Gennaio 2020 Euro 5,00
SPECIALE PREVISIONI 2020
INVESTIRE | ANNO II | N.12 | MENSILE | GENNAIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 7 GENNAIO 2020 | POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI
Conoscere, rischiare, guadagnare
L’OTTIMISMO CI STA
Mercati e risparmio: consuntivo sul 2019, analisi e outlook sui prossimi 12 mesi CLASSIFICHE - I dati sull’andamento dei principali fondi ed Etf elaborati da Fida REPORT - Le ricerche previsionali di oltre trenta case d’investimento internazionali SCENARI - Usa, Cina, Ue, clima, migrazioni, hi-tech, listini, politica: le idee dei nostri editorialisti
EDITORIALE
La consulenza come tutela di Sergio Luciano
«H
o investito nella Popolare di Bari 440 mila euro —300 mila in azioni e 140 mila in obbligazioni — ma consapevolmente solo 60 mila euro in azioni. Per il resto, tutto è successo a mia insaputa: il direttore della filiale ha avuto gioco facile con me che sono finanziariamente analfabeta. E così ho perso tutto»: il recente grido di dolore della professoressa casertana Giovanna Scialdone, vittima del crack della banca barese, ravviva i ricordi foschi di tante storie simili, e anche peggiori, occorse nel recente passato. Come il suicidio di Luigino D’Angelo, pensionato sessantottenne di Civitavecchia, che aveva perso 100 mila euro nel crack di Banca Etruria e che in una lettera lasciata alla moglie accusava la banca “di avergli addirittura mandato un funzionario da Arezzo per rassicurarlo che i suoi risparmi sarebbero stati in buone mani”. Perché ricordare queste storie devastanti – solo due esempi tra i molti, purtroppo – all’inizio di un anno che pur aprendosi con tante incognite, dalla Brexit al voto Usa, si presenta dotato di ancor più numerose opportunità? Perché devono, almeno, servire di lezione. Mentre l’anno appena trascorso si è concluso, una volta di più, con un nulla di fatto sull’educazione finanziaria popolare; la Mifid 2, la direttiva sulla trasparenza, è un’incompiuta; ed è evidente a tutti che il sistema bancario europeo è purtroppo ancora pieno di mine inesplose. L’articolo 47 della Costituzione, quello che “incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”, attende ancora una compiuta applicazione. In questo panorama inquietante, la categoria dei consulenti finanziari costituisce una nota positiva. Perché è da sempre quella che più di ogni altra trae dal rapporto fiduciario col cliente la propria ragion d’essere. L’impiegato di banca vive di stipendio fisso e non deve conquistare i clienti, che entrano spontaneamente in filiale e parlano con le persone
che si trovano di fronte. Il consulente deve far da sé. Non può permettersi una cattiva reputazione. È noto nel suo territorio come persona e non solo per la casacca che indossa. Può sbagliare una volta, ma non può recidivare. Deve riuscire a tutelare i risparmiatori, proprio come prescrive il nostro Statuto. Non a caso, quella dei consulenti finanziari è la categoria professionale del mondo del risparmio cresciuta di più negli ultimi dieci anni, in termini di qualificazione tecnico professionale. Ma purtroppo, sempre a causa della scarsa educazione finanziaria, appena l’11% del risparmio italiano è organizzato nelle forme del risparmio gestito attraverso le reti dei consulenti. C’è dunque un grande e meritato spazio di crescita. Per tutte queste ragioni, sin dal primo numero del suo nuovo corso, il nostro mensile ha dedicato alla categoria dei consulenti, e alla loro massima associazione, l’Anasf, grande attenzione e molto spazio. E siamo felici di poter inaugurare il 2020, annunciando l’upgrade di questa linea in una vera e propria collaborazione editoriale. Mensilmente, Investire ed Anasf elaboreranno approfondimenti su temi, eventi e iniziative di comune interesse, naturalmente in primis quelli al centro degli importantissimi appuntamenti di Consulentia. E l’Anasf, compatibilmente con le sue esigenze editoriali e di informativa ai soci, alcuni giorni dopo l’uscita di Investire in edicola, ne circolarizzerà ai suoi soci la copia digitale. Una collaborazione sui valori e sulla cultura di una professione cruciale per il futuro dell’economia degli italiani e dell’intero Paese. LA DIFFICILE ARTE DELLA PREVISIONE. Perché questo numero speciale di Investire dedicato al consuntivo del 2019 finanziario e soprattutto agli “Outlook” sul 2020, sia quelli di numerose case di investimento che quelli dei nostri editorialisti? Semplice: perché, per citare Marx (Groucho, naturalmente): “Mi interessa molto il futuro: è lì che passerò il resto della mia vita”. Buona lettura e auguri – non solo all’Anasf ma a tutto il mondo del risparmio – di un bellissimo 2020.
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Registrazione Tribunale di Milano N. 126 del 27/3/1982 Direttore responsabile Sergio Luciano Caporedattore Marco Muffato Newsroom Marina Marinetti, Marco Scotti, Riccardo Venturi, Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori, Claudia Spatafora
Hanno collaborato Antonio Quaglio (Consulente del direttore), Francesco Bellizzi, Ugo Bertone, Giacomo Damian, Mauro Del Corno, Giuseppe D’Orta, Gian Marco Litrico, Gloria Valdonio Contributors Enrico Cisnetto, Anna Gervasoni, Andrea Margelletti, Marco Onado, Matteo Ramenghi, Giulio Sapelli, Franco Tatò
Partnership Editoriali Assoimmobiliare Redazione info@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia DIrettore Generale Pier Carlo Barberis Editore incaricato Domenico Marasco
Responsabile commerciale Luca Ronzoni Casa editrice Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 Segrate - 02 7542097 Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco S.N. (MI)
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SOMMARIO Gennaio 2020
03 EDITORIALE
18 ANALISI 2019
di sergio luciano
La consulenza finanziaria come tutela
di ugo bertone
Per le Borse è stata una festa che può durare
08 GLI SCENARI 2020
20 CLASSIFICHE 2019
Le previsioni degli editorialisti di Investire
Fondi&Etf, chi ha vinto e chi ha perso
OUTLOOK 2020 PRESENTAZIONE
FRANKLIN TEMPLETON
SCHRODERS
L’arte della previsione ai tempi dell’intelligenza artificiale
Selettivi in un mercato in continua evoluzione
Passi avanti sui dazi, economia globale in ripresa
AXA IM
BLACKROCK
CREDIT SUISSE
In arrivo due anni difficili per Europa e Usa
Nuovo anno in chiaroscuro, ecco dove investiremo
Crescita moderata e nessun rischio recessione
HSBC GLOBAL AM
NATIXIS IM
CONSULTINVEST AM
Diversificazione intelligente nell’era della incertezza
La crescita economica sarà moderata
La green economy ci potrà salvare dal declino
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44 50
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64 ELEZIONI ANASF
75 MONETA ELETTRONICA
68 SALVARE ENASARCO
76 RISIKO DELLE BORSE
70 BANCA GENERALI
79 BORSE ALTERNATIVE
72 ATTENTI AGLI UNICORNI
82 MALALINGUA
Parte la sfida tra le 5 liste: programmi a confronto
L’intervento di Alfonsino Mei
Amplierà l’offerta sugli illiquidi con gli Eltif
I venture capitalist stanno incrinando il mito
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I nuovi servizi nei pagamenti digitali di Epipoli
Tra Usa e Cina, il terzo (Taiwan) gode
Gli elefanti nelle cristallerie degli MTFs
I professionisti delle previsioni non azzeccate
Prima dell’adesione leggere il Prospetto e il KIID, disponibili presso i collocatori
CON UN UNICO PUNTO DI VISTA NON PUOI CERTO AVERE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE Idee diverse, un unico obiettivo. Noi di Legg Mason abbiamo riunito nove gestori specializzati e indipendenti, ognuno con le proprie idee e convinzioni. Tutto questo per offrirti un’ampia scelta di strategie e strumenti che ti aiutino a diversificare i tuoi investimenti, ottenere i risultati che desideri e realizzare così i tuoi obiettivi finanziari.
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Pubblicato e approvato da Legg Mason Investments (Europe) Limited, sede legale 201 Bishopsgate, Londra, EC2M 3AB. Società registrata in Inghilterra e Galles al n. 1732037. Autorizzata e regolamentata dall’UK Financial Conduct Authority.
LA TAVOLA ROTONDA DEI NOSTRI EDITORIALISTI
MERCATI, MIGRANTI, CLIMA, USA, UE, HI-TECH, CINA, ITALIA: CHE 2020 SARÀ?
Marco Onado
Giulio Sapelli
Franco Tatò
Anna Gervasoni
Enrico Cisnetto
Matteo Ramenghi
Andrea Margelletti
È professore senior di Economia degli intermediari finanziari nella Università Bocconi di Milano. È stato Commissario della Consob. Collabora con “Il Sole 24 Ore”, “Lavoce.info” e “voxeu.org”.
È Professore Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Enrico Mattei.
Manager eclettico e innovativo, è tra i pochissimi italiani ad aver diretto aziende in Germania, paese (e cultura) che ama ed è l’unico a essere stato amministratore delegato sia di Rizzoli che di Mondadori
Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. È anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)
È un editorialista, economista e conduttore televisivo, ideatore della trasmissione televisiva Roma InConTra. È conferenziere, consulente politicostrategico e tifoso della Sampdoria
È Chief Investment Officer della divisione Wealth Management di Ubs in Italia, dopo 15 anni di esperienza a Londra. Considerato tra i gestori europei più competenti ed esperti, è conferenziere e pubblicista apprezzato
Presidente del Centro Studi Internazionali, docente presso la Facoltà di Scienze delle investigazioni e della Sicurezza dell’Università di Perugia e Narni, è unico membro onorario delle Forze Speciali
PREVEDERE È DIFFICILE MA BISOGNA TENTARE
«T
u ne quesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint»: lo scriveva Orazio nella sua ode, “Carpe diem”, stupendo atto di resa dell’Uomo verso il futuro, verso le incognite della vita: «Non chiedere, sarebbe nefasto saperlo, quale destino ci riservano gli dei». Ma questa è poesia, mentre la finanza è soprattutto prosa. E quindi tentare di conoscere quali saranno, probabilmente, le evoluzioni future dei mercati è non solo un desiderio naturale, ma è un esercizio sano. Per questo abbiamo proposto ad alcune tra le firme più prestigiose che onorano Investire di rispondere ad alcune domande-chiave sul prossimo futuro, in una tavola rotonda virtuale i cui risultati sono riassunti in queste pagine. Ne risulta un quadro complesso, aperto a sviluppi di segno diverso. Molto starà in quanto ciascuno di noi saprà fare. «Quisque faber est suae fortunae», per tornare al latino. (s.l.)
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L’INCOGNITA USA Gli Stati Uniti entrano in un anno elettorale turbolento, con Trump sotto impeachment ma senza rivali forti. Cosa accadrà?
Quell’idea micragnosa dell’«America First» fa danni a tutto il mondo. La speranza è che Trump non venga rieletto, 4 anni sono già stati deleteri Enrico Cisnetto
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ono 30 anni che, insieme con il muro di Berlino, è fragorosamente caduta l’impalcatura che a Yalta era stata costruita per dare al mondo un equilibrio possibile. Ora, il combinato disposto dell’incompiuta europea e della dottrina Trump – che ha fatto diventare “sovranista” il paese un tempo perno degli equilibri mondiali – rischia di sbriciolare irrimediabilmente quanto costruito finora. D’altra parte “yankee go home” non è più lo slogan degli anti-imperialisti, ma la parola d’ordine di Trump, traducibile in “gli americani se ne stanno a casa loro”. E se i primi quattro anni sono stati deleteri, altri quattro lo sarebbero ancora di più. L’attacco di Erdogan ai curdi, purtroppo, è l’ultimo evidente segno della ritirata americana e della fine dell’equilibro precedente. Poiché la geopolitica non ammette vuoti, in quello spazio ci si è infilato Putin. Quella
nella vicenda turco-siriana è solo l’ultima delle posizioni assunte da Washington che rischiano di compromettere l’Alleanza Atlantica. Non meno grave, per esempio, è la decisione di trattare con i talebani afgani o la guerra doganale sui dazi che punisce più gli amici che i nemici, tanto che con la Cina si accorderanno. È il frutto velenoso di quella micragnosa idea denominata “America first”, che se non è all’origine certo ha contribuito in maniera decisiva al declino dell’egemonia Usa nel mondo. Se ne possono compiacere gli stolti. O i miopi. La dottrina Trump infatti comporta gravi conseguenze. Nell’ordine: mina la Nato, fa esplodere le contraddizioni europee, disarticola i già più che precari equilibri mondiali – a tutto favore della Russia e della Cina – dando un colpo mortale all’atlantismo, rinvigorisce i pericoli legati al terrorismo e la spinta delle migrazioni. Questioni e pericoli di fronte ai quali l’Europa sembra afona e l’Italia muta. Per cui l’unica speranza è che Trump non venga rieletto.
GLI SCENARI 2020 di Investire Ma il presidente biondo ha dalla sua i favori del pronostico (e dell’economia)
La politica del fatto compiuto, attualizzata dall’uso degli annunci via tweet di Trump, ha stravolto la democrazia negli Usa. Speriamo in un rinsavimento
Andrea Margelletti
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ella storia statunitense sono molto rari i casi in cui un Presidente non ha ottenuto un secondo mandato anche se, in tutta onestà, l’epopea trumpiana dovrebbe averci insegnato il valore delle sorprese in politica. Tuttavia, al di là della quasi costituzionale aleatorietà che caratterizza la figura del biondo inquilino della Casa Bianca, non possiamo ignorare alcuni fattori oggettivi che sostengano valutazioni di tipo analitico. In politica interna, il presidente Trump può fare affidamento su una congiuntura economica positiva (crescita del 2,2% nel 2017, del 2,8% nel 2018 e del 2,2% nel 2019) e su un tasso di disoccupazione naturale del 3,7%, ben inferiore al target del 6,7% della Fed. Nel 2020 la crescita potrebbe rallentare al 2% a causa della guerra commerciale con la Cina e la disoccupazione dovrebbe rimanere costante o, al massimo, crescere di 0,1 punti percentuali. In sintesi l’economia statunitense è in salute e questo, al di là delle simpatie o meno dell’elettorato verso Trump, è una prima pietra di fondamentale importanza su cui costruire la riconferma. Il Presidente uscente può continuare a cavalcare le tigri della lotta all’immigrazione clandestina, su cui troneggia il dossier del Muro con il Messico, del “Make America Great Again” e del “America First”. Inoltre in politica estera Trump può giocarsi la carta della sconfitta di Daesh e dell’uccisione dell’odiato Califfo al-Baghdadi. Su tutto però svettano il rinnovato conflitto con l’Iran, anch’esso dossier spendibile in politica interna in nome della vecchia crisi degli ostaggi del 1979, e la crescente acredine con la Cina, sinora unico Paese a insidiare il primato economico e tecnologico degli Usa. In questo senso, la guerra commerciale con Pechino potrebbe essere soltanto il preludio a forme di conflittualità ancora più violente, combattute con tutti i mezzi dall’Europa (5 G docet) all’Asia. In più oggi Trump non sembra avere avversari in grado di tenerli testa sotto il profilo mediatico e d’immagine. Pur nel suo essere una figura controversa e divisiva, il Presidente uscente sembra avere dalla sua parte la maggior parte degli americani. L’unica cosa che potrebbe veramente fermarlo è l’impeachment e le ombre russe del suo passato. Però questa è un’altra storia.
Franco Tatò
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on l’elezione di Trump è divenuto evidente a tutti che l’elettorato degli Stati Uniti si era spaccato orizzontalmente e che prima delle elezioni nessuno se ne era accorto, con sorpresa di tutti coloro i quali, fedeli ai valori originari del popolo americano, all’America che tutti abbiamo amato, non potevano credere che la maggioranza dei loro concittadini avesse perso la fede nella più bella costituzione del mondo. Col passare del tempo la situazione non è cambiata, perché quello che non si è visto immediatamente è che la spaccatura orizzontale non era una semplice differenza di opinione, come è sempre stato tra democratici e repubblicani, accettata da tutti perché ogni legge importante veniva approvata con voti bipartisan nell’interesse generale. Ora siamo invece di fronte a una profonda polarizzazione, a una differenza di opinioni estrema e inconciliabile su tutti i temi oggetto di valutazione politica fino al giudizio sui comportamenti dei detentori del potere e in
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LA STASI EUROPEA
particolare del presidente. Quanto inconciliabili siano queste posizioni lo vediamo solo oggi, dopo innumerevoli errori compiuti da un Presidente caratterizzato dalla imprevedibilità dei suoi comportamenti e da un’ importante innovazione procedurale: tutti i provvedimenti di iniziativa presidenziale, dal licenziamento di un collaboratore alla costruzione di un muro con il Messico, alla dichiarazione di guerra commerciale contro la Cina e così via, vengono annunciati con un tweet, e a questo punto, senatori e deputati repubblicani sono costretti a difendere il presidente a qualunque costo, stravolgendo la discussione parlamentare. Malgrado la guerra commerciale con la Cina, l’ostilità verso l’Europa, l’ostilità sull’ambiente, i sondaggi confortano Trump. Noi italiani siamo forse quelli che meglio possono comprendere questa situazione, paragonabile alla popolarità di Salvini che sembra passare indenne attraverso comportamenti inaccettabili. Solo i risultati delle prossime elezioni Usa ci diranno se la luce della saggezza è tornata a splendere nella mente degli elettori anche senza movimenti di sardine.
L’Unione europea esce malconcia dal 2019, tra Brexit e venti di crisi. Il prossimo anno riserva una ripartenza o un aggravamento?
Il vecchio centro-sinistra franco-tedesco dovrà risolvere alcuni temi di vita o di morte per non sciupare il vantaggio accumulato sui sovranisti Enrico Cisnetto
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i sono voluti mesi per comprendere i veri risultati delle elezioni europee del 26 maggio, quelli europei, e non quelli utili alla propaganda nazionale. A rappresentarceli in tutta la loro valenza politica è l’accordo raggiunto sulle nomine e il voto finale sulla nuova Commissione. Fino a dicembre infatti tre bocciature parlamentari di altrettanti candidati commissari hanno impedito alla von der Leyen di entrare in carica, inducendo popolari e socialdemocratici ad aprire a maggioranze variabili, in cui oltre a Liberali e Verdi sono finiti anche i grillini italiani. Alla fine lo spettacolo offerto è poco edificante, certamente tale da spegnere le speranze che il processo di integrazione politico-istituzionale, militare ed economico
dell’Europa possa fare passi avanti. E lascia sgomenti il fatto che, dopo essere riusciti ad arginare le forze nazionalpopuliste alle scorse elezioni europee, ora, a soli sei mesi di distanza, i partiti tradizionali siano costretti ad inseguire gli sconfitti, pietendo i loro voti per Strasburgo. Non capendo che, visto l’andazzo, la prossima volta gli elettori potrebbero ripensarci. Per adesso ha retto il vecchio asse di centro-sinistra, ma pure quello altrettanto stagionato franco-tedesco, l’architrave su cui si base il potere in Europa da decenni. Vediamo se riuscirà ad affrontare alcuni temi che non esistiamo a definire “di vita o di morte”: Brexit, migrazioni, sicurezza e, last but not least, l’Italia, con la battaglia sul Mes. Da queste partite, e da quelle italiane in particolare, si capirà quale sarà il futuro. E nel giugno del 2020 si giocano gli Europei di calcio. La partita inaugurale è a Roma. Forse non è un caso. Auguri. gennaio 2020
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La gestione del dopo-Brexit, chance per ridare forza all’Unione Europea Anna Gervasoni
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a Commissione Ue nei fatti si è insediata a dicembre. Sul tavolo i commissari trovano una eredità impegnativa: provvedimenti da portare avanti, la Brexit, la stabilità finanziaria, il dibattito sui dazi, le tensioni sociali. A febbraio una scadenza importante, quella del Mes. Il dibattito sui media spesso è basato su un approccio alla riforma superficiale. Ci sono quindi strumentalizzazioni e derive antieuropeiste. La Commissione ora è guidata da una donna competente e decisa e abbiamo una rappresentanza italiana di qualità. Ma il rapporto con la Gran Bretagna sarà a mio parere “il” tema. Nel bene e nel male, prese in via definitiva le misure e le distanze tra Europa continentale e UK, possiamo pensare di aprire una stagione ancora più forte dell’Unione europea, incentrata sui temi economici e sociali. In questo percorso il grande nemico è la politica secessionista. L’auspicio è che il non fulgido esempio dei britannici, e una comunicazione corretta ai cittadini sui reali vantaggi dell’Unione, rendano l’Europa più forte e coesa.
Perchè ci si può fidare della Commissione di Ursula von der Leyen e dell’atteggiamento tedesco nei confronti della politica dell’Unione Franco Tatò
U
rsula von der Leyen ha assunto la guida della commissione europea in un momento difficile ma molto interessante. Nonostante i molti problemi incontrati dalla protetta di Angela Merkel, si è riusciti a nominare una commissione relativamente giovane, composta da persone competenti e con un’alta percentuale di donne. Una vera rivoluzione in confronto al passato. È probabile quindi che vedremo un’Europa diversa, più rapida nelle decisioni e coerente con gli obiettivi indicati dalla Presidente nel discorso di apertura. La progressiva realizzazione di un’Europa verde porterà grandi cambiamenti sia in campo politico che economico. Un obiettivo è estremamente interessante per la Germania. Non dimentichiamo che il rafforzamento dei Verdi nel parlamento tedesco, dovendo constatare il progressivo sfaldamento della Spd, quasi un suicidio, rappresenta l’unica possibilità di formare un governo in grado di contrastare eventuali progressi dell’AfD.
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Dalle scadenze politiche nazionali ostacoli per la nuova Commissione Marco Onado
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a nuova commissione ha un compito difficilissimo: deve rilanciare la crescita europea e per far questo deve completare l’Unione bancaria (colpevolmente ignorata prima della crisi e priva ancora di alcune componenti fondamentali); risanare il sistema bancario (a cominciare da quello tedesco che è il grande malato di Europa); rilanciare l’economia e gli investimenti (il che richiede un diverso atteggiamento in materia di deficit nazionali e soprattutto la capacità politica di convincere la Germania che la sua ossessione per la combinazione pareggio di bilancio statale + surplus corrente fa male a sé e ad altri). Se il buongiorno si vede dal mattino, le polemiche italiane sul Mes, largamente pretestuose, fanno temere che le tensioni politiche nazionali, forse destinate a intensificarsi per le scadenze elettorali imminenti, saranno un ostacolo formidabile. 10
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I sovranisti italiani neppure se ne sono accorti, non avendo partecipato per cecità e incompetenza alle discussioni di formazione del programma. Evidentemente, avendo constatato il persistere degli atteggiamenti antieuropei, alla Germania non rimaneva altra possibilità se non quella di fare i propri interessi. Auguriamoci che il peso politico-economico della Germania in Europa, torni a vantaggio di tutti attraverso una politica intelligente e condivisa. Ma la vera discontinuità dell’Europa del 2020 rispetto al passato, sarà l’assenza della Gran Bretagna. Questo non perché Londra desse un grande contributo al funzionamento Ue, ma perché la sua uscita, nelle cause e nei modi, costituisce una grande lezione per tutti i paesi d’Europa, che se intendono conservare i vantaggi indubbi della partecipazione, dovranno operare in modo che non si verifichino altri abbandoni. Lo si potrà ottenere solo attraverso un miglior funzionamento delle strutture burocratiche europee a vantaggio di tutti cittadini e attraverso la formazione di uno spazio politico seriamente dedicato alla solidarietà e al sostegno reciproco.
LE MIGRAZIONI
Forse tra 10 anni nessun giovane nigeriano lascerà più l’Africa per lavorare in Europa, o forse no. Che sarà delle migrazioni?
Affinchè le partenze avessero termine occorrerebbe che 300 o 400 milioni di giovani africani trovassero lavoro nei loro Paesi. Ma non si vede come Giulio Sapelli
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er parlare di migrazioni, dobbiamo chiederci quale sarà lo sviluppo dell’Africa. E su questo tema non dobbiamo ripetere l’errore che abbiamo fatto sull’Europa. Noi abbiamo creato le istituzioni europee e abbiamo avuto una visione di crescita dell’Unione rafforzatasi soprattutto dopo il crollo dell’Urss e la creazione dell’euro e della Banca centrale europea. Allora si pensò che ci potesse essere nell’eurozona una crescita economica continua e illimitata che avrebbe smentito la legge della ciclicità. Ebbene oggi sull’Africa si sta profilando lo stesso errore. Neanche un anno fa, è stata creata l’Unione degli Stati Africani, che ha nei suoi programmi a breve termine la creazione di una moneta unica, a imitazio-
ne tanto del franco africano, che unisce già 15 Paesi, quanto soprattutto dell’euro. Se pensiamo all’esperienza europea questo programma è paradossale, perché il grande difetto dell’Unione europea oggi è proprio quello di avere una moneta unica nata troppo precocemente rispetto alle ancora troppo forti divergenze strutturali di produttività del lavoro e di capacità di mantenere a livelli sostenibili il debito sovrano. In Africa è ancora più difficile che avvenga realmente quell’omologazione politica che anche in Europa stenta. Anche perché l’Africa è fondamentalmente divisa in 4 grandi aree totalmente diverse l’una l’altra. L’Africa del Nord è dominata ancora dal capitalismo internazionale e da uno Stato nazionale estrattivo: Libia, Algeria, Egitto e Tunisia o sono Paesi monoproduttivi basati su petrolio e gas, con governi dittatoriali o semidittatoriali o, quan-
GLI SCENARI 2020 di Investire do non lo sono, vivono nel tormento sociale e politico come Algeria e Libia. Poi c’è il Centro Africa a dominazione francese, anch’essi Stati prevalentemente minerari, che riforniscono di uranio le centrali nucleari francesi, che sono produttori di materie prime con agricolture intensive, sono francofoni e hanno una conformazione economico-sociale mista, con un livello di vita abbastanza stabile, che si è anche elevato in questi ultimi 30 anni, anche grazie all’export. Poi abbiamo il cuore dell’Africa, dove s’incrociano due grandi speranze. La prima è la Nigeria, uno Stato sui generis, che aggrega attorno a sé un’Africa nigeriana che al Nord è per metà cristiano mentre al Sud è attraversata da varie formazioni islamiche, impegnate nel continuo assalto alle minoranze. Oggi la Nigeria è un stato petrolifero che cerca di uscirne dalla monocultura, vorrebbe ampliarsi nella petrolchimica, anche nel turismo, ricerca una stabilità politica fuori dalla dittatura, ha ambizioni internazionali, come nel settore del cemento dove un gruppo nigeriano contrastò sia pur fallendo il passo ai tedeschi nell’acquisizione dell’Italcementi. E si calcola che nel 2050 la Nigeria potrà avere 1 miliardo di abitanti. Poi c’è il Kenia, che ha una solida borghesia nazionale, una buona industria dell’informatica e delle tlc - per esempio la digital week di Nairobi è una manifestazione molto seria. Non trascurerei l’identità alcuni stati i rivieraschi sull’Oceano Indiano, indipendenti ma con economie deboli, come Angola e Mozambico, che confinano con quello sviluppo dell’Africa-non-Africa di eredità anglo-boera che sono il Sudafrica e il Botswana. Infine c’è Africa con le maggiori potenzialità di tutti, il Congo. Congo democratico e Brazzaville, insieme, sono grandi come l’Europa ma hanno solo 80 milioni di abitanti, sono i più ricchi d’acqua, posseggono le terre rare come il cobalto e il litio, oro e diamanti. Ma per arrivarci bisogna passare da Nord, per recarsi da Kinshasa a Kinderi bisogna sorvolare una foresta immensa, oppure bisogna navigare per 4 settimane sul fiume Congo. Quindi la possibilità che gli africani non emigrino più è legata al fatto che 3 o 4 cento milioni di essi trovino lavoro nei loro Paesi, grazie a uno sviluppo economico di cui però non si vede ancora il progresso. Pensare che Africa possa svilupparsi così rapidamente è un proseguimento della visione globalista, ma nè ciclica né storica… La storia è qualcosa di molto più duro dei sogni globalisti o di chi pensa che siano i trend e non gli scenari a interpretare il futuro. Ecco ciò su cui occorre continuare a riflettere.
L’Africa sta crescendo ma è illusorio pensare che riesca ad arginare in pochi anni il flusso migratorio nord-sud offrendo le risorse necessarie Andrea Margelletti
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uando parliamo di migrazioni internazionali la prima domanda che dobbiamo farci è “Perché i giovani africani lasciano i loro Paesi per venire in Europa?”. La risposta è ormai palese: per ragioni economiche e per ragioni umanitarie, ossia per migliorare la propria condizione, quella della propria famiglia e per fuggire da situazioni di conflitto o di grave violazione dei diritti. La seconda domanda è: “Tra dieci anni, il contesto economico, politico e securitario dell’Africa sarà talmente migliorato da recidere le cause alla base dell’emigrazione?”. Io sono abbastanza pessimista a riguardo, anche se un “no” secco in geopolitica non può essere mai pronunciato. Anche in questo caso bisogna saper leggere e interpretare i dati. L’Africa è il continente con il maggior tasso di crescita demografica al mondo. Nel 2030 ci saranno 1,7 miliardi di africani e l’Africa sarà il secondo continente più
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IL MISTERO CINA
popoloso al mondo dopo l’Asia ma quello con la più alta percentuale di giovani sotto i 30 anni (circa 60%). Stando agli attuali trend, appare inverosimile che l’Africa riesca a soddisfare la massiccia offerta di lavoro e la contemporanea domanda di risorse, beni e servizi. Dobbiamo ricordare che l’Africa è forse il continente più afflitto dalla fragilità ambientale dal cambiamento climatico, il che vuol dire che assisteremo a una continua degradazione delle aree rurali, a una diminuzione delle risorse idriche e del suolo e, di conseguenza, a una costante migrazione interna. Con un probabile aumento di faglie di conflittualità sociale e politica e, dunque, il moltiplicarsi di forme di militanza violenta. Inoltre non possiamo chiudere gli occhi sul pessimo livello di governance dei Paesi africani, ancora vessati da nepotismi e corruzione. Si tratta di problemi profondi, anche nel migliore dei casi non risolvibili nei prossimi 10 anni. Chi immagina un flusso migratorio sud-nord inesistente tra un decennio resterà deluso.
Pechino: opacità, attriti internazionali e reciproci corteggiamenti. Come saranno i rapporti tra Pechino e il mondo?
La Cina ha grandi potenzialità, come tutta l’Asia, per le dinamiche demografiche, lo sviluppo tecnologico e le politiche infrastrutturali in atto Matteo Ramenghi
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n accordo limitato tra Usa e Cina è possibile ma sullo sfondo del protezionismo ci sono problemi ben più ampi come la rivalità tecnologica, la sfera d’influenza, e la possibilità che nel giro di qualche anno la Cina superi gli Stati Uniti come prima economia mondiale magari insidiando il ruolo-guida del dollaro. Infatti, anche se il renminbi è ancora in una fase iniziale di internazionalizzazione, ha il potenziale di proporsi come una possibile alternativa al dollaro. Ci sono però anche ragioni di essere ottimisti riguardo tutta l’Asia. Sono in corso trasformazioni sociali ed economiche che nel lungo termine sono destinate ad avere impatti molto più rilevanti della politica. L’Asia è l’epicentro delle principali evoluzioni a
livello globale: crescita demografica, invecchiamento della popolazione, spostamento di milioni di persone dalle campagne alle città oltre alla rivoluzione tecnologica in atto. Partendo da una fortissima competitività basata sul basso costo della manodopera, molti Paesi si sono orientati verso lo sviluppo della domanda interna e sull’innovazione tecnologica. L’ambizione cinese è di diventare un’economia meno dipendente dal resto del mondo passando dal “Made in China” al “Created in China”. Non è un caso che in alcuni segmenti, come il 5G, l’intelligenza artificiale e la guida autonoma siano già leader. Tra i mercati emergenti preferiamo proprio l’Asia in considerazione delle dinamiche demografiche, dello sviluppo tecnologico e delle politiche infrastrutturali in atto. Vediamo con favore anche le società hi-tech cinesi che potrebbero beneficiare dall’indotto del 5G. gennaio 2020
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Non siamo ancora nel secolo cinese ma si va verso un mondo multipolare Andrea Margelletti
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l futuro è più incerto che mai, perché viviamo e vivremo in tempi nuovi e attraverseremo territori (geopolitici) sconosciuti. Sinora abbiamo provato a leggere il confronto Stati Uniti–Cina prendendo in prestito gli schemi familiari della Guerra Fredda. Però la Cina non è l’Urss e, soprattutto, il mondo non è assolutamente più quello della Guerra Fredda. La sfida tra Washington e Mosca era ideologica, oltre che militare, politica ed economica e si è risolto a favore del Patto Atlantico perché quest’ultimo era superiore nel garantire libertà, diritti e benessere materiale. Nella partita cino-americana non c’è nulla di ideologico, it’s only business. Inoltre l’Urss, se si esclude la breve parentesi dei primi anni ‘60, non ha mai costituito un pericolo per la supremazia economica e tecnologica statunitense come, al contrario, la Cina ha dimostrato di saper e voler fare. Alcuni analisti affermano che stiamo per entrare nel secolo asiatico-cinese e che Pechino detterà unilateralmente l’agenda internazionale nei decenni che verranno. Personalmente non sono d’accordo. Anche se in declino rispetto al recente passato, gli Stati Uniti sono ancora la maggiore superpotennza globale e, al contempo, la Cina ha dei fattori strutturali di debolezza (calo demografico, rischio del super-debito, criticità geopolitiche legate al “Dilemma di Malacca” e vulnerabilità interne legate a rivendicazioni politiche, economiche e sociali della popolazione) che non possono essere ignorati. In questo senso, si va sempre più verso un mondo multipolare in cui saranno le alleanze tattiche a dettare l’agenda a causa dell’assenza di un polo unitario ed egemone di Paesi partner. Questo aumenterà l’instabilità e favorirà le opportunità di penetrazione di Pechino in quei contesti economicamente poco vitali, come l’Europa occidentale, e politicamente frastagliati, come l’Unione Europea nella sua interezza. Tuttavia tra Il drago cinese e l’Aquila americana, credo che a una Bruxelles priva della corona inglese serva più la seconda. 12
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GIGANTI HI-TECH Nascerà un argine allo strapotere dei tech-giant? L’intelligenza artificiale dilagherà al punto da emarginare quella umana?
Non dobbiamo temere le nuove tecnologie; al contrario, dobbiamo recuperare il terreno perduto verso i Paesi concorrenti. E investire in formazione Enrico Cisnetto ggi nel mondo le aziende a più elevata e rapida crescita sono native digitali (Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft, ecc.) e molte altre si sono ripensate in tale contesto. Innovazione e capacità tecnologica sono la vera leva dello sviluppo, come dimostra la crescita dell’economia Usa, di quella cinese o il fatto che dal 1992 l’output industriale di Germania, Spagna e Francia sia aumentato solo grazie alla spinta dei settori hi-tech. E’ un fattore naturale che non va combattuto, ma cavalcato. Noi purtroppo facciamo prevalentemente resistenza e ci opponiamo a un percorso vantaggioso. Per cui siamo indietro. Solo il 5% del Pil italiano, infatti, è oggi riconducibile al digitale, contro l’8% della Germania e una media europea del 6,6%. Un distacco che fa la differenza. I nostri occupati a elevata specializzazione sono il 18,2% del totale, a fronte del 36,1% della Germania. E, secondo i dati Eurostat, solo Bulgaria, Romania e Grecia hanno un tasso di innovazione peggiore del nostro. Un’arretratezza che si aggrava nel pulviscolare tessuto di piccole imprese, restie alle tecnologie avanzate.
