Edipress Communications - Torino - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (gennaio/febbraio 2013) - N. 1 - Abbonamento 6 numeri 30 euro.
Anno VI - gennaio/febbraio 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro
Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali, Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.
Il territorio come bene culturale Università di Pisa, una nuova branca della psicologia studia l’interazione tra uomo e ambiente Res Tipica, la terra come risorsa: il recupero delle tradizioni costruttive locali
In Trentino la grande occasione per cento giovani talenti
UN’ASSOCIAZIONISMO ISPIRATO AI VALORI DELLA COOPERAZIONE L’A.N.C.I. ha riconosciuto statutariamente (art. 32) il Consorzio dei Comuni Trentini quale sua articolazione istituzionale in Provincia di Trento. Il Consorzio dei Comuni Trentini (A.N.C.I. TRENTINO) è una Società Cooperativa costituita il 9 luglio 1996 alla quale sono associati la totalità dei Comuni (217) e delle Comunità (16). Considerati gli scopi statutari, il Consorzio dei Comuni Trentini: presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza anche attraverso servizi, con particolare riguardo al settore contrattuale, amministrativo, contabile, legale fiscale, sindacale, organizzativo, economico e tecnico; esercita tutte le prerogative, compiti e funzioni atte ad assicurare al Consiglio delle Autonomie Locali ogni forma di assistenza, collaborazione e supporto; rappresenta, difende e tutela gli interessi dei Comuni e delle Comunità intrattenendo, allo scopo, opportuni contatti con enti, istituzioni, uffici ed organi di ogni ordine e grado; promuove e favorisce l’innovazione nei Comuni e nelle Comunità attuando iniziative e compiendo operazioni atte a favorirne l’ottimale assetto organizzativo, anche attraverso relazioni con enti di ricerca; presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza per i problemi legati all’applicazione dei contratti provinciali di lavoro al personale dipendente; è presente con un proprio rappresentante nell’A.P.R.A.N. per la definizione degli strumenti contrattuali; promuove e attua la formazione e l’aggiornamento professionale del personale dipendente dei Comuni e delle Comunità; attiva specifici interventi di formazione e aggiornamento per gli Amministratori comunali; attua tutte le iniziative previste per il mantenimento della certificazione della gestione forestale sostenibile delle foreste di proprietà comunale secondo lo schema PEFC.
Consorzio dei Comuni Trentini Via Torre Verde, 23 - 38122 TRENTO Tel. 0461-987139 - Fax 0461-981978 info@comunitrentini.it - www.comunitrentini.it
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Il conduttore della rubrica Bellitalia Marco Hagge, sul set delle Biancane, un affioramento geotermico nel cuore della Toscana dove si è recato per registrare una puntata delle nota trasmissione della Rai TGR, messa in onda sabato 23 febbraio e riproposta sul sito www.bellitalia.rai.it
Bellitalia I
l progetto di Energeo Magazine, avviato da una piccola casa editrice con l’obiettivo di studiare e descrivere le diverse possibilità di lettura del territorio, amplia e completa il proprio piano di lavoro, muovendosi in sintonia con alcuni programmi televisivi che dedicano a questi argomenti grande attenzione. Si tratta di un’occasione straordinaria per approfondire il confronto culturale sui temi della tutela del territorio e del paesaggio, sulle iniziative e sulle nuove sfide che la società riserva, in un momento in cui si sente il bisogno di riflettere su questi sacrosanti valori. Nuovi, autorevoli collaboratori arricchiscono i contenuti già stuzzicanti, che si richiamano a programmi televisivi di grande prestigio e di consolidata tradizione. Ma non solo. Il confronto si sposta decisamente sul territorio per affrontare le diverse dimensioni del problema della tutela e della salvaguardia dell’ambiente, in particolare quella agro-ecologica e la dimensione storica dei luoghi, che inquadra anche gli aspetti della lingua e dei dialetti, come è il caso della piccola Comunità di Resia, in Friuli, che ha fornito gli strumenti ai più giovani per facilitare l’apprendimento del dialetto resiano. Un argomento che sarà affrontato nel prossimo numero di Energeo. Senza dimenticare i paesaggi agrari, anch’essi a rischio, com’è il caso dell’Istituto di istruzione superiore Tecnica Agraria Bernardo Marsano, dove si diplomò, nella Regia Scuola, un giovanissimo Rodolfo Valentino, prima di approdare ai fasti del cinema che lo resero famoso in tutto il mondo. Si tratta di un orto giardino storico, laboratorio spontaneo e museo a cielo aperto per la sua ubicazione ambientale e la peculiarità morfologica sulle colline di Sant’Ilario, che ha grande valenza Il Cacioricotta ottenuto esclusivamente da latte di capra è prodotto solo in alcune zone del Cilento.
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pedagogica e formativa per migliaia di studenti. La partecipazione diretta dei docenti di alcune prestigiose Università garantirà, in ogni numero, un supporto sugli esempi concreti di approccio olistico al paesaggio. Infine gli specialisti dell’Enea, che ha patrocinato il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, ideato dal nostro giornale, ci aiuteranno ad esaminare i temi dello sviluppo sostenibile e del suo legame con l’utilizzo delle risorse dei territori, dell’innovazione scientifica per la tutela dell’ambiente e della green economy. Su Energeo potete seguire tutti gli aspetti che renderanno più accattivante il percorso del Premio dedicato a Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni culturali e Ambientali, che quest’anno si svolgerà a Modena nell’avveniristica location della Casa natale Enzo Ferrari, trasformata in museo. Il periodico darà spazio al progetto di dar vita, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo, ad una “finestra di dialogo” con Expo 2015 per offrire una collaborazione concreta sui temi dello sviluppo e della sostenibilità, organizzando una road map sul territorio sulle tematiche che caratterizzeranno i prossimi numeri di Energeo. La rampa di lancio è nel cuore di una terra antica: il Cilento. Quella che fu la Lucania occidentale, tra i golfi di Salerno e di Policastro, territorio riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, è diventata, infatti, un’officina aperta sul futuro del territorio, tra le prime individuate da Expo 2015. In questo luogo che da millenni ha ispirato poeti e cantori, è decollato l’Osservatorio che, oltre a valorizzare la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a cominciare dagli aspetti economici, sociali e culturali, è chiamato a favorire l’integrazione tra le attività istituzionali e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi e i popoli del Mediterraneo. Il tutto promuovendo la partecipazione di enti, associazioni, aziende nazionali ed estere, operanti nei diversi settori della ricerca, della cultura, della salute, dell’istruzione, della produzione e distribuzione, dell’associazionismo culturale, ambientale e sociale, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo. Il magazine avrà cura dei dettagli, ponendo particolare attenzione ai temi trattati e la giusta sensibilità nel proporli ai lettori. Impareremo insieme a guardare con l’intenzione di “vedere”.
EDITORIALE
EDITORIALE
Sui passi di
T.R.
In alto: una vecchia stampa della Regia Scuola di Tecnica Agraria Bernardo Marsano. Un giovanissimo Rodolfo Valentino, studente della Scuola di Sant’Ilario che si diplomò in agraria nel 1912, interessato non solo alle lezioni di ginnastica e ballo, ma con ottimo rendimento in tutte le materie.
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SOMMARIO
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Direttore responsabile: Taty Rosa energeodirettore@hotmail.com Redazione: Pierpaolo Bo edipress@hotmail.com Marketing: Luigi Letteriello - 334.120.71.85 Progetti speciali e Pubblicità: Promedia Srl marketing@energeomagazine.com Segreteria di Redazione: Lucrezia Locatelli Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro Comitato Scientifico: • Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini. • Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM. • Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo. • Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti. • Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI. • Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno. • Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino. • Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza. • Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food. • Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. • Alessandro Vercelli, docente di Economia e Ambiente Università di Siena.
