TERZA PAGINA
dossier
plastica seconda parte
Risalendo indietro, dall’inquinamento alle misure per prevenirlo, in un viaggio che attraversa tutto il pianeta.
Foto da The Indipendent
25 Riapriamo anche questo numero, come il precedente, con il dossier “Plastica” perché le novità intervenute nell’ultimo periodo sono numerose e decisive. Innanzitutto sono state “mappate” le isole – meglio sarebbe dire “i nuovi continenti” - in cui si concentrano i rifiuti di plastica dispersi nell’Oceano. Ma è stato ormai appurato che, oltre a quello che è materialmente visibile – e forse, si spera, che sarà possibile raccogliere e recuperare con nuove tecnologie – la plastica dispersa negli Oceani, nei mari e negli specchi d’acqua si è in gran parte trasformata in micro-particelle che entrano facilmente nella catena trofica e da cui è impossibile liberare le acque. Resteranno una fonte di inquinamento della fauna e del cibo che consumiamo per decenni a venire, anche se le misure adottate riusciranno a contenere prima e ad arrestare poi il flusso di plastica che si riversa in mare. In secondo luogo sono state “mappate” le fonti di questi sversamenti. Quelle più rilevanti sono i fiumi, che raccolgono evidentemente rifiuti affidati, per il loro smaltimento, al lavoro delle loro correnti e, in particolare, i fiumi dei paesi emergenti, come Brasile, India e soprattutto Cina, dove i sistemi di gestione dei rifiuti sono meno sviluppati e dove spesso si concentrano operazioni di recupero eseguite con
tecniche primitive e altamente inquinanti. A queste tematiche sono dedicati i primi due “pezzi” di questo dossier. Il fatto che il Governo cinese abbia deciso di interrompere le importazioni di rifiuti di plastica e carta più inquinanti provenienti dai paesi più sviluppati dell’Occidente e di sviluppare una propria industria del riciclo fa ben sperare, se alle intenzioni seguiranno i fatti. E non solo in Cina, ma in tutti i paesi in condizioni analoghe, dove quegli stessi flussi possano andare incontro a una seria riduzione. La decisione del Governo cinese ha ovviamente messo in allarme tutta l’industria dei paesi più sviluppati da cui provengono le importazioni cinesi di materiali di scarto. L’Unione Europea ha deciso di reagire a questa impasse varando una propria strategia che dovrebbe ridurre drasticamente il ricorso a imballaggi di plastica superflui e agli ancora più pericolosi additivi di microplastiche largamente utilizzate in molti settori produttivi. A queste misure, tra loro complementari, sono dedicati i due successivi pezzi del nostro dossier. Tra le misure per contenere il consumo di materie vergini e la produzione di rifiuti non recuperabili merita particolare attenzione il problema dei sacchetti per la vendita di frutta e verdura sfuse utilizzati nei supermercati, su cui in Italia è stata
recentemente imposta una tassa, evidenziata al momento del pagamento, che ha suscitato numerose ed aspre polemiche. Su questo tema pubblichiamo il comunicato, parzialmente critico, della rete ZeroWaste Italia, che suggerisce delle soluzioni alternative o complementari. Conclude il nostro dossier un articolo dei nostri collaboratori di Esper sulle potenzialità di recupero delle “plastiche dure”: quelle i cui rifiuti non rientrano nella gamma dei materiali su cui si estende la competenza del Consorzio Nazionale Imballaggi.
igiene urbana igiene urbana gennaio-marzo 2018
Foto da National Geografic