Insomma,non ci piace la tecnologia, la combattiamo e la struttura del nostro tessuto produttivo, o meglio la parte più arretrata di esso, non aiuta. Perchè le imprese che hanno investito strategicamente in innovazione oggi competono e brillano sui mercati internazionali, ma sono una sorta di avanguardia che ha permesso al nostro Paese di rimanere a galla in questi duri anni di crisi. La tecnologia non distrugge il lavoro, ma semmai lo crea. Ma noi siamo un Paese analogico, e quindi illogico, e perciò inefficiente. Non serve il “luddismo” del terzo millennio, ma investire in formazione. Cercando di comprendere come gli strumenti ci avvantaggiano. Perché magari è vero: il trattore ha levato lavoro a contadini che si spaccavano la schiena spingendo i buoi, ma poi ha creato un sistema agricolo di fatto migliore, più produttivo, più ricco. E ha prodotto cibo e benessere per tutti. Per cui non si può certo dire che l’intelligenza artificiale dilagherà al punto da emarginare quella umana. Al massimo permetterà agli esseri umani di guardare (e andare) più lontano. Nella storia dell’umanità è sempre stato così. Tutto il resto è fantascienza e paura dell’ignoto.
Anna Gervasoni artiamo dall’intelligenza artificiale. Alcuni studiosi disegnano il futuro, anche remoto, come una evoluzione dell’uomo che diventa macchina. L’uomo crea, grazie all’intelligenza artificiale, il suo successore sul pianeta. In altri scenari si profila un mondo di - auspicabilmente pacifica - convivenza tra uomini e robot. Ma qui vedo un errore di prospettiva. Il robot non è l’evoluzione dell’uomo e l’intelligenza artificiale non è solo la possibilità di replicare e magari potenziare i meccanismi del nostro cervello.
L’intelligenza artificiale è uno strumento fantastico per aumentare le nostre potenzialità cognitive, per accelerare e migliorare il nostro lavoro e anche la qualità della nostra vita, con applicazioni che spaziano dalla finanza alla medicina al diritto e così via....un buon utilizzo dell’intelligenza artificiale, e più in generale della tecnologia, può migliorare la nostra qualità della vita e permetterci libertà che oggi non abbiamo. La macchina deve prendere il nostro posto per permetterci una vita migliore, per non andare nella profondità delle miniere o per farci guadagnare tempo che possiamo usare per vivere meglio. Può aiutare intere popola-
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Le macchine devono sollevarci da alcune funzioni per farci vivere meglio ma l’essere umano, con tutte le sue imperfezioni, resterà protagonista
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GLI SCENARI 2020 di Investire zioni a mangiare di più e meglio. Può aiutare tutti a curarsi meglio. Certo le applicazioni delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale toglieranno posti di lavoro e ne creeranno altri. E questo vuol dire riallocazione, necessità di formazione. Come sempre il progresso non si può arrestare, ma va gestito, anche per le implicazioni etiche e legali che queste nuove tecnologie comportano. Quindi il dibattito non è “se” ma “come”. I cosiddetti tech- giant hanno un indiscutibile vantaggio competitivo che travalica i loro settori. Questo andrà a creare nuove alleanze. Non dimentichiamo che gli specialisti di settore esistono e hanno in mano un mercato che non sempre si cattura con facilità. Ed è un mercato regolamentato. Per esempio il settore finanziario e il settore sanitario lo sono fortemente. Quindi ben venga l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per incrociare dati che aiutino le diagnosi e le terapie di tanti pazienti, ma la decisione ultima per sottoporsi a determinate cure o interventi resta e deve restare in capo a medico e paziente. Nel mondo delle banche tantissime attività, processi e prodotti cambieranno radicalmente grazie alle tecnologie. Alcuni prodotti abbandoneranno i canali tradizionali. Ma questo è successo anche con l’avvento del bancomat. E non solo i dipendenti, ma anche gli utenti dovranno essere formati. E bisognerà evitare l’emarginazione delle fasce più deboli. Ma questo non vuol dire che le banche scompariranno, cambieranno modello e andranno a fare alleanze con le big tech, magari proprio per mettere a punto nuovi e migliori sistemi di sicurezza. Il tema della sicurezza, della proprietà dei dati e della loro conservazione sarà centrale nei prossimi anni. E il tutto non si dovrà sottrarre a regole, che qualcuno dovrà decidere e implementare, tenuto conto che i confini non saranno più quelli che oggi disegniamo. Il mondo cambia e si evolve; avremo proprietari di tecnologie e di dati che di questo faranno un grande business. I settori vedranno i loro confini e i loro protagonisti ridisegnati. Ma non credo che l’intelligenza artificiale sostituirà quella umana. L’essere umano, con le sue imperfezioni e i suoi comportamenti irrazionali, quindi difficilmente replicabili, continuerà a essere protagonista di quei miracoli imprenditoriali che hanno creato le big tech stesse e che ci danno la speranza di un mondo efficiente ma ancora per tanti millenni ...umano.
Il vero problema delle nuove tecnologie è l’oligopolio, che va combattuto Ci vogliono nuove regole, globali, ma le notizie dagli Usa non sono buone Marco Onado
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on sarà certo la tecnologia a porre limiti allo strapotere delle nuove imprese. Un recente libro dell’economista Philippon dimostra che il potere di mercato delle nuove imprese è cresciuto in modo drammatico negli ultimi decenni, soprattutto negli Stati Uniti. E’ l’effetto delle grandi trasformazioni che abbiamo salutato come l’alba della liberazione: Apple si presentava come l’alternativa alla posizione dominante di Ibm, ma oggi Iphone domina il mercato più di qualsiasi impresa del passato. I social network sembravano l’alba di una nuova democrazia, ma oggi scopriamo che Facebook con i suoi due miliardi di utenti controlla le nostre vite in modo ancora più stretto di quanto Orwell avesse potuto immaginare nel suo libro 1984 (scritto nel 1948). I mer-
cati tendono infatti all’oligopolio, se non al monopolio e solo regole adeguate possono evitarlo. Gli Stati Uniti lo avevano capito fin dalla fine dell’Ottocento e misero in atto politiche anti-trust efficaci; altri Paesi istituirono autorità indipendenti di controllo della concorrenza. Legislazione e autorità hanno però giurisdizione nazionale, mentre i grandi attori della tecnologia sono per definizione sovranazionali. Per questo è giusto il tentativo europeo di affrontare di petto i problemi posti da imprese come Google o Amazon. È assai probabile che l’azione prosegua con la nuova Commissione, ma il fattore decisivo saranno le elezioni Usa e la scelta del candidato democratico. Proprio in materia di controllo dei grandi monopoli si svolge lo scontro interno ai candidati democratici. L’arrivo sulla scena di Bloomberg non è molto incoraggiante.
È in atto un paradosso economico: l’innovazione dilaga, la produttività no Non si è ancora formata una nuova domanda che saturi le nuove offerte Matteo Ramenghi
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iamo nel bel mezzo di una vera e propria rivoluzione tecnologica cominciata all’inizio del secolo. La robotica prende sempre più piede, siamo tutti connessi a internet – così come molti degli oggetti che utilizziamo quotidianamente e che producono una quantità di dati senza precedenti. L’intelligenza artificiale è la nuova frontiera che renderà le macchine sempre più in concorrenza con gli umani. Specialmente in economie avanzate, che non beneficiano più di una forte spinta demografica, l’innovazione è, o dovrebbe essere, uno dei principali motori di crescita. Così è stato anche in passato, come ben testimoniato dalle rivoluzioni industriali. Oggi la sensazione è che qualche meccanismo nel rapporto tra tecnologia-economia-società possa essersi inceppato. Prima di tutto la crescita economica globale – seppur migliore rispetto agli anni successivi alla crisi finanziaria – rimane molto al di sotto dei livelli raggiunti nei decenni precedenti e soprattutto negli anni ’50, ’60 e ’70. Non si tratta quindi di tassi di crescita che possano far pensare a un salto tecnologico
e produttivo in corso. Del resto la produttività sta crescendo a un tasso molto inferiore rispetto al passato, sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona. Come dichiarato da Robert Solow, Nobel per l’economia: «Vediamo l’era dei computer ovunque tranne che nei dati di produttività». Quali sono le ragioni di questo paradosso? Tenendo quale riferimento le altre rivoluzioni industriali, almeno inizialmente un salto in avanti dei sistemi produttivi ha comportato una perdita di occupazione. In seguito allo shock iniziale è aumentata la domanda di beni - divenuti più accessibili (pensiamo alla catena di montaggio e alla Ford T, la prima auto alla portata di molti, che ha fatto crollare il prezzo delle automobili e reso più efficienti i processi produttivi) e successivamente si è assistito a una domanda sempre più sofisticata che ha determinato la creazione di nuovi posti di lavoro. Oggi vediamo come sia cambiata la modalità di consumo di alcuni beni e servizi (pensiamo alla musica con il passaggio dai Cd alle applicazioni che mettono a disposizione una libreria musicale) facendone crollare il prezzo. Non siamo arrivati al passaggio successivo, la formazione di una nuova domanda. gennaio 2020
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GLI SCENARI 2020 di Investire Forza, facciamo un bel respiro e usiamo l’hi-tech a nostro vantaggio Franco Tatò
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he l’Italia non sia a l l ’ ava n g u a rd i a nell’uso delle nuove tecnologie sia nella pubblica amministrazione sia nell’industria è cosa nota, ma non pensiamo che gli altri stiano molto meglio. La Francia è sicuramente poco più avanti, con qualche stravaganza, ma la Germania ha ancora strada da fare. L’Estonia e i paesi scandinavi sembrano essere molto più avanti così come la Gran Bretagna, la quale gode di un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Diversa è la situazione della Cina, dove le applicazioni vengono usate a tappeto anche a seguito di interventi governativi. Se consideriamo la velocità con la quale la Cina è passata da una situazione di arretratezza profonda alla situazione attuale e proiettiamo questa velocità nel futuro, dovremmo preoccuparci seriamente, perché la potenza socioeconomica della Cina sarà presto più avanzata e veloce dell’Europa e dell’America. Questa situazione si potrà presto definire come egemonia, una forma moderna di colonizzazione che si estenderà a gran parte del pianeta a partire dall’Africa. Quest’estensione del dominio culturale corrisponde alla tradizione cinese, che non è mai stata quella di prendere le armi e conquistare territori, ma di fare i propri interessi con un raffinato uso della diplomazia. In Europa di tecnologia si fa un gran parlare disegnando scenari che vanno dall’esaltazione della nuova umanità a terrificanti scenari con le macchine che prendono il dominio sull’uomo. La convergenza tra tecnologie informatiche e biologiche consente di immaginare forme di vita finora sconosciute, generatrici di angoscia. Applicando una dose forse eccessiva di buon senso, possiamo dire che l’effettiva applicazione di tecnologie avanzate è molto più lenta di quanto la fantasia possa descrivere. Il discorso sull’intelligenza artificiale che sostituirà l’intelligenza umana è privo di senso perché essa è un potente strumento di aiuto all’intelligenza umana ed è difficilmente immaginabile che chi ha sviluppato questa tecnologia, da essa si faccia dominare fino a soccombere. L’unico vero pericolo è l’egemonia cinese alla quale viene a man14
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care il contrappeso degli Stati Uniti, la cui cultura ormai pervasa di Trumpismo si sta svuotando dei valori fondanti della democrazia. Un’altra preoccupazione non del tutto fondata è lo strapotere dei colossi digitali californiani. Che sia uno strapotere con i piedi argilla deriva dal fatto che si tratta di società che esercitano attività di servizio ed è quindi un potere illusorio quello che deriva dal numero crescente di persone che del servizio fanno uso a loro vantaggio. Non è difficile immaginare applicazioni in grado di proteggere l’utilizzatore dall’uso improprio dei servizi offerti, anche con l’uso dell’intelligenza artificiale. Che questi colossi non siano imbattibili lo ha dimostrato il caso di Amazon,
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costretta a lasciare la Cina sconfitta dalla forza tecnologica di Alibaba, senza bisogno di interventi governativi di manipolazione del mercato. Un pericolo serio è costituito dalla possibilità che, con l’uso del danaro, si possa creare una casta di persone dotate di capacità superiori rispetto al resto dell’umanità. Questo tipo di disuguaglianza è più pericoloso dell’iniqua distribuzione della ricchezza e richiede interventi di grande complessità attuativa. La riflessione sull’uso delle tecnologie lascia la testa piena di preoccupazioni. Ma credo che la soluzione sia sempre la solita: fare qualche respiro profondo e impegnarsi a gestire il progresso tecnologico, invece di spendere le nostre energie nel vano tentativo di fermarlo.
AMBIENTE E CLIMA Gli obiettivi istituzionali sembrano, oggettivamente, irraggiungibili. Il mondo saprà riscuotersi dalla stasi e agire?
Gli investimenti sostenibili hanno buone chance di divenire lo standard futuro per molti investitori. Posizionarsi per tempo su di essi è strategico Matteo Ramenghi
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ntanto occorre dare atto all’Europa di avere la leadership globale sulla sostenibilità ambientale e sociale. Per una volta il primato non è riferito solo al nord Europa ma a tutta la Ue, eccezion fatta per il Regno Unito che, su questo fronte, resta più indietro (fonte Morningstar Direct). Per poter raggiungere gli obiettivi Onu sarà necessario mobilitare ingenti capitali, sia pubblici che privati. Ciò è coerente con una delle principali tendenze di questi anni nel mondo degli investimenti: il crescente interesse per la sostenibilità. Non si tratta solo di fare investimenti con una matrice etica, ma prima di tutto di fare buoni investimenti. Da questo punto di vista gli investimenti sostenibili hanno ri-
torni e rendimenti comparabili a quelli tradizionali. Tutti i settori produttivi saranno destinati ad andare verso comportamenti più sostenibili per via di una regolamentazione sempre più rigorosa per rispondere alle condizioni ambientali e all’aumento della popolazione mondiale. Per esempio l’aumento della popolazione richiederà una gestione diversa dell’acqua potabile, della produzione e del consumo di energia, temi che possono offrire interessanti opportunità d’investimento. Gli investimenti sostenibili sono un campo in evoluzione (anche qualitativa) ma hanno buone chance di divenire lo standard futuro per molti investitori. Posizionarsi per tempo, almeno per quanto riguarda un porzione del proprio portafoglio, potrebbe rivelarsi una buona strategia non solo per gli aspetti etici.
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GLI SCENARI 2020 di Investire
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MERCATI MISTERIOSI Inedita l’era dei tassi negativi, con pochi precedenti la forza delle Borse. Cos’è prevedibile che accada quest’anno?
Con i tassi negativi, i mercati azionari sembrano destinati a restare forti Ma bisogna essere prudenti perchè molti comparti sono surriscaldati Marco Onado
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el 2019 le borse hanno rappresentato l’unica via di scampo per investitori in fuga da un mercato obbligazionario dominato da tassi di interesse ridotti al lumicino o addirittura negativi. A ottobre il Fondo monetario ci ha detto che questo scenario è destinato a perdurare (Lower for longer, Più bassi per più lungo tem-
I listini borsistici resteranno un asset strategico anche nei prossimi anni Matteo Ramenghi
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dati economici più recenti suggeriscono una stabilizzazione dell’industria favorita anche dalle rinnovate politiche monetarie espansive, che dovrebbe accelerare nel corso del prossimo anno. A livello globale prevediamo una crescita del Pil reale dal 3,1% di quest’anno al 3,0% del 2020, per risalire al 3,6% nel 2021. L’inflazione rimarrà un’osservata speciale a livello globale. La combinazione di innovazione tecnologica e invecchiamento della popolazione manterrà l’inflazione bassa e indurrà le principali banche centrali a rinnovare le attuali politiche espansive. In questo contesto, man mano che si dissipa il timore di una recessione globale, potremo vedere un maggior interesse per il mercato azionario. Si tratta infatti dell’asset class che offre le valutazioni più ragionevoli – ovviamente è anche quella che comporta la maggior volatilità. In ogni caso, la componente azionaria va considerata in modo strategico perché è quella dalla quale potrebbe derivare la gran parte della performance nel corso dei prossimi anni. 16
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po, titolava il Global Financial Stability Report). Ma oggi, fatalmente, in molti comparti azionari si avvertono segni di surriscaldamento. In molti paesi asiatici, a cominciare dalla Cina, la combina-
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NEBBIA ITALIANA
zione di pesante indebitamento delle imprese e rallentamento della produzione (anche per effetto delle guerre tariffarie) suscita già qualche preoccupazione. Nelle economie avanzate, è il settore tecnologico ad apparire alla fine di una lunga galoppata. Di certo, le nuove quotazioni sono entrate da tempo nella fase di bassa marea e alcune sono state addirittura cancellate nel corso del 2019. Segni inequivocabili per consigliare grande prudenza, soprattutto per le imprese che l’utile lo promettono ma non l’hanno ancora visto. Abbiamo già dato con il Nasdaq venti anni fa.
Il nostro Paese appare una pedina marginale. Priva di guida politica forte. Con troppi debiti e poco lavoro. Cosa accadrà?
Si è creato uno spazio enorme a disposizione del «partito che non c’è» La società civile e la borghesia produttiva ragionino su un’idea di futuro Enrico Cisnetto
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Italia: in questo contesto il nostro Paese appare una pedina sempre più marginale di dinamiche più grandi di lei. Priva di guida politica forte. Priva di tendenze sociali positive. Cosa accadrà? C’è stato un cambio di governo, anche grazie alle sponde europee ed atlantiche, ma nessuna svolta nell’economia. Continuiamo a traccheggiare, finendo sempre per lasciare ai fattori esogeni la preminenza: la flessibilità europea, la politica monetaria della Bce, la congiuntura internazionale. Ieri dipendeva tutto dall’Europa matrigna che non ci consentiva di fare i nostri interessi. Oggi dipende tutto da quanto possono fruttare i buoni rapporti con sorella Europa. Di nostro non ci mettiamo niente. Non in termini di diagnosi, visto che l’analisi sulle reali condizioni del nostro sistema economico latita. Tantomeno in termini di terapia, viste le premesse e considerata la vocazione della politica e della classe dirigente nel suo insieme a non prendersi responsabilità. Il tutto mentre non abbiamo uno straccio di politica industriale. Maldestri, dilettanti, velleitari, incapaci, impotenti, indecisi a tutto. La lista dei sostantivi usabili per definire i protagonisti di questa disgraziata stagione della politica italiana potrebbe allungarsi all’infinito, senza tema
di smentita. Nel nostro lungo attraversare le diverse fasi della storia repubblicana, mai ci era capitato di assistere a uno spettacolo del genere, tra lo sconcerto e la curiosità di vedere come finisce, quasi fosse un film horror. Ma, più che (facili) pronostici, credo sia necessario fare un augurio. Anzi, una chiamata. A moderati, liberali e riformisti, europeisti e atlantisti, agli imprenditori più illuminati e del ceto produttivo più avveduto, professionisti e insegnanti, intellettuali. Ma soprattutto, alle élite che hanno abdicato al loro ruolo di guida dell’intera società. Ci auguriamo che sia finito il tempo del girarsi dall’altra parte e inizi quello della doverosa assunzione di responsabilità, prima di tutto ponendo fine allo strapotere della banalità e del presentismo. E poi occorre dare voce e corpo agli italiani senza rappresentanza, a coloro che non si lasciano andare alle pulsioni populiste e sovraniste. Per questo bisogna mettere in moto dei processi che consentano di generare nuovi soggetti politici all’altezza della sfida che il Paese ha di fronte. Serve che la società civile, e la borghesia produttiva in particolare, la smetta di compilare la lista della spesa e si rimbocchi le maniche e ragioni su un’idea di futuro. Elezioni, sondaggi e anche una seria analisi dimostrano che c’è uno spazio enorme a disposizione del “partito che non c’è”. Facciamone il buon proposito del 2020.
L’ANALISI PANORAMICA SUI MERCATI
Il 2019 delle Borse è stato una festa e non è detto che non possa durare di Ugo Bertone
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roppo bello per essere vero. Non c’è listino azionario che non abbia ragione per festeggiare il bilancio di un anno straordinario, il migliore dal 2013 per i mercati globali. E Piazza Affari ha fatto ancor meglio, con un progresso che in vista del Natale ha largamente superato la barriera del 30 per cento al termine di un anno che 12 mesi fa non prometteva nulla di buono. Invece, occorre risalire al 1998, quando l’anno si chiuse con un incredibile +47 per cento, per trovare un risultato migliore per la Borsa di casa nostra. Brindano gestori e operatori che hanno approfittato delle condizioni generose del costo del denaro vicino o sotto lo zero, grazie all’azione delle banche centrali. Un po’ meno i ritardatari che, spaventati dal braccio di ferro sui dazi e dalla minaccia di recessione, si sono mantenuti (troppo) liquidi fin quasi alla fine per poi cercare di recuperare il tempo perduto. Non è il caso di infierire. Chi poteva scommettere a cuor leggero che, dopo undici anni consecutivi di crescita dell’indice Standard &Poor’s 500, il Toro fosse ancora dotato di tanta energia? Si dava per scontato una frenata. Al contrario, se nel 2008, alla vigilia del crack di Lehman Brothers, il rapporto prezzo/utili dell’indice più importante delle Borse Usa, era pari a 15,4 volte, il dato è salito a 19 volte, comunque lontano dal rischio bolla. Insomma non solo i mercati azionari sembrano godere di ottima salute ma le prospettive, almeno per il prossimo futuro appaiono positive, come testimonia l’indice “Greed and Fear” cosi detto perché misura il sentimento di avidità (che spinge a comprare) e di paura diffuso tra gli operatori. Nel giro di pochi mesi la lancetta si è spostata dal pessimismo all’euforia. In contemporanea, solo un terzo dei gestori prevede una recessione per il 2020, 18
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LA GALOPPATA DEI MERCATI SUGGERISCE PERÒ OVVIAMENTE UN APPROCCIO MOLTO SELETTIVO Christine Lagarde ha sostituito al vertice della Bce Mario Draghi cercherà cautamente di superare la politica dei tassi negativi.
in netto calo rispetto al 66 per cento registrato ad inizio autunno. Un cambiamento repentino che insospettisce i veterani dei mercati, scottati in passato da situazioni improntate alla febbre degli acquisti. «Quando l’S&P si è trovato nei pressi dei massimi storici», rileva Giuseppe Sersale di Anthilia, «la performance a tre mesi è risultata positiva solo in un caso su quattro, e la perdita media è stata del 3,8% mentre il guadagno medio dell’1,4%». I ritardatari dunque potrebbero restare delusi, almeno nel breve. Tanto segnali però suggeriscono che la grande festa, del tutto imprevista un anno fa, può ancora continuare nel 2020, l’anno del Topo per l’Oroscopo cinese, che dovrebbe premiare l’intelligenza con l’astuzia necessaria per scansare i pericoli. Ma è importante evitare di restare con il cerino in mano.
Un anno diviso a metà Le previsioni geopolitiche, dopo la pace sui dazi tra Usa e Cina e la soluzione del nodo Brexit, sono improntate al bello. Trump è riuscito a fare coincidere, di certo non casualmente, la conclusione del mini-accordo con la Cina e un nuovo massimo di Borsa con l’impeachment, che per i mercati è e continuerà a essere un non
L’ANALISI evento. «Più la borsa sale e l’economia tiene, più Trump si rafforza», nota Alessandro Fugnoli di Kairos. «Più Trump si rafforza più la borsa ha ragione di non temere troppo le presidenziali e la fine del 2020». Il vero nemico, in questi casi, è l’eccessiva sicurezza che può spingere i mercati a esagerare. Anche perché è difficile prevedere un forte aumento degli utili aziendali a fronte di una crescita dell’economia che negli Usa è destinata a restare attorno al 2%, comunque a livelli assai superiori di Eurolandia e Italia.
Occhio al voto Usa In questo quadro, a mano a mano che si avvicineranno le elezioni Usa, non sono da escludere bruschi cambi di rotta nel corso dell’anno motivati dalla geopolitica (hard Brexit dopo il mancato accordo con Londra, crescita dei consensi per i democratici, favorevoli a una politica di forti aumenti fiscali). In sintesi non è da escludere verso l’autunno lo scoppio di una bolla violenta, nemmeno sgradita a Trump, ma fino ad allora si profila un quadro di rialzo lento, moderato e graduale delle borse a fronte di tassi a breve invariati e di un’ascesa contenuta di quelli a lungo in un quadro valutario sotto controllo: la Cina si è impegnata a non svalutare, il dollaro si indebolirà sull’euro, ma di poco.
IN UNA FASE DI INCERTEZZA SI PUÒ CONSIDERARE L’OPZIONE DELL’ORO
Oro anti-volatilità. E una scommessa emergente In vista di eventuali turbolenze vanno tenuti ben presenti gli Etc sull’oro: «non vediamo ragioni per smobilitare le posizioni accumulate sul metallo giallo», sottolinea il Credit Suisse. Tra le nuove idee di investimento occhio alla Cina, entrata stabilmente nel paniere degli Emergenti di Morgan Stanley. Le emissioni obbligazionarie a lungo rendono il 3,25% a fronte di un rischio valutario trascurabile, dopo l’accordo sui dazi. Per chi ama i brividi il paniere Msci Global offre una novità: il Kuwait incluso per la prima volta tra i listini emergenti. Esiste un Etf (Kmefic Ftse Kuwait Equity Ucits Etf o Kuw8) adatto per diversificare l’investimento su società a piccola, media e grande capitalizzazione. Non sono previsti titoli petroliferi, ma la recente quotazione di Aramco e i programmi sauditi promettono prospettive interessanti. Europa in marcia dopo Draghi «È brutto dirlo, ma credo che la stagione delle banche centrali sia finita. La liquidità è arrivata a un livello oltre il quale non si va e le banche centrali non potranno andare oltre». Andrea Delitala di Pictet è convinto che le armi ampiamente usate da Mario Draghi siano ormai spuntate. Christine Lagarde, che dispone di margini d’azione modesti, non potrà che dare più spazio alla politica fiscale, invocando interventi “verdi” che non potranno venire che dalla Germania che, al solito, si muoverà con grande prudenza, soprattutto se verrà meno il timore della recessione. La Bce, perciò, si piegherà a una politica “reattiva”, dipendenti dai dati, senza l’ambizione di spingere la crescita con nuove iniezioni di liquidità. Con prudenza, perciò, si cercherà di archiviare la politica dei tassi negativi, con grande sollievo di banche e assicurazioni. Fca-Psa, investire sui merger Di qui la preferenza per le azioni. Meglio quelle europee, sostiene
Carlos Tavares, da capo della francese Psa a capo dell’accorpamento PsaFca. Dalla sua gestione ci si attende moltissimo.
Morgan Stanley. «Vediamo una modesta ripresa sia del Pil che degli utili per azione», si legge in un report della casa di investimenti. «I nostri economisti credono che un mini-ciclo di recupero è ora in corso, aiutato da un allentamento simultaneo delle tensioni politiche e sul commercio per la prima volta da sette trimestri». Ma senza troppe illusioni. Ci vorrà tempo perché la ripresa degli investimenti, sia nelle infrastrutture che nei temi più sensibili all’ambiente decollino. Forse la sorpresa arriverà dai segmenti più inattesi. L’auto, per esempio, dove domina l’incertezza a fronte della scommessa dell’elettrico che, per ora, ha provocato un forte aumento degli investimenti cui non corrisponde la domanda. Ma la fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot, che occuperà buona parte del 2020, rappresenta la punta dell’iceberg di un processo di riorganizzazione che investirà buon parte del settore. Non è difficile prevedere una stagione di M&A che coinvolgerà titoli come Brembo a caccia di partner in Europa. Effetto Pir in Piazza Affari Non mancano di sicuro i temi interessanti sul mercato italiano. L’indice Ftse Mib scambia a 11,3 volte gli utili attesi al 2021 e viaggia ancora a sconto per il 18% rispetto agli altri indici. Secondo un report di Banca Intesa, la borsa italiana ha ancora un margine di crescita (il 10% a medio termine). Secondo gli analisti l’anno si aprirà con un cielo grigio, a causa di diversi fattori tra cui l’incertezza domestica. Ma non è escluso un balzo in avanti legato all’effetto Pir. Con il 2020, infatti le sgr potranno dare il via alla raccolta di nuovi fondi con esenzioni fiscali. È uno dei criteri-guida per un buon investimento assieme al dividendo, suggerisce il report. gennaio 2020
19
CLASSIFICHE 2019
FONDI AZIONARI
Un anno d’oro, rendimenti a doppia cifra per tanti Commento a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche di Consultique Scf S.p.a
I
n seguito a un anno complicato sui mercati finanziari come è stato il 2018 con un andamento negativo di quasi tutte le asset class, il 2019 si è rivelato essere un vero toccasana, in quanto si sono registrati ottimi recuperi e importanti rialzi. Essendo i rendimenti dei mercati la principale materia prima dei rendimenti dei fondi è molto facile al termine dell’anno trovare rendimenti a doppia cifra in molti comparti. Volendo tratteggiare un disegno generale dell’andamento dei fondi azionari è quindi necessario tenere a mente che in un anno di trend molto positivo alcune azioni, tipicamente le più rischiose, hanno beneficiato di più rispetto ai titoli più difensivi. Non ci sarebbe pertanto da stupirsi nel trovare tra i top performer dell’anno strumenti con un focus specifico su titoli a bassa capitalizzazione o su titoli growth o strumenti il cui team di gestione ha preferito spingersi su titoli più rischiosi. Entrando nello specifico dei singoli comparti e iniziando dalla asset class più complicata in termini di sovraperformance, data l’efficienza del mercato, nonché dalla più rappresentativa a livello globale, ovvero l’azionario statunitense, tale trend generale sembrerebbe ampiamente confermato. È quindi molto facile trovare i fondi growth tra i migliori fondi della categoria e i fondi value tra i peggiori poiché riflettono un generale andamento che ha visto mediamente sovraperformare i primi sui secondi di circa undici punti percentuali da inizio anno. Anche analizzando i fondi azionari globali il trend continua a essere valido con differenziali di rendimento molto simili allo specifico caso statunitense: l’indice Msci World Growth infatti ha avuto nell’anno una performance di circa dieci punti percentuali superiori rispetto all’indice Msci World Value. Pur avendo leggermente sottoperformato rispetto al comparto azionario globale, anche per l’azionario europeo, sia riferito alla zona euro, sia all’intero continente complessivamente preso, si è avuta un’ottima annata. A 20
ALCUNE AZIONI, LE PIÙ RISCHIOSE, HANNO FATTO MEGLIO DEI TITOLI PIÙ DIFENSIVI. CORRE L’AZIONARIO USA, BENE ANCHE QUELLO EUROPEO. TRA I SETTORIALI SPICCANO I TECNOLOGICI
gennaio 2020
primeggiare anche nel continente europeo sono i fondi che si sono focalizzati sui segmenti più rischiosi, ovvero società a piccola capitalizzazione o società appartenenti al fattore growth. Anche in questo caso è bene ricordare che si tratta di una sovraperformance contestuale allo specifico clima economico-finanziario registrato nel 2019. Gli stessi fondi che negli ultimi dodici mesi hanno primeggiato potrebbero soffrire quindi nel momento in cui si troveranno ad affrontare un mutato contesto di mercato. Spostando l’attenzione dalla geografia alla composizione settoriale troviamo nuovamente il trend già analizzato che premia i segmenti più rischiosi. I fondi settoriali che più hanno ottenuto performance positive sono quelli tecnologici, in linea con l’indice Msci World Information Technology che nel 2019 ha ottenuto un +44,5%. La crescita del settore ha portato anche ad un allargamento dell’offerta di strumenti, molti dei quali si sono specializzati su specifici microsettori, quali la robotica, la cybersecurity o l’intelligenza artificiale. Nonostante un’ottima stagione per i mercati azionari, sui fondi azionari distribuiti in Europa si sono avuti più deflussi che afflussi. In particolare, hanno raccolto nuove masse i fondi azionari globali privi di una specifica caratterizzazione e i fondi azionari globali growth, mentre le asset class che più hanno sofferto i deflussi sono gli azionari della zona euro. Probabilmente molti investitori hanno approfittato delle performance a doppia cifra per ridurre la rischiosità su specifici segmenti di mercato, incrementando la diversificazione del portafoglio.