ISTANTANEE
Il territorio per il dialogo tra le genti
PRIMO PIANO
Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione Una scelta di campo In rete per agire insieme Un territorio di qualità internazionale Un linguaggio che tiene insieme i territori Il ruolo di Res Tipica ANCI Un nuovo spazio nel bando: l’identità dei luoghi “virtuosi” La ricostruzione solidale “fiore all’occhiello” del Premio Innovare sotto il segno del mito Enzo Ferrari Una finestra aperta sull’informazione televisiva
BEST PRACTICE
La grande occasione per cento giovani talenti
LEGGERE IL TERRITORIO 16 Territorio, cioè cultura Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai RES TIPICA E DINTORNI 20 Modellatrici del Paesaggio 24 La terra che sussurra 26 28 30
PAESAGGI AGRARI
Gli antichi orti Le tracce di un magico mondo di celluloide Un lungimirante benefattore Madre terra, fratello sole Dove c’era l’erba, ora c’è Il podere Costigliolo Un paesaggio pedagogico
Consulente tematiche e sviluppo azioni: • Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio • Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali • Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB • Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO
INIZIATIVE LOCALI 32 Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati” I giovani autorevoli protagonisti Le comunità di valle 33 Reinventiamoci il territorio Il parco fluviale del Sarca e del Chiese
Collaboratori: Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Lello Gaudiosi, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Maria Mazzei, Isidoro Parodi, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Loredana Renaudo, Federica Rolle, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Enzo Siviero, Francesca Vassallo.
APPROFONDIMENTO 36 Il Valore “invisibile” del paesaggio 38 Corridoi ecologici da salvaguardare ARCHI NELLO SPAZIO 40 I ponti ad arco nel paesaggio IL PUNTO DI VISTA 44 Psicologia socio-ambientale, un nuovo campo da esplorare ANNIVERSARI 46 Comunicare il territorio 47 Dai pastori emigranti a imprenditori di successo: un affresco di storia familiare
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LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE
48 Un esempio concreto di approccio al paesaggio Una storia lunga 150 anni
La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellato di tantissime costruzioni rurali che costituiscono il patrimonio architettonico immateriale in terra cruda.
Le fotografie di questo numero • EDITORIALE: (Luca Gabellini; Ufficio Stampa Comune di Pollica; Archivio Istituto di istruzione superiore Tecnica Agraria. Bernardo Marsano). • ISTANTANEE: (Stefano Castronovo- contro copertina). • PRIMO PIANO: (Fondazione Spadolini Nuova Antologia; Comune di Pollica; Relazioni Esterne Expo 2015; Studio 129 Modena (Museo Casa natale Enzo Ferrari); Foto Germogli; Provincia Autonoma di Trento; Provincia di Modena; Tgr Rai).
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
• BEST PRACTICE: (Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento - Piero Cavagna, Romano Magrone, Luca Franceschi). • LEGGERE IL TERRITORIO: (Luca Gabellini; Ufficio Stampa Consiglio Regionale del Piemonte). • RES TIPICA E DINTORNI: (Res Tipica ANCI; Comune di NOVI; Associazione Nazionale Città della Terra Cruda; La Casa Verde CO2.0; arch. Isidoro Parodi; arch. Gaia Bollini). • PAESAGGI AGRARI: (Stefano Castronovo; Archivio Istituto di istruzione superiore Tecnica Agraria. Bernardo Marsano; Angela Comenale Pinto). • INIZIATIVE LOCALI: (Segreteria Comunità delle Giudicarie). • APPROFONDIMENTO: (Serena Ciabò; Bernardino Romano). • ARCHI NELLO SPAZIO: (Enzo Siviero & Partners srl). • IL PUNTO DI VISTA: (Paolo Rognini). • ANNIVERSARI: (Co.Svi.G. Relazioni Esterne, Podere Paterno). • LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE: (Editore Franco Angeli; Unioncamere Piemonte). Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine. Tutela della Privacy: Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96. Prezzo di copertina: Euro 5,50 Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00 Diffusione on line: www.regione.abruzzo.it www.comunitrentini.it www.distrettoenergierinnovabili.it www.ecoandthecity.it www.energeomagazine.com www.edipress.net www.ipogea.org/ www.osservatoriopaesaggio.eu (in costruzione) www.restipica.net Direzione, Redazione, Abbonamenti: Edipress Communications Sas Corso Re Umberto, 82 - 10128 Torino (+39)011.568.20.82 - 335.606.04.90 334.120.71.85 - www.edipress.net abbonamenti@energeomagazine.com
SOMMARIO
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Uffici di Corrispondenza: • Distretto Energie Rinnovabili Via Bellini, 58 - Firenze Tel. (+39)055.36.81.23 - Fax (+39)055.321.70.26 • Trento - Consorzio dei Comuni Trentini Via Torre Verde, 23 - Tel. 0461 987139 • ITKI UNESCO-Ipogea (Centro ONU) Via Roma 595 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze) • Osservatorio Europeo del Paesaggio Arco latino - Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14 Stampa: Società Tipografica Ianni Srl Strada Circonvallazione, 180 - Santena Tel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990 Copyright Energeo Magazine Edipress Communications Sas Periodico bimestrale Poste Italiane Spa Spedizione Postale Dl 353/2003 (conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ Torino Anno VI - N° 1 - Gennaio/Febbraio 2013 Il periodico Energeo Magazine è iscritto nel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.
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Il territorio per il dialogo tra le genti
foto di Stefano Castronovo
Maestosi ulivi caratterizzano la collina, rimodellata a terrazze, di Sant’Ilario, il borgo ricordato nella filastrocca incantata composta e interpretata dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè.
ISTANTANEE
P
rendere decisioni sul paesaggio significa far dialogare interessi e discipline profondamente differenti fra loro per linguaggi utilizzati, fenomeni studiati e metodi di ricerca. È quindi necessario trovare un terreno per il reciproco confronto, allo scopo di paragonare gli esiti delle rispettive indagini e di giungere a esiti condivisi e il più possibile integrati. Il confronto spesso si svolge, affrontando le complesse interrelazioni tra le diverse dimensioni del paesaggio. Prendiamo in prestito la presentazione del libro di Federica Larcher (edito da Franco Angeli), per meglio interpretare i servizi proposti in questo numero di Energeo. Nella controcopertina abbiamo voluto privilegiare una storia (pag. 26) che riguarda i luoghi dove Fabrizio De Andrè mise insieme, nella ballata “Bocca di Rosa”, “l’amore sacro e l’amor profano”. Un vicenda che riguarda il paesino di Sant’Ilario, dove grazie all’iniziativa del borghese illuminato Bernardo Marsano, autorevole benefattore, fu fondata, sulla collina rimodellata a terrazze dove un tempo era praticata un’agricoltura di sussistenza, una scuola agraria conosciuta in tutto il mondo per la coltivazione delle ortaglie primaticce, degli agrumi, della floricoltura e frutticoltura. In questo luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine generazioni di coltivatori che lasciarono un segno importante nella storia della frutticoltura e della floricoltura. Nel paesaggio, come in questo caso, si stratificano i racconti, le memorie, i segni e le rappresentazioni che costituiscono il fondamento dell’appartenenza a un luogo. E’ l’identità che ciascuno di noi va cercando.
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
La navicella del Premio approda a Modena, presso il nuovo Museo che comprende la casa in cui il grande costruttore Enzo Ferrari nacque
Il Premio 2013 Expo 2015 apre le porte alla Dieta Mediterranea e alla Rete delle Reti Angelo Vassallo e di conseguenza al Premio dedicato a Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali che sta promuovendo entrambe le iniziative. L’obiettivo è di avviare una collaborazione concreta con gli organizzatori della rassegna milanese sui temi dello sviluppo e della sostenibilità. Lo scopo è, infatti, il coinvolgimento di tutti i partners del progetto, in rappresentanza di una buona fetta del territorio del nostro Paese.
