscontriamo PER L’1,8% DEL PIL DEL PAESE punto di vista finanqualche difficoltà, perziario, classificate dall’Nsa Economy Ranking ché i tempi di pagamento si stanno allungan(vedi tabella a fronte), distribuite su tutto il do, ma fino ad ora abbiamo retto. Nonostante territorio nazionale. Tra esse vi è la Modulquesti ritardi, devo dire che il nostro punto motta di Ragusa, attiva dal 2012, che per la di forza sono proprio i tanti buoni clienti che propria solidità patrimoniale ha una ricetta abbiamo e il fatto che paghiamo i fornitori in molto semplice: «Non abbiamo più alcuna modo puntuale e regolare». È invece una stoscopertura con le banche - dice Corrado Motria personale, prima ancora che imprenditota, amministratore dell’impresa -. Riusciamo riale, quella di Vincenzo Bachi, fondatore della a lavorare in autofinanziamento e la cosa, in Supergrafica di Santa Croce sull’Arno (Pi): «Ho base alle nostre esperienze passate, ci ha dato 79 anni, lavoro dal 1957 ogni giorno per 10-12 una grossa mano negli ultimi tempi. Abbiamo ore, per otto anni come dipendente fino a che, le mani libere per decidere come impiegare i con un socio, ho avuto modo di rilevare una tinostri soldi, anche se da un po’ non facciamo pografia e iniziare qualcosa di mio. Ho sempre investimenti: il mercato si è contratto e stiamo fatto il tipografo, con passione e anche dopo cercando di gestire al meglio le nostre risorse, la pensione ho lavorato per dare una mano a

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apidità di adattamento ai cambiamenti, un faro costantemente acceso sul contenimento dei costi e sul consolidamento degli utili, un bacino di clienti fedeli e affidabili sono alcuni dei tratti comuni alle aziende italiane che operano nel settore delle tipografie, arti grafiche e assimilati. Per Economy, ha classificato queste realtà il Gruppo Nsa, il primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è un mediatore creditizio specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Viene calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’indice nsaPmindex, indice annuale di affidabilità delle Pmi italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di salute delle imprese italiane del settore, suddivise per area geografica.

mio figlio e al socio. Abbiamo quasi sempre lasciato in azienda tutti i ricavi, per essere precisi con fornitori e dipendenti; posso dire che oggi l’azienda ha più capitale in denaro che in macchinari e immobili. Abbiamo sempre fatto il passo secondo la gamba; del resto vengo da una famiglia contadina, non ho mai avuto bisogno di tanto e mi accontento di essere onesto: anche per questo i fornitori fanno a gara per darmi le commesse, perché sanno che su di me e sull’azienda possono contare. Il lavorare sodo e l’essere sempre presenti in azienda, negli anni hanno dato buoni frutti».


Arti grafiche - classifica per area geografica

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

AREA GEOGRAFICA

CLASSIFICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

RAGIONE SOCIALE CARTEX - S.R.L. AUGUSTUS COLOR S.R.L. PRINTING SERVIZI SOC. COOP. ASSOCIATED PRESS ITALIA S.C.R.L. A & M S.R.L. NUOVE GRAFICHE CORSI S.R.L. SUPERGRAFICA S.R.L. TIPOGRAFIA BUCCELLI DIEGO S.R.L. GATE-AWAY S.R.L. ARIA ADVERTISING S.R.L. AKQA S.R.L. TIPOLITOGRAFIA ZARDINI S.R.L. SEFRA S.R.L. SOCIETA’ EDITRICE ARENA (S.E.A.) S.P.A. NU-MABER S.R.L. CHAMPION EUROPE SERVICES S.R.L. ZANELLA INTERNATIONAL S.R.L. TIPOGRAFICO SOC.COOP. SERIGRAFIA LEM S.R.L. MEDIASTAR CORPORATE S.R.L. GIACHI DESIGN S.R.L. CENTRO STAMPA QUOTIDIANI - S.P.A. MERLO PROJECT S.R.L. FROG DESIGN S.R.L. ARCHITETTO MICHELE DE LUCCHI S.R.L. ADDA OFFICINE GRAFICHE S.P.A. YAMAHA MOTOR R&D EUROPE S.R.L. O YMRE S.R.L. ARTI GRAFICHE BIANCA E VOLTA - S.R.L. INFORMAZIONI EDITORIALI I.E. S.R.L. TOPFLIGHT ITALIA S.P.A. ANTICA STAMPERIA ARTIGIANA S.R.L. GRAFIK PACKAGING S.R.L. GENNARO DELIA S.R.L. LUXURY DEVELOPMENT S.R.L. VISIORAY S.R.L. OFFICINE GRAFICHE PRINT & OFFICE S.R.L. PL PRINT S.R.L. MODULMOTTA S.R.L. PRINTEK 2.0 S.R.L. MULTIMEDIA SOC. COOP.

FATTURATO

INDIRIZZO

6.151.915 € 3.631.037 € 2.499.161 € 2.480.398 € 2.171.859 € 18.000 € 1.503.678 € 1.492.569 € 1.263.697 € 1.246.028 € 25.546.954 € 12.229.548 € 9.485.004 € 9.142.201 € 5.887.689 € 4.666.182 € 4.332.121 € 3.437.680 € 2.582.363 € 6.289.746 € 169.769 € 24.630.724 € 20.954.502 € 5.952.131 € 4.106.116 € 3.887.725 € 3.181.864 € 3.654.141 € 3.637.146 € 3.590.386 € 1.516.450 € 1.194.004 € 899.967 € 825.000 € 802.359 € 767.064 € 753.987 € 719.936 € 716.666 € 697.629 €

Gambassi Terme (FI) Roma Ladispoli (Roma) Roma Prato (PO) Civitanova Marche (MC) Santa Croce sull’Arno (PI) Lucca (LU) Grottammare (AP) Firenze (FI) Roncade (TV) Marano di Valpolicella (VR) Marano di Valpolicella (VR) Verona (VR) Roncade (TV) Carpi (MO) Valdagno (VI) Santa Sofia (FC) Modena Corte Franca (BS) Sesto San Giovanni (MI) Erbusco (BS) Cervasca (CN) Milano Milano Pozzo d’Adda (MI) Lesmo (MB) Truccazzano (MI) Assago (MI) Milano Calvizzano (NA) Ragusa (RG) Napoli Crispiano (TA) Catanzaro (CZ) Palagiano (TA) Cercola (NA) Ragusa (RG) Foggia (FG) Aversa (CE)

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GREEN ACTION

WORKSHOP IL DRIVER DEL DECENNIO La sostenibilità sarà il driver del prossimo decennio: non è Greta Thunberg a sostenerlo, ma i protagonisti del capitalismo, che a Davos hanno messo al centro il tema dei cambiamenti climatici. Il motivo? Potrebbero mettere a rischio almeno la metà del Pil mondiale. Ecco perché il mondo produttivo e dei servizi ha raccolto la sfida, mettendo in campo azioni, oltre che intenzioni.

LA TRANSIZIONE ENERGETICA CHE (ANCORA) NON SI VEDE L’ultima volta che se n’è parlato era tre anni fa. E il 1 gennaio 2021 dovremmo entrare nel mercato libero. A che punto siamo? L’analisi di Pietro Maria Putti, alla guida del Gestore dei mercati energetici di Sergio Luciano

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l clima culturale e la situazione polo sforzo di immaginare dei modelli applicalitica attuale impongono una riflestivi nei quali possa ritrovare centralità una sione sulle tematiche dell’energia progettualità forte pensata per l’Italia dagli più di tipo sistematico che di tipo emergenziaitaliani (ovviamente nel rispetto degli impele. L’ultimo tentativo gni comunitari e delle fatto in Italia di disescelte già irreversibilMERCATO LIBERO MA NON TROPPO gnare una strategia Con l’abolizione dell’acquirente unico mente fatte) sarebbe energetica per il paese gli operatori dovranno dimostrare davvero una novità da risale al 2017, anno di essere in grado di farsi concorrenza apprezzare». nel quale i ministri portando benefici ai consumatori Sa quello che dice il dello Sviluppo econoprofessor Pietro Maria mico e dell’Ambiente presentarono una Sen Putti, attuale Presidente e Amministratore de(strategia energetica nazionale, appunto) con legato del Gme, la società controllata dal Miuna previsione a 10 anni. Al netto del fatto, nistero dell’Economia che gestisce i mercati noto a tutti, che ormai le politiche energetiche energetici. Giurista, esperto del diritto dell’Eitaliane si scrivono e si pensano a Bruxelles, nergia, da anni manager di Stato.

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> GREEN ACTION Pietro Maria Putti, attuale Presidente e Amministratore delegato del Gme, la controllata dal Ministero dell’Economia che gestisce i mercati energetici

Pur nella tensione che caratterizza questo nostro periodo non si devono perdere di vista le scadenze cruciali del Paese, al di là della pandemia e del suo impatto congiunturale sul ciclo economico. Con la fine di quest’anno scade il regime di maggior tutela che ha salvaguardato una buona parte della clientela energetica nazionale negli ultimi decenni. Dopo tutte le proroghe fatte sembra proprio che dal 1 gennaio 2021 si entrerà nel mercato libero... tualità da parte dell’attuale compagine goverIn realtà è difficile prevedere cosa succederà nativa, ma nel settore energetico bisogna far realmente. La questione di una riforma più capire che è necessario uno sforzo di condivicomplessiva dei modelli organizzativi degli sione importante per evitare che scelte di tipo attori dei mercati energetici previsti nella strutturale possano subire poi, tra pochi anni, famosa riforma Bersani della fine degli anni nuove modifiche. L’ Italia ha bisogno di un go90 non è una novità; se ne discute da tempo verno forte e stabile che abbia l’intelligenza ed ed è bene che se ne discuta ancora ma, apil coraggio di realizzare riforme di base anche punto, sarebbe meglio che questo accadesse impopolari (almeno apparentemente) ma veall’interno di un quadro politico stabile per ramente strategiche. Sulle parole chiave siamo rendere possibili scelte di tipo sistematico. Le tutti d’accordo da anni: decarbonizzazione, siragioni che erano all’origine della scelta di pocurezza dell’approvvigionamento, efficienza litica legislativa fatta energetica, nuovo imall’epoca dal Governo pulso alle rinnovabili. IL CORAGGIO DI RIFORMARE Renzi, ossia quelle di Decarbonizzazione, efficienza energetica, Tutte cose già scritte aumentare la con- sicurezza dell’approvvigionamento, e ancora di nuovo da correnza nei mercati nuovo impulso alle rinnovabili: obiettivi pochissimo ridette nel energetici, compor- condivisi, ma non ancora realizzati Pniec (Piano Nazionatando importanti ed le Integrato per l’Enerinevitabili ricadute sull’attuale configuraziogia e il Clima) con l’obiettivo al 2030, il punto ne dei ruoli e delle funzioni del Gse e delle sue è che ancora non è del tutto chiaro come si vocontrollate, nonché su importanti assetti dei gliono realizzare questi obiettivi perché prima mercati energetici, richiedono una visione di bisognerebbe sciogliere dei nodi ancora più tipo riformistico ampia e strutturata, che tenessenziali ad ogni tipo di progetto di riforma ga conto della pluralità degli interessi in gioco energetica: mi riferisco da un lato alla riforma e che sia largamente condivisa dalle forze podel titolo V, che tutte le forze politiche hanno litiche al Governo. Non mi sembra che questa da tempo compreso sia necessaria, come pure condizione sia oggi presente in Italia. al ribaltamento dei tradizionali paradigmi sul Quindi oggi, secondo lei, non c’è un punto ruolo e le funzioni della ricerca e dello svilupdi vista del Governo in merito all’abolizione po, e dall’altro alle grandi tematiche del rifadel Mercato di maggior tutela? cimento delle infrastrutture di rete. Temi deSicuramente esistono delle idee e delle progetlicati, temi divisivi ma purtroppo assorbenti

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DA UN GRANDE PATTO SOCIALE PUÒ RIPARTIRE LO SVILUPPO ed indifferibili. Da un grande patto sociale può ripartire lo sviluppo del Paese e possono trovare composizione nodi irrisolti come quello degli investimenti nelle nuove tecnologie o come quello degli oneri di sistema. Secondo lei si può sperare in una condivisione di questi grandi temi? Sicuramente tutte le forze politiche convergono sul fatto che quelli elencati siano dei problemi da risolvere, sulle soluzioni vi sono naturalmente visioni molto diverse. La diversità di impostazione dovrebbe essere vista come una chiave di lettura idonea a sviluppare e realizzare delle mediazioni culturali, quindi come una sfida avvincente avendo di mira l’interesse dei consumatori, delle imprese e dei territori, purtroppo non è così: la fragilità della politica ha allontanato le competenze dai luoghi dove era necessario che vi fossero e non si è riusciti a trovare dei metodi di concertazione efficaci. Le vere riforme richiedono grandi maggioranze, e per far sedere ai tavoli tanti interessi occorrerebbe un governo forte e autorevole. E dunque? Dobbiamo sperare che questo governo, che ha già dovuto affrontare sfide colossali (mi riferisco, ovviamente, alla pandemia), riesca a trovare la forza di prendere in mano questi discorsi e portare a compimento riforme condivise. Non esistono ricette nuove od originali, tutti conosciamo i problemi del sistema italia-


Le pale eoliche in Italia garantiscono quasi il 20% dei consumi di energia elettrica. In basso, Pierluigi Bersani

no. Per la mia esperienza il settore energetico rappresenta da sempre un nervo scoperto per l’Italia: dipendiamo, per l’approvvigionamento energetico, per più dell’ottanta per cento della complessiva bolletta energetica dall’estero. Le rinnovabili le vogliamo tutti ma pochi si ricordano quanto ci sono costate e quanto ancora ci stanno costando gli incentivi che si scelse di garantire per lanciarle; la tecnologia sugli accumuli, malgrado abbia fatto giganteschi passi avanti (soprattutto grazie agli investimenti colossali fatti dalle multinazionali) ancora non è in grado di garantire la soluzione dei problemi; altre innovazioni le stiamo studiando come le stanno studiando in tutto il mondo, ma rinunciare alle energie fossili non è ancora possibile. E tuttavia in tema di efficienza energetica siamo all’avanguardia, sia come capacità di intervenire sui territori, sia come capacità industriali, facciamo tanta ricerca, abbiamo fatto nascere tantissime start up e vediamo con favore una prospettiva da Green new deal europeo. Ma quindi che succederà dopo il 1° gennaio 2021? Se il governo non riterrà di ulteriormente posporre l’entrata in vigore della riforma della

abolizione del mercato della maggior tutela a favore del libero mercato, probabilmente dovrà modificare una buona parte della riforma Bersani, in che modo questo avverrà non sono in grado di prevederlo. Oggi l’Acquirente Unico è una società di proprietà del Gestore dei servizi energetici (che è di proprietà del Ministero del Tesoro), domani potrebbe essere scorporata assegnandole nuove funzioni o scomparire. Ma abolendo il mercato tutelato non si otterrà un mercato libero nella accezione tecnica, perché possa parlarsi di mercato concorrenziale puro, infatti, occorrerebbero situazioni infrastrutturali che in Italia non esistono. Ma se verrà abolito l’Acquirente Unico chi ne svolgerà le funzioni? Nessuno! La scelta, giusta o sbagliata che possa essere (o che possa essere valutata come tale), comporta proprio l’apertura totale al mercato, e saranno quindi gli operatori che dovranno dimostrare al legislatore che effettivamente saranno in grado di farsi concorrenza e di portare così benefici ai consumatori. Le Autorità competenti, cioè l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) e l’Agcm (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), vigileranno, come hanno sempre fatto e il meccanismo dovrebbe, prima o poi, trovare un proprio equilibrio, al netto di quello che abbiamo detto prima, ossia che, comunque, stante l’attuale peso fiscale, i mar-

gini per gli operatori sono ridottissimi e la concorrenza dovrà per forza svilupparsi sulla qualità e sulla entità dei servizi offerti più che sui prezzi. Professore, si parla tanto di transizione energetica: di che si tratta? La transizione energetica è, contemporaneamente un obiettivo e una prospettiva. Un obiettivo di politica economica nella misura in cui rappresenta uno dei risultati cui si vuole tendere attraverso la predisposizione di pacchetti normativi finalizzati a creare le condizioni di mercato per il passaggio da una economia energetica analogica ad una digitale: i consumatori dovranno essere accompagnati nel percorso della scoperta dei benefici che nascono dalla mobilità, da quelli che deriveranno dalle best practices in tema di efficienza energetica, dai comportamenti virtuosi finalizzati ad evitare gli sprechi, dall’attenzione all’ambiente e alla lotta all’inquinamento globale. È, d’altra parte, una prospettiva nella misura in cui rappresenta un percorso ideale volto alla creazione di una sempre maggiore consapevolezza sui comportamenti da tenere per avere tutti un pianeta più sano e un mercato più giusto ed efficiente. Idealmente parlando si tratta di una bella sfida che il mondo occidentale ha l’obbligo morale di lanciare a quei paesi che ancora non si riconoscono nei valori di salvaguardia dell’ambiente e della salute.

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CIRCULAR I PROTAGONISTI DELLA SOSTENIBILITÀ

E TU CHE MONDO VUOI?

Un tour in 10 città per raccontare le imprese che contribuiscono a fare del mondo un posto migliore. Guadagnandoci. Un progetto multimediale e multipiattaforma che si dispiegherà per l’intero 2020, dieci momenti nell’anno, ciascuno scandito da una produzione editoriale multimediale e da un grande evento itinerante. Con il patrocinio dell’Enea e dell’Università Cattolica. Format multimedia-live di Per partecipare: 02.89767777 - commerciale@economymag.it

GROUP


Ridateci gli sportelli e il rapporto col gestore A distinguere Energia Comune nel sovraffollato panorama del libero mercato dell’energia è il business model incentrato sulla presenza fisica sul territorio italiano con negozi su strada

di Alessandro Faldoni

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uanto è irritante avere come interlocutore un anonimo call center – di solito situato oltreconfine e a volte anche fuori dall’Unione Europea – e quanto è frustrante cercare di annotarsi mentalmente tutte le clausole di una proposta commerciale, covando la certezza matematica della fregatura nascosta? È partendo da queste considerazioni che Francesco Grillo, amministratore unico e co-founder di Energia Comune, ha impostato il business model dell’azienda barese, provider energetico rivolto a clientela business e retail. A distinguere Energia Comune nel sovraffollato panorama delle oltre duecento società in azione nel perimetro del mercato libero è un elemento tanto raro quanto bramato dai clienti: lo sportello fisico. Altro che contratti stipulati verbalmente e dubbi ai quali nessuno darà mai risposta: per Energia Comune sostenibilità significa anche puntare sulla valorizzazione del territorio e sul rispetto del rapporto con le persone. La mission è, appunto, quella di aprire sportelli in ogni angolo del Mezzogiorno, partendo dalla Puglia. «A chi non è mai capitato di doversi mettere in contatto col proprio gestore, aspettando anche 15 minuti in linea per avere poi risposte inadeguate?», spiega Francesco Grillo: «Noi abbiamo deciso di impostare la nostra offerta con gli sportelli territoriali, che hanno il valo-

FRANCESCO GRILLO

re della vicinanza coi nostri clienti, e abbiamo aggiunto i valori che abbiamo a cuore, come quello dell’ecosostenibilità. Pensiamo che ogni azienda che opera sul territorio debba restituire qualcosa. Puntiamo sul recupero del rapporto umano: ci piace pensare che i clienti ci scelgano non solo perché trovano convenienti le nostre offerte, ma anche perché trovano un interlocutore identificabile e molto motivato». Oggi Energia Comune è presente già in quindici paesi, «ma», aggiunge Grillo, «nei prossimi tre anni apriremo un centinaio di sportelli territoriali in tutto il Mezzogiorno, il Centro e il Nord Italia». I primi 50 sportelli

FRANCESCO GRILLO (ENERGIA COMUNE): «Vogliamo coinvolgere persone che credono fortemente in se stesse e che senza alcun tipo di investimento vogliono realizzarsi col nostro progetto»

territoriali verrano aperti già entro la fine di quest’anno. La sottoscrizione del contratto con Energia Comune per le forniture di luce e gas avviene direttamente allo sportello: l’operatore, presente fisicamente, offre tutti quei chiarimenti indispensabili per soddisfare necessità tra le più disparate e quindi individuare le soluzioni più convenienti. E poi c’è il tema della sostenibilità: «Abbiamo a cuore temi molto

importanti primo tra tutti lo sviluppo eco-sostenibile per la salvaguardia dell’ambiente», continua Grillo: «Partecipiamo attivamente ad iniziative ed eventi che contribuiscano ad incrementare la conoscenza e la consapevolezza del futuro della nostra terra. La terra è energia e ce la trasmette ogni giorno, per questo dobbiamo rispettarla e preservarla». E per chi vuole aderire alla rete? Energia Comune oggi punta a svilupparsi offrendo l’opportunità di diventarne partner con una formula interessante e vantaggiosa che non richiede investimento. L’idea è quella di creare una rete di sportelli territoriali in tutta Italia, partendo dal Sud Italia. «Vogliamo coinvolgere le persone che credono fortemente in se stesse e che senza alcun tipo di investimento economico vogliono realizzarsi e vincere nella vita con il nostro progetto di impresa» aggiunge Vincenzo Cassano, co-founder di Energia Comune: «L’opportunità di business si concretizza con la novità assoluta della rendita sul portafoglio clienti. Fidelizzare il cliente diventando il suo unico punto di riferimento nel settore energia è la nostra ambiziosa sfida». Tel. 080 2227404 www.energiacomune.com info@energiacomune.com

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> GREEN ACTION

La vera sfida? Semplificare la vita dell’utente Un solo operatore, un unico numero verde, un solo documento di riepilogo per il cliente: così l’offerta di Withu unifica in un’unica offerta commerciale le quattro utilities principali di Carlo Rambaldi

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ai come in questo momento storico la parola “futuro” è ammantata di una patina di mistero. Anche l’energia non fa eccezione. Non tanto perché si profilino all’orizzonte crisi di alcun tipo, ci mancherebbe, ma perché dal 1° gennaio 2022 – dopo molti rinvii – dovrebbe essere sancito l’addio definitivo al servizio di maggior tutela. A fare la differenza dunque, sarà l’offerta accessoria, con il prezzo che rimarrà una leva significativa ma non potrà essere l’unico. «Dal nostro punto di vista – ci spiega Matteo Ballarin, presidente e ceo di Europe Energy - la vera sfida sarà offrire al cliente un servizio che semplifichi la gestione delle proprie utenze, che il cliente sia una famiglia o un’azienda. Per questo motivo abbiamo creato Withu, che permette di offrire un unico operatore per quelli che ormai sono diventati i servizi fondamentali. Con un vantaggio: un unico numero verde, un solo documento di riepilogo di spesa al posto della quantità di carta e/o email a cui siamo abituati». I servizi ad oggi inclusi nel bouquet di prodotti Withu sono le quattro utilities principali di cui ogni cittadino, ogni persona, ha bisogno, sotto un’unica offerta commerciale e con una proposta che parrebbe innovativa: affidarsi ad un unico operatore che sappia fornirle tutte con un’esperienza più semplice e con

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un modello che venga incontro al cliente. Ma si tratta solo di una parte dell’offerta: presto arriveranno altre novità volte a rendere la vita sempre più semplice e al miglior rapporto prezzo/qualità possibile. Un discorso analogo può essere applicato all’Europa, dove la creatura di Matteo Ballarin opera da diversi anni anche nell’est. La parola chiave è una sola: semplificazione. Una parola che fa rima con digitalizzazione e che vede l’Italia ancora indietro nelle classifiche. Se a questo IL CEO MATTEO BALLARIN: «Fin dall’inizio abbiamo creato un’offerta commerciale e un servizio tailor made che fosse ritagliato su misura del cliente che viene coccolato come nelle boutique»

si unisce la carenza di infrastrutture, come la bassa diffusione di fibra ultra-broadband, si capisce perché c’è ancora molto da fare. Il mercato dell’est, invece, è decisamente più orientato a questo tipo di rivoluzione, sia per la maggiore digitalizzazione che per la diffusione di infrastrutture di accesso alla rete. «Fin dall’inizio – prosegue Ballarin – abbiamo creato un’offerta commerciale e un servizio tailor made che fosse ritagliato su misura del cliente. Già dai primi negozi a marchio Europe Energy abbiamo lavorato

MATTEO BALLARIN

“coccolando” i nostri clienti come succede nelle vere boutique, in cui i clienti non erano degli utenti. Per noi da sempre è importante il contatto umano, diretto, personale, abbiamo sempre voluto metterci la faccia non affidandoci ad anonimi call center ma un servizio clienti interno con operatori formati e disponibili». Dallo scorso anno, con Withu, oltre a luce e gas si aggiungono i servizi di telecomunicazioni come fibra e mobile. L’idea è quella di riuscire a offrire la migliore tecnologia al cliente. Da febbraio, infatti, si è unita all’offerta Ftth (Fiber to the home, il servizio che porta la fibra fin nell’appartamento degli utenti) anche quella Fttc (Fiber to the cabinet) che garantisce una copertura più capillare. Infine, uno sguardo al futuro. «Nel lungo termine – conclude Ballarin – noi vogliamo diventare una util-tech, quindi adesso siamo un provider di quattro utilities, il nostro obiettivo è di aggiungere altri servizi a quelli che già offriamo per poter garantire una esperienza unica anche con altri prodotti e servizi e diventare sostanzialmente un punto di riferimento per i consumatori e per le aziende nella fornitura di questi servizi. Per il futuro puntiamo non più e non solo a utilities tradizionali ma anche a servizi più innovativi».


LE COLONNINE ENEL-X E, NEL RIQUADRO, MASSIMO MACCIOCCHI, DIRETTORE LEASING DI BANCA IFIS

E il leasing diventa il driver della sostenibilità Dalle auto elettriche ai generatori di acqua a condensazione: Banca Ifis punta sulla locazione finanziaria per diffondere, tramite la linea Leasing Green, l’utilizzo di prodotti innovativi all’insegna della sostenibilità di Marina Marinetti

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a sostenibilità non è solo una questione di scelte, ma anche di opportunità. Così, anche gli strumenti finanziari possono diventare driver del cambiamento. Il leasing, per esempio, che Banca Ifis ha individuato come strumento ideale per promuovere la cultura della sostenibilità. «Se prima veniva considerato una modalità fiscalmente vantaggiosa per utilizzare un bene, assimilabile al noleggio, da qualche anno utilizziamo il leasing per sostenere il cambiamento», spiega a Economy Massimo Macciocchi, vicepresidente di Assilea, l’associazione italiana leasing, nonché Direttore Leasing di Banca Ifis. L’istituto, con oltre 80 mila imprese clienti, è specializzato nel supporto del credito commerciale a breve termine (factoring), del corporate banking (finanza a medio/lungo termine e finanza strutturata) e del leasing (operativo e finanziario) a favore delle piccole, medie e micro imprese.

Ed è in prima linea nel presidiare i trend della green economy: già in tempi non sospetti ha puntato, proprio con il leasing, sulla mobilità elettrica. «È un tema che ci appassiona. Abbiamo iniziato a operare con Tesla nel 2013 e oggi l’80% dei leasing del brand lo eroghiamo noi», conferma Macciocchi. Lo scorso anno Banca Ifis ha lanciato Ifis Leasing Green, il primo di una serie di progetti studiati dalla Banca per favorire comportamenti ecologici, migliorare la qualità della vita e ridurre le emissioni di CO2. Si tratta di un unicum nel mercato finanziario italiano: l’offerta, oltre al contratto di Leasing per l’acquisto di veicoli elettrici/ibridi plug-in, racchiude un pacchetto di servizi che vanno dalla consulenza/assicurazione dell’auto fino all’assegnazione di voucher premianti da utilizzare per le ricariche presso le stazioni attive e on demand o come buoni sconto per l’acquisto di infrastrutture di ricarica pubblica

o domestica. Per strutturare l’offerta, Banca Ifis ha scelto di avere a fianco come partner i principali operatori della mobilità elettrica in Italia: Enel X, E-Gap ed E-Station, con buoni premio per la ricarica. «Il futuro della mobilità è legato anche alla capacità di aziende come la nostra di introdurre nuove variabili ambientali nelle politiche di credito, supportando le strategie di investimento di privati e imprese. Il nostro obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica a sposare le nuove tecnologie. La mobilità elettrica non è l’unica soluzione, ci sono anche ibridi di nuova generazione e una serie di veicoli più sostenibili che sono il futuro. L’insieme di tali mezzi genererà una nuova mobilità ecologica per tutto il Paese e noi vogliamo fare la nostra parte per orientare e agevolare il cambiamento» conferma Massimo Macciocchi. Non solo mobilità: nel progetto di Leasing Green di Banca Ifis sono entrati anche i nuovi generatori d’acqua dall’atmosfera della statunitense Skywell, che prelevano l’aria e raccolgono l’umidità tramite la condensazione. Una tecnologia di monitoraggio avanzata, in abbinamento con sei filtri, due luci ultraviolette e il trattamento all’ozono, garantiscono la purezza di ogni goccia d’acqua. Il sistema inoltre garantisce un monitoraggio continuo per assicurarne elevata qualità, limpidezza e sapore. L’offerta prevede il noleggio del dispositivo con inclusi materiali, lampade e filtri per cinque anni con estensione della garanzia. «Stiamo passando dal concetto di proprietà a quello di valore generato nell’utilizzo del bene», conclude Macciocchi. «Noi cerchiamo di incentivare il cambiamento andando a cercare in maniera quasi pulviscolare tutte le nicchie di prodotto che rappresentano l’innovazione di mercato e sono guidate da un obiettivo comune: la riduzione della CO2, degli sprechi, dell’inquinamento, all’insegna di comportamenti sempre più sostenibili».

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Un Green Deal per traghettare l’Italia nella sostenibilità

coerenti con quelli europei: 1) la riduzione di emissioni di CO2 2) l’internazionalizzazione delle aziende 3) lo sviluppo del Mezzogiorno 4) la continuità territoriale con le grandi isole Alis è portatrice di un messaggio forte rivolto a tutto il mondo del trasporto: la sfida dell’intermodalità e i benefici che comporta, come la diminuzione dei carichi fiscali, la sburocratizzazione e digitalizzazione del trasporto, le misure incentivanti strutturali, la costruzione di infrastrutture efficienti e utilizzo di mezzi moderni e tecnologicamente avanzati.

La cultura dell’intermodalità sostenibile Alis sta contribuendo a rendere effettiva la diffusione della cultura dell’intermodalità sostenibile attraverso un’opera di sensibilizzazione della comunità del trasporto e dei decisori istituzionali circa la necessità dell’ ammoderAlis, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile, ha sottoposto namento delle infrastrutture e dei mezzi di al Governo un documento con le proposte strategiche per la transizione trasporto e di un nuovo concetto green della del settore. Ecco quali sono gli obiettivi e come si possono raggiungere mobilità delle merci. Per esempio i soci Alis che operano nel settore marittimo stanno ladi Angelo Curiosi vorando con impegno per rendere sempre on è un intero programma di goveroltre 200mila collegamenti ferroviari annuali. più sustainable green la loro flotta. Negli ultimi no, ma le proposte che l’Alis - AssoGrazie all’impegno di Alis, da quando nacque anni, infatti, già alcune navi sono state dotate di ciazione Logistica dell’Intermodalità quattro anni fa, sono stati sottratti dalle strade scrubbers per la depurazione dei gas di scarico Sostenibile – ha presentato al ministro dell’Am2,7 milioni di camion all’anno, pari a 70 milioni al fine di abbattere le emissioni di zolfo fino allo biente e della tutela del territorio e del mare di tonnellate di merci in meno trasportate su 0,5% e di ridurre il particolato dell’80% che è Sergio Costa incardinano in realtà in un quadro gomma, abbattendo le emissioni di CO2 di oltre più di quanto richiesto dalla nuova normativa di interesse e valore globale tutti i temi ricon2,2 milioni di tonnellate. internazionale entrata in vigore dal 1° gennaio ducibili alla sostenibilità nella logistica, nelle 2020 (IMO 2020 “Sulphur Cap”). Inoltre, su alinfrastrutture e nei trasporti ossia nei tre prinPanorama europeo cune navi, oltre agli scrubbers sono state instalcipali fattori abilitanti, insieme con l’energia, di La transizione modale late anche delle mega qualunque strategia di sviluppo economico. del trasporto merci RIDUZIONE DELLE EMISSIONI batterie a litio, della Un programma di politica economica, quindi, italiano è indispensa- I soci Alis del settore marittimo hanno dotato capacità di oltre 5 racchiuso in un documento dal titolo ambiziobile per la transizione le loro flotte di scrubbers per la depurazione Megawattora, che corso di “Green Deal Italia”, messo a disposizione modale sostenibile del dei gas di scarico e batterie al litio rispondono alle batdelle istituzioni da Alis, in spirito di servizio e sistema dei trasporti per alimentare le navi durante le soste terie di 90 auto Tesla, nell’interesse superiore del benessere collettimerci europeo. Per per alimentare le navi vo. Come collettiva è, del resto, la natura dell’Asraggiungere gli ambiziosi target che la Commisdurante le soste nei porti senza mettere in funsociazione, con il suo fatturato aggregato di 25 sione Europea ha imposto per il 2030-2050, zione i diesel-generatori, raggiungendo così miliardi di euro prodotto da oltre 1.500 impreAlis ritiene indispensabili politiche comunil’obiettivo delle zero emissioni durante la sosta. se associate, con 172mila lavoratori diretti e tarie e nazionali fortemente caratterizzanti a A partire da maggio 2020, il cluster Alis riceindiretti, oltre 128mila mezzi, più di 140.500 supporto della transizione alla multimodalità. verà 12 gigantesche navi ibride ro-ro alimentacollegamenti marittimi annuali, 125 linee di Del resto, i quattro macro-obiettivi che Alis perte anche a litio: i loro garage saranno in grado Autostrade del Mare, 160 linee ferroviarie e segue sin dalla sua costituzione sono del tutto di imbarcare 520 camion, circa il doppio della

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capacità delle attuali flotte del Mediterraneo. Anche nel settore del trasporto su strada Alis annovera testimonianze concrete della visione green. Per implementare e rendere rapido tale processo di elettrificazione ha avviato una forte sinergia con Enel X, neo-associata. Lo sviluppo dei carburanti alternativi sta portando anche alla implementazione di nuove stazioni di rifornimento Lng. Quanto al trasporto ferroviario, Alis è profondamente persuasa che l’Italia non possa mancare l’obiettivo di adeguamento dell’infrastruttura ferroviaria alla rete Ten-T, almeno sui 4 corridoi core di interesse nazionale.

Le proposte di Alis Per ottenere una definitiva e coerente conversione modale dal “tutto strada” alle modalità alternative è necessaria la revisione della normativa europea sugli aiuti di Stato in linea con gli obiettivi politici del green deal. Occorrono interventi massivi e strutturali europei in grado di determinare l’accelerazione del processo di cambio modale. Risulta indispensabile rafforzare il supporto economico al trasporto combinato attraverso incentivi per beni strumentali, per i mezzi di trasporto specifici, per il rinnovo e l’innovazione tecnologica del materiale rotabile e dell’infrastruttura ferroviaria, come pure attraverso l’impiego di formule incentivanti come il Marebonus e il Ferrobonus, perseguendo l’obiettivo di trasferirli dalla classificazione di “Sussidi Incerti” a quella di Saf anche fine di sostenere il potenziamento della loro dotazione finanziaria. Trasporto marittimo Analizzando l’andamento delle tariffe di mercato di tre delle principali linee del mercato Siciliano e Sardo nel corso degli ultimi dieci anni, risulta evidente che rispetto a dieci anni fa, le tariffe per il trasporto dei mezzi commerciali sulle suddette rotte hanno subìto un forte calo riconducibile agli investimenti effettuati dagli armatori: il trasporto non ha mai pagato noli marittimi così competitivi. Effetto positivo indotto è stata la forte diminuzione di mezzi industriali pesanti coinvolti in incidenti stradali.

BISOGNA RAFFORZARE IL SUPPORTO AL TRASPORTO COMBINATO

GUIDO GRIMALDI, PRESIDENTE DI ALIS

È da tener presente che i noli marittimi praticati, in particolar modo sulle rotte che servono Sicilia e Sardegna, hanno beneficiato di ribassi tra il 30% e il 40% in meno rispetto ai prezzi applicati un decennio prima. Il quadro migliorerebbe decisamente se i contribuiti fino ad oggi erogati a un singolo armatore ed assegnati senza alcuna gara, venissero distribuiti in modo equo ed oggettivo, in base ai volumi trasportati, senza falsare in alcun modo la concorrenza. Stanti tali premesse il contributo in discussione potrebbe essere erogato all’autotrasporto

IL NODO DEI CONTRIBUTI PUBBLICI Sarebbe auspicabile che i 72 milioni di euro che oggi vengono erogati alla sola Tirrenia venissero redistribuiti all’autotrasporto per agevolare la sostenibilità ambientale

tramite le compagnie marittime che operano le rotte su Sardegna e Sicilia attraverso una quota stabilita ad esempio in 60 euro per unità trasportata. Considerando che il volume attuale di camion che si muovono verso la Sardegna e la Sicilia è complessivamente pari a circa 1,2 milioni di mezzi, si arriverebbe ad un esborso complessivo pari a 72milioni di euro annui (l’esatto ammontare dell’attuale Convenzione Tirrenia). Alis auspica che il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare

possa prevedere un programma di riduzione dei diritti portuali a favore delle navi green per agevolare gli armatori che investono in sostenibilità ambientale: ad esempio per un periodo di almeno 5 anni un range di benefici e/o misure incentivanti tra l’esenzione (tecnologia ad impatto zero in porto) ed una riduzione del 60% (tecnologie che riducono l’impatto ambientale oltre gli obblighi). In nome del perseguito sviluppo di una nuova progettualità nel settore intermodale marittimo (Autostrade del Mare, trasporto stradale e logistica integrata) Alis auspica che il sistema di riconoscimento di titoli di efficienza energetica, c.d. Certificati Bianchi possa trovare giusti riconoscimenti anche nel settore dei trasporti marittimi laddove i progetti rispondano agli obiettivi ed ai requisiti nazionali. Tutto ciò è auspicabile anche perché lo Stato, non rispettando i limiti di emissioni nazionali assegnati, è costretto a pagare degli importi all’Europa che potrebbero invece essere destinati tramite il riconoscimento dei certificati bianchi. Nel Mediterraneo un elevato numero di unità traghetto adibite al trasporto passeggeri ha un’età elevata e non rispetta i canoni di sicurezza, efficienza e rispetto ambientale. Alis suggerisce una campagna continua di controllo da parte di Flag State e Port State (Guardia costiera) delle navi passeggeri che superano i 30

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> GREEN ACTION anni di età, per giungere alla rottamazione obbligatoria delle navi che hanno più di 40 anni.