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI AREA EURO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
SEB Nordic Small Cap C EUR
46,15%
61,65%
126,89%
12,59%
2
Fidelity FAST Europe A EUR
43,23%
46,70%
52,65%
11,44%
3
MFS Meridian European Research W1 GBP
41,37%
39,44%
41,26%
12,24%
4
DWS Invest European Small Cap LC EUR
41,35%
32,93%
66,28%
14,95%
5
Fidelity European Dynamic Growth Y EUR
40,92%
58,77%
105,78%
11,17%
6
TSIF Pan European Focus R NAcc EUR
40,71%
46,24%
57,90%
10,38%
7
MFS Meridian European Core Equity W1 GBP
40,07%
46,85%
59,72%
12,08%
8
MFS Meridian Blended Research European Eq. W1 GBP
39,51%
32,77%
42,14%
13,26%
9
MFS Meridian Continental European Eq. W1 GBP
39,20%
45,80%
52,06%
12,54%
10
MFS Meridian European Value W1 GBP
38,96%
46,48%
51,69%
11,93%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
UBAM Europe Equity Dividend + R Cap EUR
1,96%
-1,07%
5,11%
4,58%
4
HSBC Microcaps Euro C EUR
1,68%
-13,61%
15,38%
15,30%
3
Lazard European Alternative BP Cap EUR
-0,87%
-
-
-
2
THEAM QUANT Eq. Eurozone Income Def. C EUR
-2,47%
-
-
-
1
Plurima Apuano Dynamic Equity A Ret Prem EUR
-10,07%
-7,55%
-
9,79%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI EUROPA EMERGENTI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
Pictet-Emerging Europe-R EUR
39,85%
27,12%
62,34%
16,04%
2
NN (L) Emerging Europe Equity X Cap EUR
35,36%
37,09%
75,14%
12,75%
3
SISF Emerging Europe C Cap. EUR
34,73%
42,96%
115,78%
13,11%
4
JPM Emerging Europe Equity A Acc $
34,71%
20,04%
66,62%
13,15%
5
Templeton Eastern Europe A EUR
33,93%
24,90%
63,66%
14,20%
6
East Capital Eastern Europe A Cap EUR
33,76%
18,37%
63,62%
15,01%
7
Magna Eastern European C EUR
33,40%
23,27%
53,35%
13,78%
8
Deka-ConvergenceAktien CF Cap EUR
33,26%
35,25%
64,21%
13,35%
9
DNCA Eurocovery I EUR
32,47%
6,77%
-
16,83%
10
ESPA Stock Europe Emerging A EUR
32,01%
22,95%
53,69%
15,06%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
BG Select. Eastern Europe Eq. CX Cap EUR
28,17%
20,04%
60,65%
13,78%
4
PineBridge Emerging Europe Equity A Cap $
27,47%
23,99%
52,14%
14,19%
3
DWS Osteuropa EUR
27,08%
21,69%
38,54%
12,74%
2
UniEM Eastern Europe A Cap EUR
26,00%
23,97%
57,68%
11,95%
1
GIS Central & Eastern European Equity D X Cap EUR
4,44%
10,95%
1,45%
14,08%
gennaio 2020
21
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI REGNO UNITO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
TIF UK Smaller Companies R Inc GBP
36,55%
39,15%
76,84%
15,61%
2
TSIF UK Mid 250 R Acc GBP
34,34%
30,89%
45,19%
14,69%
3
AXA WF Framlington UK A Cap EUR
34,05%
28,70%
-
11,58%
4
Aberd.Stand.I UK Equity A Cap GBP
33,89%
27,20%
32,46%
12,12%
5
TSIF UK Extended Alpha R Acc GBP
32,53%
23,58%
45,73%
11,61%
6
Merian UK Alpha (IRL) A Cap EUR
31,97%
23,54%
30,17%
11,77%
7
TLux UK Equities ZGP GBP
31,97%
22,92%
-
11,89%
8
Merian UK Smaller Companies Focus A Dis GBP
31,09%
54,05%
123,38%
15,89%
9
BGF United Kingdom E2 GBP
31,05%
27,55%
44,32%
11,97%
10
MFS Meridian U.K. Equity W2 GBP
30,31%
26,39%
37,59%
10,63%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
SISF UK Equity C Cap. GBP
23,65%
15,36%
31,45%
11,98%
4
Schroder UK Smaller Companies A Cap GBP
23,23%
28,05%
64,60%
12,30%
3
Invesco UK Equity A Dis GBP
22,32%
1,02%
9,73%
12,76%
2
SSgA UK Index Eq. P Cap GBP
20,71%
15,84%
-
10,95%
1
M&G Recovery A EUR
14,58%
0,21%
11,02%
13,82%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI USA NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
MFS Meridian U.S. Concentrated Growth W1 GBP
47,63%
72,44%
74,85%
14,13%
2
Janus Hend. Opportunistic Alpha A Cap $
43,44%
24,04%
52,15%
15,97%
3
Brown Advisory US Equity Growth A $
41,28%
70,92%
106,75%
13,17%
4
Legg Mason Clear. US Eq. Sust. Leaders Pr Dis $
40,62%
49,33%
-
12,42%
5
JPM US Growth I Acc $
40,47%
73,17%
130,34%
15,52%
6
AB SICAV I Concentrated US Eq. Ptf. A Cap $
39,99%
54,06%
103,32%
12,67%
7
UBS Lux Eq. Fd Mid Caps Usa P Cap $
39,72%
47,23%
95,17%
15,31%
8
T.Rowe US Smaller Companies Equity Q $
39,33%
40,30%
100,03%
14,12%
9
JPM US Small Cap Growth C Acc $
39,30%
64,24%
117,31%
19,14%
10
Allianz Structured Alpha US Equity 250 IT14 $
39,12%
-
-
-
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Invesco US Equity Flexible A Cap $
11,19%
-
-
-
4
CS (Lux) USA Value Equity B Acc $
10,67%
-17,73%
7,24%
18,05%
3
PIMCO MLP & Energy Infr. E Dis USD
7,46%
-17,04%
-13,45%
17,31%
2
THEAM QUANT Dispersion US S Cap $
2,81%
-
-
-
1
THEAM QUANT Eq. US Income Defensive C Cap EUR
2,62%
-5,22%
-
13,46%
22
gennaio 2020
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI AMERICA LATINA NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
MFS Meridian Latin American Equity W1 GBP
36,45%
42,65%
13,46%
23,73%
2
DWS Invest Latin American Equities LC Cap EUR
32,14%
59,84%
63,63%
21,52%
3
IGSF Latin American Equity A Cap $
25,91%
44,13%
60,31%
16,82%
4
JPM Latin America Equity C Acc EUR
25,01%
36,55%
41,35%
17,58%
5
Nordea 1 Latin American Eq. BP $
24,13%
45,72%
-
19,27%
6
Templeton Latin America A EUR
23,44%
32,56%
40,03%
18,08%
7
NN (L) Em. Mkts Enhanced Index Sust. Eq. X Cap $
21,98%
22,08%
25,20%
16,95%
8
Comgest Growth Latin America R Cap EUR
21,83%
16,44%
6,45%
16,76%
9
SISF Latin American C Cap. $
21,58%
36,65%
47,49%
18,28%
10
T.Rowe Latin American Equity A Cap $
21,24%
33,97%
51,48%
17,57%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
BNP Paribas Latin America Equity Clas $
15,39%
17,23%
19,24%
18,67%
4
AZ F.1 Em.Market Latin America A-AZ FUND EUR
14,78%
14,45%
16,53%
19,58%
3
HSBC GIF Mexico Equity A $
13,25%
-3,79%
-5,92%
19,16%
2
PineBridge Latin America Equity A Cap $
13,13%
28,97%
30,46%
16,98%
1
Janus Henderson Latin American R Cap EUR
11,58%
17,39%
32,97%
14,49%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI EMERGENTI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
Fidelity Emerging Markets Focus Y Cap $
33,10%
51,85%
-
10,13%
2
Nordea 1 Emerging Markets Focus Equity BP $
32,60%
41,57%
55,01%
12,89%
3
JPM Emerging Markets Equity A Dis $
32,07%
45,61%
69,33%
11,76%
4
TLux Global Em. Mkt Eq. ZU $
31,33%
28,91%
38,79%
11,81%
5
Fidelity Emerging Markets Y Dis EUR
31,27%
-
-
-
6
GS BRICs Equity Ptf P $
31,03%
51,45%
86,21%
12,73%
7
SISF Global Emerg. Mkts Opps C Cap. $
30,42%
40,25%
64,27%
10,75%
8
Capital Group New World Z Cap EUR
29,36%
-
-
10,08%
9
Templeton Bric A EUR
28,56%
47,64%
72,55%
13,13%
10
Pictet-Emerging Markets High Dividend R USD
28,50%
25,05%
40,15%
11,47%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Comgest Growth GEM Promising Companies R Cap EUR
4,15%
-10,94%
0,82%
11,10%
4
Gestielle Obiettivo Emerging Markets A
3,68%
6,57%
16,10%
5,24%
3
Uni-Global Equities Emerging Markets RA $
2,54%
12,11%
-
7,34%
2
RBC Funds (Lux) Em. Mkts Small Cap Eq. O $
1,38%
2,80%
-
8,33%
1
Stewart Investors Global EM Leaders A Cap GBP
0,44%
2,73%
21,50%
7,92%
gennaio 2020
23
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI ASIA PACIFICO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
MSIF Asia Opportunity A $
41,84%
88,77%
-
16,76%
2
Allianz Oriental Income AT Cap $
39,09%
35,60%
67,12%
14,05%
3
UBS Lux KSS Asian Equities P Cap $
31,74%
45,81%
82,48%
14,18%
4
Fidelity Asia Pacific Opportunities Y EUR
31,31%
51,33%
101,15%
12,47%
5
JPM Pacific Equity C Dis $
30,93%
48,46%
101,61%
11,18%
6
Veritas Asian A Dis EUR
30,67%
48,73%
91,32%
12,33%
7
Lumyna York Asian Event-Driven C Cap GBP
30,60%
33,66%
31,28%
9,04%
8
Nordea 1 Asia ex Japan Equity BC $
29,58%
40,44%
-
13,52%
9
TLux Asian Equity Income ZUP $
28,36%
36,56%
-
11,36%
10
Indosuez Asia Opportunities MX Dis $
28,35%
-
-
-
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Amundi F. Equity Asean G $
5,40%
2,18%
0,20%
8,89%
4
HSBC GIF Asia Ex Japan Eq. Sm. Comp. A $
4,56%
-1,84%
34,17%
12,04%
3
Templeton Asian Smaller Companies A EUR
4,53%
10,50%
30,48%
11,01%
2
Albemarle Greater Asia A EUR
2,81%
-2,59%
14,12%
12,90%
1
Stewart Investors Asia Pacific A Cap GBP
0,24%
3,01%
24,42%
8,22%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI GIAPPONE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
Fidelity Japan Aggressive Y Cap EUR
38,90%
-
-
-
2
UBS Lux Eq. Fd Japan P Cap JPY
32,81%
26,33%
54,15%
13,10%
3
Fidelity Japan Y JPY
32,78%
29,58%
58,81%
12,20%
4
Jupiter Japan Select D Cap EUR
32,43%
34,19%
-
10,73%
5
JPM Japan Equity C Acc JPY
31,66%
43,13%
-
14,18%
6
UBAM Angel Japan Small Cap Equity R Cap JPY
30,92%
13,61%
70,43%
15,51%
7
Fidelity Japan Smaller Comp. Y JPY
29,30%
32,99%
80,24%
13,65%
8
TIF Japan R NAcc EUR
29,08%
23,27%
63,57%
11,59%
9
DWS Invest CROCI Japan LC Cap JPY
28,82%
-
-
-
10
Janus Hend. Hor. Japanese Opportunities A2 Cap $
28,36%
14,69%
74,73%
11,34%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Invesco Japanese Equity Core A Cap EUR
13,60%
1,49%
45,42%
11,46%
4
Franklin Japan A JPY
13,37%
4,57%
34,93%
10,57%
3
Uni-Global Equities Japan RA JPY
12,93%
15,20%
-
8,56%
2
M&G (Lux) Japan Smaller Companies A Cap EUR
12,53%
4,20%
64,39%
13,68%
1
CS (Lux) Japan Value Equity B Acc JPY
10,58%
13,99%
62,76%
10,43%
24
gennaio 2020
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI SETTORIALI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
TLux Global Technology ZU $
55,98%
72,89%
166,93%
18,30%
2
BGF Next Generation Technology I2 Cap EUR
50,22%
-
-
-
3
BGF FinTech I2 Cap EUR
47,55%
-
-
-
4
Fidelity Global Technology Y EUR
46,50%
76,01%
172,52%
15,33%
5
UBS Lux Eq. Fd Tech Opp. (USD) P Cap $
45,79%
74,80%
139,23%
18,04%
6
T.Rowe Science&Technology Equity A Cap $
45,04%
-
-
-
7
PrivilEdge Fidelity Technology N $
44,79%
74,49%
-
15,16%
8
Janus Hend. Global Technology A Cap $
44,16%
81,42%
155,60%
14,86%
9
JPM US Technology C EUR
43,95%
98,65%
-
19,31%
10
Candriam Eq. L Oncology Impact R $
43,56%
-
-
-
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
BMO Real Estate Equity Long/Short A EUR
3,37%
5,62%
-
1,81%
4
BNP Paribas Energy Transition Clas EUR
3,23%
-29,75%
-15,32%
21,18%
3
Invesco Energy A $
1,23%
-40,23%
-32,91%
24,71%
2
SISF Global Energy C Cap. $
-4,60%
-39,20%
-31,12%
26,03%
1
Globersel Pactum Natural Resources B EUR
-12,11%
-29,28%
-25,88%
8,65%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI TEMATICI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
DWS Invest ESG European Small/Mid Cap LC Cap EUR
40,96%
-
-
-
2
Fin. Ech. Echiquier Major SRI Growth Europe EUR
40,05%
42,17%
47,04%
11,02%
3
Pictet-Global Environmental Opportunities-R $
38,84%
35,92%
67,01%
12,81%
4
Nordea 1 Global Climate and Environment BC EUR
38,72%
-
-
-
5
Multipartner SICAV RobecoSAM Smart Mobility B EUR
38,00%
-
-
-
6
Nordea 1 European Stars Equity BC Cap EUR
36,21%
-
-
-
7
Vontobel Clean Technology A EUR
35,93%
26,44%
65,57%
12,55%
8
DPAM Invest B Equities World Sustainable W Cap EUR
35,48%
54,30%
77,25%
9,77%
9
BMO Responsible Global Equity R EUR
35,43%
-
-
-
10
BNP Paribas Climate Impact Clas Dis EUR
35,38%
30,49%
72,37%
11,50%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
UBS Lux Eq. Sicav Emerg. Mkts Sust. P EUR
15,56%
16,13%
34,51%
12,81%
4
BMO Responsible Global Emerging Markets Eq. A $
15,26%
37,96%
51,01%
8,36%
3
Stewart Investors Asia Pacific Sust. A Cap GBP
9,39%
24,53%
51,28%
7,81%
2
Vontobel Future Resources B EUR
8,68%
-19,01%
-6,17%
16,30%
1
Sparinvest Ethical Emerging Markets Value R EUR
2,12%
1,15%
26,85%
10,94%
gennaio 2020
25
CLASSIFICHE 2019
FONDI OBBLIGAZIONARI
Dodici mesi di buone performance, premiati i titoli più rischiosi Commento a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche di Consultique Scf S.p.a
A
nche i comparti obbligazionari hanno potuto beneficiare di buone performance legate allo specifico contesto di mercato del 2019, caratterizzato da una rinnovata misura espansiva da parte della Banca centrale europea e da diversi tagli dei tassi operati dalla Federal Reserve. Anche sui titoli obbligazionari si è avuta una tendenza,quindi che ha premiato i titoli più rischiosi molto di più dei titoli più prudenti. In generale, in realtà, nessuna micro asset class ha registrato un rendimento negativo, ma sulle classi più rischiose si sono raggiunti anche incrementi a doppia cifra. A titolo di esempio si possono citare gli indici governativi europei a lunga scadenza o i titoli governativi europei con basso rating, Grecia e Italia su tutti. Proprio i titoli greci durante l’anno sono riusciti prima a raggiungere in termini di rendimento i corrispondenti italiani, per poi addirittura sorpassarli al ribasso nei mesi finali. Essendo i titoli greci non investment grade, tuttavia, non tutti i comparti avrebbero potuto beneficiare di tali rialzi: sono molti infatti i fondi che si limitano, per non eccedere in rischiosità, ai soli titoli investment grade. Il maggiore sentimento di risk-on sui mercati ha premiato inoltre anche i titoli governativi emessi da Paesi emergenti, così come i titoli ad alto rendimento, indipendentemente dalla regione geografica di residenza dell’emittente. Anche sul corporate i fondi che hanno ottenuto maggiori performance sono stati quelli che hanno raccolto i rendimenti generati dalle lunghe scadenze, premiando pertanto chi si è assunto il rischio duration. La spinta sui prezzi dei titoli obbligazionari ha compresso ulteriormente i rendimenti di tutte le principali asset class. Nella zona euro, per esempio, i rendimenti superiori all’1% 26
MOLTO BENE I TITOLI GOVERNATIVI EMESSI DAI PAESI EMERGENTI. NEL CORPORATE SI METTONO IN EVIDENZA LE EMISSIONI SULLE LUNGHE SCADENZE. TUTTI I FONDI HANNO ATTIRATO MASSE
gennaio 2020
si limitano esclusivamente ai comparti ad alto rendimento, indipendentemente dalla scadenza delle emissioni. Questa è divenuta la determinante principale dei flussi da o verso i fondi in molti portafogli. I fondi maggiormente colpiti da deflussi sono infatti quei fondi che si concentrano su titoli obbligazionari a brevissimo o a breve termine denominati in euro, il cui rendimento anche a lordo dei costi di gestione è ampiamente negativo. Viceversa i maggiori afflussi hanno interessato i titoli obbligazionari societari denominati in euro o titoli denominati in valute diverse dalla moneta comune, nel tentativo di ottenere un rendimento positivo dal fattore cambio, più che dal fattore credito. In generale i fondi obbligazionari in Europa hanno attirato più masse di quante siano defluite. Anche questo dato può essere letto in una funzione di progressivo de-risking all’interno del portafoglio complessivo dell’investitore tipo. Si sono contratte nell’anno le esposizioni a macro asset class più rischiose (azionario) con l’obiettivo di incrementare asset class meno rischiose (obbligazionario) in un anno caratterizzato in generale da ottime performance. In questo senso può essere letto anche l’investimento in titoli denominati in dollari. Il biglietto verde rappresenta uno stabilizzatore all’interno del portafoglio e l’afflusso verso questi titoli può rappresentare una assicurazione nel caso di un contesto generale economico-finanziario differente nel 2020.
CLASSIFICHE 2019
OBBLIGAZIONARI AREA EURO BREVE - MEDIO TERMINE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
AcomeA Eurobbligazionario A2
13,29%
15,71%
20,60%
4,13%
2
Lemanik Sicav Global Bond Ret Dis EUR
9,03%
-
-
-
3
Consultinvest Breve Termine C
7,84%
7,38%
10,05%
4,43%
4
Amundi Euro Governativo Medio Termine Dis A EUR
7,57%
5,11%
6,42%
3,65%
5
Groupama Etat Euro N C Cap EUR
7,43%
7,37%
10,30%
3,43%
6
Anima Medium Term Bond Prestige EUR
6,25%
5,99%
8,94%
3,41%
7
Epsilon QIncome
6,20%
5,94%
9,00%
4,24%
8
Sella Bond Strategia Attiva C
5,76%
5,18%
7,01%
2,22%
9
BancoPosta Obbligazionario Euro Medio-Lungo T.
5,71%
5,20%
6,09%
2,37%
10
Luxicav Breve Termine B Cap. EUR
5,65%
3,33%
3,81%
2,28%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Anima Obbligazionario Euro Core AD Dis EUR
-0,68%
-
-
-
4
AZ F.1 Bond Income Dynamic A-AZ FUND EUR
-0,74%
-2,18%
-2,46%
0,80%
3
FF Euro Defensive Bond EUR
-0,77%
-3,70%
-4,77%
0,72%
2
Interfund Flexible Bond Short Term A Cap
-0,79%
-2,75%
-3,93%
0,18%
1
FF Euro Short Term EUR
-0,82%
-3,71%
-5,31%
0,39%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
OBBLIGAZIONARI AREA EURO MEDIO-LUNGO TERMINE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
AXA WF Euro 10+LT A Cap EUR
17,23%
19,13%
27,66%
6,80%
2
Amundi S.F. Euro Curve 10 + Year E DisQT EUR
16,52%
17,41%
23,75%
7,08%
3
NN (L) Euro Long Duration Bond X Cap EUR
16,44%
17,14%
24,52%
6,86%
4
Fonditalia Euro Bond Long Term T
16,00%
16,14%
22,67%
7,11%
5
Interfund Euro Bond Long Term
15,98%
16,21%
22,85%
7,13%
6
FF Euro Bond Long Risk EUR
15,13%
14,14%
19,92%
7,12%
7
AZ F.1 Patriot A-AZ FUND Dis EUR
14,44%
14,96%
22,00%
8,10%
8
Candriam Bonds Euro Long Term C EUR
13,10%
15,68%
22,76%
5,16%
9
AZ F.1 Income A-AZ FUND EUR
11,81%
3,08%
2,78%
4,84%
10
New Millennium Augustum It. Divers. Bond L Cap EUR
11,60%
13,86%
-
4,53%
5
DWS Floating Rate Notes IC Cap EUR
0,99%
-
-
0,46%
4
Candriam Bonds Gl. Inflation Short Dur. C EUR
0,69%
-4,31%
-1,77%
1,71%
3
Anima Obbligazionario Euro AD Dis
0,53%
-
-
1,48%
2
NN (L) Euromix Bond X Cap EUR
0,42%
-1,57%
-0,53%
1,85%
1
Esperia F. Sicav Bond Euro C Cap EUR
-0,66%
-3,59%
-2,56%
2,97%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA
gennaio 2020
27
CLASSIFICHE 2019
OBBLIGAZIONARI HIGH YIELD NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
BlueBay Global High Yield Bond B-GBP Cap GBP
20,35%
15,41%
-
7,09%
2
Janus Hend. Hor. Gl. High Yield Bd A2 Cap $
20,27%
16,96%
63,33%
6,23%
3
Aberd.Stand.I Frontier Markets Bond A $
20,10%
-
-
-
4
AXA WF US Dynamic High Yield Bonds F Cap $
19,95%
-
-
7,60%
5
KBC Bond Corporates Usd Cap. $
19,54%
12,07%
38,61%
6,62%
6
Nordea 1 Em. Markets Debt Total Return BC $
19,51%
-
-
-
7
MFS Meridian Emerging Mkts Debt W1 GBP
19,23%
13,35%
18,09%
7,40%
8
AXA WF Global Em.Markets Bonds F Cap $
18,97%
13,25%
46,95%
6,29%
9
Nordea 1 Emerging Markets Debt Total Return BP $
18,93%
-
-
-
10
BlueBay Emerging Market Bond B GBP
18,78%
13,98%
16,91%
7,46%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Gestielle Quant 1 R EUR
1,32%
-7,80%
-10,34%
5,63%
4
Anima Flexible Bond I
0,45%
-
-
-
3
Templeton Emerging Markets Bond A DisQ EUR
0,04%
-4,52%
18,25%
9,66%
2
UBAM Abs. Return Low Vol Fixed Inc. R Cap EUR
-0,15%
-2,39%
-2,42%
0,55%
1
Ashmore Emerging Markets Short Duration R Dis $
-0,49%
-
-
7,59%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
OBBLIGAZIONARI ASIA PACIFICO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
LO Funds Asia Value Bond P $
20,50%
15,43%
55,11%
6,64%
2
TLux Flexible Asian Bond ZU $
18,00%
16,52%
46,08%
5,71%
3
Fidelity Asian Bond Y Cap $
17,38%
9,30%
37,78%
6,36%
4
Aberd.Stand.I Asian Credit Bond A Cap $
15,89%
9,61%
-
6,18%
5
UBS Lux Bond Sicav Asian High Yield P Cap $
15,62%
8,04%
46,29%
6,54%
6
PIMCO Emerging Asia Bond E Dis $
15,17%
9,60%
31,93%
6,17%
7
AXA WF Asian High Yield Bonds F $
15,10%
10,03%
-
6,05%
8
NN (L) Asian Debt Hard Currency X DisM $
14,93%
8,39%
36,58%
6,05%
9
Fidelity Asian High Yield Y EUR
14,66%
8,29%
-
6,28%
10
SISF Asian Credit Opportunities A $
14,65%
-
-
-
5
Rubrics India Fixed Income A2 $
7,05%
-3,53%
24,77%
7,73%
4
CS (Lux) Asia Local Currency Bond DB Cap $
6,83%
-
-
-
3
Esperia F. Sicav C-Quadrat Asian Bond Opp. C EUR
5,83%
-2,67%
4,80%
4,00%
2
Aberd.Stand.I China Onshore Bond A Cap $
3,80%
-
-
-
1
Templeton Asian Bond A DisM EUR
3,27%
-2,56%
7,48%
7,01%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA
28
gennaio 2020
CLASSIFICHE 2019
OBBLIGAZIONARI AREA EURO CORPORATE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
DPAM L Bonds Universalis Unconstr. W Cap EUR
14,42%
14,41%
26,23%
3,43%
2
Nordea 1 European Financial Debt BC EUR
13,10%
-
-
-
3
Allianz Euro Credit SRI AT Cap EUR
10,20%
9,94%
-
2,83%
4
Amundi F. Euro Corporate Bond A CZK Hdg
9,79%
13,80%
16,87%
5,45%
5
SISF EURO Corporate Bond C Dis EUR AV
9,45%
12,75%
20,90%
2,57%
6
JSS Sustainable Bond C Cap EUR
9,34%
9,23%
11,69%
2,89%
7
Invesco Euro Corporate Bond C Cap EUR
8,92%
10,52%
11,76%
2,52%
8
Pramerica Sicav Euro Corp. Bond High Pot. U EUR
8,61%
7,30%
-
3,01%
9
MSIF Euro Corporate Bond AX GBP
8,57%
9,06%
12,38%
2,68%
10
Nextam Ver Capital Credit A EUR
8,44%
5,71%
13,91%
3,44%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Groupama Credit N Cap EUR
0,67%
-0,34%
0,12%
0,64%
4
Groupama Credit Euro CT N Cap EUR
0,63%
-0,31%
0,15%
0,64%
3
Bper Short Term EUR Corporates P EUR
0,47%
-1,22%
-1,57%
0,62%
2
Candriam SRI Bond Euro Short Term R EUR
0,39%
-
-
0,56%
1
Invesco Euro Ultra-Short Term Debt A EUR
-0,20%
-1,05%
-1,40%
0,09%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
OBBLIGAZIONARI USA CORPORATE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV.ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
Invesco US Inv. Grade Corporate Bond A Cap $
19,31%
13,22%
-
6,60%
2
MSIF US Dollar Corporate Bond A Cap $
19,17%
11,05%
-
6,59%
3
NN (L) US Credit I Cap EUR
18,58%
-
-
-
4
Amundi F. Pioneer US Corporate Bond A $
17,78%
10,99%
-
6,04%
5
Legg Mason WA US Corporate Bond A $
17,41%
11,51%
-
6,06%
6
MFS Meridian U.S. Corporate Bond W1 $
17,22%
11,06%
39,95%
6,29%
7
UBS Lux Bond Sicav USD Corporates P Cap $
17,08%
10,50%
34,86%
6,24%
8
BNY Mellon U.S. High Yield Beta A Dis EUR
17,00%
-
-
-
9
DWS Invest USD Corporate Bonds LD Dis $
16,81%
8,07%
-
6,14%
10
Capital Group US Corporate Bond Zd Dis EUR
16,78%
-
-
6,39%
5
CS (Lux) US Corporate Bond DB $
13,85%
-
-
6,04%
4
AXA FIIS US Corp. Intermediate Bonds F Cap $
12,20%
5,69%
30,18%
5,99%
3
Neu.Berman US Strategic Income A $
12,05%
6,27%
-
5,62%
2
UBAM Corporate US Dollar Bond R $
11,07%
2,58%
24,45%
6,33%
1
Invesco USD Ultra-Short Term Debt A $
5,41%
-1,52%
17,66%
5,84%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA
gennaio 2020
29
CLASSIFICHE 2019
FONDI BILANCIATI/FLESSIBILI/ALTERNATIVI
Aggressivi meglio dei difensivi. Afflussi? Solo dai bilanciati Commento a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche di Consultique Scf S.p.a
D
escrivere dei tratti comuni relativamente alla categoria dei fondi bilanciati e, ancor di più, alla particolare categoria dei fondi flessibili risulta sempre piuttosto complicato. In questa categoria di strumenti la direzionalità del mercato sfuma in termini di importanza, mentre lo stile di gestione, la visione dei mercati del gestore e gli obiettivi che il fondo si propone assumono molta più importanza rispetto ai fondi tradizionali azionari o obbligazionari. Per tale ragione per questa tipologia di strumenti l’attività di fund selection assume particolare rilevanza dato che i rendimenti possono variare molto all’interno della stessa categoria. Il confronto dell’andamento dei fondi con i rispettivi benchmark merita pertanto una analisi approfondita che interessa il singolo strumento e che non può essere generalizzata su tutta la categoria. Detto ciò, considerati i rendimenti positivi e importanti delle due principali macro asset class, si può ritenere che, almeno in termini assoluti, nel 2019 i rendimenti positivi siano stati abbondanti anche in questa categoria di fondi. Sempre considerando quanto
detto sui rendimenti dei segmenti azionari e obbligazionari, si può inoltre ritenere che i rendimenti dei fondi bilanciati più aggressivi siano stati maggiori delle sottocategorie più difensive. L’analisi dei flussi dei fondi bilanciati mostra a ogni modo un particolare interesse nell’anno che si sta per concludere. Da inizio anno i fondi bilanciati in Europa hanno raccolto quasi 13 miliardi di euro. Accanto alla categoria di fondi obbligazionari, la cui raccolta risulta comunque quasi venti volte superiore, quella dei bilanciati risulta essere l’unica categoria con afflussi nell’anno. A livello di sottocategoria si notano chiaramente delle differenze: è chiara infatti una certa preferenza nel 2019 verso i fondi bilanciati più aggressivi, a danno dei fondi bilanciati più prudenti. Perdono masse anche i prodotti flessibili, mentre è necessaria una menzione particolare per i deflussi dai fondi alternativi: da inizio anno si stimano deflussi per questa categoria vicini ai 45 miliardi di euro. Le ragioni sono difficilmente descrivibili a livello di categoria, anche se performance molto deludenti hanno interessato diversi strumenti molto noti che non hanno tratto il minimo beneficio da un’annata record in termini di rendimenti.
DIVERSIFICATI AGGRESSIVI
NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
BNY Mellon Dynamic U.S. Equity A Dis $
36,87%
-
-
-
2
GP & G Fund Dinamico RX EUR
26,67%
21,35%
38,31
11,03%
3
Invesco Global Equity Income A DisM $
26,13%
18,74%
47,58%
11,48%
4
UniNachhaltig Aktien Global Dis EUR
24,56%
27,82%
55,58%
10,46%
5
ABN MultiManager Profile 6 A EUR
23,97%
21,16%
51,06%
10,72%
6
CompAM SB Equity Q Acc EUR
22,37%
24,54%
-
7,84%
7
Protea Systematic Equity EUR
22,15%
-
-
-
8
BG Select. Global Dynamic CX Cap EUR
21,75%
16,93%
31,78%
10,09%
9
BG Select. Oddo AM Expertise Europe CX Cap EUR
21,42%
10,66%
23,52%
12,04%
10
Man AHL Trend Alternative DNY Cap $
21,41%
18,70%
43,32%
14,86%
5
Private Selection Income
6,17%
-
-
-
4
Amundi Sol. It. Progetto Azione Sost. (IV) E EUR
4,60%
-
-
-
3
Fonditalia Flex. Emerging Mkts T
4,25%
1,27%
3,09%
3,46%
2
Amundi Sol. It. Progetto Azione Sost. (V) E EUR
3,48%
-
-
-
1
MainTower Amaranto Italian Market A Cap EUR
0,50%
19,83%
-
11,55%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA
30
gennaio 2020
CLASSIFICHE 2019
DIVERSIFICATI MODERATI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
LUX IM Innovation Strategy FX Cap EUR
26,73%
-
-
-
2
UniRak Dis EUR
22,56%
18,48%
35,03%
7,59%
3
GS Global Multi-Asset Inc. Ptf P $
21,47%
12,59%
-
7,89%
4
Multipartner SICAV Carthesio Analytica Eq. B EUR
21,03%
-8,00%
-
21,33%
5
PineBridge Asia Balanced L Cap $
19,94%
17,13%
38,67%
7,78%
6
Capital Group Gl. Allocation Bd Dis EUR
19,83%
18,81%
42,85%
6,53%
7
ING DIRECT Profilo Dinamico Arancio P Cap EUR
19,78%
17,69%
27,03%
8,51%
8
Lazard Patrimoine Croissance EUR
19,24%
20,61%
43,63%
8,21%
9
BGF Global Allocation E2 $
18,66%
9,81%
34,12%
6,80%
10
Flossbach von Storch Mult. Opps II ET Acc EUR
18,27%
-
-
6,76%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA 5
Volterra Dinamico Dis
4,32%
0,55%
3,95%
3,35%
4
BNP Paribas Premia Opportunities Clas EUR
4,12%
-
-
-
3
CB-Accent Lux Global Economy B CHF
2,75%
-4,94%
7,61%
4,64%
2
AZ F.1 Equity Options A-AZ FUND Dis EUR
2,73%
6,14%
-
3,78%
1
Alkimis Capital Ucits I Cap EUR
2,44%
5,48%
-
4,44%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
DIVERSIFICATI PRUDENTI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
I PRIMI 10 IN CLASSIFICA 1
DWS Vorsorge Rentenfonds XL Duration EUR
25,56%
30,33%
41,68%
14,48%
2
Invesco Balanced-Risk Allocation A GBP Hdg
19,93%
-
-
-
3
AB SICAV I All Market Income Ptf. IMG Dis $
19,78%
-
-
-
4
Carmignac Patrimoine Europe A EUR Acc
18,15%
-
-
-
5
CS (Lux) Portfolio Fund Global Balanced USD IB25 $
17,70%
-
-
-
6
Fidelity Global Multi Asset Income Y Cap EUR
16,17%
15,68%
45,08%
5,79%
7
Ethna Aktiv SIA USD-T $
15,61%
10,21%
-
6,69%
8
Acomea Patrimonio Prudente A2
15,39%
10,61%
17,32%
9,41%
9
Eurofundlux IPAC Balanced A EUR
14,97%
10,74%
19,68%
5,04%
10
ING DIRECT Profilo Equilibrato Arancio P Cap EUR
14,63%
12,27%
19,68%
5,85%
5
LUX IM Diversified Trend Following FX Cap EUR
2,51%
-
-
-
4
Private Selection Conservative
1,48%
-
-
-
3
DWS Vorsorge Rentenfonds 5Y EUR
1,30%
1,41%
3,89%
1,88%
2
Invesco Global Conservative A EUR
1,13%
1,40%
-2,03%
2,50%
1
DWS Vorsorge Rentenfonds 3Y EUR
-0,06%
-0,88%
-0,10%
0,94%
GLI ULTIMI 5 IN CLASSIFICA
gennaio 2020
31
CLASSIFICHE 2019
EXCHANGE TRADED FUND
Etf, l’anno del sorpasso (e il meglio deve ancora venire) di Gloria Valdonio
G
LA CORSA AGLI INVESTIMENTI PASSIVI NON SI ARRESTA E NEGLI STATI UNITI HANNO SUPERATO PER PATRIMONIO I FONDI ATTIVI. A LIVELLO GLOBALE, MOODY’S STIMA CHE LE MASSE GESTITE PASSERANNO DAL 15% AL 22% GIÀ NEL 2025
li Etf rottameranno i fondi di investimento? È questo il provocatorio quesito che si è posto l’Ufficio studi di Soldi Expert lo scorso novembre, quando negli Stati Uniti si è consumato lo storico sorpasso degli Etf sui tradizionali fondi di investimento, con un patrimonio dei prodotti a replica passiva che ha raggiunto i 4.271 miliardi di dollari, contro i 4.246 miliardi di masse dei fondi attivi. Le ragioni alla base di questo evento epocale sono state illustrate a più riprese e da più fonti: gli Etf si distinguono per la flessibilità, la trasparenza dei risultati, la loro liquidità. Ma soprattutto, come evidenzia lo stesso report di SoldiExpert, il loro successo deriva dal fatto che sono più economici con costi di gestione mediamente inferiori del 70% rispetto ai fondi. Per queste ragioni, anche in Italia, sono soprattutto i consulenti finanziari autonomi a consigliargli all’interno delle proprie strategie, mentre chi è remunerato a retrocessioni generalmente non ama né consiglia gli Etf. Ma l’evidenza dei costi dei prodotti di gestione introdotta dalle nuove normative europee ha portato sempre più l’industria a competere anche sul pricing e ricorrere a strumenti passivi da inserire come mattoncini in prodotti quali polizze, gestioni patrimoniali o fondi di fondi per ridurre il conto finale da presentare al risparmiatore. Ci sono altre ragioni alla base del successo degli Etf. L’obiettivo che si propone questo prodotto è realizzare una performance identica a quella di un indice azionario, o obbligazionario o di un paniere di titoli quotati appartenenti a uno stesso settore (per esempio l’energia) attraverso tecniche di costruzione del portafoglio più o meno intelligenti o sofisticate. Rispetto ai primi Etf totalmente passivi questo settore ha iniziato a produrre anche Etf più attivi, 32
gennaio 2020
i cosiddetti Etf Smart Beta che, sempre dichiarando un indice di riferimento, non si limitano solo a replicarlo passivamente, ma anche a effettuare selezioni ulteriori in base a fattori qualitativi (per esempio azioni, con maggiori dividendi), o quantitativi, come i titoli del paniere con minore volatilità, oppure con una performance migliore. Tutto ciò ha generato il paradosso che diversi fondi a loro volta ricorrono sempre più agli Etf per investire su numerosi mercati e comparti: una delle più grandi società di gestione del mondo, ovvero Blackrock, possiede già in Europa il 41% del mercato degli Etf con la società iShares. Per concludere la crescita degli Etf appare inarrestabile. Per comprenderlo basti dire che, se all’inizio del millennio le masse gestite mondiali con Etf ammontavano a 100 miliardi di euro, nel 2019 hanno superato il muro dei 5.000 miliardi. La loro crescita è così tumultuosa che diverse ricerche settoriali hanno calcolato che se si confermano i tassi di crescita attuali, nel 2023 oltre 11.000 miliardi di euro nel mondo potrebbero essere investiti in Etf. Una crescita che secondo le analisi di Moody’s (una delle società di ricerca più importanti del settore) andrà evidentemente a togliere quote di mercato a fondi di investimento e sicav, con gli Etf che passeranno dal 15% al 22% delle masse gestite mondiali già nel 2025.