2013
3°
Edizione
PRIMO PIANO
si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
U
n giornale che si ispira al Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, o un Premio che si ispira al giornale. Certo è che entrambe le iniziative procedono nella stessa direzione, muovendosi in sinergia con la Fondazione Spadolini Nuova Antologia che si avvale dell’Alto Patronato Permanente del Presidente della Repubblica. Nelle passate edizioni il Premio ha ottenuto i più autorevoli patrocini istituzionali, il Tg2 come media partner, l’UNESCO con il quale sono stati impostati alcuni progetti di promozione della Campagna DESS (Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile), senza dimenticare l’appoggio delle organizzazioni territoriali più operative. Tutti insieme vogliono procedere sulla traccia dell’Expo 2015: l’obiettivo è di offrire una collaborazione concreta agli organizzatori della rassegna milanese, sui temi dello sviluppo e della sostenibilità. Lungo il percorso è stata colta una grande occasione, vale a dire una collaborazione concreta con la Fondazione Casa di Enzo FerrariMuseo che ha messo a disposizione per la Cerimonia ufficiale di conferi-
Giovanni Spadolini, statista e senatore fiorentino, nella sua Casa dei Libri a Pian de Giullari.
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mento della Medaglia Spadolini, prevista il 9 novembre 2013, una struttura che è già diventata un’icona a livello internazionale: il Museo di Modena dedicato alle origini del mito Enzo Ferrari. La road map è caratterizzata dal coinvolgimento concreto di partners d’eccezione (Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Trentino, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Abruzzo, Res Tipica ANCI, il Comprensorio geotermico della Toscana, attraverso il Co.Svi.G, l’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino, 100 sindaci per la Bellezza e il Paesaggio, Rete degli Osservatori del Paesaggio del Piemonte, UNPLI) che sono poi i promotori della Rete delle Reti Angelo Vassallo, in rappresentanza di una buona fetta del territorio del nostro Paese, partendo da Pioppi (una frazione di Pollica), nel Cilento, il luogo dove visse Ancel Keys (1904 -2004) che fu il primo studioso a dare visibilità internazionale alla Dieta Mediterranea. Un progetto sicuramente ambizioso che si rafforza con scambi e azioni comuni su scala interregionale e internazionale, ora che dovrà interagire con
il Centro internazionale della Dieta Mediterranea di Palazzo Capano di Pollica (Salerno) e il museo vivente di Pioppi (Salerno), quali poli per la diffusione, la formazione, la ricerca e lo studio del regime alimentare.
UNA SCELTA DI CAMPO All’attuale Sindaco di Pollica Stefano Pisani, ha fatto recentemente riferimento l’Amministratore delegato di Expo 2015 Giuseppe Sala, il quale ha voluto incontrare, a Castel dell’Ovo, il giovane successore del compianto Vassallo, Stefano Pisani, proponendo di lavorare insieme per la grande rassegna planetaria, affinché l’Italia diventi il centro mondiale della nutrizione nel 2015, puntando soprattutto sulla Dieta Mediterranea. Expo Milano 2015 sarà un’opportunità per educare le future generazioni a fare un uso consapevole del cibo e a non sprecare, pur godendo del piacere che dal cibo traiamo. Erano presenti il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris, Sindaco del capoluogo campano che hanno avviato un percorso condiviso per promuovere la rassegna mondiale,
tenendo in particolar conto il Cilento, antica terra di eccellenze: i siti archeologici di Paestum, e Velia, la Certosa di Padula, nel confinante Vallo di Diano, e la Riserva della Biosfera dell’UNESC0. Quella che fu la Lucania occidentale, che si protende come una penisola tra i golfi di Salerno e di Policastro, riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, è diventata un’officina aperta sul futuro del territorio, tra le prime individuate da Expo 2015. In questo territorio che da millenni ha ispirato poeti e cantori, è decollato l’Osservatorio che, oltre a valorizzare la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a cominciare dagli aspetti economici, sociali e culturali è chiamato a favorire l’integrazione tra le attività istituzionali e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi e i popoli del Mediterraneo. Il tutto promuovendo la costituzione di una rete della Dieta Mediterranea aperta alla partecipazione di enti, associazioni, aziende nazionali ed estere, operanti nei diversi settori della ricerca, della cultura, della salute, dell’istruzione, della produzione e distribuzione, dell’associazionismo culturale e ambientale.
Sulla stessa linea è la Rete delle Reti, avviata anche per sostenere il Premio. L’iniziativa è parte integrante di un ampio progetto, lanciato dal Sindaco di Bari Michele Emiliano e da quello di Pollica. L’idea è quella di unire cento sindaci, cento rappresentanti di altrettante comunità diverse tra loro in un unico ideale, concretizzato in un “Manifesto della bellezza”. Un cambio di paradigma culturale per uscire dalla crisi e migliorare la qualità della vita. Progettare comunità insieme ai cittadini, parlando anche di città sostenibili, dove si riesce a soddisfare i bisogni dell’individuo affiancando questo elemento alla realizzazione di una vera e propria crescita umana. Il progetto parte da lontano anche se il lancio definitivo dell’iniziativa è recente. La data di quando si cominciò a parlare di queste problematiche, è impressa nei ricordi di chi fu, nei fatti, pioniere di questo percorso innovativo che avrebbe segnato la svolta per la gestione del paesaggio, sviluppo locale e pianificazione strategica, con l’obiettivo di dialogare e confrontarsi con altri territori. Era il solstizio d’estate del 1973 quando venne istituito un tavolo di lavoro per capire come non compromettere irrimediabilmente il territorio. Le altre tappe significative furono il riconoscimento del territorio come Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (istituito nel 1991), frutto di una sinergia e volontà comune non sempre condivisa dalla popolazione e il passaggio successivo del riconoscimento come patrimonio UNESCO avvenuto nel 1998 a Kyoto, in Giappone che consacrava la qualità internazionale del
Angelo Vassallo, il Sindaco pescatore è stato un uomo capace di fare il bene, di pensare per gli altri, di alzare lo sguardo verso quell’orizzonte limpido che aveva imparato a guardare durante le albe al lavoro sul suo peschereccio. Un uomo che era già un eroe prima che qualcuno lo ammazzasse. Il Professor Ancel Keys sul terrazzo della sua casa di Pioppi fotografato nel 1990 da Giuseppe Cucco. In alto: le alici di Menaica.
PRIMO PIANO
IN RETE PER AGIRE INSIEME
nel 1898 e una nuova Galleria espositiva a forma di cofano d’auto
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
PRIMO PIANO
UN TERRITORIO DI QUALITÀ INTERNAZIONALE
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Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano è il parco mediterraneo per eccellenza, uno dei più grandi parchi nazionali italiani su una superficie complessiva di 178.172 ettari sparsi su ottanta comuni, grazie alla tipologia ambientale che lo contraddistingue, macchia mediterranea con lecci, ulivi, pinete e vestigia di tutte le civiltà che si sono affacciate su questo mare, dal Paleolitico agli insediamenti di Paestum e Velia, dagli insediamenti medievali fino al capolavoro barocco della Certosa
di Padula. Situato sulla costa del Mar Tirreno, è oggi un paesaggio che mantiene un ruolo attivo nella società contemporanea ma conserva i caratteri tradizionali che lo hanno generato: organizzazione del territorio, trama dei percorsi, struttura delle coltivazioni e sistema degli insediamenti. “Abbiamo instaurato allora un rapporto di sinergia organica e duratura, condivisa con la popolazione locale, - commenta l’avvocato Angelo Paladino, all’epoca amministratore della Provincia di Salerno - anche grazie al sostegno dell’Ente intermedio che rappresentavo che ha dato i suoi frutti, mettendo in moto un meccanismo per preservare e generare valori naturali e culturali attraverso una gestione scientificamente corretta, culturalmente creativa ed operativamente sostenibile”. “Sembra quasi un ritorno al futuro ricorda Domenico Nicoletti, docente di Gestione e Salvaguardia delle Aree Protette Università di Salerno -, quando nel 1973, grazie all’impegno di tanti scienziati di tutto il mondo sapientemente guidati dal grande e mai dimenticato Pietro Dhorn, si tenne a
Castellabate un convegno sui Parchi costieri Mediterranei”. “In quella sede - continua Nicoletti l’origine del Parco del Cilento e la sua legittimazione scientifica e culturale era nelle parole ardite di Max Nicolson dell’International Institute for Environment and Developement di Londra, che mirabilmente interpretava le nostre aspettative. Una perfetta integrazione tra uomo e natura tra interno e costa nella creazione di un Parco Nazionale come quello del Cilento che avrebbe dato slancio ad una nuova visione dei parchi nel mediterraneo. E per noi fu un punto di partenza che ci sta portando lontano”. Fu una prima idea di cooperazione tra territori.
