In questo numero pedizione in Abb. postale Art. 2, comma 20/C S legge 662/96 - Filiale di Roma
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Editore Consiglio Nazionale dei Chimici
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Direzione, redazione e amministrazione P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma Tel. 06 47883819 - Fax 06 47885904 cnc@chimici.it - www.chimici.it Direttore responsabile Armando Zingales Direttore editoriale Antonio Ribezzo Coordinamento redazionale e grafica Segni e Suoni
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LA VOCE DEL DIRETTORE L’emarginazione dei Professionisti non aiuta la crescita
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L’EDITORIALE La chimica nel piatto, una questione di sicurezza
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PRIMO PIANO Contraffatti e a rischio, l’invasione degli ultra-cibi Cibo e rischi, il controllo dell’EFSA
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L’INTERVISTA Paolo De Castro: “Non sarà solo un’esposizione”
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IL PUNTO Sicurezza alimentare, responsabilità globali
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APPROFONDIMENTO DEL PRIMO PIANO Un laboratorio di salute
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ATTUALITÀ Lavoro, speranze e incertezze La corruzione, la circolarità economica e l’etica
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PROFESSIONE E LAVORO I liberi professionisti e il Jobs Act Caso Ecm. Se la formazione non fa credito L’energia diviene professione
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FOCUS Le certificazioni stanno diventando obbligatorie? Giovani e occupazione: studiare serve ancora
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NORMATIVE Il Mef chiude il match
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L’ANNIVERSARIO “Il nostro impegno contro le armi chimiche”
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IO, UN CHIMICO “Così ho liberato i suoni...”
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VOCI DAL TERRITORIO “Un problema di salute pubblica”
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SPAZIO EXPO L’insostenibile peso degli alimenti
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SPAZIO RICERCA Analisi acque: risultati, LOQ, limiti di legge su diverse matrici
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APPROFONDIMENTI Ecoreati, sì del Senato Il futuro dell’energia nell’infinitamente piccolo Alla ricerca sei miliardi Il super batterio che attanaglia la Puglia
Gli articoli e le note firmate esprimono soltanto l’opinione dell’autore e non impegnano il Consiglio Nazionale dei Chimici né il Comitato di Redazione (CdR). L’accettazione per la stampa dei contributi originali di interesse scientifico e professionale nel campo della chimica è subodinata all’approvazione del CdR, previa revisione di tre Referee, scelti dal CdR tra gli esperti del settore. Quanto pubblicato nel Bollettino raccoglie gli atti ufficiali del Consiglio Nazionale dei Chimici.
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Stampa Grafica Ripoli s.n.c.
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Autorizzazione del tribunale di Roma n. 0032 del 18 gennaio 1990 ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
Numero chiuso in redazione il 12 - 05 -2015
APRILEDUEMILAQUINDICI
La voce del direttore
L’editoriale
di ANTONIORIBEZZO
di ARMANDOZINGALES
L’emarginazione dei Professionisti non aiuta la crescita La classe politica italiana ha voltato le spalle ai professionisti e al lavoro autonomo intellettuale. Qualsiasi ipotesi di crescita è penalizzata da chi dovrebbe promuoverla con i fatti invece di colpire al cuore le nuove generazioni di professionisti che, dopo un faticoso percorso universitario e post universitario, si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Le aspettative dei nostri giovani si scontrano con la disillusione delle promesse mancate e con la frustrazione di non riuscire a costruire il loro futuro e quello del Paese. Le riforme odierne mirano soltanto a perpetuare gli errori del passato e a salvaguardare i privilegi di pochi eletti, senza avere il coraggio di guardare in faccia i problemi e le crescenti criticità e di affrontare i nodi di una realtà economico-sociale in piena ebollizione. Il mondo delle professioni rappresenta,ovunque, un settore economico strategico poiché la diffusione dei servizi professionali si colloca all’interno dei processi di ristrutturazione economica a livello globale e caratterizza lo sviluppo avanzato, la produzione industriale e l’espansione del terziario. L’Italia sembra non accorgersene e sembra di assistere alla pervicace volontà di ignorare i processi che regolano le economie più competitive e che si basano proprio sul capitale intellettuale. Nella penisola, il lavoro autonomo e professionale è visto come una zavorra per la crescita del Paese, come un ostacolo alla restaurazione dello status
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quo. Non capiremmo infatti la raffica di provvedimenti legislativi che negli ultimi mesi hanno fiaccato le residue resistenze degli studi professionali. Assistiamo a una serie di provvedimenti che paiono addirittura punitivi: dall’esclusione dalla cassa integrazione in deroga valevole per gi studi professionali al silenzio assordante delle raccomandazioni della Commissione europea in merito al diritto dei professionisti di accedere ai fondi strutturali europei, dalla stretta sul nuovo regime dei minimi, all’incremento della doppia tassazione sui rendimenti delle casse previdenziali privatizzate e dell’aliquota della gestione separata Inps. Per non parlare degli adempimenti burocratici a raffica richiesti ai liberi professionisti nell’esercizio della loro attività e della tassazione sempre più esosa. Il professionista è oggi diventato imprenditore di se stesso, ricorre a strumenti di marketing e di comunicazione, sviluppa maggiori competenze sui temi della finanza e dell’internazionalizzazione, applicando le nuove tecnologie digitali. Una moltitudine di studi professionali, anche al fine di accrescere la loro competitività sul mercato, stanno ridefinendo il loro ruolo di intermediari qualificati nei rapporti tra la pubblica amministrazione, le imprese e i cittadini, senza alcun sostegno politico ed economico. Aiuti ed incentivi, ancora nel 2015, continuano a sorreggere soltanto un modello produtti-
vo che non crea ricchezza per il Paese e continua a bruciare posti di lavoro. Non v’è chi non veda come questo processo irreversibile abbia imposto ai datori di lavoro-professionisti un cambio di passo al fine di recuperare efficienza nella struttura e nell’organizzazione del lavoro, anche per creare società di professionisti multidisciplinari. Per questo riteniamo che la politica debba svegliarsi e comprendere gli sforzi effettuati dai professionisti per reinterpretare il lavoro professionale in funzione delle nuove esigenze del cliente ma anche di gestire in modo imprenditoriale la propria attività. Se proprio non vogliono darci una mano, non possono neanche mortificare e ostacolare la nostra attività. Ne soffrirebbe non solo lo sviluppo ma anche e soprattutto la competizione a livello europeo e si danneggerebbero irreparabilmente le giovani generazioni, infliggendo un colpo letale alla loro infaticabile voglia di intraprendere. E grazie all’impegno dell’Ordine dei Chimici della Lombardia, sostenuto dal Consiglio Nazionale dei chimici, siamo pienamente dentro l’evento, siamo in Expo 2015 a rappresentare con la nostra presenza le cose belle della chimica, le applicazioni nello specifico della nostra professione, le nostre idee. Attendiamo tutti, chimici e non, Expo2015 con la convinzione di poter lasciare una traccia significativa della nostra presenza.
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La chimica nel piatto, una questione di sicurezza Basterebbe una sola parola, frigorifero, a tacitare le voci che costruiscono improprie relazioni tra chimica e alterazione degli alimenti. Di parole, in realtà ce ne sono molte di più, tante da riempire un freezer, scongelarle quando occorre e metterle sul piatto di chi ancora sostiene tesi mistificatorie ed infondate. La chimica nel vassoio, in pentola, nel bicchiere è sinonimo di sicurezza, di tutela, è garanzia per i consumatori, è sopravvivenza nei Paesi in via di Sviluppo. Che piaccia o no agli esegeti di una concezione alimentare che dovrebbe, bontà loro, “emanciparsi” dalla chimica. La nostra scienza fornisce piuttosto un aiuto fondamentale in termini di innovazione, miglioramento e maggiore disponibilità della produzione, fornitura di materie prime sicure e controllate, rispetto per l’ambiente e sostenibilità. Tanto più ora che l’Europa esige disciplinari precisi, norme scrupolose ed uniformate: il ruolo della chimica come certificato di sicurezza del cibo e dei suoi imballaggi sarà pertanto sempre più necessario. Un
adeguato sistema di controlli, derivante sia dal coordinamento centrale a livello europeo, sia dall’azione dei singoli Stati Membri può così diminuire sensibilmente la percentuale di rischio nei prodotti che consumiamo. E per questo invochiamo anche il sostegno alla ricerca, alle attività svolte in ambito universitario: la base di un progresso scientifico indispensabile quando finalizzato a proteggere la salute dei cittadini. Vorrei infine sottolineare l’importanza del compito svolto dai nostri professionisti dal punto di vista economico, sono infatti in aumento i fenomeni di contraffazione alimentare e con l’introduzione nel mercato di prodotti falsi, cresce la disinformazione per il consumatore. Chi contribuirà allora a difendere il made in Italy, le eccellenze dei nostri territori - oltre che, in primis, la salute dei consumatori - quell’enogastronomia che da sempre è investita dell’onere/onore di costituire uno dei più pregiati biglietti da visita del nostro Paese? C’è davvero bisogno di rispondere?
Da questo numero la struttura del Chimico Italiano sarà parzialmente modificata, mantenendo per 16 pagine la versione cartacea inserita all’interno de La Chimica e l’Industria, nella forma di inserto estraibile, e innovando il tradizionale formato on line. Una scelta che consente al Consiglio maggiore snellezza in fase di distribuzione e di poter contare su una versione cartacea che è contemporaneamente sintesi di quella on line e sua implementazione, poiché gli articoli che andranno a comporre le 16 pagine - dove concentreremo l’attenzione soprattutto sulle questioni relative alla professione e agli iscritti - saranno, almeno in parte, diversi da quelli multimediali. Il Cnc completa quindi la “batteria” in fatto di comunicazione delle proprie attività e delle proprie posizioni con una ristrutturazione che valorizza, senza penalizzare quelli cartacei, i nuovi mezzi di informazione multimediali, come dimostrato anche dal recente avvio della news letter dedicata ad Expo. Grazie e buone letture
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Primo piano
di ANDREAZACCARELLI e GIULIATORBIDONI
Contraffatti e a rischio, l’invasione degli ultra-cibi La chimica impegnata in prima linea contro le frodi alimentari: gli istituti e le azioni con cui i professionisti del settore fronteggiano un fenomeno in crescita. Olio e vino i prodotti più fuorilegge
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Sentinelle e custodi sempre all’erta nella tutela degli alimenti, i chimici, con l’arrivo di Expo, stanno trasformandosi nei re degli straordinari del controllo. Olio e vino i prodotti fuorilegge più assidui, secondo quanto codificato dall’Ispettorato frodi del ministero delle Politiche Agricole. Il loro mercato fa gola, mafie comprese, e l’attività di denuncia e sequestro delle Forze dell’Ordine, al cui lavoro i professionisti della chimica offrono un contributo tra i più rilevanti grazie alla costante attività di analisi, di fatto non può andare in vacanza. La chimica è in prima linea e quando si parla della categoria impe-
gnata nelle attività di tutela alimentare, citare l’Istituto Superiore di Sanità, che viene certamente automatico, vuol dire anche osservare solo la punta di un iceberg assai più sviluppato: Dogane, Ministeri con relativi Ispettorati di controllo, Aziende Sanitarie e le stesse imprese, sono solo alcuni dei tasselli di un mosaico che, completo, rappresenta il sistema di garanzie più efficace per cibi e cittadini. Qualche numero può aiutare a capire Dati significativi, in questo senso: l’ICQRF nel 2013 ha eseguito oltre 36.000 conAPRILEDUEMILAQUINDICI
Il sequestro
La contaminazione
Dalla cronaca
Olio extra falso
Occhio a quel pelapatate
Il pericolo batteri
Le operazioni dell’Ispettorato in Puglie e Calabria
Una serie di oggetti metallici, se realizzati in alcuni Paesi, potrebbe favorire la contaminazione dei cibi
Ritirati alimenti dai supermercati
Tra le maxi operazioni anti frode condotte nel 2013 dall’ICQRF nel settore oleario di primaria importanza sono state quelle in Puglia e Calabria dove si è verificato il sequestro di circa 420 t di olio di oliva, in parte illecitamente designato come extravergine di oliva 100% Italiano biologico, per un valore commerciale di oltre 1.000.000 €. Le analisi eseguite hanno fatto emergere gravi irregolarità in merito alla miscelazione di oli d’oliva con oli e/o grassi di altra natura.
trolli per un totale di 55.000 prodotti. 307 le notizie di reato inoltrate all’Autorità Giudiziaria. Eseguiti 500 sequestri per un valore complessivo di circa 37 milioni di euro che si concentrano soprattutto nel settore vitivinicolo (247 per un valore di oltre 29 milioni 500mila euro, contro le 52 di quello oli e grassi), il quale primeggia anche per notizie di reato (93). Dati esemplificativi di un fenomeno che da un lato è pericolosamente diventato business anche per le organizzazioni malavitose, dall’altro, spiegano esperti chimici nel settore, in Italia è monitorato con risultati migliori che nel resto dell’EuAPRILEDUEMILAQUINDICI
Attenzione al cibo, e uno sguardo agli imballaggi, certamente. La sicurezza alimentare parte senza dubbio da loro. La chimica però ha individuato un nuovo bacino di possibili elementi contaminanti, che rappresentano nel settore il nuovo che avanza. Chi compie analisi sui cibi chiede anche che non ci si dimentichi delle posate, et similia. Coltelli, pelapatate, ma anche ... sono ritenuti oggetti da controllare perché realizzati, in alcuni Paesi esteri, fuori dalle norme di sicurezza, insomma così costruiti sono metalli non sicuri. Preservare il cibo non vuol dire solo prestare cura a cosa potrebbe esserci dentro ma anche a che cosa si importa da fuori, sia pure un semplice coltello. Quanto mai importante quindi chiedersi Made in?
ropa. “Grazie a controlli assidui e di grande qualità - spiega Daniela Maurizi, chimica - siamo al primo posto per notifiche di allerta, che non significa essere il Paese con il maggior numero di reati ma quello che denuncia e agisce con più efficacia. I progressi compiuti sono tali da poter ormai smascherare contaminanti sempre più minuscoli”. Un business per le agromafie La complessità del fenomeno alimentare è provata quindi dalla veridicità di una tesi e della sua antitesi: una buona quota di casi di contaminazione non è
Sono minuscoli, invisibili e insidiano i nostri pasti. Stiamo parlando dei batteri. Non si contano i casi di cibi consumati e divenuti, nel giro di qualche ora, intossicanti. Alcuni supermercati Lidl hanno ritirato, in via precauzionale e comunque non ci sarebbero gravi rischi per la salute, prodotti nei quali è stata rilevata la presenza del Bacillus cereus, un batterio che può contaminare gli alimenti dando luogo a due diverse forme di intossicazione. A maggior rischio sono da un alto carne, latte, verdure e pesce, dall’altro riso bollito e frittelle di riso, creme e pietanze a base di cereali e legumi, salse e zuppe vegetali.