Trasporto ferroviario L’Unione europea ha fra i propri obiettivi quello di trasferire entro il 2030 il 30% ed entro il 2050 oltre il 50% del trasporto merci su strada su distanze superiori a 300 chilometri verso altri modi di trasporto meno inquinanti, come il trasporto ferroviario. Alis coglie con favore il vivace interesse del Governo rispetto ai temi del potenziamento della rete infrastrutturale ferroviaria ed evidenzia la necessità di non trascurare l’ampliamento della capacità delle sottostazioni elettriche (Sse). Alis propone peraltro che sia data priorità alla programmazione di tali interventi su tutte le prezzo del gasolio per autotrazione alla pompa Sse e in particolare a quelle presenti sulle line vedono l’Italia tra i Paesi in cui il costo del carcore di attraversamento dei valichi alpini. Ciò burante per autotrazione è più alto. I risparmi è fondamentale al fine di scongiurare il rischio ottenuti con la riduzione dell’ambito di applicache la rete italiana sia costretta a rotture di cazione del beneficio andrebbero però reinvestiti rico per limitare il peso dei treni provenienti/ nel cambio modale atteso per il trasporto delle diretti da tali direttrici europee a causa dell’inamerci secondo gli obiettivi UE 2030 – UE 2050 deguatezza del sistema di approvvigionamento elettrico. Alis nell’attuale scenario degli interLogistica intermodale venti infrastrutturali a supporto del trasporto Nell’ottica di accrescere i livelli di sostenibilità ferroviario ritiene strategica la valutazione da dell’intera catena di distribuzione si possono parte del Ministero dell’ambiente e della tuteindividuare alcune aree di intervento rispetto la del territorio e del mare (Mattm) del comalle infrastrutture terminalistiche ed alle piatpletamento dei taforme logistiche. La corridoi Ten-T e dei LE PIATTAFORME LOGISTICHE riduzione delle emiscollegamenti bypass Per accrescere i livelli di sostenibilità sioni inquinanti su o di emergenza tra i dell’intera catena di distribuzione occorre tutte le piattaforme diversi corridoi come intervenire sull’efficientamento degli edifici logistiche può essere e sullo sviluppo delle aree interportuali ad esempio la linea favorita attraverso: Milano- Piacenza/ Bol’efficientamento delogna (oggi limitata a sagoma P386 ancora fino gli edifici, sia per quanto riguarda gli involucri a minimo il 2021). (design), che per gli impianti di climatizzazione e l’illuminazione così come dei sistemi di Trasporto stradale movimentazione delle merci e delle persone; Marebonus ed il Ferrobonus rappresentano la realizzazione di impianti per la cogeneraziodue importanti volani per lo sviluppo dell’inne e la produzione di energia da fonti rinnovatermodalità andando a beneficio quasi interabili; lo sviluppo e l’ammodernamento delle aree mente all’autotrasporto. Per incentivare l’inveretroportuali per realizzare hub intermodali stimento degli autotrasportatori nell’acquisto moderne ed energeticamente autosufficienti; di mezzi Euro 6 ed Euro 7 di ultima generail supporto allo sviluppo delle figure professiozione si propone il rimborso delle accise sul nali al passo con le evoluzioni del settore e con gasolio commerciale. Oltretutto, le stime del le crescenti competenze richieste.

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La crescente importanza dello aree retroportuali è dovuta al contributo che esse sono in grado di esprimere in favore della crescita dei traffici commerciali. Sotto il profilo normativo, è interessante rilevare come il comma 318 della Legge di Bilancio 2020 autorizza un finanziamento per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 al fine di consentire l’ammodernamento e lo sviluppo dell’area del retroporto di Gioia Tauro. Alis propone di estendere ulteriormente tale misura con incentivi specifici alla realizzazione di opere di riqualificazione ed ammodernamento di tutti i retroporti esistenti che dimostrino di aver raggiunto determinati standard green. Con l’evoluzione del settore del trasporto e della logistica nella direzione della sostenibilità, crescono le richieste di figure professionali specializzate. Non è quindi un caso se, ad esempio, quella dell’Energy Manager, il Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia. Con la Legge 10/91 l’Energy Manager è diventato obbligatorio per le realtà industriali caratterizzate da consumi superiori ai 10.000 tep/anno e per le realtà del settore civile, terziario e trasporti che presentino una soglia di consumo superiore a 1.000 tep/anno. Alis propone di stipulare apposite convenzioni tra il Mattm e i centri di formazione e ricerca accreditati, incluse le Università, al fine di favorire corsi di aggiornamento e di formazione nei campi energetico-ambientali.


IL FEM È UN SERVIZIO EVOLUTO E INTEGRATO DI FACILITY MANAGEMENT E DI ENERGY MANAGEMENT Fornendo servizi di supporto all’attività principale dell’azienda, il Facility Energy Management è un approccio strategico integrato, che mira ad organizzare le risorse al fine di ottenere il massimo dell'efficienza energetica combinata alla migliore pianificazione degli interventi di manutenzione, ottimizzando così costi e servizi.

COME FUNZIONA

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Per risparmiare sugli interventi straordinari e a guasto; Per implementare servizi dedicati alle persone (Help Desk 24H); Per poter monitorare le attività manutentive, il loro impatto sul consumo energetico e migliorarle; Per pianificare le attività nei tempi e nelle modalità più efficienti e meno costose; Per rendere pronta l’Azienda ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato dovuti alla nuove politiche sulla sostenibilità.

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Ottimizzazione dei contratti . Analisi dei contratti in essere . Analisi delle modalità di intervento

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Gestione operativa diretta . Presa in carico delle richieste di intervento . Creazione degli storici delle richieste

COSA CI CONTRADDISTINGUE

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L’applicazione puntuale dei tre aspetti che dovrebbero caratterizzare la disciplina del Facility Management (strategico, analitico e gestionale-operativo) rigorosamente reinterpretati affiancandoli alla disciplina dell’Energy Management.

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Ottimizzazione degli interventi di manutenzioni . Analisi degli interventi e dei relativi costi . Creazione di piani di manutenzione personalizzati Reingegnerizzazione dei processi in combinazione con il BEMS (Energy Management)

. Profilazione avanzata degli interventi e dei parametri energetici . Attivazione di piani di manutenzione “Condition Based Monitoring ” . Gestione predittiva da remoto delle utenze energivore

Aspetto Strategico: la politica di gestione dei servizi di manutenzione deve supportare gli obiettivi strategici relativi alla sostenibilità ambientale e non solo. Aspetto Analitico: massima comprensione delle necessità dei clienti, puntuale verifica degli obiettivi fissati e individuazione delle più adeguate tecniche e tecnologia a supporto del Business. Aspetto Gestionale operativo: coordinamento integrato di tutti gli interventi.


> GREEN ACTION

In attesa dell’auto elettrica attrezziamoci con la wall box

3 kW ci vogliono più o meno 33 ore, per una Bmw I3 (42,2 kWh) ne servono circa 14, per una Smart elettrica (17,6 Kwh) poco meno di sei. Le alternative, allora, sono soltanto due: si lascia in carica tutta la notte l’auto per ottenere un’autonomia parziale, ma sufIn commercio ci sono più apparecchi per la ricarica domestica ficiente nella maggior parte dei casi per un che modelli di veicoli a batteria. E capire quale sia quello giusto uso quotidiano, oppure, al netto delle diada installare è tutt’altro che semplice: ecco come orientarsi tribe condominiali, ci si immerge nel vorticoso, e costoso, mondo degli elettricisti per di Franco Oppedisano aumentare la potenza del proprio impianto domestico. Le sorprese in questo caso non sono legate ai costi della corrente (si tratta di una trentina di euro l’anno per ogni kW installato in più, quindi se, ad esempio, si passa da 3 a 7 si spendono circa 10 euro in più ogni mese) o al maggior costo della wall box ridotto a qualche centinaia di euro, ma a quelli della realizzazione dell’impianto che dipendono dalla distanza tra il quadro elettrico e il posto auto, dalla dimensione dei corrugati, tubi incassati nel muro che contengono i fili elettrici, dalle opere murarie o di scavo necessarie per portare a termine i lavori. La stima dei costi varia molto, ma possono superare allegramente quello della wall box. In questo mercato ormai liberaaricare un’auto elettrica è semplimestico e quella del caricatore della vostra lizzato si sono buttati a pesce i fornitori di ce: basta infilare la spina schuko auto elettrica. È inutile installare una wall energia. Alcuni, come Enel, Edison e A2A, del cavo in dotazione al veicolo in box da 7,4 kW se il contatore non eroga più da soli o insieme a un partner, offrono non una presa e il gioco è fatto. Molto più comdi 3,3 kW (cioè 3 kW più la tolleranza del solo l’energia e il wall box, ma anche l’auto plicato è scegliere e installare una wall box 10%) come quasi tutti gli impianti domestielettrica a noleggio. In un solo pacchetto è nel garage o nel condominio che consenta ci ed è altrettanto inutile farlo se la vostra possibile avere la vettura, la consulenza, sia di ridurre i tempi aumentando la pobatteria può essere ricaricata al massimo l’installazione della centralina domestica tenza di ricarica, sia di gestire in maniera a 3,7 kWh, come ad dopo un sopralluogo intelligente l’impianto elettrico o di evitare i esempio la Nissan TUTTI GLI ATTORI IN CAMPO di un tecnico e, a volblack out. Sul mercato c’è già una cinquantiLeaf del 2018. In que- Nel mercato liberalizzato i protagonisti te , anche una tessera na di modelli di wall box e, visto il potenziale sti casi l’apparecchio sono i fornitori di energia e le case per ricaricare dalle del business in futuro, possiamo scommetgestirà l’energia in automobilistiche con i loro wall box. colonnine stradali. tere che il loro numero crescerà ancora. I modo che non “salti” Ma esistono anche soluzioni “indipendenti” Le installazioni sono prezzi vanno dai 400 euro (poco più del cola corrente quando, comprese solo nel sto dei cavi che servono per collegare l’auto) ad esempio, usate la lavatrice, ma caricherà caso in cui non si debbano sostituire cavi ai 2 mila euro, ma sono molto diverse tra di la batteria dell’auto tenendo conto dei limiti e ci sia una distanza di una decina di metri loro. È una giungla da cui non è facile uscire, fissati dall’impianto elettrico e dal caricatotra il punto di installazione della wall box e fatta di kW, tipi di correnti diverse, modi di re dell’auto. Per ricaricare completamente il contatore. gestione differenti. la batteria di un’auto elettrica importante Dietro alle aziende energetiche, poi, si sono Per orientarsi bisogna prima di tutto conocome la Tesla Model X (100 kWh di batteaccodate le case automobilistiche che coscere la potenza del proprio impianto dorie) con un normale impianto domestico da minciano a considerare la wall box un optio-

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nal indispensabile se per il cliente si tratta dell’acquisto della prima auto elettrica. Le partnership e gli accordi tra produttori di auto, fornitori di energie e costruttori di colonnine sono innumerevoli perché il business è ancora ridotto, ma le prospettive e i margini per tutti sono allettanti. E dipendono anche dal tipo di vettura elettrica. L’auto premium si vende con una wall box marchiata dal costruttore pensata appositamente per il veicolo. Tycan, la prima elettrica di Porsche, ad esempio ha il suo Wall Connector da 11 kW Trifase, venduto con tariffa flat a 100 euro al mese, Bmw e Mercedes ne hanno uno con firmato con il proprio marchio e in Maserati, che ancora non ha un’auto elettrica, stanno pensando a un modello innovativo che carica la batteria con un robottino che si “attacca”

all’auto da solo quando la si lascia in garage. Volkwagen, che per non saper leggere né scrivere, ha pensato bene di farsi la propria azienda distributrice di energia elettrica, ha già realizzato un robot simile, ma solo per i parcheggi multipiano o quelli dei centri commerciali. Nissan, Hyundai, Honda e tutti gli altri, insieme un’azienda energetica, non solo forniscono il wall box insieme all’auto,

ma offrono anche l’installazione, la manutenzione e la consulenza necessaria ad effettuare eventuali modifiche alla fornitura elettrica e pacchetti completi di rifornimenti domestici e stradali a tariffe fisse. La wall box di ricarica domestica, insomma, è diventata uno strumento di marketing o comarketing, una leva di vendita forse più rilevante del veicolo stesso. Anche per questo le più recenti sono tutte all’insegna della connettività e, tramite il proprio smartphone, ci si può collegare all’apparecchio per conoscere lo stato di ricarica. Sono “smart” e di moda, ma hanno bisogno di un collegamento wi-fi che non ha la stragrande maggioranza dei garage nelle grandi città dove dovrebbero essere maggiori le vendite di auto elettriche. Potere del marketing.

IL SOGNO (REALIZZATO) DEL “PLUG AND PLAY” Le parole magiche sono “senza modificare l’impianto elettrico” o se siete tecnologici “plug and play”. È questo il vantaggio della Easy Wallbox, realizzata in esclusiva per Fiat Chrysler Automobiles da Engie Eps, l’azienda nata da uno spin off del Politecnico di Torino, quotata a Parigi e specializzata in sistemi di immagazzinamento dell’energia ed e-mobility. È, infatti, l’unico ricaricatore domestico che può funzionare sia a 2,2 sia a 7,4 kW e nel primo caso si attacca direttamente a una presa schuko utilizzando solo la potenza disponibile in tempo reale ed evitando ogni rischio di black out. Bastano due tasselli e il gioco è fatto. «Questo prodotto nasce dalle nostre esperienze personali» ha spiegato

a Economy Carlalberto Guglielminotti, ceo di Engie Eps. «Siamo stati tra i primi a guidare un’auto elettrica e, per primi, abbiamo discusso nel condominio, chiamato elettricisti e pagato muratori per installare nei nostri garage una wall box. E ci siamo accorti che in fondo non serve ricaricare completamente una batteria e che una notte basta per recuperare l’energia necessaria per fare 180/200 chilometri,

ampiamente sufficienti per un guidatore medio che, mettendo l’auto in carica ogni giorno, alla fine della settimana si ritrova con il pieno e la possibilità di andare via per il week end». Easy Wallbox è in vendita nei concessionari Jeep e Fiat. In alcune offerte potrebbe essere incluso nel prezzo della Renegade 4xe ibrida plug in o nella nuovissima 500 elettrica, oppure venduto come optional con un prezzo inferiore ai 500 euro.

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> GREEN ACTION Karin Rådström, executive vice president e head of sales and marketing di Scania

head of sales and marketing di Scania. Nel processo di elettrificazione dei veicoli pesanti non esiste una soluzione adatta a tutti. L’approccio di Scania, di conseguenza, prevede, oltre alle tecnologie ibride e ai carburanti alternativi, lo sviluppo di un’ampia gamma di soluzioni per caricare le batterie, dal plug-in, al pantografo con veicolo fermo o in movimento su strade elettrificate, fino alla ricarica attraverso le celle a combustibile a idrogeno. Di A Oslo Scania ha avviato due progetti pilota col grossista norvegese quest’ultima tecnologia si occupa il secondo Asko per testare nuove soluzioni di elettrificazione progetto pilota, realizzato sempre con il grossiche bilancino le esigenze ambientali con quelle economiche sta di beni di largo consumo Asko, che ha messo su strada per lavorare tutti i giorni quattro di Franco Oppedisano veicoli a idrogeno con una autonomia stimata di 400/500 chilometri e ha realizzato una ue veicoli a batteria e quattro a nuova stazione di riferimento a Trondheim zione giocherà un ruolo chiave nel dare vita ad idrogeno circolano per le strade di un sistema maggiormente sostenibile anche in Norvegia. Nei quattro autocarri utilizzati Oslo. Detto così non sarebbe neannel trasporto pesante. In questa transizione, è nelle operazioni di trasporto di Asko, il motore che una notizia, visto che in Norvegia un auto di fondamentale importanza che lo sviluppo di a combustione interna è stato sostituito con un immatricolata su due è elettrica. Ma i mezzi motore elettrico, alimentato dall’energia provenuove soluzioni avvenga al fianco del cliente, in questione sono pesanti, hanno una massa per comprendere se la tecnologia risponde niente da celle a combustibile a idrogeno e batcomplessiva di 27 tonnellate e trasportano alle sue esigenze, se l’elettricità per ricaricare terie ricaricabili. Il resto del gruppo propulsore merci. Lavorano e hanno esigenze e problele batterie proviene è composto dagli stessi matiche diverse dalle auto. Per questo Scania da fonti energetiche componenti standard KARIN RÅDSTRÖM (SCANIA): e Asko, un grossista norvegese, hanno deciso utilizzati negli autocarrinnovabili ma soprat- «In una visione a lungo termine di avviare due progetti pilota per testare nuotutto per monitorare l’elettrificazione giocherà un ruolo chiave ri e autobus ibridi di ve soluzioni di elettrificazione che bilancino le l’impatto che le nuo- nel dare vita ad un sistema maggiormente Scania già presenti sul esigenze ambientali con quelle economiche. I ve soluzioni hanno sostenibile anche nel trasporto pesante» mercato, mentre il serdue veicoli a batteria della prima sperimensulle operazioni di batoio dell’idrogeno ha tazione hanno un propulsore elettrico da 290 una capacita di 33 chili a 350 bar. «L’idrogeno è trasporto. Si tratta di un’area in cui prevediakW con una potenza continua a 245 kW, una mo progressi significativi nei prossimi anni, una soluzione interessante per il trasporto elettrasmissione a due velocità un picco di coppia che prevedono tra le altre cose miglioramentrificato a lungo raggio e i primi test mostrano a 2200 Nm. La batteria ha 165 kWh di capacità ti che consentiranno di variare le missioni di che la tecnologia funziona bene anche dove il clie garantisce un’autonomia di 120 chilometri trasporto, tenendo presente il costo totale di ma è più freddo. Continueremo perciò a monitoed è ricaricabile in modalità plug-in a 130 kW. rare da vicino le prestazioni di questi autocarri» esercizio (Tco) per i nostri clienti», ha spiega«In una visione a lungo termine, l’elettrificato Karin Rådström, executive vice president e ha concluso Karin Rådström.

Il trasporto è pesante l’emissione è leggera

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I pionieri dell’eco-friendly si rafforzano in Italia Midea Group è stata la prima a proporre i refrigeranti naturali nella climatizzazione: un colosso da 39,5 miliardi di dollari che in Italia è ancora relativamente un newcomer. E ora punta sulla brand image di Paola Belli stata tra le prime aziende a introdurre nei suoi prodotti, prima ancora che le normative lo imponessero, l’utilizzo di refrigeranti a basso indice Gwp (Global Warming Potential), col suo R32. E ancora è stata la prima azienda a proporre l’utilizzo del refrigerante naturale R290. Ha sviluppato una speciale tecnologia per tubi, condotti e componenti elettrici, per garantire una maggiore sicurezza. Vanta performance di eccellenza nei consumi. Non stupisce quindi che abbia ottenuto l’eco-label europea Blue Angel dalla German Environment Agency, che certifica i prodotti o servizi che rispettano requisiti ambientali, di salute e di performance elevati nell’intero ciclo di vita. Per Midea l’impegno verso la sostenibilità ambientale è una costante fin dalla fondazione, nel 1968. Oggi è il primo brand al mondo nel trattamento dell’aria, nella climatizzazione e nella produzione del piccolo e grande elettrodomestico: un colosso che con i suoi 13 marchi (tra cui, nell’home

ALBERTO DI LUZIO, GENERAL MANAGER DI MIDEA ITALIA

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appliance, Colmo, Toshiba, Comfee e Master Kitchen oltre alla stessa Midea) fattura 39,5 miliardi di dollari negli oltre 200 Paesi in cui opera, con 33 stabilimenti produttivi in 16 nazioni diverse e 150mila dipendenti nel mondo. Per meglio sostenere il programma di espansione del proprio brand nel mercato globale, Midea ha recentemente siglato una importante partnership con il Manchester City in virtù di una profonda consonanza di valori nel nome dell’innovazione e dell’attenzione al consumatore, come promette il Pay off di Midea Make Yourself at Home. E in Italia? Dal suo quartier generale di Saronno (Va), Midea Group annuncia nuovi progetti nel nome dell’innovazione, tra avanguardia tecnologica e uno stretto contatto con i bisogni reali dei consumatori. Alberto Di Luzio, General Manager di Midea Italia, forte di una solida esperienza internazionale maturata prima in Indesit come figura chiave nel Business Develop-

ment e poi come Direttore Vendite in Whirlpool, è approdato in Midea con grandi piani per il consolidamento del brand presso il canale Retail nazionale e non solo, stabilendo nuovi obiettivi di crescita di ampio respiro nella prospettiva di assicurare all’azienda la brand reputation che le spetta nel panorama italiano. Il primo obiettivo? L’affermazione del brand, ancora relativamente un newcomer sul mercato nazionale (già ampiamente consolidato in ambito OEM e in espansione nel contesto della distribuzione specializzata ITSC), specialmente per quanto riguarda la vendita diretta al consumatore finale. Midea punta così a costruire una brand image in grado di radicarsi nelle scelte dei consumatori italiani, in virtù dell’alta qualità del suo portfolio merceologico, delle innovative funzionalità dei prodotti e di una filosofia aziendale che ripone i suoi valori nella concretezza e nella sostenibilità. Tutto questo partendo da prodotti semplici e funzionali, per un brand mass quale Comfee, passando per un range di soluzioni che consentono di “mettersi comodi a casa” con Midea, specie nel piccolo e grande elettrodomestico freestanding, giungendo poi alla produzione Built-in “griffata” Master Kitchen, fino ad abbracciare la filosofia giapponese del “Takumi” nella perfezione ed eccellenza che contraddistingue da 140 anni il brand Toshiba.

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> GREEN ACTION

In Trentino l’incubatore green si fa ecosistema Da opificio tabacchi a centro di innovazione: a Rovereto Be Factory offrirà alle imprese formazione, accesso a network strategici, acceleratori tematici, ma anche matching fund, business angel e crowdfunding di Riccardo Venturi

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nserirsi in un hub a misura d’impresa che dà accesso ai servizi di Trentino Sviluppo per la crescita e il consolidamento aziendale. È la proposta di Be Factory, che integra e completa Progetto Manifattura, l’incubatore d’impresa di Trentino Sviluppo che sta trasformando lo storico opificio tabacchi di Rovereto in un centro di innovazione industriale nei settori del green building, della mobilità sostenibile, delle biotecnologie e delle tecnologie per lo sport. Tra i servizi a disposizione delle imprese ci sono la formazione personalizzata e di gruppo, il tutoraggio e l’accesso a network strategici, due acceleratori tematici (Climate-kic startup accelerator per la green economy, Spin-accelerator per sport-tech), reti di investitori (80 business angel, matching fund, equity crowdfunding). Be Factory sarà collegato

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alla ciclabile sul torrente Leno e alla città di Rovereto attraverso un suggestivo sistema di giardini pensili, e offrirà alla cittadinanza e alle scuole del territorio nuove opportunità e luoghi di aggregazione. L’inaugurazione è prevista per fine settembre. In questa intervista, il presidente di Trentino Sviluppo Sergio Anzelini spiega le caratteristiche della nuova proposta.

La casa della vostra nuova iniziativa è Progetto Manifattura. Ci racconta le sue linee essenziali? Progetto Manifattura nasce dalla riconversione industriale del più grande tabacchificio dell’Impero austroungarico ed è oggi un incubatore certificato su scala nazionale ed europea in materia di green economy. La sua gestione è affidata a Trentino Sviluppo, la so-

cietà di sistema della provincia autonoma di Trento per il supporto alle imprese. Come si inserisce Be Factory in questo quadro? L’ambito denominato “Be Factory” è il naturale completamento del compendio storico riqualificato. Si tratta di 25 mila metri quadrati di nuovi spazi produttivi, moderni, luminosi e a basso impatto ambientale, disegnati dall’architetto giapponese Kengo Kuma facendo ampio ricorso a materiali naturali come il legno e le pietre locali. A meno di cinque chilometri dalla ferrovia e dall’autostrada del Brennero, il complesso è collegato al centro storico di Rovereto tramite il tetto verde più grande d’Italia e il parco ciclabile fluviale che si snoda lungo il torrente Leno. Quali sono i vantaggi per un’impresa che si insedia in Progetto Manifattura? Tre anzitutto: la funzionalità degli spazi, la posizione strategica, ma soprattutto il networking. Entrare nel nostro incubatore significa infatti avere a disposizione un tutor dedicato che accompagnerà l’azienda nella relazione con la pubblica amministrazione locale e con gli enti per il trasferimento tecnologico, la ricerca di partnership industriali e competenze professionali sul territorio, l’accesso ai network di investitori e business angel, la formazione continua del personale e i servizi di accompagnamento all’internazionalizzazione. Quali progetti avete sviluppato per green

NUMERI 50 aziende insediate 230 persone occupate 32 anni età media imprenditori 2 Università 3 centri di ricerca 2 acceleratori per startup

(Spin Accelerator e Climate-Kic Startup Accelerator)


SERGIO ANZELINI

I NOSTRI INCUBATORI OSPITANO STARTUP, PMI, FABLAB, GRUPPI INDUSTRIALI, CENTRI DI RICERCA

TRENTINO SVILUPPO, UN MOTORE DI INNOVAZIONE Dal 1986 Trentino Sviluppo Spa, società controllata dalla Provincia autonoma di Trento, è punto di riferimento sul territorio per la business location, l’attrazione di aziende e investimenti, lo sviluppo di filiere e cluster strategici, l’innovazione aziendale, i progetti di internazionalizzazione, gli interventi “di sistema” a carattere immobiliare-finanziario. È lo “sportello unico” che assiste le aziende interessate a localizzarsi in Trentino, offrendo spazi e immobili produttivi, servizi di consulenza e di accompagnamento. Nel suo patrimonio vi sono oltre 1,5 milioni di metri quadrati di siti industriali e aree produttive. Attraverso la controllata Trentino Marketing valorizza il territorio dal punto di vista turistico, settore chiave per la provincia con oltre cinque milioni di visitatori l’anno. Grazie alla Trentino Film Commission, inoltre, promuove e sostiene le produzioni cinematografiche e televisive, offrendo occasioni di visibilità internazionale al patrimonio ambientale, culturale e storico locali.

Con i suoi sei incubatori d’impresa, Trentino Sviluppo è tra i più longevi e importanti Business Innovation Center d’Europa. Negli hub sparsi sul territorio ospita ad oggi 110 aziende, ci cui oltre 50 startup, che danno lavoro a 750 persone e fatturano complessivamente 415 milioni di euro. Sono per la maggior parte multi settore (a Trento, Pergine Valsugana, Borgo Valsugana, Mezzolombardo), fatta eccezione per i due poli tematici di Rovereto, rispettivamente dedicati alle tecnologie green (Progetto Manifattura) e all’Industria 4.0 (Polo Meccatronica).

building, mobilità sostenibile e tecnologie per lo sport? Questi, assieme alle biotecnologie, sono i settori di riferimento del nostro hub e di conseguenza delle imprese che insediamo. Il nostro obiettivo è quello di costruire in Progetto Manifattura un solido ecosistema che verta intorno a queste tematiche. Di qui la scelta di far coesistere, nei nostri spazi, una cinquantina tra piccole e medie imprese, gruppi strutturati e startup, ma anche fablab, centri di ricerca come il Centro interdipartimentale mente-cervello (Cimec), il Centro di Ricerca Sport Montagna e Salute (Cerism), il centro di ricerca Cosbi frutto di una partnership tra Microsoft e Università di Trento, Habitech, il primo distretto italiano per l’energia e l’ambiente, e l’innovativo percorso universitario dedicato agli sport di montagna promosso dagli atenei di Trento e Verona. Da un paio d’anni Progetto Manifattura ospita inoltre Spin Accelerator Italy, il primo acceleratore italiano per startup tecnologiche dello sport. Una nuova progettualità è infine legata alla realizzazione, all’interno dell’incubatore e in collaborazione con le fondazioni trentine per la ricerca industriale, di un laboratorio dedicato a sostenibilità ed edilizia intelligente, in sigla Tess-Lab. Quali sono le caratteristiche del sistema trentino dell’innovazione, nel quale è così possibile inserirsi? Una pubblica amministrazione rapida e puntuale, una fiscalità agevolata, con incentivi per le imprese innovative, contributi dedicati per i progetti di ricerca industriale, una posizione chiave verso i Paesi dell’Europa continentale, ricercatori e tecnici altamente specializzati, ma soprattutto un welfare moderno ed efficiente, con un sistema scolastico professionalizzante capace di “curvare” i propri corsi in base alle esigenze delle imprese e allo sviluppo della tecnologia, un solido servizio sanitario e un patrimonio naturalistico non comune, cornice ideale per stimolare l’innovazione e lo spirito imprenditoriale in un’ottica sostenibile.

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WINDTRE, NUOVO BRAND UNICO E UNA RETE “TOP QUALITY” Sei miliardi di euro di investimenti in cinque anni e un rebranding strategico: ecco come l’azienda guidata da Jeffrey Hedberg si riposiziona sul mercato con la rete più grande d’Italia

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di Giancarlo Salemi

CINESKY IL FILM IN VOLO? È EDULCORATO PER VOI

84 CANNABIS DI STUPEFACENTE C’È SOLO L’OPPORTUNITÀ DI BUSINESS

86 FERVO LA HOLDING CHE CRESCE GRAZIE ALLA SELF-PERFORMANCE

88 SURVEYEAH IL SUCCESSO NON È UN’OPINIONE... MA MOLTE

90 RESTAURANT GROUP DA CAMERIERE A COLLEZIONISTA DI RISTORANTI GOURMET

92 STEP STESSI CLIENTI, NUOVI PRODOTTI LA SECONDA VITA DI UN’IMPRESA

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nsieme per affrontare la sfida del 5G, zione digitale che riguarda tutti noi a partire dai con la rete più grande d’Italia: i marnostri clienti». chi Wind e 3 si sono uniti in un uniSi tratta di una svolta storica: «Siamo molto co brand, WindTre, rivolto a tutti i clienti, con contenti perché dopo tre anni di grande lavoro l’obiettivo di garantire servizi di elevata qualità possiamo parlare di un’integrazione e di una grazie a un’infrastruttura moderna e supermodernizzazione della rete che è rivolta a tutti tecnologica. «Il lancio di WindTre in un unico i nostri clienti e a quelli futuri. Per noi è certanuovo marchio rappresenta una svolta decisimente una svolta strategica, i nostri azionisti va per la nostra azienda, l’inizio di una nuova stanno investendo 6 miliardi di euro per una fase per i nostri clienti rete che è già una ‘Top CI SONO VOLUTI TRE ANNI DI LAVORO consumer e business. A Quality’». PER RAGGIUNGERE nome di tutta la nostra La nuova rete ‘5G ReL’INTEGRAZIONE DELLE RETI squadra, che, negli ultiady’ conta su circa E CREARNE UNA “TOP QUALITY” mi tre anni, ha lavorato 20.000 siti di trasmissenza sosta all’integrazione e alla modernizzasione e rappresenta il network mobile più granzione della nostra rete, dei nostri sistemi e di de d’Italia, sia come traffico gestito che come tutti i principali touchpoint con i clienti, ho il capacità di accesso disponibile. Per raccontare grande piacere di annunciare la nuova identità questa nuova sfida, l’azienda guidata da Jeffrey di WindTre». Non nasconde la propria soddiHedberg, ha messo in campo una vasta camsfazione il Ceo di WindTre, Jeffrey Hedberg, che pagna promozionale che spiega la nascita del a Economy sottolinea quelli che sono gli obietnuovo brand. Una campagna affidata ai ‘volti tivi dell’azienda, a partire dagli investimenti in storici’ Rosario Fiorello e Fabio Rovazzi, con la innovazione e in infrastrutture moderne: «Ben regia di Gabriele Muccino e la colonna sonora 6 miliardi di euro in 5 anni, per una trasformadi Marco Mengoni con il brano ‘Essere umani’,

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in una versione esclusiva per WindTre. «Pensiamo che la nuova rete sia una grande opportunità per noi e per tutto il Paese», continua Hedberg. «L’ultimo rapporto Ericsson contiene dei dati estremamente interessanti, nel 2025 ci saranno 2,6 miliardi di smartphone nel mondo in 5G e il 65% della popolazione mondiale sarà coperta da questa nuova tecnologia. Per questo, noi consideriamo il 5G come una grande area di crescita e il nostro obiettivo è quello di garantire servizi di elevata qualità senza dimenticare il nostro Dna che mette sempre al centro i clienti». In merito alle applicazioni in 5G, «voglio sottolineare che gli ambiti coperti da questa tecnologia sono molteplici, non a caso la consideriamo una vera e propria ‘rivoluzione’. Parliamo dell’istruzione, della sanità, dell’agricoltura, della sicurezza: tutti settori di grande importanza e in crescita. Per poter realizzare tutto questo, sono necessarie le giuste competenze, che sono parte fondamentale dell’ecosistema, così come le partnership pubblico-private. Abbiamo iniziato con le sperimentazioni a L’Aquila e a Prato insieme alle istituzioni locali e alle Università, proprio per testare le grandi opportunità offerte dal 5G». Anche la formazione rientra nei progetti di WindTre «Certamente», risponde Hedberg: «E’ necessaria la collaborazione con il sistema dell’istruzione, con le istituzioni e con le organizzazioni sindacali: dobbiamo puntare ad un ecosistema collettivo e non individuale. Da ciò dipende il successo di questa sfida che è

GIANLUCA CORTI, CHIEF COMMERCIAL OFFICER

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IL CEO DI WINDTRE JEFFREY HEDBERG

destinata a cambiare profondamente le nostre abitudini di comunicazione». «Negli ultimi tre anni abbiamo effettuato ingenti investimenti nella nostra rete» ha spiegato ad Economy Benoit Hanssen, il Cto di WindTre: «attualmente abbiamo un’infrastruttura che copre tutto il territorio nazionale e la rete ‘5G Ready’ è pronta per le principali città italiane come Milano, Roma, Napoli, Bologna e anche Bari. Inizieremo a breve il roll out della rete e avremo una copertura completa nel primo trimestre del prossimo anno». C’è grande attesa sulle performance del 5G: il 2G (Gsm) ha accompagnato, ad esempio, la diffusione dei telefoni cellulari, il 3G ha sostenuto l’economia delle app e i primi smartphone, il 4G ha spinto soprattutto sullo streaming e sulla messaggisti-

BENOIT HANSSEN, CTO

IL 5G RAPPRESENTA UNA GRANDE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA ca. Quel che è certo è che il 5G aumenterà la velocità con cui trasmettere dati, ridurrà il tempo di latenza (cioè l’intervallo tra l’invio di un segnale e la sua ricezione) e moltiplicherà la ‘densità’ dei dispositivi (sarà possibile connettere molti più pc, smartphone e sensori contemporaneamente nella stessa area). Un esempio pratico? Per scaricare un film in alta definizione basterà un clic e cinque secondi. «Il ruolo di un’azienda di telecomunicazioni come la nostra deve essere quello di facilitatore delle relazioni umane» ha spiegato Gianluca Corti, Chief Commercial Officer. «Per questo, WindTre, vuole avvicinare le persone attraverso la tecnologia, supportandole ogni giorno nelle sfide del presente. Con il nuovo brand unico e l’infrastruttura mobile più grande d’Italia potremo proporre nuove ed efficaci soluzioni commerciali, attraverso una rinnovata rete di negozi su tutto il territorio». L’operazione di integrazione commerciale riguarderà sia il mercato mobile consumer che quello di rete fissa. Per il segmento Business, WindTre ha operato sin dall’inizio con un solo marchio, chiamato Wind Tre Business, che ora è stato rinnovato nella sua veste grafica.