UN LINGUAGGIO CHE TIENE INSIEME I TERRITORI Una rete di scambio e di condivisione, si basa su un linguaggio comune che è cosa nota, uno dei più affidabili indizi del modo di sentire, e pensare di un popolo. Un linguaggio fatto di saperi, pratiche, abitudini, gusti che ha tenuto insieme territori geograficamente e storicamente diversi, eppure riconoscibili come parti di un unico paese, non semplice espressione geografica, ma espressione culturale, nel segno della legalità e del riscatto, attraverso la salvaguardia dell’ambiente E’ questa la mission della Rete delle Reti che è la stessa del Premio Eco and the City, dedicato a Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Anche Expo 2015 va alla ricerca di una vera identità italiana e di un’autentica cultura del cibo e in relazione all’argomento portante della rassegna planetaria: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, appro-
Giuseppe Sala, Amministratore Delegato di Expo 2015. Enzo Ferrari, un uomo destinato a diventare un mito. Nella pagina a fianco (in alto): il Premio ha reso omaggio a Trento ad una terra ferita, lo scorso anno, dal grave sisma, conferendo ai Sindaci del “cratere” la Medaglia Spadolini.
fondisce il tema dell’alimentazione e le sue numerose sfaccettature, come la tutela del territorio. Si prende, dunque, avvio dalla molteplicità dei paesaggi modellati dalla natura e dal lavoro dell’uomo. La rassegna milanese offre molte opportunità di promozione e di comunicazione alle comunità produttive di base, agli agricoltori, alle imprese alimentari, alla catena della logistica e della distribuzione, al comparto della ristorazione, ai centri di ricerca e alle aziende che intendono valorizzare le innovazioni e le tecnologie produttive che generano un prodotto alimentare sano, pulito e giusto, coniugando saperi e cultura che ci aiuteranno a scoprire le bellezze, tradizioni, e sapori dei tanti luoghi che evidenziano il grande valore della cultura del nostro Paese.
Associazioni Nazionali delle Città di identità che aderiscono alla rete Res Tipica Anci, che promuovono e valorizzano le identità enogastronomiche, culturali ed artigianali dei Comuni italiani, promotori della Rete delle Reti
IL RUOLO DI RES TIPICA ANCI
Angelo Vassallo. Recentemente, insieme ad Italia Nostra, Res Tipica ha lanciato l’iniziativa di destinare spazi
Un ruolo di primo piano lo avranno le
verdi abbandonati per la coltivazione di prodotti agricoli. Ciò significa, per un’amministrazione comunale, dare qualità ad una zona residenziale, consentendo una nuova visione del paesaggio metropolitano ed offrire ai propri cittadini un servizio; a questo si aggiunge la riqualificazione di aree degradate, consentendo una nuova visione del paesaggio metropolitano e, più in generale, la prospettiva di una vita migliore. Scopo dell’accordo è quello di favorire lo sviluppo degli orti urbani al fine di avvicinare i cittadini alla realtà agricola, stimolare la coesione sociale, favorire la riqualificazione di aree dismesse ed inutilizzate, ostacolare il consumo del territorio, migliorare il paesaggio urbano, valorizzare le produzioni tradizionali italiane. L’istituzione degli orti urbani rientra nella filosofia di promozione del territorio agricolo comunale, individuando in essa un mezzo efficace per salvaguardare il territorio attraverso le coltivazioni ortofrutticole. Salvaguardare, ma anche valorizzare: è indubbio che un’area territoriale destinata a coltivazioni venga preservata dal degrado,
Dall’antica terra del Cilento partirà l’ambizioso progetto di favorire scambi e azioni comuni con Expo 2015 che dovrà interagire con il Centro internazionale della Dieta Mediterranea di Palazzo Capano di Pollica (Salerno), il museo vivente di Pioppi (Salerno), e la RETE delle RETI Angelo Vassallo, quali poli di coordinamento delle azioni avviate sull’intero territorio nazionale. Ne discutono: Stefano Pisani, Sindaco di Pollica, il Professor Domenico Nicoletti e l’Avv. Angelo Paladino, presidente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino. La torre dell’orologio di Finale Emilia distrutta dal terremoto.
PRIMO PIANO
territorio. Un excursus storico che ha segnato altri riconoscimenti: dal 1997 è Riserva della Biosfera e dal 2010 è il primo parco nazionale italiano a diventare Geoparco. Quarant’anni di storia recente del Cilento, un territorio che oggi scommette sul suo futuro attraverso la Rete delle Reti dedicata ad Angelo Vassallo, destinata a diventare uno strumento di scambio e di condivisione anche con i Paesi del Mediterraneo.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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dall’abbandono, e venga rivisitata e rivissuta dai cittadini in una ottica dinamica di appartenenza e tutela. Da non sottovalutare la conseguenza positiva anche sull’aspetto sociale di tali iniziative, che permettono ai cittadini di riappropriarsi del loro territorio in forma di protagonisti. Da ultimo è indubbio che la diffusione degli orti urbani possa rappresentare, soprattutto nei piccoli centri, una fotografia del paesaggio più armoniosa per i turisti in visita. E’ soltanto un esempio delle variegate iniziative avviate dall’Associazione delle Città di Identità Res Tipica (raggruppa oltre duemila Comuni) che ha sottoscritto il Manifesto dei valori, impegnandosi a fare sistema. Altre le approfondiremo.
UN NUOVO SPAZIO NEL BANDO: L’IDENTITÀ DEI LUOGHI “VIRTUOSI” Molto più che nelle vicende politiche e istituzionali, l’identità italiana si è costruita entro uno spazio culturale che nel corso dei secoli ha cementato il tessuto della nazione. L’ente identitario di base è sempre il Comune, ma esso tende nel tempo a trasformarsi in un ente sempre più funzionale per la gestione dei servizi al cittadino in applicazione del principio di sussidiaretà. “La scala di identità locale si sposta - avverte in un rapporto la Società Geografica Italiana - entro bacini di continuità più ampi, aderendo ai processi localizzativi, residenziali e di flusso reticolari già presenti”. Molti piccoli Borghi del nostro Bel Paese rischiano di scomparire. Res Tipica per promuoverli punta sull’autenticità, la bellezza e le conoscenze tradizionali dei piccoli Comuni, valoriz-
zandone le peculiarità, in un’ottica globale. Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, per la prossima edizione, ha voluto inserire una Sezione Speciale dedicata all’identità dei luoghi.
LA RICOSTRUZIONE SOLIDALE “FIORE ALL’OCCHIELLO” DEL PREMIO La ricostruzione solidale, almeno nel bando del Premio, parte da lontano. L’argomento è stato suggerito il 19 settembre scorso, a Firenze, in occasione del debutto, a Pian de Giullari, della Rete delle Reti per la tutela e valorizzazione del paesaggio naturale e culturale italiano, e la sottoscrizione di un Patto per attivare un processo di aggregazione finalizzato alla fondazione di una “costituente per la bellezza e il paesaggio” a salvaguardia del territorio. Il progetto, promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, attraverso il Premio Eco and the City e dall’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino, è sostenuto, come si è visto, dal Sindaco di Pollica Stefano Pisani; all’iniziativa stanno aderendo tante altre municipalità dell’intero Paese e organizzazioni territoriali che
operano a tutela del paesaggio e dell’ambiente. Alla base c’è la “Dichiarazione di Firenze sul Paesaggio” diffusa dall’UNESCO in tutto il mondo. Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, con un’ambizione e una prospettiva internazionale, opera in sinergia con l’ITKI e l’UNESCO e con il patrocinio delle più importanti istituzioni ed altri organismi nazionali ed internazionali intergovernativi e associazioni nazionali e non governative. La Sessione Speciale che riguarda la “Ricostruzione solidale” prende spunto dall’appello lanciato da Francesco Bandarin, vice direttore generale UNESCO per non ripetere in Emilia l’esperienza dell’Abruzzo, indicando il cambio di rotta dell’UNESCO, con una risposta adattiva e partecipata ai rischi e alle catastrofi. L’UNESCO, infatti, ha proposto, attraverso l’International traditional knowledge institute (Itki), il “Patto per le popolazioni colpite dal sisma”. Un protocollo che punta a dare “una risposta rapida, di qualità e partecipata all’emergenza”, individuando “modalità” innovative di tutela del territorio “così” da “dare nel mondo un’immagine un po’ diversa di un Paese che mostra non pochi problemi”. L’obiettivo è evitare, ad esempio, che la ricostruzione porti ad un eccessivo consumo di territorio o vi introduca tipologie architettoniche estranee, privilegiando il recupero dell’esistente e salvaguardando gli assetti urbani. Il Premio (www.ecoandthecity.it), tenendo ferma l’impostazione delle prime quattro Sezioni ordinarie (Politiche territoriali integrate e sostenibili; valorizzazione dei patrimoni paesaggistici e culturali; riqualificazione dei territori agricoli; settore privato e imprese
La Sezione Speciale del Premio, dedicata al compianto giornalista Ezio Trussoni, responsabile della Sede regionale di Milano della TGR.