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI AREA EURO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
Amundi IS MSCI Europe Quality Factor UCITS ETF EUR
35,34%
38,80%
-
10,41%
2
Lyxor MSCI EMU Growth (DR) UCITS ETF - Dist
33,85%
36,10%
56,61%
12,00%
3
WisdomTree Eurozone Quality Div. Growth UCITS ETF
33,30%
38,07%
-
13,31%
4
SPDR MSCI Europe Small Cap UCITS ETF
32,92%
33,91%
71,08%
12,43%
5
iShares Edge MSCI Europe Qual Fact UCITS ETF (Acc)
32,12%
36,55%
-
10,18%
AZIONARI USA NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
UBS (Irl) Factor MSCI USA Quality UCITS ETF A-dis
41,73%
54,37%
-
13,31%
2
VanEck Vectors Morningstar US Wide Moat UCITS ETF
38,94%
-
-
-
3
Xtrackers ESG MSCI USA UCITS ETF 1C
36,62%
-
-
-
4
Invesco Comm. S&P US Select Sector UCITS ETF
35,32%
-
-
-
5
Amundi IS MSCI USA SRI - UCITS ETF DR
35,16%
-
-
-
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI ASIA PACIFICO NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
SPDR S&P Pan Asia Dividend Aristocrats UCITS ETF
23,59%
34,19%
70,78%
9,44%
2
UBS ETF Msci Pacific ex Japan UCITS ETF A Dis
21,99%
24,94%
48,49%
10,59%
3
iShares MSCI Pacific ex-Jap UCITS ETF USD (Dist)
21,52%
24,33%
48,81%
10,62%
4
iShares Core MSCI Pacific ex-Japan UCITS ETF $
21,44%
25,42%
51,23%
10,60%
5
BNPP Easy MSCI Pacif exJP exCW UCITS ETF
21,15%
-
-
-
AZIONARI EMERGENTI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
iShares BRIC 50 UCITS ETF USD (Dist)
24,25%
42,35%
71,85%
14,51%
2
HSBC Msci Emerging Markets UCITS ETF
23,91%
-
-
-
3
Xtrackers S&P Sel. Frontier Swap UCITS ETF 1C
22,46%
27,00%
61,54%
16,14%
4
WisdomTree Emerging Equity Inc UCITS ETF
21,36%
29,56%
-
11,37%
5
WisdomTree Emerging Mkt Equity Inc UCITS ETF Acc
20,71%
28,42%
-
11,29%
gennaio 2020
33
CLASSIFICHE 2019
AZIONARI GIAPPONE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
UBS MSCI Japan Socially Responsible UCITS ETF
29,47%
26,35%
-
11,42%
2
Xtrackers Nikkei 225 UCITS ETF 1D
26,77%
31,64%
82,34%
11,91%
3
iShares Nikkei 225 UCITS ETF JPY
26,38%
30,23%
79,26%
11,95%
4
HSBC Msci Japan UCITS ETF
24,88%
-
-
-
5
Lyxor Core MSCI Japan (DR) UCITS ETF - Acc
24,82%
-
-
-
AZIONARI SETTORIALI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
SPDR S&P US Technology Select Sector UCITS ETF
52,46%
80,46%
-
15,90%
2
Invesco Technology S&P US Sel. S. UCITS ETF Acc
52,01%
79,50%
165,52%
15,92%
3
Lyxor MSCI World IT TR UCITS ETF - Acc
50,83%
81,11%
159,83%
16,07%
4
Xtrackers MSCI World Inform. Tech. UCITS ETF
50,18%
80,75%
-
16,02%
5
Lyxor New Energy UCITS ETF - Dist
49,54%
56,88%
96,77%
14,32%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
AZIONARI TEMATICI NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
Xtrackers ESG MSCI World UCITS ETF 1C
32,78%
-
-
-
2
Amundi IS MSCI World SRI - UCITS ETF DR
32,78%
-
-
-
3
UBS-ETF MSCI World Socially Respon UCITS ETF A-dis
31,69%
36,70%
75,04%
10,68%
4
Lyxor MSCI World ESG Trend Leaders (DR) UCITS ETF
31,10%
-
-
-
5
Amundi IS MSCI Europe SRI - UCITS ETF DR
30,08%
-
-
-
OBBLIGAZIONARI AREA EURO BREVE - MEDIO TERMINE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
SPDR Bloomberg Barc.7-10 Y Euro Gov.Bond UCITS ETF
7,46%
-
-
3,27%
2
UBS ETF Bloomberg Barc.EUR Treasury 1-10 UCITS ETF
3,40%
4,04%
6,57%
2,19%
3
iShares € Govt Bond 3-7yr UCITS ETF EUR
2,95%
3,68%
7,29%
2,14%
4
Xtrackers II Eurozone Gov. Bond 3-5 UCITS ETF 1C
2,89%
2,76%
5,63%
2,21%
5
Lyxor EuroMTS 1-3Y I BTP G Bd (DR) UCITS ETF -Dist
2,29%
2,36%
3,99%
2,27%
34
gennaio 2020
CLASSIFICHE 2019
OBBLIGAZIONARI AREA EURO MEDIO-LUNGO TERMINE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
Xtrackers II Eurozone Gov. Bond 25+ UCITS ETF 1C
24,21%
30,12%
42,44%
10,11%
2
Lyxor Euro Government Bd 15+Y (DR) UCITS ETF - Acc
19,61%
23,66%
35,43%
8,17%
3
Xtrackers II Eurozone Gov. Bond 15-30 UCITS ETF 1C
17,93%
22,09%
33,11%
8,01%
4
iShares € Govt Bond 15-30yr UCITS ETF EUR (Dist)
17,09%
21,18%
32,30%
7,85%
5
SPDR Bloomberg Barc.10+ Yr Euro Gov.Bond UCITS ETF
16,98%
-
-
6,68%
OBBLIGAZIONARI AREA EURO CORPORATE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
Amundi IS BBB Euro Corporate IG UCITS ETF EUR
9,72%
10,58%
-
3,21%
2
Xtrackers iBoxx EUR Corp. Bond Yield + UCITS ETF
9,11%
11,12%
-
2,93%
3
UBS-ETF Bl. Barc. Euro Area L. C. UCITS ETF A dis
8,56%
9,41%
12,75%
2,80%
4
UBS ETF Bloom.Barc.MSCI EALC Sus.UCITS ETF A D EUR
8,20%
-
-
2,59%
5
iShares EURCorp Bond ex-Fin UCITS ETF EUR (Dist)
6,63%
7,48%
11,43%
2,39%
Tabelle a cura di Fida, dati rilevati in data 13 Dicembre 2019
OBBLIGAZIONARI USA CORPORATE NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
SPDR Bloomberg Barc.10+ Yr US Corp.Bond UCITS ETF
27,61%
-
-
8,49%
2
Xtrackers USD Corporate Bond UCITS ETF 1D
21,00%
14,90%
-
6,98%
3
UBS ETF Bloom.Barc US Liq.Corp.UCITS ETF
20,16%
13,88%
-
7,05%
4
Lyxor USD Corporate Bond UCITS ETF - Dist
20,06%
13,53%
-
6,83%
5
Xtrackers iBoxx $ Corp. Bond Yield + UCITS ETF 1D
19,94%
-
-
-
COMMODITIES NOME FONDO/SOCIETÀ
PERF. ANNO PERF. 3 ANNI PERF. 5 ANNI DEV. ST. 3A
1
WisdomTree Physical Palladium
57,83%
160,32%
165,24%
20,35%
2
WisdomTree Gasoline
48,68%
0,78%
-2,41%
26,40%
3
Xtrackers Physical Palladium EUR Hedged ETC
47,92%
155,00%
117,15%
20,68%
4
WisdomTree Brent Crude Oil Pre-roll
42,17%
25,20%
-
26,63%
5
WisdomTree Brent Crude Oil 1mth
40,60%
21,53%
-7,79
26,59%
gennaio 2020
35
OUTLOOK 2020
RIFLESSIONI SULL’ANALISI PREDITTIVA
L’arte della previsione ai tempi dell’intelligenza artificiale di Giacomo Damian (alias: Buddy Fox)
IL MONDO ANTICO RICORREVA ALLA DIVINAZIONE PER UN DISPERATO BISOGNO DI INTERPRETARE IL FUTURO. MA POI ARRIVÒ LA SCIENZA E...
I
paleoantropòlogi, gente che studia i resti di umani estinti per ricostruire fatti avvenuti migliaia di anni fa, non hanno dubbi in proposito: giusto il tempo di scoprire che il cibo cucinato è molto più saporito di quello crudo e sanguinante che il pensiero successivo ha riguardato il futuro. Cosa sarebbe successo domani e dopo domani? Dove sarebbe stato più saggio accamparsi nella stagione delle piogge? Quale sarebbe stato l’esito della grande caccia prima dell’arrivo dell’inverno, quella che avrebbe assicurato il cibo per sfamare tutta la tribù? Prevedere - voce del verbo “anticipare”, sinonimo di “programmare”, è tra le forme più alte mai raggiunte dal pensiero umano. A differenza dell’uomo nessun altro animale per quanto sagace e intelligente - bonobo, cane o delfino – ha mai ritenuto indispensabile provare a interpretare quella cosa che si chiama domani. Il cane seppellisce l’osso, ma da bravo predatore mangia a crepapelle ogni volta che può (forse consapevole come Lorenzo il Magnifico che del doman non v’è certezza?), progetta la caccia, pianifica l’agguato, ma non si sogna di prevederne l’esito. Diventammo dunque umanoidi e poi umani, prevedendo. E disegnando le previsioni o le speranze, come testimoniano i disegni delle grotte di Lascaux. Immediatamente fecero la loro comparsa gli dèi, inizialmente figure terribili e minacciose, di cui era salvifico conoscere la volontà e i desideri per non incorrere nel peccato di hybris, parola inventata dagli antichi Greci che significa “tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” e “prevaricazione”. Più in generale un’azione empia compiuta nel passato 36
gennaio 2020
Nella foto a sinistra l’autore dell’articolo Giacomo Damian, cultore della materia finanziaria anche noto con il suo alias Buddy Fox, ispirato al broker reso famoso da Charlie Sheen in “Wall Street”
che determina conseguenze nefaste sul presente. Insomma l’antefatto che conduce alla catastrofe della tragedia. Il mondo antico ha un bisogno disperato di interpretare il futuro nell’illusorio tentativo di comprendere gli eventi. Ogni atto civile, politico e militare è segnato dallo sforzo di dare forma al futuro: leggendo il volo degli uccelli e i visceri caldi degli animali sacrificati agli dèi. Dai riti orfici della Grecia pre-socratica, sino alla leggenda della fondazione di Roma, il mondo egizio, ellenico e poi romano, è dominato dal pensiero magico-religioso, uno sforzo protratto nei secoli in quella che Hume ha definito “l’abitudine a prevedere” nella ricerca di un disegno nascosto o di una necessità. Lentamente, faticosamente, tra speranze e illusioni, superstizioni e magie, le antiche pratiche divinatorie sono andate trasformandosi nelle procedure razionali della scienza. Ma cosa significa “prevedere” in modo razionale? Al sapere scientifico si chiede di “anticipare l’esperienza”, ovvero comprendere ciò è destinato ad essere grazie a un rapporto causa-effetto. La previsione scientifica è la nobile figlia della matematizzazione della realtà, che parte dal frutto della grande fisica nata dalle scoperte di Galileo, di Keplero, di Newton, e ci porta all’oggi.
OUTLOOK 2020
Agli attuali scenari che a molti di noi non addetti ai lavori, appaiono come mondi altri, fantascientifici, in cui le previsioni le fanno gli algoritmi. Come funziona un’analisi predittiva è facile da capire, utilizza i dati storici per prevedere i trend futuri. In un’epoca di social media e di economia digitale, le informazioni sono infinite, non a caso li chiamiamo Big Data, e possono viaggiare in tutto il mondo in pochi secondi, non a caso i dati sono stati indicati come il nuovo petrolio, perché nel nostro mondo, sempre più complesso, cercare di capire necessità e esigenze delle persone, nei diversi ruoli di cliente, consumatore, utente, paziente o investitore, risulta indispensabile per lo sviluppo di qualsiasi azienda o organizzazione o sistema. Questo modello predittivo viene applicato ormai ovunque, nel commercio, nella gestione dell’internet delle cose o del machine learning, nel calcolo dei flussi di cassa, nella pianificazione del personale e nell’identificazione dei rischi, nella produzione industriale e nella manutenzione delle macchine… Amazon e Alibaba per esempio sono tra le prime aziende ad aver usato l’analisi predittiva per ottimizzare il proprio business. Amazon prevede finanche che cosa comprerà un cliente, arrivando addirittura a una “spedizione anticipata”, capace di consegnare prodotti in una data regione geografica prima che un cliente li abbia effettivamente acquistati. Netflix scopre in anticipo quali saranno i film che gli spettatori potranno apprezzare, tramite il Recommendation System, ossia un insieme di algoritmi in grado di capire cosa ci può piacere. Nel settore delle utilities i fornitori di servizi come acqua, gas, elettricità o internet, possono utilizzare i dati dei contatori per rilevare in tempo reale segnali di allarme, interruzioni, furti e picchi di utilizzo dell’energia, prevenendo o evitando costose riparazioni o l’insoddisfazione dei clienti. Le compagnie assicurative possono trarre vantaggio monitorando le probabilità e l’impatto delle condizioni meteorologiche estreme o individuando situazioni fraudolente. Nel settore bancario con il calcolo dei punteggi di affidabilità è possibile valutare la probabilità di inadempienza di un acquirente: il credit score è in sostanza un numero generato da un modello pre-
dittivo che incorpora tutti i dati relativi all’affidabilità creditizia di una persona. Il settore agricolo può ottimizzare la produzione, ridurre gli sprechi e promuovere uno sviluppo più sostenibile. Facebook sta studiando come applicare gli algoritmi predittivi per individuare l’insorgere della depressione in base alle azioni che facciamo sui social. E in effetti è proprio in medicina che gli algoritmi predittivi stanno trovando uno spazio sempre maggiore, perché permettono di andare verso una medicina personalizzata i cui notevoli vantaggi sia per i pazienti sia per i clinici sia per il sistema sanitario stesso, sono facilmente immaginabili. La loro potenza risiede nella possibilità di costruire modelli in grado di prevedere l’andamento di una patologia. Informazioni importanti che possono influenzare notevolmente il successo di una data terapia.
L’ERRORE, LO SCARTO, LA DEVIAZIONE, SONO L’IMPREVISTO CHE SPARIGLIA I PIANI MA ANCHE IL SALE NECESSARIO PER NON ESSERE OMOLOGHI
Nella foto Jeff Bezos. La sua Amazon è stata tra le prime aziende ad aver usato l’analisi predittiva per ottimizzare il business
Consideriamo per esempio la proteomica, cioè la disciplina che studia la produzione delle proteine da parte delle cellule umane, ebbene sappiamo che proteine difettose portano a gravi malattie, come il cancro, il diabete o la demenza. A oggi si è utilizzata la spettrometria di massa per determinare il tipo e la quantità di proteine in un sistema biologico; ma i metodi spettrometrici non sono precisi né applicabili su larga scala. Con l’intelligenza artificiale è possibile rendere l’analisi di massa di proteine di qualsiasi organismo significativamente più veloce e quasi priva di errori. Insomma il futuro è stato scritto in base a quello che abbiamo fatto nel passato. Mettendo tutta la nostra storia in pancia a una Intelligenza Artificiale possiamo metterci al riparo da ogni imprevisto. A parte il rischio noia insito in questo scenario, che è argomento a parte, dovremmo chiederci come e perché trascurare l’avverbio “quasi” della affermazione precedente: è possibile rendere l’analisi quasi priva di errori. L’errore, lo scarto, la deviazione, il jolly, la matta, sono certamente l’imprevisto che arriva a sparigliarci i piani, ma sono anche, e per fortuna, aggiungerei, il sale di cui hanno bisogno le nostre vite per non essere omologhe. In risposta alla nostra orgogliosa onnipotenza vorrei ricordare la famosa previsione di John Maynard Keynes il quale, all’ennesima domanda sul futuro, rispose che nel lungo periodo saremo tutti morti. Come dargli torto, in effetti, tra 4,5 miliardi di anni il sole si spegnerà e con lui anche la nostra brama di eternità. Ovviamente, da qui al compimento di questa previsione, ci restano ancora ben 4,5 miliardi di anni, in cui nascere, vivere, crescere, progredire, investire e potenzialmente guadagnare. gennaio 2020
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FRANKLIN TEMPLETON: SELETTIVI IN ASSET MANAGER CON OLTRE 70 ANNI DI ESPERIENZA
MICHAEL HASENSTAB
• Oltre 70 anni di esperienza di investimento con un track record di innovazione incentrata sul cliente
Cio Templeton Global Macro
• 715,2 miliardi di dollari Usa di asset under management (Dati al 30 Novembre 2019) • Rapporti con oltre 400 clienti di mandati segregati in tutto il mondo • Clienti in oltre 170 paesi • Presenza locale in 34 paesi, che coprono l’84% del Pil globale (Dati ad aprile 2019. In base ai risultati del PwC 2019 Benchmark Your Global Fund Distribution Report che classifica i gestori patrimoniali in base al numero di paesi in cui sono distribuiti i loro fondi cross-border. Un fondo cross-border è un fondo distribuito in più di tre paesi, incluso il suo domicilio)
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olti investitori si attendevano un 2019 volatile. Con il trascorrere dei mesi i timori generati da problematiche geopolitiche quali la Brexit, della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e altre situazioni critiche a livello mondiale sono andati diminuendo. I dati economici sono rimasti nel complesso robusti e i mercati azionari globali hanno guadagnato terreno; a fine anno l’azionario Usa segnava un nuovo massimo storico. Nonostante le persistenti incertezze abbiamo una prospettiva cautamente ottimista per il 2020. La minaccia di una recessione globale è remota e ci sono buoni motivi per mantenere gli investimenti. Tuttavia in un mercato in continua evoluzione è importante essere selettivi e non essere troppo sicuri di sè. Di seguito i punti principali dell’Outlook 2020
• È importante concentrarsi sui dati reali più che sulle notizie del momento. Vi sono pochi segnali di una recessione imminente dell’economia mondiale. Nonostante la persistente incertezza in ambito commerciale e le tensioni sul fronte politico, la prima economia mondiale, gli Stati Uniti, si conferma solida. Tra i fattori di rischio che 38
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caratterizzeranno anche il 2020 citiamo la guerra dei dazi, la decelerazione dell’attività manifatturiera, il calo della fiducia delle imprese e le crescenti tensioni politiche con conseguente polarizzazione.
• Il prossimo anno potrebbe riservare ancora incertezza, ma anche ottime opportunità. Riteniamo che gli investitori debbano prepararsi per affrontare il 2020 concentrandosi su posizioni in grado di offrire un’autentica diversificazione rispetto a rischi fortemente correlati comuni a più asset class. • Benché molti investitori siano ancora preoccupati, ci sono buoni motivi per mantenere l’esposizione all’azionario globale nel 2020. Per i nostri portafogli cerchiamo società orientate all’innovazione oltre a opportunità in titoli value trascurati dal mercato.
• Le nostre previsioni sull’insieme dei mercati emergenti sono prudenti, ma manteniamo un certo ottimismo e intravediamo delle opportunità in alcuni Paesi e in determinate fonti di alpha. Crediamo nell’importanza di un posizionamento selettivo in quanto gli investitori sono ancora preoccupati per il protezionismo e il deterioramento del quadro geopolitico.
“C’è ancora valore da trovare in selezionati mercati emergenti e in alcune fonti di alpha”
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iamo più cauti sulle previsioni per l’insieme dei mercati emergenti, ma intravediamo un certo potenziale in determinati Paesi e in alcune fonti di alpha. Preferiamo tuttora i rendimenti corretti per il rischio in specifiche aree del debito sovrano in valuta locale rispetto ai titoli di credito valutati adeguatamente. Ma è fondamentale selezionare attentamente gli investimenti, poiché simili opportunità variano nettamente da un Paese all’altro e in termini di esposizione al rischio. Nel complesso ci sembra che il prossimo anno determinati mercati locali che offrono rendimenti elevati abbiano la possibilità di sovraperformare i mercati core del reddito fisso.
STEPHEN H. DOVER Head of Equities Franklin Templeton “Il poco amato mercato toro potrebbe proseguire anche nel 2020. Quattro tematiche su cui puntare”
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ntravediamo un potenziale di rialzo sui mercati azionari dei Paesi avanzati e di quelli emergenti. Sulle piazze emergenti, puntiamo essenzialmente su quattro tematiche di lungo periodo: • Crescita strutturale della tecnologia in
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UN MERCATO IN CONTINUA EVOLUZIONE tutti i segmenti dell’economia. • Aumento della spesa al consumo in linea con l’espansione del ceto medio. • Small cap dei Paesi emergenti favorite dalla crescita locale. • Società caratterizzate da progressi nella corporate governance e da un impatto ambientale contenuto o in miglioramento. In generale riteniamo i mercati emergenti più interessanti di quelli sviluppati in ragione di un’espansione economica sempre più rapida. In termini di valutazioni, i mercati emergenti scambiano con uno sconto di quello di medio e lungo periodo rispetto ai mercati avanzati, nonostante l’aumento dei flussi di cassa e dei dividend payout ratio e la riduzione dell’indebitamento delle imprese. Siamo convinti che la ricerca di selezionate opportunità in società innovative e titoli value con catalizzatori indiscutibili possa contribuire a un buon posizionamento in un’ottica di lungo periodo.
SONAL DESAI
anzitutto sui dati. La resilienza dell’economia statunitense e una crescita globale solo in lieve rallentamento, per esempio ci inducono a pensare che i timori di recessione e deflazione siano eccessivi e quindi le valutazioni dei Treasury Usa spropositate. Abbiamo posizionato i nostri portafogli in modo da poter investire le risorse laddove la crescente volatilità del mercato creerà opportunità in ottica value. Nel complesso, sulla base delle nostre previsioni sulla crescita globale crediamo che la linea estremamente morbida delle principali banche centrali abbia esacerbato le anomalie del mercato. Ecco perché consigliamo di tenere in portafoglio asset liquidi in modo da poter prontamente investire in settori con fondamentali solidi laddove l’instabilità del mercato crei punti di ingresso a valutazioni più interessanti. Ribadiamo ancora una volta l’importanza di usare la massima selettività sia nei settori del reddito fisso sia nella scelta dei titoli sottostanti.
EDWARD D. PERKS
Cio Franklin Templeton Fixed Income Group
Cio Franklin Templeton Multi Asset Solutions
“Distinguere il sentiment dalla realtà. Tenere in portafoglio asset liquidi con tanta selettività nel reddito fisso”
“Un approccio attivo a fronte di numerose incertezze e di una maggiore volatilità”
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er individuare le opportunità di reddito in questo contesto volatile e movimentato, ci concentriamo
iteniamo le azioni nel complesso onerose e abbiamo frenato l’entusiasmo su questo fronte. I
fondamentali societari si confermano relativamente solidi e gli utili aziendali sostengono tuttora l’azionario globale. Siamo convinti che nelle grandi economie i profitti abbiano già raggiunto il loro massimo livello e possano ridursi ulteriormente nel corso dell’anno venturo. Il 2020 potrebbe non essere esente da ondate di vendita ricorrenti sui mercati azionari alla luce della possibile adozione di politiche non consolidate come dazi e restrizioni alla quotazione in borsa e alla circolazione del capitale. Siamo passati a un giudizio pienamente neutrale sulle obbligazioni a livello di asset allocation, poiché i motivi per essere ottimisti sono controbilanciati dai timori per le valutazioni. Siamo inoltre estremamente selettivi nelle aree del reddito fisso di qualità inferiore, come il debito corporate high yield: i tassi di default sono in aumento rispetto alle medie storiche e i prestiti bancari evidenziano flussi di capitale in uscita. Probabilmente il mercato delle obbligazioni societarie investment grade godrà ancora di fondamentali solidi. Siamo più ottimisti sulle prospettive del debito emergente alla luce delle politiche accomodanti delle banche centrali globali e dei rendimenti reali superiori alle medie storiche, due elementi che potrebbero davvero contribuire a contenere i rischi di cambio delle obbligazioni nella valuta locale. A nostro avviso è essenziale che gli investitori si posizionino in modo selettivo in considerazione dei continui timori suscitati dal protezionismo e dal deterioramento del quadro geopolitico.
Scansiona il QR Code e leggi l’outlook completo IMPORTANTI INFORMAZIONI LEGALI Avvertenze: Prima della sottoscrizione, leggere attentamente il prospetto informativo. Questo materiale è destinato esclusivamente a scopi di interesse generale e non deve essere interpretato come una consulenza di investimento individuale o una raccomandazione o sollecitazione ad acquistare, vendere o detenere titoli o ad adottare qualsiasi strategia di investimento. Non costituisce una consulenza legale o fiscale. Le opinioni espresse sono quelle del gestore degli investimenti e i commenti, le opinioni e le analisi sono resi come alla data di pubblicazione e può cambiare senza preavviso. Le informazioni fornite in questo materiale non sono intese come a analisi completa di ogni fatto materiale relativo a qualsiasi paese, regione o mercato. Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita di capitale. I dati provenienti da fonti di terze parti potrebbero essere stati utilizzati nella preparazione di questo materiale e Franklin Templeton Investment (“FTI”) non ha verificato, convalidato o verificato in modo indipendente tali dati. FTI non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi perdita derivante dall’uso di queste informazioni e l’affidamento ai commenti e alle opinioni e analisi di questo materiale è a discrezione dell’utente. Prodotti, servizi e informazioni potrebbero non essere disponibili in tutte le giurisdizioni e sono offerti al di fuori degli Stati Uniti da altri FTI affiliati e / o i loro distributori secondo le leggi e le normative locali. Si prega di consultare il proprio consulente finanziario o contatto istituzionale Franklin Templeton per ulteriori informazioni sulla disponibilità di prodotti e servizi nella tua giurisdizione. Pubblicato da Franklin Templeton International Services S.à r.l. Succursale Italiana - Corso Italia, 1 - 20122 Milano - Tel: +39 0285459 1- Fax: +39 0285459 222 CFA® e Chartered Financial Analyst® sono marchi registrati di proprietà di CFA Institute.
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SCHRODERS: PASSI AVANTI SUI DAZI, DAL 1804 UN UNICO OBIETTIVO
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chroders è una società di investimento internazionale tra i leader a livello mondiale. Da oltre due secoli e sette generazioni, aiuta persone, famiglie e istituzioni a raggiungere i propri obiettivi finanziari e a prepararsi per il futuro. Il mondo cambia, e cambiano anche le esigenze degli investitori: ecco perché quella di Schroders è una storia di evoluzione continua. Nata nel 1804, quotata alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice Ftse 100, Schroders gestisce un patrimonio di 496,6 miliardi di euro al 30 giugno 2019 e conta su oltre 5.000 professionisti in 32 Paesi. Schroders non appartiene ad alcun gruppo finanziario, assicurativo o industriale. La società è focalizzata su un unico obiettivo: soddisfare le ambizioni dei clienti che le affidano i loro risparmi e capitali, contribuendo alla prosperità della società intera. Stabilità degli assetti proprietari e solidità finanziaria sono tra i fattori che hanno permesso al gruppo di ottenere il riconoscimento “Excellent” dall’agenzia indipendente Fitch. Osservando i mercati internazionali e locali da una prospettiva privilegiata, Schroders innova costantemente la sua offerta: nel corso del tempo ha con successo esteso le sue competenze dalle aree tradizionali a 40
soluzioni più innovative, dai fondi alternativi ai prodotti sostenibili e tematici. La gestione di Schroders è attiva e rigorosa, con gestori, analisti, strategist ed economisti dislocati in tutto il mondo. Grazie al presidio locale dei mercati, Schroders può individuare le migliori opportunità su scala globale. Il processo d’investimento è articolato secondo un metodo decisionale strutturato e disciplinato, teso a valorizzare il lavoro di squadra e le sinergie tra diverse competenze. La responsabilità sociale in Schroders è condivisa e trasversale a tutte le asset class. Con un approccio olistico, gli aspetti Esg (Environmental, social e corporate governance) vengono integrati nel processo d’investimento. I trend ambientali, demografici e sociali rappresentano delle sfide cruciali da considerare nella costruzione dei portafogli e Schroders ritiene inoltre doveroso essere parte attiva nella gestione delle società in cui investe, esercitando il suo diritto di voto affinché prevalgano strategie sostenibili, nell’interesse dei clienti. Schroders è presente in Italia dal 1995 con i suoi servizi di gestione internazionale di capitali. È stata uno dei primi player a creare una stabile organizzazione locale, contribuendo alla crescita e
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all’evoluzione del mercato del risparmio gestito in Italia, costruendo anno dopo anno un profondo radicamento. La succursale italiana è divisa in due
principali aree di business: fondi di investimento e clientela istituzionale, che offrono alla clientela locale un’ampia gamma di servizi di gestione internazionale.
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ECONOMIA GLOBALE IN RIPRESA LUCA TENANI Responsabile Italia
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opo una fase di rallentamento della crescita, l’economia mondiale sembra avviata verso una ripresa nel 2020, prolungando ulteriormente uno dei periodi di espansione più lunghi della storia. Il rallentamento di quest’anno ha creato preoccupazioni su una possibile contrazione dell’economia Usa. Tuttavia riteniamo che l’attività economica beneficerà del miglioramento delle tensioni tra Usa e Cina e dei tassi più bassi negli Stati Uniti. Abbiamo quindi alzato le previsioni per la crescita globale nel 2020, dal 2,4% al 2,6%. Ci aspettiamo il completamento della “fase uno” dell’accordo tra Usa e Cina, già annunciata a ottobre ma non ancora finalizzata. Si spera che ciò impedirà ai due Paesi di implementare ulteriori dazi e potenzialmente ridurrà quelli già in vigore. Ciò porterebbe a un rafforzamento del commercio globale e a una maggiore spesa per investimenti delle imprese, con un miglioramento dell’attività in Europa, Giappone e Usa. Oltre alle minori tensioni commerciali, anche i tassi bassi saranno di supporto. Le condizioni monetarie in generale sono le più accomodanti dell’ultimo decennio, considerando tassi delle banche centrali, rendimenti obbligazionari e dollaro.
Abbiamo anche alzato le previsioni per la Cina. Nel complesso, le economie emergenti si stanno rafforzando, anche se persistono preoccupazioni su aree come Hong Kong e Argentina.
Il declino delle tensioni commerciali Le chance di assistere a un accordo commerciale sono aumentate, come suggerisce una nostra analisi che monitora il numero di articoli di Reuters contenenti parole chiave pro-accordo, rispetto a quelli con parole anti-accordo. Ci sono buoni motivi per cui Trump potrebbe voler raggiungere un’intesa ora: la procedura di impeachment e l’avvicinarsi delle elezioni rendono necessaria una ripresa dell’attività negli Usa. Avendo già giocato la carta dei tagli fiscali nel 2018, ora può soltanto tentare di aiutare gli scambi con un aumento degli acquisti cinesi di beni agricoli. Intanto gli Usa sembrano restii a ridurre i dazi, come richiesto dalla Cina, e quindi i progressi sono lenti. L’accordo commerciale favorirebbe anche l’Europa L’aspettativa di un accordo almeno parziale tra Usa e Cina rappresenta una buona notizia per le economie dell’Eurozona, fortemente guidate dalle esportazioni. Abbiamo quindi alzato le previsioni di crescita dallo 0,9% all’1,2%. La nuova presidente della Bce Christine Lagarde sembra intenzionata a proseguire sul percorso intrapreso dal suo predecessore, con un possibile taglio nel 2020. Lagarde è inoltre tra i sostenitori delle misure di “stimolo fiscale”, di riduzione delle tasse e incremento delle spese infrastrutturali per aiutare
la crescita. Siamo piuttosto scettici su questo fronte. Le economie che hanno più spazio per aumentare la spesa, come Germania e Paesi Bassi, sono per natura sostenitrici di una spesa limitata. Pianificano i decenni futuri e sono preoccupate prevalentemente dai costi del pensionamento di una popolazione in invecchiamento. Riteniamo quindi che il supporto da parte di questi Paesi sarà limitato.
Outlook positivo anche per gli emergenti Ci aspettiamo un miglioramento in gran parte dei mercati emergenti, grazie alla ripresa sul fronte commerciale e alla limitata inflazione, che aprirà la strada a nuovi tagli dei tassi, seppur lievi. Siamo positivi sul Brasile, con la riforma pensionistica in atto che guida la fiducia supportando l’attività economica. Al contrario l’India dovrà affrontare una serie di sfide, soprattutto nel settore bancario. L’azione del governo potrebbe forse essere d’aiuto. La Russia continuerà a concentrarsi sulla stabilità economica e su una crescita contenuta ma persistente. Il 2020 sarà un anno importante per la Cina. Nel 2010, il governo promise di raddoppiare economia e redditi medi entro il 2020. Per raggiungere tali obiettivi le autorità dovranno assicurarsi che la crescita resti al livello simbolico del 6%. Potremmo vedere ulteriori allentamenti nelle politiche monetarie e fiscali. Molto dipenderà dall’accordo tra Usa e Cina e il rischio geopolitico rimarrà presente. Persistono le tensioni tra Russia e Usa e nuove sanzioni restano possibili.
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AXA INVESTMENT MANAGERS: IN ARRIVO IN ITALIA DAL 1999, È TRA I PRIMI GESTORI
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XA Investment Managers coniugando innovazione, una profonda conoscenza del mondo degli investimenti, e una attenta gestione del rischio, aspira ad avvicinare sempre più persone al mondo del risparmio gestito, aiutandole a raggiungere i loro obiettivi finanziari. La società è attenta a trovare le fonti di rendimento più efficienti e sostenibili nei mercati globali, su tutte le asset class, con un’ottica di lungo periodo.
in Europa, con oltre 797 miliardi di euro in gestione a fine novembre 2019, prodotti su misura per oltre 5mila clienti in più di 60 Paesi in Europa, America e Asia.
Nati nel 1994 dal gruppo AXA, leader globale nella protezione e gestione del risparmio, sono oggi uno dei principali asset manager
Per leggere commenti del team di Research & Investment Strategy e le view dei gestori: https://www.axa-im.it.
AXA Investment Managers è in Italia dal 1999 ed è oggi tra i primi gestori del Paese con circa 45 miliardi di euro in gestione a fine novembre 2019, un team dedicato al mercato retail e oltre 80 fondi in distribuzione.