I controlli L’ICQRF nel 2013 ha eseguito oltre 36.000 controlli. 307 le notizie di reato inoltrate all’Autorità Giudiziaria
I reati alimentari Il valore economico dei reati alimentari è cresciuto in Italia del 128% , il danno per il made in Italy è di 60 miliardi. ILCHIMICOITALIANO
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Primo piano frutto di frodi ma di errori involontari, commessi in buona fede, ma al tempo stesso, il resto di questa quota sta permettendo l’impennata del businnes mafioso. Secondo un rapporto redatto da Flai Cgil, le mafie fanno ormai affari d’oro con la contraffazione agroalimentare, il cui valore “commerciale” è cresciuto in Italia del 128% (del 150% nelle economie più sviluppate) con un danno per il made in Italy di 60 miliardi. La lotta al fenomeno criminale, come si vede in continua espansione, è però altrettanto agguerrita: dati del ministero di Grazia e Giustizia conferma infatti che i terreni agricoli confiscati ai clan sarebbero quasi 25mila. Una certezza invece i fallimenti delle aziende sottratte ai boss: il 93 per cento. Effetti (anche) della globalizzazione Una tendenza, quella in atto, alimentata dal progressivo affermarsi della globalizzazione delle merci e, soprattutto, della crisi economica. “Preoccupa - si legge in un altro, recente, rapporto Coldiretti/Eurispes - il crescente flusso di importazioni alimentari dall’estero, spesso a basso costo e con minori garanzie”. Cina Turchia e India guidano la classifica degli Stati cui è stato ingiunto il maggior numero di notifiche di allerta (attenzione ai Peperoni vietnamiti, basilico e okra indiana) per cui decisivo diventa il presidio dei confini, con le Dogane in prima fila e i professionisti della chimica pronti ad individuare, in particolare, le percentuali, anche minime, di elementi nocivi nei prodotti: le micotossine dalla frutta secca, i pesticidi nell’ortofrutta, le istamine nel pesce, mentre alla pulizia interna contribuiscono le stesse aziende con sistemi avanzati di autocontrollo (le più grandi in proprio, le più piccole affidandosi alle consulenze). Pesticidi? Italia virtuosa E a proposito di pesticidi - lo dice l’Efsa - l’Italia ha visto calare da 15 anni consecutivi l’uso dei fitosanitari ad uso agricolo: nel 2012, dati Istat, la quantità di questi prodotti distribuiti per essere utilizzati nelle coltivazioni agricole è sceso del 5,7%. Uno dei non troppi primati positivi che possiamo vantare. Inoltre, è diminuita sia la quantità di prodotti nocivi, sia di quelli molto tossici e tossici (rispettivamente del 15,6% e 3,8%).
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Cibo e rischi, il controllo dell’EFSA II chimici all’interno dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare sono attori primari nella generazione dei dati analitici raccolti e utilizzati per la valutazione dei pericoli della catena alimentare
“L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è stata istituita formalmente nel gennaio 2002 come fonte indipendente di consulenza scientifica e comunicazione sui rischi associati alla catena alimentare per assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori e ripristinare e mantenere la fiducia degli stessi nelle forniture alimentari dell’UE”. A spiegarci cos’è e come lavora l’Efsa è Francesca Avanzini, portavoce dell’Agenzia stessa.
richiesta da parte dei cosiddetti ‘gestori del rischio’, ad esempio Commissione e parlamento europei, Stati Membri (la Commissione invia circa il 95% di tutte le richieste). L’EFSA si occupa anche di valutazione della sicurezza dei prodotti regolamentati prima della loro immissione sul mercato. Una volta che la valutazione del rischio è stata effettuata dal gruppo scientifico competente per l’area di riferimento, EFSA pubblica il parere sul suo sito e lo invia al richiedente”.
Quali competenze svolge l’Efsa e come interviene? “La competenza dell’EFSA include la sicurezza di alimenti e mangimi, l’alimentazione, il benessere e la salute degli animali, e la protezione e la salute delle piante. In termini molto semplici, l’iter dei pareri scientifici dell’EFSA è fornire consulenza scientifica in risposta ad una
Quale il contributo dei chimici nel controllo della qualità dei cibi in Efsa? “Il ruolo dell’EFSA consiste nel valutare e comunicare tutti i rischi associati alla catena alimentare. Le attività di controllo per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti e la conformità alle certificazioni (p.e. DOC, DOP e DOCG) non rientrano nel campo d’azione dell’AutoAPRILEDUEMILAQUINDICI
rità ma sono di competenza dei gestori del rischio. Nello specifico, a livello europeo si può dire che i chimici abbiano un ruolo di primo piano in quanto attori primari nella generazione dei dati analitici che vengono poi raccolti e utilizzati dall’EFSA per la valutazione dei rischi associati alla catena alimentare”. Il tema dell’Expo è ‘nutrire il pianeta’. Come veicolare l’importanza della sicurezza alimentare senza creare allarmismi o comportamenti di chiusura nella popolazione? “Il sistema europeo di sicurezza alimentare ha standard molto rigorosi in termini di sicurezza e possiamo dire che questo sistema funziona bene. Sicuramente la scienza non è sempre di facile comprensione per l’uomo della strada e, proprio per questo motivo, l’EFSA ha intrapreso molteplici azioni per facilitare la comprensione di ciò che fa anche perché sono molte e sempre nuove le sfide che si trova ad affrontare nel suo compito di garantire che il cibo in Europa sia sicuro. Ad esempio abbiamo girato una serie di video, chiamati Understanding Science, dove un esperto scientifico spiega in tre minuti un argomento scientifico (dalla presenza di sostanze chimiche indesiderate negli alimenti alla salute animale, dai pesticidi alle indicazioni nutrizionali e sulla salute, etc). Tutti i video sono disponibili sul canale youtube dell’EFSA”.
Efsa risponde Nel sito di Efsa esiste una pagina dedicata all’informazione su alcuni dei principali fenomeni legati alla contaminazione alimentare. Ne abbiamo scelti tre. Eccoli.
X.fastidiosa Quali i risultati delle ricerche Efsa su X. fastidiosa? Il ceppo di X. fastidiosa presente negli ulivi in provincia di Lecce è molto omogeneo, e identico a una variante che infetta gli oleandri in Costa Rica. In provincia di Lecce X. fastidiosa è stata associata alla sindrome del disseccamento rapido dell’ulivo. Le indagini hanno mostrato che gli ulivi sintomatici erano generalmente colpiti da un complesso di parassiti e agenti patogeni tra cui X. fastidiosa, varie specie fungine appartenenti ai generi Phaeoacremonium e Phaemoniella, e la Zeuzera pyrina. Ad oggi il ceppo pugliese di X.fastidiosa ha infettato piante di olivo, mandorlo, ciliegio, rosmarino, oleandro, mirto, mimosa a foglie strette. Le due principali vie d’ingresso di X. fastidiosa in un’area precedentemente indenne sono il commercio di piante per la messa a dimora infette, e la presenza di insetti vettori nelle forniture vegetali.
Influenza aviaria È possibile contrarre l’influenza aviaria mangiando cibi contaminati? Sulla base dei dati attualmente disponibili, gli esseri umani contagiati dall’infezione hanno avuto un contatto diretto con uccelli infetti, vivi o morti. Ad oggi non vi sono prove epidemiologiche che l’influenza aviaria possa trasmettersi all’uomo tramite il consumo di prodotti alimentari, in particolare pollame e uova. Qual è il parere dell’EFSA sui problemi di sicurezza alimentare riconducibili all’influenza aviaria? L’EFSA e altre organizzazioni come l’OMS condividono di solito la raccomandazione ormai nota che polli e uova debbano essere cotti in maniera adeguata allo scopo di proteggere i consumatori da potenziali rischi da avvelenamento alimentare
Indicazione sulla salute
Cosa sta facendo l’Europa e cosa si può ancora fare per tutelare la popolazione dai cibi di importazione da Paesi considerati a rischio. “I rischi alimentari non rispettano i confini geografici. Quando un Paese importa cibo, importa anche gli standard di sicurezza del Paese da cui il cibo proviene. L’EFSA ritiene che la cooperazione scientifica internazionale - uno dei valori chiave di EFSA - sia la risposta alle sfide dettate dalla globalizzazione”. APRILEDUEMILAQUINDICI
Che cos’è un’indicazione sulla salute? Un’indicazione sulla salute è una qualunque indicazione usata sulle etichette, sui prodotti in commercio o in pubblicità che afferma che, consumando un determinato alimento o grazie a uno dei suoi componenti come vitamine e minerali, fibre e batteri “probiotici” si possono avere benefici per la salute. Vi sono diversi tipi di indicazioni sulla salute. Per esempio le affermazioni secondo cui un prodotto alimentare può contribuire a rafforzare le difese naturali dell’organismo. Oppure le affermazioni sulla diminuzione del rischio di contrarre una malattia, o ancora le dichiarazioni relative a sostanze nutritive o di altro genere che possono migliorare o comunque modificare il normale funzionamento del nostro organismo, del tipo “Gli steroli vegetali hanno dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo”.
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L’intervista di FABRIZIOBALEANI
Non sarà solo un’esposizione Intervista a Paolo De Castro, ex ministro delle Politiche Agricole e relatore permanente per Expo 2015 e della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo
Nove anni fa, assieme a Romano Prodi e al sindaco meneghino di allora, Letizia Moratti, sbaragliò l’agguerrita concorrenza e guadagnò per Italia e Milano il privilegio di un’Esposizione Universale. A quasi un decennio di distanza, Paolo De Castro,ex ministro delle politiche agricole, deputato europeo, descrive le opportunità del grande evento planetario con uno sguardo particolare all’agroalimentare italiano.
piano legislativo, il parlamento europeo, durante la legislatura passata, ha provveduto a un considerevole potenziamento della disciplina delle tutele. Abbiamo infatti varato il Nuovo regolamento Comunitario sulla qualità dei Prodotti alimentari. In questo quadro è stato introdotto uno strumento efficacissimo che si chiama ex officio ed obbliga gli stati membri a ritirare i prodotti
dagli scaffali quando siano denunciati episodi di contraffazione di marchi o nomi collettivi. Grazie a questo dispositivo di vigilanza e monitoraggio sono stati ritirati dal commercio, ad esempio, il Daniele Ham, ovvero il San Daniele falso e l’olio toscano. E i sistemi di qualità controllata si sono dimostrati ottimi nella difesa della tradizione e della produzione italiana.
Qual è l’importanza della tutela alimentare e dove bisogna rafforzare la filiera europea dei controlli? Credo di non dire nulla di nuovo quando affermo che il nostro sistema di controlli è efficacissimo, sicuramente tra i migliori e non penso abbia bisogno di ulteriori interventi. Esiste già una pluralità di forze preparate e competenti, dai Nas al corpo forestale sino all’ispettorato repressioni frodi del Ministero delle politiche agricole, in grado di assicurare all’Italia le garanzie necessarie. Sul
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Come approcciare ad Expo affinché sia un’occasione di sviluppo da cogliere? Si tratta di un’occasione straordinaria e irripetibile per l’Italia. Pone la nostra nazione al centro del mondo per sei mesi e le affida la responsabilità della più grande Esposizione Universale mai realizzata. Sono i numeri a testimoniare uno sforzo senza pari: gestire cinquanta Padiglioni, ospitare e coordinare il lavoro di centocinquanta paesi ci offrirà non soltanto la possibilità di sfruttare una vetrina unica e d’attirare oltre venti milioni di visitatori da ogni parte del globo, ma anche il compito altissimo di affrontare, in modo collettivo, i problemi che affliggono l’umanità, fare il punto sui temi dell’innovazione, della ricerca, dei paradossi della nutrizione, degli squilibri odiosi nella disponibilità delle risorse. Questa manifestazione ha un valore politico assai più determinante di quanto, troppo spesso, non si immagini. Mi onoro d’esser stato relatore della risoluzione del 30 aprile scorso con cui gli eurodeputati hanno chiesto, alla commissione Junker, di prendere iniziative atte a perseguire gli scopi di questo decisivo evento planetario, promuovendo la ricerca nel campo della
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sicurezza alimentare globale e forme sostenibili d’agricoltura, perfezionando standard di qualità nel settore della nutrizione e introducendo programmi all’avanguardia di educazione alimentare. E assolutamente vitale che l’Unione Europea recepisca la complessità delle questioni che animeranno Expo 2015 e dia il proprio apporto legislativo e di idee. Cosa la spinse, nel 2006, a sostenere tanto fortemente Expo e come è cambiato il progetto nel tempo? Quand’ero ministro nel governo Prodi facemmo un lavoro molto intenso, in sinergia con l’allora sindaco Letizia Moratti a cui diedi anch’io il mio contributo. Riuscimmo a vincere contro i nostri competitors e a battere la candidatura turca di Smirne proprio in virtù della rilevanza indiscutibile delle tematiche proposte e per un titolo stuzzicante capace di sintetizzarle in modo efficace: Nutrire il Pianeta, Energia per la vita. Ora occorre cogliere il risultato degli sforzi di allora, vincendo due sfide. Quella diretta consistente nel valorizzare e raccogliere degnamente la missione politica espressa nel titolo, e quella
indiretta che, approfittando dell’opportunità, consenta al nostro sistema di creare sviluppo e nuova occupazione. Già oggi, a poco tempo dall’inaugurazione, l’Italia ha raggiunto la quota, a dir poco ragguardevole, di 35 miliardi di esportazioni agroalimentari. L’obiettivo dichiarato del governo Renzi è di 50 miliardi. Qual è il ruolo dei chimici all’interno degli organismi adibiti al controllo e alla tutela alimentare come l’Ispra e l’Efsa? Pensa che debba essere rafforzato? Noi abbiamo una grandissima qualità nella competenza dei nostri chimici che non è seconda a nessuno. Ed è anche grazie a loro che abbiamo strutture di controllo così solide. L’expo può mettere in evidenza tutte le professionalità che si occupano di sicurezza alimentare e tutela della biodiversità italiana eccellenze della scienza e della ricerca che tutto il mondo ci invidia.