IL LOGO DI WINDTRE


NEI CIELI DELLA GRECIA TRIONFANO I PRIVATI Nuova livrea, nuova brand identity e nuovi velivoli: dopo aver rilevato la compagnia di bandiera, Aegean si riposiziona sul mercato, rinunciando al lungo raggio ma investendo su 155 destinazioni in 44 Paesi di Vincenzo Petraglia

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on è un periodo facile per il comparto aereo, che pure già veniva da un fase tutt’altro che brillante, il più nero che abbia mai dovuto affrontare, a causa dell’emergenza globale per il Coronavirus. Ne sanno qualcosa le nostre Air Italy e Alitalia. Eppure su uno scacchiere globale così complicato c’è una compagnia da cui forse si potrebbe imparare qualcosa. Si tratta della greca Aegean che ha chiuso il 2019 con ricavi consolidati in crescita del 10%, pari a 1.308,8 milioni di euro, e utili al netto delle imposte aumentati del 15%, a 78,4 milioni di euro. Il traffico passeggeri è aumentato del 7%: Aegean e Olympic Air hanno trasportato 15 milioni di passeggeri. L’Ebitda ha raggiunto i 269,4 milioni di euro, mentre la disponibilità liquida ed equivalenti hanno raggiunto i 516,9 milioni di euro. «È la prima volta che riusciamo a ottenere risultati positivi anche nell’ultimo trimestre dell’anno, un periodo solitamente poco profittevole», spiega il ceo di Aegean Dimitris Gerogiannis: «Il successo del 2019 costituisce un importante contributo per una solida base di partenza e per la disponibilità di maggiori risorse in termini organizzativi e finanziari. Il nostro business sarà messo alla prova dagli effetti senza precedenti del virus COVID-19 sul settore aereo e turistico a livello globale. Crediamo nella forza della nostra organizzazione, nel nostro straordinario staff e nella nostra resilienza e capacità di adattamento in tempo

di crisi. In questo caso particolare, anche le misure e le azioni intraprese dalla classe politica saranno cruciali per mitigare gli effetti della crisi». La compagnia ha da poco annunciato un importante piano di investimenti, insieme con la presentazione ufficiale della nuova livrea, della nuova brand identity, e dei primi tre Airbus A320neo di nuova generazione, alimentati dalla tecnologia all’avanguardia dei motori Pratt & Whitney. Ai quali si sono già aggiunti, tramite un nuovo ordine, ulteriori 12 velivoli. Entro il 2025 Aegean dovrebbe raggiungere PUNTARE SULL’ECCELLENZA SENZA RINUNCIARE ALL’EFFICIENZA: UN ESEMPIO CHE LE COMPAGNIE ITALIANE POTREBBERO SEGUIRE

un ordine complessivo di un minimo di 46 aerei A320neo e A321neo, con un’opzione per 12 ulteriori velivoli, per un totale quindi di 58 aerei. Non bazzecole insomma. Si tratta, infatti, del più grande investimento privato in Grecia, per un valore di 2,5-3 miliardi di dollari a prezzi di mercato (6-6,5 miliardi di dollari a prezzi di listino). Nei prossimi sei anni inoltre la compagnia investirà oltre 500 milioni di dollari all’anno per l’ampliamento e la modernizzazione della sua flotta ed entro il luglio 2020 dovrebbe ricevere sei nuovi aerei, portando la flotta a un totale di 65 velivoli, per 1,5 milioni di posti a sedere aggiuntivi (19 milioni in to-

tale per l’anno corrente) a supporto delle 155 destinazioni e dei 44 paesi coperti nel 2020. La compagnia, controllata e gestita interamente da privati, senza oneri per lo Stato, nel 2013 aveva rilevato Olympic, l’ex compagnia di bandiera privatizzata nel 2009 che durante i trent’anni di controllo statale aveva creato un buco nero nelle finanze pubbliche, trasformandola in una sussidiaria per voli domestici e mantenendo il logo a sei cerchi. Ogni nuovo velivolo aggiuntivo può significare 100 mila turisti in più in arrivo, 80 milioni di euro di ricavi diretti per il settore turistico, 70 nuovi posti di lavoro diretti in Aegean e per le operazioni a terra. Cosa potrebbero imparare le altre compagnie, in primis le italiane, da quella che ha per ora tutte le carte in regole per dimostrarsi un’autentica best practice dei cieli in grado di offrire oggi, pur avendo rinunciato al lungo raggio, ben 155 destinazioni in 44 paesi? Semplice, per il ceo della compagnia Dimitris Gerogiannis: «Puntare innanzitutto sulle qualità del servizio, che ha portato la nostra compagnia a ricevere numerosi riconoscimenti di eccellenza, ricercare continuamente l’efficienza, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie d’avanguardia, e avere un approccio sempre prudente e realistico, che nel nostro caso ci ha portati a fare un passo alla volta, mai più lungo della gamba, come, per esempio, nel caso della scelta di escludere il lungo raggio dalle nostre tratte».

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IN VOLO IL FILM... È EDULCORATO APPOSTA PER VOI Pensate che le pellicole proiettate durante le tratte siano scelte dalle compagnie aeree? Sbagliato: è la Cinesky Pictures di Betsy Hamlin a selezionarle e adattarle in base alla sensibilità delle varie etnie di Maddalena Bonaccorso

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alla California, e per la precisione da quel piccolo-grande paradiso che è la città di West Holliwood, Betsy Hamlin cerca, sceglie e adatta i film che tutti noi –nel pianeta - vediamo e vedremo a bordo degli aerei. La sua Cinesky Pictures, azienda della quale è ceo e fondatrice, è infatti il principale distributore al mondo di film indipendenti per il mercato non theatrical, con licenza di distribuzione a compagnie aeree e di crociera, navi mercantili e addirittura alla Marina degli Stati Uniti. Un colosso dell’intrattenimento, guidato da una manager che ha fatto della sua passione per i film e per i viaggi l’occasione per creare qualcosa di veramente innovativo. Perché la Cinesky non si limita a fare da interIL TEAM DI BETSY HAMLIN (SECONDA DA DESTRA) mediario tra le major hollywodiane (e non) e le compagnie aeree: Betsy - che prima di fonsuo lavoro. Iniziando dai tempi necessari per dare la sua “company” ha lavorato in British portare un film sullo schermo del sedile aereo Airways passando poi alla Paramount Pictudavanti a noi: «La procedura è abbastanza res - e il suo team svolgono anche l’attività, lunga» spiega Hamlin: «dal momento in cui gli estremamente creativa, di adattare le pellicole agenti delle compagnie aeree iniziano la piasecondo le sensibilità e le richieste dei divernificazione del programma di intrattenimento si Paesi coinvolti, nonché a immaginare quali a quando i passeggeri potranno vedere i consiano – e quali no - i film che possono andatenuti passano circa tre o quattro mesi. Noi re bene per un mercato piuttosto che per un di Cinesky annunciamo i nuovi film, le comaltro. pagnie aeree li prenoContattandola per NIENTE SCENE DI NUDO NELLE TRATTE tano con due mesi di ASIATICHE E MEDIORIENTALI, NÉ FILM chiederle l’intervista anticipo rispetto alla HORROR PER EVITARE DI INNERVOSIRE – stile molto ameridata in cui vorrebbero I PASSEGGERI E LO STAFF A BORDO cano: mail e cellulare renderli disponibili e del ceo e dei suoi colleghi sono bene in vista poi insieme al mio team impieghiamo circa un sul sito, niente intermediari: forse in Italia bimese per consegnarli». sognerebbe iniziare a prendere esempio - si Dove per “consegnarli” si intende un lavoro scopre una persona estremamente affabile ed molto lungo e impegnativo, perché le comentusiasta, che prima di tutto si informa sulpagnie – che volano in tutto il mondo - hanno la situazione italiana dovuta al coronavirus, bisogno di contenuti in inglese e in una vasulle implicazione turistiche ed economiche, rietà di altre lingue, e spesso anche di sottoe poi si lascia andare a un lungo racconto sul titoli doppiati: «Tutto questo», continua Betsy

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Hamlin, «richiede molto tempo di traduzione o di creazione. In più, ci sono anche una grande varietà di piattaforme diverse sulle quali i contenuti verranno fruiti - dai monitor sopraelevati, agli schermi dei sedili, dai tablet che vengono distribuiti ai passeggeri allo streaming wifi all'interno della cabina (e quindi ai singoli dispositivi degli utenti). Questa estrema varietà di supporti richiede un grande lavoro di codifica e di adattamento e quindi aumenta notevolmente la complessità dell’intera operazione». E fin qui la tecnica: ma poi c’è tutto un lavoro di sensibilità, di taglio e di adattamento. Perché se sei in aereo, non tutti i film sono adatti a una visione, diciamo così, serena: «In verità da quando sono stati introdotti gli schermi individuali, sono ben poche le cose che non possono essere mostrate: anche se certamente i film che trattano di incidenti aerei, e intendo di voli commerciali di linea, sono un problema perché i passeggeri si innervosiscono.


Meno problematico è proporre film con scene di aerei militari che si schiantano». E se si tratta di nudo, sesso, e violenza? Qui urge fare una distinzione geografica: «In Europa, Nord America e Sud America si possono proporre anche scene di nudo, ma solo se è di buon gusto», spiega Betsy, lasciando intendere che invece sul mercato del Medio Oriente e di parte dell’Asia sia meglio soprassedere, «ma qualsiasi cosa sia troppo sfacciata non verrà prenotata. La violenza, invece, è un grosso problema anche in Europa, di meno in America, Asia e Africa. L’horror non viene mai comprato». Per la gran parte delle compagnie aeree, anche le tematiche Lgbt non sono un problema: «in questo momento storico, la maggior parte delle compagnie aeree cerca film di qualità, indipendentemente dal tema: quindi i film Lgbt non sono sulla lista nera. Abbiamo avuto la nomination all'Oscar per il film Carol, che trattava di una relazione lesbica, e la maggior parte delle compagnie aeree ha reso disponibile il film. Inoltre, Hollywood cerca di diventare sempre più diversificata, i personaggi Lgbt sono presenti in molti dei film e spettacoli televisivi di oggi e la maggior parte delle compagnie aeree non ha problemi con questa tematica. Tuttavia, sono anche molto attenti a non urtare la sensibilità dei passeggeri e quindi a scegliere i contenuti con saggezza».

E a questo punto, è facile capire che un’altra difficoltà del lavoro di Cinesky, che conta solo quattro dipendenti e numerosi professionisti esterni che collaborano con l’azienda, sia quello del taglio delle scene: «Vendiamo in tutto il mondo, e dobbiamo fare i conti con le diverse “norme culturali” di ogni regione. Devo dire che la maggior parte delle compagnie aeree ormai sceglie la versione originale del film sui loro sistemi di intrattenimento con schermi individuali, ma tuttavia dobbiamo essere consapevoli che ciò che è accettabile da mostrare in un cinema a Roma, potrebbe non andare bene a Riyadh, quindi creiamo una "versione editata" di ogni film in modo che funzioni per la maggior parte del mondo. Per lo più togliamo le parolacce e attenuiamo la nudità, il sesso e la violenza». E come si fa, tecnicamente, ad “attenuare” la violenza? «Di solito si taglia una scena anticipatamente, in modo da poter vedere un personaggio che sta per ucciderne un altro, ma non si vede l'atto vero e proprio. Se c'è uno sparo possiamo mostrare un corpo, ma non il primo piano del sangue. D’altronde anche le scene di sesso sono trattate in questo modo: una volta che il pubblico sa cosa succederà, è abbastanza facile passare alla scena successiva. Il nostro obiettivo principale è quello di non perdere nulla della trama e speriamo sempre che il nostro pubblico non si accorga nemmeno del fatto che il film è stato montato». Riguardo alla qualità dei film e dell’intratte-

nimento di bordo, grandi miglioramenti sono stati fatti negli ultimi anni, per merito delle nuove tecnologie che permettono schermi e impianti sempre più performanti: questo permette alla compagnia di Betsy Hamlin di offrire un servizio sempre migliore, qualitativamente alto e decisamente “sul pezzo”: «Un tempo, per esempio, George Lucas non permetteva che i suoi film venissero proiettati su un aereo a causa della qualità degli impianti di quel periodo: per cui, Star Wars e Raider of the Lost Ark non sono stati mai mostrati in aereo. Tuttavia ora, con schermi di eccellente qualità a bordo, penso che i suoi film possano essere resi disponibili. Oggi, molti dei film sono visibili sugli aerei prima che su Netflix o Amazon, e questo è un grande servizio per i passeggeri: noi, in generale, cerchiamo storie davvero forti che siano rilevanti per un pubblico globale e abbiano un cast di alto profilo. Cerchiamo film che siano ben scritti e adatti a un pubblico di 25 anni e più, perché il viaggiatore aereo medio ha 35 anni». C’è ancora il tempo di chiedere a Betsy Hamlin qualche anticipazione su “cosa vedremo” nei prossimi mesi, e nemmeno su questo argomento ci delude: «I film in arrivo includono Radioactive, diretto da Marjane Satrapi e interpretato da Rosamunde Pike, sulla storia di Madame Curie, The Burnt Orange Heresy, che è stato il film di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia, I am Woman, biografia della musicista Helen Reddy e The Father, con Anthony Hopkins e Olivia Colman».

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Oltre i mercati drogati c'è una canapa "stupefacente"

cotropa. C’è anche un’altra impresa, inglese, che ha lo stesso lasciapassare continentale, ma può farlo per prodotti a base di Thc. Freia – il nome è mutuato dall’appellativo di una divinità della mitologia norrena – insieme al suo amministratore delegato Alessandro Cavalieri Si usa per produrre carta e tessuti, ma anche combustibili, vernici sta cercando di far passare un messaggio mole Mercedes i divisori coibentanti tra motore e abitacolo. E l'italiana to chiaro: lo sballo non c’entra niente. Freia ne sta testando l'utilizzo in alimenti vegetali iperproteici «Nell’ultimo periodo – ci racconta il ceo dell’azienda – le corporation più attive sul tema deldi Marco Scotti la canapa, soprattutto per uso “ludico”, hanno n mercato da 123 miliardi entro il foni) fa sempre rima con quella roba lì, con la perso una parte consistente della loro capita2028 o una mera speculazione (per “cannetta” che giovani e meno giovani cercano lizzazione. Ma è una dinamica fisiologica: la di più a rischio bolla) su un prodotto nei coffee shop di Amsterdam e che una legge bolla deve sgonfiarsi e oggi stiamo finalmente psicotropo? Un vegetale dagli usi pressoché un po’ pasticciata sembrava aver permesso ritornando su valori di mercato reali e sosteniinfiniti o l’ingrediente cardine delle “canne”? anche in Italia. Cerchiamo quindi di fare un po’ bili. Quando queste società, che nella maggior Quando si parla di cannabis il fraintendimendi ordine, partendo prima di tutto dalla possiparte dei casi sono estensione dell’industria to è sempre dietro l’angolo. Eppure, con gli bilità di trovarsi di fronte – gioco di parole obdel tabacco, hanno iniziato la loro attività tra adeguati strumenti che sono a disposizione di bligato – a un mercato drogato, a rischio bolla, i 3 e i 5 anni fa, hanno raccolto enormi somtutti, non ci vorrebbe granché a capire come in cui i principali player hanno beneficiato di me di denaro sui mercati. Ma al momento non stanno effettivamente le cose. E dunque: se da valutazioni di borsa c’è ancora un Roi adeIL 2019 PER FREIA SI È CHIUSO una parte esiste una cannabis con Thc (acroassolutamente irreali guato, che giustifichi CON 1,2 MILIONI DI EURO E L'INGRESSO nimo di ThetraHydroCannabinolo) ovvero che da un po’ di tempo certe capitalizzazioni. DEL FONDO CANADESE LGC CAPITAL psicotropa e capace di dare le sensazioni tipisi stanno sgonfiando, Siamo un po’ in una CON 3,3 MILIONI PER IL 35% che di uno spinello, dall’altra ce n’è una sencon market cap che fase analoga a quella za questo principio attivo, che ha un sacco di crollano anche del 70% in un anno. Economy primigenia di internet. Noi abbiamo una strausi e che viene chiamata sativa. Equiparare la ha cercato di capire meglio le dimensioni del tegia completamente diversa: non abbiamo canapa alla marijuana sarebbe come dire che fenomeno e di comprendere quali siano le fretta, stiamo facendo le cose con calma». In con il latte ci si possono solo macchiare i cappotenzialità della canapa sativa. Per farlo, ci effetti sembra che la tattica attendista di Freia puccini. Una sciocchezza, appunto. Eppure, il siamo rivolti a Freia, azienda italiana nata nel stia portando buoni frutti. Il 2019 si è chiuso tenore della discussione è ancora poco sopra 2009 per sviluppare prodotti a base di cancon un fatturato di 1,2 milioni di euro e l’inil darsi di gomito o strizzare l’occhio, perché la nabis senza Thc e che è l’unica autorizzata in gresso del fondo canadese Lgc Capital con canapa, o cannabis, o “hemp” (se siete angloEuropa a vendere derivati senza sostanza psiuna fiche da 3,3 milioni in cambio del 35%

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del capitale fa guardare al futuro con ancora maggiore ottimismo. L’obiettivo per quest’anno è di quadruplicare le revenues e di aprirsi a nuovi mercati, soprattutto americani e dell’Europa dell’est. Ma, dunque, che cos’è la canapa e che usi se ne possono fare? Prima di tutto è bene ricordare che questo vegetale è sempre stato utilizzato per gli impieghi più disparati: veniva adoperato, ad esempio, come alimento dei legionari romani e, in epoca più recente, per produrre carta e tessuti e perfino per generare illuminazione ed energia. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 la diffusione della cannabis crebbe in maniera esponenziale. Rudolf Diesel, inventore dell’omonimo motore, prevedeva come fonte di alimentazione del propulsore proprio la canapa. Poi, un periodo buio in cui l’associazione tra canapa e droga divenne talmente inscindibile che si preferì far morire la filiera. Un peccato per l’Italia, che era la seconda potenza mondiale nel comparto dopo gli Stati Uniti e che smantellò un sistema da 90mila ettari coltivati. Con il nuovo millennio, però, le cose sono nuovamente cambiate. Solo negli Stati Uniti, si stima che il mercato raggiungerà un valore di 1,8 miliardi di dollari annui nel 2020 (erano 220 milioni nel 2012). In Europa, invece, erano 33.330 gli ettari coltivati a canapa, con la Francia leader continentale nella ricer-

ca di varietà colturali, seguita da Germania e Gran Bretagna. L’Italia non è ancora presente nelle classifiche nonostante la legge 242 del 2016 abbia stabilito la legalità della coltivazione. Secondo la Coldiretti, nel nostro Paese il business della cannabis sativa potrebbe creare almeno diecimila posti di lavoro e una riqualificazione delle strutture ormai in disuso, che potrebbe portare il giro di affari fino a 1,4 miliardi di euro. «Gli usi della canapa sativa – spiega Cavalieri SI STIMA CHE IL MERCATO DELLA CANAPA QUEST'ANNO NEGLI USA RAGGIUNGERÀ UN VALORE DI 1,8 MILIARDI DI DOLLARI

– sono estremamente vari. Per la salute o in ambito tessile, ad esempio. L’automotive ha scoperto questo prodotto per creare i divisori coibentanti tra motore e abitacolo usati da colossi come Bmw e Mercedes. In ambito edilizio, sono stati creati dei mattoni a base di cannabis che hanno peculiarità uniche e che permettono di mantenere la casa fresca d’estate e calda d’inverno. Non solo: questi mattoni sono anche ignifughi anche ad altissime temperature. Altri usi sono per l’industria chimica e per la realizzazione di vernici a base naturale: moltissimi dipinti a olio del ‘5-600 sono stati realizzati con pitture

A SINISTRA IL CEO DI FREIA ALESSANDRO CAVALIERI, A DESTRA IL CFO MARCO SANTINI

provenienti proprio dalla canapa. In questo momento, poi, vengono condotti studi a Taranto per usare questo vegetale per “ripulire” le zone intorno all’Ilva, visto che può fungere da spugna per metalli pesanti e idrocarburi». L’Italia è dunque rimasta indietro ma sembra che qualcosa si muova. Freia gestisce una quota consistente degli 800-1.000 ettari attualmente coltivati. Siamo lontanissimi dalla Francia (tra i 13 e i 16.000), e soprattutto scontiamo totalmente l’assenza di una filiera che ha costi di ingresso non proibitivi e che, a fronte di un aiuto statale nell’ordine di qualche decina di milione, potrebbe prontamente spiccare il volo. Anche perché il comparto è davvero in movimento a livello globale. Degli oltre 600 brevetti che riguardano la cannabis, ben 500 sono cinesi, con il governo che si è speso in prima persona per portare avanti la sperimentazione soprattutto in ambito biomedico. L’idea è di realizzare cellule plasmatiche che derivano dalla canapa che sono utili come bioreattori, ovvero per creare organi e organismi, anche umani, partendo da una base vegetale. Il futuro, appunto. «Siamo ancora penalizzati dal punto di vista della comunicazione – conclude Cavalieri – anche perché l’esplosione dei “cannabis shop” negli ultimi anni, che vendono prodotti di provenienza dubbia non hanno aiutato il percorso di ricreazione della filiera. Ma l’attenzione è a livelli elevati: Davos quest’anno ha dedicato interi panel all’industria della canapa. Grandi brand come Coca Cola sono interessati al mercato per la produzione di bevande che contengano in minima parte il principio attivo. E anche l’industria del tabacco troverebbe una nuova valvola di sfogo in un momento in cui il suo core business si sta riducendo sempre più. Noi stiamo sviluppando tra le altre cose anche alimenti per i pazienti affetti da sarcopenia, ovvero da un deperimento dei tessuti a seguito di gravi malattie come i tumori. Stiamo testando alimenti che, con dosi molto piccole, adatte a chi non ha grande fame a causa della condizione clinica, garantiscono un’elevata quantità di proteine “buone”, di origine vegetale».

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LA HOLDING SI NUTRE DI SELF PERFORMANCE Fervo, nata nel 2009 come azienda specializzata nell'impiantistica, negli anni si è evoluta in network d'impresa attivo nel facility management che fornisce ai propri clienti servizi in modo diretto e controllato di Davide Passoni

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on gli occhi pieni di margherite, si respira meglio», recita un aforisma dello scrittore Fabrizio Caramagna. Ma, oltre che far respirare meglio, le margherite possono anche ispirare la buona impresa, come suggerisce Alessandro Belloni, presidente e amministratore delegato di Fervo, holding attiva nel campo del facility management con oltre 300 clienti totali e un fatturato previsto per il 2019 intorno ai 35 milioni: «Un po’ alla volta, il nostro progetto si è riempito di “petali”, come la corolla di una margherita: nuove realtà tutte controllate dallo stesso soggetto». Un progetto che, negli anni, si è trasformato da azienda a network, un po’ per scelta e un po’ per necessità. «Creare un network ALESSANDRO BELLONI, PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI FERVO d’impresa oggi in Italia, per quella che è la In questo modo, la margherita di Fervo nostra visione - continua Belloni -, ha sen- aggiunge - opera in un settore che non era è progressivamente fiorita: «Il petalo del so solo se nel proprio mercato esso è in per noi strategico, ma che era ed è molto ap2009 era Fsi - ricorda il presidente -, che è grado di fornire i servizi in modo diretto e prezzato dal mercato. L’idea è quella di far rimasta come ragione sociale e che si è semcontrollato. Il network di imprese non deve fiorire ulteriormente la margherita aggiunpre occupata della parte tecnica dei servizi essere un consorzio o un’associazione temgendo altri petali, perché possiamo trovare di facility per il mercato b2b; col passare del poranea, ma deve raggruppare aziende che nuovi ambiti di sviluppo nel campo del facitempo il network si è arricchito, nel 2013, fanno parte di una stessa holding e che sono lity management». con l’acquisizione per linee esterne della funzionali a essa. È questo il nostro progetto Facile prevedere che una crescita ulteriore società che oggi si chiama Vme e che si ocfin dal suo inizio, nel 2009, quando partì con del network di Fervo farà aumentare un fatcupa del ramo mauna sola azienda che turato che già negli ultimi cinque anni è riAGLI IMPIANTI TERMICI E FRIGORIFERI nutenzione del verde si occupava di una sultato in costante progressione: «Nel 2015, singola branca del SI SONO PROGRESSIVAMENTE AGGIUNTI pubblico e privato e quando però ancora non c’era Reclean, eraMANUTENZIONE DEL VERDE, ENERGY di piccole opere edili facility management, vamo intorno ai 12 milioni con ebitda del MANAGEMENT, PULIZIE E PORTIERATO e civili esterne; nel l’impiantistica, con la 4% - precisa Alessandro Belloni -; nel 2016 2014 è stata la volta di Eco2zone, che copre progettazione, l’installazione e la manutensiamo passati a circa 17,2 milioni di fattuil campo dell’energy management, la prozione di impianti termici, frigoriferi e simirato aggregato ed ebitda intorno al 6%; nel duzione e distribuzione di energia da fonti li. Anni dopo anno, siamo arrivati al primo 2017 abbiamo chiuso a 20,5 milioni ed ebirinnovabili; ultima è arrivata Reclean, l’ugennaio 2020, da quando è attiva la holding tda del 4%, mentre per il 2018 il dato parla nica società cooperativa del gruppo, che si Fervo, la quale possiede il 100% di ciascun di 27 milioni con ebitda al 6,5%. La proieoccupa di pulizie industriali e di servizi di petalo e occupa le diverse linee di business zione sul 2019 vede una chiusura intorno portierato, reception, fattorinaggio. Reclean all’interno del nostro settore». ai 36 milioni, dei quali circa 26 da Fsi, 5,5

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da Reclean, 2,5 da Vme e circa 1,7 milioni da Eco2zone». Una progressione che porta il tasso cumulativo aggregato di crescita della holding, negli ultimi 4 anni, intorno al 31%. «In un mercato come il nostro, che viaggia intorno al 7%, è un dato che mostra come siamo un gruppo in forte sviluppo. Per il futuro, la prospettiva è continuare con questi tassi e, se possibile, migliorarli. Tenendo conto del fatto che le prime venti società di facility management in Italia coprono il 40% del mercato, sono colossi che fatturano miliardi. Dopo di queste c’è solo una costellazione di piccolissime imprese che si spartiscono il restante 60%, un universo nel quale ci inseriamo noi». Una configurazione del mercato che rende quasi necessari i processi di aggregazione, per organizzarsi e pensare di andare al di là della semplice sopravvivenza. «Ci stiamo guardando intorno e stiamo osservando altre realtà - conferma Belloni -, ma ci muoviamo con cautela perché la nostra visione vuole che nel gruppo vi siano società che abbiano le stesse nostre caratteristiche fondanti, in primis la cosiddetta self performance, ossia aziende con un forte know-how interno. L’altro criterio per noi fondamentale è che abbiano un personale fortemente specializzato nel proprio settore. Se individuiamo società, principalmente italiane, che hanno queste due caratteristiche e sono attive in linee di servizio che ancora non copriamo, ma che ci piacerebbe avere, le osserviamo con attenzione». Un’operazione non facile, a causa della natura delle imprese del settore che operano nel mercato italiano: «Da noi vi sono moltissime società piccole o piccolissime con una caratteristica costante: il fatto di essere familiari, con il grosso problema di dover prima o poi affrontare il ricambio generazionale. Nel 75% dei casi, queste aziende non sopravvivono alla seconda generazione, se manca il cosiddetto key man affondano. Noi invece, come gruppo, cresciamo perché ci siamo dati una struttura gestionale, delle procedure e un management da piccola

multinazionale, pur mantenendo la capacità di essere flessibili quasi quanto una società artigiana. Ecco perché, tornando a quanto detto poco fa, se cerchiamo nuove imprese da aggregare alla holding devono essere realtà che non scompaiano insieme al loro uomo chiave quando questo dovesse mancare». Un rischio reale, per evitare il quale serve muoversi con intelligenza. Su queI PROCESSI DI AGGREGAZIONE SONO IMPOSTI DA UN MERCATO MOLTO COMPETITIVO CHE RICHIEDE UN FORTE KNOW-HOW INTERNO

sto, Belloni ha le idee chiare: «Penso che la cosa migliore sia evitare processi veloci di aggregazione: meglio mantenere delle joint venture con le aziende affiancandole, inglobandole prima dal punto di vista organizzativo e successivamente societario. Creare da zero nuove società, come abbiamo fatto in passato, implica un processo più lento; puntiamo a un fatturato di circa 80 milioni alla fine del triennio 2020-2022 e in questo modo non riusciremmo a raggiungerlo: serve qualcosa di già strutturato e in linea con la nostra visione aziendale».

Doverosa anche una riflessione sull’innovazione, vero mantra per molte imprese: «Quella dell’innovazione è l’altra grande sfida che ci siamo dati per il triennio, oltre a quella commerciale. Per come la vedo io, il nostro è un mercato vecchissimo: penso che oggi più vecchio del real estate, di cui il facility management è un ramo, non ci sia nulla. È un settore in cui i cambiamenti sono molto più lenti rispetto a quanto accade altrove. Ebbene, noi vogliamo provare a essere innovativi muovendoci con un progetto pilota che metta insieme tecnologia, digitalizzazione e organizzazione. Nel nostro mercato, l’uomo è ancora il veicolo con il quale si fornisce il servizio e che sta di fronte al cliente finale, a diretto contatto con lui, alla fine della catena. La nostra scommessa è quella di applicare le nuove tecnologie a un tipo di organizzazione che metta l’uomo all’inizio. Grazie ai nuovi strumenti tecnologici, l'uomo passa all’inizio del processo di erogazione del servizio, diventa colui che genera la risposta finale al cliente prima ancora di essere la persona che la eroga». «È un concetto difficile da far passare in un settore che eroga servizi, non produce beni di consumo e di conseguenza non ha una catena produttiva che parte dalla materia prima e arriva al prodotto finale - precisa Belloni -. In realtà, anche nel nostro mercato c’è una catena simile, che però non è mai cambiata: noi la vorremmo cambiare, in primis in Italia e poi, magari, anche all’estero. Questa è la nostra sfida da qui a tre anni, per differenziarci ancora di più dai concorrenti». A proposito di mantra: Fervo ha abbracciato fin dall'inizio una politica green: «La tutela dell’ambiente rappresenta per la cultura d'impresa del Gruppo un elemento fondamentale - conclude l'ad -. Abbiamo messo in atto la campagna Plastic Free: entro il 2020, infatti, l’uso della plastica nella nostra sede verrà drasticamente ridotto, con prospettive di eliminazione totale, generando un risparmio annuale di oltre 105.000 pezzi tra bottiglie, bicchierini e palette».

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Il successo non è un'opinione... ma un sondaggio Surveyeah ha come modello di business i sondaggi online retribuiti. Le risposte vengono analizzate per fornire alle aziende clienti informazioni utili per elaborare strategie di marketing e di prodotto di Davide Passoni

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e la matematica non è un’opinione, coni. Dopo una prima esperienza lavorativa l’opinione può diventare un numea Milano, si è trasferito a Parigi per un anno, ro matematico. «È proprio questo in una società che gestiva panel online. Toril nostro obiettivo: cercare di trasformare in nato in Italia, ha avuto l’idea di replicare a numeri le opinioni delle persone». Parola di Milano l’attività, automatizzando alcuni proNicolò Fisogni (nella foto) fondatore e socio cessi e operando su una scala più larga. unico di Surveyeah, società che ha come moÈ nato così il sito di Surveyeah, andato onlidello di business l’invio di sondaggi retribuine a marzo 2014 inizialmente solo in italiati online agli iscritti alla propria piattaforma no; l’anno successivo è toccato alle versioni digitale. Le risposte a questi sondaggi sono inglese, francese, spagnola e qualche mese poi analizzate per fornire alle aziende clienti fa si è aggiunta la possibilità di registrarsi e informazioni utili a orientare le strategie di loggarsi anche per utenti di altri Paesi. Fisomarketing e di progni prevede, a breve, dotto. «Surveyeah SURVEYEAH È L'UNICA REALTÀ ITALIANA delle landing page DEL SETTORE AD AVERE PANEL è una realtà unica in altre 30 lingue: in APERTI ANCHE NEI PAESI IN CUI SI PARLA - aggiunge Fisogni -, base ai Paesi nei quaINGLESE, FRANCESE E SPAGNOLO perché in Italia esili si riscontrerà un stono diversi istituti di ricerche di mercato maggior interesse, il team deciderà poi se, con panel propri, che però sono composti al oltre alla landing page creare in lingua l’inmassimo da 30mila persone, generalmente tero sito. solo italiane. Noi invece siamo i soli ad avere Di sicuro, la piattaforma si distingue nel panel aperti in tutti i Paesi in cui si parla inmercato internazionale per la forza dei suoi glese, spagnolo e francese. I Paesi totali sono numeri: «Abbiamo 1 milione e 300mila 123 e da qualche mese abbiamo esteso la iscritti, di cui 140mila in Italia - prosegue possibilità di registrarsi anche a utenti turil fondatore di Surveyeah -. Il fatturato che chi e russi, nonostante il sito non sia tradotto proviene dai clienti italiani è del 5%, il rimain quelle due lingue». nente 95% è realizzato con clienti stranieri Dopo aver studiato per alcuni anni finanza, che chiedono interviste ai panelisti italiani, Fisogni si è concentrato sulla statistica e ha i quali a loro volta generano il 14% delle conseguito una laurea specialistica alla Bocinterviste globali. Il resto dei numeri è fat-

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to tra Francia, Spagna, Sudafrica e America latina. Specialmente in quest’ultima area vi sono tanti panel corposi e, restando nel continente americano, vengono poi Stati Uniti e Canada. Il sito ha oltre 20mila visite quotidiane che portano più di 1000 nuovi iscritti al giorno». Per iscriversi alla piattaforma, l’utente compila un form in cui deve comunicare il proprio indirizzo e-mail, il sesso, la regione di residenza, l’età. Ci sono poi domande di profilazione aggiuntive per utenti più attivi. Una volta iscritto, l’utente riceve per e-mail gli inviti a partecipare ai diversi sondaggi oppure li trova direttamente sul sito e sceglie quelli a cui rispondere. Chi risponde ai sondaggi è remunerato con buoni acquisto di diversi merchant, come Decathlon, Amazon o Zalando. Se raggiunge soglie alte di remunerazione, può ricevere degli accrediti sul proprio conto PayPal. Le indicazioni che vengono dagli utenti di Surveyeah sono considerate preziose dai clienti: «Questi ultimi sono principalmente istituti di ricerche di mercato, spesso tra i più grandi, che hanno piattaforme in cui uniscono domanda e offerta. Grazie alla loro rete commerciale sviluppata in ogni Paese, si rivolgono direttamente ai clienti finali che possono essere realtà come Heineken, Coca


me, l’iscritto, oltre a ricevere i sondaggi cui rispondere, può iscriversi su invito ad altre piattaforme, guadagnando punti aggiuntivi al proprio credito e contribuendo a portare utenti ad altri siti. Con l’attività di cashback, invece, se l’iscritto compra su altri siti partendo da Surveyeah, gli viene accreditata una percentuale di quanto ha speso». Inoltre, gli utenti possono essere invitati a partecipare a community temporanee online o a gruppi Whatsapp concepiti come l’evoluzione dei vecchi focus group per la ricerca qualitativa: una modalità più rapida ed economica, che consente di riunire anche persone di città diverse senza doversi sobbarcare i costi di trasferimento e di affitto di una location. Quando Surveyeah è partita, Fisogni si aspettava una crescita, ma le dimensioni di questo Cola, Audi… In generale aziende che prosviluppo hanno sorpreso anche lui: «Avevo ducono beni di consumo. Il valore aggiunto che diamo loro è quello di avvicinarle ai loro un’idea di quelli che sarebbero stati i costi, clienti perché capiscano ciò che essi voglioi ricavi, i clienti, perché avendo lavorato in no: è una ricerca di mercato 2.0». una startup parigina che faceva cose simili mi ero fatto un quadro più o meno preciso Anche in un’attività come questa, è impordella situazione. Sapevo quanto costava actante pensare a una diversificazione del business per seguire quisire ogni iscritto, IL 95% DEL FATTURATO DI SURVEYEAH i trend di mercato quanto guadagnava PROVIENE DA CLIENTI STRANIERI che, specialmente per ciascun sondagINTERESSATI A SONDARE IL MERCATO nell’economia digigio, quale era il marITALIANO PER I LORO PRODOTTI gine per sondaggio, tale, cambiano rapidamente. «Nei prossimi anni - dice ancora ma non immaginavo che si sarebbero iscritti Fisogni - si andrà molto di più sull’osservato in così tanti». che sul dichiarato. Mi spiego: c’è un numero Che cosa ha funzionato, allora? «Soprattutto sempre maggiore di informazioni per avere il fatto di aver tradotto subito la piattaforma in francese, inglese e spagnolo per diversifile quali non è più necessario chiedere alle persone, si possono ricavare dai cookies. A tendere, il peso degli analytics dei software sarà sempre più importante a scapito delle domande dirette. Anche per questo motivo stiamo cominciando di diversificare le attività. Per ora con Surveyeah in Italia facciamo principalmente sondaggi, mentre negli Stati Uniti abbiamo iniziato a sperimentare attività di lead generation e di cashback. Con le pri-

OGGI I MERCATI PIÙ INTERESSANTI SONO QUELLI DELL'ARABIA SAUDITA E DEI PAESI SCANDINAVI

3 RAGIONI PER UTILIZZARE UN PANEL 1. Il prodotto sta perdendo mercato I panelisti possono condividere le loro opinioni sul prodotto e le informazioni ricavate possono essere usate dall’azienda per migliorarlo e recuperare il terreno perduto.

2. Si sta lanciando un nuovo prodotto/servizio

Un panel di consumatori è ideale per testare una nuova idea prima di immetterla sul mercato ed è più economico di un lancio fallito. I panelisti dicono se sono pronti ad acquistare il prodotto e quanti soldi sarebbero disposti a spendere per farlo.

3. Orientare al meglio il business futuro

I panelisti conoscono le tendenze e le seguono: per questa visione del presente e del futuro, la loro opinione è importante.

care il rischio Paese - conclude -: rimanendo solo in Italia, avremmo fatturato il 15% di quanto fatturiamo oggi. Abbiamo scelto di internazionalizzare il più possibile fin da subito, perché nei vari Paesi abbiamo margini diversi. In America latina costa meno acquisire nuovi iscritti ma gli istituti di ricerca pagano bene le interviste. Gli Stati Uniti sono un mercato interessante ma competitivo, difficile fare margini: costa tanto fare pubblicità e c’è molta competizione, lì le interviste sono pagate quasi meno che in Italia. Che rimane un Paese via di mezzo tra i più difficili, come gli Usa e il Regno Unito, e i più vantaggiosi. Oggi i mercati più interessanti sono quelli dell’Arabia Saudita - pochi panel disponibili e interviste pagate molto bene - e dei Paesi scandinavi, dove le interviste sono remunerate tantissimo».