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virtù del quale si sono adoperati con abnegazione, coraggio e generosità a vantaggio delle popolazioni colpite. Una condotta esemplare che ha saputo trasformare l’emergenza in una grande occasione per ripensare il rapporto con il territorio ferito: l’uso e la tutela del paesaggio, l’attenzione al consumo del suolo, la necessità di investimenti per la messa in sicurezza e la prevenzione dei rischi, la ricostruzione in chiave di sostenibilità e solidarietà. L’iniziativa dovrà consentire ai Comuni colpiti di confrontarsi con altre realtà della penisola sul futuro del nostro Paese, sempre a rischio di gravi calamità.
virtuose e innovative), punterà sulla “ricostruzione solidale”, un tema di grande attualità, anche per via della location prestigiosa che ospiterà la prossima edizione. Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini approda nelle terre dell’Emilia colpite dal sisma, ospitato nell’officina dove ha avviato i suoi grandi progetti, un uomo destinato a diventare un mito: Enzo Ferrari. Il luogo magico, esclusivo, avvolgente, avveniristico, pieno di identità, e al tempo stesso innovativo, è diventato lo spazio polivalente Museo Casa Enzo Ferrari di Modena. Da qui il Premio tornerà in pista per ripartire con più slancio, anche per rendere omaggio ad una terra ferita, lo scorso anno, dal grave sisma. La Fondazione Spadolini Nuova Antologia è già entrata in contatto con le popolazioni dell’Emilia e dell’Oltrepò mantovano, dando un segnale significativo con il conferimento di un riconoscimento ufficiale ai sindaci dei Comuni terremotati, al fine di premiare l’alto senso civico in
INNOVARE SOTTO IL SEGNO DEL MITO ENZO FERRARI La navicella del Premio è giunta ad un approdo situato nella sede prestigiosa ed esclusiva del nuovo Museo di Modena che comprende la casa in cui il grande costruttore Enzo Ferrari nacque nel 1898 ed una nuova Galleria espositiva a forma di cofano d’auto. Questo ha spinto gli organizzatori a dedicare al mito Ferrari il focus del Premio, che comprende anche la Sezione Speciale “Innovazione”. Si prende avvio dal territorio, si prosegue tra le iniziative che mettono in connessione i territori e le risorse del territorio, attraverso l’innovazione. Il bando è aperto ai suggerimenti di qualificati partners, in prima fila l’ENEA, altri sono pronti a collaborare, per definire la dimensione culturale delle azioni da portare avanti in questo percorso. Uno staff di esperti è al lavoro per capire come dovrà essere la Sezione Speciale “Innovazione”, ben sapendo che la geografia e la storia hanno “con-
giurato” per fare del paese Italia un luogo privilegiato per manifestare e “raccontare”, in territori che diventano “officine”, iniziative e nuovi modelli di sviluppo auspicabili, anche attraverso l’innovazione.
UNA FINESTRA APERTA SULL’INFORMAZIONE TELEVISIVA Punta tutto sul giornalismo d’inchiesta televisivo la Sezione Speciale del Premio dedicata al compianto Ezio Trussoni, che aveva ben capito come la presenza capillare della Rai sul territorio è elemento distintivo importante del servizio pubblico radiotelevisivo. Ezio Trussoni, il responsabile della redazione di Milano, che è stato un esempio di attaccamento alla vita e alla professione di giornalista, svolta con impegno e senso etico non comuni. Aveva a cuore in particolare i giovani precari, per i quali vedeva un’azienda nuova dove tutti hanno una possibilità per farcela. L’assegnazione della Medaglia Spadolini, dedicata a Ezio Trussoni, ai giornalisti della TGR vuole far emergere il grande lavoro che si svolge nelle redazioni Rai delle sedi regionali, attraverso i reportage che raccontano il territorio, facendolo assurgere a protagonista, con la dignità del bene culturale, cioè come memoria collettiva formatasi attraverso il tempo: il paesaggio e le tradizioni immateriali, le vicende, anche negative come il dissesto ambientale, che caratterizzano i luoghi, le denunce di mancata tutela dell’ambiente, le storie di vita e di genti, che rappresentando uno dei più importanti momenti di riflessione e dibattito sul giornalismo d’inchiesta televisivo.
PRIMO PIANO
PRIMO PIANO
Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
Luigi Letteriello
I territori sono autentiche “officine del fare” con la capacità di organizzare la creazione di valore.
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Il Trentino mira a diventare la ICT Valley italiana
La grande occasione per cento giovani talenti
BEST PRACTICE
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l Trentino lancia una nuova sfida. E’ alla ricerca di giovani di talento da ogni angolo del mondo da inserire in un contesto ideale per un ecosistema di start-up innovative. L’iniziativa, promossa da Trento RISE (consorzio di ricerca riconosciuto dalla Commissione Europea come parte dell’Istituto Europeo di Tecnologia in ambito ICT, denominato Eit ICT Labs di cui fanno parte, tra gli altri, la Fondazione Bruno Kesler e l’Università degli Studi di Trento) in collaborazione con Trentino Sviluppo, e con la partecipazione del Gruppo Earlybird Venture Capital, servirà per trasformare il Trentino in un hub europeo delle iniziative di successo nel settore delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’ambizioso progetto, che dovrà aiutare i giovani ad affrontare nuove iniziative, grazie ad una crescita assistita, con servizi e agevolazioni offerti da Trento Rise, dovrà fornire al Trentino gli strumenti per diventare una ICT Valley italiana, puntando su nuove aziende strutturate, capaci di affrontare da sole il mercato, in maniera da far emergere le capacità e le competenze dei giovani all’interno di un mercato in questi anni falsato da troppe distorsioni. E’ quello che si sta cercando di fare con il programma pubblico “TechpeAlberto Pacher, Presidente della Provincia Autonoma di Trento.
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aks” per aprire le porte della ricerca ai giovani promettenti, capaci di produrre innovazione. Il Professor Fausto Giunchiglia, presidente di Trento Rise, conferma: “Il contributo di TechPeaks alla trasformazione del Trentino in una vera e propria economia della conoscenza si realizza abbassando le barriere economiche, culturali e psicologiche che separano i giovani di talento dalla filiera dell’innovazione ICT”. L’obiettivo, dunque, è creare team di qualità capaci da un lato di valorizzare le persone di talento, dall’altro di sfruttare le idee innovative sviluppate nell’ambito della ricerca e dell’alta formazione, e raffinate grazie ai mentori del programma stesso. Nella selezione sarà riservata una particolare attenzione all’Italia e ad alcuni Paesi dell’Europa dell’est e dei Balcani, considerati particolarmente promettenti, come ad esempio la Romania, la Polonia, la Russia, la Slovenia e la Croazia. Trento RISE selezionerà attraverso criteri altamente meritocratici un numero massimo di 100 candidati, allo scopo di individuare e lanciare fino a 30 progetti imprenditoriali in ambito ICT. Dal 5 febbraio al 5 aprile sarà possibile fare richiesta di partecipazione al programma, mentre i risultati delle selezioni arriveranno entro il 30 aprile.