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Il punto
Approfondimento del primo piano
di DANIELAMAURIZI
di FABRIZIOBALEANI
Sicurezza alimentare, responsabilità globali Bambini, anziani e persone malate le categorie più vulnerabili. Se Europa e Stati Uniti sono chiamati ad assolvere un compito impegnativo e fondamentale, anche l’Italia è in prima linea con tutti i suoi organismi di controllo
La Giornata Mondiale della Salute che l’OMS lo scorso 7 aprile ha dedicato alla sicurezza alimentare ce l’ha dimostrato: la sicurezza alimentare è un problema globale. I numeri ci confermano questo aspetto, i dati relativi al 2012 sulla Foodborne Disease riportano 351mila decessi dovuti a patologie enteriche di origine alimentare. Il 40% delle persone colpite ha meno di 5 anni. Oltre ai bambini, i più vulnerabili sono gli anziani e le persone malate. Sono oltre 200 le malattie (dalla diarrea al cancro) provocate da alimenti di origine animale non abbastanza cotti, da ortaggi e legumi contaminati e da pesci e crostacei inquinati. Questo comporta un costo che solo per gli Stati Uniti è stato calcolato tra 5 e 6 miliardi di dollari/anno, tra spese mediche e perdita di produttività. Eppure sembreremmo sulla buona strada, e posso dire senza timore di smentita che il rigore dei regolamenti a tutela della sicurezza alimentare vigenti in Europa non trovano riscontro in altre parti del mondo, e in Italia, dove il cibo è qualcosa che va ben oltre il nutrimento, raggiungiamo in questo campo, una volta tanto, livelli di eccellenza. Il nostro paese mette in campo una vera
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task force, le autorità competenti per la sicurezza alimentare secondo una veloce stima sono almeno 15, solo nel 2013 sono stati eseguiti 520 mila controlli ufficiali da parte di servizi veterinari e servizi ispettivi delle Asl in aziende, ristoranti e esercizi commerciali, più di 110 mila analisi di laboratorio. Ci sono poi i controlli alle frontiere da parte degli uffici periferici del Ministero (fisici e documentali) su oltre 189 mila partite di alimenti di origine vegetale o animale. I Carabinieri dei Nas nel 2014 hanno effettuato più di 38 mila ispezioni. D’altra parte il Parlamento Europeo sarà chiamato a decidere sulle sorti del Trattato commerciale di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (Tran-
satlantic Trade and Investment Partnership – TTIP), un accordo sul commercio e per gli investimenti tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea che è visto come un livellamento verso il basso per quanto riguarda la sicurezza alimentare, considerando che l’approccio alla Food Safety tra USA e Europa è agli antipodi. Se è vero che in Europa vige il principio di precauzione, negli Stati Uniti il principio è capovolto, il prodotto non fa male fino a prova contraria, dunque viene commercializzato fino a che non se ne provi la nocività. Dagli eventi globali che stanno per avere luogo ci aspettiamo risposte certe e nuove domande, percorsi di apertura tra i governi, le organizzazioni pubbliche e private, i professionisti, ci aspettiamo proposte, collaborazione e trasparenza. È fondamentale che il ruolo della sicurezza alimentare sia condiviso tra governo, autorità sanitarie locali e professionalità pubbliche e private affinché operino insieme, facendo uso delle migliori pratiche disponibili scientifiche e tecnologiche. I Chimici in questo sistema sono indispensabili per rispondere e gestire i rischi per la sicurezza alimentare lungo tutta la filiera. APRILEDUEMILAQUINDICI
Un laboratorio di salute Il lavoro dei chimici nell’Istituto Superiore di Sanità
La qualità dei nostri cibi non sempre è riconoscibile, ma a garantirla provvedono, fortunatamente, occhi e mani affidabili. Tra i professionisti che sanno assicurarci un’alimentazione sana e priva d’insidie, prezioso è il contributo dei chimici del Dipartimento dell’Istituto Superiore di Sanità, un’istituzione imperniata su tre vaste aree tematiche: sanità pubblica veterinaria, sicurezza alimentare e nutrizione. La principale missione finalizzata da questo ente è la tutela e la promozione della salute collettiva, attraverso lo sviluppo di conoscenze, strumenti e strategie miranti alla qualità delle produzioni agroalimentari, alla prevenzione delle patologie associate al cibo e alla salute veterinaria. Una mole immensa di dati viene raccolta vagliata e analizzata per contenere i rischi biologici, tossicologici e nutrizionali e recepire le raccomandazioni del Libro Bianco per la Sicurezza Alimentare e dell’Unione Europea, collaborando con organi come la massima autorità continentale per la sicurezza degli alimenti (Efsa). Con una stretta patnership che coinvolge i maggiori organismi specializzati del mondo (WHO, FAO, CODEX, OCSE) e le strutture del servizio sanitario nazionale, l’Istituto definisce e adegua le normative nazionali ed europee, sorveglia le filiere zootecniche, valuta i rischi associati alla produzione primaria e alla trasformazione degli alimenti, s’occupa dei rapporti tra nutrienti, dieta, invecchiamento e stato di salute dell’uomo, ottimizza i metodi analitici, promuove l’informazione sulle necessità di prevenzione e coordina laboratori e centri di ricerca nazionali e mondiali. Al centro di questa moltitudine d’attività domina la chimica. Vediamo perché, grazie al dottor Carlo Brera, chimico, dal 2001 primo ricercatore del laboratorio alimenti dell’Istituto. In quale modo la salute e le scienze chimiche sono intrecciate? Uno degli aspetti principali che deve essere considerato nella tutela della salute del cittadino è quello di definire strategie mirate finalizzate al raggiungimento della sicurezza alimentare, intesa sia in termini quantitativi che qualitativi. Il ruoAPRILEDUEMILAQUINDICI
lo delle scienze chimiche nell’ottenimento di questa condizione è fondamentale in quanto intervengono in modo decisivo lungo tutta la filiera agro-alimentare, consentendo una produzione all’origine sicura e con rese corrispondenti ai fabbisogni quantitativi del consumatore. La chimica definisce, inoltre, nuove tecnologie. Si pensi alle nanotecnologie che stanno avendo un largo consenso nell’impiego di nanomateriali ingegnerizzati (i cosiddetti ENM), in additivi alimentari, enzimi, aromi, materiali a contatto con alimenti, nuovi prodotti alimentari, integratori, additivi per mangimi e pesticidi. Il lavoro chimico incide anche sulla disponibilità di cibi che rispondano interamente a claim nutrizionali ossia gli“alimenti funzionali” o nel conferimento di proprietà organolettiche che incontrino sempre più le aspettative del consumatore o nel fornire garanzie a una più adeguata shelf-life dei prodotti alimentari, consentendo una più oculata gestione delle modalità e dei tempi di conservazione dell’alimento. Altri settori legati alle scienze chimiche sono quelli relativi all’Ambiente e al Farmaco. Ne sono esempi concreti l’impiego di sostanze chimiche di sintesi in agricoltura e la produzione di farmaci sempre più all’avanguardia per contrastare, in modo energico, le nuove patologie così come quelle consolidate.
la morte cellulare in condizioni normali e nel corso di malattie, con un focus allo sviluppo di nuove terapie, che sono particolarmente importanti nel caso delle malattie oncologiche ed ematologiche o una ricerca volta alla definizione di studi di immunoregolazione, con particolare riferimento al ruolo di citochine e chemochine nella risposta immune innata ed acquisita, di immunologia dei tumori ed immunoterapia sperimentale e clinica. In campo ambientale gli studi di chemiobiocinetica e identificazione di biomarcatori sono finalizzati alla caratterizzazione del rischio nella popolazione con attenzione particolare ai soggetti vulnerabili come ad esempio i bambini e le donne in gravidanza o ai gruppi a rischio per fattori genetici o acquisiti. Infine, in ambito prettamente farmaceutico, l’ISS svolge attività finalizzate alla valutazione della qualità di farmaci di sintesi mediante verifica della composizione, saggi tecnologici sulla formulazione, determinazione della purezza enantiomerica, e ricerca di specifiche impurezze segnalate e definite in ambito europeo. In ISS è inoltre presente il Centro Nazionale Sostanze Chimiche che svolge, in collaborazione con l’Agenzia Europea per le Sostanze chimiche (ECHA), attività legate alla sicurezza ed al controllo dei prodotti chimici.
Potrebbe parlarci del ruolo della chimica e della sua centralità nelle attività dell’Istituto? L’Istituto Superiore di Sanità annovera nella propria area di intervento molti temi. Le scienze chimiche rappresentano un driver esclusivo per l’ottenimento di obiettivi principalmente finalizzati al raggiungimento di una migliore qualità di vita. L’ISS fornisce supporto tecnico-scientifico al Ministero della Salute, alle Regioni e Province Autonome e alla rete nazionale dei laboratori di controllo. Oltre a coprire la totalità degli aspetti descritti in precedenza in tema di sicurezza alimentare, l’ISS svolge altre attività legate alle scienze chimiche mirate alla comprensione dei meccanismi che controllano la crescita, la maturazione e
Poniamo che un giovane chimico voglia seguire il suo percorso. Quali tappe dovrebbe superare? Il cammino del chimico non è diverso da quello di altri laureati che optano per una scelta professionale in un Ente pubblico di Ricerca come l’ISS. Un iter che mi sento di consigliare è quello di prevedere, nel percorso post-lauream, un dottorato di ricerca applicata, per acquisire la necessaria esperienza in un determinato settore. In seguito, suggerisco di seguire un periodo di formazione post-doc tramite l’acquisizione di borse di studio o altri strumenti formativi conseguire i necessari indicatori (pubblicazioni ad alto impact factor, corsi di formazione, partecipazione ad eventi scientifici come relatore) per partecipare in modo competitivo ai concorsi pubblici.
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Attualità di SERGIOSINIGAGLIA
Varato il Jobs Act ora si aspettano riscontri positivi. Intanto le cifre sulla disoccupazione sono sempre pesanti e l’Italia continua a non essere un Paese per giovani
di LUIGICAMPANELLA
Lavoro, speranze e incertezze
La corruzione, la circolarità economica e l’etica Il professore Luigi Campanella interviene sull’annosa questione della corruzione e le sue conseguenze sul territorio. L’importanza di educare i giovani all’etica
Potremmo chiamarla la “guerra delle cifre”, l’ennesima. A fine marzo il governo annuncia che in base ai dati dei primi due mesi dell’anno ci sono stati circa 79.000 nuovi occupati. Squilli di trombe e scroscio di applausi. Finalmente una inversione di tendenza. Sta finendo la lunga fase di vacche magre? Il giorno dopo arriva la doccia fredda dell’Istat. A febbraio l’occupazione è calata di 44mila unità rispetto al mese precedente. Ben 42mila di questi posti perduti sono rosa, mentre per quanto riguarda i giovani, fascia 15-24 anni, l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, sale al 42,6% mentre a gennaio si è registrato il 41,2%. Rispetto ai dati forniti dal governo, l’Istat precisa che potrebbero essere con tutta probabilità persone passate da contratti a tempo determinato a indeterminato. Una cosa sicuramente positiva, ma, appunto, trattasi non di nuovi assunti. Inoltre c’è chi rileva che le statistiche vanno misurate su base annua e non mese per mese. Fin qui la cronaca recente. Quello che rimane è un Paese con un tasso di disoccupazione al 12,7%; quello giovanile è, come abbiamo visto, alla cifra record del 42,6%. Tra i 28 paesi dell’Ue l’indice si ferma, dato del dicembre 2014, all’9,9, con valori che oscillano tra il 25% della Grecia e il 4,4 della Germania. Ma al di là delle cifre il problema sono le scelte politiche per dare una risposta ad un cancro che rischia di minare sempre più le basi della convivenza sociale. In Italia la novità è data dal Jobs Act.
