TERZA PAGINA
LASCIATE IN PACE LA NATURA di Paolo Cacciari
E’ fondamentale fare un inventario del capitale naturale e dei servizi ecosistemici che fornisce. Ma è pericoloso trattarli poi come qualsiasi altra merce
È
stato da poco pubblicato un ponderoso rapporto, The Economics of Biodiversity, che il Cancelliere dello Scacchiere del Regno Unito commissionò due anni fa al professor Partha Sarathi Dasgupta, economista indiano dell’Università di Cambridge, sui costi economici e i rischi della perdita di biodiversità, nonché sulle misure da mettere in atto per evitarli. Si tratta di un documento importante - specie in vista della Conferenza Onu di settembre sulla biodiversità a New York - frutto di una rassegna transdisciplinare che mette assieme la letteratura scientifica in vari campi delle conoscenze bio geofisiche, economiche e sociali. Viene alla mente il rapporto del Club di Roma sui limiti che la crescita economica avrebbe presto o tardi incontrato scontrandosi con una biosfera dai confini definiti. O con l’altrettanto famoso rapporto della commissione
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GSA IGIENE URBANA
sull’ambiente dell’Onu coordinata da Gro Harlem Brundtland, Il futuro di noi tutti, del 1987, che inventò il sintagma di successo “sviluppo sostenibile”, poi variamente interpretato e degradato fino a prendere il significato di “crescita rigenerativa”: nuovi modelli di business, piuttosto che nuovi paradigmi di civiltà.
Economia ed ecologia: sono conciliabili?
Oggi conosciamo con precisione i drammatici contorni del disastro di un sistema che non ha saputo fare i conti (impatti, esternalità, perturbazioni) con la fisiologia della biosfera. Da anni si cerca di trovare la quadra tra economia ed ecologia. Si cerca di “integrare” – come affermano l’Agenda 2030 dell’Onu e il Green Deal europeo – le ragioni dell’ambiente con quelle della prosperità misurata in valori monetari. Ma cinquant’anni di politiche e nego-
ziati internazionali sul clima, sulle foreste, sugli oceani e sulla biodiversità registrano più fallimenti che successi, come certifica il Dasgupta Review, precisando che non si tratta solo del risultato dell’«inefficacia allocativa nell’uso delle risorse» del sistema economico di mercato, ma di un «fallimento collettivo globale nel raggiungere la sostenibilità». Evidentemente, vi è qualche cosa di più profondo che non funziona nella natura umana che andrebbe indagato.
I confini planetari
Partiamo quindi dalle conclusioni del lavoro di Dasgupta, dando per acquisita la incredibile mole di evidenze scientifiche a disposizione sulla rottura dei processi vitali naturali che mettono a rischio la vita nostra e dei nostri discendenti. La pandemia, infatti, avrebbe dovuto porre la parola definitiva su come il macrorganismo APRILE-GIUGNO 2021