Durante il percorso di formazione i giovani selezionati incontreranno imprenditori, manager, uomini di finanza e investitori che li aiuteranno a prepararsi per affrontare al meglio il mercato
e partire con nuove startup, ovvero per avviare nuove aziende. I partecipanti potranno usufruire gratuitamente di vitto, spazi di lavoro, alloggio e avranno un supporto economico mensile di 500 euro. I progetti imprenditoriali ritenuti migliori riceveranno un contributo di 25 mila euro. Per ricevere il contributo, ogni gruppo di lavoro, in cui saranno divisi i partecipanti, dovrà fondare una società in Trentino o aprirvi una sede operativa di una società. Le società saranno supportate nella ricerca di un investitore privato che finanzi il loro progetto imprenditoriale e potranno ottenere un ulteriore finanziamento pari a quello dell’investimento privato fino a un massimo di 200 mila euro. Quella che si prefigura è una realtà con un’ osmosi molto forte tra mondo della ricerca,
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Il programma pubblico “Techpeaks”, messo a punto da Trento Rise, consentirà di aprire le porte della ricerca alle nuove generazioni, capaci di produrre innovazione. L’aspettativa degli startupper, man mano che il progetto si completa, è di lavorare concretamente in questa provincia “virtuosa”.
impresa e tessuto sociale. Ne è convinto il presidente della Provincia Autonoma di Trento Alberto Pacher: “L’entusiasmo e la capacità dei giovani di trasformare alte competenze scientifiche e tecnologiche in nuove imprese innovative, ci incoraggia molto: la ricerca e l’innovazione portano valore aggiunto al territorio. Per questo abbiamo scommesso sulle nuove generazioni. E’ questo l’obiettivo finale”. L’aspettativa degli startupper, man mano che il progetto si completa, è di lavorare concretamente in questa provincia virtuosa. T.R.
Fausto Giunchiglia, Presidente di Trento Rise. In alto: la città di Trento, in primo piano il Castello del Buonconsiglio.
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Intervista al giornalista televisivo Marco Hagge
Il giornalista toscano ha maturato un’esperienza professionale che negli ultimi quindici anni, lo ha portato in giro nel nostro Paese, a scoprire luoghi e territori, con il piglio di chi possiede il “mestiere” a guardare i luoghi con l’intenzione di vedere.
LEGGERE IL TERRITORIO
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ra le rubriche tematiche della TGR (la Testata per l’Informazione Regionale della RAI) c’è quella dedicata ai Beni Culturali. Si chiama “Bellitalia”, viene realizzata dalla Redazione per la Toscana e va in onda il sabato mattina, su RaiTre. Il coordinatore, da ormai parecchie edizioni, è Marco Hagge, che è anche l’autore del servizio che in gergo giornalistico si potrebbe definire “di copertina”, cioè quello che in ogni puntata propone un itinerario di approfondimento scelto fra i tanti temi legati appunto al mondo dei Beni Culturali. Restauri, mostre, musei, edifici storici, ovviamente, ma non solo: spesso il protagonista è il Territorio (lo scrivo con la maiuscola, per sottolinearne l’importanza).
Ne deduco che c’è una precisa scelta editoriale: il Territorio come bene culturale a pieno titolo. E’ così. Oggi la cosa è scontata, ma non lo era, ad esempio, negli anni Ottanta o Novanta, quando si pensava che i temi legati al territorio coincidessero con quelli ambientali. Certo, c’è stato un momento in cui sembrava che il nostro patrimonio di arte figurativa o architettonica dovesse lentamente scomparire, cancellato dal tempo e dall’incuria. Non ci dobbiamo dimenticare che le Storie della Vera Croce, il capolavoro di Piero della Francesca, alla metà degli anni Ottanta stava letteralmente per scomparire a causa di un processo chimico causato dall’inquinamento atmosferico combinato con l’umidità e con le conse-
guenze di restauri precedenti: non si sapeva assolutamente come procedere. Sono stati i tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure a trovare la soluzione. Adesso, restaurare significa applicare dei protocolli precisi: è una conquista di enorme importanza, di cui l’Italia deve andare orgogliosa, ma che si rischia appunto di sottovalutare. Tutto questo per dire che, fino a una ventina di anni fa, le emergenze erano altre. Poi si è capito che è assurdo fare di tutto per salvare un’opera d’arte se non ci si preoccupa anche di conservarne il contesto.
arco Hagge (nella foto in alto), giornalista di Raitre e coordinatore della trasmissione “BelliItalia”, ha il grande merito di realizzare servizi sui tesori del nostro Paese, proponendo una lettura trasversale del territorio, anche quelli meno conosciuti.“BelliItalia” è la rubrica della TGR dedicata ai beni culturali, nell’accezione più ampia del termine. Si occupa infatti di musei e di restauri, ma anche di paesaggio, di centri urbani, di tradizioni, personaggi e curiosità collegati in qualche maniera alla storia e alla cultura del nostro Paese. Ogni puntata propone un viaggio a tappe attraverso le varie regioni italiane, mettendo in evidenza non solo i tesori artistici e monumentali più celebrati, ma anche e soprattutto quelli meno noti, così da fornire un quadro a tutto tondo dedicato anche e soprattutto alle persone che vogliono informarsi sull’arte, la cultura e il paesaggio d’Italia. bellitalia@rai.it
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Ma da un punto di vista giornalistico, come si racconta un territorio? Io credo che lo si debba raccontare come si racconta un’opera d’arte. Guardarsi intorno, osservare, cercare quel “carattere” particolare che è fatto di luce, di clima, di tradizione… Di geografia e di storia, insomma. Ascoltarlo, perché un territorio ci manda sempre qualche messaggio. Anche attraverso i suoi abitanti, i loro modi di
avevo mai fatto prima): qual è il carattere distintivo del paesaggio in cui sono nato? Mi sono reso conto che consiste in due colori: il verde scuro del cipresso e il verde pallido dell’ulivo. Sempreverde il cipresso, sempreverde l’ulivo: dunque, due elementi costanti in tutto l’arco dell’anno, che risaltano però in maniera sempre diversa rispetto a quelli che variano secondo i mesi e le stagioni, come i vigneti e i boschi a foglia caduca. Mi sembrava di avere scoperto l’acqua calda, e rimasi sorpreso (anche lusingato, devo ammetterlo) quando un’in-
Paolucci abbia ragione da vendere. Basta vedere che cosa succede in Italia:
dire, le abitudini, le tradizioni, la cucina. Ti racconto un aneddoto che risale agli
segnante mi chiese una copia del servizio per usarlo come materiale
ci sono amministratori virtuosi che mantengono il territorio a loro affidato come se fosse un giardino, magari a costo della vita (penso ad Angelo Vassallo, che ho avuto l’onore di conoscere in occasione di un servizio nel Cilento), e ci sono quelli che lo sfruttano in maniera ignobile, come un bottino di guerra da depredare. E poi, ovviamente,
inizi della mia carriera. Il caporedattore, molti anni fa, mi chiese di fare un servizio sul “Chiantishire” (come sai, io sono nato e vivo nel Chianti Fiorentino). Dovevo cioè rispondere a questa domanda: ma perché, con tutti i posti che ci sono al mondo, gli inglesi si sono innamorati di questo territorio? Allora mi sono chiesto (confesso che non lo
didattico per insegnare ai suoi allievi come si “legge” un paesaggio. Beh, il “protocollo” è questo: guardare con l’intenzione di “vedere” . Come in ogni altro settore dell’esperienza, del resto.
Ed è qui che entra in ballo il Territorio… Direi che è inevitabile. Ma permettimi una puntualizzazione. Antonio Paolucci
Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai
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ci sono quelli fra i due estremi: che magari non si pongono neanche la questione.
LEGGERE IL TERRITORIO
Territorio, cioè cultura
mi ha detto, che bisogna fare attenzione a come si usa il termine. Dire “territorio”, secondo lui, può essere pericoloso, se non ci si mette d’accordo su che cosa si intende davvero. “Territorio”, in senso nobile, è, come dire, un potenziamento del termine ”paesaggio”, che a sua volta indica la trasformazione prodotta dalla presenza umana sull’ambiente naturale. A volte, però, c’è chi usa la parola al contrario, per depotenziarla. Degradare cioè il contesto paesaggistico da tutelare a bene di consumo, da utilizzare senza riguardi. Credo che
Ma un territorio non è fatto solo di colori…
Le colline Metallifere, in alta Maremma. Sullo sfondo si intravedono le isole dell’Arcipelago Toscano e in lontananza la Corsica.