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DA CAMERIERE A COLLEZIONISTA DI RISTORANTI Samuele Serra ha iniziato la gavetta a 15 anni tra cassa e servizio ai tavoli. Oggi è a capo di nove locali nel centro di Milano che basano il loro successo sul fine dining grazie a chef di altissimo livello di Roberta Schira

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i sono quattro elementi alla base del nostro successo: forte impegno, una grande squadra, ricerca di materie prime di indiscussa qualità, attenzione ai costi». Samuele Serra, Ceo&Founder di Milano Restaurant Group, che nel capoluogo milanese conta nove locali per un fattrato aggregato che nel 2018 ha superato i 12 milioni di euro, parla dei valori del brand uniti alla grinta di famiglia, propria del sangue sardo. Lo spirito imprenditoriale sta tutto nel Dna, perché proprio dal padre Samuele ha ereditato la passione di collezionare locali. I genitori iniziano nel ‘77 con Il Cormorano, ristorante accanto all’ex Teatro Smeraldo, allora frequentato da pittori e artisti. La gavetta lo porta a fare 15 anni di esperienza in sala e alla cassa: step fondamentali per il futuro di chi si prepara per stare al genuina ed è diventato fin da subito punto di comando. Per la precisione gestire ristoranti, riferimento per turisti e residenti del quarche al momento sono nove, tutti situati nella tiere. L’anno dopo, con tre ristoranti, nasce zona centrale di Milano. Tutto comincia a Brel’esigenza di strutturare un marchio sotto il ra nel 2008, anno che dà il via al gruppo con quale riunire tutti i locali e un'unica filosofia». l’acquisizione del ristorante Il Cestino. Zona Il marchio, inizialmente pensato come Milano complicata, da una parte perché tra le più sugRestaurant Group e presentato con un logo gestive della vecchia Milano, dall’altra difficile raffigurante un calice di vino e due forchette, per i tanti locali turistici. A seguire, lo storico è stato modificato l’anno successivo con l’alocale di famiglia Osteria delle Corti entra a cronimo Mrg. Sempre nello stesso anno entra far parte del gruppo, nella rosa dei locali Il seguito da una breve NEL 2016 SERRA HA APERTO HOSTERIA Tavolino, in zona Staparentesi con Rosso di DELLA MUSICA E NEL 2018 HA ACQUISITO zione Centrale, comL'ALCHIMIA, CONQUISTANDO L'ANNO Brera, che verrà sucpletamente rinnovato SUCCESSIVO LA STELLA MICHELIN cessivamente ceduto. dall’architetto Luigi Questi sono anche gli anni in cui Samuele si Tasca, autore del refresching di tutti i locali. circonda di validi responsabili operativi, alcuni Arriva Expo e la famiglia Serra è pronta. Anche dei quali lo affiancheranno in società nel corso nel capire quali saranno le aree della città in del tempo. espansione, come ad esempio l’Isola. È lì che Racconta Serra: «Nel 2013 inizia la nostra vera Serra crea Il Nuovo Cormorano, in ricordo dee propria espansione con l’acquisizione della gli inizi. Nel 2016 la passione per la musica fa Taverna del Borgo Antico, di fianco al Cestino: sì che la famiglia fondi Hosteria della Musica un locale che propone una cucina semplice e a Brera. Il successo è immediato e diventa un

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1. L’Alchimia 2. Cenerè 3. Hosteria della Musica Brera 4. Cantina della Vetra 5. Il Cormorano 6. Il Cestino 7. Il Tavolino 8. Taverna del Borgo Antico 9. Osteria delle Corti marchio registrato: come suggerisce l’insegna si fa musica live. Presto raddoppia e nasce Hosteria della Musica alla Ferrovia. La location stavolta ospita fino a 500 posti a sedere e una programmazione eventi quotidiana. Il locale raggiunge notorietà prima di essere ce-


duto nel 2018 e resta un passo fondamentale nell’evoluzione del gruppo verso un marchio consolidato. «Ogni giorno lavoro per garantire il consolidamento del gruppo e pianificare le strategie per il futuro», spiega Samuele Serra: «Sono un osservatore della società, passo molto tempo ad ascoltare le persone per capire se ci sono bisogni latenti che non sono ancora stati soddisfatti e agisco di conseguenza». Lentamente cambia l’impostazione della filosofia di cucina del gruppo, fino a quegli anni è basata sui grandi classici della cucina italiana, piatti ben eseguiti ma tradizionali, tutti impostati su pasta fresca, carne spesso alla brace, pesce, pizza, a volte proposti tutti contemporaneamente. E questo mix di offerta spesso non attira i gourmet o gli amanti del fine dining e i palati più evoluti. È il 2018 e Samuele Serra, come ogni imprenditore che si rispetti, deve rischiare e accoglie la sfida acquisendo l’insegna Alchimia in Porta Venezia. «La scommessa di gestire un ristorante con esigenze del tutto diverse rispetto agli altri è un impegno sicuramente maggiore». Per la prima volta Mrg non comunica il nome del ristorante, ma il nome di uno chef, e questo fatto è considerato uno dei primi sintomi di cambio di marcia. A un solo anno dall’apertura l’Alchimia prende la Stella Michelin, a questo contribuisce di certo anche la gestione di Alberto Tasinato, uno dei migliori restaurant manager in circolazione. Oggi lo chef in attivo all’Alchimia è Giuseppe Postorino, classe ’85, di origine calabrese. Nel suo curriculum un prestigioso passaggio all’Albereta di Erbusco con Gualtiero Marchesi, poi approda a Milano all’ Hotel à Parfum Magna Pars Suites nel suo ristorante Da Noi In, sino all’inizio del 2020. Siamo lontani dai classici spaghetti alle vongole e dalla grigliata mista, qui i piatti che si possono scegliere dalla carta suonano così: animelle di vitello dorate, cavolo nero, caviale Calvisius Tradition e katsuobushi. Nel 2019, ecco acquisito lo storico locale di Milano Cantina della Vetra. Con vista sulla Basilica di San Lorenzo alle Colonne, la Cantina della Vetra è un bistrot intimo e rustico che si colloca su un livello di cucina medio-alto. L’ultimo arrivato nella famiglia, il Cenerè, rilevato a

OSSERVO LA SOCIETÀ PER INTERPRETARE I BISOGNI LATENTI DELLE PERSONE

SAMUELE SERRA

gennaio 2020, è un ristorante elegante a pochi passi da Cadorna e dal Castello Sforzesco. La cucina a vista è guidata dallo chef Gabriele Faggionato, che ha lavorato con Carlo Cracco alla conduzione della cucina di Garage e successivamente da Carlo e Camilla, in zona Duomo. Definisce la sua cucina "contemporanea", e lo è. Vedi riso mantecato con tè nero affumicato,

A BREVE APRIRÀ I BATTENTI IL DECIMO LOCALE DEL GRUPPO: INCROCERÀ L'ALLEGRIA DELLA CANTINA MESSICANA CON L'ELEGANZA DEL SUSHI

gruppo agli occhi dei clienti e ci teniamo quindi a essere rappresentati in modo impeccabile che si concretizza in un giusto equilibrio di cordialità e professionalità». Come per altri brand della ristorazione, per Mrg il conflitto è tra la scelta dei migliori ingredienti e controllare il food cost in maniera quasi scientifica. Dice Serra: «Il food cost giusto è frutto del perfetto equilibrio qualità/prezzo. In un settore che ha costi fissi molto elevati, la gestione di queste variabile è fondamentale». D’obbligo chiedere quali progetti per il futuro. «Stiamo già lavorando all’apertura di un nuovo ristorante che dovrebbe avvenire alla fine di quest’anno. Offrirà una cucina molto particolare di respiro internazionale. L'idea è quella di incrociare l'allegria della cantina messicana e l'eleganza di un sushi restaurant. Il progetto e il design saranno curati dallo studio Langhi che ha già lavorato a realtà quali Carnicero e The Fisher».

scampi alla brace e limoni o il pollo ruspante e biologico cotto lentamente nel forno, salvia e bocconcini di polenta croccante. Molto interessante la connivenza della parte ristorante di Cenerè con la pizza, di alto livello. A cominciare dalla cura nell’impasto molto leggero. Certo, per arrivare a gestire otto ristoranti ci vuole spirito imprenditoriale, ma serve anche una buona squadra, infatti Serra ammette: «Non posso fare tutto da solo. Ho quindi creato una squadra che gode della mia totale fiducia. Il nomila coperti stro personale, dalla sala agli euro fatturato chef – attualmente abbiamo 169 dipendenti – è la nostra Ebitda vera forza. Investiamo molto di crescita in 3 anni in collaboratori qualificati e nella loro formazione costante. dipendenti Ciascuno di loro rappresenta il

I NUMERI

250 12.547.561 1.173.245 17,5% 170

nel 2018

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STORY-LEARNING

Stessi clienti, nuovi prodotti la seconda vita di un'impresa Da stamperia all'e-procurement: oggi Step serve tutti i colossi bancari e assicurativi. Un riposizionamento che le ha consentito di scongiurare la chiusura per iniziare invece a crescere a doppia cifra di Davide Passoni SI PUÒ CHIUDERE IL 2019 CON IL FATTURATO CONSOLIDATO DI 68 MILIONI, L’EBITDA DI CIRCA 9 E UNA CRESCITA ANNO SU ANNO DELL’11% QUANDO, VENT’ANNI PRIMA, SI ERA A UN PASSO DALLA CHIUSURA? «Sì, per-

ché mentre all’epoca, durante gli incontri con le altre aziende del settore, i temi erano sempre trattative sindacali, rinnovi contrattuali, gabbie salariali, noi capimmo in tempo che i problemi reali non erano quelli, ma i fatturati in calo inesorabile e il fatto che il nostro mondo stava morendo. Un po’ la mancanza di prospettive, un po’ la “fame” ci hanno indotto a usare la testa e a dare una sterzata al nostro business». Nelle parole di Fabrizio Crespi Morbio (nella foto) c’è l’estrema sintesi della visione che ha contraddistinto l’azienda di cui oggi è presidente e Ceo, la Step di San Nicolò (PC), capace di fiorire sfruttando le opportunità che offre il sapere gestire e guidare il cambiamento. Dalla crisi è nata l’opportunità, come si suol dire. Step è oggi la principale azienda in Italia specializzata nell’efficientamento e nell’erogazione di servizi e soluzioni per il retail, con focus in ambito bancario e assicurativo. Fu fondata nel 1854 come tipografia, Società Tipografica Editoriale Porta, da cui l’acronimo Step. Alla fine degli Anni ‘90 era specializzata nella stam-

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pa di modulistica e tabulati per stampanti, ma in quell’epoca ci si accorse che si trattava di un business in declino, a causa all’avvento delle nuove tecnologie e di internet. Iniziammo così, tra il 1999 e il 2000, un riposizionamento verso il settore servizi, perché l’alternativa sarebbe stata la chiusura. Avemmo l’intuizione di usare internet, che cresceva e si diffondeva, per creare una piattaforma b2b che connettesse Step con i suoi principali clienti, che erano banche, assicurazioni e le Poste; quella piattaIL PRIMO CLIENTE CHE DIEDE FIDUCIA A STEP FU POSTE ITALIANE: NACQUE LA PIATTAFORMA DI E-PROCUREMENT B2B PER BANCHE E ASSICURAZIONI

forma sarebbe servita per fornire loro non solo prodotti di tipografia, ma anche di cancelleria ed economali, oltre a un servizio di logistica. Il primo cliente che ci diede fiducia furono le Poste, all’epoca guidate da Corrado Passera che diede il via a una grande ristrutturazione aziendale. Offrimmo di sostituire i loro magazzini in Italia, che servivano 13mila uffici postali, con un portale web dove collegarsi per trovare e acquistare i prodotti di cui necessitavano, che sarebbero poi stati direttamente consegnati evitando la lunga catena che allora esisteva. Una specie di Amazon b2b, di cui Poste Italiane fu il primo cliente che cambiò tutto il proprio

processo di approvvigionamento dei prodotti, con un risparmio finale sui costi del 50%.

Un riposizionamento completo, quindi? Piano piano da tipografia siamo passati a essere, negli Anni 2000, una società di servizi. Oggi tutte le banche che operano in Italia, a parte Deutsche Bank, sono nostre clienti. Come funziona nello specifico il vostro modello? Tramite una piattaforma web chiamata e-Step, le filiali o gli utenti trovano un catalogo con prodotti che contiene non solo stampati o cancelleria, ma tutto ciò che di fisico può esserci in una filiale. Abbiamo oltre 30 piattaforme b2b, una per cliente, sulle quali gli utenti trovano un catalogo studiato sulle proprie esigenze. Una volta che garantiamo la presenza degli articoli acquisitati, l’ordine viene processato, facciamo un pick and pack e consegniamo in 24-48 ore. Da questa piattaforma gestiamo anche altri servizi come il ritiro di toner esausti o l’installazione e la manutenzione di piccoli apparati come tablet o macchine contasoldi. Però col tempo le vostre linee di business si sono ulteriormente sviluppate. Negli ultimi anni l’azienda ha intrapreso una ulteriore evoluzione. Se un tempo dalla nostra


Italia e le centinaia di filiali che ciascuno dei nostri clienti ha sul territorio, è un servizio utile e apprezzato.

LA MANCANZA DI PROSPETTIVE CI HA INDOTTO A USARE LA TESTA FACENDO STERZARE IL NOSTRO BUSINESS collaborazione i clienti si aspettavano solo di risparmiare sui costi, oggi ci chiedono di essere aiutati ad aumentare i ricavi. Ecco perché negli ultimi tre anni abbiamo aggiunto altre tre aree di servizi, sempre collegate alla nostra piattaforma web. La prima è In Store, per valorizzare i punti di vendita attraverso due ulteriori linee di business. La prima, Comunicazione e Marketing, si occupa della comunicazione sul punto operativo. Lavora per conto dei clienti cercando di migliorare l’aspetto delle filiali dal punto di vista della comunicazione e dell’appeal commerciale. Le filiali delle banche continuano a diminuire, ma quelle che restano devono fare business e presentarsi al cliente nel modo più attrattivo possibile. Noi le aiutiamo a gestire questo percorso: da un lato monitoriamo il livello qualitativo delle filiali tramite apposite app che ne valutano la compliance alla corporate identity; dall’altro ci occupiamo di allestire e disallestire le campagne in filiale. In più, con un nuovo servizio trasliamo la filiale fisica della banca sul web tramite piattaforme come Google Business. La seconda linea, Pratiche e Tributi Locali, è gestita grazie alla collaborazione con Studio Costa, società della quale lo scorso anno abbiamo acquisito il 60%: si occupa di assistere i clienti nel pagamento dei tributi locali. Considerando la moltitudine di aliquote e regolamenti comunali che ci sono

Qual è la seconda area di servizi? Si chiama Community ed è nata dal fatto che molte banche tendono a chiudere filiali e a gestire i servizi tramite reti di promotori. A queste reti dedichiamo un portale dedicato nel quale i promotori possono trovare tutto ciò di cui necessitano: omaggistica per i clienti, biglietti da visita, affitto stand ecc… Sono tutti servizi che la casa madre non offre loro ma che servono per lavorare.

E da ultimo? L’ultima area è la Digital, gestita tramite l’acquisizione nel 2018 di circa l’80% della società Studioform, che si occupa della creazione di tutti i documenti necessari a una banca o a un’assicurazione: contratti di conto corrente, contratti di mutuo, posizione titoli ecc. Questa società crea i documenti attraverso un software di proprietà prendendo le informazioni necessarie dalle varie branch delle aziende, integrandole con i sistemi informativi del cliente e gestendone aggiornamenti e modifiche. Lo stesso contratto digitale viene poi declinato

sui diversi device. Infine, tramite la società Euronovate offriamo soluzioni per la firma grafometrica, sia software sia hardware, nel quadro di una progressiva dematerializzazione dei documenti.

Pensate di allargarvi ad altri ambiti di business oltre alle banche e alle assicurazioni? Queste realtà saranno sempre il nostro punto di riferimento, grazie alla specializzazione che abbiamo sviluppato. Stiamo però studiando di espanderci anche ad altri verticali industriali la cui caratteristica principale deve essere però sempre quella di essere aziende retail con una forte presenza sul territorio: potrebbero essere telco, compagnie petrolifere, gdo. In vent’anni avete cambiato tutto. E da qui a vent’anni, che succederà? Se non innoviamo siamo destinati a morire. Se fossimo rimasti legati solo al mondo del supply, il nostro primo grande cambiamento agli inizi del Duemila, oggi probabilmente avremmo dei problemi. Proprio nell'ottica di una continua innovazione, abbiamo da poco acquisito il 20% di Local Strategy, start up italiana interamente dedicata a un business in crescita, quello del local marketing automation.

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STORY-LEARNING STARTUP

Sana, modulare e hi-tech così cambia la pausa pranzo Una cucina centrale, diverse office canteen nelle aziende clienti più importanti e un servizio di delivery per piccole e medie imprese: ecco il modello b2b della startup milanese Foorban di Paola Belli

N

asce come ristorante digitale, con target i professionisti alla ricerca di una pausa pranzo sana, veloce e conveniente. Entra, grazie a un innovativo format di mensa 4.0, all’interno dell’head quarter milanese di Amazon. Infine convince, con le sue office canteen, due grandi aziende di consulenza, porta il suo modello anche Roma e si conferma come una delle innovazioni più interessanti nel mondo del welfare aziendale. L’evoluzione di Foorban, la startup food-tech italiana che, partita da un modello di delivery con cucina, sta rivoluzionando l’esperienza della pausa pranzo aziendale. Perché il food rimane, stabilmente, uno dei benefit più amati da lavoratori e aziende, anche la vecchia mensa non basta più. «Siamo partiti come servizio rivolto al consumatore finale e ci siamo posizionati subito con forza sul mercato della pau-

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sa pranzo aziendale; nell’ultimo anno e mezzo siamo diventati un interlocutore privilegiato non solo dei dipendent,i ma delle aziende stesse. Così, abbiamo sviluppato il nostro servizio in ottica b2b», spiega Marco Mottolese, ceo e co-founder di Foorban insieme a Stefano Cavaleri e Riccardo Pozzoli. «Ci siamo accorti che un business lunch di qualità è un bisogno insoddisfatto non solo per i dipendenti, ma

STEFANO CAVALERI, MARCO MOTTOLESE E RICCARDO POZZOLI

anche per le aziende. I responsabili Hr e Servizi infatti sono alla ricerca di servizi di ristorazione innovativi da integrare nei propri uffici, che possano migliorare l'esperienza sul posto di lavoro: un nuovo employee journey dove qualità alimentare, tecnologia ed esperienza del dipendente sono integrate. Così, intorno al prodotto, che è sempre stato il nostro focus, abbiamo costruito un format di office canteen modulare e dal design moderno e confortevole, sprovviste di cucina e che richiede davvero poco tempo e poco spazio per essere installate.» Le office canteen Foorban sembrano piacere alle aziende: la startup ne ha già aperte 5 tra Roma e Milano (tutte in multinazionali e importanti società di consulenza), e prevede di quadruplicare la crescita nel 2020, con alcuni contratti importanti già chiusi e l’obiettivo di espandersi anche a Bologna, Torino e Firenze. «Eliminando la cucina eliminiamo odori e code e ottimizziamo gli spazi. Cuciniamo ogni giorno i nostri piatti in una central kitchen, e quindi li portiamo già porzionati e confezionati all’interno di contenitori riciclabili nelle canteen aziendali, pronti per essere ritirati dal dipendente ed essere consumati in confortevoli aree lunch», spiega ancora Mottolese. «I menù cambiano su base settimanale e comprendono circa 25 piatti, che cercano di soddisfare tutti le esigenze e i palati. Sulle pareti dello store, degli schermi riportano le informazioni nutrizionali dei piatti. Non solo: la caffetteria serve ogni mattina caffè e brioche farcite al momento e un’app, che permette al dipendente di prenotare il piatto direttamente dalla scrivania, in modo da saltare il passaggio in cassa all’ora di pranzo». Oltre alle office canteen, Foorban lavora oggi anche con oltre 100 realtà di dimensioni minori, grazie ad un servizio di meal planning aziendale con consegna in ufficio: «Abbiamo anche un servizio di consegna b2b per le aziende più piccole, con la possibilità per il singolo dipendente di ordinare e pianificare i propri pranzi via app, e poi ritirarli presso i punti di ritiro all’interno delle aziende. Vogliamo diventare il primo punto di riferimento delle aziende per la pausa pranzo.»


21 MAGGIO 2020 wobi.com/wofb-milano

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Massimo esperto nella gestione delle imprese familiari

TENDENZE E PROSPETTIVE PER LE IMPRESE FAMILIARI Academic Partner

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30 Giugno&1 Luglio 2020 wobi.com/wmsf-milano

Kevin Roberts Brand

Reinventare il marketing e le vendite nel nuovo mondo digitale

Don Peppers Clienti

Rachel Botsman Fiducia

Mark Roberge Vendite

Jesús Cochegrús

Trasformazione digitale

Kevin Roberts

Ex CEO di Saatchi & Saatchi

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STORY-LEARNING IL PAESE CHE CRESCE

L’ITALIA CREDE NELLA FORMAZIONE A DISTANZA

CARLO ROBIGLIO, IL PRESIDENTE DEL GRUPPO EBANO

Oltre 45mila iscrizioni ai corsi di Cef. Robiglio: gli italiani sono resilienti «In questi giorni stiamo avendo tante richieste. Gli italiani sono per natura resilienti e in tanti già pensano al dopo Coronavirus. Segnale di come ci sia un’Italia fatta di persone che si rimboccano le maniche e che puntano sul lavoro e sulla formazione». Lo dichiara il presidente del Gruppo Ebano e presidente della Piccola Industria di Confindustria Carlo Robiglio nel presentare i numeri di Cef Publishing, società del Gruppo Ebano leader di mercato in Italia nella progettazione, realizzazione ed erogazione di corsi professionali attraverso modalità

Fad (Formazione a distanza)ed e-learning. Il Gruppo Ebano, con 9 società controllate, 15 partnership produttive, più di 250 dipendenti e collaboratori, ha visto crescere in sei anni i ricavi complessivi dell’800% ed a maggio ha ricevuto a Milano, nella sede di Borsa Italiana, il Premio “Deloitte Best Managed Companies”. Il Gruppo Ebano tramite Cef Publishing è anche certificata dal programma Elite – Borsa Italiana per i requisiti di affidabilità e trasparenza richiesti dai principali investitori istituzionali.

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SMARTWORKING E BUONI PASTO: PARTNERSHIP TRA EDENRED E QUOMI Il colosso che ha inventato i Ticket Restaurant si allea con la startup per avere pasti con prodotti freschi Edenred sceglie Quomi, l’innovativa startup che per prima ha introdotto in Italia i meal kit per preparare pranzi e cene a domicilio. Grazie alla partnership tra le due aziende, i beneficiari dei ticket restaurant Edenred da oggi possono utilizzare il proprio buono pasto digitale direttamente per i meal kit Quomi. In questo modo si potrà cucinare senza la necessità di muoversi fisicamente per acquistare i prodotti: la start up consegna direttamente a casa il kit spesa selezionato, suggerendo la migliore ricetta.

Quomi aiuta i propri clienti a provare ricette nuove e prodotti gustosi e genuini, dando la possibilità di variare la propria alimentazione secondo i principi della dieta mediterranea. Il servizio di consegna è gratuito e raggiunge tutta Italia: gli ingredienti sono freschi, vengono confezionati con attenzione e viene garantita la corretta conservazione. Quomi si impegna a rendere tutta la filiera più sostenibile: oltre a proporre prodotti di stagione, li consegna nelle giuste dosi, evitando così inutili sprechi di cibo.

IL BUONO PASTO DIGITALE PUÒ ESSERE SPESO ANCHE PER I MEAL KIT

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SCUOLA DIGITALE: A CHE PUNTO SIAMO?

L’EMERGENZA CORONAVIRUS È STATA L’OCCASIONE PER TESTARE SUL BANCO L’E-LEARNING

Manca l’alfabetizzazione informatica. E c’è poca voglia di cambiare Il 96% degli italiani sarebbe favorevole a introdurre stabilmente sistemi di formazione online anche dopo l’emergenza sanitaria, ma per 2 intervistati su 3 il Paese non è pronto a digitalizzare il proprio sistema di istruzione. A sostenerlo una ricerca realizzata su oltre 600 utenti dal centro di ricerca Lo Stilo di Fileta e Docety, piattaforma di e-learning per seguire videocorsi, lezioni private e seminari, che ha messo a disposizione gratuitamente i propri servizi a scuole e università chiuse per il coronavirus nell’ambito

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dell’iniziativa di solidarietà digitale del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione. La scarsa alfabetizzazione informatica (41%), insieme a cultura e abitudini poco favorevoli al cambiamento (29%) sarebbero le principali ragioni alla base della diffidenza verso l’adozione di sistemi che favoriscano le lezioni a distanza. A pesare sulla digital transformation della scuola contribuirebbero anche la mancanza di infrastrutture indicata dal 19% del campione - e l’assenza di volontà politica (10%)..

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27&28

Ottobre 2020 MiCo Milano Congressi wobi.com/wbf-milano

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LAURA VALENTE

APPROFONDIMENTI

100 L’INTERVENTO «LA CULTURA D’IMPRESA RILANCI IL SUO VALORE SOCIALE»

102 PRIOLO GARGALLO LA BONIFICA (NON) PUÒ ATTENDERE

104 TEMPA ROSSA IL KUWAIT ITALIANO ALLE PRESE COL “GRETINISMO”

107 PROSPETTIVE BYE BYE CICLI ECONOMICI È ARRIVATA LA DISRUPTION

113 PRIVATE BANKER L’EPIDEMIA E LA RIVINCITA DEI PROFETI DI SVENTURA

114 CI PIACE NON CI PIACE I PROMOSSI E I BOCCIATI DEL MESE

LA SIGNORA DELLA CULTURA CHE COINVOLGE (ANCHE) I GIOVANI Oltre che imprenditrice, Laura Valente è musicologa, giornalista, docente universitaria. E nel 2019 è stata la miglior presidente di musei in Italia di Alfonso Ruffo

P

er la rivista specializzata Artribune nel 2019 è stata la miglior presidente di museo in Italia. Per chi la conosce, nessuna meraviglia. Sotto la sua gestione il Madre di Napoli, dedicato all’arte contemporanea, ha subìto una tale trasformazione che nel corso di un anno persino gli abitanti di Parthenope se ne sono accorti con un aumento del pubblico giovanile di quasi il 50 per cento. Classe 1965, Laura Valente è musicologa, giornalista professionista (collabora con numerosi quotidiani) e docente universitaria. Si è laureata a New York in Marketing e Comunicazione delle Arti performative ed è stata capo ufficio stampa di primarie fondazioni liriche come la Scala di Milano e il San Carlo di Napoli. Ha insegnato Comunicazione e Management in molti atenei italiani. Ora è diventata un’imprenditrice della cultura a tutto tondo portando una ventata di freschezza e d’innovazione nella struttura voluta fortemente dall’allora governatore campano Antonio L’AUTORE ALFONSO RUFFO

Bassolino e che adesso è possibile visitare anche sulla piattaforma Google Arts & Culture dov’è trasmigrato il suo ricco archivio digitale. Una summer school dedicata ai giovani ha spopolato con oltre 2mila ragazzi coinvolti e venti progetti realizzati. A testimonianza del carattere e dello spessore umano, il primo pensiero espresso una volta nominata al vertice dell’istituzione è stato ringraziare il suo predecessore Pierpaolo Forte per il lavoro svolto – diffusamente apprezzato - promettendo che ne avrebbe seguito il solco naturalmente cercando di conquistare nuovi orizzonti e ulteriore prestigio. Cosa che non ha mancato di fare come le attestazioni e i risultati s’incaricano di confermare. Laura Valente è anche un’animatrice culturale della città attraverso i salotti di Casa Corriere la cui organizzazione segue personalmente con cura maniacale. Politici, imprenditori, professionisti, accademici, artisti di ogni genere si alternano sul palco di eventi sempre molto accorsati durante i quali si mette a fuoco un argomento e lo si affronta da più punti di vista. Un ulteriore contributo al confronto delle idee, alla ricerca del dialogo, alla soluzione di problemi.

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APPROFONDIMENTI

La cultura d'impresa rilanci il suo valore sociale Nel 1992 eravamo la quinta potenza economica, ora siamo la nona: forse abbiamo perso il senso di come si crea ricchezza in un Paese che ritiene ancora di essere un’economia avanzata di Danilo Broggi*

C

non dire quasi nulla, attenzione dei media arlo Bonomi o Licia Mattioli: chiunque nazionali, non predisposti a cogliere il signidi essi sia stato nominato presidenficato e la portata di questo valore: la cultura te di Confindustria – al momento in cui quest’articolo viene chiuso in redazione d’impresa, appunto. Sono stati organizzati non lo sappiamo ancora – avrà un lavoro eventi, seminari, aperture dei musei d’imcomplesso e faticoso da svolgere. Ma al di presa in varie parti d’Italia allo scopo di valà degli impegni cogenti, e amplificati dalla lorizzare il bagaglio culturale dei “saperi” crisi del virus, al di là dei programmi ricchi saper fare e competenze - nati e sviluppatisi di sfide specifiche e di scadenze da cogliere, dai legami col territorio e le sue articolazioni io ritengo - sommessamente, ma con prosociali e culturali.Ma tutto è scivolato via fonda convinzione personale - che il punto senza lasciar traccia, annacquandosi con le centrale della prossima agenda debba estante e molteplici iniziative, per quanto lodesere la diffusione e la valorizzazione della voli. Cosa sia la cultura d’impresa “diviene Cultura di Impresa, presupposto “valoriale” difficile e arduo da definire, tante sono le imprescindibile se si vuole riaprire un tavolo aspettative che si sono create in proposito” nel quale discutere di scrive Giulio Sapelli SECONDO ANTONIO CALABRÒ iniziative che riportitra i massimi studiosi IN MOLTE IMPRESE È PREVALSA no il nostro paese a della storia e della L'ABITUDINE E SI È SOTTOVALUTATA crescere. Un tavolo di cultura d’impresa e L'IMPORTANZA DI RACCONTARSI discussione che non cofondatore del Censia però il semplice riproporsi di antiche - o tro per la cultura d’impresa istituito 29 anni meglio “obsolete” - forme e metodi di dialofa dalla Camera di Commercio di Milano algo e confronto con altri corpi intermedi e con lora guidata da Piero Bassetti, che ebbe la la politica, “rituali” che hanno visto il mondo felice intuizione di creare un organismo che della rappresentanza connotarsi sempre più potesse fare da intermediario culturale tra come “sindacato” e meno capace di invertire l’impresa e l’ente pubblico. la scarsa consapevolezza in genere del valoDario Di Vico in un editoriale sul Corriere re sociale dell’impresa, da non confondersi della Sera parla di “mancanza di cultura con la responsabilità sociale di impresa e industriale” nel nostro Paese richiamando le più moderne pratiche Esg (enviromental, due punte dell’iceberg: Ilva e Alitalia. Gli fa social, government). eco Giuseppe Bedeschi sul Foglio lo scorso Non sono rimasto quindi sorpreso, di come 24 novembre sottolineando come la sinistra la “Settimana della Cultura d’Impresa”, XVII italiana abbia attinto a piene mani alle tesi iniziativa promossa da Confindustria nello gramsciane “tutte le imprese sono divenute scorso novembre, abbia avuto scarsa, per malsane” ponendosi con un eccesso ideo-

100

L'AUTORE, DANILO BROGGI

logico nei confronti del capitalismo. Nondimeno (almeno storicamente) il mondo cattolico: Bedeschi cita la rivista di dossettiana memoria “Cronache Sociali” per poi giungere ai nostri giorni dichiarando che “manca una cultura industriale nella nostra classe politica”. Concordo su tali affermazioni ma ritengo che anche il mondo delle imprese e delle sue forme organizzate di rappresentanza abbiano delle responsabilità. “In molte imprese è prevalsa l’abitudine a stare e si è sottovalutata l’importanza di raccontarsi” scrive Antonio Calabrò. È questo uno dei punti cardine del lavoro del Centro per la Cultura d’Impresa che ho l’onore di presiedere. Le ricerche compiute in questi anni a ridosso di grandi e piccole imprese ci svelano tanti risvolti di quella che genericamente viene chiamata cultura d’impresa. Le imprese non nascono per fare

ANTONIO CALABRÒ


cultura: agiscono e si organizzano in funzione della creazione di un prodotto o della fornitura di un servizio. Nel farlo generano cultura, ovvero sedimentano abitudini, stili, comportamenti, atteggiamenti, competenze che vanno nel tempo a delineare una specifica identità, assumendo una valenza sociale. “Una intelligenza sociale, dunque, applicata alla tecnologia e alle persone e governata dalla razionalità del profitto e quindi dalla padronanza della relazione tra mezzo e fine sulla scorta della necessità di riprodurre sempre un sovrappiù governato dalla lotta continua contro i rendimenti decrescenti e l’ottimalità della ricerca della relazione di scala più idonea a garantire quella medesima continuità” dice ancora Sapelli cercando di far comprendere il “valore sociale” dell’impresa. Ed è questo che riecheggia e continuamente emerge nelle centinaia di interviste di storie orali ai commercianti lombardi, così come nella ricostruzione della storia di molte industrie italiane nei più svariati settori produttivi. Come la sensibilità delle oltre 2.400 imprese che abbiamo certificato per conto di Unioncamere come imprese storiche centenarie (ancora in attività), che testimoniano l’attaccamento e il radicamento a questa identità culturale e produttiva intrisa di valore sociale, non vista dallo spioncino della porta del profitto (peraltro essenziale alla continuità dell’impresa) ma per la creazione di ricchezza socioeconomica che meri-

GIULIO SAPELLI

LA SEDE DI FCA

terebbe di emergere in tutta la sua portata. Creazione di posti di lavoro diretti e indiretti, investimenti e attenzione al territorio sono stati motori di ricchezza sociale da parte di imprese grandi e piccole, la maggior parte di origine famigliare, consolidando lo sviluppo di un ceto medio diffuso che ha potuto far studiare i propri figli e dare uno slancio ai consumi, generando un circolo virtuoso di crescita economica. Eravamo la quinta potenza economica nel 1992 e ora siamo la nona, prossimi a scivolare nella decima posizione. Che cosa è successo? Abbiamo perduto il senso di come si crea ricchezza in un paese che si ritiene essere un’economia avanzata? Consideriamo un disvalore l’impresa e la sua modalità di approcciarsi alla comunità e alle complesse e multiformi architetture normative nazionali e locali? Ma il PIL di un Paese come si genera? Per

PIERO BASSETTI

legge? Per decreto? O valorizzando un tessuto imprenditoriale e neo-imprenditoriale che in altri lidi ha generato colossi come Facebook o Xiaomi che solo 16 anni fa per l’azienda americana e 10 per quella cinese, non esistevano? Anche un altro autorevole economista quale Francesco Giavazzi in un editoriale sul settimanale 7 del Corriere della Sera delinea una ricetta, peraltro condivisibile, sottolineando come coesistano in Italia due paesi: “Uno che lotta per dividersi una torta sempre più piccola, un altro che compete nel mondo”. Ma è sufficiente una buona ricetta? O è altrettanto necessario rendersi conto che il “paziente” non solo va guarito ma “rispettato”, nel senso della piena riconoscibilità che l’impresa è l’attore sociale per eccellenza che si muove attingendo alla cultura familiare e territoriale e cresce con e insieme alle risorse materiali ed immateriali che la circondano, laddove esistano o possano esistere. Non a caso la recente riedizione di un libro di Giulio Sapelli: “Perché esistono le imprese e come sono fatte”, nel quale l’autore spiega quanto poco conosciamo delle relazioni sociali e valoriali che animano l’impresa, se non i soli numeri o le cronache di stampa alla ricerca di sole cattive notizie. Un Paese, il nostro, caratterizzato da un enorme numero di imprese piccole e molte medie, costituenti quella polifonia delle forme di impresa che insieme alla buona governance – dice Sapelli – “costituiscono le architravi culturali e morali della possibilità di continuare a costruire il futuro, grazie alla diversità delle forme di impresa socialmente trasformate e alla potenza della soggettività della persona.” La nostra storia economica, la storia delle nostre imprese piccole, medie e grandi dovrebbe insegnarci a interpretare e capire il presente per permetterci di pensare al nostro futuro.