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L’intenzione è quella di lasciarsi alle spalle le varie tipologie contrattuali e favorire in modo graduale le assunzioni a tempo indeterminato. La sua approvazione ha provocato forti polemiche. Sul fronte confindustriale si è dato atto all’esecutivo di aver introdotto norme che vanno nella direzione da tempo auspicata dalle imprese. Sul fronte sindacale le posizioni sono più articolate, dalla Cisl favorevole, alla Cgil e Uil critiche. Sarà il tempo, come sempre, a fornire un giudizio chiaro. Sicuramente ci sono alcune criticità strutturali che rendono il nostro mercato del lavoro estremamente problematico, soprattutto per i giovani. Le possibilità per le nuove generazioni sono sempre più scarse. La stessa riforma previdenziale ha prodotto modifiche che con l’allungamento dell’età pensionabile a livelli record (nel 2020 saremo i primi nella classifica specifica) rende sempre più difficile il necessario turnover, sia nella pubblica amministrazione che nel privato. Da qui il graduale e inarrestabile flusso di nuovi immigrati verso gli altri paesi del Vecchio Continente. Anche nel mon-
do delle professioni i giovani incontrano difficoltà crescenti come hanno dimostrato recenti ricerche. Insomma il quadro è a tinte fosche. Ci sarebbe bisogno di un “New deal”. Un grande piano di rilancio economico che metta mano ai tanti interventi di cui l’Italia avrebbe bisogno, dal riassetto del territorio, all’innovazione green, puntando su pubblico e privato. Eppure nel Paese ci sono imprese che puntano sul rinnovamento di prodotto e le nuove tecnologie. Ma a proposito di nuove tecnologie sul Internazionale di fine marzo una interessante inchiesta dedicata al “Capitalismo dei robot” di John Lanchester, per la London Review of Books, prefigura un futuro inquietante. Partendo dal presente. Ormai i robot stanno sostituendo da tempo gran parte delle competenze un tempo assegnato agli esseri umani. Per ora il processo è graduale, ma sta avendo un’accelerazione. Gli scenari prefigurati sono realistici quanto preoccupanti. A meno che non si utilizzi questa tendenza per migliorare la nostra esistenza. Come sempre dipende da noi. APRILEDUEMILAQUINDICI
Uno dei concetti che oggi nella nostra società si sta imponendo è quello dell’economia circolare che consiste nel cercare di allungare il ciclo di vita di un qualunque materiale per potere utilizzarlo in tutte le possibili applicazioni riducendo alla fine del ciclo al minimo quanto viene scartato. Io ho più volte sostenuto che più che di economia circolare sarebbe più opportuno parlare di circolarità economica, in quanto il nostro sistema sociale guadagnerebbe da un’organizzazione in cui ogni parte di essa non si limitasse a svolgere il proprio ruolo e la propria attività, ma si considerasse polo di un ciclo con diritti/doveri rispetto al polo precedente dal quale raccogliere patrimoni culturali e materiali ed al seguente a cui trasmettere conoscenza e materiali da riutilizzare. Questa trasformazione della società è dettata da scelte ambientali ed opportunità economiche .All’interno di questo sistema la prerogativa del trasferimento circolare non può che essere quella di non divenire una falla dalla quale le uscite compromettono il valore della circolarità. Quando questa condizione APRILEDUEMILAQUINDICI
viene a mancare il bilancio del ciclo si carica di perdite irrecuperabili; paradossalmente si ritorna ad una impostazione della società valida in tempi passati nella quale il singolo step nel processo produttivo e sociale era visto slegato dagli altri. È ovvio che questo non autorizzava azioni illecite e disoneste,ma paradossalmente queste rimanevano circoscritte nel danno. Oggi invece tale danno dall’illecito si trasmette come le onde su un corso d’acqua sul quale impatta un solido pesante e trasmettendosi si moltiplica verso la società nel suo complesso. Nel tempo in cui si cerca di dare la massima significatività alle misure per ridurne il numero, nel tempo in cui i sistemi cooperativi cercano di mettere in comune servizi ed uffici, nel tempo in cui si cerca di abbattere i costi della produzione, ed in cui le imprese invocano iniziative dello Stato per una sostenibilità economica delle proprie attività, la corruzione nelle operazioni di appalto rappresenta un’ingiustificata ed ingiustificabile perdita. Non molto diverso il discorso sul clientelismo, a volte giustificato da collaborazio-
ni in atto e da vicinanza sociale, politica, religiosa. Il fatto è che nel processo di circolarità economica a cui accennavo ogni movimento deve presupporre che questo avvenga con il massimo rapporto benefici/costi. Talvolta la disponibilità di tecnologie più avanzate, di materiali più economici,di servizi più efficienti corrisponde ad un risparmio che, se viene perso per motivi clientelari, riproduce una situazione che la società sconta al pari della corruzione. Anni fa andai in missione in Cina e fui colpito dal fatto che sui mezzi pubblici chi saliva mostrava, mettendolo in evidenza sopra la testa, il proprio biglietto: di fatto era la stessa società ad esercztare un controllo. Da noi le aziende municipali di trasporto subiscono gravi perdite proprio per la presenza crescente dei cosiddetti portoghesi: questo per dire due cose: l’educazione ai principi dell’etica dovrebbe fare parte del ciclo formativo dei giovani. Gli strumenti sociali di controllo dovrebbero essere maggiormente applicati.
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Professione e lavoro di FABRIZIOBALEANI
I liberi professionisti e il Jobs Act
Una riforma che smaschera le false partite Iva e il lavoro subordinato non dichiarato. Ecco come cambia la professione autonoma
Il riordino delle tipologie contrattuali previsto dal decreto attuativo del Jobs Act non cambia le norme-Fornero: i liberi professionisti iscritti all’Albo restano esclusi dal sospetto di falsa partita IVA e di subordinazione mascherata. Uno dei quattro decreti approvati dal Consiglio dei Ministri venerdì 20 febbraio contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il decreto attua la legge n. 183 del 2014 (Jobs Act), riordina le tipologie contrattuali, interviene sui criteri di presunta subordinazione per smascherare false partite IVA e rapporti
Le nuove regole interesseranno anche i lavoratori della pubblica amministrazione, ma a partire dal 1° gennaio 2017. La disciplina che regge il rapporto di lavoro subordinato si applicherà, salvo alcune eccezioni, a tutte le collaborazioni in cui si concretizzino «prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». Un rapporto di lavoro, compresa una collaborazione a partita Iva, dovrà essere trasformato secondo le leggi del lavoro
di presunta subordinazione fissati dalla Riforma Fornero resteranno in vigore per i contratti già in atto alla data di entrata in vigore del decreto. Le tre condizioni che indurranno al sospetto di presunta subordinazione riguarderanno la durata, il fatturato e luogo della prestazione. Per quel che riguarda la durata, saranno suscettibili di dubbio collaborazioni di due anni con uno stesso committente per un periodo superiore ad otto mesi all’anno, così come dovranno essere chiariti fatturati derivanti dalla collaborazione e superiori all’80% dei guadagni che il collaboratore avrà totalizzato in un anno, a
di lavoro subordinato non dichiarati. Ma non modifica la norma Fornero che, dal 2012, esclude i liberi professionisti iscritti agli Ordini, con partita Iva, dagli accertamenti per sospetta subordinazione. A partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali e continuativi saranno applicate le norme del lavoro subordinato. La norma, prima di diventare legge, dovrà ricevere le osservazioni del Parlamento e tornare in CdM, ma quando sarà in vigore non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto. Quelli già in essere proseguiranno sino alla loro scadenza.
subordinato. Una regola che non varrà per le partite Iva dei liberi professionisti iscritti all’Ordine. Ai professionisti, ai rapporti di collaborazione personali, continuativi e con contenuto ripetitivo non si applica la disciplina del lavoro subordinato. Nel loro caso, infatti, si configurano «collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali». La Riforma Fornero aveva stabilito l’esclusione dalla presunzione di subordinazione delle attività professionali che richiedono l’iscrizione a un ordine professionale. I criteri
patto che l’identica percentuale riguardi due anni solari consecutivi. Si vigilerà, infine, sulla sede della prestazione e degni d’attenzione saranno i collaboratori che abbiano una postazione fissa presso il committente. Al verificarsi di almeno due di tali condizioni, e salvo diversa prova fornita dal committente, si presumerà una prestazione in monocommittenza, rispetto alla quale la legge riterrà verosimile, e dunque da accertare, una collaborazione coordinata e continuativa. Ma tali misure, come già confermato, anche dall’Inail, non si applicano alle partite Iva dei liberi professionisti.
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Caso Ecm. Se la formazione non fa credito Tremano le altre categorie dopo la cancellazione dei medici competenti
Il riordino delle tipologie contrattuali previsto dal decreto attuativo del Jobs Act non cambia le norme-Fornero: i liberi professionisti iscritti all’Albo restano esclusi dal sospetto di falsa partita IVA e di subordinazione mascherata. Uno dei quattro decreti approvati dal Consiglio dei Ministri venerdì 20 febbraio contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il decreto attua la legge n. 183 del 2014 (Jobs Act), riordina le tipologie contrattuali, interviene sui criteri di presunta subordinazione per smascherare false partite IVA e rapporti di lavoro subordinato non dichiarati. Ma non modifica la norma Fornero che, dal 2012, esclude i liberi professionisti iscritti agli Ordini, con partita Iva, dagli accertamenti per sospetta subordinazione. A partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali e continuativi saranno applicate le norme del lavoro subordinato. La norma, prima di diventare legge, dovrà ricevere le osservazioni del Parlamento e tornare in CdM, ma quando sarà in vigore non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto. Quelli già in essere proseguiranno sino alla loro scadenza. Le nuove regole interesseranno anche i lavoratori della pubblica amministrazione, ma a partire dal 1° gennaio 2017. La disciplina che regge il rapporto di lavoro subordinato si applicherà, salvo alcune eccezioni, a tutte le collaborazioni in cui si concretizzino «prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui APRILEDUEMILAQUINDICI
modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». Un rapporto di lavoro, compresa una collaborazione a partita Iva, dovrà essere trasformato secondo le leggi del lavoro subordinato. Una regola che non varrà per le partite Iva dei liberi professionisti iscritti all’Ordine. Ai professionisti, ai rapporti di collaborazione personali, continuativi e con contenuto ripetitivo non si applica la disciplina del lavoro subordinato. Nel loro caso, infatti, si configurano «collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali». La Riforma Fornero aveva stabilito l’esclusione dalla presunzione di subordinazione delle attività professionali che richiedono l’iscrizione a un ordine professionale. I criteri di presunta subordinazione fissati dalla Riforma Fornero resteranno in vigore per i contratti già in atto alla data di entrata in vigore del decreto. Le tre condizioni che indurranno al sospetto di presunta subordinazione riguarderanno la durata, il fatturato e luogo della prestazione. Per quel che riguarda la durata, saranno suscettibili di dubbio collaborazioni di due anni con uno stesso committente per un periodo superiore ad otto mesi all’anno, così come dovranno essere chiariti fatturati derivanti dalla collaborazione e superiori all’80% dei guadagni che il collaboratore avrà totalizzato in un anno, a patto che l’identica percentuale riguardi due anni solari con-
secutivi. Si vigilerà, infine, sulla sede della prestazione e degni d’attenzione saranno i collaboratori che abbiano una postazione fissa presso il committente. Al verificarsi di almeno due di tali condizioni, e salvo diversa prova fornita dal committente, si presumerà una prestazione in monocommittenza, rispetto alla quale la legge riterrà verosimile, e dunque da accertare, una collaborazione coordinata e continuativa. Ma tali misure, come già confermato, anche dall’Inail, non si applicano alle partite Iva dei liberi professionisti.
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Professione e lavoro di ALBERTOMANNI
Se l’energia diviene un mestiere Nuove professioni in crescita. Dall’Energy Manager all’esperto in gestione
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I mestieri dell’efficienza energetica si sono moltiplicati, negli ultimi anni, a fronte dell’aumento esponenziale dell’importanza che il concetto di risparmio d’energia sta assumendo sia per i privati che per le aziende. Diverse normative, sia comunitarie che nazionali, hanno definito, in dettaglio, tre profili professionali specializzati. Si tratta dell’energy manager, il certificatore energetico e l’esperto in gestione dell’Energia. L’energy manager deve individuare azioni, interventi e procedure per promuovere l’uso razionale dell’energia. Prepara bilanci funzionali ai parametri economici e agli usi e alle applicazioni finali, predispone dati richiesti dal Ministero dell’Industria e delle Attività Produttive o si occupa di soggetti, beneficiari di contributi previsti dalla legge. Conosce perfettamente i sistemi di produzione e di utilizzo energetico, ed è un sofisticato esperto delle tecnologie riferite ai suoi ambiti di competenza. La progettazione e gli studi di fattibilità tecnica delle soluzioni ascrivibili al suo settore lo conducono a lavorare a stretto contatto con titolari di aziende prestigiose e desiderose di investire, collaborando proficuamente, sia dall’esterno che dall’interno, con strutture produttive di grande rilievo. Con il passare degli anni, diverse normative di differente segno, da alcune direttive comunitarie ai decreti nazionali, hanno tradito la necessità di un responsabile per l’uso razionale dell’energia. La direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edifici (recepita in Italia dal D.LAPRILEDUEMILAQUINDICI
gs. 192/05), all’art. 10 recita “Gli Stati membri si assicurano che la certificazione e l’elaborazione delle raccomandazioni che la corredano [..] vengano effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati e/o riconosciuti”. La direttiva 2006/32/CE sull’efficienza energetica degli usi finali e i servizi energetici (recepita in Italia dal D. Lgs. 115/08), all’art. 8 (Disponibilità di sistemi di qualificazione, accreditamento e certificazione) recita: “Perché sia raggiunto un livello elevato di competenza tecnica, di obiettività e di attendibilità, gli Stati membri assicurano, laddove lo ritengano necessario, la disponibilità di sistemi appropriati di qualificazione, accreditamento e/o certificazione per i fornitori di servizi energetici, di diagnosi energetiche e delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica[..]”. Col tempo è parso dunque indispensabile tratteggiare con dovizia di particolari la figura di un esperto con requisiti e compiti dettagliati da certificare e in grado di rilasciare certificazioni affidabili. Da questa urgenza è sorta la professionalità specialistica del certificatore energetico che esercita molteplici funzioni d’elevatissima responsabilità. Il certificatore energetico degli edifici, ad esempio, può essere un chimico, regolarmente iscritto al proprio albo professionale ed abilitato secondo lo schema previsto dal decreto apposito (si veda sull’argomento: “Il ruolo del chimico nella consulenza energetica”, Alberto Mannu; Il Chimico Italiano, 2013, 1, 16). Se con la legge 10/91 si era definito l’Energy Manager come “specialista essenziale ad aziende con elevati consumi energetici “e con il D.L. 75/2013 si definiva l’esperto in energia per la certificazione delle prestazioni energetiche degli edifici, rimaneva da affrontare il tema di quali caratteristiche avesse tale figura in tutti gli altri contesti. Il D.L. 115 del 30 Maggio 2008, all’art. 2, comma z definisce l’Esperto in Gestione dell’Energia (EGE): “soggetto che ha le conoscenze, le esperienze e le capacità necessarie per gestire l’uso dell’energia in modo efficiente”. L’art. 16 della stessa legge prevede inoltre l’adozione di una apposita APRILEDUEMILAQUINDICI
norma tecnica UNI-CEI, al fine di determinare una procedura di certificazione volontaria per esperti in gestione dell’energia. La norma tecnica in questione è la UNI CEI 11339:2009 “Gestione dell’energia. Esperti in gestione dell’energia. Requisiti generali per la qualificazione”, pubblicata nel 2009. Essa prevede un meccanismo di accreditamento volontario per EGE, individuando due settori di attività: quello civile, con particolari competenze finalizzate agli utilizzi civili e della pubblica amministrazione, e quello industriale, con particolari com-
ISO 50001, che si configura come uno strumento naturale al servizio degli EGE. L’accreditamento di questa nuova figura professionale fa gola a molti enti di formazione accreditati che non hanno esitato a proporsi sul mercato con corsi appositamente studiati nel rispetto della norma UNI CEI 11339:2009. Gli stessi EM possono diventare EGE mediante accreditamento volontario. Tale possibilità è esplicitamente valorizzata nel DM 28 dicembre 2012 di revisione del meccanismo dei certificati bianchi il quale prevede che le aziende e gli enti pos-
petenze rivolte ai processi produttivi. L’Esperto per la Gestione Energetica ha conoscenze scientifiche, tecniche, normative ed economiche. Deve proporre soluzioni per il risparmio energetico che considerino, con la debita attenzione, le possibilità offerte dal mercato elettrico ed operino all’interno delle direttive del pacchetto clima-energia (20-20-20). Questa figura professionale nasce con l’obiettivo sociale di cambiare l’equilibrio degli interessi tra consumatori, fornitori di energia, gestori di rete ed ESCO (Energy Service Company). Dal punto di vista operativo inoltre l’EGE rientra perfettamente nella descrizione di Responsabile del Sistema Gestione Energia, definito dalla recente norma
sano accedere direttamente a questo incentivo purché nominino un Energy Manager, che dovrà essere certificato EGE entro due anni dalla pubblicazione del decreto ministeriale di recepimento del sopra citato art. 16 del D.Lgs. 115/2008. Importante al fine della professione di Chimico è la possibilità per il Professionista iscritto all’Albo di poter percorrere la via dell’accreditamento volontario sopra citato. Infatti se al principio degli anni Novanta l’energetica sembrava riservata ad Ingegneri e pochi altri, con il D.P.R. 75/2013 (Certificatori Energetici) ed il combinato D.L. 115 del 30 Maggio 2008 - UNI CEI 11339:2009, il Chimico fa il suo ingresso nella cerchia dei professionisti dell’energia.