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LEGGERE IL TERRITORIO
Territorio, cioé cultura
Certamente. Ci sono gli insediamenti umani. Grandi e piccoli. Forse bisognerebbe parlare, in generale, di paesaggio urbano e paesaggio aperto. E poi ci sono, come dicevo, le persone, le loro storie. Fra l’altro, non mi sembra un caso che questi temi vengano evidenziati all’interno di una testata giornalistica che, istituzionalmente, si occupa di “raccontare” le realtà locali. Paradossalmente, è proprio la globalizzazione che valorizza la dimensione locale, in tutti i suoi aspetti, anche nei beni “immateriali”, come li ha definiti l’UNESCO, che ha deciso di tutelarli con pari dignità rispetto agli altri.
sarei ingiusto con quelli che inevitabilmente non potrei citare. Una cosa ti posso dire con sicurezza: il territorio è una miniera incredibile. Recentemente mi sono occupato delle Biancane, un affioramento geotermico nel cuore della Toscana, di cui (e lo dico con una certa vergogna) non mi ero mai occupato prima. Una specie di “isola” intorno alla quale tutti passano, e dove quasi nessuno si ferma. Un mondo incredibile, da tutti i punti di vista.
Quali sono i territori che hai trovato più interessanti? Dal punto di vista professionale, tutti quelli che permettono una lettura a più livelli, “multistrato”, se mi passi il
Vorrei tornare a una cosa che hai detto prima, cioè che il territorio è uno solo. Certo. Fra una città e il suo contado non ci sono certo muraglie cinesi. Il problema è appunto che si è perso questo senso di continuità. Il mio collega Claudio Francini, che realizza le
termine. Di solito sono anche quelli dove la popolazione è più sensibile ai temi della tutela. Penso alle Langhe (guarda la coincidenza: territorio di grandi vini, come il Chianti); al Trentino, che è una miniera di storie relative alla convivenza con un ambiente difficile; ma non vorrei fare un elenco, perché
immagini dei miei servizi, dice, scherzando ma forse non troppo, che noi raccontiamo l’Italia meglio di com’è, perché ovviamente scegliamo il meglio, mentre ci sono tante brutture in giro. Devo dire che non ha tutti i torti, anche se evidentemente c’è anche molto di buono, come dimostrano le centinaia
e centinaia di servizi che abbiamo realizzato insieme. Io gli rispondo che dobbiamo sostenere e valorizzare gli esempi virtuosi, anche per non dare alibi a chi dissimula l’incuria trincerandosi dietro i più incredibili pretesti. Quindi, il giornalismo può avere una funzione positiva? Penso e spero di sì. Quanto meno, come incoraggiamento. Guarda, io mi sono convinto che si potrebbe fare molto con pochissimo, semplicemente rivedendo tante cattive abitudini, prima fra tutte il disinteresse. Pensa all’inquinamento visivo… Ma io dico: come mai a Parigi per indicare una zona pedonale basta un piccolo cartello, e da noi ce ne vogliono decine, magari in posizioni che disturbano pesantemente il campo visivo? Hai notato ad esempio che nelle porte delle poche cinte murarie superstiti il divieto di passaggio viene segnalato fissando il cartello proprio sull’ingresso? Ed è possibile che gli skyline dei centri storici siano deturpati da centinaia di antenne e di parabole? Tempo fa, sul tetto della Cattedrale di Siena,non credevo ai miei occhi: una distesa di tetti assolutamente puliti, come potevano esserlo nel medioevo: più che una veduta, una visione. Indimenticabile. Come hanno fatto? Semplice: con il cablaggio. Dunque, se si vuole, si può. E allora, perché, secondo te, non si vuole? Probabilmente perché non ci si pensa. E’ un lavoro lungo. Ma mi fa almeno piacere pensare che, nel nostro piccolo, possiamo partecipare anche noi. T.R.
Il tele cineoperatore Claudio Francini, braccio destro del conduttore di Bellitalia, che realizza le immagini dei servizi curati da Marco Hagge.
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La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellata di tantissime costruzioni rurali che costituiscono il patrimonio architettonico materiale in terra cruda. Nelle foto due esempi di edifici costruiti interamente in terra battuta. A sinistra la cascina di Aldo Coscia, casa studio (e rifugio) del noto pittore novese. A fianco una cascina in terra battuta con la tessitura in pisè lasciata a vista.
Modellatrici del Paesaggio
Con il programma Terre di Terra e il progetto comunitario C.O.L.O.R.E. (Countryside and Landscape Opportunities in Renewable Energies), già sperimentato dall’Amministrazione comunale di Novi Ligure, l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, aderente a RES Tipica ANCI, in occasione del decennale dell’associazione, rilancia la cultura della terra cruda allo scopo di diffondere i valori del modello di vita e di organizzazione sociale ed economica proprio dei territori che a questa cultura appartengono.
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uardare al futuro nel segno della tradizione. Un obiettivo tanto semplice quanto nobile per avviare nuove strategie per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio in terra cruda. Con il programma “Terre di Terra” e il progetto C.O.L.O.R.E., già sperimentato dall’Amministrazione comunale di Novi Ligure, una ridente cittadina a cavallo tra la Liguria e il Piemonte,
del paesaggio (le case di terra, i percorsi campestri, le viti, i gelsi). Se n’è parlato lo scorso dicembre, nel corso di un confronto di approfondimento sul tema del paesaggio, dal titolo invitante: “(in) torno alla terra”. La locations scelta, il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure, ha reso più significativo l’evento. Nella stessa
l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, aderente a RES Tipica ANCI, in occasione del decennale dell’associazione, rilancia la cultura della terra cruda allo scopo di diffondere i valori del modello di vita e di organizzazione sociale ed economica proprio dei territori che a questa cultura appartengono. Promuovere lo sviluppo sostenibile - non solo in campo edilizio - in grado di qualificare i sistemi insediativi
Fabrizio Montepara, Presidente di Res Tipica ANCI.
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con la conservazione dei caratteri del territorio e nel rispetto degli equilibri eco sistemici, attraverso il recupero dei materiali, delle architetture e dei paesaggi legati alla terra cruda, appare non meno impellente dell’esigenza di ristabilire interconnessioni di ambito storico, economico, etnologico, a loro volta frutto e ad un tempo modellatrici
occasione è stato presentato il libro “Questa è la mia terra”, immagini (le foto sono di Giovanni Sacchetti che ne è anche autore) e racconti delle case di terra in Italia. Lorenzo Robbiano, Sindaco della cittadina nota per i suoi pregiati vini, luoghi cari agli eroi della bicicletta e del campionissimo più amato, Fausto Coppi, approfittando del tour del territorio, ha evidenziato come occorra intraprendere una strategia di sviluppo locale incentrata sulla valorizzazione delle proprie risorse endogene, puntando su una di quelle più caratterizzanti qual è il tradizionale patrimonio architettonico in terra cruda. Nell’ambito della gestione del territorio è molto sentita la necessità di recuperare le preesistenze architettoniche tradizionali, frutto del paesaggio stesso, inteso addirittura nella stretta fisicità della sua materia costituente: la terra. Ecco allora che il “materiale” si fa anche “immateriale” assurgendo da risorsa “fisica” a patrimonio culturale, attorno al quale nasce e ruota tutta una vivace volontà che si traduce in un programma di governance territoriale,
RES TIPICA E DINTORNI
RES TIPICA E DINTORNI
Il recupero delle tradizioni costruttive del territorio qualifica i sistemi insediativi
Gaia Bollini, architetto libero professionista, ph.d in ingegneria civile, consulente energetico Casaclima. Isidoro Parodi, architetto, Settore Urbanistica Comune di Novi Ligure. Luca Becciu, Sindaco di Serrenti, Presidente dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda.