* Presidente del Centro per la cultura d’impresa (www.culturadimpresa.org) e Past President di CONFAPI

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APPROFONDIMENTI

PETROLCHIMICO, LA BONIFICA (NON) PUÒ ATTENDERE Nel "triangolo della morte" tra Priolo, Melilli e Augusta, nel Siracusano, nonostante le morti per cancro, le malformazioni e i sedimenti tossici che inquinano falde e mare, il grido d'aiuto resta inascoltato di Riccardo Venturi

C

entinaia di morti per cancro, inclusi bambini di pochi anni. Una crescita abnorme dei casi di malformazioni neonatali congenite. 18 milioni di metri cubi di sedimenti tossici, con il mercurio che qualche anno fa è arrivato a rendere rosso il mare, diossine, piombo, oltre all’amianto nelle discariche. Pozzi d’acqua potabile da cui è uscita perfino benzina. Pesci deformi con lische a S, a U, a Y pieni di mercurio e altri metalli pesanti, le cui tracce si sono trovati nei capelli e nel latte materno delle donne che abitano nella zona, anche perché i pesci si pescano e si mangiano. Un bollettino di guerra degno di Chernobyl. Peccato che venga dall’Italia. Più precisamente dal triangolo denominata “Piazza martiri del cancro”. industriale Priolo-Melilli-Augusta, tristeDon Palmiro vive questa strage silenziosa mente noto come “triangolo della morte”, sulla propria pelle, la sua famiglia paga un sede del polo petrolchimico siracusano, il prezzo altissimo: per cancro ha perso una più grande d’Europa. «Priolo è il comune sorella, mentre un fratello e un’altra socon la più alta densità di inquinamento rella stanno combattendo la malattia, due d’Europa, anche più di Taranto» dice Pippo nipoti sono morti dopo pochi giorni dalla Gianni, sindaco di Priolo Gargallo, medinascita e altri due sono nati malformati. co, ex deputato nazionale e regionale, ex Lui stesso indossa spesso una maglietta assessore all’Industria siciliano, «non c’è con la scritta: “douna famiglia dove NELL'AREA NON ESISTONO FAMIGLIE vessi morire per un non c’è almeno un IN CUI NON CI SIA ALMENO cancro sarebbe un tumore, manco una: UN CASO DI CANCRO. E LE AUTORITÀ omicidio”. Per la sua alla gola, al cervelLOCALI LO DENUNCIANO DA ANNI battaglia Don Palmilo, ai polmoni, allo ro ha ricevuto anche un’affettuosa lettera stomaco, al colon, all’apparato genitale». di incoraggiamento da Papa Francesco. Nella chiesa madre della vicina Augusta, «Chi ha inquinato e inquina deve smetteall’ingresso si è accolti da uno strisciore di farlo», ha scritto don Prisutto in una ne raggelante: “morti di cancro Augusta: lettera aperta alle industrie del petrolchilo Stato tace e finge di non vedere e non mico, «oggi esistono nuove tecnologie e sentire”. Il parroco, don Palmiro Prisutto, metodologie che consentono di farlo; e chi ogni 28 del mese legge i nomi dei morti di ha inquinato deve bonificare, non perché cancro, un migliaio dei quali sono riportaqualcuno potrebbe imporglielo in un’aula ti in una bacheca all’ingresso della chiesa

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giudiziaria, ma solo perché esiste anche il principio del ravvedimento e della riparazione dopo l’errore». Anche il presidente della regione Sicilia Nello Musumeci ha scritto al ministro dell’Ambiente Sergio Costa a proposito della bonifica della rada di Augusta, appellandosi alla sua sensibilità «affinché si decida finalmente come e quando intervenire sui sedimenti». «Il polo petrolchimico-energetico di Siracusa non è quello degli anni 60-70, quando non esisteva alcuna legislazione ambientale. Dal 2000 ad oggi il settore ha investito in Sicilia quasi 4 miliardi di euro per la salvaguardia ambientale», ha però scritto a Musumeci il presidente di Confindustria Siracusa Diego Bivona, «è stato certificato da Arpa Sicilia che da parte delle aziende private i siti contaminati ricadenti nelle aree di loro proprietà sono stati caratterizzati e sono in corso le attività di bonifica, mentre niente è stato fatto per le aree di pertinenza pubblica». «Io il primo piano di


IL SINDACO DI PRIOLO GARGALLO, PIPPO GIANNI

risanamento ambientale l’ho fatto 32 anni fa, quando gli altri pensavano che fosse uno scherzo» racconta Pippo Gianni, che era già stato sindaco di Priolo Gargallo dal 1984 al 1991, «da medico avevo già visto i danni nella zona industriale, specie dove si produceva cloro-soda con celle al mercurio. Proposi di toglierle e passare alle celle a membrana, ma siccome bisognava spendere 40 miliardi di lire mi fecero una guerra micidiale. Oggi ci troviamo con quell’impianto chiuso, 250 operai a casa, la rada di Augusta piena di mercurio, tanti bambini nati malformati e tanti genitori che sono già morti. Mi avessero ascoltato 30 anni fa tutto questo non sarebbe accaduto». Oggi nel triangolo Priolo-Melilli-Augusta ci sono un totale di dieci impianti industriali: due raffinerie, due impianti chimici, un impianto di cemento, due impianti di gas industriale e tre centrali elettriche. «Siamo i più grandi produttori di energia elettrica d’Italia e paghiamo l’energia elettrica più di tutti, e nonostante le raffinerie la benzina da noi ha un costo superiore rispetto a qualsiasi altra regione d’Italia» sottolinea Gianni. Nel febbraio dell’anno scorso il gip di Siracusa ha messo i sigilli allo stabilimento Versalis nel petrolchimico di Priolo

Gargallo, alla Sasol di Augusta e a due depuratori. Secondo la procura, tra gennaio 2014 e giugno 2016 gli impianti avrebbero emesso nell’atmosfera “materiale inquinante e molesto”; e nei comuni di Priolo Gargallo, Augusta e in parte Melilli «si registra una qualità dell’aria nettamente inferiore a quella degli altri Comuni della provincia, avuto riguardo ai vari inquinanti presi in considerazione». Certo il probleUNA DELLE PROPOSTE SUL TAPPETO È L'UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA DI GASSIFICAZIONE AL PLASMA CHE VIENE IMPIEGATA IN SERBIA

ma non riguarda solo l’aria: basti pensare che i 18 milioni di tonnellate di metri cubi di sedimenti tossici sono nella sola rada di Augusta, ma più in là ce ne sarebbero almeno altri 45 milioni. Per salvaguardare finalmente la salute della popolazione è necessaria soprattutto una grande bonifica dell’area. Una delle proposte sul tappeto è quella di Ecogv Energy, azienda del barese specializzata nella bonifica di terreni altamente inquinati, che utilizza una tecnologia di gassificazione al plasma sviluppata in collaborazione con Alter Nrg, indicata per il trattamento dei rifiuti industriali e

tossico nocivi. Una tecnologia che è stata scelta dal ministero della Protezione ambientale del governo serbo per bonificare una delle aree più inquinate d’Europa e del mondo, quella di Pancevo. «Bisogna bonificare i fanghi prodotti dal depuratore, il terreno attorno, le acque, l’aria, il mare» dice Pippo Gianni, «chi ha idee chiare e precise, chi può produrre elementi che servono a disinquinare in modo efficace, è il benvenuto. Il mio unico obiettivo e interesse è quello di dare ai cittadini salute e lavoro». Proprio il tema dell’occupazione è centrale in questa vicenda. Una frase atroce ripetuta troppo spesso è la seguente: «meglio morire di cancro che di fame». «Anni fa nel polo petrolchimico c’erano almeno 20mila dipendenti, ora siamo ridotti a meno della metà» racconta il sindaco di Priolo Gargallo, «questo è un paese dove c’era la più alta occupazione, adesso invece è un paese di disoccupati, malati e disgraziati». Gianni sta cercando un dialogo con le aziende del petrolchimico. «Vogliamo un’industria ecocompatibile. La zona industriale non sta capendo che io non le faccio la guerra, io voglio dare una mano» mette in chiaro il sindaco di Priolo, «alla fine che cosa chiediamo? Che le industrie assumano persone di qui e della zona circostante, anziché farle venire da Milano, Genova, Gela, Milazzo e altre parti d’Italia, che ci sia un po’ di inquinamento in meno, che ci sia un’attenzione agli ospedali della zona industriale. Ho chiesto all’assessore alla Salute della regione Sicilia Ruggero Razza, che mi è sembrato molto disponibile, di fare nell’ospedale di Augusta un centro di ricerca per le malattie della zona industriale; nella legge sull’amianto che ho fatto io nel 2014 era previsto». Secondo alcuni studi, l’inquinamento non si limita alla rada di Augusta, le correnti diffonderebbero i metalli pesanti nelle acque circostanti. E le elevate concentrazioni di mercurio riscontrate nei pesci fuori dalla rada indicherebbero un processo di contaminazione nello Ionio più esteso e profondo.

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APPROFONDIMENTI

cimo anno, e di 2,5 milioni l’anno dall’11° al 25° anno di produzione.Tempa Rossa è un grande giacimento scoperto 30 anni orsono dalla compagnia petrolifera belga Fina sotto la montagna che divide Corleto Perticara (Pz) da Gorgoglione (Mt). La Total ne ha ereditato la concessione e, operando con Shell e Mitsui, con un investimento di 1,5 miliardi di euro ha costruito a 1.100 metri di altezza il Centro Olio più alto d’Europa per un primo trattamento del greggio, denso e solforoso, portato in superficie da sei pozzi e poi inviato tramite oleodotto nell’area della raffineria dell’Eni a Taranto. In questo sito già arriva con la stessa pipeline e viene lavorato il petrolio estratto nell’altro grande giacimento lucano della Val d’Agri, il più ricco on-shore dell’Europa occidentale, sul quale operano l’Eni al 60% e la Shell al 40% che ne realizzano a Viggiano (Pz) un primo trattamento al Cova-Centro Olio Val d’Agri, in esercizio dal 2001 con una capacità di lavorazione di 104mila barili al giorno. Nella raffineria del capoluogo ionico verrebbe trattato il 30% di quello della Total e delle sue associate, mentre la restante parte sarebbe destinata L'accordo con Total, Shell e Mitsui per l'estrazione dal giacimento all’esportazione via mare, resa possibile da di Tempa Rossa garantisce royalties elevate: un esempio virtuoso lavori di ampliamento della locale darsena che rischia di soccombere di fronte all'ecologismo spinto petroli. Da quando si è avviato lo sfruttamento industriale dei due giacimenti, molto di Federico Pirro elevata è stata l’occupazione diretta e indotta assicurata in numerose aziende impiansegnalano gli investimenti delle compagnie inalmente da alcune settimane dai tistiche settentrionali, ma anche del terridi 25 milioni di euro ogni cinque anni in svitorio regionale, impegnate sui cantieri per pozzi del giacimento petrolifero Teml’allestimento dei pozzi e la costruzione dei pa Rossa in Basilicata - su cui operano luppo sostenibile, finanziamenti al 50% con altri 25 milioni per progetti messi al bando due Centri oli, così come significativo è l’imTotal con una quota del 50% e Shell e Mitsui del 25% ciascuna - si stanno estraendo fra i dalla Regione, il versamento alla stessa di piego di manodopera qualificata al Cova di 15mila e i 25mila barili al giorno, anche se 50 centesimi (indiViggiano, mentre più DA ALCUNE SETTIMANE SI STANNO recente risulta l’occua regime se ne dovranno quotidianamente cizzati al Brent), più ESTRAENDO FRA I 15 E I 25MILA BARILI pazione nell’eserciraggiungere i 50mila. altri 30 centesimi per AL GIORNO MA A REGIME VERRÀ zio del sito di Corleto Ai primi di febbraio la Regione e le aziende ogni barile estratto, il RAGGIUNTA QUOTA 50MILA concessionarie hanno firmato l’accordo che pagamento di 3 miPerticara. integra e arricchisce le intese precedenti e lioni per allestire una rete di controllo amI due vasti bacini estrattivi lucani - che rendono questa regione dell’Italia meridionale in virtù del quale, fra l’altro, si prevede che il bientale estesa a tutta la Basilicata, con 1,5 metano estratto insieme al greggio, pari ad milioni per la sua manutenzione; ed ancora un piccolo Kuwait nazionale - corrispondono allo Stato e a Istituzioni e popolazioni un minimo di 40 milioni di metri cubi all’anno il finanziamento di programmi di sviluppo della Basilicata royalties elevate, impiegate per 30 anni, venga conferito gratuitamente a sostenibile per 1 milione di euro l’anno per tutti i Lucani. Fra gli altri punti dell’intesa si i primi 5 anni, di 2 milioni l’anno fino al deper assicurare loro varie utilità, anche se

Il Kuwait italiano alle prese col "gretinismo"

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non sono mancate nel corso degli anni forti denunce da parte di taluni organi di stampa per deplorevoli sperperi di risorse altrimenti impiegabili. Grazie comunque alle entrate derivanti dal petrolio, la Basilicata registra ormai da molti anni un pil pro capite a prezzi di mercato superiore a quello di Campania, Puglia e Calabria. Ma al di là di questi aspetti specificamente legati all’impiego delle royalties, bisogna sottolineare che da quando verso la fine del 1998 venne firmato l’accordo fra il Governo allora guidato da Romano Prodi - caduto peraltro poco tempo dopo la sottoscrizione dell’atto, ma non per una causa ad esso riferibile - e la Regione Basilicata per avviare lo sfruttamento del giacimento scoperto anni prima, ma già ritenuto molto probabile sin dalla fine degli anni Cinquanta dai geologi dell’Eni di Enrico Mattei, si è venuta manifestando e radicalizzando in alcuni settori della società lucana una sistematica, insistita, irriducibile opposizione alle estrazioni petrolifere, ritenute responsabili di crescenti inquinamenti ambientali, a fronte dei quali si è giunti ad affermare persino che le royalties corrisposte a enti e popolazioni regionali fossero irrisorie e in ogni caso da rimettere alle compagnie petrolifere. Un radicalismo ecologista quello appena ricordato, alimentato peraltro da alcuni ‘incidenti’ avvenuti nel corso degli anni su impianti del Centro Olio di Viggiano che hanno portato ad interventi della Magistratura, A destra, Romano Prodi: sotto il suo Governo venne siglato l'accordo per lo sfruttamento del giacimento di Tempa Rossa in Basilicata (nella pagina a fianco)

giunta ad imporre persino il blocco totale delle estrazioni, sino a quando non sono stati realizzati dall’Eni gli investimenti per rimuovere le cause strutturali dei sinistri. Ma se sono condivisibili le sollecitazioni rivolte, ed accolte più volte dalla holding pubblica italiana, ad operare gli interventi costruttivi e manutentivi per migliorare costantemente la performance ‘ambientale’ del suo sito di trattamento di Viggiano, ciò che ha destato e desta tuttora dissenso nel management dell’Eni e fra le imprese e i loro addetti impegnati in Val d’Agri, è la continua e ormai annosa polemica degli ecologisti locali che, affiancati dalle organizzazioni internazionaGLI AMBIENTALISTI LUCANI HANNO OTTENUTO UNA MORATORIA PER LE NUOVE CONCESSIONI CHE IL MILLEPROROGHE HA PROLUNGATO

li di punta dell’estremismo ambientalista, chiedono la dismissione pura e semplice dei pozzi e delle attività estrattive in Basilicata, come se l’Italia, pur nello scenario della transizione energetica ormai avviata, possa già fare a meno delle estrazioni di petrolio e di gas sul suo territorio – se ne realizzano tuttora con vecchie concessioni anche in Sicilia nel Ragusano - e nelle acque territoriali di sua pertinenza, come al largo della stessa isola e in Adriatico, ove dai vecchi pozzi si estrae gas da quasi mezzo secolo. La posizione degli estremisti dell’ambientalismo lucano - insieme a quella degli

ecologisti ‘no oil’ e ‘no gas’ di altre regioni italiane - ha finito così agli inizi del 2019 con l’influenzare a livello governativo la moratoria per 18 mesi per le nuove concessioni per prospezioni di ricerca ed estrazioni nel nostro Paese, una moratoria che il decreto Milleproroghe, approvato definitivamente al Senato a fine febbraio, ha prolungato per altri sei mesi, dall’agosto di quest’anno al febbraio del 2021, in attesa che venga definito il ‘Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee’ (Pitesai) per avviarvi nuove attività estrattive. Nel frattempo, Paesi della sponda orientale adriatica autorizzano estrazioni di gas in giacimenti sottomarini che sconfinano in acque territoriali italiane, con il rischio concreto di estrarre a loro esclusivo vantaggio gas che invece apparterrebbe anche al nostro Paese. E così l’Italia vede congelati non solo i massicci investimenti già previsti dall’Eni nell’alto Adriatico italiano per lo sfruttamento di nuovi giacimenti di gas - con l’annesso declino del polo navalmeccanico per l’off-shore di Ravenna che aveva raggiunto rilievo internazionale, grazie alle attività ingegneristiche e costruttive di imprese come la Rosetti Marino, solo per citarne una - ma finisce col rinunciare anche ad estrarre petrolio dai giacimenti già accertati nello Ionio - e per i quali la Shell aveva presentato istanza per le relative prospezioni e coltivazioni - e da quelli ritenuti molto probabili dai geologi al largo della Sardegna Nord occidentale. Ma le importazioni di greggio e di gas nel nostro Paese sono in aumento, e se malauguratamente se ne bloccassero in gran parte le estrazioni sul nostro territorio l’aggravio per la nostra bilancia commerciale sarebbe destinato ad aumentare, con la spesa per importazioni di combustibili fossili di risorse che, invece, potrebbero essere destinate ad altri impieghi in Italia, dalla creazione di nuova occupazione giovanile alla riduzione della pressione fiscale. Allora, ce la possiamo permettere la rinuncia sia pure temporanea ad estrarre petrolio e gas di cui il Paese non è povero?

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APPROFONDIMENTI

La logica collaborativa al centro dell’open banking La spinta all’innovazione dettata dalla seconda direttiva comunitaria sui servizi di pagamento sta ridisegnando i financial services e gli equilibri tra i players tecnologici e bancari in tutta Europa

di Marco Folcia *

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e novità introdotte dalla seconda direttiva sui servizi di pagamento in termini di servizi digitali, player regolamentati e regole di comunicazione tra i prestatori di servizi di pagamento stanno disegnando il futuro dei financial services, spingendo l’innovazione. Per la prima volta una direttiva comunitaria consente a nuovi player regolamentati, previa autorizzazione dei clienti, l’accesso ai dati su conti correnti e transazioni, disintermediando il canale bancario e favorendo il framework open banking. Cos’è l’open banking e quali sono i modelli nel mondo finanziario? Secondo PwC è “un modello collaborativo tra diversi player che usando piattaforme tecnologiche aperte e condividendo conoscenze, ambienti di lavoro, dati e informazioni, creano servizi e prodotti innovativi per il cliente”. L’open banking, e in generale l’open industry, spinge player di una stessa industry o di settori diversi a collaborare per posizionare il consumatore al centro dell’ecosistema, integrando dati e servizi per rispondere ai bisogni del cliente. Le neo banks digitali nate in Uk, Germania e Asia hanno fatto loro la filosofia della customer centricity nel disegno dei prodotti: utilizzabili tramite smartphone, competitivi nel prezzo, dotati di customer service 24/7. Que-

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ste banche sono caratterizzate da una proposta semplice (e.g. conto e carta), processi digitali (e.g. apertura conto in pochi minuti) e capacità di completare l’offerta finanziaria grazie a partner terzi con cui sono integrati tecnologicamente. Anche i player tecnologici stanno gradualmente entrando nel mondo dei financial services a cominciare dai servizi di pagamento per completare l’esperienza end-to-end del cliente, fino ad arrivare a servizi bancari tradizionali quali prestiti o servizi di investiLA FILOSOFIA DELLA CUSTOMER CENTRICITY CARATTERIZZA TUTTE LE NUOVE PIATTAFORME TECNOLOGICHE DI PAGAMENTO

mento. Google, Apple e Amazon, per citarne alcuni, grazie alla disponibilità di dati e alla capacità di elaborazione degli stessi, sono in grado di profilare gli utilizzatori dei servizi, capendone abitudini, preferenze e modellando un’offerta di servizi personalizzata. Come stanno rispondendo le banche tradizionali e quali sono le prospettive di mercato? Alcune banche hanno scelto di abbracciare l’open banking diventando piattaforme tecnologiche (e.g. Api marketplace) piuttosto che integrando l’offerta finanziaria, aggre-

gando dati e servizi forniti da terzi (platform vs. aggregator). Sono poche quelle che scelgono approcci difensivi improntati alla compliance, mentre i gruppi europei e le paytech intendono giocare un duplice ruolo, sviluppando da un lato propri ecosistemi (servizi tecnologici in white label) e partecipando dall’altro a piattaforme di terzi su verticali di prodotto. Tali player favoriti dai programmi di digitalizzazione e trasformazione culturale stanno evolvendo la strategia, anche attraverso partnership con fintech, provider digitali e corporate. In un futuro non così lontano, il cliente dall’app della banca potrà quindi fare bonifici, consultare il saldo, e beneficiare di numerosi servizi bancari e non, che soddisfino i suoi bisogni in maniera integrata, digitale e real time: un’esperienza modellata sullo stile di vita e le esigenze del cliente. Le banche devono diventare il fulcro di un ecosistema che offre servizi a valore aggiunto per il cliente, agendo da catalizzatore dell’open banking, accettando di prendere parte anche ad ecosistemi e canali altrui. A questo fine sarà necessario un cambiamento culturale oltre che tecnologico e abbandonare il concetto di centralità dell’organizzazione e di offerta standardizzata.

* Partner PwC Italia, Financial Services


Bye bye cicli economici è arrivata la disruption Nuove tecnologie, epidemie, barriere al commercio e deglobalizzazione modificano gli scenari nel giro di pochi mesi. Così AlixPartners ha avviato un osservatorio per monitorare cinque settori diversi di Marina Marinetti

C’

è quello corto di Kitchin, basato sulle variazioni delle scorte, che dura da 2 a 4 anni; c’è quello lungo di Juglar, basato sulle variazioni del credito e delle riserve bancarie, di 4-10 anni; c’è quello lunghissimo di Kondratiev, 50-60 anni. Peccato che la disruption abbia sbaragliato qualsiasi speranza di prevedere il ciclo economico. Così, nel giro di qualche mese, tutto cambia. Epidemie come il Coronavirus che sta spiazzando una delle economie più forti del pianeta, divorzi eclatanti come la Brexit, scenari di guerra, dall’Iran alla Libia, senza contare le nuove tecnologie, da intelligenza artificale all’Internet of things, con la cyberpirateria sempre in agguato, e gli interventi regolatori che intervengono sul climate change ridisegnando interi settori come quello dell’automotive. E il ciclo economico diventa un sorvegliato speciale. Se gli economisti sono in difficoltà, figuratevi i consulenti, che devono essere pronti a cambiare rotta da un momento all’altro per accompagnare le aziende nel loro percorso di crescita. Ecco perché AlixPartners, che nel campo della consulenza è leader a livello mondiale, ha allertato i 2mila professionisti della sua rete di 24 uffici in quattro continenti perché siano pronti a intercettare qualunque segnale di disruption in arrivo per anticipare, reagire e, nel caso, attrezzarsi per cambiare le cose. Disruption Insight, il progetto che

AlixPartners ha appena avviato, per il momento ha analizzato 635 compagnie di cinque settori diversi (automotive, telecomunicazioni, retail, servizi finanziari, difesa) individuando 65 segnali di cambiamento. «Il prossimo sarà un decennio cerniera: si passerà dal capitalismo spinto al capitalismo sostenibile», spiega Stefano Aversa, presidente Emea e vicepresidente a livello globale di AlixPartners. Reduce dalla sua ventesima Davos, conferma che la parola d’ordine si questa edizione è stata “climate change”: «Per ora c’è molto SECONDO ALIX PARTNERS IL PROSSIMO SARÀ UN DECENNIO "CERNIERA" DURANTE IL QUALE SI PASSERÀ DAL CAPITALISMO SPINTO ALL'ECONOMIA SOSTENIBILE

rumore, ma si stanno anche portando avanti progetti concreti non solo per una questione di immagine green, ma per scelta delle nuove generazioni. Ci saranno indici che obbligheranno le aziende a perseguire aspetti di sostenibilità per non essere penalizzate nella loro attività. Il green deal è un’occasione unica per l’Europa per dichiarare la sua leadership nelle tecnologie applicabili nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica. E l’Italia può giocare un ruolo estremamente importante». La performance delle aziende, per Aversa dipenderà sempre meno dal ciclo macroeconomico e sempre di più dai cicli di disruption, determinati non solo dall’innova-

STEFANO AVERSA

zione tecnologica, che è sempre più rapida, ma anche da incentivi e disincentivi, barriere al commercio e, viceversa, facilitazioni. Non bisogna sottovalutare nepure le tensioni sociali: «Il divario tra chi ha e chi non ha è aumentato», continua Aversa, «e questo si riversa sul modo di votare, come stiamo vedendo non solo in Italia. Il populismo indica che non c’è più fiducia nell’establishment, così ha preso il via un processo di deglobalizzazione. Anche la tecnologia fa paura: intelligenza artificiale, blockchain, robot, connettività sono un’opportunità, ma anche una micaccia». La conseguenza? Cicli economici brevi, brevissimi, che non superano i 18 mesi. E dunque incertezza. L’imprevedibilità richiede alle aziende rapidità nella capacità di reazione: «La leadership è ancora più importante, così come la rapidità nel prendere decisioni. Certo, è una scommessa: place you bet, si dice nel mondo anglosassone». Se questo vale per il management, secondo Aversa le aziende non devono invece sottovalutare il vantaggio di essere secondi: «Arrivare troppo presto, specie quando una tecnologia non è ancora stabilizzata, porta a grossi svantaggi. L’abbiamo visto con Beta e Vhs, per esempio: Beta era migliore, ma Vhs poi si impose come standard video». È invece fondamentale puntare sul brand: «Resta una delle ancore di certezza e di rassicurazione».

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APPROFONDIMENTI

in collaborazione con Aifi

Saranno i capitali privati a curare l'economia reale Se il 2019 è stato un anno importante per private equity, private debt, club deal e family office, con l'iniziezione di 11 miliardi di euro in 650 società italiane, il 2020 si apre con l'incognita coronavirus di Anna Gervasoni

I

l 2019 consuntiva un anno importante per il private capital. Se consideriamo le diverse tipologie e l’attività svolta dai differenti operatori, raggiungiamo quota 11 miliardi di euro investiti in 650 società. In questo numero leggiamo sia gli operatori tradizionali di private equity, venture capital e private debt, sia altri soggetti come club deal e family office, importanti protagonisti dell’anno scorso. Focalizzandoci sul private equity, il segmento delle operazioni sulle medie imprese, il cosiddetto small e mid market, vede volumi invariati, poco meno di 4 miliardi di euro, la stessa cifra del 2018. Registriamo sicuramente volumi inferiori nel segmento dei large e mega deal, che dai quasi sei miliardi dell’anno scorso si contraggono a 3,3. Questo in quanto, pur a sostanziale parità di operazioni, vediamo nel 2019 solo due mega deal, contro gli 8 dell’anno scorso. Sotto questo profilo notiamo come il comparto degli investimenti in equity per le infrastrutture sia PROFESSORE ORDINARIO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC DI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT)

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quello che registra il calo più significativo passando da 3 miliardi nel 2018 a circa 500 milioni nel 2019. Ed è questo a far calare il volume complessivo dell’ammontare di private equity da 10 a 7 miliardi. Anche il private debt tiene, con volumi complessivi pari a 1,3 miliardi di euro impiegati in 200 imprese. E quindi mettendo insieme tutti gli strumenti di sostegno allo sviluppo delle imprese, abbiamo un segnale di sostanziale continuità rispetto al passato. Questo però non basta. Se confrontiamo il nostro mercato con quello del nostro principale competitore manifatturiero europeo, e cioè la Germania, vediamo un gap importante da colmare. L’anno scorso i colleghi tedeschi hanno chiuso l’anno con 14 miliardi di investimenti in quasi 950 operazioni. Ma l’aspetto più importante è quello della raccolta. La raccolta degli operatori domestici è stata in Germania pari a 5 miliardi di euro, contro il nostro 1,5 miliardi. E il loro valore di raccolta aumentata rispetto agli anni precedenti, il nostro si contrae, il che vuol dire che avranno più potenzialità d’investimento per gli anni futuri. Per l’Italia, a fronte di un quadro stabile, dove gli operatori internazionali, che quindi non sono presenti e censiti sul mercato della raccolta

italiana, continuano a essere i protagonisti a livello di volumi, dobbiamo evidenziare questa forte criticità, cioè la difficoltà nella raccolta. Gli operatori domestici, sono tra l'altro, il motore più importante a livello di numeri, animando le operazioni di minor dimensione. Di più, non avere un trend in crescita- anche lato investimenti - è molto preoccupante. Il 2020 si apre con questa preoccupazione. Dobbiamo fare un salto di dimensione, che va effettuato in un anno caratterizzato da emergenze inaspettate e che porteranno ad avere impatti anche duri nelle imprese in portafoglio degli operatori. La risposta deve essere di sistema: la messa in campo delle nostre professionalità per dare un contributo forte alle aziende nella creazione di valore lavorando a fianco d’imprenditori e manager in modo ancora più incisivo e stringente sulla valorizzazione del capitale umano, sull’implementazione dell’innovazione, sulle aggregazioni e sull’internazionalizzazione. Ma abbiamo alcuni elementi nuovi che ci aiutano a ricomporre un quadro non sconfortante. I nuovi flussi possono provenire dal risparmio privato; vanno ben organizzati, rispettando le attitudini al rischio e le esigenze di liquidità, assecondando l’esigenza e la volontà di spostare una quota coerente ed equilibrata dei propri capitali su investimenti illiquidi, Già all’inizio dell’anno gli asset manager e il private banking hanno fatto raccolte importanti in questa direzione. Si auspica che gran parte di questo nuovo flusso di capitali possa essere indirizzato all’economia reale italiana. Guardando poi agli investitori istituzionali, per la prima volta, nel 2019, i fondi pensione e le casse di previdenza sono stati i protagonisti della raccolta del private equity: questo canale va mantenuto e ampliato, come accade nei mercati più evoluti. Mai come in questo momento ci troviamo a dover dare risposte alle imprese che avranno bisogno di nuove risorse. Il nostro è un settore cruciale per la ripartenza dell’economia. Speriamo di alzare la sensibilità delle istituzioni che ci devono accompagnare per fare il salto di qualità che da troppi anni aspettiamo.


Supply chain finance la regia vada ai tesorieri Cos'hanno in comune factoring reverse, carte di credito virtuali, dynamic discount, blockchain? Permettono una esecuzione temporale brevissima delle operazioni di raccolta e impiego. Così ci si tutela dal rischio di default di Giovanni Ceci *

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processi evolutivi all’interno della gestione aziendale hanno assunto una velocità crescente dovuta in grande parte alla componente digitale che consente l’acquisizione di dati sempre più ricchi e numerosi, che impongono tempi decisionali immediati e maggiore sintesi. In particolare, il processo evolutivo della Supply Chain Finance ha portato a sviluppare le scelte aziendali verso nuove forme di gestione quali la terziarizzazione del magazzino, le politiche di ottimizzazione delle scorte, le nuove codifiche dei prodotti e sviluppo dei nuovi criteri distribuitivi della logistica sia domestica che internazionale resi possibili dallo sviluppo delle informazioni digitali. Appare subito evidente che nella Supply Chain Finance, gli obiettivi sono legati alla gestione degli ordini del ciclo attivo e passivo fino al processo di incasso e pagamento ma, come detto, tutti gli attori contribuiscono all'intero processo ed è necessario un soggetto, o meglio un regista, in grado monitorare l’intero cruscotto operativo. Questa figura è rappresentata dalla tesoreria aziendale che è la concreta e responsabile funzione in grado di regolare il ciclo attivo, ciclo passivo e ciclo del magazzino impiegando gli strumenti per realizzare processi automatizzati di incasso e pagamento, allineamento dei

conti aziendali con quelli delle controparti, produzione di rendiconti economici e finanziari. È immediato che questo tipo di “allineamento” è responsabile dei livelli del flusso di liquidità aziendale e conseguentemente dell’andamento del working capital, parametri che nel corso della passata crisi economica sono stati per la maggioranza delle Pmi nazionali l’elemento debole che ha provocato default presso il sistema bancario e verso i fornitori. Inoltre, nell’attuale contesto macroeconomico dove le soluzioni digitali, cloud, LA TESORERIA AZIENDALE È IN GRADO DI REGOLARE IL CICLO ATTIVO, PASSIVO E DEL MAGAZZINO ALLINEANDO I CONTI CON LE ESIGENZE PRODUTTIVE

fintech ed e-commerce permettono di velocizzare le informazioni gestionali, è basilare integrare i processi della filiera delle movimentazioni delle merci con sistemi di logistica integrata che assume il ruolo di processo primario della pianificazione della filiera produttiva. Quindi, gestione congiunta e strutturata attraverso modelli e sistemi in grado di integrare la logistica con la finanza e la tesoreria aziendale che attualmente può utilizzare molteplici strumenti che grazie allo sviluppo del fintech, permettono una esecuzione temporale brevissima delle

L'AUTORE, GIOVANNI CECI

operazioni di raccolta e impiego. Alcuni esempi: - Operazioni Factoring Reverse detto anche Factor Indiretto, che permette ai fornitori di incassare anticipatamente i crediti attraverso una specifica convenzione con i clienti; - Carte di Credito virtuali, con cui a fronte di un tempo medio di pagamento 60 giorni si possono rilevare circa 55 giorni di flessibilità che possono essere suddivisi tra buyer e supplier; - Dynamic Discount, che consente il pagamento anticipato da parte del cliente a fronte di uno sconto concesso da parte del fornitore sulla fattura, proporzionale ai giorni di anticipo; - Equipment Finance, rappresenta l’insieme di strumenti finanziari che sono a supporto all’acquisto di asset durevoli. La transazione è gestita da un provider che svolge l’arbitraggio tra pagamenti e incassi; - Purchase Order Finance: consente all’impresa che ha ricevuto l’ordine da un cliente con adeguato standing creditizio, di inserirlo come collaterale in garanzia per un finanziamento a breve termine; - Blockchain: un data base strutturato a “blocchi”, condiviso tra più nodi di una rete e le transazioni sono validate dalla rete stessa mediante tracciabilità (trust).

* Consigliere Aiti

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in collaborazione con ANDAF

Oltre la fattura elettronica: fra aziende e PA il dialogo diventa digitale La dematerializzazione sta funzionando meglio del previsto: la spinta alla semplificazione ha incentivato il colloquio tra pubblico e privato, necessario all'automazione dello scambio di informazioni. Così stanno nascendo nuovi servizi a disposizione delle imprese di Donato Pastore*

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a legge di Bilancio 2018 ha introdotto, a partire dal primo gennaio 2019, l’obbligo della fatturazione elettronica, oltre che verso la Pubblica Amministrazione anche tra privati, al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi e disincentivare eventuali prassi alla base dell’evasione fiscale. L’eliminazione del cosiddetto “cartaceo”, in gergo tecnico “dematerializzazione”, ha ascoltato il bisogno, principalmente della Pubblica Amministrazione, di avviare un percorso nella direzione di una maggior trasparenza e di un controllo sistemico, determinando un’efficace organizzazione di spazi, tempi e relativi costi. La fatturazione elettronica ha introdotto non solo obblighi ma anche certezze, ad esempio è certa la data di ricezione della fattura, sono certi i tempi della sua emissione rispetto alla fornitura e/o prestazione resa, così come sono definiti i dati della fattura digita-

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L'AUTORE, DONATO PASTORE

le. Inoltre, si è determinato uno strutturate e ripetitive. standard nella tassonomia: fat- La spinta, infine, ha incentivato tura Xml, Sdi, allegati, Provider, il colloquio delle aziende con gli integrazioni, campi obbligatori e enti pubblici, necessario all’aucampi facoltativi. tomazione dello scambio di inL’introduzione di un Sistema di formazioni, mediante l’utilizzo di interscambio, il cosiddetto Sdi, nuovi emergenti servizi, quali ad per l’invio e ricezione delle fat- esempio: il servizio di richiesta ture, ha richiesto, ai soggetti massiva del Durc, messo a dieconomici sposizione È NECESSARIO DEFINIRE con ruolo dall’Inps; i di “forni- LA COSIDDETTA "VISIONE" servizi oftore” e di CON LA COLLABORAZIONE ferti da vari “cliente”, provider per TRA AZIENDE, PA investimenrecepire le E LEGISLATORE ti e adeguainformaziomenti dei propri sistemi infor- ni registrate presso la Camera matici; sebbene il percorso non di Commercio, disponibili ausia ancora concluso - basti pen- tomaticamente in fase di creasare ad esempio alla presenza di zione delle relative anagrafiche; regole disomogenee di fattura- strumenti di collaborazione, tipizione tra PA e privati, piuttosto camente portali web, tra clienti che ad una situazione europea e fornitori per l’emissione della molto frammentata, ad oggi non fatturazione a fronte di ordini è previsto un obbligo della fat- d’acquisto con evidenza delle turazione elettronica tra privati prestazioni rese e/o forniture, - si sono generate spinte, nelle sino alla produzione “automasingole realtà, atte alla reinge- tica” o semplicemente guidata gnerizzazione e all’automazione della relativa fattura con invio al dei processi amministrativi alla Sdi, tracciando le notifiche probase del processo di fatturazio- dotte da quest’ultimo. ne, spesso attraverso l’utilizzo di La fattura, come rapporto fiscastrumenti di robotica per attività le tra due attori, racchiude un

insieme complesso di processi: a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, anagrafiche clienti e fornitori, ordini di vendita e ordini d’acquisto, prestazioni rese e forniture, regimi fiscali, verifiche in fase di pagamento. E allora, perché non sbilanciarsi ed immaginare che il percorso nei prossimi anni preveda anche una standardizzazione dello scambio di questi dati? Ad esempio con un sistema di interscambio di ordini d’acquisto elettronici? Perché non immaginare dei servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione per assolvere alle verifiche? È necessario definire la cosiddetta “visione”, attraverso la collaborazione tra aziende, Pubblica Amministrazione e legislatore, per proseguire il percorso intrapreso dalla fatturazione elettronica, mantenendo di fatto il dinamismo ed il processo sinergico da essa innescati. *Responsabile Procedure e Sistemi di Gruppo - Direzione Centrale Amministrazione Bilancio, Fiscale e Controllo - Membro Comitato ICT Andaf


La disabilità? Si vince con la partecipazione Jobmetoo è una piattaforma attiva nella ricerca e selezione di personale con disabilità e appartenente alle categorie protette. Fa parte del gruppo Openjobmetis, unica agenzia per il lavoro quotata in Borsa Italiana di Riccardo Venturi

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i sono storie d’impresa che esprimono la capacità dell’uomo di trasformare le difficoltà in opportunità. Come quella di Jobmetoo, piattaforma digitale dedicata alla ricerca e selezione di personale con disabilità e appartenenti alle categorie protette, che è recentemente entrata a far parte del gruppo Openjobmetis, unica agenzia per il lavoro quotata in Borsa Italiana. «Jobmetoo è figlia della mia esperienza di vita» racconta il fondatore Daniele Regolo, «mi sono laureato in Scienze politiche all’università di Macerata. Mi sarebbe molto piaciuto seguire la carriera internazionale ma la mia disabilità uditiva ha fatto sentire tutto il suo peso. In questi 20-25 anni il mondo è cambiato, oggi si potrebbe farlo, ma ai tempi era impossibile». Così, nel 2005 Regolo partecipa a un concorso pubblico per un posto amministrativo in un’azienda sanitaria marchigiana. «Sono entrato di ruolo in un impiego a tempo indeterminato» racconta Regolo, «doveva essere il periodo più bello della mia vita invece è stato il più drammatico, perché la cieca macchina della burocrazia mi ha collocato in uno sportello ospedaliero». Daniele due anni fa ha fatto l’intervento di impianto cocleare, ma fino a quel momento poteva utilizzare solo la lettura labiale. «Mi trovavo a fare accettazione anche trattando dati sensibili importanti, e facevo molti errori» spiega lui, «era una

mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Sono stati degli anni molto pesanti. A 37 anni ho fatto una scelta da adulto: mi sono dimesso da dipendente pubblico e ho fondato quella che oggi è Jobmetoo». È il 2013. L’anno successivo il progetto convince due fondi di venture capital: Regolo può così avviare un piano di rafforzamento grazie al quale raggiunge i 10mila candidati iscritti al portale in pochi mesi. Nel 2015 sono 45mila, nel 2016 85mila, nel 2019 125mila. JOBMETOO, GRAZIE A PROFESSIONISTI SPECIALIZZATI IN PROGETTI DI INCLUSIONE, È ATTIVA ANCHE NEI PERCORSI DI FORMAZIONE DEDICATI

«Aver fatto diventare impresa ciò che non aveva mai funzionato nella mia vita, e vivere adesso il passaggio in un gruppo come Openjobmetis mi suscita molte emozioni» dice il fondatore. Oltre a essere una piattaforma online per la pubblicazione di offerte di lavoro, Jobmetoo è attiva anche nella ricerca e selezione di personale e, grazie a professionisti specializzati in progetti di inclusione in ambito aziendale, nell’ideazione e programmazione di percorsi di formazione dedicati. E proprio nell’attività di formazione alle aziende sul tema della disabilità, Regolo è riuscito nella difficile alchimia di rendere la sua esperienza più sofferta utile a tante persone che si trovano in una condizione simile

DANIELE REGOLO

alla sua. «Siamo ispirati dalla convenzione dell’Onu del 2006 sui diritti delle persone con disabilità» sottolinea Regolo, «che è la stella polare di quel che definisco un nuovo paradigma; non ci interessa più la persona in sé con la sua condizione specifica, io che ho una sordità profonda, un mio amico che è in carrozzina; ma è la relazione tra la persona e l’ambiente circostante che crea la disabilità». Non è così per tutti? È avere talento e preparazione per un determinato ambiente e lavoro a renderci più o meno in grado di esprimere le nostre potenzialità. «Per tornare all’esempio di prima, quando lavoravo in uno sportello ospedaliero la mia disabilità era altissima» aggiunge il fondatore di Jobmetoo, «invece in una riunione con persone che parlano una alla volta in un ambiente luminoso la mia disabilità è vicina allo zero, perché riesco a sentire e capire tutti ed essere partecipe. La parola chiave è partecipazione». In questo spirito, la prima delle 5 azioni di cui si è resa promotrice Jobmetoo per rendere più moderno, efficace e rispettoso il rapporto tra lavoratori con disabilità e mondo dell’occupazione è la graduale abolizione dell’obbligo di assunzione. «Non abbiamo più il bisogno dell’elemosina, ciascuno è artefice del suo destino» aggiunge Regolo, «se c’è partecipazione c’è anche la meritocrazia: ognuno ha il suo livello e deve fare la sua carriera».