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Focus di GIULIATORBIDONI
di GIULIATORBIDONI
Le certificazioni stanno diventando obbligatorie? Una notizia stampa apparsa il 24 marzo scorso online, riportava il pensiero del Direttore Kiwa Cermet Italia, membro del Comitato Tecnico Confassociazioni Franco Fontana sul punto Egli ha ricordato che la certificazione della professione, secondo la ISO 17024, è un passaggio volontario. La stessa Legge 4/2013 la indica come “eventuale”, ovvero non vincolante per l’esercizio della professione sia che si tratti di professionista dipendente sia che si tratti di libero professionista. Però, il Decreto Legislativo 13/2013 introduce un elemento, ripreso anche da Accredia (l’Ente italiano di accreditamento), che impone, in caso di norma, di certificare sotto
Accreditamento ... A tutto ciò si aggiunge che due anni fa è stato introdotto dal Ministero l’obbligo della certificazione degli operatori che si occupano di gas fluorurati (gas altamente inquinanti presenti negli apparati finalizzati alla refrigerazione). ... L’atteggiamento pare abbia origine da alcuni fattori essenziali. Il primo è il principio di tutela dei consumatori alla base della legge
Riportiamo a riguardo il pensiero del Consigliere Nazionale dei Chimici dott. Elio Calabrese Il contenuto dell’articolo dà conto del bisogno sempre crescente e diffuso da parte delle associazioni che rappresentano le c.d. professioni non regolamentate (forse sarebbe più appropriato definirle “arti e mestieri non regolamentati” ndr.) di dare evidenza della tracciabilità delle proprie competenze, attraverso la certificazione da parte di un Organismo di certificazione accreditato da ACCREDIA sulla base delle specifiche definite in una apposita norma UNI. Secondo l’autore il fenomeno è dovuto al concorso di due fattori; Il primo è il principio di tutela dei consumatori alla base della legge 4/2013; il secondo, direttamente correlato, è quello della “culpa in eligendo” che potrà evitare al committente responsabilità di varia natura qualora dimostri di aver scelto, e quindi di aver eletto, nel modo migliore possibile un soggetto (impropriamente definito libero professionista ndr) che per esperienza, capacità e affidabilità fornisce un’idonea garanzia a svolgere un determinato incarico. Secondo il Consiglio Nazionale dei Chimici (C.N.C.) è quantomeno auspicabile che un professionista non iscritto a nessun albo venga “verificato” da un soggetto terzo, ma per i professionisti iscritti ad un Ordine, e quindi appartenenti alle Professioni Regolamentate, la verifica del soggetto terzo c’è stata al momento del superamento dell’Esame di Stato e lo Stato esercita il controllo nell’interesse esclusivo del cittadino. In tal senso la recente Riforma delle Professioni, con l’introdu-
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4/2013. Il secondo, direttamente correlato, è quello della “culpa in eligendo” che in alcuni settori è molto importante. Di che cosa si tratta? Della particolare responsabilità addebitabile a un soggetto per avere scelto un terzo, a cui ha affidato una determinata attività o un determinato compito, qualora si siano verificati, per sua causa, fatti illeciti. Si è di fronte, cioè, a una responsabilità oggettiva perché colui che ha demandato risponde anche dei fatti di colui che è stato demandato.
zione dell’obbligo di Formazione Continua Professionale, di Assicurazione Professionale, di nuove norme deontologiche e disciplinari, ha accentuato il divario, in termini di “certificazione delle competenze” tra le Professioni Regolamentate e le c.d. professioni non regolamentate. La vigilanza esercitata dai Ministeri competenti, attraverso i Consigli Nazionali e gli Ordini Professionali serve a garantire nel miglior modo la competenza dei Professionisti che vi afferiscono. Come affermato dal Presidente del C.N.C. Prof. Armando Zingales in occasione del Professional Day, oggi le professioni regolamentate hanno senso per garantire gli interessi primari (generali, costituzionali ecc.) dei cittadini, specialmente in caso di asimmetrie informative di “affidamento”. Il professionista “presta” la mente e talora il braccio al cittadino che non possiede la preparazione culturale e l’esperienza necessarie per risolvere i suoi propri problemi. Se alla cultura e all’esperienza si aggiunge la deontologia e controllo pubblico, si parla, a ragione, di professionalità e di professioni ordinistiche. Più che di tutela delle professioni si dovrebbe parlare, a ragione, di tutela dei cittadini da coloro che abusando della pubblica fede si spacciano per professionisti regolamentati e non sottostanno a nessun controllo ne’ deontologico, ne’ culturale, ne’ professionale (valga a solo titolo di esempio l’obbligo di formazione continua professionale). In tal senso la tutela delle professioni regolamentate è di interesse pubblico. L’informazione ai cittadini/clienti e’ essenziale, anche per far comprendere come corrispettivi troppo “fuori mercato” nascondono certamente dei tranelli per il cliente indifeso.
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Giovani e occupazione: studiare serve ancora
I dati dell’ultimo rapporto Almalaurea sulla condizione lavorativa a cinque anni dalla laurea: il titolo può fare la differenza
Studiare serve ancora a qualcosa. E fare l’Università può segnare la differenza sul piano occupazionale. Secondo l’ultimo rapporto di AlmaLaurea, il Consorzio interuniversitario che fornisce dati e analisi sulla condizione dei neolaureati e del loro ingresso nel mondo del lavoro, il tasso di disoccupazione tra il 2007 e il 2014 è infatti passato dal 9,5% al 17,7% tra i neolaureati e da 13,1% al 30% tra i neodiplomati. Una situazione di sicuro non positiva per i giovani sotto i 34 anni, ma che dimostra una differenza tra chi si ferma alla maturità e chi, invece, prosegue in quale ateneo la sua carriera scolastica. In questo contesto, poi, si devono fare ulteriori distinguo. I laureati magistrali che, a cinque anni dalla laurea, riescono ad ottenere più risultati sul piano occupazionale sono quelli delle professioni sanitarie (97%), seguiti dagli studenti di ingegneria (95%) e da quelli del settore chimico-farmaceutico ed economico-statistico (90%). Ad inseguire il gruppo di testa, ci sono i ragazzi dei gruppi di insegnamento (80%), del settore geobiologico (79%), di quello giuridico (77%) e di quello letterario (75%).
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Normative
L’anniversario
di ANTONIORIBEZZO
di ANDREAZACCARELLI
Il Mef chiude il match
“Il nostro impegno contro le armi chimiche” In occasione del centesimo anniversario del loro primo massiccio impiego nel conflitto mondiale 1914-18, la Società Chimica Italiana e il Consiglio Nazionale dei Chimici ricordano il valore delle scienze come portatrici di sviluppo e benessere al servizio dell’uomo e delle cause umanitarie
I professionisti, iscritti all’Albo e lavoratori dipendenti, che svolgano prestazioni occasionali devono aprire la Partita Iva e i relativi compensi di tali prestazioni extra sono da considerarsi quali quelli da lavoro autonomo
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Partita Iva sì o no? Decisamente sì. E a dirlo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La vicenda nasce da una nota del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri cui lavoratori occasionali. Secondo il Cni, infatti, i professionisti lavoratori dipendenti e iscritti ad un albo potevano esercitare lavori occasionali, senza limiti di tempo entro cui svolgere la prestazione né di compenso e senza l’obbligo di avere la partita Iva. Un’ipotesi contro cui si sono levate da più parti tante contestazioni, soprattutto da chi, ingegnere o architetto, è dedito esclusivamente alla libera professione e che vedevano nella possibilità di svolgere attività professionale senza partita Iva una concorrenza sleale. Gli stessi dubbi sono stati espressi anche da Inarcassa che li ha indirizzati direttamente al Ministero: “Nel caso in cui un professionista, che svolge attività professionale a latere di un rapporto di lavoro dipendente, sia messo in grado di avanzare un’offerta economica sulla quale non gravi né l’Iva né il contributo integrativo si produrrebbe un effetto dumping”. Ecco perché secondo la Cassa la nota del Cni era ‘frutto di una errata sovrapposizione di piani normativi distinti e non coincidenti’ e di ‘un ribaltamento della ratio della normativa’. Con l’obiettivo di chiarire il tema, quindi, il Cni è tornato sull’argomento specificando che per considerare occasionale il lavoro professionale svolto da un dipendente iscritto all’albo devono sus-
sistere caratteristiche come saltuarietà, eccezionalità e non ripetitività e l’attività deve essere svolta senza vincolo di subordinazione con il committente. Un chiarimento che, però, non è bastato a far luce. Per questo il Mef ha deciso di intervenire in modo più incisivo: “Il documento redatto dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri – scrive il dicastero - prende in considerazione la diversa ipotesi di un soggetto iscritto in un albo professionale, contestualmente titolare di un rapporto di lavoro dipendente, al quale si garantisce la possibilità di svolgere senza obbligo di apertura di partita Iva collaborazioni impropriamente definite come ‘occasionali’ atteso che per le medesime, dal punto di vista fiscale, non è richiesto né il rispetto del limite di durata massimo, pari a 30 giorni, né il limite dei compensi percepibili nell’anno solare, pari a 5mila euro. Si fa presente – ha concluso il Mef - che nel caso rappresentato, qualora l’attività svolta dal soggetto rientrasse tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo, i relativi compensi sarebbero considerati quali redditi da lavoro autonomo con conseguente integrale soggezione degli stessi alla relativa disciplina”. Il chiarimento che mette la parola ‘fine’ sulla questione della prestazione occasionale degli iscritti all’albo e tranquillizza quanti temevano una concorrenza sleale. APRILEDUEMILAQUINDICI
“L’infausta ricorrenza del 22 aprile 2015, il centesimo anniversario del primo massiccio impiego delle Armi Chimiche durante il conflitto mondiale della Guerra 1914-18, può e deve essere utilizzata per alimentare la ricerca e consolidare la riflessione sull’etica della scienza come portatrice di sviluppo e benessere sempre più al servizio dell’uomo e delle cause umanitarie”, la Società Chimica Italiana e il Consiglio Nazionale dei Chimici si impegnano a non far restare parole mute quelle spese contro gli armamenti chimici, unendosi alle altre istituzioni ed associazioni di tutto il mondo, nel ricordare quel tragico evento ai propri soci e più in generale alla opinione pubblica del Paese. Non dimenticare insomma e più ancora investire sul progresso per ribaltare concezioni e accadimenti storici: le prime, quelle che associano la chimica alle armi di distruzione; le seconde, dati di fatto che la categoria si impegna a controbilanciare promuovendo idee ed azioni di valorizzazione della pace. Seguendo questo indirizzo Sci e Cnc, hanno dato la propria convinta adesione alle cerimonie commemorative svoltesi ad Ypres in Belgio il 22 Aprile da parte dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW). A tale cerimonia, in rappresentanza dei chimici europei e per testimoniare il convinto impegno contro le armi chimiche, è stata presente una delegazione dell’EuCheMS (European Association for Chemical and Molecular Sciences), guidata dal suo Presidente Prof. David Cole-Hamilton. “La SCI e il CNC continueranno a svolgere APRILEDUEMILAQUINDICI
il loro ruolo di divulgazione ed educazione - hanno ricrodato per l’occasione Raffaele Riccio, Presidente della Società Chimica Italiana e Armando Zingales, Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici - soprattutto delle nuove generazioni, cosi come avvenuto recentemente in collaborazione con il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, le Università Italiane, gli Enti di Ricerca e le associazioni industriali e di categoria”. I professionisti della chimica sono a disposizione anche nelle azioni di disinnesco dei potenziali chimici, ricordano i due presidenti, “come accaduto nei mesi scorsi curando il passaggio delle navi in Calabria che recavano con sé l’arsenale siriano”.
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Fotosintesi
News
La Sonda Rosetta e la prima cellula della vita che viene dallo spazio
La ricerca che “tesse” il futuro Un team di ricercatori Clarkson University di New York, guidato da David Mitlin, ha scoperto come replicare alcune delle proprietà del grafene adoperando le molto più economiche fibre di canapa derivanti dagli scarti di lavorazione delle industrie tessili. La scoperta è stata pubblicata su ACS Nano Journal. Il procedimento che permette di passare dalle fibre di canapa ai super-condensatori inizia con una fase di cottura, “quasi come in una pentola a pressione” come lo stesso Mitlin ha detto. Si tratta di un processo chiamato sintesi idrotermale. Dopo aver dissolto la lignina e la emicellulosa, restano questi nanofogli di carbonio, una struttura che somiglia al grafene. Mitlin ha anche detto che, con la canapé, non si possono riprodurre tutte le proprietà del grafene,ma l’utilizzo di queste fibre per l’immagazzinamento dell’energia secondo il responsabile della ricerca-corrisponde ad un risparmio molto consistente quantificabile in un costo dell’1% rispetto ai costi con grafene. si formano molecole anche molto complesse.