ALESSANDRO TENTORI Chief investment officer AXA Investment Managers Italia
PIETRO MARTORELLA Amministratore delegato AXA Investment Managers Italia
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DUE ANNI DIFFICILI PER EUROPA E USA
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Outlook di Axa IM prevede due anni difficili, in cui Stati Uniti ed Eurozona rallenteranno fino alla stagnazione o addirittura alla recessione. Come nel 2012 con Draghi, il Vecchio continente dovrà fare un nuovo salto di qualità per non soccombere. Ecco cosa accadrà. Sui mercati finanziari quello che ci aspetta è un 2020 a due facce: nella prima metà un nuovo massimo delle Borse, sull’onda dell’euforia che stiamo respirando in queste settimane, del disgelo nei rapporti Stati Uniti-Cina e di una Brexit su cui i mercati stavano scontando scenari fin troppo negativi. Poi però, nella seconda metà dell’anno, il rallentamento economico e i timori di recessione torneranno ad agitare i mercati. Questo l’Outlook di Axa IM Research, che riserva le sorprese maggiori per l’anno successivo, il 2021, allontanandosi molto dalle previsioni generali degli altri asset manager. Sì perché sarà proprio nel 2021 che il gioco si farà duro. Per gli Stati Uniti, AXA IM prevede una crescita dello 0,8% (contro l’1,9% del consensus generale): quindi una sostanziale stagnazione, con un incremento medio trimestrale del Pil di appena lo 0,2%, che può rapidamente trasformarsi in una leggera recessione. «Il rallentamento della crescita fino a una semi-stagnazione e la mancanza di nuovi strumenti e soluzioni di politica economica rappresenterà il tema e il problema dei prossimi anni», sottolinea Alessandro Tentori, Chief investment officer di AXA IM Italia. Quindi bene l’azionario per la prima parte del 2020, poi però i portafogli dovranno virare su posizioni più difensive, con più titoli di Stato di qualità e meno di Paesi emer-
genti, più dollari e meno azioni. Paradossalmente, ma non troppo, gli effetti più pesanti della frenata statunitense non si sentiranno oltreoceano ma negli altri due grandi motori dell’economia mondiale. Ovvero in Cina, dove il Pil frenerà al 5,6% (dal 6,6% del 2018), anche perché le criticità e le inefficienze del sistema finanziario potrebbero amplificare il deterioramento del ciclo. Ma soprattutto il raffreddore statunitense potrebbe diventare una polmonite nell’Eurozona, dove l’outlook di AXA IM prevede una crescita di appena lo 0,5% nel 2021 (contro un consensus generale dell’1,3%) dopo lo 0,7% del 2020. La possibilità di una recessione è quindi molto alta anche nel Vecchio continente: il rischio è che, a nove anni dalla crisi del 2012, la giovane Eurozona si trovi di nuovo a lottare per la propria sopravvivenza. In caso di eurorecessione, i problemi all’orizzonte sono soprattutto tre. «In primo luogo la Bce dovrà cercare di superare i limiti della sua politica monetaria», spiega Tentori, «magari abbassando il target di inflazione: si tratta comunque di un processo lungo, e il pericolo è che la Banca centrale europea si trovi in una situazione di emergenza con la vecchia strategia». Il secondo problema, continua il Chief investment officer di AXA IM Italia, è che una recessione rischia di dare un nuovo slancio a partiti e movimenti anti-establishment, il che si tradurrebbe in una maggior fragilità della costruzione europea. «Il terzo nodo è legato ai Paesi più deboli, in particolare l’Italia: una recessione ha infatti un impatto negativo su entrate fiscali e avanzo primario, e il pericolo è che la sostenibilità del debito pubblico venga messa in discus-
sione». Nel 2021 insomma rischiamo di poter rivivere il terribile 2012, con la differenza che alla presidenza della Bce non ci sarà più Mario Draghi con il suo “whatever it takes”, e che gli strumenti di politica monetaria non convenzionali sono già stati largamente utilizzati. La Bce ha ancora margini di manovra, ma il pericolo è che prima o poi i mercati mettano in discussione l’efficacia delle sue misure. E non c’è cosa peggiore di una crisi di fiducia delle Borse nella banca centrale. Come se ne esce? «La palla dovrà passare ai Governi, con una soluzione europea, non con aiuti Paese per Paese come in passato», spiega ancora Tentori. «Proprio per questo è iniziato un dibattito sull’unione bancaria e monetaria, ma sul tassello della garanzia dei depositi siamo ancora lontani da una soluzione: non c’è ancora un concetto di condivisione del rischio tra Paesi, come mostra il recente dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità». Mentre per gli Stati Uniti un’eventuale recessione nel 2021 sarebbe breve e in fondo salutare dopo il record di dodici anni di crescita ininterrotta, nell’Eurozona potrebbe durare più a lungo e aumentare la fragilità del sistema. Il nodo più importante da sciogliere è quello del legame perverso tra il debito pubblico e le banche. «Un circolo vizioso che si spezza solo in due modi: dal lato bancario con una condivisione del rischio e una diversificazione dei portafogli dei titoli di Stato, e dal lato governativo con un rafforzamento del sistema cha passa attraverso emissioni uniche di titoli di Stato, i famosi “eurobond”, e magari con un ministro delle Finanze europeo. Ma questa è fantafinanza. Almeno per il momento».
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BLACKROCK: ANNO IN CHIAROSCURO, U
n 2020 diviso tra un atteso consolidamento della ripresa (debole) del ciclo economico e le tenui speranze di vedere rispettate le promesse di politiche fiscali che aiutino a raccogliere quanto seminato negli ultimi anni dagli stimoli monetari. È un outlook in chiaroscuro, quello di BlackRock per il 2020, esposto dal chief investment strategist per l’Italia, Bruno Rovelli, in conferenza stampa a Milano. L’influenza delle politiche della Fed si è vista anche l’anno scorso con le buone performance del mercato finanziario a cui però «non è seguita una crescita dell’economia reale», ha sottolineato Rovelli che ha battuto molto sul «maggiore peso che l’anno prossimo il ciclo reale rivestirà rispetto a quello monetario» nelle valutazioni dei mercati. Un cambio di punto di vista dovuto al timore della recessione che, seppure più lontano, resta presente nelle agende degli addetti ai lavori. La previsione della “pietra nera” è quella di un miglioramento del ciclo economico a partire dalla prima metà dell’anno, a conferma della fine del rallentamento iniziato nel primo trimestre del 2018. I motori della ripresa sono il manifatturiero che da tempo mostra vivacità (nonostante la flessione nell’ultimo scorcio di 2019) e quei i settori che risultano più interessati dai tassi, come l’immobiliare. 44
Sia chiaro, non si tratta di una vera e propria schiarita ma di una ossigenazione del ciclo, in cui due fattori (l’uno positivo, l’altro negativo) si confrontano e si scontrano: da un lato i servizi al consumo robusti favoriti da un abbassamento del debito delle famiglie (fenomeno «abbastanza insolito dopo 10 anni di espansione», ha commentato il responsabile per le strategie di investimenti), dall’altro lato l’indebolimento del manifatturiero, dovuto a fasi congiunturali difficili che alcuni settori stanno vivendo. Primo fra tutti l’automotive europeo. In questo contesto hanno giocato negli ultimi anni una parte importante le politiche monetarie, rimaste espansive così tanto da essere arrivate «ai loro limiti strutturali». Gli unici Paesi con ancora spazio di manovra sembrano essere Usa e Giappone. La Federal Reserve infatti resterà prudente «mentre prevediamo una sostanziale paralisi per le politiche fiscali», nonostante gli inviti di Mario Draghi prima e di Christine Lagarde dopo. Paradossalmente Rovelli intravede una possibile fonte di stimolo fiscale proprio in quella Gran Bretagna scossa da mesi dal processo di secessione dall’Ue. «I conservatori di oggi sono molto diversi dai Tory di un tempo, guardano alla spesa pubblica come a una risorsa».
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BRUNO ROVELLI Chief investment strategist di BlackRock Italia
LE TRE FONTI DI INCERTEZZA: GUERRE COMMERCIALI, BREXIT E ITALIA.
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azi e trade war. La tregue Usa-Cina è confermata, adesso tocca capire cosa accadrà alle tariffe già in corso in prospettiva delle elezioni presidenziali del 2020. Le incertezze riguardano soprattutto la politica interna
degli Usa. Comunque vadano le prossime elezioni, la politica monetaria avrà un grande ruolo. Basti pensare alle intenzioni espresse dai Democratici su un eventuale aumento della tassazione sui grandi patrimoni. Anticipazioni che «non fanno bene al settore corporate», commenta Rovelli. Dal destino delle guerre commerciali dipendono direttamente vari settori, in particolare il manifatturiero e gli investimenti in conto capitale.
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ECCO DOVE INVESTIREMO NEL 2020 Riguardo alla Brexit, la conferma elettorale dei conservatori di Boris Johnson riduce il fattore incertezza. «Per la prima volta da molto tempo la Gran Bretagna ha affidato un mandato chiaro al proprio esecutivo», dice il chief investment strategist di BlackRock per l’Italia. Adesso il nodo da sciogliere è quello delle trattative sul nuovo accordo commerciale UkUe. Il tempo a disposizione, un anno, è obiettivamente poco, ma «come tutti i politici Johnson ha una priorità: restare al potere. Per questo motivo lavorerà affinché la Brexit sia un successo. Se ce la farà sarà ricordato con riconoscenza dai cittadini».
Italia I fondamentali del credito dell’economia nazionale sono solidi. Il surplus delle partite correnti è a un buon livello, quindi la grande società di investimento statunitense non vede all’orizzonte un rischio per l’indebitamento dovuto a uno sbilancio tra export e produzione. Ciò dimostra che il Paese è resiliente anche all’instabilità degli sviluppi politici, vero fattore di incertezza. Il problema non è quindi la qualità del credito ma il fatto che questa non cresca. L’Italia continua a mantenere una velocità più lenta rispetto all’Ue; la novità è che questa forbice ha smesso di allargarsi. La conseguenza sui mercati è la poca fiducia nei segmenti corporate e consumer. Per questo motivo Rovelli sottopesa il Paese, anche se non intravede rischi sistemici. I rischi provengono dalla politica e si tratta di un’instabilità di lunghissimo termine («credo che concluderò la mia carriera con la stessa insicurezza politica di
oggi», ironizza). Sollecitato da Investire sul tema dell’enorme quantità di liquidità ferma sui conti correnti italiani (1.400 miliardi, secondo i dati aggiornati dell’European banking authority) l’esponente di BlackRock non si sbilancia: «L’eccesso di risparmio è un problema complesso e globale, dovuto a vari fattori: invecchiamento della popolazione sbilanciamento nella distribuzione del reddito e ricerca di investimenti a basso rischio che rinvia il momento delle scelte di investimento».
Green New Deal La sostenibilità è la strada giusta ma la dimensione del piano annunciato dalla Commissione europea è limitata, anche se l’Ue ha più carte da giocare rispetto ad altri Paesi. Come se non bastasse il quadro viene complicato sia dalla «assenza di una linea comune tra i Paesi della zona euro» e sia dai tempi lunghi che le misure annunciate richiederanno. Azionario BlackRock resta leggermente lungo sul segmento ma sposta la sua attenzione dagli Usa al resto del mondo, per via delle incertezze politiche domestiche statunitensi. «Per il 2020 puntiamo di più sugli asset ciclici che stanno godendo del miglioramento macroeconomico complessivo, mentre i paesi più interessanti sono Giappone e quelli dei mercati emergenti in aggregato. Esclusi casi come Argentina e Venezuela». I prezzi attuali dell’azionario risultano equilibrati per BlackRock, ma sul lungo periodo il capo degli investimenti italiani guarda con mag-
giore interesse agli equity markets del Canada, del Giappone e dei mercati emergenti.
Obbligazionario Per Rovelli «c’è spazio per una modesta risalita dei tassi di interesse a lungo termine grazie alla spinta della politica monetaria». L’azienda sottopesa invece i corporate investment grade. «Restiamo lunghi su high yield e debito emergente (soprattutto in valuta forte, ma anche locale) che performa meglio della zona euro, e sugli investimenti corporate che promettono molto bene soprattutto sul fronte dei titoli growth». BlackRock punta in particolare all’obbligazionario a spread vista la riduzione di un rischio recessione. Bond governativi Meglio gli Usa che l’Ue, senza dimenticare i bond di stato cinesi. La fiducia nei rendimenti dei Btp italiani si conferma bassa: «Alcuni nostri team restano ancora lunghi ma nei nostri portafogli globali, i titoli di stato italiani coprono un peso molto relativo». La società di investimenti da 6mila miliardi di dollari di aum, ha un orientamento “underweight” sui titoli sovrani dell’Eurozona visto il calo dei rendimenti spinto dalla politica monetaria della Bce. Di conseguenza i rendimenti migliori non saranno da cercare nel Vecchio Continente ma in particolare nei Paesi emergenti. Credito BlackRock mantiene un modesto sovrappeso nel credito globale, con il debito dei mercati emergenti che appare particolarmente attraente.
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OUTLOOK 2020
CREDIT SUISSE: CRESCITA MODERATA
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tando all’Investment Outlook 2020 di Credit Suisse, nel 2020 gli investitori dovranno fare i conti con numerosi eventi imprevisti e fluttuazioni di mercato, ma l’economia e gli attivi di rischio globali daranno prova di resilienza. Credit Suisse pronostica una crescita moderata dell’economia globale pari al 2,5%, ma esclude il rischio di recessione. Alla luce di tale indebolimento del ritmo di crescita, Credit Suisse prevede modesti rendimenti a una cifra nei mercati azionari chiave. Una campagna presidenziale Usa polarizzata, pressione sui margini, debito societario alto e meno tagli dei tassi da parte delle principali banche centrali metteranno a dura prova gli investitori nel 2020, senza considerare eventuali sviluppi politici inaspettati. Anche in caso di distensione della guerra commerciale Usa-Cina e di minore incertezza sulla Brexit, gli investimenti nel 2020 richiederanno una diversificazione dei portafogli, orientata verso aree di rendimento positive. Tutte le prospettive per le economie e le principali valute di riferimento: dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Eurozona alla Cina • Stati Uniti. Per il 2020, Credit Suisse prevede per l’economa Usa un rallentamento della crescita del Pil (1,8%), accompagnato da un aumento dell’inflazione di base. L’Usd dovrebbe rimanere sostenuto, pur indebolendosi nel corso dell’anno con l’attenuarsi del suo vantaggio in termini di tassi d’interesse sulla maggior parte delle altre valute G10. • Eurozona. È poco probabile che la politica monetaria si allenti ulteriormente, ma la crescita resiliente del credito sosterrà l’espansione economica in corso, con una previsione di crescita del Pil all’1%. Lo stimolo fiscale e il venir meno dell’incertezza sulla Brexit sosterranno l’euro.
• Cina. Il governo fisserà probabilmente al 5,9% l’obiettivo di crescita del Pil, abbassandolo rispetto al 2019. È probabile che le autorità cinesi limiteranno al massimo il deprezzamento del Cny, a meno di un inasprimento della guerra commerciale Usa-Cina, ciò che non rappresenta tuttavia il nostro scenario di base. • Giappone. Le Olimpiadi estive del 2020 porteranno vento in poppa favorendo l’economia giapponese nella prima metà dell’anno. Nel complesso, la crescita del Pil registrerà un probabile rallentamento (0,4%), ma la svolta prevista 46
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ANNA GUGLIELMETTI Responsabile delle gestioni istituzionali in Credit Suisse Asset Management Italia
Ci attendiamo una moderata crescita economica, condizioni di liquidità ancora accomodanti e un allentamento delle tensioni geopolitiche. Con la distensione della guerra commerciale UsaCina, il sentiment delle aziende dovrebbe migliorare, determinando una ripresa dei settori e dei titoli legati al ciclo economico”
OUTLOOK 2020
E NESSUN RISCHIO RECESSIONE nella produzione globale dovrebbe limitarne l’intensità. Lo Yen sarà sostenuto dalla sottovalutazione nei confronti del Dollaro. Prospettive per i mercati finanziari: azioni meglio delle obbligazioni, prezzi del petrolio in calo, quelli dell’oro in crescita, moderatamente positivo l’immobiliare • Le azioni continuano a offrire un vantaggio interessante in termini di rendimento rispetto alle meno redditizie obbligazioni. A livello settoriale, diamo priorità all’Information technology, uno dei pochi comparti a registrare un tasso di crescita elevato. Sono molto interessanti anche i titoli finanziari, in quanto il previsto miglioramento delle prospettive cicliche potrebbe favorire un’ulteriore rotazione a favore del settore nel primo semestre del 2020. • Nel reddito fisso numerose obbligazioni di altissima qualità offriranno molto probabilmente rendimenti negativi nel 2020 e anche in seguito. Tuttavia una serie di segmenti di qualità intermedia dovrebbe offrire una resa più che ragionevole. Si prevedono rendimenti solidi anche per la maggior parte del debito in valuta forte dei mercati emergenti. • Nello scorso anno le commodity hanno imboccato direzioni divergenti a causa del rallentamento della produzione industriale, di cui hanno risentito in particolare le materie prime cicliche. Nel futuro questa divergenza dovrebbe a giudizio di Credit Suisse attenuarsi. I prezzi del petrolio potrebbero entrare in fase di debolezza per poi segnare una successiva ripresa, mentre si prevede un consolidamento dei prezzi dell’oro. • Negli investimenti alternativi il settore immobiliare dovrebbe continuare a offrire rendimenti moderatamente positivi. Si privilegia la proprietà immobiliare diretta, in quanto i tassi di interesse più bassi non sembrano ancora pienamente scontati dai prezzi.
FRANK DI CROCCO Responsabile distribuzione retail in Credit Suisse Asset Management Italia
In un contesto come quello attuale riteniamo opportuno utilizzare strumenti passivi per replicare i mercati principali (per esempio Usa o Europa) e utilizzare, invece, fondi attivi per generare maggiori rendimenti in aree specializzate, quali gli investimenti tematici (ad esempio il trend dell’edutainment) o gli alternativi (real estate, private equity) o anche reddito fisso non tradizionale.”
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OUTLOOK 2020
HSBC GLOBAL AM: DIVERSIFICAZIONE PRO E CONTRO DI UN ANNO CONTROVERSO • La sovraperformance macroeconomica degli Stati Uniti è probabile che svanisca nel 2020 • I prezzi di mercato dell’azionario europeo e emergente e del credito asiatico restano interessanti • Da qui in avanti i titoli di Stato potrebbero essere un diversificatore meno affidabile
A
ttualmente gli investitori stanno vivendo nell’era dell’incertezza, con molte incognite dal punto di vista politico e economico, oltre a eventi macro-economici senza precedenti. Dopo la notevole incertezza registrata nel 2019, gli investitori dovrebbero interrogarsi soprattutto su quale sarà la sua intensità nel 2020.
In qualità di investitori dobbiamo essere vigili. Ci sono diverse grandi questioni irrisolte e una serie di importanti eventi politici che potrebbero avere effetti negativi - o forse migliori del previsto - sullo scenario macroeconomico e sui mercati finanziari. La vera grande lezione del 2019 è che, nonostante l’incertezza resti una caratteristica fondamentale all’interno del sistema, non dovremmo automaticamente concentrare la nostra attenzione su di una strategia di investimento cauta. All’inizio del 2019 gli investimenti in liquidità considerati sicuri e sensati hanno invece comportato alla fine un costo molto elevato per gli investitori. Il nostro scenario di base per il 2020 è relativamente favorevole. Prevediamo una crescita lenta e costante, bassa inflazione, una politica monetaria accomodante e una crescita degli utili a una sola cifra. A nostro avviso la recessione sembra essere un problema che dovremo affrontare nel 2021, o anche più in là nel tempo.
ROBERTO CITARELLA
Managing director HSBC Global Asset Management
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OUTLOOK 2020
INTELLIGENTE NELL’ERA DELL’INCERTEZZA JOSEPH LITTLE
Global chief investment strategist HSBC Global Asset Management
La sovraperformance macroeconomica degli Usa svanirà Gli ultimi 18 mesi sono stati caratterizzati da una sovraperformance macroeconomica degli Stati Uniti. Per il 2020 ci aspettiamo una piccola inversione di tendenza e una certa convergenza della crescita. La spinta proveniente dalla riduzione degli oneri fiscali negli Stati Uniti sta svanendo, l’incertezza relativa alla politica commerciale sembra pesare sugli investimenti e gli indicatori del mercato del lavoro sono contenuti. Tuttavia l’allentamento monetario e la solidità del credito al consumo dovrebbero impedire che la crescita scenda al di sotto del trend. L’inflazione core negli Stati Uniti resta al di sotto del 2% e dovrebbe convergere solo gradualmente verso il target. La preoccupazione principale della Fed è che l’inflazione possa continuare a non raggiungere il target. Questo si traduce nel fatto che, mentre i tassi politici resteranno per il momento invariati, è molto più probabile che assisteremo all’aumento dei tassi di interesse piuttosto che a una loro riduzione, anche se a nostro avviso l’anno prossimo assisteremo a un ulteriore taglio dei tassi. L’Asia trainerà la ripresa dei mercati emergenti La crescita in Cina ha registrato una
lieve ripresa dal primo trimestre del 2019 ed è probabile che questo trend prosegua in maniera graduale, considerate le tensioni legate all’incertezza in ambito commerciale e dato l’allentamento monetario relativamente modesto. Nonostante ciò riteniamo che, se necessario, gli organi di governo siano pronti a fornire ulteriore supporto, per limitare le possibilità di un nuovo rallentamento della crescita. In Cina tale rallentamento è coinciso con i timidi segnali di stabilizzazione in altri mercati emergenti. Se da un lato gli emergenti asiatici sembrano essere in ripresa, dall’altro resta comunque improbabile che la crescita di questi mercati registri una forte ripresa, vista la modesta crescita in Cina e quella tendenziale negli Stati Uniti. Tuttavia i recenti miglioramenti nei cicli tecnologici e commerciali asiatici fanno ben sperare per un momentum di crescita a breve termine. Visto che la politica monetaria statunitense dovrebbe rimanere moderatamente accomodante, non stimiamo l’insorgenza di alcun fattore scatenante per un rapido apprezzamento del dollaro e, considerata la bassa pressione dell’inflazione nei mercati emergenti, sembrano sussistere le condizioni per una ragionevole performance macroeconomica di questi mercati nel 2020. L’Europa e il Giappone restano i fanalini di coda dell’economia globale, ma un graduale miglioramento della crescita dei mercati emergenti dovrebbe supportare le esportazioni europee. Inoltre l’allentamento monetario della Bce dovrebbe sostenere la domanda interna. Nel complesso, nel 2020 potremmo assistere a una modesta ripresa dell’Eurozona, che apporterebbe
benefici al Regno Unito, soprattutto se verrà fatta maggiore chiarezza sui futuri accordi tra le due economie.
Asset allocation pro-risk I prezzi di alcune delle asset class più rischiose restano interessanti, come il mercato azionario europeo e emergente, e quello obbligazionario che presenta una duration dei tassi non particolarmente elevata e con rendimenti interessanti, come il segmento del credito asiatico. Di conseguenza all’inizio del 2020 continueremo ad avere una forte propensione al rischio nella nostra asset allocation. Tuttavia dobbiamo essere realistici sul tipo di rendimenti ottenibili. A questo punto i rischi di downside - come la recessione della crescita globale - sembrano più remoti, ma la diffusa incertezza limita il potenziale rialzo che ci aspettiamo di ottenere dalla nostra strategia. A nostro avviso la miglior strategia da adottare per il 2020 è quella di una diversificazione intelligente. I titoli di Stato hanno riportato uno straordinario profilo di rendimento negli ultimi due anni e sono stati fonti incredibilmente efficaci per la copertura dai rischi azionari globali. Tuttavia le forze che finora hanno sostenuto le obbligazioni potrebbero gradualmente cominciare a invertire la rotta, fattore che suggerisce che, da qui in avanti, quest’asset class potrebbe essere un diversificatore meno affidabile rispetto al passato. In qualità di asset allocator dobbiamo adattarci a questo cambiamento. La chiave del successo nell’”era dell’incertezza” sarà l’utilizzo di un approccio dinamico durante la costruzione della nostra asset allocation.
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OUTLOOK 2020
NATIXIS INVESTMENT MANAGERS: LA OPERATORE GLOBALE A TUTTO CAMPO
N
atixis Investment Managers serve i professionisti della finanza con metodi approfonditi per costruire portafogli. Grazie all’esperienza di 24 affiliate a livello globale, applica la metodologia Active Thinking® per fornire soluzioni proattive che aiutino i clienti a perseguire risultati migliori in tutti i mercati. Natixis Investment Managers si colloca tra le più grandi società di gestione patrimoniale con 921,5 miliardi di euro in gestione (al 30 settembre
2019). Con sede a Parigi e Boston, Natixis Investment Managers è una filiale di Natixis. Quotata alla Borsa di Parigi, Natixis è una controllata di Bpce, il secondo gruppo bancario francese. Le soluzioni di investimento sono offerte anche attraverso Natixis Advisors e Dynamic Solutions. Non tutte le offerte sono disponibili in tutte le giurisdizioni. Per info: sito web: www.im.natixis.com | LinkedIn: linkedin.com/ company/natixis-investmentmanager.
IL COUNTRY HEAD PER L’ITALIA
A
ntonio Bottillo lavora nel mondo finanziario dagli anni ’80 del secolo scorso. E’ un professionista ormai di lungo corso che ha mosso i primi passi della propria vita professionale a Londra in qualità di trader, focalizzandosi principalmente su strategie sui tassi d’interesse. Ha dunque visto, nell’ambito della propria carriera, varie crisi finanziarie, quella di
inizio millennio legata alla bolla speculativa sul Nasdaq o quella del 2008-2009, successiva al crack di Lehman Brothers. Unisce alla passione per i mercati quella per l’attività sportiva: negli ultimi 10 anni ha partecipato a 50 maratone, 5 ultramaratone (tra cui la 100km del Passatore) e un paio di “mezzi” Ironman. E guarda ancora oltre, sempre di corsa.
Gli strategist di Natixis e i gestori delle affiliate guardano al 2020 con una view eterogenea, anticipando per il futuro pochi shock al ribasso o driver al rialzo • I risultati del Natixis Strategist 2020 Outlook rivelano che, nonostante una visione più positiva sulle attività di rischio, le previsioni di movimento a livello globale sono molto contenute. • Le sfide principali sono legate ai cambiamenti di natura politica, alla politica sui tassi d’interesse e all’evoluzione del ruolo delle Banche centrali. • Le elezioni presidenziali Usa hanno sostituito Brexit diventando il principale rischio al ribasso individuato dagli strategist; gli intervistati sono più positivi sulle azioni, anche se i listini globali probabilmente alimenteranno più volatilità rispetto a tassi di interesse o valute. • Guardando al prossimo decennio gli intervistati individuano tra le priorità in termini di investimento e valutazioni economiche la capacità di muoversi nell’attuale contesto di inflazione e le preoccupazioni di natura politica. Dopo un anno di rendimenti azionari a doppia cifra e di solide performance sui mercati obbligazionari, i diversi esperti di in-
ANTONIO BOTTILLO
Country head and executive managing director Natixis Investment Managers
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OUTLOOK 2020
CRESCITA ECONOMICA SARÀ MODERATA DAVE LAFFERTY
Chief market strategist Natixis Investment Managers vestimento di Natixis stanno monitorando le incertezze legate alle presidenziali Usa e alle elevate valutazioni degli asset, secondo quanto emerge dal Natixis Strategist 2020 Outlook, pubblicato dal Natixis Investment Institute. Lo studio analizza i risultati di un’indagine condotta tra 24 strategist, economisti e gestori che operano all’interno di Natixis Investment Managers, delle sue affiliate e di Natixis Corporate & Investment Banking, fornendo indicazioni su ciò che gli investitori potrebbero aspettarsi nel 2020 e oltre. Rischio: cosa potrebbe andare storto e cosa bene? L’Investment Managers Strategist Outlook di Natixis di metà anno aveva individuato nella Brexit il più probabile rischio negativo, ma gli strategist hanno spostato la loro attenzione sulle crescenti preoccupazioni relative alle presidenziali americane. Il conflitto geopolitico continua a essere tra i primi tre rischi, seguito dalla probabilità di una recessione statunitense, europea e/o globale. Allo stesso modo, eccezion fatta per uno scenario di soft Brexit o di assenza di Brexit stessa, gli strategist di Natixis non si aspettano molta più spinta al rialzo da parte di altri fattori. Una view eterogena sulle presidenziali americane Anche se gli intervistati non si aspettano
evidenti shock per i mercati, le proiezioni sul vincitore delle presidenziali sono equamente divise, con un 50% circa che si aspetta la rielezione di Trump e l’altra metà che si aspetta un nuovo presidente. «L’aspetto più significativo è il modo netto con cui i risultati del sondaggio sono in bilico», ha dichiarato Dave Lafferty, Chief Market Strategist di Natixis Investment Managers. «Sembra che ogni prospettiva ottimistica sia controbilanciata da una più pessimistica. Anche se le presidenziali del prossimo anno negli Stati Uniti sono al centro delle riflessioni degli strategist, la situazione resta opaca, senza alcun risultato chiaro».
Prospettive per le asset class Rispetto alle prospettive di metà anno, gli intervistati sono ora complessivamente più ottimisti in generale, con un punteggio rialzista/ribassista più elevato su 15 delle 19 asset class considerate. Detto questo, anche i punteggi più rialzisti sono stati comunque solo lievemente superiori alla linea di neutralità e le aspettative rimangono deboli. Con la speranza di una Brexit meno traumatica, il sentiment per i titoli del Regno Unito è migliorato con significativi rialzi per le azioni britanniche ed europee. I maggiori miglioramenti nella classifica rialzista/ribassista delle 20 asset class sono stati di gran lunga per i titoli azionari britannici, per i titoli a più ampia capitalizzazione in Europa e per gli azionari dei Paesi sviluppati (Usa esclusi). Le azioni dei mercati emergenti sono ancora molto apprezzate, posizionandosi al primo posto. Gli intervistati si sono dimostrati relativamente neutrali per quanto riguarda le azioni statunitensi. In media gli intervistati hanno fissato per lo S&P 500 un obiettivo a fine 2020 pari a 3.074, che implica una variazione minima per il
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prossimo anno (-0,2%) rispetto al livello dell’indice al momento dell’indagine. Ma le opinioni erano perfettamente divise: 12 strategist anticipano rendimenti più elevati e altri 12 ne anticipano di inferiori. Le previsioni di crescita maggiori implicano un guadagno del 9,9%, mentre quelle più basse implicano una perdita dell’11,2%.
La strada per il 2030 Guardando al prossimo decennio, i trend economici e di investimento più importanti includono le preoccupazioni politiche, la capacità muoversi in un contesto di inflazione, i tassi di interesse e le politiche delle Banche centrali. Secondo gli intervistati un altro probabile trend sarà legato al cambiamento climatico e ai suoi effetti sull’economia globale. Gli intervistati hanno affermato che ci sono alcune potenziali opportunità di investimento correlate al cambiamento climatico, come per esempio gli effetti della tecnologia e della produttività per incrementare il potenziale di crescita. Gli strategist ritengono tuttavia che i filoni legati a populismo e deglobalizzazione possano indebolire il progresso economico nel corso dei prossimi dieci anni.
Tendenze per il 2030 Dave Lafferty ha concluso: «La visione d’insieme dei nostri strategist mostra la sfida che molti investitori dovranno affrontare quando il mondo entrerà nel nuovo decennio: una crescita economica positiva, ma appena al di sopra della velocità di stallo, valutazioni elevate ma non esorbitanti ed eventi geopolitici che potrebbero tanto supportare quanto intaccare la fiducia dei mercati». Per il Report completo si rimanda al seguente link: im.natixis.com/us/markets/natixis-strategist-2020-outlook.
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OUTLOOK 2020
CONSULTINVEST AM: LA GREEN ECONOMY IL RISCHIO GEOPOLITICO NEL NUOVO ANN0 POTREBBE CONDIZIONARE I MERCATI
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l 2020 si annuncia come un altro anno dove i mercati rischiano di venire condizionati (nuovamente) dai rischi geopolitici che si innesteranno in una tendenza di crescita economica globale moderata che, in assenza di interventi correttivi, potrebbe anche peggiorare. Le economie sviluppate ed emergenti hanno già tutte rallentato il loro ritmo di espansione ridottosi al di sotto del trend. Ivi compresi gli Usa, che fino a metà 2019 riuscivano a muoversi in controtendenza rispetto agli altri sviluppati ma che tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 vedranno scendere la loro crescita reale al di sotto del 2% considerato il tasso di espansione neutrale per gli Usa. Anche l’altro fondamentale motore di sviluppo globale, ovvero la Cina, sta frenando in modo strutturale, limitato dai dazi nelle potenzialità dell’export e frenato nella crescita della sua domanda interna da una crisi finanziaria e da eccessi di capacità produttiva che stanno assorbendo molte risorse ed energie pubbliche. Crescita economica simile al 2019 Quindi per la prima parte del 2020 è difficile ipotizzare un rilancio economico. La crescita economica rimarrà simile a quella di fine 2019, con i settori manifatturieri ancora in affanno e quelli dei servizi che faranno fatica ad evitare fenomeni di contagio. Sarà già un successo se si riusciranno a mantenere gli attuali livelli di crescita economica ridotta (sotto potenziale) evitando pericolosissime cadute recessive. La vera discriminante tra scenari positivi e negativi sarà dettata dall’evoluzione dei rapporti geopolitici. La posta in palio è alta. Tenendo conto che il 2020 è anno elettorale negli Usa, che Trump rimane il candidato unico dei Repubblicani - nonostante la procedura d’impeachment - e che i sondaggi non sono ancora in grado di escludere una sua possibile rielezione, la principale variabile non può che essere quella dei rapporti tra Usa e Cina (senza dimenticare quelli UsaEuropa). Anche perché l’antagonismo americano verso Pechino è condiviso dalla grande maggioranza della popolazione e dello schieramento politico. Il supporto dato dagli Usa a Hong Kong inoltre può essere di ostacolo allo sviluppo di rapporti costruttivi con Pechino e con la Corea del Nord, notoriamente sostenuta dalla Cina. 52
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PAOLO LONGERI Head of Research di Consultinvest AM Sgr
La nostra convinzione è che i rapporti tra le due superpotenze rimarranno politicamente e diplomaticamente difficili, anche se una escalation dei dazi non avrà luogo come pare dall’accordo di Fase 1 raggiunto a metà dicembre. La nostra sensazione è che si vada verso una tregua sui dazi – ormai scontata – e che lo scontro si sposti sulla separazione tecnologica, portando i rapporti verso un maggior bipolarismo globale accentuato dai temi della sicurezza informatica (il mondo potrebbe essere chiamato a schierarsi o con la Cina & Huawei o con gli Usa e Google&Microsoft&Amazon) - l’Europa sappiamo già che sceglierà i secondi. Un bipolarismo che porterà al ripensamento di molti modelli di sviluppo basati esclusivamente sulla delocalizzazione produttiva e sull’export, a vantaggio di modelli che rivaluteranno le fonti di sviluppo domestiche basate sul rilancio della domanda interna. Questo potrebbe essere molto vero se Trump, dopo la Cina, con i dazi metterà nel mirino una Europa indecisa con chi schierarsi.