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APPROFONDIMENTI

Lavoro a distanza, ma senza mantenere le distanze C'è meeting e meeting. Ma anche le call e le videoconferenze hanno le loro regole. Per essere efficaci, infatti, occorre adottare un linguaggio diverso, ma anche non trascurare il proprio aspetto. Ecco perché di Lorenzo Dornetti

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l Coronavirus ha costretto molte figure rispetto a quando si deve fare a distanza. commerciali e manager a fare i conti con Vendere, negoziare, influenzare altre persouna nuova sfida: la capacità di comunicare ne prevede una serie di metodologie diverse da remoto. Lo smart working in Italia non è quando non si è in presenza. L’uso del cauna novità. Riguardava soprattutto posizioni nale non verbale è limitato. Inoltre il livello di back office. Solo pochi giorni a settimana attentivo medio dell’interlocutore è minore e per brevi periodi. Le persone che ne facequando è mediato attraverso uno schermo. vano richiesta erano motivate dalla volontà Gli studi neuroscientifici dimostrano che il di coniugare vita privata e lavoro. Detta in cervello funziona in maniera diversa in quealtri termini, le trattative e le riunioni serie, sto “format” di relazione. Per questo con il si facevano in sede. mio team di psicologi VENDERE, NEGOZIARE, INFLUENZARE Tutti attorno ad un taabbiamo definito alLE PERSONE, PREVEDE METODOLOGIE volo. Poi arriva il virus cuni consigli utili per DIVERSE SE NON SI È "IN PRESENZA" con la corona e tutto avere un elevato imPERCHÉ L'ATTENZIONE È LIMITATA cambia. Molte “indupatto comunicativo in stries” non possono cambiare lo strumento smart working. di comunicazione. Parecchie attività si pos1) Dress code “come se”. Molte ricerche sono realizzare da remoto all’interno di comhanno dimostrato che si comunica più effiplesse e lunghe catene del valore. cacemente quando si è vestiti esattamente Io stesso, come ceo di Neurovendita, mi sono come se ci si recasse dal cliente o in ufficio. sempre occupato di studiare come applicare Serve ingannare il cervello per realizzare le neuroscienze al miglioramento delle comuna prestazione come se fosse in un altro petenze commerciali nella relazione tra venluogo. Il sistema nervoso ha bisogno di una ditore e cliente nei “contesti naturali”, igno“cornice”, gli esperti parlano di “business rando i sistemi di comunicazione da remoto. framework”. Il modo in cui si è vestiti attiva Comunicare vis à vis è uno “sport” differente

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un click nel cervello che alza la produttività. 2) Tenere alta la concentrazione. Tenere l’attenzione del cliente da remoto è più difficile. Manca il canale non verbale. La capacità di capire se l’altro è interessato è minore. Per mantenere un elevato impatto comunicativo serve suddividere in parti. È efficace spaccare un processo di vendita in più incontri. È utile anticipare alcuni documenti di un meeting per dedicarsi in riunione solo a comprendere meglio, decidere e superare le obiezioni. Ogni 40 minuti è necessaria una pausa, da remoto gli spam dell’attenzione sono ridotti. 3) Cambiare il linguaggio. Nel vis à vis il paraverbale aiuta. Attraverso lo schermo, tutto è “attutito”. Per essere potenti serve parlare più lentamente. Usare frasi corte. Tenere un tono di voce più alto per far sentire ciò che si vuole comunicare. Per avere il tono giusto basta immaginare che lo schermo sia un metro più distante rispetto a dove è situato. Il cervello regolerà il tono, senza fatica. 4) Catturare l’attenzione. Nell’ambito di riunioni da remoto è essenziale usare molte “domande di controllo”. Aumenta l’ingaggio dei partecipanti. Usare frasi come: “lascerei adesso spazio alle vostre domande…”, “mi sentite bene?”, “mi continuate a vedere?”. Sono espedienti per tenere attivi i partecipanti. 5) Finalizza. Per l’interlocutore è più facile dire “No” da remoto. C’è la barriera dello schermo. Spesso molti incontri di vendita diventano presentazioni sterili. Un “pizzico” di aggressività comunicativa in più, compensa la freddezza del non esserci. La comunicazione commerciale da remoto è un campo poco esplorato. Una nuova frontiera in cui applicare la Neurovendita. Si tratta di pratiche applicabili, da considerare anche una volta conclusa la pandemia. Queste modalità sono efficaci come il vis à vis? Assolutamente No. Ciò non è un buon motivo per non provarci, imparare ed applicare questa nuova competenza. Parafrasando il Nobel Kahnemann, in questo momento, serve ridurre le perdite.


L'epidemia e la rinvincita dei profeti di sventura Il premio Nobel Nouriel Roubini dalle colonne del Financial Times aveva lanciato l'allarme sul coronavirus già il 25 febbraio. I mercati gli hanno dato ragione: non si tratta di un'influenza, ma del temuto "cigno nero" di Ugo Bertone

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remate, tremate, è tornato a parlare di nuovo. II che non è una bella notizia. Ma, Nouriel Roubini. Per carità, l’econocome sempre accade nei momenti di svolmista famoso per aver previsto, inata dei mercati, di allunga la schiera di vinti scoltato, la crisi del 2007/08, in questi anni e vincitori. La maglia nera tra i maghi dei ha tenuto conferenze ben pagate e scritto mercati spetta senz’altro a Vincent Chailley articoli per i giornali più importanti. Ma, e Bruno Crastes, creatori dell’ hedge H20 accompagnato com’era dalla fama di proasset management, una boutique finanziafeta di sventure, il suo nome aveva perduto ria della City controllata dal gruppo Natixis appeal. Fino al 25 febbraio scorso, quando celebre per lo stile di gestione aggressivo, ai sulle colonne del Financial Times, il profesvertici delle classifiche di performance nel sore della Stern Uni2017 e nel 2018, dopo SECONDO LO STIMATO ANALISTA versity (laureato in aver raccolto fino a IL MONDO NON DEVE ATTENDERSI Bocconi) è tornato a 30 miliardi di euro. UNA RIPRESA A "V" PERCHÉ fustigare l’ottimismo Il segreto? Andare a SI PROFILANO ALTRI GRAVI SHOCK cieco ed interessato caccia della volatilità, di chi in quei giorni ancora sosteneva che quasi scomparsa negli scorsi anni. il coronavirus non era un pericoloso cigno Purtroppo, però, il vento è cambiato. E per nero ma poco più di un’influenza di stagione. giunta i due (ex) maghi hanno messo a seInvece, fa impressione rileggere, un mese gno ad inizio 2020 due scommesse peggio dopo, l’analisi lucida di mister Doom: l’epiche sballate puntando forte sull’aumento demia, scriveva, non si esaurirà nel giro di del prezzo del petrolio e sui rally dei Btp poche settimane. E non ci sarà una ripresa finanziato, errore dopo errore, rispetto ai rapida, a forma di V, anche perché sarà solo T bond americani, uno degli asset preferiti il primo di una lunga serie di shock a partire dai mercati nei momenti di fuga dal rischio. dal petrolio. Insomma, Roubini ci ha preso Il risultato? Il fondo “Allegro” (di nome ma non di fatto) ha perduto il 19,4%, subendo per giunta l’espulsione dal catalogo di MorL'AUTORE UGO BERTONE. ningstar per la presenza di troppi assets TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", illiquidi. È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOPeggio è andata a “Vivace”, altra creatura FINANZIARI D'ITALIA delal coppia. Ma, per restare nell’ambito della City, il coronavirus ha giocato un brut-

NOURIEL ROUBINI

to scherzo anche al Financial Equity Fund di Algebris, la boutique finanziaria guidata da Davide Serra. E la stessa sorte è toccata al Dynamic Total Return di Bny Mellon pesantemente investito sui derivati nell’indice S&P in calo del 18 % nel mese più nero, prodigo di emozioni da cardiopalma. Specie per i gestori che da tempo scommettono contro Tesla, un duello che non ha nulla da invidiare alle Guerre Stellari. Da ottobre a metà febbraio il titolo dell’auto elettrica di Elon Musk ha messo a segno un rialzo del 250% a 12 miliardi di dollari. Ma da 19 febbraio, complice il coronavirus che ha fermato la fabbrica Tesla di Shanghai, metà del guadagno è finito in fumo per la gioia dei venditori allo scoperto, convinti che l’azienda dell’inventore sudafricano sia un bluff destinato ad esplodere nonostante il traguardo di un milione di vetture superato proprio il mese scorso. Ma le cronache di una stagione finanziato ricca di squilibri ed incertezze sono senz’altro destinate ad arricchirsi di avventure e di sventure varie. Magari, come insegna il tracollo della texana Tellurian, messa alle corde (-111% in una settimana) dalla caduta della domanda in un settore all’apparenza tranquillo: il gas naturale. Ma non c’è da stupirsi: i cigni, così maestosi e nobili, sono pennuti mordaci e dispettosi. Anche e soprattutto quando sono neri.

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TALENT SHOW

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CI PIACE I PARADOSSALI EFFETTI BENEFICI DEL CORONAVIRUS Il caso del giovane emiratino e della sua cospicua donazione all’Anpas marchigiana di Giuliana Gemelli

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lcun mesi fa all’American Uniersity di Dubai ho incontrato il figlio di un industriale arabo che insieme ai fratelli ha fondato un’impresa innovativa e sostenibile di vernici, compartecipata dai dipendenti. Il suo nome è Abdullak Al Atrash. Nel corso dei nostri incontri mi ha raccontato la sua storia di allievo dell’Istao di Ancona, la scuola di management fondata a metà degli anni Sessanta dall’immenso Giorgio Fuà, maestro di intelligenza, generosità, lungimiranza, uomo dotato di visione ed “eveilleur” delle coscienze per diverse generazioni di studenti. Abdullah ha deciso di intervenire con una cospicua donazione a sostegno dell’Anpas marchigiana nella difficile congiuntura del coronavirus. «La maggior parte delle volte - scrive Abdullah - non amo descrivere cosa facciamo e chi sosteniamo poiché spesso non è necessario renderlo pubblico. A volte per lo è perché rendendolo pubblico possiamo sperare di convincere altre imprese a fare lo stesso. Lancio un appello a tutte le imprese che ne hanno la possibilità di unirsi a questa lotta e a sostenere l’Italia in questo grave momento. Voglio inoltre ricordare ai politici che la sanità pubblica non si tocca». Avrei voluto scrivere queste poche righe a caratteri maiuscoli. Sono piena di ammirazione e di gioia: è una conferma che uno dei concetti vitali per me, quello di fertilizzazione incrociata non è un’astrusa elucubrazione intellettuale, ma un principio attivo di civiltà, di condivisione, di dialogo attraverso quelle che a torto riteniamo barriere. Una lezione meravigliosa che ci viene dal mondo arabo con profonde radici nella cultura italiana

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La fertilizzazione incrociata non è un’astrusa elucubrazione ma un principio di civiltà Fastweb, parte del gruppo Swisscom, adotta l’intelligenza artificiale e taglia quella umana

on si può dire che la colpa sia di Fastweb, per quanto – in tempi di sbandierata adesione ai principi Esg (enviromental, social, government), dalla filiale italiana di una multinazionale ci si sarebbe attesi qualcosa di più. Tanto più che la holding svizzera Swisscom, cui Fastweb (nella foto, l’a.d. Alberto Calcagno) appartiene, si piazza addirittura al terzo posto nella classifica CsrHub per le società più solidali. E niente, Fastweb ha esternalizzato sette anni fa circa 300 dipendenti del call-center cedendoli, con il relativo ramo d’azienda, alla società Covisian, assicurandole la commessa necessaria a dar loro lavoro. Adesso, com’è inevitabile e per risparmiare quattrini – naturalmente migliorando il servizio per il cliente, sempre “al centro” – Fastweb ha adottato per una buona parte delle risposte ai clienti un risponditore robotico e ha tagliato la commessa a Covisian, che ha messo in cassa integrazione 550 dipendenti. Da annotare che Fastweb “si rende comunque disponibile al confronto per valutare l’impatto dell’utilizzo di queste nuove tecnologie, ma sempre nel pieno rispetto dell’autonomia operativa di Covisian”. Sollievo. Storie di ordinaria innovazione. E di margini positivi per Fastweb – complimenti – da 26 trimestri consecutivi, più di sei anni. Chapeau. Sicuramente ne sono lieti anche i cassintegrati e prossimi disoccupati di Covisian, ex-Fastweb. E del resto, se non ci pensa la politica a modulare il travaso di lavoro dalle persone ai robot, perché mai dovrebbero pensarci degli italo-svizzeri? Però, giusto un ritocchino al ribasso per quel rating Esg non guasterebbe.

NON CI PIACE TANTI UTILI PIU’ ROBOT E 550 PERSONE PER LA STRADA L’azienda aveva esternalizzato il call-center sette anni fa e ora ha tagliato la commessa la redazione


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RSM offre una consulenza nuova e diversa: quella necessaria a un’azienda che vuole crescere e costruire un futuro solido. Offre un team che ascolta l’impresa, ne comprende le esigenze per trasformarle in soluzioni vincenti, basandosi sull’analisi di mercati, leggi e prassi. Un team che si fa partner del cliente, per potenziare le sue idee con le competenze di un network globale e, insieme, profondamente inserito nella realtà italiana. Experience the power of being understood. Experience RSM | rsm.global/italy

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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

Il private equity d’Oltralpe sta facendo incetta di Pmi In Francia decollano le società di investimento che si concentrano sul comparto delle cosiddette énterprise de taille intérmediaire: merito della leva fiscale garantita dall’ultima legge finanziaria di Giuseppe Corsentino

CHI MEGLIO DI UN IMPRENDITORE PICCOLO-MEDIO O DI UN CAPO AZIENDA DI UNA ETI, ÉNTREPRISE DE TAILLE INTÉRMEDIAIRE, COME LE CHIAMANO QUI IN FRANCIA - A CONTROLLO FAMILIARE, CON POCHI DIPENDENTI E QUALCHE MILIONE DI EURO DI FATTURATO - PUÒ CAPIRE I PROBLEMI E I BISOGNI DI UN IMPRENDITORE della stessa taglia che vuole espandersi, conquistare quote di mercato o solo consolidarsi per reggere alla concorrenza ma non ha le risorse finanziarie per farlo in tranquillità? Sì, ci sono anche qui le società di private equity – più di 400 ne ha contate l’ufficio studi della Consob francese – che in questi anni si sono specializzate nel settore delle pmi, che hanno risorse per suppore le deboli finanze familiari degli azionisti, e competenze tecniche e gestionali per sostenere management gracili, provinciali, con scarse aperture verso il mondo. Ma le società di private equity, di derivazione e cultura anglosassone, hanno regole e comportamenti che non piacciono ai piccoli imprenditori (che sono uguali dappertutto, in Francia come in Italia) i quali le considerano altrettanto pericolosi dei cosiddetti “fondi avvoltoio”, arrivati anche loro dagli Stati Uniti con l’obiettivo di entrare nel capitale delle grandi aziende, smembrarle, venderle a pezzi perché è così che funziona nel turbocapitalismo globale: si crea valore cioè denari per pagare ricchi dividendi agli azionisti. E poi, diciamola tutta, le società di private equity hanno appetiti finanziari che nessuna piccola o media impresa, spesso a conduzione familiare, è in grado di soddisfare. Ecco perché qui in Francia si sono inventate le “società d’investimento”

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finanziate da piccoli e medi imprenditori o da manager che decidono d’investire con pazienza in altre piccole e medie imprese e non solo nelle start-up. Le società d’investimento, a differenza del private equity, non hanno vincoli di redditività immediata, calendari finanziari stressanti, obiettivi spesso fuori portata rispetto ai mercati aziendali di riferimento. Non si sostituiscono all’imprenditore: le società d’investimento sanno ascoltare, pianificare insieme, immaginare percorsi di crescita realistici e condivisi. In più, lo Stato sembra venire incontro all’investimento in questi nuovi veicoli finanziari con la leva fiscale: fino al 2012 chi investiva direttamente in una piccola o media azienda il ricavato di una precedente cessione aveva diritto ad uno sconto o a una detrazione d’imposta, ma solo a patto che l’operazione si concludesse entro due anni. Oggi, con la legge finanziaria 2019, il vincolo è stato rimosso e questo ha permesso, in sostanza, il decollo delle società d’investimento, di questo particolarissimo private equity al servizio delle pmi. Se ne sono accorti anche a France Invest, la lobby del private equity francese che si fregia del titolo di “Association des investisseurs pour la croissance” ed è guidata da un manager cresciuto nella grande industria (Dominique Gaillard, ex amministratore delegato della Pechiney, il colosso dell’alluminio). Già i soci di France Invest, cioè società come Capitem, Newfund, Frenchfood Capital e decine di altre, hanno investito finora la bellezza di 14,7 miliardi di euro nel capitale delle piccole e medie imprese con un “fall-out” in termini occupazionali di 210mila posti di lavoro nel periodo 2012-2017.

N e i prossimi anni si farà ancora di più, con più risorse e più competenze dal momento che France Invest ha deciso di creare al suo interno una specie di club riservato a 21 (finora) società d’investimento che si riuniscono qui a Parigi ogni tre mesi per scambiarsi informazioni e mettere a fattor comune le “buone pratiche” messe in atto nei diversi dossier. Tra le 21 del club una delle più ascoltate è la Geneo di Lione, creata da un’enarca (madame Fanny Letier) che ha lavorato per anni nel settore pubblico, al Ministero del Tesoro dove ha guidato il Ciri, il Comitato interministeriale per la ristrutturazione industriale, e quindi conosce perfettamente il tessuto industriale del Paese. Grazie a lei e alla sua storia professionale, Geneo in un solo anno (nel 2019) ha raccolto 125milioni di euro da una settantina di piccoli e medi imprenditori e ora si sta impegnando in una serie di interventi finanziari e manageriali in aziende di media taglia ma di sicuro sviluppo come una società d’ingegneria che opera nella logistica del settore vitivinicolo in Borgogna. L’obiettivo, dice la signora Letier, è quello di creare attorno al “veicolo Geneo” una community di piccoli e medi imprenditori che si scambiano esperienze, storie, savoir-faire, non solo quattrini. Ben detto. È proprio questo che fa la differenza tra il private equity e le società d’investimeno “à la française”.


QUI DUBAI, APPUNTI DAL BURJ KHALIFA

L’Expo 2020 sarà il volano per ripartire su nuove basi Una volta lasciataci alle spalle la pandemia, a ottobre l’esposizione universale non sarà solo una vetrina per il nostro made in Italy, ma l’occasione per stringere alleanze e approcciare nuovi mercati di Riccardo Venturi

IL CORONAVIRUS AFFONDA EXPO 2020 DUBAI? AL CONTRARIO NE ACCRESCE L’IMPORTANZA, AFFIDANDOLE IL RUOLO DI RILANCIARE L’ECONOMIA GLOBALE, E FORNENDO ALLE IMPRESE ITALIANE UN’OCCASIONE DA NON PERDERE PER RIAFFACCIARSI SUI MERCATI CHE CONTANO. Al momento dell’inaugurazio-

ne dell’esposizione universale, prevista per il 20 ottobre, si spera che la pandemia sarà alle spalle. «Secondo noi, che lavoriamo in questi mesi a stretto contatto con la presidenza del Consiglio e il ministero degli Esteri» ha affermato Paolo Glisenti, commissario per l’Italia all’Expo di Dubai, «questa è diventata la prima grande occasione imperdibile per l’Italia per presentarsi al mondo di nuovo a una platea internazionale molto interessante, per ricostruire una reputazione italiana fatta di grande innovazione, competenze, eccellenze, e per rimettere in moto tutti i circuiti di investimento, di flussi turistici e di esportazione che si stanno fortemente rallentando». «Ritengo che la forza della struttura economica italiana sia sempre stata rappresentata dalle Pmi e in particolare da quelle che esportano» gli fa eco Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Consulting, società di advisory sull’internazionalizzazione che ha una lunga tradizione di presenza a Dubai, «quindi la valorizzazione del made in Italy sarà la bandiera del rilancio della nostra nazione nel

DA SINISTRA: GIOVANNI BOZZETTI E PAOLO GLISENTI

e

momento in cui avremo ripreso la piena attività del post coronavirus. La prima fondamentale tappa di questo rilancio dell’orgoglio italiano e del made in Italy potrà avvenire senza dubbio a Expo 2020 Dubai». I preparativi per il padiglione italiano proseguono a pieno ritmo. «Stiamo lavorando attentamente, con grande senso di responsabilità» ha assicurato Glisenti, «il nostro padiglione è in fase avanzata di costruzione, abbiamo 80 università pubbliche e private che lavorano con noi su progetti da portare a Dubai, 45 imprese hanno già aderito e stanno fornendoci componenti costruttive edilizie e impiantistiche del padiglione per mostrare il meglio». «Il processo di preparazione di Expo 2020 Dubai non si è né fermato né rallentato, stanno andando avanti» conferma Bozzetti, «credo che loro avranno ancor più una responsabilità, quella di rilanciare nel mondo l’interscambio commerciale e l’economia mondiale di fatto, perché sarà un punto d’incontro di tutti. E la piazza centrale dell’Expo Al Wasl, che in arabo significa connessione, avrà un valore ancor più simbolico dopo il co-

ronavirus, sperando che tutto sia terminato a quell’epoca: sarà una nuova grande riconnessione globale». Lo stesso governo italiano, alle prese con l’emergenza Coronavirus, non ha affatto perso di vista l’importanza della prima esposizione universale organizzata in un paese arabo. «L’Expo sta entrando a pieno titolo nel piano straordinario di rilancio del Made in Italy varato dal Governo» ha sottolineato il commissario per l’Italia all’Expo di Dubai, «non è solo un tema di promozione del nostro Made in Italy all’estero, e quindi di export, ma è anche un tema di attrazione degli investimenti dall’estero. L’Expo di Dubai sarà visitata e partecipata da paesi che saranno nei prossimi 10 anni i più grossi generatori di investimenti verso l’estero: finanza islamica, asiatica, mediterranea, a cui dobbiamo in qualche modo attingere. Sono i paesi che genereranno i più importanti flussi turistici: siamo indietro rispetto a quelli dal Medio Oriente e dall’Asia, Expo Dubai 2020 è un’occasione straordinaria, da non perdere». «Gli imprenditori italiani devono guardare a Expo 2020 sempre di più dal punto di vista del business» osserva il presidente di Efg Consulting, «chi si recherà lì non lo farà solo per aprire il mercato locale, ma quell’occasione rappresenterà una vetrina fondamentale per i prodotti del made in Italy verso tutto il mondo e consentirà di gettare immediatamente le basi per implementare la propria azione commerciale nei paesi del Gcc (Gulf cooperation council), in Africa, nel sudest asiatico, facendo base ovviamente negli Emirati».

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SHORT STORIES

Coronavirus

Sospensione Rc auto, chi ne ha diritto? La possibilità in un decreto del 2 marzo. Ma non per tutti Il decreto-legge n.9 del 2 marzo ha introdotto, per i residenti negli 11 comuni della allora zona rossa, la possibilità di sospendere il pagamento del premio dell’RC auto. Secondo l’analisi di Facile.it su dati Aci, in quelle aree sono iscritti nei registri della motorizzazione 32.594 autovetture; ai proprietari di questi veicoli, in caso di rinnovo della polizza o di versamento rateale previsto tra il 21 febbraio e il 30 aprile 2020 è data la possibilità di posticipare il pagamento ed effettuarlo in un’unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione, oppure, previo accordo con la compagnia assicurativa, di rateizzare l’importo

nel corso dell’anno. I potenziali destinatari potrebbero però essere più numerosi se il Governo dovesse decidere di estendere il beneficio a tutti i veicoli presenti sul territorio nazionale; solo per quanto riguarda le autovetture si tratta di poco più di 39 milioni di mezzi. Di questo parco veicoli, secondo l’analisi di Facile.it realizzata su oltre 6,5 milioni preventivi, le polizze in scadenza nel periodo 21 febbraio 30 aprile potrebbero essere circa il 20,5% del totale, vale a dire 7,9 milioni di autovetture. Ma quale sarà il sollievo economico per coloro che potranno sospendere

temporaneamente il pagamento dell’RC auto? Non trascurabile, se si considera che, secondo i dati dell’osservatorio di Facile.it, a febbraio 2020 per assicurare un veicolo a quattro ruote nella provincia di Lodi occorrevano, in media, 401,93 euro, mentre nella provincia di Padova, dove si trova Vo’, l’importo è pari a 445,42 euro. Guardando ai comuni più grandi tra quelli indicati dal decreto, il range varia tra i 406 euro rilevati a febbraio 2020 a Casalpusterlengo e i 447 euro di Codogno. Se il beneficio dovesse essere esteso a tutta la Penisola, stando alle rilevazioni di febbraio dell’osservatorio di Facile.

Business banking

Trasporto aereo

Tra gli investitori anche Abn Amro Ventures

La piattaforma turistica pronta alla trasformazione digitale

Penta chiude un round da 18,5 milioni Penta, il marketplace digitale per il business banking, ha ottenuto un round di finanziamento di 18.5 milioni di euro da parte di nuovi investitori e di quelli che avevano già investito in precedenza. I nuovi investitori sono RTP Global, Abn Amro Ventures e VR Ventures; gli investitori che hanno riconfermato la loro fiducia in Penta, sono invece finleap, il principale ecosistema fintech in Europa e HV Holtzbrinck Ventures, uno dei maggiori fondi di venture d’Europa. Alex Pavlov, Partner RTP Global si aggiungerà al board di Penta insieme a Barbod Namini, Partner HV e Michael Hock, CFO finleap.“Siamo felici di vedere la grande fiducia dimostrata verso il nostro progetto di rimodellare il business banking per le piccole e medie imprese. Le PMI sono il motore dell’economia del Paese. Con il nostro approccio di costruzione di un marketplace a loro dedicato,

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Amadeus cambia faccia con Workday andiamo incontro alle loro necessità offrendo dei servizi a portata di mano che le banche tradizionali non possono offrire. Con l’aumento degli investitori, Penta beneficerà della costruzione di un network ancora più grande in Europa che gli permetterà di avviare nuove collaborazioni e di far crescere significativamente il proprio business.” afferma Marko Wenthin, CEO & Co-Founder Penta. Rtp Global è una venture capital con una forte esperienza alle spalle: ha investito in 90 paesi negli Stati Uniti, in Europa, in India e nel sud est asiatico. In Germania, aziende come Delivery Hero, Sum Up, Urban Sports Club, Coach Hub e Tier fanno parte del portfolio di RTP. L’investimento in Penta è uno dei primi realizzati tramite il nuovo fondo di RTP Global dal valore di 650 milioni di dollari che verrà utilizzato nei settori AI, tecnologie SaaS, fintech e insurtech.

Workday, fornitore di applicazioni aziendali cloud per la finanza e le risorse umane, ha annunciato che Amadeus ha scelto Human Capital Management per aiutarli a trasformare la cultura dell’organizzazione. Con sede in Spagna, Amadeus è un fornitore leader di soluzioni tecnologiche per l’industria del turismo. Fondata nel 1987, è presente in più di 190 mercati, con oltre 19.000 dipendenti. Secondo Forbes, è tra le 10 aziende di software più importanti al mondo. «Cercavamo una soluzione che fosse progettata a tutto tondo per i dipendenti e che fornisse loro un’esperienza semplice e intuitiva», ha dichiarato Patricia de la Fuente, People and Culture

it, si andrebbe, sempre in media, dai 353,49 euro della Valle d’Aosta ai 974,02 euro della Campania. Il decreto prevede la sospensione del pagamento dei premi per le polizze in scadenza nella finestra di tempo che va dal 21 febbraio al 30 aprile, pur garantendo la copertura. Sebbene sia entrato in vigore il 2 marzo, dal punto di vista operativo non vi sono ancora indicazioni su come poter usufruire di questa opportunità e non è ancora chiaro se andrà fatta richiesta specifica o se, come sembra, potrebbe scattare automaticamente sotto forma di allungamento del periodo di validità della polizza dopo la sua scadenza. Attualmente la legge prevede un obbligo a carico delle compagnie di mantenere operante, fino a 15 giorni dopo la scadenza del contratto, la garanzia prestata con il contratto assicurativo; alcune compagnie assicurative stanno lavorando per offrire ai propri clienti la possibilità di allungare questo periodo di tolleranza per le polizze in scadenza in questo difficile periodo. La sospensione del pagamento – si legge nel decreto – non riguarda comunque i nuovi contratti stipulati.

Digital Initiatives Lead, Amadeus. «Con Workday abbiamo in un unico strumento tutto ciò di cui abbiamo bisogno per aumentare le capacità interne di gestione dei talenti, anticipare le future esigenze aziendali e semplificare i compiti amministrativi per diventare un’organizzazione più agile». Per contribuire a trasformare la cultura dell’organizzazione, Workday HCM permetterà ai manager di Amadeus di avere un’ampia visibilità e approfondimenti sui team, spesso sparsi in diversi continenti. Questo permetterà di misurare meglio le prestazioni, di riconoscere i migliori talenti e di abbinare le competenze con i ruoli. Inoltre, un’interfaccia naturale e intuitiva aiuterà Amadeus a coinvolgere i dipendenti attraverso un’esperienza di tipo consumer per accedere facilmente alle informazioni e svolgere attività in movimento.


Rettifica

Nuove professioni

Pernigotti precisa: non ci siamo trasferiti in Turchia

Il nuovo “Rinascimento” e gli artigiani evoluti Una piattaforma formativa sviluppata da due fratelli veneti Il nome rievoca i fasti di un’epoca fiorente per la tradizione artigiana italiana, competitiva e protagonista dei mercati mondiali. Ed è proprio questo l’obiettivo di Rinascimento Handmade: far riscoprire il valore della manifattura italiana e dar vita ad una nuova schiera di artigiani innovativi. Il progetto, sviluppato da Giacomo e Tommaso Chinellato, due gemelli veneti classe ‘95, laureati in Economia, si propone di aiutare gli artigiani, eccellenze del made in Italy, a diventare imprese di successo nel mercato. Le imprese artigiane sono chiamate ad affrontare la trasformazione dei

Letti per voi

Tutto in un granello: così la sabbia trasforma la storia L’inchiesta di Vince Beiser pubblicata in Italia da Aboca La sabbia è la sostanza solida più importante del pianeta, il fondamento della civiltà: parte da questa affermazione – apparentemente esagerata, ma ampiamente documentata – il libro inchiesta di Vince Beiser: “Tutto in un granello. Come la sabbia ha trasformato la storia della civiltà”. Il volume è edito da Aboca Edizioni, si sviluppa in 336 pagine e costa 22 euro. Ma perché concentrarsi proprio sulla sabbia? Semplice: perché senza sabbia non avremmo né edifici né strade, né calcestruzzo né vetro. Ma non avremmo neppure schermi, né chip elettronici, né cavi in fibra ottica per collegare i computer alla rete. La sabbia, sintetizza l’autore Vince Beiser, “rappresenta per le città

modelli di business dell’economia italiana, tradizione e progresso devono collaborare dando origine a una vera e propria terza rivoluzione industriale, quella dell’artigianato digitale. Come? Rimettendosi in gioco e sperimentando le tecnologie di ultima generazione per riprogettare gli antichi mestieri e puntare alla personalizzazione del prodotto, attenzione al cliente, alla cura per i dettagli attraverso una vetrina virtuale. La formazione online di Rinascimento Handmade consentirà agli artigiani di acquisire le competenze necessarie per creare il proprio brand di prodotti artigianali online attraverso corsi e lezioni di digital marketing.

L’azienda ha fatto richiesta di cassa integrazione nel 2018

ciò che la farina rappresenta per il pane, ciò che le cellule rappresentano per il nostro corpo: è l’ingrediente invisibile, ma fondamentale, che costituisce il nucleo dell’ambiente urbano in cui vive la maggior parte di noi”. Eppure, sebbene il nostro immaginario ci porti a pensare alla sabbia come una risorsa pressoché infinita, le cose non stanno così. E pensare all’avanzata dei deserti non serve, perché non è affatto una soluzione al problema. La sabbia del Sahara, ad esempio, per via della sua particolare composizione, non è adatta a soddisfare i bisogni dell’uomo. E quindi, da dove prendiamo questa preziosa risorsa? La sabbia viene estratta dai letti dei fiumi, dei laghi, dai fondali marini, dalle cave sulla terraferma. La sabbia, a differenza del petrolio, è una risorsa presente quasi ovunque ma estrarla causa spesso danni impressionanti agli ecosistemi: fauna acquatica, flora terrestre e popolazione umana stanno già pagando il conto di un’estrazione inarrestabile. All’origine di tutto questo c’è una questione di domanda e offerta: l’offerta di sabbia che può essere estratta dal suolo in modo sostenibile è limitata ma la domanda non lo è. Oggi c’è così

tanta richiesta di sabbia che il letto dei fiumi e le spiagge di tutto il mondo vengono spogliati dei loro preziosi granelli. I terreni agricoli e le foreste vengono distrutti e con essi intere comunità e specie sono in pericolo di vita. Come siamo diventati così dipendenti da un materiale così elementare? Come possiamo usarne così tanto? E cosa significa per la Terra e per il nostro futuro questa nostra dipendenza? Il

Nelle pagine dello scorso numero di Economy ci siamo dedicati all’analisi del cosiddetto “Italian sounding”. In una colonna abbiamo parlato di “Norma Pernigotti” per spiegare quale siano i poteri oggi in capo al Mise nel caso di trasferimenti di siti produttivi fuori dal nostro Paese. La Pernigotti, di proprietà del gruppo turco Toksoz, ci manda questa precisazione che volentieri pubblichiamo. «Pernigotti S.p.A., in merito all’articolo dal titolo “La Norma Pernigotti” pubblicato sul numero di marzo 2020 di Economy,

precisa che le affermazioni riportate in cui si afferma che “gli attuali azionisti dell’azienda hanno trasferito la produzione in Turchia” sono errate e non veritiere. Pernigotti non ha mai trasferito le sue produzioni italiane in Turchia, a novembre 2018, aveva avviato una richiesta di Cassa integrazione per cessazione, ma a luglio 2019 l’azienda ha deciso di far ripartire a pieno ritmo la produzione di praline, torroni e preparati per il gelato nello stabilimento di Novi Ligure, reimpiegando tutti i suoi lavoratori».

viaggio di Beiser è documentato e universale, si muove dalle spiagge della California alle isole sperdute nel Pacifico, spazia attraverso i cinque continenti e lungo la storia dell’umanità. Per noi infatti la sabbia è importante da secoli e millenni. È stata usata per le costruzioni almeno sin dai tempi degli antichi Egizi. Nel XV secolo, l’artigiano veneziano Angelo Barovier capì come trasformare la sabbia in vetro trasparente, il che rese possibile la produzione di microscopi, di telescopi e di altre tecnologie che contribuirono a guidare la rivoluzione scientifica del Rinascimento. Ma fu solo con l’avvento del moderno mondo industrializzato, nei decenni appena prima e dopo la fine del XX secolo, che si cominciò a sfruttare appieno il potenziale della sabbia e a farne uso su una scala enorme. È in questo periodo che la sabbia è passata dall’essere una risorsa utilizzata per scopi diffusi, ma artigianali, a diventare l’elemento essenziale della civiltà, il materiale chiave per creare strutture e prodotti di massa richiesti da una popolazione in rapida crescita: un ruolo spesso sottovalutato, su cui è fondamentale iniziare a riflettere.