Atterrato sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko lo scorso 12 novembre, il lander Philaene ha perforato la superficie. A bordo della sonda Rosetta, distante pochi chilometri, lo spettrometro Virtis, una complessa telecamera con 840 colori (costruita in Italia), sta raccogliendo dati sulla composizione dei minerali e delle sostanze chimiche della cometa. I risultati, per ora, mostrano che sulla superficie non c’è acqua (sebbene sia presente in grande quantità qualche centimetro sotto il suolo), ma una polvere formata da materiali scuri, con grande abbondanza di carbonio, con composizione ancora da determinare, come dice Fabrizio Capaccioni dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Frascati, responsabile scientifico di Virtis. Oltre alle molecole già previste dagli scienziati, ossia metano e vari idrocarburi (etilene, benzene, toluene), ci potrebbero essere anche composti come gli acidi carbossilici, che contengono carbonio e ossigeno e, se combinati con le ammine, formano aminoacidi. Gli aminoacidi possibili sono tantissimi ma, per qualche motivo, tutte le forme di vita sulla Terra sono composte solo da una ventina di questi, mentre, sui meteoriti, se ne trovano altri. Sarà comunque una ricerca impegnativa, perché gli spettri delle molecole organiche sono difficili da riconoscere, soprattutto quando si presentano in una miscela così complessa. I dati di Rosetta aprono un interrogativo: il primo seme della vita potrebbe essere venuto dallo spazio? Come nelle stelle si producono i nuclei degli atomi, nello spazio interstellare, dove viaggiano le comete, si formano molecole anche molto complesse.
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LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE
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Io, un chimico di VERONICAFERMANI
“Così ho liberato i suoni...”
Chi è Nicola Sani Nato a Ferrara nel 1961, Nicola Sani è compositore, direttore artistico, manager culturale e giornalista. È attualmente consulente artistico del Teatro Comunale di Bologna, consigliere di amministrazione della Fondazione “Archivio Luigi Nono di Venezia”, consigliere artistico della IUC. Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, consulente dell’Accademia Tedesca “Villa Massimo” e dell’American
Nicola Sani, musicista, compositore, sovraintendente del Teatro Comunale di Bologna racconta il progetto “Chemicalfree” Un viaggio nel microcosmo della materia” prodotto lo scorso anno a Padova nell’ambito del progetto “SaMPL per la diffusione della cultura scientifica” dal Living lab SaMPL del Conservatorio “C. Pollini” in collaborazione con il Centro d’Arte degli studenti dell’Università, il Dipartimento di Scienze Chimiche, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione - Centro di Sonologia Computazionale, il Cmela - Centro Multimediale eLearning di Ateneo. Un figlio d’arte, ma non per la passione musicale che l’ha reso il noto Maestro Nicola Sani, quanto invece per quel pallino che ha fatto della chimica non solo un’inevitabile eredità paterna, ma una vera, grande passione. Approccio scientifico e metodico da una parte, leggerezza e creatività dall’altra. Come si conciliano in lei l’anima scientifica e quella artistica? Mio padre è un chimico. È nato a Ferrara, città simbolo per questo settore. È stato il primo sperimentatore del poliretano espanso. Poi ha scelto di dedicarsi al giornalismo e alla cultura, ma la chimica è rimasta un pezzo della mia vita. Sono sempre stato molto attento da musicista al rapporto tra musica e scienza. Accanto alla mia formazione di compositore ho portato avanti un lavoro di ricerca con il supporto della tecnologia. In particolare mi sono soffermato sul rapporto tra suono e ana-
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lisi del fenomeno sonoro dal punto di vista acustico, con la sua possibilità di restituzione sotto forma di suono sintetico, elettronico. Dunque il mio è stato ed è uno studio delle nozioni scientifiche, matematiche e fisiche legate agli elementi costitutivi del suono: la composizione timbrica, ma anche la sua costruzione in quanto fenomeno complesso regolato da numerosi parametri e, quindi, scomponibile. Il computer è stato lo strumento ideale per poter fare tutto questo. Mi ha aiutato a creare un suono nuovo andando oltre la classica emissione da parte degli strumenti musicali, sfuggendo dunque alle logiche preorganizzate. Così ho liberato i suoni. Per questo tipo di percorso scientifico è estremamente appassionante, perché mi consente di accoppiare i suoni tradizionali a queste nuove conoscenze. È un suono nuovo che dialoga con quello antico. Si è lavorato sulla fisica in ambito musicale. Poco sulla musica. Ecco ho cercato di fare proprio questo.
Come nasce il progetto Chemicalfree e quali obiettivi si pone? È un progetto unico, il primo di questo genere. La chimica entra all’interno di un opera musicale costruita secondo le logiche della sperimentazione e della ricerca più innovativa, creando un’interazione rivoluzionaria tra interprete e evento sonoro. Un’opera multimediale che è un viaggio nel microcosmo della materia, un luogo in cui, pur essendoci uno spazio definito, esistono infinite possibilità. È un indagine dentro al suono che si propaga: come se andassimo a scomporlo nelle sue parti. Si tratta di un’esperienza conclusa o ci sarà uno sviluppo successivo? Il lavoro, svolto in collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Padova, è un risultato che può certamente prevedere uno sviluppo complessivo. Presentato alla biennale un una forma completa rispetto allo studio
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Academy in Rome per l’Italian Affiliated Fellowship. È inoltre ideatore e direttore artistico del Progetto “Sonora” promosso dal Ministero degli Affari Esteri italiano per il sostegno e la diffusione illustrato precedentemente a Padova, è diviso in tre episodi: il primo per contrabbasso ed elettronica, il secondo per pianoforte ed elettronica e il terzo per flauto iperbasso ed elettronica. In particolare, al pianoforte e al flauto iperbasso viene applicata il particolare sistema di “motion capture”. Questa tecnica permette l’elaborazione del suono in tempo reale mediante il controllo del gesto dell’interprete attraverso sensori luminosi. Le immagini utilizzate nel corso dell’opera hanno una loro caratteristica legata al mondo della chimica: nella parte iniziale ad esempio, la telecamera viaggi in un laboratorio, visto come struttura silenziosa. Esso si racconta esclusivamente attraverso il suono della materia che cola. Progressivamente si passa dal laboratorio artificiale a quello naturale, con il rendering di strutture molecolari e suoni infinitamente gravi che evocano scenari averni. I testi sono realizzati, scelti e organizzati da Giulio Peruzzi, grande filosofo della scienza. Il fatto che questo lavoro sia nato da un impulso del MIUR, è un fatto positivo per il mondo della scienza. Il titolo è associato ad un punto interrogativo, a sottolineare l’ambiguità dell’etichetta “Chemicalfree” apposta ai prodotti che sarebbero liberi da sostanze chimici. La domanda è se sia possibile un mondo libero da prodotti chimici. Domanda retorica in un mondo che è per sua natura un mondo chimico.
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della nuova musica italiana all’estero, in collaborazione con la Federazione CEMAT.
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Voci dal territorio di SERGIOSINIGAGLIA
“Un problema di salute pubblica” Il 16 aprile ad Avezzano si è tenuto il convegno “Doping: se lo conosci lo eviti”. Tra i relatori era presente il giornalista sportivo de La Repubblica, Eugenio Capodacqua. Ne abbiamo approfittato per rivolgerli alcune domande
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Quali sono le maggiori difficoltà per una efficace lotta al doping? La difficoltà maggiore si manifesta già nell’impostazione del sistema di controllo. Lo sport che controlla se stesso non può funzionare nel momento in cui esistono enormi interessi economici (pubblicità, sponsor, diritti tv) che regolano il mondo delle attività di vertice. Controllato e controllore coincidono e questo porta a confezionare regole confuse, mai certe, che si possono stiracchiare da un lato o dall’altro. Inoltre c’è il continuo progresso della farmacologia; la scoperta o l’affinamento di sempre nuove sostanze che, pensate e studiate per risolvere gravi problemi di salute (l’epo, la famigerata eritropoietina che ha sconvolto negli ultimi lustri gli equilibri e i risultati dello sport mondiale è un farmaco salvavita: serve per i malati di reni e di tumore…) vengono usate da medici disinvolti per migliorare le prestazioni di sportivi sani, comporta un allargarsi a dismisura dei test di controllo. Oltre ai ritardi evidenti fra la fase di scoperta della sostanza e l’individuazione di un metodo per trovarla nei test ematico o dell’urina. C’è poi il problema della globalizzazione che ha reso facilissimo procurarsi attraverso internet farmaci proibiti. Esiste un mercato mondiale del doping attualmente non meno articolato e redditizio rispetto a quello APRILEDUEMILAQUINDICI
della droga. Un problema per risolvere il quale si sta facendo molto poco in chiave mondiale. Un mercato che si sta allargando ai prodotti di origine genetica (doping genetico) di fronte ai quali ancora non esistono strumenti adeguati di contrasto. Il Consiglio Nazionale dei Chimici da tempo propone misure come il passaporto biologico che consentirebbe di accorgersi in tempo della positività dell’atleta, il passaporto termodinamico per capire se la fisiologia giustifica il dispendio di energia di atleti che “hanno il motore di una 500 e poi corrono come una Ferrari” o il passaporto antropometrico utile per dare una misurazione precisa delle ossa smascherando uno sviluppo anomalo. Che ne pensa? Credo che il Consiglio Nazionale dei Chimici abbia fatto bene a pensare fin da subito ad un meccanismo che consenta di bypassare la ricerca diretta di sostanze e metodi vietati attraverso l’ideazione di una sorta di passaporto biologico. L’intuizione – quasi 15 anni fa – del professor D’Ottavio sfociata nell’ormai famoso programma di controllo “Io non rischio la salute” era quella giusta. Strano a dirsi ma vero e comprovato dalle cronache: i dirigenti dello sport nazionale l’hanno osteggiata e fatta fallire, preoccupati della sempiterna caccia alle medaglie. Unico vessillo, in un paese in cui non esiste o quasi sport nella scuola né cultura sportiva, da sbandierare davanti ai politici per giustificare un APRILEDUEMILAQUINDICI
carrozzone da oltre 400 milioni di euro come il Coni. Ora la Wada ha accettato il principio del monitoraggio continuo dell’atleta; dell’individuazione dei parametri individuali più rilevanti e della cosiddetta variabilità individuale. E ferma coloro che smarginano dalla “forchetta” dei valori stabiliti singolarmente atleta per atleta. Attualmente il passaporto è fatto solo su valori ematici, ma è chiaro che allargandolo ad altri parametri (ormonali, termodinamici, ecc.) diventa uno strumento sempre più potente ed efficiente di lotta.
Dell’argomento si parla di fronte a fatti eclatanti, quando ad essere coinvolti sono nomi famosi. Ma c’è un “doping diffuso” quello dei tanti atleti amatoriali che usano sostanze proibite per migliorare la propria performance. Cosa bisognerebbe fare in questo ambito? Il doping ormai si è diffuso fino alle fasce giovanili e agli amatori. E’ quello il vero “mercato” del farmaco, delle sostanze e delle pratiche proibite. Ed è stimato (indagine di “Libera”, l’associazione contro tutte le mafie) in Italia attorno ai 700 milioni di euro/anno. In forte espansione. L’esempio della caccia al risultato a tutti costi proposto al vertice crea seguaci a tutti i livelli scendendo per i “rami”. E l’inefficienza dei controlli ufficiali (positività ai test ufficiali ridicole, attorno al 2%) rende il fenomeno ancora più marcato. Ormai per diffusione e ampiezza di mercato il fenomeno è diventato un problema di salute pubblica. Ma i politici ancora tardano a intervenire con leggi e strumenti adeguati alla gravità. Alla base del fenomeno c’è un aspetto culturale. La competizione esasperata porta a vincere barando. Forse il lavoro principale, anche in questo caso, andrebbe fatto nelle scuole La cultura in generale, dunque anche quella sportiva va fatta negli ambienti adeguati: cioè nelle scuole e nelle famiglie prima di tutto. Per questo promuovere iniziative di formazione e informazione diventa uno degli strumenti più adeguati ed efficaci perché le cose possano cambiare nel futuro.
