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APPALTI, PREVALE IL “PRINCIPIO DI RISULTATO”

SSancito dal nuovo Codice (dlgs 36/23). Il Consiglio di Stato, sentenza 4014 del 20 aprile 2023, sposa la linea sostanzialistica legittimando un affidamento da 111mila euro sulla base di un’indagine di mercato effettuata online.

di Umberto Marchi

Interessante sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV (la n. 4014 del 20 aprile 2023), sul “principio del risultato” introdotto proprio all’inizio del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al dlgs 36 del 31 marzo 2023. All’articolo 1, così rubricato, si legge: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. La concorrenza tra gli operatori economici e’ funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità”.

Una dichiarazione “di principio” che, in buona sostanza, sancisce la prevalenza dell’effettivo “risultato” sui gravami formalistici che renderebbero le procedure eccessivamente farraginose in relazione agli scopi perseguiti. E che ha già trovato conforto giurisdizionale nei più recenti orientamenti di Palazzo Spada. La novità, per i giudici, è rappresentata dal fatto che lo scopo dell’azione amministrativa, nell’ambito della materia dei contratti pubblici, viene oggi esplicitamente dichiarato: in applicazione al neo codificato principio del risultato la PA deve perseguire quale risultato l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo.

Il caso specifico

Ma veniamo al caso, che riguarda un affidamento del valore di 111.650 euro soggetto al dlgs 163/2006 (in pratica “due” codici fa), peraltro pienamente applicabile al settore delle pulizie/multiservizi/servizi integrati. In tale occasione la stazione appaltante (un Comune) aveva individuato i soggetti qualificati mediante un’indagine esplorativa di mercato svolta dal Rup mediante una ricerca su Internet, sul sito dell’Anac nella parte in cui individua i soggetti in possesso di qualificazione Soa, e in fiere di settore; altre società avevano partecipato alla procedura perché avevano appreso dell’appalto in questione dalla pubblicazione sulla stampa locale della notizia del finanziamento dei lavori. Orbene, la Regione aveva revocato il finanziamento ritenendo che la procedura di gara fosse stata condotta in maniera inadeguata per violazione degli obblighi di informazione e pubblicità, in contrasto con i principi comunitari.

La vertenza, finita in prima battuta davanti al Tar, ha sin da subito visto soccombere la Regione ricorrente, in quanto il Tribunale Regionale aveva dato ragione al Comune ritenendo adeguate modalità e forme di pubblicità utilizzate. La Regione resisteva e giungeva al Consiglio di Stato, che rigettava l’appello con una motivazione che appunto, per la prima volta, chiama in causa il cd. “principio di risultato” come scolpito dall’ultimo Codice.

Il principio di proporzionalità

L’impianto argomentativo dei giudici si incardina innanzitutto sul principio di “proporzionalità” “inteso nella specifica materia dei contratti pubblici come garanzia di un ragionevole equilibrio tra i mezzi utilizzati e fini perseguiti. Proprio dal principio di proporzionalità deriva la cosiddetta “strumentalità delle forme ad un interesse sostanziale dell’Amministrazione, che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023”. Legittima dunque l’indagine di mercato: “La libertà di forme che ha caratterizzato la fase della ricerca di mercato “volta a individuare gli operatori economici in possesso dei necessari requisiti di qualificazione” non pare aver provocato effetti distorsivi o di chiusura al mercato, ma, anzi, aver consentito, secondo un approccio funzionale/sostanzialistico di stampo comunitario, di intercettare i competitori effettivamente interessati” senza alcun inutile aggravio procedurale.

Piena correttezza anche sotto il profilo costituzionale. Per il CdS, infatti, l’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione delle regole costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento di cui all’art. 97 della Carta. Il principio di proporzionalità, inteso nei termini suindicati, comprende il divieto di aggravio del procedimento, impedendo che nella fissazione o nell’interpretazione delle prescrizioni della legge di gara possano essere previsti adempimenti superflui o ridondanti”.

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