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COMUNICARE L’IMPRESA

Prima lo scetticismo, poi l’entusiasmo, infine il realismo oggettivo: sulla questione dei nuovi media anche l’industry del marketing si sta finalmente stabilizzando. Perché è vero che i social hanno ottime potenzialità, ma vanno integrati nel complesso mosaico dell’offerta informativa. Mantenendo sì un occhio alle nuove generazioni, ma l’altro ben saldo a chi, ancora, ha una capacità di spesa (e di scelta) che i giovani, per ora, si sognano.

124 MARKETING BRAND ALL’INSEGUIMENTO DELLE NUOVE GENERAZIONI

C’È INFLUENZA E INFLUENZA QUELLA DEI SOCIAL SI “CURA” COSÌ Il 90% delle imprese del nostro Paese dichiara di aver coinvolto almeno un influencer nella propria strategia, su Instagram in primis, seguito da Facebook e da Youtube. Una strategia di marketing con luci e ombre di Marco Scotti

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i si ama o li si odia, inutile girarci tare il proprio numero di follower e riuscire attorno: gli influencer sono tali proa vivere di sponsorizzazioni. L’acquisto dei prio perché capaci di polarizzare seguaci, ad esempio, è diventato un sistema moltissimo l’audience, influenzando anche le piuttosto in voga per accrescere la propria abitudini d’acquisto. Vero? In realtà non del base e convincere questo o quel brand che sì, tutto. Perché per ogni Cristiano Ronaldo, che si è meritevoli di ricevere una somma piccola guadagna mezzo mio grande che sia. PerVICINO AI GIGANTI DI INSTAGRAM lione di euro per un ché vicino ai giganti C’È ANCHE CHI GUADAGNA post su Instagram, per di Instagram c’è una TRUCCANDO IL NUMERO DI FOLLOWER ogni Chiara Ferragni moltitudine di persoSENZA BENEFICIO PER I CLIENTI e Fedez (che andrebne che magari ottiene bero ringraziati con pubblico encomio) – che 3-400 euro per un post, figlio di dati truccati hanno raccolto in 24 ore oltre tre milioni di che non portano nessun beneficio alle aziende euro, frutto di 165.000 donazioni provenienti che hanno deciso di scommettere su questa da 92 Paesi per contrastare l’emergenza Coromodalità di marketing. navirus – c’è un piccolo esercito di aspiranti Per cercare di capire meglio come districarcelebrity che è disposta a tutto pur di aumensi in questa giungla è stato perfino creato un

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COMUNICARE L’IMPRESA SOCIAL

I fondatori di Flu Giancarlo Sampietro (a sinistra) e Rosario Magro (a destra)

Osservatorio Influencer Marketing (Oim), realizzato in tandem dalla società di ricerche di mercato Ipsos e da Flu, un’agenzia di comunicazione italiana specializzata in questa modalità di interazione. Il primo dato che emerge è che il 90% delle imprese del nostro Paese dichiara di aver coinvolto almeno un influencer nella propria strategia, su Instagram in primis, seguito da Facebook e da Youtube. «Con questa nuova modalità di marketing – ci raccondamentale tenere in considerazione altri due tano Rosario Magro e Giancarlo Sampietro, parametri: in primo luogo, che il codice di founder di Flu – bisogna iniziare a guardare linguaggio dell’influencer deve essere sema nuovi parametri. In primo luogo bisogna tepre coerente, indipendentemente dal fatto nere in considerazione il true reach, ovvero il che si tratti di un contenuto sponsorizzato o pubblico reale che è in grado di raggiungere meno; in seconda analisi, poi, bisogna inizial’influencer. Difficilmente l’intera rete di conre a distinguere tra awareness e sentiment». E tatti (tipicamente qualche milione) vedrà lo dunque altra carne al fuoco, necessaria per distesso post, che viene proposto dall’algoritmo stricarsi in una giungla di anglicismi che però, a seconda delle proprie preferenze». Quindi se dominati, permettono davvero di increun primo parametro c’è: a seconda del numentare di molto i risultati. Se l’awareness è la mero di utenti che hanno visto il post, si può mera conoscenza di un brand o di un prodotiniziare a calcolare un vero e proprio ritorno to, il sentiment è la modalità con cui essi sono dell’investimento profuso. Un altro dato a suppercepiti all’esterno. E riuscire a far cambiare porto di questa mola percezione che si A SECONDA DEL NUMERO DI UTENTI dalità di marketing: ha di un determinato CHE VISIONANO IL POST SI PUÒ dall’indagine di Flu e articolo, sulle spalle CALCOLARE IL RITORNO Ipsos emerge che il dell’influencer, può DELL’INVESTIMENTO PROFUSO 64% del campione ha essere un’ottima straacquistato almeno un prodotto perché lo ha tegia. visto pubblicizzato sui social da un influencer. In primo luogo, perché l’hashtag #adv, divenuMica male! to obbligatorio da un paio d’anni per segnalaIl discorso è tanto più valido quanto più si va re i post oggetto di un accordo commerciale, su segmenti verticali. Ad esempio, se per i venon è un deterrente in quanto tale, ma solo stiti il tasso di redemption (anglicismo necesse disomogeneo rispetto al modo di comunisario, sta per “tasso di conversione da visione care tradizionalmente usato dall’influencer. E in acquisto”, decisamente troppo lungo…) è dunque: non è tanto che si ammetta che quei bassino, ci sono comparti come la telefonia in jeans o quella crema sono stati gentilmente cui la voce di un influencer verificato e accreomaggiati (e non solo), ma l’importante è che ditato diventa quasi il vangelo. D’altronde, chi si rimanga credibili. Tanto che si assiste a un non ha mai cercato un tutorial o una spiegafenomeno quasi inspiegabile: alcuni influenzione che lo convincesse a comprare questo o cer di “basso cabotaggio” utilizzano l’hashtag quello smartphone, seppur a parità di prezzi. #adv nella speranza che questo o quel brand «In questo caso – aggiungono da Flu – è fonlo notino e li facciano salire a bordo. Chi si oc-

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cupa di tecnologia, e consiglia questo o quel device, deve mantenere una tale coerenza da essere in grado di certificare che quel determinato prodotto è poco performante. E, di conseguenza, rifiutare le sponsorizzazioni. Anche perché nel tech – dove Andrea Galeazzi è forse l’influencer per antonomasia – i brand sono dispostissimi a mettere mano al portafoglio, perché a fronte di un investimento di 10.000 euro,il ritorno può essere anche 10 volte maggiore. Un altro report, l’Influencer Markting Hub, stima che a livello mondiale il ritorno medio dell’investimento profuso sia di 5,78 dollari, con picchi di 18 dollari in alcuni casi particolari. «In ultima analisi – concludono Magro e Sanpietro – tramite gli influencer si parla un linguaggio diverso. Perché se è vero che oltre il 50% delle campagne si basa ancora su una modalità vecchia di mostrare il prodotto e tesserne le lodi, ora è necessario entrare in qualche modo nella vita degli influencer. Che permettono di ottenere notorietà e visibilità. Purché però il messaggio sia coerente con il singolo social network. Non è un mistero che Mark Zuckerberg abbia acquistato diverse piattaforme, ognuna con un proprio codice preciso, per poter avere una strategia di penetrazione più ampia. E poi va detto che gli influencer possono funzionare molto bene in un determinato periodo e per momenti “spot”, ma che sono ancora più efficaci se parte di una strategia di comunicazione più ampia, che contempli diversi canali pubblicitari».


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COMUNICARE L’IMPRESA MARKETING

FRANCESCO BUSCHI

Brand all’inseguimento delle nuove generazioni La relazione con il cliente si rinnova ridisegnando i valori che caratterizzano la marca: vale per tutti i settori, dal lusso all’alimentare. Gli esempi di Barilla, Nestlé e di American Airlines di Silvia Antonini

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l grande dilemma di una marca Quanti marchi dominavano il mercato un temstorica è trasformare una grande po, e ora ce ne ricordiamo vagamente? A quetradizione in valori accettati anche sto serve la brand transformation, un insieme dalla nuovissima generazione di consumatori, di processi di marketing evoluto grazie ai quaquelli che fanno la differenza nelle attuali conli le marche possono rimanere saldamente in dizioni socioculturali caratterizzate da instasella alle proprie quote di mercato nonostante bilità economica e allarmi di vario genere, da la frammentazione dell’attitudine al consumo. quello ambientale a quello del coronavirus. La «Questo processo si innesca quando si presfida è passare indensenta una situazione ni dai baby boomers ai SE È VERO CHE I MILLENNIALS DETTANO di consumer tension, in LA LINEA IN TERMINI DI CONSUMI Gen Z, attraverso una pratica un problema È ANCHE VERO CHE NON SEMPRE Generazione X al cendi marca causato da HANNO I MEZZI PER FARLO DAVVERO tro di cambiamenti un fenomeno sociale, epocali che ha subito senza comprendere del per esempio se le vendite delle merendine ditutto, e i Millennials, quelli che dettano la linea minuiscono cerchiamo di capire quale evento in termini di consumi ma non sempre hanno i o tensione dà origine al calo» spiega Francemezzi per farlo. sco Buschi, strategy director di FutureBrand, Non è solo una questione legata alla continsocietà del gruppo Ipg specializzata in brand genza rappresentata dalle vendite, ma protransformation. In questo processo vengoprio la necessità di intervenire sul brand per no coinvolti tutti i reparti dell’azienda. «Non renderlo attuale, pena diventare irrilevanti. basta più cambiare il prodotto e affidarlo al

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marketing tradizionale – continua Buschi -. È necessario allineare tutte le forze in azienda perché questi processi danno origine a piattaforme creative, prodotti, servizi, interfacce, la cui realizzazione prevede l’intervento di aree anche diverse dal marketing, come quella dell’information technology o delle risorse umane. Il nostro lavoro è stare al fianco delle aziende in questo percorso». FutureBrand nasce come agenzia di packaging, la Gio Rossi Associati, il cui fondatore Gio Rossi ha introdotto il concetto di brand nel settore di quelle che si chiamavano “confezioni” e ha firmato brand image iconiche come quella di Mulino Bianco e Barilla. Nel 1999 l’agenzia viene acquisita da FutureBrand e comincia a strutturarsi anche alla luce della expertise internazionale. A volte i brand perdono smalto; più spesso devono adeguarsi ai nuovi valori dei consumatori. «Bisogna rinnovare la relazione con il cliente, ridisegnando i valori che caratterizzano la marca». Un esempio fra tutti, il mercato del lusso: «Per il boomer è un mondo aspirazionale; per i più giovani è esattamente il contrario, desiderano ambienti informali, prodotti personalizzati, non entrano dove c’è qualcuno in divisa che gli apre la porta: due attitudini al consumo completamente diverse». Queste considerazioni impongono di adottare approcci innovativi, che vanno dalle etnografiche qualitative alla creazione di prototipi mutuati dalle start up, dai workshop al design


thinking: «Apple ha scoperto che nel momento in cui il consumatore acquista il prodotto è al settimo cielo, ma anche che questa felicità diminuisce sensibilmente quando si mette in fila alle casse per pagare. Quindi ha eliminato le casse e il pagamento viene gestito direttamente dalla persona che ha presentato il prodotto». Il grande interrogativo delle marche sono i consumatori, di cui si conoscono i comportamenti, ma che non dicono cosa vogliono. Buschi, insieme con il collega strategist Giacomo Zani, ha delineato le “carte d’identità” delle diverse categorie con cui le aziende devono entrare in relazione. Se i baby boomers identificano il brand con uno status da conquistare e conservare, la Generazione X si fida e resta fedele alle marche con cui è cresciuta perché incarnano anche un riferimento valoriale. Molto diverso l’atteggiamento dei Millennials, i primi nativi digitali, che sono scettici rispetto alle marche e al marketing, e preferiscono esperienze che gratifichino il loro desiderio di autocelebrazione. Sono i forzati del presenzialismo, reale e virtuale, affetti dalla famosa paura di perdersi qualcosa, la FoMo (fear of missing out). Tutto l’opposto dei giovanissimi della Generazione Z, che ribaltano gli stereotipi creati fino a ora. Anche se per loro la tecnologia è un dato di fatto, sono in grado di assumere un atteggiamento critico nei suoi confronti fino a privarsene temporaneamente per riscoprire il piacere delle esperienze “fisiche”, delle piccole cose. Questi individui «sono capaci di autoregolarsi – dice Buschi - anche perché l’opportunità di essere dappertutto diventa a volte una fonte di stress e quindi, in controtendenza rispetto ai Millennials, si prendono il lusso di mollarla e celebrare il gusto di perdersi le cose, la JoMo (joy of missing out)». Naturalmente il loro rapporto con i brand è distaccato, pretendono la massima trasparenza e sono in grado

di smascherare le “finzioni” a scopo di marketing. Per ingaggiarli bisogna puntare sulla responsabilità sociale e sull’autenticità. Alla luce di questo scenario, il marketing classico, dove bastava uno spot per spingere un nuovo prodotto, cede il passo a un approccio esperienziale, in cui la tradizionale catena del valore viene messa in discussione a partire per esempio dal modello di vendita di un prodotto - scaffale o internet – o dalla possibilità di personalizzarlo. Protagonista di una storia emblematica di brand transformation è Nespresso, che parte IL MARKETING CLASSICO BASATO SUGLI SPOT CEDE IL PASSO ALL’APPROCCIO ESPERIENZIALE E ALLA PERSONALIZZAZIONE

da un lancio come marchio totalmente aspirazionale nel 1999 e assume oggi una immagine più legata al prodotto, alla sua natura e alla sua origine. In questo percorso FutureBrand ha accompagnato Nestlé fin dall’inizio. «Partivamo da una macchina per il caffè costosa per essere venduta al super, troppo lenta per essere usata nei bar. All’epoca una certa voglia di lusso da parte della classe media ha spinto l’azienda ad adottare una rappresentazione esclusiva, con il monogramma, le foto delle cialde scattate da fotografi di moda, l’immaginario del club, George Clooney come testimo-

nial e i pop up café. Così è nato il brand. Oggi le nuove generazioni non sono interessate a tutta questa struttura, vogliono conoscere il prodotto, sapere quali sono le sue origini, hanno voglia di autenticità e la nuova immagine di Nespresso chiara, inclusiva, con le cialde non più lucide ma materiche, riflette il nuovo corso». Barilla, altro cliente storico di FutureBrand, deve fare i conti con le nuove esigenze del consumatore in termini di salubrità e artigianalità del prodotto, e con l’emergere di tanti piccoli player che si insinuano nel mercato. C’è la necessità di riportare questo brand classico e pieno di tradizione all’attenzione di un target che pur conoscendolo bene non lo ritiene rilevante. «La strategia è quella di dare un’immagine più empatica al la marca attraverso un pack più chiaro che abbiamo ideato e che è già in distribuzione». L’operazione ha un precedente nella limited edition di packaging rosa firmata dal brand italiano di streetwear Gcds. Mulino Bianco è passato invece da un racconto legato al mondo onirico delle favole con la raffigurazione della famiglia ideale. «Oggi invece parla del prodotto, dei suoi ingredienti, abbandona le sovrastrutture che peraltro alle nuove generazioni non interessano, prediligono persino le foto con difetti reali a quelle trattate con Photoshop». Un altro esempio emblematico di trasformazione anche radicale è quello di American Airlines, che negli anni 80, in piena era reaganiana, aveva sulla livrea un’aquila con gli speroni sguainati simbolo della forza degli Usa. «Una compagnia aerea rappresenta il Paese di provenienza e lo spirito che lo anima. Così con Barak Obama alla presidenza l’aquila evolve in un segno astratto che rimanda al futuro, per rappresentare il Paese delle mille opportunità. Come si trasformerebbe oggi con Donald Trump? Probabilmente tornerebbe a uno stile più imponente».

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FRANCHISING & RETAIL

RETAIL, LA GUERRA DEI PREZZI SI COMBATTE ONLINE Quali sono le opportunità per chi voglia mettersi in proprio con un business tutto suo? Spaziano dall'alimentare all'estetica, dal finanziario all'hotellerie. Ogni mese Economy seleziona per i propri lettori le proposte sul mercato.

130 CARREFOUR DA DIPENDENTE A IMPRENDITORE CON IL MARKET DI PROSSIMITÀ

133 PRESTITO FAST GLI IMPRENDITORI DEL CREDITO "CHIAVI IN MANO"

134 PARRUCCHIERI TUTTO IL "BELLO" DI APRIRE UN SALONE IN FRANCHISING

136 NEWS DALLE AZIENDE

La rete è una grande vetrina che consente di conoscere pregi e difetti dei prodotti prima di acquistarli. Ma come funziona il complesso meccanismo dei comparatori? Ce lo spiegano i protagonisti del settore di Marco Scotti

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e è vero che gli italiani guardano ancora in modo diffidente il commercio online – ma ahinoi, il Coronavirus ha dato una fortissima spinta alle vendite in rete – è ormai acclarata una tendenza: quella di usare il web come un gigantesco comparatore per acquisti che poi verranno fatti offline. O di impiegare la rete come se fosse un grande acquario, che consenta di conoscere pregi e difetti dei prodotti e servizi che vogliamo acquistare. Si guarda su Google, su Amazon, su Facebook e si cerca di capire se il costo applicato da questo o quell’esercizio è consono o meno. E poi si va in negozio. Probabile che dopo il Covid-19 anche queste abitudini saranno cambiate, ma intanto va segnalato che il sistema dei comparatori di prezzi (e ce ne sono davvero tantissimi, a seconda dei comparti) sta crescendo sempre di più. Principalmente, lungo tre filoni: luce&gas, assicurazioni, mutui. Un

discorso a parte lo merita Trovaprezzi, che confronta le tariffe di milioni di categorie merceologiche e che lo scorso mese ha dichiarato guerra a Google, chiedendo una cifra superiore ai 700 milioni di euro. Il motivo? Perché Big G avrebbe favorito il suo comparatore a scapito degli altri. Si vedrà. Quello che però rimane da capire è il modello di business di questi siti che raccolgono informazioni anche sensibili (dal comune di residenza fino al reddito) per poi smistarci verso il venditore online prescelto. Come si “guadagnano da vivere”? «Un comparatore – ci spiega Andrea Conte, founder e amministratore delegato di Comparasemplice.it – ha un modello di business che dipende dal tipico accesso web, ovvero viene riconosciuto un “gettone” o per ogni click o per ogni sottoscrizione. Questo però è solo la base e per noi il punto di partenza. Anche perché di tutti i click che dirottiamo verso i siti partner, mol-

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FRANCHISING & RETAIL COMPARATORI

ANGELA MARIA AVINO, CEO DI DOTTORI.IT

tissimi si traducono in niente. Ad esempio, le assicurazioni online comprate, nonostante una martellante pubblicità su tutti i principali media, sono solo il 9% del totale. Perché per il momento che cosa fa l’utente medio con il web? Guarda, confronta, decide e poi si reca dal suo assicuratore di fiducia. Chi offre questi servizi, però, deve immaginare di comportarsi come la Ferrari: non ottiene soldi perché corre in Formula Uno, ma perché vende auto rese ancora più celebri proprio dalle corse». Dunque la parola d’ordine per i comparatori non è tanto traffico e volumi, ma piuttosto “funnel”, il percorso di conversione che consente di tramutare in acquisti reali le intenzioni e le informazioni raccolte. Per fare ciò serve, in primo luogo, che l’esperienza dell’utente sia particolarmente accattivante. Ed è per questo motivo che i comparatori stanno mettendo a punto nuovi strumenti di gestione delle utenze che sfruttano le nuove tecnologie. Perché “trovarsi bene” su un sito comparatore può diventare la vera chiave di volta per far tornare il potenziale cliente. «Noi abbiamo elaborato una consulenza più consapevole ed elevata – prosegue Conte –, in parte realizzata dall’intelligenza artificiale o dall’instant messaging, in parte direttamente dall’uomo. Sul nostro sito abbiamo una chat

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ANDREA CONTE, FOUNDER DI COMPARASEMPLICE.IT

che è disposta ad accompagnare l’utente in tutte le fasi del processo, in modo che non si senta mai “abbandonato”. Ma è inutile girarci attorno, non è un compagno disinteressato. La soddisfazione è un valore misurabile e importante che noi cerchiamo di sfruttare a nostro vantaggio. In realtà noi ormai siamo una software house mascherata da comparatore, visto che stiamo perfezionando modelli di Ai PER I COMPARATORI LA CHIAVE NON È IL TRAFFICO DATI MA IL FUNNEL, OVVERO IL PERCORSO DI CONVERSIONE DA INTERESSE AD ACQUISTO

per migliorare ulteriormente le risposte che offriamo al pubblico. Ad esempio, abbiamo realizzato un sistema che ci consente di verificare se un numero di telefono particolarmente “aggressivo” appartiene a un call center che magari non sta lavorando in maniera corretta. È per colpa di soggetti di questo tipo che i comparatori hanno ancora un tasso di abbandono così elevato. Eppure, mediamente ogni anno un italiano cambia almeno due contratti: se tutti ci organizziamo in maniera coerente, se mettiamo delle regole, anche grazie alla tecnologia, possiamo davvero guadagnarci tutti». Proprio le nuove tecnologie e il desiderio di migliorare l’esperienza del cliente sono alla

base anche di marketplace dedicati e specializzati. Ad esempio, Dottori.it, un servizio che gestisce i profili di 85.000 medici specialisti che si rivolgono a una platea di oltre 1,5 milioni di visitatori mensili. Anche in questo caso più che il mero rapporto “a gettone”, sono l’iterazione e la ripetizione che garantiscono la stabilità del business. Se ci si trova in vacanza in un posto in cui non si conoscono specialisti, un servizio di questo tipo può essere utile. E diventare “abitudinario” anche una volta fatto ritorno a casa. «Il modello di business di Dottori.it – ci racconta la ceo Angela Maria Avino – è quello di un marketplace che rappresenta il punto di incontro digitale fra medici e pazienti. Ai primi viene offerto un software gestionale con cui amministrare la propria attività. Per chi deve effettuare una visita medica agevoliamo la ricerca di uno specialista su tutto il territorio nazionale e offriamo la possibilità di prenotare a qualunque ora del giorno, approfondire la conoscenza del medico consultandone il Cv, specializzazioni ed eventuali pubblicazioni e recensire la propria esperienza dopo la visita a beneficio degli altri pazienti». E le nuove tecnologie sono state utili anche nel momento della più grande emergenza del dopoguerra, quando cioè ci si è accorti che il Coronavirus non era una banale influenza, ma un agente patogeno pericoloso e di fronte al quale non eravamo preparati. Anche i medici non direttamente impegnati dalla battaglia contro il Covid-19 hanno dovuto stravolgere le proprie vite e mettersi a disposizione. «Tutti quelli che prestano servizio ospedaliero – conclude Angela Maria Avino – hanno dovuto cancellare i loro impegni nel privato e ci siamo occupati di spostare o cancellare tutti gli appuntamenti, cambiare o chiudere gli slot di prenotazione disponibili online e abbiamo messo a disposizione dei medici una chat con i nostri operatori per aiutarli con la gestione dei loro pazienti. Infine, abbiamo cambiato la mail di conferma per chi prenota una visita allegando il modulo di autocertificazione di cui bisogna essere muniti per recarsi dal medico».



FRANCHISING & RETAIL

a un imprenditore che sappia essere molto vicino al cliente gestendo bene la relazione con lui. Un bravo franchisee riesce a essere vicino al proprio territorio, anche in aree difficili da presidiare per la distribuzione classica… Il che, avendo alle spalle il marchio e la struttura di Carrefour, è davvero vincente». Il Gruppo declina questo mix in molte opzioni diverse. «Spesso il punto vendita è di proprietà Carrefour Italia, o magari è in locazione ma la licenza è nostra. A volte invece – prosegue Agostini - ci sono anche rapporti di franchising puro, in cui il franchisee è proprietario sia della licenza che delle attrezzature ed è legato a Carrefour da un contratto di affiliazione. E contiamo di proseguire sia nelle aperture di esercizi in franchising puro che in gestione diretta, anche se in qualche caso stiamo convertendo esercizi dalla gestione diretta al franchising». Già: perché anche in questo modo il colosso francese dimostra la sua fiducia sul “fattore umano”, che è quanto fa la differenza per il Carrefour Italia ha un “ingrediente segreto» Si chiama “fattore umano” cliente: «Sì, l’azienza sta incentivando la traed è alla base dello sviluppo della rete in Italia con nuove 300 aperture prevalentemente in franchising in aggiunta alle 600 già esistenti sformazione da dipendente a imprenditore di alcuni dei nostri quadri migliori, quelli più vocati a fare il salto nell’autoimprenditorialità. di Angelo Curiosi Naturalmente le candidature vengono valutate con molta attenzione. Come del resto tutte le ed espansione Carrefour Italia, «E oggi siamo ltro che digitalizzazione dura e pura, affiliazioni». leader in Italia, siamo i primi franchisor delil commercio fisico al dettaglio di «Per noi, la selezione di un bravo franchisee è la grande distribuzione sia nel canale della prossimità piace perché è comodo e un aspetto preliminare molto importante per prossimità che nei supermercati, con circa confortevole, a misura d’uomo: naturalmente il successo del rapporto e naturalmente an600 punti vendita che a patto che sia fatto bene, con prodotti di quache dell’impresa del LA SELEZIONE DI UN BRAVO aumenteranno ancora. lità, servizi efficienti, e veramente a chilometro franchisee», sottolinea FRANCHISEE È ESSENZIALE Nel prossimo triennio zero, anzi: il più possibile sotto casa. Ma uno John Agostini: «Per PER IL SUCCESSO DEL RAPPORTO vogliamo crescere con degli ingredienti segreti di Carrefour Italia si questo siamo molto MA ANCHE PER LA FORZA DEL BRAND altre 300 aperture, chiama “fattore umano”. selettivi e facciamo prevalentemente in franchising». Dunque per «Anche per questo, il nostro Gruppo ha sposamolta formazione ai nostri franchisor. Gli forun Gruppo che vanta oggi oltre 1.000 punti to da molto tempo e non solo in Italia il franniamo assistenza continua e lo accompagnavendita tra diretti e franchising, di cui oltre 600 chising come essenziale leva di sviluppo. Ha mo soprattutto nelle fasi d’avvio nella gestione di prossimità, - una chiave del successo esseniniziato con i negozi di prossimità e poi, dal della sua impresa. Di fatto sono piccoli imziale è il giusto mix tra franchisor e franchisee. Duemila, ha esteso la formula ai supermercaprenditori del commercio, che devono gestire La gestione del punto vendita è così delegata ti», dice John Agostini, direttore franchising anche gli aspetti economico-finanziari della

Da dipendente a imprenditore con il market di prossimità

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A destra John Agostini, direttore franchising ed espansione di Carrefour Italia

società, di solito meno familiari per loro. Come pure l’accesso al credito o la gestone del personale, visto che la media dei dipendenti dei nostri franchisor è pur sempre di dieci addetti». Ma chi è il partner ideale di Carrefour per il franchising? «È un giovane – idealmente under 40 – con una forte propensione all’impegno professionale, anche in termini di tempo, una grande attenzione al cliente, perché le relazioni umane sono fondamentali. Occorrono imprenditori che desiderino profondamente eccellere nell’offrire un livello di servizio molto alto. Solo così la clientela ci premia», sintetizza ancora Agostini. Ma in quali aree si svilupperà maggiormente si chiama Etruria Retail ed opera in Toscana e la strategia di espansione di Carrefour Italia? Umbria – a sviluppare il marchio Carrefour in «Un po’ ovunque, ma con approcci diversi. I franchising sui loro territori. Un accordo anapunti vendita di prossimità – spiega Agostini logo è già attivo in Sicilia. Meno presidiate per – cercano insediamenti in aree ad alta densità ora le aree del Nord-Est e della Sardegna». urbana, nel centro delle grandi città: Milano, Questo attento bilanciamento tra tipologie di Roma, Torino, Genova. I supermercati, che punti vendita costituisce quella multicanalità per noi devono essere punti vendita di 800che ha finora garantito a Carrefour Italia una 1500 metri quadrati, crescita costante in hanno la possibilità e LA FORMULA DI CARREFOUR STABILIZZA un mondo dove molti IL BUSINESS PERCHÉ PREDISIA la necessità di fare atgrandi concorrenti SEGMENTI DI MERCATO trazione verso i clienti hanno invece vissuto CHE VIVONO CICLI DIFFERENTI e non devono necessacrisi anche gravi. «In riamente risiedere dentro le aree ad alta denrealtà la nostra formula stabilizza il business sità, ma in compenso devono avere elementi di perché presidia segmenti di mercato che viaccesso facilitati ed un bacino di consumatori vono cicli di vita diversi», spiega Agostini: «Se adeguato per sostenere un adeguato fatturato capita per esempio che gli iper attraversino ed equilibrio economico del punto di vendita». un periodo di rallentamento, lo sviluppo delC’è poi una geografia preferenziale d’espansiola prossimità nei centri urbani compensa. E ne, nei piani di Carrefour Italia: «Abbiamo un viceversa. E la formula del franchising, ripeto, forte interesse per il Nord-Ovest, l’Emilia Roumanizza il rapporto col cliente di un grande magna, il Lazio, l’Abruzzo e la Campania, nostri marchio che però potrebbe essere considerato mercati di interesse primario. Poi valuteremo troppo lontano dal pubblico». in prospettiva qualche altra regione», illustra In funzione di quest’approccio, Carrefour Italia Agostini: «Aggiungo anche che recentemente si è dotata di un’organizzazione che negli anni abbiamo fatto un accordo di “master franchiha sempre cercato, seppur all’interno della sua sing”: cioè abbiamo delegato due imprese natura multinazionale, di adattare l’offerta alle una si chiama Apulia Distribuzione ed opera in necessità tipiche del territorio italiano, che Puglia, Basilicata e un po’ in Calabria e l’altra sono molto specifiche rispetto a quelle di tanti

altri Paesi. «L’Italia non ha il tasso di concentrazione demografica che connota altri Stati europei – ricorda Agostini – e la regionalizzazione dei consumi è un’altra caratteristica che non trova riscontro altrove, tanto che stiamo ancora cercando di posizionarci su questo fronte, che è un elemento distintivo». E il digitale? «È sicuramente una frontiera che ci interessa e su cui stiamo lavorando – dice John Agostini – Abbiamo un sito di e-commerce che stiamo sviluppando nei punti Carrefour Italia diretti e su siti dedicati. Abbiamo collaborazioni per le consegne sia con Glovo che con Supermercato 24 e le abbiamo estese anche al franchising. Pensiamo che di certo l’e-commerce servirà a migliorare l’esperienza di consumo ma non sarà facile renderlo profittevole. Intanto, sfrutteremo al meglio la rete dei negozi di prossimità per migliorare anche digitalmente l’esperienza d’acquisto, con il supporto dell’automazione: nei supermercati e negli iper abbiamo già avviato da alcuni anni le casse automatiche e nel prossimo futuro continueremo con quest’impegno introducendo anche modalità di pagamento evolute».

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GLI IMPRENDITORI DEL CREDITO “CHIAVI IN MANO” PrestitoFast è specializzata nelle cessioni del quinto, dilazioni di pagamento e prestiti personali. È presente in tutta Italia e bastano 10mila euro per entrare nella rete e usufruire del percorso formativo di Paola Belli

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ormare all’esercizio di una nuova professione tutti coloro i quali decidono di affacciarsi al mondo del credito guidando un’agenzia in attività finanziaria, affrontando un percorso formativo altamente performante: è la mission della PrestitoFast Academy, fondata da Matteo Pagano, classe 1976, un imprenditore con un progetto innovativo nel mondo finanziario. Nata nel 2006, PrestitoFast (marchio commerciale di Sefi agenzia in attività finanziaria Srl), è tra le primarie realtà in Italia specializzata nelle cessioni del quinto, delegazioni di pagamento e prestiti personali, presente su tutto il territorio naMATTEO PAGANO ED ENRICO ZEDDA zionale: la direzione generale è nella sede di Cagliari e le filiali partner sono a Milano, creare figure professionali ben formate creVarese, Venezia, Siena, Caserta, Foggia e ando uuna rete di filiali partner è diventata Catania. «La nascita nel 2012 dell’Organila priorità: «Il cliente ha la necessità di ususmo Agenti e Mediatori ha completamente fruire di una consulenza personalizzata e rivoluzionato il mondo delle società finannon dal classico sportellista di banca». ziarie», spiega Matteo Pagano. «Oggi ogni «Insieme al mio caro operatore del settore deve essere iscritto L’AFFIANCAMENTO NELLA FASE DI START-UP socio Enrico Zedda, INCLUDE ASSISTENZA LEGALE, figura fondamentale agli elenchi tenuti MODULISTICA, GESTIONE DELLE CAMPAGNE dall’Oam. Una vera DI MARKETING E PIATTAFORMA SOFTWARE nella rete commerciale di vendita diretrivoluzione, quindi, ta e indiretta che offre supporto continuo che ha ripulito il mercato da un gran numee costante agli affiliati», continua Pagano, ro di persone prive dei requisiti minimi per «abbiamo deciso di sposare questo sistema trattare una materia così importante per le perché, dopo aver toccato con mano il sucfamiglie italiane è stato un importantissimo cesso della prima agenzia diretta operando miglioramento: oggi per esercitare le nuove nel mondo delle cessioni del quinto da oltre professioni di agente in attività finanziaquindici anni, abbiamo compreso di aver ria e di mediatore creditizio vengono ora ideato un modello di business, basato sulla richiesti dei requisiti ben precisi, nonché specializzazione nelle cessioni del quinto una conoscenza professionale approfondiche, se replicato sul territorio nazionale ta in materie finanziarie e giuridiche atteavrebbe potuto rivoluzionare il mercato, stata dal superamento di un severo esame insegnando le nozioni di una professione a iniziale e la frequenza continua di corsi di neofiti ambiziosi e imprenditori interessati aggiornamento». Così, per Prestito Fast

ad entrare nel mondo finanziario». I vantaggi? «Oltre alla notorietà di un brand riconosciuto in tutta Italia come leader della cessione del quinto e dei finanziamenti, a differenza di tanti mediatori del credito e consulenti che hanno svariati prodotti finanziari da proporre, siamo specializzati nello specifico nelle cessioni del quinto e prestiti personali, offriamo ai partner una formazione specialistica completa e di alto livello, corsi di aggiornamento su ogni novità relativa al settore, supporto sul campo, strumenti di lavoro collaudati, come il software gestionale costruito ad hoc per la rete PrestitoFast per la gestione della filiale», risponde Matteo Pagano. E aggiunge: «mettiamo a disposizione un’assistenza a 360 gradi e un servizio ideato per far raggiungere ai nostri partner gli obiettivi prefissati. Crediamo sia importante il processo che definisca perfettamente la brand identity aziendale, un marchio che porta un termine semplice, incisivo e facilmente comprensibile dal nostro target di riferimento sapendo esattamente su quali emozioni vuole giocare il nostro brand, definendo le strategie di marketing corporate identity anche per i nostri partner». L’investimento? Decisamente contenuto e “chiavi in mano”: con 10mila euro si usufruisce sia del percorso formativo pre-apertura che all’affiancamento in fase di start-up che prevede assistenza legale, modulistica, gestione delle campagne di marketing (via e-mail, sms, social, Google ads, ecc.), piattaforma software, lending page oltre, ovviamente, all’utilizzo del marchio. www.prestitofast.it +39 392 9946697

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FRANCHISING & RETAIL

Tutto il “bello” di aprire un salone in franchising

precise: concentrarsi tra il centro e il nord Italia, dove quest’anno sono previste 30 nuove aperture che andranno a consolidare una presenza sempre più capillare sul territorio nazionale. Ma, come dicono gli anglosassoni, “sky is the limit”, il cielo è l’unico limite: per questo Di Da tre a 30 saloni in meno di due anni e lo sviluppo della rete Martino ha “esportato” il format oltre i confini anche oltre confine: sotto il brand Parrucchieri Estetica c’è un progetto nostrani. La prima tappa è stata Barcellona a imprenditoriale che assicura ritorni già entro il primo anno gennaio, ma «proseguiremo in questo 2020 con l’inaugurazione di altri 15 saloni in Spagna di Chiara Volonté – sottolinea il franchisor - e con l’inizio della costruzione delle basi per avviare una rete in Inghilterra. E stiamo anche sviluppando vari are un taglio al passato e ripartire fatidico 2017, anno della scissione societaria studi di mercato per definire i più opportuni più forti di prima: è quello che ha tra i proprietari originari del franchising: al modelli di business da sviluppare in Russia e fatto Carlo Di Martino, titolare di brand Parrucchieri Estetica rimangono assoin altri Paesi europei». Parrucchieri Estetica, nel 2017. Nato nel 2013 ciati solamente tre saloni. Un duro colpo, se Un progetto ambizioso quello di Di Martino, a come singolo salone di bellezza in una picconon fosse stata per la prontezza di spirito di cui però aderire non è così complicato, dal mola cittadina in periferia di Roma, il brand creDi Martino, che ha saputo trasformare quello mento che «il centro di bellezza – prosegue il sce rapidamente, tanto che nell’arco di dodici che poteva essere un titolare di Parrucchieri IL TICKET D’INGRESSO PREVEDE mesi vengono aperti altri cinque negozi, che potenziale problema Estetica – viene fornito UN INVESTIMENTO INIZIALE diventano 17 nel 2016. Contemporaneamente in un’opportunità. «Il al franchisee completo DI 50MILA EURO CHE SI RECUPERA all’incremento del numero dei punti vendita, il nuovo assetto societadi tutto, e con un apNEI PRIMI DODICI MESI marchio vive la sua prima trasformazione, che rio ha ridefinito tutti i provvigionamento dei gli consente di diventare una catena di distripiani operativi. Abbiamo dovuto ridisegnare le prodotti in grado di sostenere dai due ai tre buzione per conto terzi. Ma non basta, perché nostre strategia di business, e abbiamo vinto: il mesi di lavoro». E il biglietto d’ingresso non è nel 2016 l’esercizio inizia a commercializzare numero dei nostri negozi è passato da tre a 30 assolutamente accessibile: per aderire all’affiprodotti e articoli propri, studiati e sviluppati in meno di due anni» ci racconta il proprietario liazione commerciale è necessario un gettone da un team interno, che ottengono i maggiori di Parrucchieri Estetica. di partecipazione iniziale di 50mila euro, e il standard di qualità e sicurezza. E arriviamo al Un cambio di look che poggia su alcune idee rientro dell’investimento (Roi) è stimato nei

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primi dodici mesi. Un tempo davvero ridotto, ottenuto grazie a un rodatissimo metodo di lavoro e al rifornimento dei prodotti a prezzi di gran lunga inferiori rispetto alla media del mercato, garantiti dagli accordi commerciali con i diversi partner.