Un mondo diviso in due mega aree di influenza Al limite si potrebbe anche intravedere i contorni di un mondo sempre più diviso in due mega aree di influenza, che ricorderanno aspetti della precedente “guerra fredda”. Ma proprio da questa nuova “guerra fredda” e da queste rinate spinte isolazioniste potranno emergere nuove e in-
OUTLOOK 2020
CI POTRÀ SALVARE DAL DECLINO teressanti opportunità anche per i mercati azionari. Con politiche monetarie ormai non più utilizzabili come strumenti di rilancio economico nei Paesi sviluppati – i tassi negativi sono destinati a sparire e le politiche monetarie aggressive possono ritornare al centro della scena solo in scenari recessivi oggi ancora poco probabili – e con evidenti limitazioni anche in quelli emergenti, il focus tornerà sulle politiche fiscali e strutturali che dovranno rilanciare la domanda interna. L’onda “verde” costringerà i governi a investire Qualche segnale si intravede di già. Il tema del sostegno alle politiche cosiddette “Green” è la scusa migliore per costringere i governi a rilanciare gli investimenti e alimentare i sussidi alle imprese che perseguiranno ambiziosi obiettivi di riduzione dell’impatto climatico e di rinnovo delle infrastrutture. In Giappone si stanno già muovendo in tal senso e stanno nuovamente rilanciando gli Investimenti pubblici. L’Europa è sicuramente il prossimo potenziale candidato a puntare al rilancio della domanda interna, non potendo più contare sull’export verso Cina e Usa, dovendo presumibilmente ridurre la propria dipendenza dalla supply chain cinese e volendo centrare ambiziosi target di carbon neutrality in pochi anni. Se queste politiche di rilancio fiscale saranno perseguite già dai primi mesi del 2020, potremmo veder scongiurati del tutto i rischi recessivi e veder limitati di molto i danni che la geopolitica potrà arrecare prima delle elezioni Usa. In tal caso vedremo una spinta verso un aumento della crescita economica – direi soprattutto in Giappone ed Europa, dove i margini di crescita non inflazionistica sono maggiori che negli Usa – e potenzialità per diverse aziende in molti settori. In tale contesto potremmo anche avere mercati azionari che manterranno trend positivi (preferiti sono Giappone ed Europa) e mercati obbligazionari che almeno sulle parti a lunga delle curve dei rendimenti soffriranno gli effetti di sgonfiamento della bolla estiva, ritornando verso rendimenti reali più elevati e più consoni a una economia che non finirà in recessione. In questo contesto globale, oggettivamente più difficile per i mercati obbligazionari, anche quello italiano non avrà lo
stesso tipo di successo del 2019. Avremo più, competizione nel reperire fondi, vuoi perché le politiche fiscali diventeranno più espansive facendo salire i deficit, vuoi perché il sostegno monetario potrebbe ridursi. Grecia meglio dell’Italia, ecco perchè Segnali di tempi meno brillanti sono evidenti persino nel fatto che le obbligazioni greche riescono ad avere spread inferiori a quelli italiani. La ragione è semplice: la Grecia ha avuto negli ultimi 3 anni una crescita nominale superiore (media pari al +2.49% con tassi crescenti) a quella italiana (+1.7% medio e decrescenti) ed è riuscita a generare un crescente avanzo pubblico, arrivato al 1.6% del Pil, contro il nostro disavanzo del 2,17%. Ciò fa ritenere agli investitori che la Grecia, anche grazie a una acquisita stabilità politica, abbia maggiori possibilità di compressione del fardello debitorio (173% del Pil). Inoltre l’Italia già beneficia del Qe della Bce mentre la Grecia non ancora, sebbene sembrano possibili aperture grazie ai suoi miglioramenti economici.
Quei rischi che gli Usa non devono correre Per contro se questa attenzione al rilancio della domanda interna dovesse fallire e la politica estera Usa virare con maggiore decisione verso la rinuncia del multilateralismo e l’abbandono del cooperativismo internazionale allora il rischio è che si potrebbe assistere a una pericolosa flessione economica negli Usa e in Cina, oltre che nel resto del mondo che poi potrebbe portare rapidamente gli Usa verso la recessione dato che il loro sistema economico è quello a oggi maggiormente esposto e con i minori margini di manovra. Fino a ora infatti negli Usa la crescita economica ha tenuto perché hanno tenuto i consumi privati grazie a un mercato del lavoro molto positivo. Tuttavia il conseguente e strisciante aumento dei salari, gli ormai ridotti margini di aumento della produttività, l’elevata leva finanziaria potrebbero mettere sotto pressione i bilanci aziendali facendo partire i licenziamenti e togliendo ossigeno ai consumi privati, portando così la recessione negli Usa con conseguenze negative anche per il resto del mondo.
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OUTLOOK 2020 / PREVISIONI A CONFRONTO pagine a cura di Gloria Valdonio
MACRO
Economia globale a un bivio, tra guerra commerciale e rivoluzione Gli investitori si chiedono se il mercato procederà verso una recessione causata dalle tensioni cino-americane, mettendo fine alla più lunga fase rialzista di sempre. Oppure se la crescita si stabilizzerà a un livello più basso, con potenziale per una riaccelerazione, facendo così estendere ulteriormente il ciclo. I due partiti hanno lo stesso numero di sostenitori
Rick Lacaille, Global Chief Investment Officer, STATE STREET GLOBAL ADVISORS
«I
l 2020 non sarà un anno di recessione. Ci aspettiamo che la ripresa economica globale prosegua l’anno prossimo, in un contesto caratterizzato da continuo allentamento monetario, cambiamenti politici e persistenti elementi di resilienza. Il mix di bassa inflazione,
consumi robusti e un settore dei servizi relativamente forte a livello globale può far sì che l’attuale ciclo economico continui. Nonostante ci siano chiari fattori di rischio, complessivamente ci aspettiamo che il Prodotto interno lordo reale mondiale cresca del 3,4%, in rialzo
rispetto alle nostre attese precedenti, che vedevano un incremento del 3,2%. Stimiamo quindi che la crescita rimarrà abbastanza solida da consentire un ulteriore prolungamento del ciclo».
David Giroux, CIO Equity and Multi-Asset, T. Rowe Price
«S
ebbene ci siano segnali che Stati Uniti e Cina potrebbero finalizzare un accordo di breve termine (in sostanza, una tregua) - che supporterà le vendite di beni agricoli statunitensi e ridurrà in parte i dazi – è improbabile che assisteremo a una risoluzione del
conflitto sottostante nel corso del 2020. Su alcune questioni cruciali, come per esempio i sussidi alla tecnologia, un compromesso potrebbe essere sostanzialmente impossibile. La Cina infatti difficilmente farà un passo indietro su obiettivi in aree
come intelligenza artificiale, robotica, veicoli elettrici e produzione domestica di semiconduttori. È possibile inoltre che sia Stati Uniti che Cina non riusciranno mai a trovare un punto di incontro sul supporto statale cinese alle industrie chiave».
Andrew Milligan Global Head of Strategy, ABERDEEN STANDARD INV
«C
i sono senza dubbio alcune preoccupazioni, come il debito delle famiglie cinesi, il debito finanziario e dei governi locali. Ma nel complesso riteniamo che questi problemi siano gestibili grazie ai tassi di interesse molto bassi, anche in un mondo di crescita lenta. 54
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L’insieme dei rischi politici per il 2020 appare infatti più equilibrato rispetto all’estate. Abbiamo preso in considerazione gli shock geopolitici legati a Brexit, alle tensioni commerciali USA-Cina o alle tensioni in Medio Oriente. Un aspetto utile sono i segnali positivi che indicano
che la politica fiscale potrebbe diventare più espansiva nel 202021, specialmente in Europa e in Giappone. I banchieri centrali come Christine Lagarde stanno facendo di tutto per mettere in guardia sulla relativa inefficacia della politica monetaria».
Ross Teverson, Head of Strategy, Emerging Markets, JUPITER
«U
n fattore certamente da monitorare nel 2020 è costituito da un cambiamento in favore delle società a piccola-media capitalizzazione. Nel 2018 abbiamo sostenuto la visione che i titoli mid e small-cap fossero stati ingiustamente svenduti dagli investitori, mentre
il mercato era focalizzato primariamente sulle preoccupazioni macroeconomiche. Nel 2019 la nostra pazienza è stata premiata e i solidi risultati operativi di molte di queste società sottovalutate hanno portato a una performance positiva del prezzo dei titoli. Ci
aspettiamo quindi la creazione di ulteriore valore da questi nomi off-benchmark, a piccole e media capitalizzazione, in particolare se il mercato dovesse iniziare a guardare oltre i subbugli geopolitici e a focalizzarsi davvero sui fondamentali».
Peter Westaway, Chief Economist & Head of Investment Strategy, VANGUARD EUROPA
«N
ell’Eurozona la crescita dovrebbe rimanere debole intorno all’1% nel 2020, a causa del contesto commerciale e della Brexit. Per il Regno Unito stimiamo una crescita dell’1,2% nell’ipotesi di uscita ordinata dall’Ue. La crescita degli Stati
Uniti dovrebbe invece rallentare a circa l’1%, evitando così una recessione tecnica, ma al di sotto della normale crescita tendenziale del 2%. Anche la Cina dovrebbe rallentare segnando un incremento del 5,8%, al di sotto del proprio obiettivo del 6%. Il quadro per i
Mercati Emergenti infine è eterogeneo. L’America latina ha subito un forte calo, mentre alcune grandi economie asiatiche, tra cui l’Indonesia, hanno resistito meglio. Nel complesso, ciò ha contribuito al rallentamento globale, in linea con i mercati sviluppati».
Zehrid Osmani, Head of Global Long-Term Uncostrained, MARTIN CURRIE (GRUPPO LEGG MASON)
«I
LEGENDA
l ritmo del cambiamento tecnologico si sta alzando grazie alle più semplici modalità di accesso al capitale per finanziare l’innovazione. In molti settori dell’economia, se non addirittura in tutti, è aumentato il rischio di dover affrontare una disruption e la velocità con cui gli attori innovatori
riescono a entrare nei mercati sfidando i player tradizionali è sempre più rapida. È pertanto fondamentale che gli investitori adottino un approccio sistematico strutturato nella valutazione dei rischi di disruption per aziende o interi settori. Alcuni sono particolarmente sfidanti: i trasporti, l’energia e i servizi pubblici,
senza dimenticare il settore finanziario. Anche nel settore tecnologico le realtà leader vengono continuamente sfidate da nuovi competitor».
La previsione del gestore è NEGATIVA sull’andamento dell’asset class
La previsione del gestore è NEUTRA sull’andamento dell’asset class
La previsione del gestore è POSITIVA sull’andamento dell’asset class
gennaio 2020
55
OUTLOOK 2020 / PREVISIONI A CONFRONTO
AZIONARIO
Per l’equity il semaforo è verde all’80 per cento La crescita negli Stati Uniti potrebbe rallentare all’1,6% e il Pil cinese aumentare solo del 6%. Ma sul fronte azionario, i prezzi saranno sostenuti da un allentamento dei dazi e dalla ripresa della crescita degli utili societari nella seconda parte dell’anno favorendo le azioni cicliche. Da sovrappesare i titoli IT e quelli del settore finanziario globale
Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer, DWS
«S
ul fronte azionario, i prezzi saranno sostenuti da un allentamento delle tensioni commerciali e dalla ripresa della crescita degli utili societari. Per il 2020 si prevede una incremento dell’Eps del 5% negli Usa, del 6% in Europa e del
9% nei Mercati Emergenti. Le ultime due aree presentano il potenziale di rialzo più elevato, poiché le quotazioni tendono a seguire la crescita degli utili. A livello settoriale, si dovrebbero sottopesare le azioni immobiliari e delle utility, sovrappesando invece i titoli IT
e finanziari. Un leggero aumento dei rendimenti è uno dei motivi alla base della raccomandazione di sottopesare i titoli delle utility, spesso utilizzati come bond proxy. Anche il clima rappresenta un rischio per i modelli di business di molte società del settore».
Stéphane Monier, Chief Investment Officer, BANQUE LOMBARD ODIER & CIE SA
«C
i sono ancora opportunità per quanto riguarda il segmento azionario quality e growth. Ci aspettiamo che questo comparto registri rendimenti positivi nel nuovo anno, con un potenziale di ulteriori guadagni di mercato se, come sembra, i negoziati commerciali
proseguiranno. I risultati del terzo trimestre del 2019 hanno superato le attese - seppure basse - e la crescita degli utili resta debole. Quindi le linee guida per il prossimo anno nonostante non siano particolarmente interessanti dal punto di vista del rapporto rischio/rendimento –
continuano a resistere e le valutazioni dovrebbero continuare a essere sostenute dalla politica monetaria accomodante adottata dalla Banche centrali. A causa della minore liquidità delle small cap globali, preferiamo i nomi più grandi nei segmenti value e growth».
Jason Pidcock, Gestore Fondo Jupiter Asia Pacific Income, JUPITER ASSET MANAGEMENT
«L’
Asia è un universo di investimento dinamico che offre interessanti opzioni di diversificazione di portafoglio. I fondamentali su cui si basano le attività generatrici di liquidità 56
gennaio 2020
offrono un’interessante proposta di investimento a medio-lungo termine. Inoltre le principali società asiatiche hanno dimensioni che corrispondono solo a una frazione delle maggiori società americane, e alcune offrono modelli di business scalabili, nonché interessanti dividend yield e crescita
dei dividendi. Alcune opportunità della cosiddetta Greater China si trovano a Taiwan, specialmente in società tech di livello mondiale. Singapore offre infine ottime opportunità di investimento di prossimità nell’area del Sud est asiatico, mentre l’Australia è ancora trascurata da molti investitori».
Michael Blümke, Senior Portfolio Manager di ETHENEA
«I
mercati dei capitali globali hanno iniziato a prezzare l’attuale contesto positivo. Se la recente stabilizzazione degli indicatori basati sui sondaggi, come quello tra i manager degli acquisti (di piccole e medie imprese), sarà seguita da un costante miglioramento del sentiment
degli operatori, si potrebbe arrivare davvero a un’inversione di tendenza nella crescita reale, un’eventualità che consideriamo probabile. In questa eventualità il divario tra i dati di crescita fondamentali e la valutazione delle attività di rischio scomparirebbe automaticamente.
Alla luce di questo scenario prevediamo possibile un ulteriore potenziale rialzista sui mercati azionari».
Romain Boscher, Global CIO, Equities, FIDELITY INTERNATIONAL
«I
l settore industriale è scivolato in recessione nel 2019, ma la sua minore rilevanza sul Pil globale e la costante solidità dei consumi Usa ci inducono a prevedere un soft landing dell’economia globale nel 2020. Gli utili potrebbero toccare i minimi per
poi riprendersi e la crescita dovrebbe attestarsi intorno all’8%. Dopo i deflussi dai mercati azionari osservati nel 2019, per il 2020 ci aspettiamo una ripresa, soprattutto perché i tassi rimarranno bassi e gli investitori - a corto di reddito - saranno attratti dai rendimenti. Se la
crescita dovesse recuperare terreno, i titoli ciclici e value, trascurati in passato, potrebbero tornare in auge, a eccezione delle banche. Il pricing della relativa materia prima - ossia i tassi di interesse - rimarrà estremamente basso e non è escluso che scenda ancora».
Jane Shoemake, Investment Director Global Equity Income, JANUS HENDERSON
«A
bbiamo messo in guardia gli investitori nel corso dell’anno che la rapida crescita dei dividendi a cui hanno assistito nell’ultimo paio d’anni era destinata a tornare verso livelli più normali: il rallentamento dell’economia globale sta iniziando a gravare sugli utili delle imprese e
quindi sui dividendi. Gli sviluppi nel terzo trimestre dimostrano i vantaggi della diversificazione e di un approccio globale agli investimenti orientati alla generazione di reddito. Per il 2020 il rallentamento della crescita degli utili inciderà sui dividendi, tuttavia, con i tassi di interesse su livelli così bassi, le
azioni continueranno a rappresentare una valida fonte di reddito, anche se il tasso di crescita dei dividendi è meno significativo rispetto agli ultimi anni».
Vincent Mortier, Alessia Berardi, Angelo Corbetta e Esther Law, AMUNDI ASSET MANAGEMENT
«A
ssistiamo a un rallentamento continuo dell’economia cinese che nel terzo trimestre 2019 ha segnato la crescita più lenta dai primi anni ‘90 (+6%). Per il 2020 riteniamo che la crescita si attesterà al 5,8%. Siamo però moderatamente ottimisti riguardo al mercato azionario cinese,
le cui valutazioni ci appaiono favorevoli nonostante prospettive sulla crescita degli utili contenute. Manteniamo una preferenza per le azioni di classe A, che sono più esposte all’economia interna che sta beneficiando del processo di inclusione nell’indice Msci. Intravediamo poi opportunità nei cambiamenti della
catena di fornitura (settore tecnologico taiwanese e cinese) e nei marchi domestici che offrono prodotti sempre più competitivi ai marchi internazionali».
gennaio 2020
57
OUTLOOK 2020 / PREVISIONI A CONFRONTO
OBBLIGAZIONARIO
Crescita e Banche centrali spingono il debito emergente Le manovre degli istituti centrali stanno frenando i rendimenti obbligazionari. Gli strategist privilegiano quindi quote del mercato del debito high-yield, i cui rendimenti hanno una bassa correlazione con il ciclo economico, come il debito sovrano dei Mercati Emergenti, ma anche le obbligazioni del settore finanziario ad alto rendimento
Fraser Lundie, CFA, Head of Credit, HERMES INVESTMENT MANAGEMENT
«I
l quadro macroeconomico suggerisce una fase di rallentamento per il 2020 che non sfocerà in una fase di ampia recessione solo grazie a una politica monetaria accomodante, necessaria e facilitata da aspettative di inflazione
che rimangono stabili, in particolare in Europa. La crescita degli utili rimane poco brillante, mentre le metriche sul credito corporate si stanno lentamente deteriorando. La profittabilità è sotto pressione in un contesto di bassi tassi di interesse,
mentre i buffer di capitale costruiti dopo la crisi sono ancora solidi. Per alcuni anche una condizione simile è difficile da sostenere e assisteremo a un aumento dei tassi di default, combinato con tassi di recupero bassi».
Axel Botte, Global Strategist, OSTRUM ASSET MANAGEMENT (affiliata di NATIXIS IM)
«L
e Banche centrali stanno agendo da freno ai rendimenti obbligazionari. La domanda di rendimenti elevati rimarrà forte, nonostante un probabile aumento dei tassi di default per il prossimo anno. Nel frattempo la politica monetaria negli Stati Uniti continuerà ad
allentarsi. Il deficit pubblico americano potrebbe spingere ancora più in basso i rendimenti di lungo periodo, ma la Fed sembra destinata a evitare un aumento troppo drammatico dei tassi di interesse. Ci aspettiamo che il debito emergente denominato in dollari sia sostenuto da un certo grado
di stabilità dei rendimenti statunitensi, dove riteniamo che il rischio di rialzo sia limitato al 2% nei prossimi dieci anni».
Cross Asset Research Team, LYXOR ASSET MANAGEMENT
«N
el segmento del credito, la diversificazione a nostro giudizio è essenziale e ci stiamo concentrando sul settore ad alto rendimento, grazie alle ricche valutazioni nel segmento corporate a basso merito creditizio. Per questo motivo privilegiamo quote 58
gennaio 2020
del mercato del debito highyield, i cui rendimenti hanno una bassa correlazione con il ciclo economico, come il debito sovrano dei Mercati Emergenti (ovviamente analizzando caso per caso), nonché le obbligazioni del settore finanziario ad alto rendimento.
Le obbligazioni high-yield del settore finanziario, a nostro parere, beneficeranno inoltre del continuo sostegno delle Banche centrali globali e del rafforzamento dei bilanci cominciato con la grande crisi finanziaria del 2008».
ANISHA GOODLY, Emerging Markets Portfolio Specialist, TCW
«C
on uno spread dell’indice JPMorgan Embi Global Diversified Index a 328 punti base, il debito sovrano emergente denominato in dollari è una delle poche asset class obbligazionarie che scambia con spread in prossimità della media storica. Anche se l’outlook di crescita
rimane incerto, il contesto globale nel 2020 dovrebbe essere moderatamente favorevole per il debito dei Mercati Emergenti. La crescita infatti migliorerà leggermente ‘anno su anno’, e ciò è messo in evidenza dai segnali di ripresa che si stanno già registrando nell’Ue e in Giappone e dagli indicatori
economici che stanno iniziando a sorprendere in positivo in diverse economie emergenti, specialmente in America Latina».
Jamie Stuttard, Head of Global Macro Fixed Income, ROBECO
«L
e obbligazioni high-yield hanno un profilo di rischio/rendimento meno appetibile rispetto ad altre asset class rischiose, visto che gli spread spesso iniziano ad ampliarsi già nelle fasi avanzate del ciclo economico. Un discorso analogo va fatto per i titoli
investment grade, ma quanto meno alcuni di questi strumenti possono contare sul sostegno della Banca centrale europea. I rendimenti dei titoli di Stato, infine, dovrebbero aumentare con il miglioramento delle condizioni
economiche, poiché le autorità monetarie non vorranno o non potranno attuare un ulteriore allentamento. Ciò detto, non prevediamo nell’immediato la fine di rendimenti estremamente bassi o addirittura negativi».
Mark Vaselkiv, Chief Investment Officer, Fixed Income, T.ROWE PRICE
«A
nche se i rendimenti obbligazionari nel 2020 potrebbero essere più deboli rispetto al 2019, vale ancora la pena di mantenere un’allocazione significativa alle obbligazioni core nei portafogli. I tassi di default bassi e le lunghe scadenze sono
infatti segnali positivi per il credito, ma il mercato si sta dimostrando poco clemente nei confronti dei business più fragili, come le società energetiche, che sono una componente così importante del mercato high yield. La duration rimane un’arma a doppio taglio:
anche se non ci aspettiamo che i tassi salgano in modo significativo, anche un lieve aumento avrebbe un impatto negativo sulla performance dei bond».
Edith Siermann, Head of Fixed Income & Responsible Investing, NN IP
«N
egli ultimi anni il mercato dei green bond è cresciuto molto, rafforzando la nostra convinzione che gli investitori fixed income possono ugualmente beneficiare di un investimento responsabile al pari di quanto avviene nell’azionario. Questa crescita offre molte opportunità. Inoltre
è un modo per selezionare emittenti innovativi, lungimiranti e meno esposti ai rischi Esg. Prevediamo che l’emissione di obbligazioni verdi passerà da un volume di mercato globale stimato di 500 miliardi di euro all’inizio del 2020 a 700 miliardi a fine 2020, grazie ai crescenti investimenti in innovazione,
energia pulita e smart city. Questa crescita sarà guidata dai governi: Germania, Italia e Svezia hanno già confermato che lanceranno programmi di obbligazioni verdi nel 2020».
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59
OUTLOOK 2020 / PREVISIONI A CONFRONTO
VALUTE
Il potenziale declino secolare del dollaro Il biglietto verde dovrebbe reggere inizialmente, ma l’euro dovrebbe apprezzarsi nel secondo semestre con l’affermazione di una ripresa economica nell’Eurozona. Per la sterlina il consensus è di una decisa risalita successiva alla risoluzione della Brexit. Con il rallentamento dell’economia tornano di moda le valute rifugio, yen e franco svizzero in testa
Michael Lok, CIO, UNION BANCAIRE PRIVÉE (UBP)
«L
a corsa del dollaro è giunta quasi al capolinea e il biglietto verde si deprezzerà leggermente
nel 2020. Ci attendiamo una buona performance per le valute rifugio tradizionali, ossia lo yen e il franco svizzero. Il rapporto di cambio euro/ dollaro dovrebbe progressivamente salire nel 2020, mentre la debolezza dello yuan cinese trascinerà con sé
le valute asiatiche. Ci attendiamo che la Fed cotinui a ridurre i tassi, poiché negli Stati Uniti la crescita e l’inflazione diminuiranno anche nel 2020. Tassi di interesse più bassi, combinati alla ripresa degli acquisti di obbligazioni potranno pesare sul dollaro nel 2020».
Vasileos Gkionakis, Head of FX Strategy, LOMBARD ODIER
«I
negoziati tra Stati Uniti e Cina stanno progredendo (a piccoli passi), le preoccupazioni di una Brexit no-deal sono in calo, e l’attività manifatturiera globale ha raggiunto i minimi storici ed è probabile che registri una ripresa lenta. Ci aspettiamo quindi che la
sopravvalutazione del dollaro scenda e stimiamo un apprezzamento del cambio euro-dollaro trainato dalle valutazioni e da una ripresa del commercio globale. Il nostro outlook include sia rischi upside sia downside. Da un lato una significativa riduzione dei dazi potrebbe spingere il dollaro al
ribasso, dall’altro una ripresa della disputa potrebbe portare a una recessione globale e la fuga verso i beni rifugio innescherebbe un altro forte apprezzamento del dollaro».
Ufficio Studi WISDOMTREE
«M
entre è probabile che il dollaro Usa si rafforzerà nei confronti della maggior parte delle valute del G10 (l’organizzazione che riunisce le principali economie mondiali), anche in presenza di contesto riskon, sembra invece che il dollaro australiano sia destinato a continuare 60
gennaio 2020
il suo percorso di deprezzamento rispetto alla maggior parte delle valute del G10. La maggior parte delle valute europee mostra alcuni punti deboli, tranne la corona norvegese, che trae beneficio dall’essere piuttosto a buon mercato, dopo un anno difficile dal punto di vista delle prestazioni. Nel
complesso, in un contesto di riskon, valute come il dollaro canadese e la corona norvegese sarebbero destinate a sorprendere. Tuttavia sono anche le prime a soffrire in un ambiente suscettibile di mosse di mercato dettate fondamentalmente dal panico».
Alessandro Allegri, AD di AMBROSETTI ASSET MANAGEMENT SIM
«S
ul lato valutario i mercati restano, per certi versi, ancorati alla stabilità degli scorsi mesi. L’euro torna ad arretrare nei confronti del dollaro mantenendosi in equilibrio verso le altre valute. Sono tuttavia movimenti limitati che rendono il mercato dei cambi inusitatamente
stabile. Le oscillazioni quest’anno in generale sono state ridotte del 50% rispetto alle abitudini tipiche con un impatto delle tematiche politico-commerciali pressoché nullo sugli equilibri valutari. Difficile il mantenimento di questa stazionarietà a lungo con attese di qualche
sorpresa in più proprio nei prossimi trimestri».
John Bilton, Head of Global Multi-Asset Strategy e David Kelly, Chief Global Strategist, J.P. MORGAN AM
«C
i aspettiamo che il dollaro americano si svaluti rispetto alle altre valute. Le nostre Long Term Capital Markets Assumption del 2020 prevedono nel lungo termine un fair value di equilibrio pari a 1,38 per il
cambio euro/dollaro, a 88 per il dollaro/ yen e a 1,48 per la sterlina/dollaro. La sopravvalutazione del dollaro potrebbe compromettere il ruolo attraente della valuta come potenziale bene rifugio. Le
valute non si muovono seguendo una funzione di equilibrio lineare e quindi possono distanziarsi dal fair value teorico per lunghi periodi. Tuttavia un dollaro costantemente sopravvalutato è da tenere in considerazione in una asset allocation globale ottimale».
Investment Strategy Committee, RBC GAM
«N
ell’ambito dei Paesi facenti parte del G10 siamo più rialzisti sullo yen, poiché fattori molto importanti a lungo termine, come per esempio le valutazioni a basso costo e un forte saldo delle partite correnti, rimangono sostanzialmente positivi.
In ogni caso, a breve termine il rallentamento della crescita e l’aumento dell’avversione al rischio negli Stati Uniti rafforzerà anche la valuta giapponese in quanto gode ancora dello status di rifugio sicuro. A frenare lo yen sono infatti i deflussi di capitale persistenti, in
quanto gli investitori giapponesi cercano rendimenti più elevati al di fuori del loro Paese. Questi deflussi azionari stanno però cominciando a rallentare e, in loro assenza, prevediamo che lo yen si rafforzi verso quota 102 dagli attuali 111».
Andrew Jackson, Head of Fixed Income, HERMES INVESTMENT MANAGEMENT
«L
a vittoria elettorale dei Conservatori ha ridotto un rischio che ha pesato sulla sterlina negli ultimi
anni e che ha contribuito a rallentare la crescita economica. La sterlina si è apprezzata ora rispetto a tutte le principali valute, ma il movimento non è fuori misura ed è tornato ai livelli del 2018 rispetto al dollaro. Il risultato coincide anche con le principali notizie riguardo all’accordo commerciale Usa-
Cina, il che significa che quasi tutte le attività di rischio stanno dando buoni risultati. Uno dei maggiori risultati è stata la performance particolarmente positiva di banche e utility britanniche, queste ultime sono in crescita di oltre il 10% grazie alla notizia che non dovranno affrontare alcuna nazionalizzazione». gennaio 2020
61
OUTLOOK 2020 / PREVISIONI A CONFRONTO
MATERIE PRIME E INVESTIMENTI IMMOBILIARI
In attesa del risveglio dell’industria, l’oro brilla Le commodity cicliche aspettano l’onda del miglioramento della produzione industriale. Il petrolio, dopo una fase di debolezza, potrebbe segnare una ripresa, mentre si prevede un consolidamento dei prezzi dell’oro. Negli investimenti alternativi, gran parte del settore immobiliare dovrebbe offrire rendimenti moderatamente positivi
Neil Dwane, Global Strategist, ALLIANZ GLOBAL INVESTORS
«A
nche se ultimamente i prezzi del greggio hanno evidenziato una certa stabilità, le tensioni geopolitiche in Medio Oriente potrebbero compromettere le forniture di petrolio. Al contempo, il cambiamento climatico induce molti investitori ad abbandonare i
combustibili fossili, e ciò rischia di ridurre il capitale a disposizione delle aziende del settore per crescita e investimenti. Le energie rinnovabili esercitano quindi una forte attrattiva, ma c’è un divario tra l’offerta di soluzioni alternative e l’attuale business model globale, che
funziona di fatto a combustibile fossile. Soluzioni come le celle a combustibile idrogeno e i reattori a fusione nucleare potrebbero colmare il gap, ma per ora sono investimenti rischiosi, anche se il potenziale rendimento potrebbe essere elevato».
Valentijn van Nieuwenhuijzen, Chief Investment Officer, NN IP
«I
mercati delle materie prime sono intrappolati tra una prospettiva di una domanda più contenuta e minacce lato offerta. Nel 2020 la domanda di materie prime rischia di indebolirsi. È probabile un rallentamento più pronunciato della crescita economica globale. Ciò significa debolezza
dell’industria manifatturiera, un settore chiave per le commodity, e una maggiore ricaduta negativa nel settore dei servizi, che finora si è dimostrato resistente. Un dollaro Usa più forte, soprattutto rispetto alle valute dei mercati emergenti, indebolirà ulteriormente la domanda di materie
prime e ne ridurrà i costi di produzione, aumentando così l’offerta. Tuttavia questa prospettiva potrebbe migliorare in caso di progresso nei negoziati commerciali».
Ufficio Studi WISDOMTREE
«L’
oro come bene rifugio continuerà a essere tra i preferiti dagli investitori. La politica monetaria, che rimarrà accomodante anche il prossimo anno, continuerà infatti a sostenere il metallo giallo, con le Banche centrali, in particolare quelle dei Mercati Emergenti, che 62
gennaio 2020
hanno recentemente aumentato le riserve auree per coprire la loro esposizione alle valute a corso forzoso.Sul fronte del petrolio, nel 2019 si è registrato un impegno a rallentare la crescita della domanda, tenendo poco conto delle potenziali interruzioni dell’offerta a causa della
complicata situazione in Medio Oriente. Riteniamo quindi che gli investitori debbano chiedere un premio di rischio più elevato per riflettere le accresciute tensioni portando così il prezzo del Brent in un range più equo di 70-75 dollari al barile».
Antonio Anniballe, Gestore Team Multi Asset Italia, GAM (ITALIA) SGR
«C
ontinuiamo a ritenere che l’investimento sui metalli preziosi abbia in portafoglio una propria valenza intrinseca, soprattutto in un frangente in cui i mercati rivedono al ribasso i rischi di mercato. Come sempre in questi casi, quando il posizionamento degli operatori diventa
‘ottimista’ aumentano anche le possibilità di delusione, e quindi di movimenti correttivi. Per i motivi sopra descritti, accanto a un’esposizione orientata ad azioni e credito, veri beneficiari dello scenario attuale,
l’oro rappresenta l’investimento d’elezione nel caso i rischi geopolitici, o quelli relativi a un ciclo economico non ancora saldo, tornino improvvisamente alla ribalta».
Jan van Eck, CEO, VANECK
«L
a prima considerazione a favore dell’oro è che i tassi bassi lo rendono interessante. La seconda considerazione positiva è la preoccupazione che le Banche centrali abbiano perso il proprio potere di stimolare l’economia. Nonostante le
mosse adottate dalla Bce nell’incalzare l’economia negli ultimi anni infatti l’Europa continua a rallentare ed è probabilmente l’area più debole del mondo. Se l’Europa è in trappola e le Banche centrali hanno perso il proprio potere, la paura di ingenti
livelli di indebitamento può indurre gli investitori a dirigersi proprio sull’oro. È interessante notare come altre Banche centrali, tra cui quelle di Russia e Cina, di recente abbiano acquistato ingenti quantità di oro. Forse nutrono anch’esse gli stessi timori».
Paul Guest, Lead Real Estate Strategist, UBS ASSET MANAGEMENT
«L
a svolta nella politica monetaria dovrebbe avere un profondo effetto sul segmento real estate nel corso del 2020. I premi per il rischio real estate, che si riflettono nel premio di rendimento degli investimenti immobiliari rispetto ai tassi risk-free, sono passati infatti da
un livello pari o inferiore alle medie a lungo termine a un tasso alla pari o superiore a tali medie. Sebbene i rendimenti totali siano peggiorati rispetto ai picchi del biennio 2015-2016, il livello di rendimento a nostro avviso risulta ancora interessante.
Nel complesso crediamo che il settore immobiliare continuerà ad attirare capitali, ma sarà necessario considerare l’indebolimento delle prospettive economiche destinate a incidere sulla domanda dei conduttori e quindi sulla crescita dei canoni di locazione».