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Spazio Expo di ANDREAZACCARELLI
L’insostenibile peso degli alimenti In vista dell’Esposizione Universale ricerche ed analisi sul consumo di cibo degli italiani e le iniziative del Ministero
Due adulti su cinque in eccesso ponderale, di cui il 31% in sovrappeso e l’11% obeso. La Giornata Mondiale della Sanità dedicata alla sicurezza alimentare è servita anche per il tagliando alle bilance - e pance - degli italiani. Il 7 aprile scorso, infatti, anche in Italia, una serie di ricerche ed analisi hanno puntualmente accompagnato la Giornata voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, da cui è uscito un quadro piuttosto illuminante nel rapporto tra cittadinanza e cibo (oltre che una dettagliata analisi in tema di contraffazioni alimentari). Basilicata e Campania sono le regioni con le prevalenze più alte di eccesso adiposo (rispettivamente 49% e 48%), la provincia autonoma di Bolzano fanalino di coda virtuoso (33%). In occasione della Giornata, attenzione al cibo è stata predicata con cura anche dal Ministro alla Salute Beatrice Lorenzin, con l’invito alla responsabilità ai cittadini “chiamati a compiere nel proprio ambiente domestico scelte alimentari consapevoli, a cominciare dalla lettura dell’etichetta”. Le istituzioni vigilano sulle scorrettezze, fa capire il Ministro Lorenzin, ma è gradito anche il buon principio dell’autocontrollo, e del controllo: passi quindi la cultura della consapevolezza di che cosa si mette in borsa e poi, di sponda, sulle tavole e nei piatti. Per sensibilizzare in merito, il Ministero ha ben colto l’occasione di Expo: dopo aver sottolineato come l’Italia non sfiguri nelle attività di controllo sulla tutela alimen-
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Ingredienti allergenici: non basta scrivere frutta secca con guscio Arriva la circolare del Ministero che chiarisce le modalità della comunicazione sui prodotti a rischio: occorre la fornitura obbligatoria delle informazioni ai consumatori sugli alimenti
A qualche settimane dall’entrata in vigore del regolamento dell’Unione europea CEE 1169/2011 in merito all’indicazione degli allergeni ai consumatori, il Ministero della Salute nella circolare 06.02.15 illustra le modalità da seguire per le relative informazioni. Il chiarimento riguarda gli alimenti venduti sfusi e preincartati, quelli somministrati nei pubblici esercizi, nelle mense ospedaliere aziendali e scolastiche, negli esercizi di catering o ancora per mezzo di un veicolo o di un supporto fisso o mobile e focalizza l’attenzione sul dovere di indicare la presenza di determinati ingredienti allergenici su ciascuno dei prodotti offerti in vendita o somministrati. Si ricorda che il regolamento UE 1169/11 prevede che gli ingredienti allergenici vengano indicati con il loro nome specifico, e non
tare, il Ministro ha spiegato il motivo di questo percorso virtuoso: “La forza del nostro sistema di sicurezza, che molti Paesi stanno adottando, è quella di esser strutturato secondo un modello one health dove la visione è unitaria, di una sola salute, che passa per quella degli animali e arriva all’uomo“. Ad Expo il Ministro presenta, tra gli altri, il progetto relativo alla campagna sulla corretta nutrizione “Mangia sano. Investi in salute” ed il sito tematico “SalutExpo2015”. Difficile infine, in tempi di strenua difesa del Made in Italy, negarsi un riferimento “al valore mondiale della dieta mediterranea”, così il Ministro. Frutta e verdura in trepida attesa di essere sbucciati, puliti, magari cotti. Mangiati, infine, superfluo anche solo ricordarlo.
solo quello della categoria: bisogna quindi precisare, ad esempio, la presenza di mandorle, noci, nocciole, senza limitarsi a scrivere “frutta secca con guscio“. In base alla circolare, le indicazioni possono essere riportate sui menù, su appositi registri o cartelli o su altro sistema equivalente, anche tecnologico, da tenere sempre in vista, così da consentire al consumatore di accedervi facilmente e liberamente. In sintesi i metodi di indicazione e le modalità di informazione: si ricorda, pertanto, che gli operatori del settore alimentare devono sottoporre il personale a idonea formazione su rischi inerenti la sicurezza alimentare, con peculiare attenzione a quelli legati alla contaminazione da allergeni, e rivedere il manuale Haccp analizzando anche il rischio relativo alla presenza di allergeni.
Missione chimica, un successo Tremila studenti, duecentosettantotto classi del quarto anno delle scuole secondarie superiori, oltre 140 istituti, rappresentanti di sedici regioni italiane, dalla Lombardia alla Sicilia, dal Friuli alla Puglia: numeri e geografia che indicano il successo di Missione chimica, il videogioco ideato e promosso in occasione di Expo dall’Ordine Interprovinciale dei Chimici della Lombardia e dal Consiglio Nazionale, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
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Ricerca. Terminate le eliminatorie nei mesi dell’Esposizione si procederà alle fasi finali nel Padiglione Italia. Un’iniziativa che guarda oltre l’esposizione milanese. “Missione chimica – spiega Emiliano Miriani, Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici della Lombardia – è solo un tassello del progetto di rilancio della materia all’interno del panorama formativo italiano. A conclusione di Expo questo gioco potrà infatti diventare uno strumento di-
dattico da utilizzare nelle nostre scuole”. Insomma, una grande operazione culturale fortemente voluta da chimici italiani. “Vogliamo lasciare il segno – ha dichiarato Armando Zingales, Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici – Questo videogioco ci consente di dialogare in modo chiaro ed innovativo con i nostri giovani per far comprendere loro il ruolo centrale che la chimica riveste per lo sviluppo, non solo del nostro Paese, ma dell’intero Pianeta”.
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Spazio Ricerca
Rubrica
di FRANCESCOFARINELLI
Analisi acque: risultati, LOQ, limiti di legge su diverse matrici
Quando emettiamo e firmiamo un certificato analitico (un Rapporto di Prova come ci impone di denominarlo ACCREDIA), ci troviamo di fronte alla necessità di individuare con precisione la matrice oggetto di analisi, la norma di riferimento per quello specifico campione, i limiti della norma stessa e i metodi di campionamento e analisi adeguati ad evidenziare il rispetto o meno di detti limiti. Questi aspetti diventano sempre più importanti in quanto assistiamo a un evolversi rapido delle tecniche strumentali e delle loro sensibilità analitiche fino a ieri inimmaginabili. e dobbiamo capire bene tra i valori che escono dai tabulati dei software strumentali quali hanno reale significato chimico e fisico e quali sono il mero risultato di algoritmi di calcolo. Tali fattori sono sempre più importanti poiché spesso le norme di legge vigenti (a parte qualche eccezione che illustreremo in seguito) li approcciano con sistematicità. Per ogni matrice\analita dobbiamo individuare: il limite di legge ove esistente, il LOQ (limite di quantificazione), il LOD (limite di rilevabilità), l’MQL (quando vengono apportate modifiche al metodo standardizzato p.es. con fattori di diluizione, concentrazione), l’espressione del risultato, l’incertezza di misura. Qualche collega ricorderà quando, nei rapporti di prova, c’erano risultati con la denominazione “assente” o “tracce”. Si trattava
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di un approccio non scientifico. Esistono oggi software specifici per laboratori di analisi e L.I.M.S. che possono essere di aiuto, benché risultino, talvolta, rigidi nell’utilizzo. Essi si trasformano poi in dati “sensibili” quando abbiamo a che fare con sostanze pericolose nelle acque reflue, dove definire il LOQ strumentale significa dare un giudizio di conformità o di non conformità con tanto di conseguenze tecniche e giuridiche. Non vogliamo in questo sintetico articolo fare un trattato dilungandoci sulle differenze tra LOQ, LOD e MQL, sull’incertezza di una misura ma indugiare su esempi concreti ed esemplificativi. Sappiamo che vale: LOQ=3LOD, ma, per semplicità, useremo i termini indifferentemente.
ACQUE: le diverse matrici Esistono diverse tipologie di acque in relazione alla loro natura ed al loro uso. In termini tecnici parliamo di diverse matrici. Segue un elenco non esaustivo: • Acque sotterranee o di falda • Acque destinate al consumo umano (quelle comunemente dette “potabili”) • Acque superficiali (fluviali, lacustri,..) • Acque di balneazione (p.es. quelle delle piscine) • Acque reflue • Acque per dialisi Cambiando la natura o l’uso (e cioè la matrice), cambiano le norme di riferimento, i limiti di legge ed i relativi limiti di quantificazione (LOQ) o di rilevabilità (LOD) dei metodi applicati. Le acque reflue non avranno gli stessi limiti e LOQ delle acque destinate al consumo APRILEDUEMILAQUINDICI
di NOMECOGNOME e NOMECOGNOME
umano, non saranno analizzate con la stessa sensibilità analitica in quanto avranno effetto matrice di gran lunga maggiore. Ovviamente, per analisi più sensibili dovrò usare scale di misura più sensibili. Come quando si cambia la punta del trapano per fare un foro di ridottissime dimensioni o la marcia alla propria automobile. Per semplicità e chiarezza limitiamoci alle matrici più comuni: acque sotterranee o di falda, acque destinate al consumo umano e acque reflue. Acque sotterranee o di falda La norma di riferimento è il D.Lgs 152/06 e s.m.i., che nella tab. 2, all. 5, parte IV riporta i limiti di conformità. Tali limiti di legge sono molto restrittivi ed i LOQ del metodo applicato devono essere inferiori ai limiti di legge per ogni singolo analita (preferibilmente il 10% del limite di legge). Qui non ci sono dubbi. Vanno applicate le migliori tecniche strumentali e le curve ad alta sensibilità delle stesse. L’effetto matrice è trascurabile. Acque destinate al consumo umano La norma di riferimento, in questo caso, è il D.Lgs. 31/01 e s.m.i. Qui la legge stessa ci aiuta perchè individua, oltre ovviamente ai limiti, anche il numero delle cifre significative del risultato e la sensibilità richiesta in percentuale rispetto al limite. Infatti:“Indipendentemente dalla sensibilità del metodo analitico utilizzato, il risultato deve essere espresso indicando lo stesso numero di decimali riportato in tabella [tabella C – n.d.r.] per il valore di parametro”. La tabella presente nell’allegato III, al paragrafo 2, “Parametri per i quali vengono specificate le caratteristiche di prestazione” specifica per i diversi parametri il “Limite di rilevabilità in % del valore di parametro”. Il valore di parametro è il limite di legge. ANALITA
Tetracloroetilene
Acque reflue La norma è il D.Lgs 152/06 e s.m.i. e la tabella di riferimento è la tab.3, allegato 5, parte III. I limiti di legge sono ovviamente meno restrittivi di quelli relativi alle acque di falda o destinate al consumo umano. I LOQ dovranno essere inferiori ai limiti di legge per ogni analita (preferibilmente il 10% del limite di legge). In questa tipologia di campioni spesso si presenta un effetto matrice importante, tradotto in termini di interferenze analitiche. Queste le problematiche quando dobbiamo certificare la rispondenza di un refluo ai limiti di scaricabilità. Quando però abbiamo a che fare con il controllo di sostanze pericolose, se l’azienda non ha la relativa autorizzazione, dobbiamo procedere diversamente. Secondo l’art.108, § 1 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. “le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti…” dove tali sostanze sono presenti nel ciclo produttivo e “...nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti
dalle metodiche di rilevamento […]”. Compare sempre il termine “presenti” nel ciclo produttivo e in questo caso abbiamo a che fare con schede tecniche e schede di sicurezza, in cui le concentrazioni delle sostanze sono espresse al meglio in mg/L se non in percentuale (%). Contestualmente è riportato un chiarimento relativo ai reflui: presenza in concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti. In questo caso la nostra analisi deve certificare se la concentrazione dei vari analiti è inferiore o meno ai LOQ-LOD dei metodi ufficiali di analisi per le acque reflue (APAT CNR IRSA Man 29/2003) onde stabilire quale autorizzazione allo scarico l’azienda deve richiedere. Se i miei risultati mi danno, per tutte le sostanze pericolose, dei valori inferiori ai LOQ-LOD dei metodi APAT-IRSA, dovrò chiedere un’autorizzazione per refluo non contenente sostanze pericolose, altrimenti dovrò chiedere un’autorizzazione per refluo contenente sostanze pericolose e dovrò monitorarle con regolarità. Quel che abbiamo appena affermato va preso in considerazione all’atto della certificazione di un campione. Esso potrà presentare un differente rapporto di prova a seconda degli scopi dell’analisi: conformità ai limiti delle acque di falda, alla sua potabilità o alla sua scaricabilità, inerentemente alla presenza di sostanze pericolose in presenza o in assenza di specifica autorizzazione. In pratica, se un’azienda possiede autorizzazione per scarichi contenenti sostanze pericolose valgono i limiti di legge della già citata Tab. 3, allegato 5 alla parte III del D.Lgs 152/06 e s.m.i.. Ma se l’azienda ha un’autorizzazione per scarichi non contenenti sostanze pericolose, valgono i limiti di rilevabilità dei metodi ufficiali di analisi fin tanto che la stessa azienda non adegua la sua pratica di autorizzazione. Facciamo un esempio concreto ed una specie di esercizio applicativo:
Acque di falda
Acque potabili
Acque reflue con aut. x sost. pericolose
Acque reflue senza aut. x sost. pericolose
Limite di legge
LOQ
Limite di legge
LOQ
Limite di legge
LOQ
Limite di legge
LOQ
1,1 µg/
0,04 µg/L 10 µg/L (2) (1)
1 µg/L (5)
1 mg/L (3)
0,01mg/L (2)
-
0,1 µg/L (4)
(1) Il limite è riferito alla somma di tricloroetilene e tetracloroetilene (2) LOQ calcolato da laboratorio Accreditato APRILEDUEMILAQUINDICI
Per es., per il tetracloroetilene il Limite di rilevabilità richiesto è il 10% del valore di parametro. Il valore di parametro è 10 µg/L e quindi il Limite di rilevabilità richiesto sarà 1 µg/L (il 10% di 10 µg/L). Per certificare che nell’acqua che sto analizzando il tetracloroetilene è entro il limite di legge (“valore di parametro”) di 10 µg/L, il mio strumento e la mia tecnica analitica devono consentire un limite di rilevabilità di 1 µg/L. È la legge stessa e non una semplice “prassi consolidata” che indica quando è richiesto il 10%, ma anche quando è sufficiente il 20% o il 25% del limite di legge. Sì tratta di una legge di 14 anni fa che precisa aspetti importanti e lascia pochi dubbi interpretativi.
(3) Il limite è riferito all’intera famiglia degli organoclorurati (4) Dichiarato nel metodo di riferimento APAT
CNR IRSA 5150 Man 29/2003 (5) Espressione del risultato imposta dalla Tab. C del D.Lgs. 31/01
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Approfondimenti di GIULIATORBIDONI
Domanda: Stante i dati su scritti, se dai tabulati dei miei strumenti leggo i valori sotto scritti, come devo certificare? Risposta: Valore letto di
Acque di falda
Acque potabili
Tetracloroetilene
Acque reflue
Acque reflue senza aut. x
con aut. x sost.
sost. pericolose
Ecoreati, sì del Senato
Approvato il documento che inserisce i delitti ambientali nel codice penale e incentiva l’attività di bonifica
pericolose 50,00 µg/L
50,00 µg/L
50 µg/L
0,05 mg/L
0,0500 mg/L o 50,0 µg/L
5,00 µg/L
5,00 µg/L
5 µg/L
< 0,01 mg/L
0,0050 mg/L o 5,0 µg/L
0,40 µg/L
0,40 µg/L
< 1 µg/L
< 0,01 mg/L
0,0004 mg/L o 0,4 µg/L
0,05 µg/L
0,05 µg/L
< 1 µg/L
< 0,01 mg/L
< 0,0001 mg/L o < 0,1 µg/L
Per le acque destinate al consumo umano (“potabili”) la legge mi impone i valori indicati. Per le acque reflue (con autorizzazione per scarichi contenti sostanze pericolose), in realtà, posso spingere il LOQ a valori più bassi (anziché lo 0,01 mg/L) e questa scelta viene dettata da una migliore leggibilità del dato. Ma per certificare l’”assenza” nello scarico di una determinata sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 108 del D.Lgs. 152/06 devo obbligatoriamente riferirmi al limite di rilevabilità previsto dal metodo ufficiale di analisi di riferimento (APAT CNR IRSA
5150 Man29/2003) che, nel caso del tetracloroetilene, è di 0,1 µg/L. Domanda: Ma anche per lo stesso campione devo seguire la tabella su detta? Risposta: Si, certamente! Domanda: Ma anche se analizzato con lo stesso strumento? Risposta: Si, certamente! Provate con valori letti di tetracloroetilene di 0,03 µg/L e di 0,60 µg/L e vedrete alcune piccole differenze. Sottolineiamo, in conclusione che l’in-
dividuazione dei metodi, dei LOQ sulle diverse matrici e delle espressioni conseguenti dei risultati è compito precipuo ed unico della professione del chimico. In alcuni casi ci possono essere interpretazioni della legge non perfettamente concomitanti. Può capitare. L’importante è che il chimico, nel corso della sua vita professionale unisca competenza ed onestà. Ma è ugualmente importante sia entrare a fondo nel merito delle norme vigenti, sia mettersi a confronto con i colleghi. Questo è quanto si cerca di fare con questo articolo in tale contesto.