Il meccanismo di affiliazione «Un nostro team di professionisti – chiosa Carlo Di Martino - si occuperà di seguire passo passo tutto il processo di avviamento del nuovo salone, dalla realizzazione del progetto alla direzione dei lavori, comprese tutte le pratiche necessarie per il kick-off della nuova attività. Il vantaggio principale di far parte del nostro brand è quello di entrare in un modello già altamente collaudato, che tramite i diversi accordi commerciali e al nostro metodo di lavoro permette di massimizzare i profitti, nonché di godere di una visibilità e notorietà su scala nazionale che consente una ben più veloce e solida costruzione del portafoglio clienti». E non è tutto: grazie alle partnership con la maggior parte dei grandi mall in Italia, gli affiliati di Parrucchieri Estetica avranno l’opportunità di poter aprire la propria attività in punti strategici e di alto appeal commerciale. Un altro grande plus del brand è che possono aderire alla rete anche coloro che vogliono cimentarsi con un’avventura di questo tipo pur senza essere in possesso delle esperienze necessarie, dal momento che il format è concepito per essere sviluppato e gestito anche dai non addetti

ai lavori. E la soddisfazione di chi fa parte della famiglia di Di Martino è avallata dal fatto che la maggior parte dei nuovi franchisee arriva al brand proprio seguendo il consiglio di chi è già affiliato. Insomma, in un’epoca di social network e di informazioni a 360°, il buon vecchio passaparola rimane il metodo più efficace – e più facilmente verificabile – della bontà di una qualsiasi iniziativa imprenditoriale. Nulla, naturalmente, è lasciato al caso. «Ogni nostro salone – racconta con orgoglio il fondatore di Parrucchieri Estetica - è studiato per ottenere IL FIORE ALL’OCCHIELLO DELLA RETE È LA PARTNERSHIP CON BOSS E UN SISTEMA GESTIONALE ALL’AVANGUARDIA PER IL SETTORE

il massimo dagli spazi a disposizione nel locale scelto. Discorso che vale anche per gli interni, visto che l’intero mobilio è realizzato direttamente da noi. Un dettaglio, quest’ultimo, che ci permette di rispondere prontamente alle varie esigenze di arredamento che di volta in volta si possono presentare. I nostri designer realizzano il progetto ed il modello 3D da far vedere al nuovo affiliato, il quale può proporre delle modifiche che vengono valutate da noi: se rispettano gli standard dei nostri centri vengono applicate». Perché ogni esercizio parte del network di Di Martino ha una struttura di base. Il salone tipo, infatti, è composto da otto postazioni per i capelli, tre zone lavaggio, una cassa e una parte del negozio adibita a luogo

di attesa. Un giusto mix che può essere eventualmente incrementato, in base alle diverse esigenze. Alla mera offerta di servizi di parrucchiere, infatti, si possono aggiungere altri due tipi di pacchetto: quello dedicato alla cura delle unghie e quello, completo, per l’estetica. Senza contare che anche il numero delle postazioni per i capelli è suscettibile di eventuali incrementi. A proposito di elevata standardizzazione ed efficientamento dei processi di business, un fiore all’occhiello di Parrucchieri Estetica è la partnership con Boss, che consente di avere a disposizione un sistema gestionale che è un punto di riferimento per gli operatori del settore. In questo modo è possibile avere sotto controllo in real time l’andamento del salone. Un sistema di collaborazioni che è stato impiegato anche per i prodotti utilizzati nel centro. Così, per la strumentazione si sono scelti due player di riferimento nel panorama internazionale, Ghd e Valera; la scelta per i prodotti dedicati alla cura dei capelli è caduta su Vitaly, una linea professionale esclusiva e di qualità 100% made in Italy. Infine, per quanto concerne il mondo delle mani e delle unghie è stato selezionato un brand tutto italiano, Phil Moss, che garantisce alta resa. Ultima “gamba” del progetto varato da Carlo Di Martino è quello della formazione, che è in capo a una serie di figure professionali selezionate ad hoc e che hanno lo scopo di avviare una sorta di “scouting” del personale e dell’avviamento dei nuovi negozi. «Si tratta di professionisti – conclude il fondatore di Parrucchieri Estetica - che si occupano della iniziale ricerca dello staff e dell’avviamento dei nuovi saloni, seguendoli dall’interno per il primo periodo di attività, e i costanti corsi di formazione e aggiornamento da noi offerti permettono di mantenere all’interno di ogni negozio un personale qualificato e in grado si seguire i nostri metodi di lavoro. La formazione per noi rappresenta uno dei punti cardine per mantenere elevati gli standard nei nostri centri, per questo nell’ultimo anno abbiamo stretto accordi di collaborazione con alcuni tra i più importanti professionisti dei settori parrucchieri ed estetica come art director del nostro marchio».

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FRANCHISING & RETAIL NEWS DALLE AZIENDE

IMPRENDITORE EFFICACE SI DIVENTA CON LO SPEED MIND UNA MISSIONE E UNA RAGIONE DI VITA QUELLA DI SPEED MIND E DEL SUO FONDATORE FRANCESCO D’ALESSANDRO QUELLA DI AIUTARE LE IMPRESE. Aiutarle ad uscire

dalla crisi, a formarle, informarle, connetterle tra loro, a lanciare nuovi progetti, a trovare fondi, soci, finanziatori, crescere. Francesco D’Alessandro è un imprenditore efficace, proprio come il titolo del suo ultimo libro che rappresenta quasi una biografia e nel quale spiega agli imprenditori piccoli, medi e grandi non solo come uscire dalla crisi ma anche cosa fare nei periodi migliori. «Tutto questo e molto di più realizziamo allo Speed Mind», spiega. «La prossima data è il 27 giugno 2020. Avremo speech di coach eccezionali come Mirko Gasparotto e Sergio

Borra. Faremo meditazioni per rilassare la mente, togliere le credenze negative ed instillare quelle positive. Faremo insieme un piano concreto di azioni da mettere in pratica subito all’uscita dalla sala la sera stessa. Parleremo di salute e di sport. Parleremo di gestione del tempo, organizzazione e procedure. Formazione del personale, bilanci e Kpi, business plan! Faremo rete d’imprese e conoscerai tanti possibili clienti, fornitori, partners, soci ed amici ed infine potrai partecipare all’esclusiva cena con i coach e far loro domande dirette e presentare loro una tua idea o un tuo progetto innovativo». Per pronotare: https://www. eventbrite.it/e/biglietti-speed-mind-2020-diventa-un-imprenditore-efficace-91783754681

WAKE UP CALL PER IMPARARE LA LIBERTÀ FINANZIARIA ALFIO BARDOLLA, GIACOMO BRUNO, ROBERT ALLEN, GIUSEPPE DE MARCO. QUESTI I NOMI DEI 4 SPEAKER CHE SI ALTERNERANNO SUL PALCO DI RIMINI PER LA 19° EDIZIONE DEL WAKE UP CALL, IL PIÙ GRANDE EVENTO IN EUROPA DI FORMAZIONE FINANZIARIA. La full immersion inizierà

con il primo giorno sulla psicologia del denaro, spodestando le credenze che limitano molti italiani nella conquista dei propri obiettivi. Nel nostro Paese i soldi sono un tabù, parlarne è difficile: questo è un limite. Infatti tutti vogliono essere

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ricchi, ma in pochi fanno qualcosa per diventarlo: si crede che i soldi, semplicemente, capitino. Durante la seconda e la terza giornata viene spiegato che si può automatizzarne l’entrata, ma tramite costanza e impegno nell’applicare le strategie date durante l’evento. «Possiamo migliorare la nostra vita - specifica Alfio Bardolla - a partire dalle piccole azioni di ogni giorno: ci sono fin troppe cose facili da fare come da non fare». Rilancia Giacomo Bruno: «È essenziale capire l’importanza delle nostre scelte giornaliere

LA PIATTAFORMA PER I PET Sono già più di 14mila home restaurant in Italia, un’opportunità di lavoro e di business trasversale, che rientra, fiscalmente, nei redditi occasionali - e che vogliono dare sfogo a una passione assopita, per esempio quella culinaria. Protagonista in Italia del social eating è sicuramente GC Management, azienda in chiave 4.0 proprietaria della piattaforma Home Restaurant Hotel (homerestauranthotel.it) che lancerà a breve “Hotel Pet”, la prima e unica piattaforma digitale dedicata agli amici a quattro zampe (e non solo). Hotel Pet metterà in contatto virtuale la domanda e l’offerta che ruotano intorno agli animali domestici, mettendo al centro ogni tipo di servizio (soggiorno per animali, pet sitting diurno, dog walking, ecc., veterinari, toelettature) e di scambio utile e orientato al benessere dei migliori amici dell’uomo. Nell’area dedicata allo shop - una vera e propria vetrina digitale aperta a tutti gli amanti degli animali - le imprese del settore potranno mostrare i propri prodotti dedicati al pet.

in relazione ai nostri obiettivi. Altrimenti è come salire una scala, gradino dopo gradino, e non sapere su che parete è poggiata». Lo scopo dell’evento è chiaro: migliorare la vita di più persone possibile, dare gli strumenti per creare il proprio futuro e la motivazione per farlo: «Poiché questo fa un vero leader, contribuisce alle vittorie di altri e ne gioisce come fossero sue», conclude Alfio Bardolla. Info: www.wake-up-call.it


COME SAREBBE AVERE PIÙ TEMPO, PIÙ DENARO E PIÙ RISULTATI COMPLETANDO QUALSIASI ATTIVITÀ IN SESSIONI DI 21 MINUTI? Per imprenditori e manager uno dei

loro bisogni più sentiti è quello di migliorare la gestione del tempo ed aumentare il valore economico del loro tempo. È proprio per soddisfare questo bisogno che la 4 M.A.N. Consulting, la prima Performance Company, usa in esclusiva la teoria coniata dal suo fondatore, Dr Roberto Castaldo (nella foto) - imprenditore, economista ed esperto di Performance Management. «Questa teoria è un Sistema Integrato ed evoluto di Goal Setting e Time Management che porta le persone a liberare almeno un’ora al giorno ed aumentare del 30% l’efficienza del proprio tempo, secondo le rilevazioni effettuate su un campione di oltre 1000 persone (il 78% degli intervistati ha portato un incremento medio delle prestazioni del 33%)», spiega. Supportato da solide basi scientifiche e già testato con successo in

PIÙ TEMPO, PIÙ DENARO: ECCO IL SISTEMA DEI “21 MINUTI” centinaia di casi studio, il Sistema 21’ allena imprenditori e manager a gestire qualsiasi attività in sessioni di 21’, applicando i principi del Performance Management alla

L’EQUITY CROWDFUNDING CHE SOSTIENE IL TURISMO SPESSO NON SONO LE IDEE CHE MANCANO, MA PIUTTOSTO LE RISORSE PER REALIZZARLE. EXTRAFUNDING.IT È IL PORTALE NATO CON LO SCOPO DI FARE INCONTRARE LE IDEE IMPRENDITORIALI CON QUANTI POSSONO INVESTIRE RISORSE PER REALIZZARLE. Sulla scorta di una ultraven-

tennale esperienza, Extrafin Spa punta a un’offerta altamente qualificata e aduna platea di “investitori seriali” interessati a diversificare il proprio portafoglio puntando su di un settore a noi invidiato da tutto il mondo: il settore turistico/ricettivo. L’investitore sosterrà con i propri capitali i nuovi investimenti, sfrutterà personalmente la struttura che ha sostenuto, proporrà

a parenti, amici, colleghi e semplici conoscenti la struttura che lo vedrà coinvolto direttamente. «Riteniamo che l’equity crowdfunding applicato al settore turistico/ricettivo possa produrre riscontri altamente positivi e benefici finanziari misurabili per tutti gli attori coinvolti nei rispettivi progetti», spiega Luigi Romano (nella foto). INFO: tel. 0432.030107 www.extrafunding.it info@extrafin.it

gestione del tempo. «Attraverso l’uso della matematica e della statistica individuiamo attraverso gli indici di correlazione lineare quali sono le aree di maggior impatto sul risultato atteso e ci concentriamo su queste. L’applicazione della legge di Pareto (80/20) e sistemi di Goal Setting evoluto per focalizzarsi su quei task di lavoro che sono completamente sotto la diretta responsabilità dell’operatore e l’utilizzo del sistema 21’, che prevede di svolgere attività in “immersione” (21’ senza interruzioni), porta le persone ad entrare in quello stato di Flow (flusso) che è lo stesso che utilizzano i grandi campioni dello sport per produrre la loro Peak Performance». info@robertocastaldo.coach Numero verde: 800911827

ASPETTANDO IL MAPIC Mapic Italy è la più importante piattaforma di business dedicata al mercato immobiliare retail in Italia. Due intere giornate che permetteranno a retailer ed operatori del mercato immobiliare commerciale di incontrarsi per sviluppare nuove relazioni di business e ridisegnare il retail mix di siti e location commerciali trasformandole in vere e proprie lyfestyle destinations. L’edizione 2019 ha visto la partecipazione di oltre 2200 delegati in provenienza da 45 paesi con oltre 850 retailers! Coronavirus permettendo, Mapic Italy avrà luogo come previsto, il 28-29 Aprile 2020. Ma, dato che la salute e la sicurezza di ciascun partecipante all’evento è la priorità, l’organizzazione sta monitorando costantemente con attenzione l’evoluzione della situazione. Per ulteriori informazioni: www.mapic-italy.it

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E POI IL PIACERE...

DISTILLATI, QUELLA “E” CHE FA LA DIFFERENZA La parola whiskey ha esattamente la stessa radice gaelica di uisce beatha (acqua di vita) e oltre che in Irlanda è usata anche negli Stati Uniti. Una diversità che ha fatto la storia dell’arte della distillazione di Claudio Riva*

141 PALAZZO GHERARDI UN TUFFO NELLA FIRENZE DI LEONARDO E MICHELANGELO

142 MOTORI/1 UN PASSAGGIO NEL FUTURO CON L’AUTONOMA A IDROGENO

143 MOTORI/2 LE NOVITÀ CHE (NON) ABBIAMO VISTO A GINEVRA

146 LE RAGIONI DEL GOSSIP

A

ll’Irlanda deve essere attribuita la te ha avuto vittoria facile su quella irlandese gran parte dei meriti per l’evoluzioprevalentemente pianeggiante e con sorgenti a ne del whisky verso quello che è lo pozzo sotto ampie distese di campi coltivati da stile moderno. L’arte della distillazione portata generazioni. nel Nord Europa dai monaci ereditava ancora Il primo alambicco a colonna, il Coffey Still, è la gran parte della tecnologia e degli strumenstato brevettato a Dublino da Aeneas Coffey nel ti dal mondo arabo. Sono stati gli irlandesi ad 1832. Ex esattore delle accise, successivamente applicare queste tecniche al mondo del bevedistillatore, deposita il brevetto numero 1 nella rage, specializzandole storia della distillazioIL PRIMO ALAMBICCO A COLONNA ed affinandole. Sono ne. La sua colonna ha IN GRADO DI FUNZIONARE IN CONTINUO stati gli irlandesi a brel’invidiabile pregio di È STATO BREVETTATO A DUBLINO vettare quello che di poter funzionare in NEL 1832 DA UN EX ESATTORE nuovo si è visto negli continuo, senza dover ultimi 200 anni, trasformando lo storico alamessere caricato e scaricato di continuo come acbicco potstill di rame nel moderno ed efficiente cade nella tradizionale distillazione in alambicalambicco a colonna. Sono stati gli irlandesi a co di rame (che per questo motivo viene chiatrasferire queste scoperte su suolo scozzese ed mata distillazione discontinua). L’alambicco a in ultima analisi a decretarne il successo. Sono colonna ha cambiato la storia del distillato e – a stati gli irlandesi a non poter capitalizzare lo tutti gli effetti – è l’unica grande novità portata stesso successo del cugino scotch whisky, la gedagli europei. ografia scozzese ricca di montagne e di sorgenGli irlandesi whisky lo scrivono con la “e”. La

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E POI IL PIACERE... DISTILLATI

parola whiskey ha esattamente la stessa radice gaelica di uisce beatha (acqua di vita), si pronuncia allo stesso modo, oltre che in Irlanda è usata anche negli Stati Uniti. La storia dell’Irish Whiskey segue in modo parallelo quella dello Scotch Whisky sino alla seconda metà del XIX secolo. La radice contadina lascia posto a concentrazioni sempre più importanti dando vita a ben 30 distillerie attive nel 1890. Esattamente un secolo dopo, a fine 1900, il numero si era ridotto a tre. Cosa è successo esattamente? Quella “e” che accomuna il whiskey irlandese a quello americano è ben più di una semplice scelta di grafia. La cultura irlandese è rimasta molto legata a quella americana al punto che i commerci di esportazione dall’Irlanda sono andati essenzialmente verso il Nord America. Gli Irlandesi durante la Grande Carestia hanno preso la direzione del Nord America. Le più grandi feste di San Patrizio oggi si festeggiano a Chicago e Boston. Lo Scotch ha saputo differenziare i propri traffici, creando comunità e commerci in giro per tutto il pianeta, Nord America, Sud Africa, Nuova Zelanda e tanta Europa Continentale. Il rapporto tra il whiskey e gli Stati Uniti durante la prima metà del XX secolo è stato drammatico. La Prima Guerra mondiale, con il blocco dei commerci attraverso l’Oceano Atlantico, poi il Proibizionismo (1920-1933), l’azzeramento dei consumi, la Grande Depressione e successivamente la Seconda Guerra mondiale hanno praticamente azzerato l’export irlandese. Quando la ripresa economica è evidente negli anni ’60, lo Scotch whisky che non aveva sofferto in modo così intenso, riesce facilmente ad occupare tutti gli spazi che tradizionalmente erano stato territorio dell’irish whiskey. È la cinematografia americana a darcene conferma, la bevuta di whisky di inizio 1900 storicamente associata al marinaio irlandese, diventa la bevuta della classe emergente; nel bicchiere

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sparisce l’irish whiskey e compare lo scotch. La situazione del whiskey irlandese raggiunge il punto più difficile nel 1966 quando le tre rimanenti distillerie irlandesi (Jameson, Powers e Cork) decidono di fondersi in un’unica grande azienda – la Irish Distillers – che troverà sede a Midleton, nel sud. Da allora, fatta eccezione per la Bushmills situata in Irlanda del Nord, tutta la produzione di tutti i marchi irlandesi sopravvissuti verrà fatta nella New Midleton Distillery. L’obiettivo di questo grande impianto era di garantire un futuro all’Irish Whiskey ormai vicino all’estinzione, seguendo più la moda del blended whiskey di facile beva che non la ricerca di qualità dei single malt. Conseguentemente la qualità dell’Irish whiskey è andata via via decrescendo. Contrariamente allo Scotch, l’Irish Whiskey non ha un disciplinare, ma si limita a rispettare quelle che sono norme alimentari e sanitarie imposte dalla Repubblica Irlandese (e dal Regno Unito per il Nord) e dall’Europa. Sostanzialmente è Irish Whiskey tutto il whiskey che è distillato in Irlanda (Repubblica e Nord), ricavato da cereali, distillato ad un massimo del 94.8% e sottoposto ad una maturazione di almeno tre anni in botti di legno (non solo di rovere come accade per lo Scotch) di massimo 700 litri. Queste sono le norme che l’Europa, ereditandole dallo Scotch, impone ad ogni prodotto che commercializzato in Europa riporti in etichetta la parola whisky o whiskey. È comune effettuare in Irlanda la tripla distillazione, contro la doppia scozzese, anche se questo non è imposto da alcun disciplinare – esiste una distilleria irlandese che effettua doppia distillazione così come esiste una distilleria scozzese che effettua tripla distillazione. Semplicemente la peggiore qualità dell’acqua di sorgente irlandese richiede un po’ più di contatto con il rame per essere depurata e la tri-

pla distillazione è stata una soluzione di facile attuazione. Tipicamente l’Irish Whiskey non è torbato mentre lo Scotch lo è almeno un pochino, anche se questo non è imposto dal disciplinare – esiste una distilleria irlandese che produce un whiskey torbato così come oggi molte tra le quasi 150 distillerie scozzesi la torba la hanno proprio abbandonata. Gli anni ’80 hanno rappresentato un decennio di freno per tutto il whisky mondiale. In Irlanda il primo segno tangibile di ripresa lo si ha nel 1987 con la nascita della distilleria Cooley e con l’ingresso della multinazionale Pernod Richard in Irish Distillers (1988) e la conseguente diffusione su tutti i mercati del whiskey Jameson. La Cooley rappresenta il momento zero della rinascita dell’Irish Whiskey. Di proprietà dell’imprenditore John Teeling è la Colley ad avere prodotto il Connemara, doppia distillazione e tanta torba, whiskey che ha rotto tutti gli schemi dell’Irish. Oggi, complice il crescente interesse verso il mondo del whisky e verso il micro, anche l’Irlanda registra la nascita di tante nuove micro-distillerie. Se ne contano ormai quasi 20, tutte molto giovani (la gran parte sotto i tre anni) e quindi con ancora nessun whiskey rilasciato. Di Irish Whiskey se ne potrà parlare in modo più efficace già durante il 2020, quando i nuovi primi rilasci andranno progressivamente ad arricchire un panorama che diventerà velocemente tanto intrigante quanto quello scozzese. * fondatore di Whisky Club Italia


Un tuffo nella Firenze di Leonardo e Michelangelo Grazie a un sapiente restauro e alla visione di un imprenditore fiorentino, nel quartiere di Santa Croce è possibile soggiornare nello storico Palazzo Gherardi, tra affreschi e suggestive logge di Antonio Faldoni

L

e sorti dell’Italia sono inesorabilmenSi estende con i suoi tre piani fino all’angolo di te legate a quelle della bellezza, di cui via de’ Pepi: al pian terreno è presente un porella è la madre», scriveva Gabriele tale principale e un secondo portale che era D’Annunzio. Un motto che un giovane imprendi servizio, tra finestre quadrate con cornici ditore fiorentino, Alessandro Gaini, ha fatto in pietra. I piani superiori, segnati da cornici proprio. Con il sostegno della sua famiglia ha marcapiano, presentano due serrate file di moacquistato e ristrutturato una porzione dello nofore centinate, organizzate su ben dieci assi. storico Palazzo Gherardi di Firenze, nel quarAll’interno, accolgono il visitatore uno scalone tiere di Santa Croce, per metterla a disposiziocon balaustra in pietra e un piccolo cortile con ne di quanti, per piacere o per affari, vogliano arcate tamponate e pilastri ottagonali, con caassaporare l’emozione pitello a foglie d’acqua LA RESIDENZA APERTA AL PUBBLICO di trascorrere qualche che risalgono alla fine CONDIVIDE IL PALAZZO CON L’ISTITUTO notte nel capoluogo del Trecento. Nel corDI LINGUA E CULTURA MICHELANGELO toscano immersi in tile si trova anche lo E CON IL POLO DELLA SAPIENZA un’atmosfera rinasciscudo con lo stemma mentale e in un contesto unico. «Avevo appena dei Gherardi e si affaccia una loggetta al primo concluso un’esperienza lavorativa in Brasile», piano. La residenza aperta al pubblico condiviracconta Gaini, che dopo la laurea in Scienze de il palazzo con l’Istituto di Lingua e Cultura Politiche ha passato un anno a Londra, per poi Michelangelo e con il polo fiorentino della Saconseguire un master in Luiss e un secondo in pienza, ovvero l’Università degli Studi di Roma. Internazionalizzazione delle aziende italiane «Al secondo piano, attraverso le prestigiose con l’Ice, «e con i miei fratelli Alice e Andrea abscale, si accede alla nostra dimora» spiega Gaibiamo pensato che sarebbe stato interessante ni: «La casa è composta da un appartamento investire insieme in una location esclusiva che con una grande sala arricchita dalle suggestive potesse diventare un “business di famiglia”. cementine esagonali della tradizione fiorentiAbbiamo acquistato un’importante metratura a Palazzo Gherardi, che si trova in una delle vie principali del centro, davanti all’enoteca Pinchiorri, a 80 metri da piazza Santa Croce, dove ha vissuto Leonardo. Accanto alla nostra c’è la casa di Michelangelo: c’è un’atmosfera di un fascino unico, unita alla riservatezza». Palazzo Gherardi appare nell’elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale ALESSANDRO GAINI da considerare patrimonio artistico nazionale.

«

na e da un affresco ottocentesco, cucina, camera e bagno, oltre a una suite affrescata con letto king size e bagno. Tramite un’antica scala si accede al piano superiore dove si trovane altre due camere con bagno individuale e vista sui tetti fiorentini». E gli ospiti vengono accolti in sei lingue diverse: inglese, italiano, portoghese, spagnolo, francese e tedesco. L’area circostante la piazza, seppur molto turistica, ha mantenuto una forte identità fiorentina, infatti numerosi sono i locali dove poter mangiare e uscire durante il giorno frequentati sia da stranieri che dagli abitanti del quartiere. Per chi ama addentrarsi nella cultura locale cittadina, da non perdere gli eventi quali: il calcio storico (giugno e febbraio), il mercato di Sant’Ambrogio, i tipici panini per strada e le antiche trattorie. «Affittiamo attraverso Airbnb, ma anche direttamente e tramite un’agenzia di Boston». E gli ospiti vengono accolti con una bottiglia di Chianti Palazzo Gherardi docg biologico (che viene esportato anche in Brasile). www.palazzogherardi.com info@palazzogherardi.com

141


EE POI MOTORI POIILILPIACERE PIACEREMOTORI

Un passaggio nel futuro con l’autonoma a idrogeno Sognate un’auto che emetta solo vapore acqueo e purifichi l’aria catturando polveri sottili? Esiste: è la Hyundai Nexo. Peccato che l’unica stazione di rifornimento si trovi a Bolzano di Franco Oppedisano siste. Teoricamente è possibile ananteriori sul quale sono concentrati la maggior che acquistarla. Ma, a meno che non parte dei comandi e da due schermi Lcd: uno abitiate vicino a Bolzano, non potete da 12,3 pollici al centro della plancia che mousarla. Perché la Hyundai Nexo va a idrogeno e stra dati come la velocità, il livello di carburanl’unico distributore capace di garantirle un piete e l’efficienza di guida e uno da 7 pollici per no di carburante è nella provincia altoatesina. la navigazione, la connettività e l’infotainment. Ma guidarla è come farsi dare un passaggio nel I coreani hanno deciso di utilizzare biomatefuturo. È come assaggiare un mondo favoloso riali certificati per i rivestimenti dei sedili, i in cui si emette solo vatappetini e le rifiniture IL PIENO DI IDROGENO SI FA pore acqueo. Insomma interne. Sotto il cofano IN APPENA CINQUE MINUTI è come viaggiare su ha un motore sincrono E I TRE SERBATOI PERMETTONO un’automobile quasi a magneti permanenti UN’AUTONOMIA DI 660 CHILOMETRI perfetta, ma (ancora) da 163 CV di potenza impossibile. Basata su una nuova piattaforma e 395 Nm di coppia, che permette di arrivare dedicata, la Nexo è un Suv dalla bella linea con a velocità massima di 179 chilometri all’ora e luci di posizione a led, design triangolare dei un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 9,2 seconfari e maniglie delle portiere integrate nella di. I consumi nel ciclo Wltp sono di 0,84 chili carrozzeria che fuoriescono con un meccanidi idrogeno ogni 100 chilometri e i tre serbatoi smo automatico. L’interno è caratterizzato da permettono un’autonomia di 660 chilometri. una consolle centrale sospesa tra i due sedili Il pieno, poi, trovando una stazione di riforni-

E

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mento, si fa in cinque minuti. Nexo è una vetrina di quello che la tecnologia può già fare. Ha un livello quattro di guida autonoma, ovvero sa gestire situazioni complesse senza che il conducente debba intervenire e, oltre a tutto quello che troviamo sulla maggior parte delle auto (frenata autonoma di emergenza con riconoscimento di veicoli e pedoni, sistema di mantenimento attivo della corsia, rilevamento della stanchezza del conducente e l’avviso di possibili urti posteriori) la Hyundai a idrogeno entra o esce da un parcheggio in maniera autonoma, anche senza la presenza del conducente a bordo e quando si mette la freccia le telecamere del Blind-Spot View mostrano al guidatore, su uno schermo centrale, la visuale laterale e posteriore della vettura. Ha poi due palette al volante che non sono per innestare o scalare marcia, ma per modificare i settaggi della frenata rigenerativa e aumentare l’autonomia, specie in discesa. Ma come va? Funziona - e questo è già molto - ma non è un fulmine e la risposta quando si preme il pedale non è bruciante come nelle auto a batteria. L’accelerazione assomiglia di più a quella dei motori termici, ma in fondo cosa si può pretende da un’auto che non solo non emette agenti inquinanti, ma mentre funziona permette di purificare l’aria, catturando una quantità di polveri sottili pari a quella emessa da due auto diesel che percorrono la stessa distanza?


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE

FIAT 500 ELETTRICA: LA CITYCAR ITALIANA DIVENTA ELETTRICA Fiat ha svelato la 500 elettrica, un’auto alimentata completamente a batteria che segna una svolta epocale per la Casa torinese. Potendo sviluppare un progetto ex-novo, sono cambiati anche gli ingombri della vettura, dando spazio a una batteria da 42 kWh, in grado di garantire fino a 320 km di autonomia. Il motore elettrico ha una potenza di 118 CV, cui corrisponde

una velocità massima di 150 km/h, 9 secondi per lo 0-100 km/h e soli 3,1 secondi per lo 0-50 km/h. A livello estetico, è nuovo il logo 500 che compare sulla calandra, al posto di quello più classico di Fiat, come sono nuovi i fari anteriori, caratterizzati da una sorta di “palpebra” spezzata da una linea LED, che cerca di completare un cerchio ideale, e quelli posteriori con una “C” a

LED ben marcata. Gli interni sono stato rivoluzionati, soprattutto per merito dell’arrivo del sistema di infotainment Uconnect 5, novità assoluta, con schermo touch HD da 10,25” dotato di sistema Android ed Apple CarPlay in modalità wireless.

ALFA ROMEO GIULIA GTA: LA SUPER BERLINA DEL BISCIONE Alfa Romeo fa una bella sorpresa a tutti gli appassionati e presenta, nell’anno dei 110 anni dalla fondazione, le nuove Alfa Romeo Giulia GTA e GTAm, versioni prestazionali in serie limitata di 500 esemplari, che affondano le loro radici nel passato glorioso del Marchio italiano. Prezioso è stato il know-how tecnico scaturito dalla partnership con Sauber Engineering, con l’utilizzo del Sauber Aerokit, tra cui vanno evidenziate nuove minigonne laterali, spoiler posteriori e splitter anteriore attivo.

La carreggiata è stata allargata di 5 cm, mentre debuttano anche il doppio terminale di scarico centrale firmato Akrapovic e i cerchi monodado da 20”. Oltre ai due posti secchi dedicati alla GTAm, nell’abitacolo spicca l’uso massiccio di Alcantara®, rollbar posteriori e tanta fibra di carbonio. Il risultato? 1.520 kg – 100 kg in meno della Quadrifoglio – e un rapporto peso/potenza da record: 2,82 kg/CV. Ne derivano prestazioni esaltanti: 3,6 secondi per lo 0-100 km/h, grazie alla presenza del Launch Control.

AUDI A3: NUOVA GENERAZIONE PER LA COMPATTA TEDESCA Era il 1996 quando la Audi A3 debuttava sul mercato con la prima generazione. Sono passati diversi anni e adesso siamo giunti alla quarta interpretazione della Audi A3 Sportback.

Esteticamente, la nuova A3 è un’auto che persegue la via della sportività e lo si nota osservando il gioco delle linee, con nuovi elementi stilistici inediti per Audi. Guardando dentro, invece, si nota un abitacolo sicuramente raffinato in cui si evidenziano linee orizzontali nette e superfici dal design pulito. Inoltre, a livello tecnologico spiccano il quadro strumenti digitale da 10,25” e, al centro della plancia, lo schermo touch da 10,1” che si fonde in una cornice in nero lucido. Alla quarta generazione della compatta dei quattro anelli sono inizialmente

dedicati 3 motori: 35 TFSI con il 1.5 da 150 CV e 2.0 TDI con potenze di 116 o 150 CV, rispettivamente 30 e 35 TDI. Successivamente al lancio debutteranno l’entry level con il 1.0 TFSI da 110 CV e una versione del 1.5 TFSI con tecnologia mild-hybrid (MHEV) a 48 Volt.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

CAMBIO DI PROGRAMMA: IL PALINSESTO PASSA LA QUARANTENA A RETI UNIFICATE Lo show biz ai tempi del coronavirus: tra veri contagi e falsi allarmi, la programmazione televisiva non è l’unica a essere stravolta: saltano anche gli aperitivi e gli eventi mondani come il compleanno di Matteo Salvini QUANTE LEGGENDE NELLO

concorrenza a Mattino 5 e a Uno

coronavirus sta azzerando feste

mia Tenuta del Lauro ma lo

SHOW BIZ AL TEMPO DEL

mattina su Rai 1. Bianca doveva

cocktail ed eventi lasciando in

farò appena l’emergenza sarà

CORONAVIRUS. Se il giornalista

essere la star ma lei, convinta

piedi solo momenti interattivi sui

rientrata». Di passaggio in

Mediaset Nicola Porro si è subito

da Rai 2 a restare anche per il

Social. Da segnalare anche che

Svizzera anche Marco Tronchetti

dichiarato positivo al contagio

2021, avrebbe declinato la ricca

molti vip sono partiti lasciando

Provera che, dopo la notizia

bloccando immediatamente il suo

offerta. Al suo posto - secondo

l’Italia per rifugi lussuosi in posti

che il figlio Giovanni è risultato

prime time su Rete 4, a bloccare

quanto solo noi siamo in grado

relativamente sicuri. Di chi si

positivo al virus, ha smentito

Bianca Guaccero, regina del

di essere stato contagiato. In

factual “Detto, fatto” su Rai 2.

fuga dall’Italia anche Silvio

è stata un’influenza che nulla

Berlusconi che, dopo la fine

ha a che fare con il Covid-19.

della storia con la bella e troppo

Nell’ultima puntata del prime time

vulcanica Francesca Pascale,

di Rai 1 condotto dalla Guaccero

si è fidanzato ufficialmente con

e da Enrico Ruggieri, Bianca

la deputata di Forza Italia Marta

e il suo agente Gigi D’Amato

Fascina, trentenne originaria

avevano cenato esagerando in

di Melito porto Salvo lo stesso

fritture e piatti partenopei: anche

paese calabro da cui proviene

Gigi è stato colpito dal virus

il nuovo super commissario

intestinale. La Rai ha sospeso

all’emergenza coronavirus

alcune produzioni tra cui Vieni

Domenico Arcuri già leader di

da me con Caterina Balivo, La

Invitalia ed ex compagno della

Prova del cuoco di Elisa Isoardi,

giornalista TV Myrta Merlino

Buongiorno benessere di Vira

da cui ha avuto una figlia. Marta

Carbone o il programma di

Fascina e Berlusconi si sono

Gigi Marzullo lasciando aperte

rifugiati nella super villa di

sono le trasmissioni fortemente orientate all’informazione sul

Marina primogenita del Cavaliere IN SENSO ORARIO: NICOLA PORRO, BIANCA GUACCERO, MILLY CARLUCCI E FRANCESCA PASCALE

in costa Azzurra. Vola invece in Oman la super ricca Cesarina

coronavirus. Sospeso sine die Ballando con le stelle della brava

di rivelare - Tv8 ha cercato

tratta? Di Tania Missoni che è

Ferruzzi mentre la vera e unica

Milly Carlucci che aveva già

Francesca Fialdini che conduce

partita da Varese portandosi

regina del salotto milanese

pronto un cast stellare. Ma il

con successo Da noi a ruota

dietro il cagnolino e valigie

Daniela Javarone, rimasta alla

futuro di Bianca sembrava fino a

libera la domenica su Rai 1. Per

piene di cashmere. Adesso la

base per organizzare il 6 aprile

poco tempo fa extra Rai visto che

adesso sembra che Francesca

bella Tania Missoni è nella sua

il compleanno numero 47 di

una grossa offerta era arrivata

abbia detto no, ma la proposta

favolosa casa a Sainkt Moritz:

Matteo Salvini al principe di

all’attrice da Tv8. Il canale

è stata girata anche ad altre

«Penso di restare qui almeno un

Savoia. Champagne, ostriche

numero 8 del telecomando

conduttrici che sarebbero invece

paio di settimane», confessa a

e torta devono però attendere

vuole allestire un programma

fortemente interessate alla cosa.

Economy, «mi manca la Puglia

perché la festa, sempre causa

mattutino da giugno per fare

Intanto, la mondanità al tempo del

e sarei andata volentieri nella

corona virus, è rimandata.

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