Andrew Phipps, Head of Emea Research & Insight, CUSHMAN & WAKEFIELD
«L
a rivoluzione verde sta costringendo le aziende a cambiare e a integrare i requisiti di sostenibilità nei loro processi decisionali. Dal punto di vista immobiliare i cambiamenti climatici avranno ripercussioni sulle valutazioni immobiliari, sul leasing
e sugli investimenti. Il mercato riorienterà quindi i flussi di capitale verso località e immobili meno esposti al rischio climatico attraverso un’eventuale revisione al ribasso dei valori degli asset a più alto rischio. Inoltre, man mano che l’interconnessione tra spazio e
tecnologia diventerà più forte assisteremo a un incremento della domanda di servizi. Gli utilizzatori e i proprietari degli immobili dovranno quindi adeguarsi a tali aspettative se vogliono garantire continuità al proprio business». gennaio 2020
63
CONSULENTI FINANZIARI
Elezioni Anasf: al via la sfida tra le cinque liste di Marco Muffato
L
e elezioni Anasf entrano nel vivo. Dalle ore 9 del 13 gennaio 2020 e fino alle ore 18 dell’11 febbraio 2020 10.500 degli oltre 12mila consulenti finanziari associati, in regola con il pagamento della quota associativa al 13 novembre, potranno esprimere le loro preferenze online e scegliere i 161 delegati all’XI Congresso ordinario dell’associazione di categoria dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, convocato dal 13 al 15 marzo 2020 a Solbiate Olona (Va). Congresso che avrà il compito di rinnovare le cariche sociali: i 25 componenti del Consiglio nazionale, il Comitato esecutivo e il nuovo presidente. Le liste in gara sono 5. Vediamo come sono composte: la lista 1 “Insieme per crescere” è guidata dal capolista e candidato presidente Luigi Conte (attuale vice presidente vicario di Anasf, consulente finanziario di punta di FinecoBank ) e si avvale di un team di stretti collaboratori di alto profilo istituzionale dai referenti di lista, il vice presidente Anasf Ferruccio Riva e il tesoriere Luigi Criscione, fino al presidente di Efpa Italia Marco Deroma, al vicepresidente Ocf Maurizio Donato, al presidente del consiglio nazionale Franco Colombo, al componente del comitato esecutivo Antonello Starace (responsabile marketing e co-responsabile decentramento e sviluppo associativo), al componente del Comitato direttivo Ocf Drago Biafore, e ai candidati forti di Anasf in Enasarco Alfonsino Mei (che della fondazione è anche componente del Cda) e Mario Castelli, infine al due volte presidente Anasf Carlo Bagnasco, uno dei padri nobili della professione di consulente finanziario. Una coalizione che conta tra i suoi 161 candidati consulenti finanziari di molte delle principali reti di consulenza finanziaria tra cui Azimut, Banca Mediolanum, Allianz Bank, FinecoBank, 64
gennaio 2020
I PROGRAMMI DELLE FORZE IN CAMPO SUI TEMI CALDI DEL FUTURO DELLA PROFESSIONE. IL VOTO ONLINE PARTE IL 13 GENNAIO PER CONCLUDERSI L’11 FEBBRAIO IW Bank, Bnl Life Banker, CheBanca!, Deutsche Bank Financial Advisors, Fideuram e si presenta con i favori del pronostico. Il grande avversario della lista 1 in realtà sono due: la lista 2 e la lista 3 che hanno dichiarato il loro apparentamento. La 2 (“Per i consulenti con Anasf – L’associazione al servizio della professione”) vanta 40 candidati in rappresentanza di otto reti di consulenti finanziari con capolista Giuliana Rapetta e rappresentati di lista del calibro di Felice Graziani e Mario Iacomino e la 3 (“Anasf riparte. Eticà, qualità, competenza”) con 93 candidati in prevalenza consulenti finanziari di Fideuram e Sanpaolo Invest (società che storicamente vantano il maggior numero di associati in Anasf) oltre a colleghi di CheBanca!, guidata dal capolista candidato presidente dell’alleanza Alma Foti, che è supportata da rappresentanti di lista dalla grande storia associativa come Elio Conti Nibali (due volte presidente Anasf e vice presidente di Ocf) e Gianfranco Giannini Guazzugli (già vice presidente di Anasf). Sullo sfondo due outsider che potrebbero anche giocare un ruolo importante: la lista 4 “#senonoraquando- Diamo valore al nostro futuro”, capitana da Jonathan Figoli, figlio d’arte, fondatore di ProfessioneFinanza, società specializzata nella formazione dei cf e la lista 5 “Professione e partecipazione”, che ha tra i candidati soprattutto cf di Banca Generali ed è guidata dal veterano Franco Ragone. La vera incognita di queste elezioni per il rinnovo degli organi associativi Anasf però non è tanto (o almeno non solo) costituita dalle forze in campo ma è semmai rappresentata dal voto elettronico, che andrà a sostituire per la prima volta il discusso sistema del voto postale che favoriva secondo molti osservatori il “voto di casacca”. Il segreto dell’urna elettronica potrebbe invece indirizzare il voto degli associati verso la persona indipendentemente dalla società di appartenenza. Quanto potrà incidere questa novità sul risultato finale? Poco più di un mese di pazienza e lo sapremo. E chi ama votare sulla base dei programmi nelle pagine seguenti può trovare nelle pagine che seguono un utile raffronto tra le proposte delle 5 liste sui temi più importanti per valorizzare insieme l’affascinante professione del consulente finanziario e il ruolo della loro associazione di categoria.
INVESTIRE SPECIALIST
REMUNERAZIONE/CONTRATT0
ENASARCO E OCF
LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte
LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte
Il riconoscimento della prestazione consulenziale, attraverso una commissione sostitutiva delle varie fee, legata al rischio di portafoglio condiviso con i clienti e quindi adeguata a Mifid, in un colpo solo risolverà stabilità di guadagno e conflitti d’interesse. Con il cambio di remunerazione il contratto d’agenzia va riformato.
In Enasarco Anasf deve perseguire 2 obiettivi: a) esercitare la massima tutela e controllo degli accantonamenti dei cf; b) valutare la fattibilità attuale e futura di una previdenza propria, sostitutiva di quella attuale. La nostra fiscalità necessita di un definitivo inquadramento: più confronto con legislatore e Agenzia delle Entrate.
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta
Atteso che il nuovo contratto di categoria “benchmark” non ha raggiunto gli obiettivi sperati, proporremo che Anasf istituisca una “officina contrattuale”, un servizio attivo e continuo che metta a confronto i vari modelli e e contratti e, stabiliti gli standard quanti-qualitativi, rilasci un “marchio di approvazione”.
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti Il nostro modello va salvaguardato, non abbiamo bisogno di modalità alternative che mettano in discussione il sistema delle reponsabilità, come la proposta della persona giuridica. Poniamo la giusta attenzione alla retribuzione, che va adeguata all’attività, anche avviando confronti per migliorare la partecipazione agli utili delle aziende.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli La nostra lista punta alla tutela dei nostri ritorni economici (a cui ri nunciamo anche, ma solo se ciò va a favore dei nostri clienti e non di altri soggetti) vista la nostra dedizione e operatività per 12 ore al giorno, spesso anche sette giorni su sette. In primo piano la gestione del rapporto con le mandanti e la tutela della nostra professione.
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone Per equità e per il contributo prestato, un terzo del costo totale pagato dal cliente per il servizio di consulenza e investimento deve andare a remunerare l’opera del consulente. I cf devono passare alla consulenza olistica o totale e per fare ciò sceglieranno e coordineranno altri professionisti come avvocati, notai e agenti immobiliari.
Appare necessaria una maggiore determinazione nel coordinamento dei rappresentanti Anasf sia nelle partecipate sia nelle controllate, che negli enti e nelle istituzioni. Bisogna creare meccanismi a tutela degli obiettivi associativi e professionali, sia attraverso processi selettivi sia con processi di incompatibilità e revoca.
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti Per 30 anni Anasf è cresciuta con un’unica certezza: “Fuori da Enasarco, costruiamo una previdenza di categoria!”. Nel tempo abbiamo invece partecipato alla vita della fondazione con ruoli di rilievo. Non abbiamo però ancora risposte sul tema dei silenti. Riteniamo importanti le elezioni in Enasarco per diventare determinanti.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli Sì al presidio dei tavoli di lavoro istituzionali come Ocf ed Enasarco ma con la convinzione che questi siano il mezzo per raggiungere i nostri obiettivi e non il fine per “chiudere in bellezza” la carriera professionale. Dunque puntare per questi ruoli sulle persone più motivate alla tutela della nostra categoria.
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone Dobbiamo rafforzare la presenza in Enasarco per le prossime elezioni così da migliorarne la gestione. Ma Enasarco non basta: serve una vera previdenza complementare dei cf. Più garantismo in Ocf: tempi rapidi di istruttoria per evitare la morte civile di chi risultasse poi senza colpa; evitare che errori minori determinino sanzioni gravi.
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GOVERNANCE & TERRITORIO LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte Deve aumentare la capacità di Anasf di rappresentare la categoria in maniera sempre più autorevole: andrà finalmente realizzata una vera e propria Scuola di formazione, costante nel tempo nel suo aggiornamento, per formare i dirigenti di oggi e costruire quelli di domani. Le risorse umane di sede vanno tutelate e motivate.
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta Ci impegnamo a proporre una mozione congressuale che dia nuove funzioni e più autonomie ai Comitati territoriali anche per la realizzazione di progetti locali e per favorire il naturale accesso a un nuovo Consiglio nazionale per i coordinatori, facendo tutto quanto necessario per rinsaldare il vitale collegamento con il territorio.
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti L’elezione del presidente Anasf dovrà scaturire dal consenso espresso da tutti i delegati al Congresso, così da liberare la massima carica associativa da possibili condizionamenti. Vanno vietati i doppi incarichi con rigide regole di incompatibilità: per esempio le cariche apicali in Enasarco, Ocf e Efpa con quella di consigliere nazionale.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli Va inserito all’interno del codice etico di Anasf, l’impegno da parte degli associati di non andare a effettuare attività di retention sui colleghi che dovessero cambiare intermediario (tema questo che inevitabilmente porta al confronto sulla questione annosa della titolarità dei rapporti).
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone Va conferito uno spazio più ampio e costruttivo al territorio (Comitati territoriali). Il Consiglio nazionale è l’organo rappresentativo della categoria tra un Congresso e l’altro: è opportuno quindi che tutte le regioni siano rappresentate. Al termine del Congresso se un territorio non è rappresentato, il coordinatore parteciperà come invitato.
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RICAMBIO GENERAZIONALE LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte La norma sul praticantato prevede la figura del supervisore (tutor), spogliata da Consob dei suoi contenuti commerciali e resa ruolo di effettiva responsabilità sul praticante. Predisporremo un percorso formativo per i tutor e studieremo, attraverso il dialogo con le reti, una proposta per aiutare i giovani in fase di avviamento.
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta Continuare a valorizzare il rapporto con le Università sia attraverso percorsi formativi istituiti sia proponendone di nuovi per rendere attrattiva la professione verso i giovani. Anasf, con sponsor privati e pubblici, dovrà favorire l’istituzione di “Borse di lavoro” che sostengano fattivamente l’accesso dei giovani cf.
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti Rispetto a questo tema ci favorisce in questo momento l’apertura del Mef al praticantato per i consulenti finanziari autonomi. Riteniamo fondamentale accelerare le iniziative politiche e i confronti su questo versante. Importante e vitale sarà il coinvolgimento dei giovani nella professione e nell’associazionismo per il futuro di Anasf.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli Attenzione al passaggio generazionale dei portafogli sia lato cliente che lato professionista associato. Secondo Cerulli e Associates oltre un terzo dei consulenti finanziari andrà in pensione nei prossimi 10 anni. Diventa quindi necessario aumentare gli sforzi per avvicinare nuovi consulenti alla professione.
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone Pensare a team di consulenti, realizzati in accordo con le società mandanti, in cui alcuni cf decidono liberamente di mettere insieme competenze o attitudini diverse e che, cooptando e selezionando giovani leve, preparano e gestiscono il ricambio generazionale di cui la categoria ha crescente bisogno. No alle società tra cf.
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FORMAZIONE & MARKETING LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte Gli eventi già realizzati sul territorio (Anasf Day, Tutela Day, seminari) verranno rivisti nei format affiancati da un catalogo di marketing esperienziale. Per ConsulenTia si prevede una evoluzione 2.0 con una mission meglio definita e proiettata sul futuro della professione. Spinta ai Careers Day e allo sviluppo della formazione universitaria.
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta L’Anasf deve porsi come obiettivo l’istituzione di standard comuni a tutta l’industria per l’adempimento degli obblighi formativi, proponendo percorsi di aggiornamento che evitino ripetizioni di temi. ConsulenTia va cambiata, il format è desueto, gli argomenti non sempre centrati e troppo legati al business.
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti Ai risparmiatori offriamo la qualità della nostra formazione, ulteriormente rafforzata per i colleghi che hanno acquisito la certificazione Efpa. Negli ultimi periodi questo brand non appare sufficientemente attrattivo e poco si sta facendo per valorizzare il ruolo dei certificati. Efpa dovrà tornare a essere il nostro fiore all’occhiello.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli Creare momenti di incontro periodici sul territorio con avvocati, commercialisti e notai con l’obiettivio di sviluppare sinergie. Va organizzato un grande evento rivolto alla clientela finale aprendo ConsulenTia o creando un nuovo evento rivolto a risparmiatori e investitori in cui siano i cf associati ad avere visibilità sul palco.
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone La nostra è un’attività che comporta responsabilità sia in termini sostanziali che formali: questa realtà espone la categoria a rischi professionali crescenti. Da anni Anasf tutela i soci con una polizza professionale gratuita per le spese legali, integrabile a pagamento. Siamo per estendere ulteriormente questa tutela.
EDUCAZIONE FINANZIARIA LISTA 1 - INSIEME PER CRESCERE Capolista Luigi Conte Il marketing associativo valuterà la fattibilità del progetto “Alta visibilità”, che prevede la realizzazione di una fiction televisiva che racconti i vari momenti della nostra attività, in chiave mediatica e moderna. La familiarità che si creerà sarà veicolo per l’educazione finanziaria e migliore accettazione del ruolo professionale.
LISTA 2 - CONSULENTI CON ANASF Capolista Giuliana Rapetta I progetti di educazione finanziaria, e i formatori impegnati, dovranno essere valorizzati anche attraverso una revisione organizzativa, per esempio valutando la costituzione di specifiche Aps (Associazioni di promozione sociale) da registrare al Runt (Registro unico nazionale terzo settore).
LISTA 3 - ANASF RIPARTE Capolista Alma Foti Ci siamo mossi nel 2009 con Economic@ mente, un piano di educazione finanziaria nelle scuole secondarie di tutta Italia ed è ora di allargare la nostra presenza alle scuole primarie. Dobbiamo approfittare delle iniziative legate al progetto “PianificaLAmente” per approfondire i temi della finanza sostenibile.
LISTA 4 - DIAMO VALORE AL NS. FUTURO - Capolista Jonathan Figoli Occorre proporre incontri di educazione finanziaria non solo rivolti alle scuole ma alla cittadinanza attiva dove sia il consulente associato il vero protagonista e in cui sia la direzione dell’associazione la prima a prodigarsi per la loro realizzazione. Attività che ci aiuterebbe nel riconoscimento del nostro ruolo consulenziale.
LISTA 5 - PROFESSIONE E PARTECIP. Capolista Franco Ragone Non va solo strutturato un programma formativo più adeguato (con riferimento al sistema Efpa e ai seminari di aggiornamento professionale), tra i temi che ci stanno molto a cuore sottolineiamo l’educazione finanziaria dei risparmiatori e il ruolo sociale del consulente finanziario.
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L’INTERVENTO
Vi spiego perchè i consulenti finanziari salveranno Enasarco di Alfonsino Mei *
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er l’intera categoria dei consulenti finanziari, il 2019 è stato un anno straordinario. E non solo per l’attività associativa, tecnico-professionale e culturale, svolta nelle sedi appropriate, ma anche (e per certi versi soprattutto) per la compattezza e la lucidità con cui la nostra categoria ha saputo aggregarsi e scendere in campo su uno dei fronti più importanti per il suo futuro e per l’interesse comune di chi fa il nostro mestiere: la previdenza. Per la prima volta abbiamo saputo esprimere un pensiero a lungo termine sulla Cassa previdenziale privata di cui siamo tutti contribuenti: l’Enasarco. Una lungimiranza che non interessa solo la nostra categoria, ma tutti i contribuenti di quest’ente che, inconsapevoli dei rischi nascosti dietro una gestione inadeguata (come quella a lungo protrattasi nel passato remoto e recente), tra non molto saranno chiamati a dare una svolta per consegnare Enasarco a una rappresentatività adeguata: quella di “Fare presto e fare bene”. La categoria dei consulenti finanziari ha svolto un ruolo cruciale in questo percorso di riscatto e rinascita, occupando, anche percentualmente, uno spazio maggiore rispetto alla sola categoria degli agenti e rappresentanti di commercio. Questo ha permesso di riunire attorno a un programma comune, basato sulla qualità, la sostenibilità e la trasparenza, partner fondamentali come Federagenti, Fiarc e Confesercenti, che hanno dato vita alla lista “Fare presto e fare bene”. La compattezza costruita sul programma è stata espressa sistematicamente negli organi collegiali della Cassa, in ultimo nell’Assemblea dei delegati Enasarco che si è svolta lo scorso 19 dicembre e che ha approvato a maggioranza 68
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«SIAMO IL SOGGETTO CHE TRATTA OGNI GIORNO CON LE FAMIGLIE ITALIANE IL TEMA DEL RISPARMIO STRATEGICO. CHI PENSA ALL’ALTRUI BENESSERE PUÒ OCCUPARSI ANCHE DEL PROPRIO E BENE» il budget preventivo 2020 e il consuntivo preliminare 2019, ricevendo il voto contrario di 21 delegati su 58: il nostro voto contrario! Noi rappresentanti della lista unitaria “Fare presto e fare bene” abbiamo infatti votato compatti contro un sistema che, a dispetto delle apparenti divergenze e di una opaca visione del futuro, si è guarda caso cementato in una votazione gattopardesca, all’insegna del “tutto deve cambiare, affinché tutto resti tale e quale”. Ma c’è di peggio: nelle ultime settimane, per le elezioni Enasarco della prossima primavera è scesa in campo, tra le altre, una piccola lista denominata “Consulenti finanziari uniti in Enasarco”, che di rappresentatività con il mondo dei consulenti finanziari ha poco, se non niente. È infatti capeggiata da alcuni esponenti della Cisl Fisascat, ma su 40 candidati ne schiera solo 4 che di mestiere fanno i consulenti finanziari, dei quali, per giunta, solo 2 iscritti all’Anasf: è evidente si trat-
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ti di una lista ‘civetta’; gli altri 36 sono agenti rappresentanti di tutt’altre attività e competenze. Si tratta di un maldestro tentativo di intorbidire le acque, che farebbe preoccupare, se non facesse sorridere come invece è evidente a chiunque. Perché, a differenza degli altri, il punto cardine alla base la nostra lista, “Fare presto e fare bene”, sono proprio le competenze! Quella del consulente finanziario è oggi una figura professionale chiave nell’industria del risparmio: è il soggetto che tratta quotidianamente con il grande pubblico – le famiglie italiane – i temi del risparmio strategico; è la persona che permette a tanti, se non a tutti, di avere una casa di proprietà, di far studiare degnamente i figli, di concedersi una vecchiaia serena. E’ un soggetto, in poche parole, responsabile del benessere altrui. Come non renderlo responsabile anche del proprio benessere futuro? Se a bordo di un treno un passeggero si sentisse male, il capotreno chiederebbe l’intervento di un medico o di un falegname? E se il sistema previdenziale italiano (come altri nel mondo) rischia il collasso, a chi è consigliabile affidare la cura delle Casse private ancora sane (nonostante la “mala gestio” che è stata fatta nel caso dell’Enasarco), se non alla categoria che ha le competenze per presidiare una gestione sana, per di più insieme a quelle altre importanti categorie che, compattandosi, hanno costituito uno straordinario fronte d’azione? C’è bisogno di “Fare presto e fare bene”. Inizia a essere tempo di dettagliare – nell’ambito di un programma che abbiamo presentato a suo tempo – quali devono essere, a nostro avviso, le primissime mosse della futura gestione Enasarco se, come crediamo, verrà affidata alla nostra lista, “Fare presto e fare bene”. Innanzitutto le indispensabili modifiche statutarie e il cambio – nel segno della riqualificazione tecnico-professionale del ruolo – del regolamento Finanza. Personalmente ritengo prioritario risolvere il problema dei contribuenti silenti, quei tanti colleghi che, entrati nella professione non più in giovane età, non potranno mai raggiungere l’attuale requisito minimo necessario per percepire una pensione: i vent’anni di contributi. E’ una misura indegna, che noi crediamo (e m’impegno personalmente a sostenerlo) vada riscritta, abbassando la soglia a 5 anni, naturalmente unendo questa riduzione al metodo di calcolo contributivo per determinare le future prestazioni pensionistiche. Vogliamo abbattere la soglia degli iscritti silenti confrontandoci con il governo e le istituzioni sulla stabilità dell’Ente, che non va perseguita certo negando diritti elementari ai suoi iscritti ma allargando la base contributiva e ottimizzando i risultati gestionali, mobiliari e immobiliari. Vogliamo anche lanciare un grande Progetto Giovani, che spinga ad entrare nella nostra professione, anche attraverso una massiccia defiscalizzazione dei contributi: dobbiamo ricercare tutte le modalità possibili per aiutare le categoria degli agenti e rappresentanti a lavorare al meglio e progettare una vecchiaia serena. Per questo, gli organi direttivi e di rappresentanza di Federagenti, Fiarc e Anasf per tutto l’ultimo anno si sono confrontati sulla situazione odierna e sulle prospettive degli agenti di commercio e dei consulenti finanziari: per individuare le migliori tutele in ambito sindacale, fiscale e previdenziale per la categoria. La posizione condivisa e unitaria che abbiamo definito su alcuni punti centrali (al di là di una diversa contrattazione collettiva) può contribuire a risolvere problemi
«SE A BORDO DI UN TRENO UN PASSEGGERO SI SENTE MALE, IL CAPOTRENO CHIEDE L’INTERVENTO DI UN MEDICO O DI UN FALEGNAME? COSÌ BISOGNA FARE NELLE CASSE PRIVATE» gravi, quali il corretto inquadramento normativo del lavoratore, le modifiche di zona, il cosiddetto “mono-mandato” di fatto, piuttosto che l’aggressione da parte del commercio elettronico. Per quanto riguarda, in particolare, la previdenza lo scenario economico di breve e medio periodo (segnato da stagnazione, alternata a fasi recessive) produce e insieme subisce, il reiterarsi di effetti depressivi sui tipici asset strutturali di Enasarco. Creare con trasparenza e da subito una dettagliata e dinamica analisi sui saldi dei fondi, sulla gestione patrimoniale e finanziaria, sulla governance, non vuol dire creare allarmismi fumosi o strumentali, ma certifica il senso di responsabilità di chi pensa che proseguire con la “politica del quotidiano” possa determinare un contesto di criticità strutturale, che può rischiare anche di essere irreversibile, per la fondazione. Un compito complesso e, sostanzialmente, articolato su due fattori: a) La coscienza di agire, a fronte di un outlook macroeconomico privo di effetti espansivi, entro una ormai conclamata tendenza demografica dei contribuenti in costante e progressiva flessione dello stock. b) La necessità di dover “riposizionare” gli asset della Fondazione, rivedendone principi fondanti che mai sono mutati nel tempo, in primis il Fondo assistenza o l’approccio metodologico alla gestione finanziaria. In considerazione di tutto questo e di tanto altro, alle prossime elezioni Enasarco la nostra sarà una battaglia di civiltà. Una di quelle battaglie che non si possono perdere, una battaglia che “Fare presto e fare bene” ha tutta l’intenzione di vincere. * Addetto ai rapporti istituzionali di Iw Bank, consulente finanziario Anasf di lungo corso, tra i principali promotori della lista “Fare presto e fare bene”
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INVESTIMENTI ILLIQUIDI
Banca Generali punta sugli Eltif di Marco Muffato
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a nuova frontiera della caccia al rendimento nel mondo delle reti è sempre più rappresentata dagli strumenti illiquidi. Nel 2020 la gamma di importanti operatori si arricchirà di nuovi strumenti d’investimento tra cui l’Eltif. Pionieri in questa direzione dell’offerta saranno i consulenti finanziari di Banca Generali. «A novembre i depositi dei conti correnti sono scesi e questa è una buona notizia per chi come noi opera nel risparmio gestito e per gli stessi investitori privati che iniziano a pensare ad allocazioni diverse e più proficue del loro risparmio. Soprattutto in Italia, dove la paura del rischio spinge a tenere molta liquidità nei conti correnti, il dovere di ogni operatore è di impegnarsi per guadagnare la fiducia dei clienti, in modo da guidarli verso investimenti profittevoli. In questo compito siamo anche aiutati dalle circostanze: si inizia a parlare di tassi negativi sui conti correnti oppure di variazioni significative di costi che incrementano le spese di conto corrente. Il cliente mai come oggi ha bisogno di essere guidato con mano ferma e sicura per uscire senza danni dalla trappola dell’eccesso di liquidità parcheggiata in banca». Ha le idee molto chiare Marco Bernardi (nella foto), vice direttore generale di Banca Generali, sulla direzione che devono prendere le masse di liquidità degli italiani, affinché non perdano di valore. Come spiega a Investire. Bernardi, qual è la sua ricetta per uscire dalla trappola dell’eccesso di liquidità nei conti correnti? Dove vanno indirizzati i risparmiatori in questa fase di grande complessità nel settore degli investimenti finanziari? Non solo il nostro settore ma anche i nostri clienti hanno l’urgenza di riallocare la liquidità altrove e in modo profittevole. 70
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NEL 2020 LA RETE DEI CONSULENTI FINANZIARI DEL LEONE ALATO AMPLIERÀ L’OFFERTA SUGLI STRUMENTI ILLIQUIDI. IL VICE D.G. MARCO BERNARDI ANTICIPA LE NOVITÀ A INVESTIRE Questa esigenza è avvertita in particolare dalla fascia clientela upper aflfuent e private che sta appunto iniziando a guardare con interesse al mercato dell’illiquido.
È una nuova expertise per voi… In realtà sull’illiquido siamo attivi già dal 2014 sia con cartolarizzazioni, sia con soluzioni di venture capital e di fondi illiquidi, sia con la nostra Sicav lussemburghese di alternative investments BG Alternative Sicav. Inoltre disponiamo di una gestione patrimoniale denominata BG Next che mette in campo una diversificazione di strategie sull’illiquido. Complessivamente in tutte le soluzioni citate abbiamo allocati 1,5 miliardi di euro di asset soprattutto proveniente da clientela professionale. Sono soluzioni dal taglio minimo elevato, dai 100mila ai 500mila euro, a seconda dello strumento e ideati soprattutto per una professionale, sia istituzionale che persone fisiche, ma alcuni strumenti sono idonei anche per la clientela
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CONSENTONO UNA DIVERSIFICAZIONE DI SOLUZIONI, TRA PRIVATE EQUITY E PRIVATE DEBT, CON L’OBIETTIVO DI CONTENERE IL GRADO DI RISCHIO retail. Noi stiamo lavorando per partire il prossimo anno, nel primo trimestre, con nuove soluzioni illiquide attraverso l’Eltif.
Perché puntate sugli Eltif? L’Eltif consente una diversificazione di strumenti, tra i quali private debt e private equity, così da contenere il grado di rischio. Non ci nascondiamo, il private equity da solo è troppo rischioso per la clientela privata, è troppo concentrato. A nostro avviso il 70-80% sottostanti dovrebbe essere di debito e il 20-30% in equity, con una percentuale significativa di pmi italiane non quotate. Tutto ciò con due obiettivi: il primo di dare al cliente uno strumento di medio e lungo termine che dia un premio di rendimento collegato alla liquidabilità e i vantaggi fiscali previsti dalla normativa. Il secondo obiettivo è di investire nell’economia reale del nostro Paese cercando una nuova frontiere per finanziare il ricco tessuto imprenditoriale delle pmi, che sono il cuore del sistema Italia e che il sistema bancario tradizionale per varie ragioni non riesce più a finanziare. Che spazio riserverete al private debt? Uno spazio importante con la consapevolezza che investire in private debt è cosa assai diversa dall’investire in bond governativi, perché non presenta le stesse garanzie di un prodotto tradizionale. Anzi, essendo un prodotto di medio e lungo e termine ha probabilmente una percentuale maggiore di rischio rispetto a un asset tradizionale di breve termine, con un vantaggio importante però: è più efficiente con un miglior rapporto rischio rendimento nel lungo termine. Quale soglia d’ingresso è prevista per i vostri clienti? Sui 25mila euro di soglia d’ingresso per i clienti retail. Ma abbiamo previsto nella nostra gamma un Fia con una quota di private equity più elevata che prevede investimenti in start up internazionali, di Israele e Usa in prevalenza, e che avrà 100mila euro di soglia d’ingresso. È uno strumento destinato solo a una clientela professionale.
La ricerca di rendimento attraverso nuovi strumenti, quali altre strade sta prendendo in Banca Generali? Un’altra frontiera della ricerca di rendimento in alternativa alla liquidità sul conto corrente, è rappresentato da alcuni strumenti che abbiamo lanciato lo scorso anno. Si tratta dei comparti all’interno della Sicav Lux Im, fondi che non prevedono il tradizionale gestore finanziario bensì sono realizzati in partnership con specifici operatori industriali di vari settori. Mi riferisco in particolare a un fondo sulla blockchain e sull’innovazione, con l’advisory di Reply che è una società di consulenza specializzata nel settore tecnologico. Oppure a un fondo health care dove l’advisory è curata da un comitato scientifico composto da medici e ricercatori di prestigiose istituzioni italiane,
Nella foto sopra la Torre Hadid, sede del gruppo Generali
come Humanitas, e americane. Penso anche a un fondo sul life style made in Italy realizzato in partnership con Mip (Milano Investment Partner, n.d.r.) che è una società di private equity specializzata in questo comparto dell’eccellenza italiana. Tutti gli esempi citati sono fondi tematici il cui stock picking non viene realizzato dal classico gestore ma sono invece gestiti da aziende che fanno consulenza, ricerca e sviluppo su tematiche specifiche. Queste soluzioni tematiche possono coprire una quota d’investimento anche importante sul medio e lungo termine e per i clienti che intendano entrare gradualmente in questa tipologia di prodotti consigliamo la modalità del piano d’accumulo, anche per importi rilevanti e con piani flessibili che all’interno del nostro contenitore Lux Im possiamo gestire con la più ampia flessibilità. gennaio 2020
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HIGH-TECH
Il mito degli unicorni si è incrinato ed è colpa dei venture capitalist di Gian Marco Litrico
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coppia o non scoppia? È già esplosa o si sgonfia piano piano? È davvero una nuova bolla high-tech quella che l’economia mondiale sta osservando, con il fiato sospeso, da almeno un triennio? Perché centinaia di aziende che non hanno ancora guadagnato un dollaro vengono valutate dai venture capitalist più di aziende quotate e che fanno profitti? Unicorni, li aveva soprannominati la venture capitalist Aileen Lee nel 2013, startup che hanno raggiunto e superato il traguardo del miliardo di dollari di valore. Erano 87 nel 2015, sono 533 nel 2019 (fonte Unicorn Leaderboard di TechCrunch), con un controvalore stimato di 1900 miliardi. Hanno attratto 393 miliardi di dollari di investimenti, poco più della metà del bilancio del Pentagono o l’equivalente di 7 anni della spesa annuale per gli animali domestici negli Stati Uniti. Di certo un pezzo dell’economia, quello delle 400 mila start-up che nascono in America ogni anno, che conta tanto anche per Main Street, visto che ci lavora il 15% della workforce, ovvero 27 milioni di americani. Ma torniamo alla bolla: nel maggio dell’anno scorso, un pezzo da novanta della comunicazione finanziaria mondiale come la Cnbc, peraltro accusata in passato di amplificare Orsi e Tori per il semplice fatto di esistere, faceva il verso al Frank Sinatra di “My way”: “The end is near”. Il New York Times, a sua volta, dedicandogli un ritratto al vetriolo qualche settimana fa, ha individuato in Adam Neumann, l’ex ceo di WeWork, una delle aziende-simbolo della carica degli unicorni a Wall Street negli ultimi 5 anni, l’uomo che ha fatto scoppiare la nuova bolla Internet. Il mappamondo dell’innovazione fa vedere soprattutto startup battenti bandiera cinese, americana e indiana, ma anche Paesi che non t’aspetti, come l’Indonesia, il Brasile o la Colombia. La 72
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PERCHÈ CENTINAIA DI AZIENDE CHE NON HANNO ANCORA GUADAGNATO UN DOLLARO VENGONO VALUTATE DAL VENTURE CAPITAL PIÙ DI AZIENDE QUOTATE E CHE FANNO PROFITTI? LA RAGIONE È...