Nella scorsa edizione de Il Chimico Italiano, abbiamo dato conto dell’approvazione, da parte delle commissioni Giustizia e Ambiente del Senato, del Disegno di Legge sugli ecoreati, e avevamo riportato il commento favorevole del Consiglio Nazionale e del Presidente Armando Zingales: “Non possiamo che esprimere un giudizio positivo rispetto a quanto previsto dal testo, appare finalmente la volontà del legislatore di incentivare l’attività di bonifica”. In questo numero, vogliamo aggiornare i lettori con la notizia dell’approvazione del Ddl anche da parte del Senato e riportare alcuni pareri in merito al testo.
Con 165 voti favorevoli, 49 contrari e 18 astenuti, infatti, il Senato ha dato il suo assenso, mercoledì 4 marzo, al provvedimento che, ora, torna alla Camera in terza lettura. Il documento prevede l’introduzione nel codice penale di nuovi reati: il delitto di inquinamento ambientale, di disastro ambientale, di traffico e abbandono di materiale di alta radioattività e il delitto di impedimento di controllo. Vengono raddoppiati i termini di prescrizione per i reati ambientali e, in
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caso di condanna o patteggiamento per reati ambientali, sono previsti la confisca dei beni e il ripristino dello stato dei luoghi, anche se la confisca non sarà applicata se l’imputato ha provveduto a mettere in sicurezza del luogo. Prevista anche la reclusione, da uno a quattro anni, e una multa, da 20mila a 80mila euro, per l’omessa bonifica. Orgoglioso. Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, si è detto “orgoglioso del primo importantissimo passo contro gli ecoreati che è stato compiuto. Sono molte le novità, direi rivoluzionarie, che mi auguro verranno confermate e che non si cambi ‘neanche una virgola’ del testo”. Una giornata importante. Legambiente, l’associazione rappresentata da Vittorio Cogliati Dezza, ha commentato così, sul suo sito, la giornata in cui è stato approvato al Senato il Ddl. “Oggi è una giornata importante nella nostra battaglia per l’inserimento degli ecoreati nel codice penale. In Senato, dopo un’attesa di circa un anno, ha approvato il Ddl che introduce nel nostro ordinamento quattro delitti ambientali (inquinamento ambientale, disastro ambientale, trasporto e abbandono di materiale radioattivo,
impedimento al controllo). Un anno in cui non abbiamo mai smesso di chiedere ai senatori di non aspettare oltre e di mettere fine a una anomalia gravissima del nostro sistema penale che ha portato alla vergogna delle sentenze Eternit e Bussi, solo per citarne qualcuna. Un regalo a chi inquina. Così ha definito il testo Gianfranco Amendola, Procuratore della Repubblica di Civitavecchia ed esperto di diritto ambientale in Italia. È un testo squilibrato. Introduce il concetto di disastro ambientale ‘abusivo’, ovvero di un disastro che può essere punito solo se commesso ‘abusivamente’, altrimenti il fatto non sussiste e si viene assolti. E punire solo chi cagiona abusivamente un inquinamento rilevante, significa accettare che possa essere lecito o addirittura autorizzato. Si tratta, poi, di un testo troppo indulgente. Se uno fa un disastro e poi si pente si evita due terzi della pena. Io credo che l’Italia avrebbe
dovuto recepire la direttiva europea sul diritto ambientale. Invece sono state fatte un sacco di aggiunte e distinguo che rendono più difficile il compito dell’interprete.
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Approfondimenti
Il futuro dell’energia nell’infinitamente piccolo
Alla ricerca sei miliardi
Scoperti i processi che avvengono nelle reazioni chimiche rapidissime, nell’arco di femtosecondi. Porte aperte, ora, all’immagazzinamento della forza solare che compiono le piante
Finora era stato impossibile cosa avvenisse nelle piante quando immagazzinano l’energia solare. Tutto accadeva troppo velocemente per gli occhi umani, e anche per quelli tecnici, per fermare il momento, analizzarlo e studiarlo. Ora non è più così e, per la prima volta, è possibile osservare quello che accade nelle reazioni chimiche rapidissime, quelle cioè che avvengono nell’arco di femtosecondi, ossia nella frazione di milionesimi di miliardesimi di secondo. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista Nature e apre la strada alla possibilità di sfruttare l’energia solare in modo più efficiente. Ma come è stato possibile? Nell’impresa si sono tuffati 21 ricercatori provenienti da 11 centri, tutti coordinati dal tedesco Helmholtz Virtual Institute. Un lavoro enorme, il loro, con un anno di test, 60 ore di misure e quattro anni di valutazione dei dati. Ma il risultato non delude e oggi si può dire che il livello raggiunto dagli scienziati non ha precedenti, tanto che si arriva a poter vedere come una particella di luce, il fotone, innesca una trasformazione in un composto metallico nel momento in cui lo colpisce. Una svolta importantissima per la ricerca e che apre la porta dell’infinitamente piccolo studiato dalla meccanica quantistica. Grazie alla chimica quantistica, dunque, sarà possibile riprodurre e controllare in laboratorio il processo di immagazzinamento dell’energia solare che le piante compiono naturalmente. Ora, anche i tempi ultra rapidi nei quali avviene questo fenomeno, possono essere scandagliati con precisione e professionalità. “Il risultato – ha commentato il coordinatore della ricerca, Philippe Wernet – potrà aiutare a utilizzare questi processi per ottenere una conversione più efficiente dell’energia solare in energia chimica”.
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FameLab, la scienza al tempo dei talent Un talent-show internazionale. Tema, la ricerca. Partecipanti: studiosi appassionati della divulgazione. La figura dello scienziato chiuso nel suo laboratorio e isolato dal mondo, se mai è stata realistica, oggi è qualcosa di totalmente distante. I ricercatori del nuovo millennio sono armati di social network, tecnologie d’ultima generazione, metodi all’avanguardia e una grande passione per comunicare il loro lavoro agli altri. Cosa poteva condensare meglio tutte queste caratteristiche se non un talent show in tempi di reality e talent? Nasce così FameLab, la competizione internazionale ideata dal Festival della Scienza di Cheltenham, in Gran Bretagna, e promossa in 25 Paesi del mondo dal British Council, l’ente culturale britanni. Alla gara partecipano anche 14 italiani, nove ragazzi e cinque ragazze, che hanno vinto le selezioni locali, che si sono tenute a Bologna, Perugia, Ancona,
Ecco i primi tre classificati di FameLab 2015: Federico Fortuni, primo classificato, studente di Medicina; Raffaele Silvani, fisico, secondo classificato; Pierfrancesco Volpi, terzo classificato, studente di chimica.
Trieste, Padova, Genova e Napoli, e che si sfideranno il 9 maggio nella cornice dell’Expo di Milano per ottenere il titolo italiano e volare così a Cheltenham dove a giugno si terrà la finalissima. In tre minuti, sul palco e con un microfono, dovranno parlare di scienza e ricerca e, ovviamente, conquistare il pubblico. Come a dire, quindi, che lo scienziato d’oggi sa essere anche travolgente.
APRILEDUEMILAQUINDICI
Sta per diventare realtà il Piano nazionale della Ricerca (Pnr) che durerà tre anni: meno della metà le risorse ministeriali. Per il resto ci pensa l’Europa
Sei miliardi in tre anni. Questo il Piano nazionale della Ricerca (Pnr) presentato dal ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Stefania Giannini, ai vertici dei dodici enti pubblici di ricerca vigilati dal Miur. Dei sei miliardi, 2,4 sono quelli stanziati dal dicastero, mentre i restanti sono risorse europee. La visione di insieme, però, è più a lungo termine, su un periodo di sette anni. Efficientamento della spesa, formazione, internazionalizzazione. Sono solo alcuni dei sei obiettivi centrali del Piano che punta all’estero, soprattutto all’Europa, per reperire fondi disponibili alla luce del più grande programma di ricerca della Commissione Ue, Horizon 2020. L’obiettivo è investire il 40% delle risorse per formare i ricercatori e attrarre talenti dall’estero, ma anche per aiutare i nostri scienziati ad affrontare più facilmente i bandi dell’Unione Europea. Altra priorità è il sostegno alle infrastrutture per la ricerca: si punta alla collaborazione tra pubblico e privato, soprattutto per incentivare i cluster tecnologici, e ad azioni specifiche a sostegno del Mezzogiorno. Da ultimo, l’efficientamento della spesa, con un monitoraggio costante perché sia effettivamente coerente con gli obiettivi. “Il Piano definirà la nostra strategia nazionale nella ricerca – ha detto Giannini – stabilendo le priorità del Paese per i prossimi sette anni. Un punto importante sarà il raccordo degli obiettivi nazionali con quelli regionali”.
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Cos’è il Pnr Il Piano Nazionale per la Ricerca, che diventa settennale (2014 – 2020) per allinearsi con il Programma Quadro europeo Horizon 2020, è frutto di una consultazione ampia che ha coinvolto gli stakeholder maggiori, pubblici e privati, centrali e regionali, e ne ha raccolto le manifestazioni di interesse. Esso tiene in considerazione il processo che, a livello europeo, ha condotto gli Stati Membri ad identificare le sfide maggiori che la società contemporanea deve affrontare e risolvere, ma le declina in traiettorie di sviluppo disegnate dai bisogni espressi territorialmente dal-
le comunità dei cittadini. Tre sono gli assi prioritari sui quali il Programma si muove: • lo sviluppo e l’attrazione di capitale umano altamente qualificato da inserire nel tessuto produttivo del Paese; • l’identificazione di un numero limitato di importanti progetti tematici di forte impatto sul benessere dei cittadini; • la promozione, anche attraverso il trasferimento di conoscenza e competenze, della capacità di innovare e di competere da parte del sistema delle imprese, in particolare delle piccole e piccolissime.
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Approfondimenti
Il super batterio che attanaglia la Puglia La Xylella fastidiosa colpisce gli ulivi disseccandoli. Per ora si agisce con lo sradicamento delle piante, ma secondo gli scienziati non basta: “Si deve colpire anche l’insetto che veicola il virus”
Xylella fastidiosa. Per quanto possa essere difficile da memorizzare, il suo nome è ormai famoso e conosciuto. Si tratta del super-batterio che sta distruggendo migliaia di ulivi in Puglia, comportando gravi conseguenze anche sul piano economico. Dopo la Francia e l’Algeria, anche il Marocco ha deciso di bloccare le importazioni degli esemplari pugliesi per evitare il rischio contagio. Il blocco, inoltre, non riguarda solo gli ulivi, ma anche agrumi, viti, oleandri, querce e roseti. Tutte colture potenzialmente ospiti del patogeno. Una vera e propria psicosi che pesa anche sul piano politico se è vero che a fine aprile il Comitato permanente europeo per la salute delle piante dovrà decidere se le azioni del commissario straordinario, Giuseppe Silletti, dovranno essere più dure oppure no. Sul tema, inoltre, sarà anche il Parlamento europeo a esprimersi. Un modus operandi che mette alle strette il nostro Paese visto che la linea francese potrebbe essere imitata anche da altri Paesi, come Spagna, Portogallo e Grecia. La situazione è, quindi, delicata: dopo i primi abbattimenti, gli altri tagli di alberi sono congelati a causa dei presidi dei cittadini e si procede con le arature necessarie per abbassare la presenza dell’insetto che veicola il virus. Un lavoro enorme che pesa sulle spalle dei
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proprietari terrieri e con cui si spera di ottenere clemenza da Bruxelles. Abbattere gli ulivi centenari pugliesi, però, non basta. Secondo alcuni ricercatori che stanno studiando il problema, il super-batterio va distrutto al cuore del microrganismo, ma bisogna colpire anche l’insetto che lo diffonde. Non solo. Sono importanti anche azioni preventive sul terreno per intercettare il batterio con la diagnosi molecolare. “Sradicare gli ulivi non
all’insetto, il Philenus Spumarius, noto come ‘sputacchina’. Perché “anche dopo aver distrutto le piante gli insetti restano nell’ambiente e continuano a diffondere la Xylella”. Ci sono degli antibiotici, ma il rischio è quello che alla fine possano rafforzare il batterio e renderlo resistente. È importante, inoltre, aggredire gli insetti anche con larvicidi e poi agire sul terreno “modificandolo in modo che fornisca alla pianta il sostegno di cui ha bisogno”.
“Noi non ereditiamo la terra dai nostri genitori, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli” basta – ha dichiarato Marcello Nicoletti, dell’Università di Roma Sapienza – perché è in atto una vera e propria epidemia, da parte di un microrganismo che per 30 anni è stato ‘tranquillo’ e che a un certo punto è improvvisamente cambiato”. Ancora sconosciute le ragioni della trasformazione: secondo alcune teorie, potrebbe essere stata la conseguenza di una mutazione genetica spontanea, simile a quella che avviene nel virus dell’influenza, o in risposta a un clima più caldo. Per questo va combattuto il virus insieme
Proverbio africano
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