Nella foto a destra Adam Neumann di We Work, azienda simobolo degli unicorni. Nella pagina seguente, nella foto in alto l’economista svedese Adam Arvidsson. Nella foto in basso il bike sharing di Uber. Nella foto a pagina 74 Bill Gates
maggior parte di quelli americani sono di casa nella Bay Area e nella costa orientale, in zone dove prevale il voto democratico, ma anche dove la forbice del divario di reddito si sta allargando. La totalità di quelli cinesi, beh, sono nati e cresciuti dove la democrazia non è evidentemente necessaria come fattore di innovazione, ma questa è un’altra storia. La metà degli unicorni è intorno al miliardo di valutazione, l’età media, quantomeno in America, resta bassa: il 39% ha meno di un anno, il 31% tra uno e tre anni e il 30% tra 4 e 7 anni. A scorrere i nomi ci si immerge in una sorta di psichedelica fiera delle vanità, dove la mission più gettonata, ovviamente, è quella di cambiare il mondo . Vorresti aprire tutte le scatole per scoprire il mistero che si cela dietro a Credit karma o Zume pizza. O a nomi che sanno di bluff, come BenevolentAI o Improbable 2 billion (entrambe inglesi). Nomi che raccontano dei sogni e degli stratagemmi della Millennial Generation alle prese con un potere d’acquisto inferiore rispetto a quello dei Baby Boomers. Che fa di necessità virtù e reinventa la casa, le vacanze o l’automobile come pezzi della sharing economy, attraverso Airbnb, BlaBlaCar o Grab. Generazione che vuole, quasi a qualsiasi costo, la liberazione del tempo da tutte quelle incombenze che affliggono la vita quoti-
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diana. Come il cucinare o il fare la spesa (Nextdoor, Deliveroo, Doordash). Che cerca febbrilmente lo “smoking deal”, l’affarone trovato online (come offre Wish, 11,2 miliardi di valutazione, che usa i big data per personalizzare la navigazione sulla sua piattaforma di ecommerce). La maggior parte degli unicorni ha però una matrice intrinsecamente high-tech, a partire dalla categoria più numerosa, che è quella della Fintech (12% del totale) e di cui fanno parte Stripe, la regina (22 miliardi di valore), che fornisce soluzioni high-tech per i pagamenti, e Atom Bank, una banca che esiste solo su smartphone. C’è poi l’universo scintillante dell’Intelligenza Artificiale, della robotica, della realtà aumentata e della cybersecurity, dai Big Data alla Face Recognition e al Machine Learning. Nella categoria da 5 a 75 miliardi, la lotta è ristretta ad americani (Uipath, Argo, Automation Anywhere, Magic Leap e Tanium) e cinesi (oltre a Bytedance, che possiede TikTok e Toutiao e vale 75 miliardi, anche Sense Time, Face++, Cloudwalk e Horizon Robotics). Tutte realtà le cui valutazioni dovranno misurarsi con un meccanismo spietato come la selezione naturale. Anche l’Edtech, la disintermediazione dell’educazione, ha le sue punte di diamante, dallo studio delle lingue (Vipkid) ai programmi di insegnamento efficace (Byju). Alla categoria “pale e picconi” appartengono gli unicorni che non sono sotto i riflettori, ma forniscono le piattaforme e i servizi che fanno girare Internet, come Palantir Technologies. La parola Health assimila Samumed, da San Diego, che studia nuovi farmaci per la medicina rigenerativa, e la cinese We Doctor, che vale 5 miliardi ed è un’app che serve a connettere medici e pazienti. Indigo Agriculture, a Boston, è diventata un unicorno ingegnerizzando microbi che aumentano la resistenza dei raccolti ai parassiti, incrementando del 10% la produzione. Non mancano gli unicorni con missioni “alte” come il ritorno nello spazio (SpaceX), o la sostenibilità (Impossible Food) o quelli manifatturieri, come Juul Labs che è sul mercato con i suoi vaporizzatori di nicotina così come DJI Innovations, che vende droni in 100 paesi, con applicazioni che vanno dalla cinematografia alla lotta agli incendi. Kuaishou, Epic Games, TangoMe, ma anche Quora, Reddit e Buzzfeed si trovano all’incrocio tra intrattenimento e informazione, in uno spazio affollato dai social media e dai videogames di nuova concezione, ridisegnando lo stereotipo del millennial nerd. La lista degli unicorni potrebbe continuare, ma quello che hanno in comune è la strategia evolutiva, con un nome in codice: Gbf. Get big fast. Diventa grande in fretta. Un meccanismo elementare: la startup cerca di espandersi rapidamente attraverso massicce iniezioni di denaro per immettere sul mercato un prodotto a prezzi di lancio, con l’effetto collaterale di estromettere dal mercato competitor di dimensioni più contenute. Per Adam Arvidsson, un economista svedese che ama l’Italia ma non i giri di parole, proprio qui c’è il problema, che è quello della “finanziarizzazione” dell’innovazione. Il venture capital ha perso l’orientamento e invece di promuovere lo sviluppo di piccoli business sostenibili, sceglie
le aziende in base alla loro capacità di crescere in valore rapidamente, e anche artificialmente. Un approccio “spray and pay” dove i pochi successi devono compensare i molti fallimenti. Senza dimenticare che l’effetto rete è molto più difficile da creare quando c’è concorrenza: quello che era facile per Amazon o Facebook, è molto più complicato per Uber o Lyft. Ma torniamo a We Work, l’unicorno azzoppato ai blocchi di partenza il 30 settembre scorso. Il “tipping point”, il momento in cui per molti - l’Arca di Noè degli unicorni si è rovesciata. Detto che il 2019 per le grandi Ipo degli ex-unicorni Lyft e Uber non era stato “bellissimo” (-40% rispetto al collocamento), We Work puntava a quotarsi a 47 miliardi di dollari, mentre per Goldman Sachs il traguardo post-Ipo era addirittura a 65 miliardi. Una ipervalutazione iniziata nel 2017, con l’entrata in scena di SoftBank, il venture fund giapponese da 100 miliardi supportato dall’Arabia Saudita. Nella leggenda i primi 5 miliardi dei 10 erogati complessivamente erano stati concessi dopo una chiacchierata di 10 minuti tra Neumann e Masayoshi Son, il ceo di Softbank, che il funambolico Adam Neumann chiamava, in privato, “Yoda”. Per mesi gli investitori privati hanno continuato a scommettere contro sè stessi gonfiando il valore dell’azienda. Il primo a non credere a quelle valutazioni era lo stesso Neumann che, per spiegare l’enorme credito di valore riconosciuto dal mercato alla sua creatura, aveva ammantato di una robusta patina di esoterismo new age un business vecchio come quello dell’affitto di spazio per il coworking. Il “greed”, l’avidità shakespeariana, ha giocato una parte cruciale nello psicodramma: Neumann ha speso milioni di dollari in case, aerei privati, sale riunioni a forma di chitarra in sedi faraoniche, mentre l’azienda realizzava 1,8 miliardi di fatturato a fronte di 1,6 miliardi di perdite nel 2018. Il punto è che gli investitori si sono risvegliati dal sogno a occhi aperti e hanno voltato le spalle a un’azienda che, oltre a basarsi su un business model evanescente, aveva messo in un bunker i suoi fondatori, moltiplicando per 20 i loro diritti di voto. Il finale di partita si è consumato con la cacciata di Neumann, uscito da We Work con 1,7 miliardi dollari, controvalore della sua quota pagata da Softbank per sostenere il valore dell’azienda, oltre che con una fee di 200 milioni in consulenze. Un disastro di grandiose proporzioni con poltrona in prima fila su un elemento cruciale nell’ecosistema degli unicorni: l’abbondanza, anzi l’eccesso, di capitali disponibili, grazie anche gennaio 2020
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PER L’ECONOMISTA ARVIDSSON IL MODELLO DELLA SILICON VALLEY È ENTRATO IN CRISI. I NUOVI ATTORI STANNO DANDO UN CONTRIBUTO MARGINALE ALLA TRASFORMAZIONE DEI CONSUMI ai bassi tassi di interesse del denaro. È questa abbondanza ad aver alterato le dinamiche tradizionali tra startup e investitori. Dove sono questi ultimi a competere per finanziare i primi e non viceversa. E per competere tra di loro, gli investitori privati si sono impegnati a pareggiare le perdite delle startup e hanno ammesso meccanismi di governance che, in passato, non sarebbero mai stati accettati. I troppi soldi hanno avuto anche un altro effetto indesiderato sugli unicorni: la defocalizzazione. Troppe aziende hanno pensato di aggredire nuove fasce di mercato senza aver consolidato quella di primo approdo. Prendete Uber, che ha perso 4,6 miliardi nel 2017 e 4 miliardi nel 2018, che non sta solo sviluppando un modello di trasporto privato, ma anche bike sharing, consegna di cibi da asporto e veicoli a guida autonoma. Per Bill Janeway, un venture capitalist di lungo corso, il fenomeno degli unicorni e la ragione di questa inconcepibile propensione al rischio dei venture capitalist si spiegano anche con un altro acronimo: Fomo, la Fear of missing out, ovvero la paura di perdersi qualcosa, di non partecipare alla festa: si rischia il tutto e per tutto per correre dietro a “dreams without cash flow”, sogni senza cassa. Per molti, ovviamente, la bolla degli unicorni è un deja vu che porta alla memoria “l’esuberanza irrazionale” che non faceva dormire il governatore della Fed, Alan Greenspan. Una nuova era, dove una dozzina di dotcom immature e sconosciute potevano pagare 2 milioni di dollari di qualcun altro per uno spot durante il Super Bowl. Bastava appiccicare l’etichetta .com o mettere la e. davanti al marchio e tutto valeva il doppio solo perché “era su Internet”. Molti investitori non facevano il compito a casa: non guardavano il rapporto prezzi/ricavi, non studiavano i trend di mercato, non passavano al setaccio i business plan. Si scommetteva sull’effetto rete, ma non come e se quella rete generasse ricavi. C’erano azioni sopravvalutate del 40%, come se le relative aziende avessero fatto crescere i loro ricavi dell’80% all’anno per 5 anni. Solo Microsoft riuscì a fare il 50% annuale. E quella esuberanza irrazionale costò qualcosa come 5 mila miliardi di dollari. Uno studio del National Bureau of Economic Research, condotta da Will Gornall, dell’UBC, e Ilya Strebulaev, di Stanford, sostiene che gli unicorni sono sopravvalutati ancora di più e fissa nel 50% questa percentuale di irrealtà. Altri, invece, mettono l’accento sulle differenze con la bolla del 2000. Gli unicorni vengono massacrati prima ancora di uscire dalle gabbie di partenza. Non è il popolo di tassisti e massaie che compra le azioni e rischia di bruciarsi. Sono gli investitori istituzionali che chiamano la falsa partenza, fermando la corsa quando non c’è un percorso credibile verso il profitto. Gli investitori a Wall Street insomma si sono fatti cauti e hanno cominciato a far di conto: 7 matricole su 10, tra quelle sopra i 5 miliardi di prezzo di collocamento, per esempio Uber, Slack, Lyft, hanno avuto ritorni negativi, mentre lo S&P è cresciuto del 26% dal 2017 a oggi, e del 20% nel 2019. Otto Unicorni su 10 finiscono in pasto a re74
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altà più grandi invece di prendere l’uscita pubblica verso l’Ipo, ma gli acquirenti più importanti di unicorni, ovvero le società quotate in Borsa, hanno cominciato a sposare una strategia “autarchica”: “Perché pagare 100 milioni di dollari una società che fa robo-advisor, quando posso svilupparli in casa per 5 milioni?,” si chiedeva, all’inizio dell’anno, Tom Nally, il ceo di TD Ameritrade. Le aziende vere, quelle che fanno software richiesti dal mercato, non se la passano male, anzi. Anche Amazon fa i due terzi del fatturato con le soluzioni aziendali per il web, rendendo periferico il business dell’e-commerce. Al contrario sono in difficoltà solo gli unicorni che hanno le zampe immerse nel fango della realtà fisica, dove vengono zavorrate dal costo del lavoro o da quello delle proprietà immobiliari, come è successo a Uber, Lyft e WeWork. Resta da comprendere il ruolo “storico” degli unicorni nel cammino dell’evoluzione tecnologica. Per il già citato Bill Janeway queste bolle sono utili perché accelerano il tasso di adozione di certe tecnologie trasformative, come è accaduto con la ferrovia o la radio. Per Adam Arvidsson, invece, è il modello della Silicon Valley ad essere entrato in crisi. Le innovazioni radicali, capaci di creare da sole il loro mercato, come ha fatto Facebook 15 anni fa, hanno lasciato il campo a forme di innovazione standardizzate, che danno un contributo marginale alle trasformazioni dei consumi, dei processi produttivi o sociali. Se le app servono a chiamare la pizzeria sotto casa, qual’è il punto?
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MONETA ELETTRONICA
Pagamenti digitali e PSD2: verso una cashless society
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CON L’ENTRATA IN VIGORE DELLA DIRETTIVA EUROPEA, IL PREPAGATO NON È PIÙ BANCOCENTRICO. ECCO I SERVIZI DI NUOVA CONCEZIONE, COME QUELLI OFFERTI DA EPIPOLI, GRUPPO FINTECH ITALIANO LEADER NELLE GIFT CARD E NEL COUPONING
d oggi il settore dei pagamenti digitali sta crescendo a livello internazionale. Quest’evoluzione, accelerata dalla recente direttiva europea PSD2, sta velocizzando la trasformazione verso una cashless society. Il boom si registra anche nel nostro Paese, sebbene a un tasso inferiore rispetto all’estero. L’Italia è infatti ancora in fondo alla classifica dei pagamenti digitali, con un tasso di utilizzo ben inferiore rispetto alla media europea. Il contante resta lo strumento più diffuso, impiegato oggi in circa 8 transazioni su 10. Se infatti nel nostro Paese le transazioni con moneta elettronica non vanno oltre il 26% del totale, in Europa il dato è pari al 45% (Bain & Company). I pagamenti con carta, però, sono destinati a crescere, contribuendo a colmare questo divario tra Italia ed Europa. Con l’introduzione della PSD2 il sistema del prepagato non è più bancocentrico e si sta aprendo GAETANO GIANNETTO la strada a nuove tipologie di operatori tra cui Epipoli, gruppo fintech italiano oggi leader nei sistemi prepagati, nelle gift card e nel couponing. L’azienda, fondata da Gaetano Giannetto, nel 2006 ha precorso i tempi: ha introdotto le Gift Card in Italia e nel 2012 ha lanciato in Europa continentale la prima carta prepagata Mastercard distribuita attraverso i punti vendita della grande distribuzione che oggi può essere utilizzata negli oltre 36 milioni di esercizi commerciali in Italia. Gift card: un mercato in crescita Negli Stati Uniti, l’economia legata alle Gift Card si stima valga circa 650 miliardi di dollari. Ogni americano in un anno acquista, utilizza o regala circa 15 gift card. In Italia il mercato vale circa 500 milioni di euro, ma ci si attende che nei prossimi 10 anni possa crescere fino a 20 miliardi. Con la PSD2 il fenomeno si accelera poiché anche i retailer, battendo la propria moneta di Insegna o distribuendo la moneta di marca di oltre 200 grandi Brand che vanno dalla “A di Amazon alla Z di Zalando” che partecipano, già, di fatto, al cosiddetto mercato light banking. La vera opportunità è data reciprocamente alle banche che devono trovare altre forme di vendita più contaminate. Si tratta di un’occasione che possono sfruttare al meglio proprio grazie alla vendita di Gift Card e carte prepagate. La disruption dei sistemi di pagamento crea nuove e più concrete forme di engagement in
grado di incrementare l’interazione con i consumatori e valorizzare l’afflusso in filiale e verso il sito internet puntando al bene più prezioso. Si, perché il filone aureo è costituito dal dato ovvero dalla conoscenza del cliente. Epipoli ha lanciato nel 2003 i primi programmi di advanced analytics in Italia lavorando sulle grandi mole di dati come ad esempio i data base delle carte fedeltà delle catene della distribuzione passando successivamente alle transazioni bancarie per atterrare oggi ai sistemi avanzati di Intelligenza Artificiale e Machine Learning.
L’alfabetizzazione del consumatore Il nuovo assetto del settore dei pagamenti digitali, così prospettato e creato dalla PSD2, offre quindi spazio a un approccio del tutto inedito al mondo del prepagato che porta con sé la necessità di alfabetizzare il consumatore. È importante che tutto il mondo del light banking si prenda cura dei propri consumatori, informandoli dei nuovi rischi collegati alle nuove modalità di pagamento. Va in questa direzione di informazione e tutela la campagna TV “Quando si parla di soldi, stai al passo coi tempi!” lanciata da Epipoli lo scorso maggio con lo scopo di far conoscere al pubblico la Epipoli prepagata Mastercard: uno strumento di pagamento al portatore, sicuro e usa e getta che consente di fare acquisti, anche senza conto corrente, online e nei negozi in tutto il circuito Mastercard. La carta, che si può acquistare alle casse dei supermercati e nei mediastore presso gli espositori MyGiftCard, ma anche online, sarà di nuovo protagonista di una campagna di comunicazione che è partita a novembre 2019. Il nuovo flight rientra nella strategia del gruppo, il primo in Europa a credere che in una società destinata a vivere senza contanti le carte prepagate siano un vero e proprio prodotto mass market e quindi come tali devono essere pubblicizzate e raccontate ai consumatori. gennaio 2020
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MONDO IL CASO TAIWAN
Al margine delle guerre commerciali c’è qualche Borsa che sorride di più di Mauro Del Corno
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n tanti piangono, qualcuno ride o almeno sorride. Le scaramucce commerciali tra Stati Uniti e Cina sono qui per restarci e, verosimilmente, per intensificarsi al di là di temporanee fasi di distensione. In gioco c’è infatti molto di più che il saldo di una bilancia commerciale, gli attriti tra Pechino e Washington sono le manifestazioni di superficie di uno scontro profondo per la leadership globale, destinato ad acuirsi via via più nei prossimi anni, si spera senza diventare cruento. Per ora la partita si gioca tra dazi e contro dazi, molti annunci, molti rinvii, molte fughe in avanti, molte frenate. Certo è che al di là dei danni reali, i guasti sull’umore iniziano a produrre i loro effetti negativi. Dalla scorsa estate il volume degli scambi globali ha iniziato a contrarsi rispetto agli stessi mesi del 2018 e sebbene le ultime rilevazioni abbiano evidenziato qualche segnale di stabilizzazione le prospettive non sono particolarmente incoraggianti. Dal 2017 il numero di barriere tariffarie a livello globale è più che raddoppiato (da 500 a quasi 1.300) e i tassi medi sulle importazioni statunitensi dalla Cina sono balzati dal 4% del 2018 al 19% dello scorso ottobre. Ad azione corrisponde reazione e la Cina ha contraccambiato soprattutto riducendo le importazioni dagli Usa e incrementando quelle da altri paesi. In sostanza i due giganti commerciano meno tra di loro ma di più con gli altri, sebbene lo spostamento non compensi del tutto i minori scambi. Così per esempio, come calcola Credit Suisse, le importazioni Usa dal Vietnam sono salite negli ultimi 5 anni di quasi il 50%, quelle da Taiwan dal 17% e quelle dal Messico del 10%. La Cina ha fatto volare le importazioni 76
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L’INDICE DI TAIPEI NEL 2019 È SALITO DI CIRCA IL 20%, MENTRE IL LISTINO MESSICANO SI È FERMATO AL 10. L’AZIONARIO VIETNAMITA NON HA BRILLATO MA GLI EFFETTI DEI DAZI ANTI-CINA HANNO GIOVATO ALL’ECONOMIA DEL PAESE
La sede della Taiwan Stock Exchange a Taipei
MONDO di soia dal Brasile (+30% dall’inizio degli scontri commerciali) per compensare il blocco alle produzioni Usa. Nel maggio 2018 il paese sudamericano ha sorpassato gli Stati Uniti come produzione di soia. Una dinamica che si fa sentire anche in Borsa. Negli ultimi due anni i titoli di SLC agricola, uno dei più importanti produttori brasiliani di soia, quotati alla borsa di San Paolo, hanno raddoppiato il loro valore. Si ferma a circa il 10% invece la borsa messicana dove l’effetto “sostituzione” proviene più dagli Stati Uniti che dalla Cina. Nel 2019 la Borsa di Taiwan ha guadagnato circa il 20%. Molti investitori e acquirenti stranieri hanno dirottato qui i loro ordini per schivare le tariffe statunitensi sui prodotti fabbricati in Cina. In modo particolare per quanto riguarda le alte tecnologie e i semiconduttori di cui la piccola Repubblica è importante produttore. Un sondaggio condotto dall’istituto per la ricerca economica Cier di Taiwan, ha evidenziato che il 15,7% degli intervistati nel settore manifatturiero che opera all’estero ha stanziato fondi a Taiwan o sta valutando la possibilità di farlo proprio a causa degli sviluppi della guerra sui dazi. Negli ultimi due anni, ossia da quando lo scontro Usa–Cina è entrato nel vivo, le azioni del gruppo Tsmc, leader locale nella produzione di microchip, hanno per esempio guadagnato quasi il 50%. Solo nell’ultimo anno il produttore di componentistica elettronica Abonmax ha incamerato un rialzo dell’80%, la concorrente Castle Technology il 110%, Global Lighting Technologies addirittura il 250%, giusto per citare alcuni dei casi più eclatanti. Più complesso stimare l’impatto dell’effetto al rovescio dei dazi sulle singole società vietnamite visto che la Borsa di Hanoi è piccola e meno strutturata (a breve dovrebbe nascere un unico Vietnam Stock Exchange per effetto della fusione della piazze di Hanoi e della più grande Ho Chi Minh City). Nel complesso l’indice non ha brillato e si avvia a chiudere l’anno sugli stessi valori con cui l’aveva iniziato. Ma gli effetti sul paese sono evidenti. Solo lo scorso settembre le esportazioni vietnamite sono cresciute del 21% rispetto all’anno prima e la banca giapponese Nomura stima che l’effetto di sostituzione o “trade diversion” con la Cina fornirà all’economia del Vietnam una spinta quantificabile in un 7% del Prodotto interno lordo. E’ opportuno ricordare che in questa fase i paesi emergenti beneficiano anche del contesto finanziario internazionale. I tassi bassi o negativo delle economie mature costringono chi è in cerca di profitti a spostarsi su altri mercati. Un “esodo” di capitali favorito anche dalle aspettative sulle politiche monetarie delle grandi banche centrali, Federal Reserve su tutti. Quando infatti la Fed alza gli interessi l’effetto sui paesi emergenti può essere dirompente. In sostanza immense quantità di denaro vengono letteralmente risucchiate verso gli Usa dove i rendimenti tornano a essere interessanti e la sicurezza dell’investimento maggiore. E’ successo molte volte in passato e molti dei paesi che hanno subito queste dinamiche sono corse ai ripari rafforzando le loro riserve in dollari e ponendo alcune restrizioni al cosiddetto “hot money”, capitali che si muovono velocemente per il mondo in cerca di rendimenti, provocano euforia quando arrivano e depressione quando se ne vanno. Soprattutto però rassicurano le attese sulle mosse della Fed nel 2020. È quanto mai improbabile che la banca centrale americana
Angelo Tantazzi, presidente Prometeia
alzi i tassi nel corso dei 12 mesi, è anzi verosimile che possa accadere l’esatto contrario. A maggior ragione in un anno che si concluderà con le elezioni presidenziali di novembre. In questi giorni la società di consulenza Prometeia ha diffuso i suoi aggiornamenti sulle prospettive economiche. Il rapporto contiene un’analisi approfondita degli effetti delle guerre commerciali e conferma come, sebbene nel lungo termine dazi e barriere siano nocive per le prospettive di crescita, nell’immediato producano effetti contrastanti. In particolare Prometeia ricorda come le tensioni Pechino-Washington abbiano favorito l’export dell’eurozona. I principali Paesi dell’area euro hanno registrato da inizio 2019 un incremento delle esportazioni. La dinamica in questo caso è però diversa rispetto a quella che ha interessato Brasile, Messico, Vietnam o Taiwan. L’incremento dell’export europeo non può infatti essere ricondotto principalmente a un effetto sostituzione. I prodotti made in Europe non hanno quindi sostituito i prodotti cinesi soggetti a più alti dazi. Sembra invece, spiega ancora Prometeia, che molti prodotti siano stati favoriti dal timore che in futuro i dazi Usa possano salire ancora. Solo alcune produzioni della meccanica e del settore automobilistico hanno beneficiato in misura rilevante di effetti di trade diversion: in questo contesto la specializzazione produttiva della manifattura ha favorito in particolare Germania e Italia. gennaio 2020
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IL CASO CIRCUITI ALTERNATIVI
Gli elefanti Popolare Bari e Bio-on nelle cristallerie degli MTFs di Giuseppe D’Orta
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ue casi di default, tra loro molto differenti, hanno nel corso del 2019 portato alla ribalta del grande pubblico i mercati alternativi rispetto a quelli tradizionali e consolidati: si tratta dei crack di Bioon e Banca Popolare di Bari. E’ bene chiarire sin dal principio che le società che gestiscono le piazze di negoziazione non hanno colpa alcuna, come vedremo avanti. Se una colpa hanno, è quella di non aver evitato la presenza di “un elefante nella loro cristalleria”. Ma ciò non toglie che un problema sia emerso, e grave. Tutto ha inizio con la deregulation dei mercati regolamentati prima e con la nascita di circuiti alternativi a questi poi. Sono infatti emersi i Sistemi Multilaterali di Negoziazione, (MTFs, Multilateral Trading Facilities, prima ATS - Alternative Trading Systems), spesso dedicati a una specifica tipologia di strumenti come quelli illiquidi oppure a quelli emessi da piccole aziende in fase di sviluppo. Essi non rientrano nella definizione di “mercato regolamentato” ai sensi della Direttiva Mifid: non sono pertanto assoggettati alla relativa disciplina, bensì sottoposti all’ impianto regolamentare definito dalle rispettive società di gestione. Ne esistono alcuni in cui possono accedere alle negoziazioni solo soggetti professionali, per esempio Mts, in cui avvengono scambi “all’ingrosso” di titoli di Stato, e dove quindi i partecipanti sono tutti “adulti e vaccinati”. I problemi sorgono quando c’è di mezzo il largo pubblico al dettaglio. È questo il caso della Popolare di Bari ma anche di tutte le analoghe realtà che per decenni hanno prosperato - e fatto prosperare - gli azionisti, col mec-
DUE CASI DI DEFAULT, PUR MOLTO DIFFERENTI TRA LORO, HANNO RIACCESO LE POLEMICHE SULL’AFFIDABILITÀ DEI MERCATI ALTERNATIVI RISPETTO A QUELLI TRADIZIONALI E CONSOLIDATI
Nella foto a destra Marco Astorri, presidente di Bio-on. Nella foto di pagina 80 Marco Jacobini, ex presidente della Banca Popolare di Bari e, in basso, un’immagine di un laboratorio Bio-on
canismo per cui ogni anno il Cda fissava il prezzo e le compravendite avvenivano incrociando le disposizioni di vendita e di acquisto della clientela. Quando le quantità in vendita eccedevano quelle in acquisto, il fondo azioni proprie della banca interveniva per soddisfarle. Le nuove regole Ue, precisamente gli articoli 77 e 78 del Regolamento Ue 575/2013 (cosiddetto ”CRR”) in vigore dal 2014, hanno invece imposto l’autorizzazione da parte della Banca d’Italia per ogni intervento del fondo (prima obbligatoria solo se gli impegni eccedevano il 5% del capitale) hanno peggiorato la preesistente situazione di difficoltà del fondo dovuta all’enorme divario tra quantità in vendita e in acquisto degli ultimi anni. gennaio 2020
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IL CASO
LE POPOLARI NON QUOTATE, DI FRONTE AL MALUMORE DEI SOCI CHE NON RIESCONO A VENDERE, HANNO CERCATO PIAZZE DI NEGOZIAZIONE COME L’HI-MTF DOVE NON FOSSE VISIBILE IL TRACOLLO DEI PREZZI La Direttiva Mifid 2 poi impone la negoziazione di strumenti finanziari solo per mezzo di sistemi di scambio tipizzati tra cui i “Sistemi multilaterali di negoziazione”. Già prima la Consob, con la Comunicazione 0092492 del 18 ottobre 2016, riteneva che l’accesso degli strumenti finanziari emessi da intermediari alla negoziazione su sedi multilaterali di negoziazione consentisse di realizzare più compiutamente l’obiettivo della tutela degli investitori. Gli amministratori delle banche popolari non quotate, già alle prese coi malumori dei soci impossibilitati a vendere, sono stati costretti a trovare una piazza di negoziazione dove non fosse immediatamente visibile il tracollo del prezzo, dovuto alla pressione delle vendite ma pure al fatto che i valori fissati non corrispondevano alla realtà. Esclusi in partenza il mercato “vero” azionario e anche l’oramai consolidato EuroTlx, anch’esso un Mtf ma con regole similari a un mercato regolamentato, la soluzione era a portata di mano: l’Hi-Mtf, un circuito ideato apposta per i titoli piccoli e illiquidi, con un regolamento che tende a limitare gli scostamenti di prezzo e che per le azioni consente un’unica asta settimanale. Una scelta furba, però, dato che sui titoli delle banche popolari si sono iniziati a vedere milioni di pezzi in vendita e quasi nessuno a comprare, con scambi (quando c’erano) per poche migliaia di euro. Una scelta che consente anche di far trascorrere moltissimo tempo per vedere un vero crollo del prezzo, data la lenta cadenza temporale di revisione delle bande di oscillazione e che ha perfino consentito alla Popolare di Bari di bloccare il prezzo, come vedremo. 80
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A partire dall’asta del 31 agosto 2018, il prezzo minimo di inserimento delle proposte sull’istituto è diventato di 2,38 euro. A differenza di ciò che avveniva fino ad allora, si sono registrati degli scambi per via della presenza in acquisto di alcune proposte di una certa consistenza. Una spiegazione esiste ed è nella soglia minima di negoziazione. Si tratta del controvalore di scambi da raggiungere al termine del periodo intermedio di osservazione, vale a dire il bimestre. ll mancato raggiungimento comporta l’ampliamento dei “Limiti di inserimento ordini” e di “Validazione asta”. In parole povere in caso di mancato raggiungimento a fine bimestre del controvalore previsto, la banda di oscillazione viene ancora più allargata e il prezzo dell’azione crolla ancora di più. Il controvalore di scambi stabilito per il bimestre era pari a 440.060,83 euro. Nelle prime due aste del bimestre, il 31 agosto e il 7 settembre, per via delle proposte di acquisto di cui si diceva, è stato raggiunto il controvalore complessivo di 457.973,88 euro. In questa maniera, si era potuta superare la soglia bimestrale di 440.060,83 euro e non solo il bimestre appena iniziato, ma anche il successivo avrebbero visto il prezzo delle azioni della Banca Popolare di Bari non poter andare sotto la già catastrofica quotazione attuale di 2,38 euro. La cosa era importante per gli amministratori della banca, perché a metà dicembre si sarebbe tenuta l’assemblea per la trasformazione in società per azioni (poi revocata). Già sarebbe stato enormemente difficile fronteggiare gli azionisti col prezzo a 2,38, figurarsi se fosse crollato ancor di più. Ed ecco che qualche “mano amica” è intervenuta a evitare una catastrofe ancora peggiore. A fine anno, oltre che il bimestre, terminava anche il “Periodo di controllo” di sei mesi che il regolamento prevede dopo la fine del primo anno di negoziazioni. Le azioni della Popolare di Bari non avrebbero raggiunto la soglia di liquidità in pezzi e controvalore di scambi. A quel punto il regolamento Hi-Mtf dispone che le contrattazioni proseguano nei successivi periodi intermedi con l’ultimo livello di “Limiti di inserimento ordini” sino al raggiungimento della “Soglia di riferimento”.
IL CASO
LE SOCIETÀ CHE GESTISCONO I CIRCUITI NON SONO RESPONSABILI MA LE AUTORITÀ AVREBBERO POTUTO E DOVUTO INTERVENIRE Insomma, il prezzo delle azioni all’HiMtf sarebbe rimasto fermo a 2,38 euro all’infinito, dato che non si sarebbe mai raggiunto il controvalore di scambi, fissato in ben 13.201.824,93 di euro, tale da modificare il prezzo di riferimento e di conseguenza il prezzo di inserimento. Il resto è storia di oggi. Uno dei tanti altri analoghi casi è quello di Banca Valsabbina, i cui soci rimpiangono i “bei tempi” dell’azione a 18 euro mentre oggi si vende - sempre se ci si riesce - a 4,38. Il presidente Renato Barbieri, intervistato da Il Corriere della Sera del 24 settembre 2016, riusciva a dire che “il prezzo è deciso dagli azionisti e mi rivolgo a loro: non vendete se non ne avete assoluta necessità. I soci che hanno bisogno di liquidità possono chiedere mutui all’1%. La banca è solida e ha numeri positivi. Siamo piccoli e autonomi, istituti come i nostri rompono le scatole e siamo sotto attacco speculativo, so che c’è la volontà di far scendere il prezzo”. Per la cronaca, in quel momento le azioni scambiavano a 5,74 euro. Si diceva che le società che gestiscono i circuiti non sono responsabili, ma potevano evitare la presenza di “un elefante nella loro cristalleria”, con i risultati per loro disastrosi in termini di immagine. L’ Autorità che avrebbe potuto intervenire è la Consob, i cui poteri consentono di disporre la quotazione
d’ufficio per gli strumenti di ampia diffusione, e la Popolare di Bari presenta oltre 69.000 azionisti. Due sono invece le autorità che sarebbero dovute intervenire nel caso Bio-on (la stessa Consob e Banca d’Italia), società bolognese operante nella produzione di plastiche biodegradabili e della nuova chimica verde, arrivata a capitalizzare 1,31 miliardi di euro prima di essere travolta da indagini giudiziarie che hanno appurato come quasi tutta l’attività produttiva dichiarata fosse fittizia (Bio-on è stata dichiarata fallita il 20 dicembre 2019). Un valore di mercato che l’avrebbe portata nell’indice principale di borsa, il Ftse Mib, se non fosse che Bio-on era negoziata all’Aim, (Alternative investment market), un “Sistema multilaterale di negoziazione” gestito da Borsa Italiana e dal 3 gennaio 2018 registrato ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del Tuf, come “Mercato di crescita per le Pmi”. I requisiti di ammissione sono ridotti ai minimi termini: flottante minimo del 10% da costituire tramite collocamento, niente prospetto informativo (salvo ricorrano i requisiti di applicazione) ma solo comunicazione di pre-ammissione e documento di ammissione. Inoltre: qualsiasi tipo di società può quotarsi e senza minimo di capitalizzazione (tranne le società di investimento che devono raccogliere un minimo di tre milioni entro l’ammissione alla negoziazione), La trasparenza post-ammissione, poi, non è paragonabile. Come fa un titolo divenuto una blue chip a rimanere confinato lì? Nessuno ha considerato che con una simile capitalizzazione, frutto di scambi sempre più intensi con conseguente forte aumento del numero di azionisti, la società doveva essere sottoposta al regime pieno di trasparenza? Ancora, il caso Bio-on solleva un altro interrogativo: quanti investitori sapevano che l’Aim non è un mercato regolamentato, specie nel vedere i titoli scambiare sotto il nome di Borsa Italiana? Non sarebbe opportuno separare anche dal punto di vista lessicale le diverse tipologie di mercato? A monte di tutto, sussiste la sempre crescente marginalità del mercato italiano in un sistema finanziario sempre più globalizzato. Bio-on era diventato un “titolone” superando il miliardo di capitalizzazione, ma si tratta di una cifra più che ordinaria in ambito internazionale. Ed ecco spiegati gli insuccessi di altri circuiti come l’ExtraMot e l’Equity MTF sempre di Borsa Italiana. Il primo è riservato a operatori professionali, ma la categoria è portata a snobbare le mini-emissioni domestiche per rivolgersi a piazze dove circolano scambi veri. gennaio 2020
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MALALINGUA Vittorio Borelli Giornalista di lungo corso, condirettore de Il Mondo, fondatore e direttore di East, già direttore delle relazioni esterne di Unicredito nella gestione Rondelli-Profumo
CHI NON C’HA MAI AZZECCATO, A PARTE GESÙ E CASSANDRA
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Natale le previsioni negative sono stonate almeno quanto i falsetti di Mario Giordano a Fuori dal coro. Soltanto gli analisti di Moody’s, da militanti del cinismo quali sono, potevano uscirsene il 24 dicembre con un report da far tremare il pianeta. Il Financial Times lo ha così autorevolmente sintetizzato:
1) Nei prossimi tre anni il Pil della Germania scenderà del 30%. Non per via dei dazi di Donald Trump, ma per la crescente influenza di Greta Thunberg sullo stile di vita tedesco: crolleranno i mercati della birra, delle salsicce e dei crauti in scatola; il conseguente dimagrimento della popolazione creerà grossi problemi all’industria dell’abbigliamento, da sempre orientata sulle taglie XXL (tranne che per i bambini, a cui basta la L); Daimler Benz, Vw e Bmw falliranno e Lufthansa finirà in amministrazione controllata perché tutti andranno a piedi, in bicicletta o in catamarano; Deutsche Bank venderà i suoi derivati al Lussemburgo e i suoi non performing loan alla Cina. 2) Fatto il pieno di crediti inesigibili, la Cina smetterà di comprare Ferrari dall’Italia, Chanel n.5 dalla Francia, kilt dalla Scozia e Jack Daniel’s dagli Stati Uniti. La nuova sobrietà comunista spingerà Pechino a investire sulla ricerca spaziale per colonizzare la Via Lattea, ma questa enorme distrazione di risorse finirà per far esplodere la contraddizione tra città e campagna profetizzata da Mao Ze Dong e per giustificare una nuova Lunga Marcia dagli esiti imprevedibili. 3) L’instabilità politica cinese rilancerà l’espansionismo della Russia. Cavalcando la crisi del diesel, Gazprom lancerà un’opa sull’Africa riassumibile nella formula: “Tu compri il gasolio da noi e noi ti diamo in comodato d’uso una bella
Lada o una Uaz nuova fiammante. Dopo 36 mesi, puoi riscattare l’auto con un centinaio di cambialette denominate in rublo. Nota bene: se l’auto non funziona la colpa è dello sterrato africano e se il rublo scende, la colpa è del russiagate, quindi di Trump”. 4) Stretto tra la crisi tedesca, la nuova sobrietà cinese e il revanscismo russo, Trump darà ordine di sostituire i segnali di Stop agli angoli delle strade con cartelli inneggianti all’America first. Subito dopo abolirà le élite, sancirà la non convertibilità del dollaro, chiuderà le scuole di lingue straniere e proibirà il tango e il valzer. Alla fine gli americani torneranno a vestire alla cowboy e a ruttare con orgoglio alla luna come i nativi prima dello sbarco di Colombo. 5) Alla crisi epocale descritta da Moody’s, il PD risponderà con un ulteriore soprassalto di responsabilità e reciterà il mea culpa insieme a Papa Francesco. La sinistra off-off si farà intervistare tutte le settimane da Bianca Berlinguer per ribadire che la colpa è di Matteo Renzi. Il quale Renzi avrà intanto querelato Corrado Formigli per violazione della privacy, i fratelli Della Valle per l’inconsistenza della Fiorentina, la Canottieri di Rignano sull’Arno per aver rinunciato alle Olimpiadi e la famiglia De Benedetti per aver venduto la Repubblica agli Agnelli. Matteo Salvini darà invece ordini precisi alla sua Bestia: a) negare sempre e comunque l’evidenza in nome del popolo sovrano; b) spiegare che le uniche previsioni azzeccate della storia sono state quella di Cassandra su Troia e di Gesù su Giuda; c) al grido “non consegneremo l’Italia ai galoppini di Moody’s”, gettare in pasto ai social analisti ed econometristi; d) commissionare a Nando Pagnoncelli, Alessandra Ghisleri e Nicola Piepoli il seguente sondaggio taroccato: “Dareste a Salvini, che già vi piace, poteri straordinari per realizzare finalmente tutti i vostri sogni?”
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gennaio 2020
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