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teso a “ricucire” le anime di un territorio, a comunicarlo ai suoi abitanti e riconsegnarlo loro. In tal senso l’intento ultimo è quello di consentire alla comunità locale di progettare il proprio futuro, fondandolo su aspetti di sostenibilità sociale e ambientale, in coerenza e continuità con la propria storia. Questo programma, denominato Terre di Terra, cerca di andare oltre la tradizionale prassi di interventi di sola trasformazione spaziale e locale e la sua portata innovativa risiede nell’articolato mix dei suoi principi informatori. “Stiamo lavorando - puntualizza l’architetto Isidoro Parodi, del settore Gestione del Territorio del Comune sulla valorizzazione di risorse localizzate (sia naturali sia prodotte dal lavoro), considerando il locale e il patrimonio sociale e materiale come cerniera di relazioni con il sovralocale (a tutti i
livelli)”. L’architetto Gaia Bollini, che si occupa di promozione del patrimonio in terra, nell’ambito dell’architettura bioecologica, ribadisce: “Occorre inquadrare la tecnologia costruttiva e il patrimonio esistente all’interno di una normativa tecnica, mediante un ruolo attivo da parte del comune, che si propone come soggetto referente nel processo di sperimentazione, agendo nel campo della sostenibilità sociale e ambientale, avviando reti di soggetti con propri ruoli all’interno dei processi di sviluppo”. La specificità della risorsa interessata (il patrimonio in terra cruda ed il suo secolare legame con il territorio), unitamente al forte connotato organizzativo del progetto, configurano la proposta come una vera e propria politica complessa di innovazione e di valorizzazione locale: un laboratorio di sviluppo locale proiettato su scenari
sovra locali e orientato alla sostenibilità nella molteplicità dei suoi aspetti. In sintesi si tratta di un’iniziativa di sviluppo locale incentrata sui concetti di saper fare, di “risorse locali”, di “patrimonio”, di “ecosostenibilità”, di sostenibilità sociale ed economica, che prende spunto e forza da una risorsa “materiale” la cui umiltà la rende così ricca di poliedriche possibilità anche “immateriali”. Il progetto, destinato a coinvolgere la nuova imprenditoria e lo sviluppo locale, si articola su diversi livelli che interessano gli aspetti di tipo tecnico normativo, di ricerca e documentaristico, toccando anche gli aspetti di tipo formativo di rete e gestione locale e potrebbe essere replicato su vasta scala a livello nazionale, coinvolgendo i 38 Comuni associati a Res Tipica ANCI, le cinque Province, l’Ente Parco, Associazioni, Imprese e liberi professionisti
che già interagiscono tra di loro, attraverso contatti e scambi in progetti di diffusione, ricerca, integrazione, cooperazione a livello internazionale. Ne è convinto anche il presidente dell’Associazione Luca Becciu, Sindaco di Serrenti, località della Sardegna dove l’iniziativa è stata avviata dieci anni fa. Il progetto di mettere in rete i territori dove si conservavano le antiche tradizioni che nei secoli avevano sviluppato modelli di architettura e di vita articolati e validi, decollò a Samassi, dove c’è la sede dell’Associazione, in una casa di terra cruda, che ospita un ricco Centro di Documentazione (www.terracruda. org). “Usare la terra cruda - sottolinea Becciu - significa riappropriarci di cultura materiale, conoscenze, saperi che abbiamo trascurato e che intendiamo recuperare”. Ed aggiunge:“In dieci anni abbiamo organizzato numerosi momenti di divulgazione, sia nella dif-
fusione culturale di base, sia come confronto scientifico internazionale, anche in collaborazione con l’UNESCO, accompagnati spesso da workshop pratici per apprendere come utilizzare questa risorsa, che ci aiuta a vivere in ambienti sostenibili, a salvaguardia della salute e nel contenimento dei consumi energetici. Occasioni di confronto che si realizzano anche in occasione del tradizionale appuntamento con la Festa della Terra che si tiene a metà settembre a Casalincontrada, in provincia di Chieti”. Fabrizio Montepara, responsabile dell’Associazione Res Tipica ANCI, non manca di elogiare il grande impegno profuso nel tenere vive le varie e articolate forme di cooperazione dell’Associazione Nazionale Città di Terra Cruda, considerata un autentico fiore all’occhiello e un valido esempio per promuovere l’Italia da conoscere in
Lorenzo Robbiano, Sindaco della Città di Novi Ligure.
quanto“Il recupero delle tradizioni costruttive del territorio è una delle innumerevoli iniziative di Res Tipica ANCI” e ciò è pienamente in sintonia con quanto sostenuto, in molteplici occasioni dagli architetti Bollini e Parodi, secondo cui ”approcciarsi ad una disciplina particolare quanto affascinante come la costruzione in terra cruda significa, innanzi tutto, sfatare alcuni radicati quanto erronei luoghi comuni, derivati dal riferire questo materiale, antico quanto l’uomo, a condizioni di miseria, stenti, abbrutimento e precarietà (climatica, economica, sociale e culturale). La terra altro non è, laddove sia impiegata, che una risorsa come molte altre, anzi, spesso la più preziosa, perché l’unica che affonda le radici nella storia dell’umanità”.
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Modellatrici del Paesaggio
Pierpaolo Bo
Paesaggio di pianura con la cascina fortificata “Gerola”.
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Il territorio di Novi, conosciuto per i suoi pregiati vini, punta al recupero delle tradizioni costruttive, qualificando i sistemi integrativi di tutta l’area. Sullo sfondo l’azienda vitivinicola Valditerra.
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Il mondo contadino che ritorna in auge
La terra che sussurra RES TIPICA E DINTORNI
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l materiale terra è per sua natura estremamente versatile. Le tecnologie costruttive sono molteplici, molto legate alla peculiarità del terreno locale. Il Piemonte, insieme alla Sardegna, è una delle regioni con il più esteso ed articolato patrimonio storico architettonico in terra cruda. La concentrazione maggiore è rilevabile nella provincia di Alessandria, dove è riscontrabile una variegata tipologia di manufatti: essi vanno dalla semplice cascina, alle opere pubbliche o private, caratterizzando, caso unico in Italia insieme, a Sardegna e Calabria, sia l’ambito rurale quanto quello urbano. Per l’esattezza sono individuabili tre aree distinte: la zona del mattone crudo, la zona della terra battuta che adotta la tecnica del pisé o rammed earth, applicata nell’area del basso Piemonte, soprattutto la parte meridionale della provincia di Alessandria, infine una zona a tecnologia mista, dove il mattone e la terra battuta si trovano impiegati assieme nella realizzazione di strutture portanti. Queste costruzioni erano un tempo case coloniche legate al mondo contadino, dotate di autenticità di linguaggio compositivo, sfaccettature tecnologiche e contenuti
sociali. L’azione intrapresa dall’Amministrazione Comunale di Novi Ligure prevede una strategia di sviluppo locale incentrata sulla valorizzazione delle proprie risorse endogene: l’apparente gioco di parole Terre di Terra (TdT), è in verità un articolato programma che mira a sistematizzare le future azioni di tutela e promozione dell’esistente patrimonio architettonico in terra cruda. Ma la terra è anche un pretesto per parlare e agire concretamente in merito al territorio. Si tratta infatti di un’iniziativa di sviluppo locale incentrata sui concetti di saper fare, di utilizzo delle risorse locali, di tutela del patrimonio, di sostenibilità sociale, economica e ambientale, basata sulla centralità del territorio, del paesaggio e della popolazione attraverso lo strumento della partecipazione. Terre di Terra, facendo sua la mission che è propria degli ecomusei, definisce innanzi tutto un processo, da intendersi come strategia che consente ad una comunità locale di ritornare ad essere tale, di riconoscersi nella propria storia, nelle tradizioni e nella memoria di tutti coloro che la compongono, nonché nei segni lasciati sul territorio (in termini antropici quanto naturali), assurgendo a momento di riflessione critica sui
La locandina che ha illustrato la campagna,dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda. All’Assemblea annuale, svoltasi a Novi Ligure, hanno partecipato i soci aderenti all’Associazione (35 Comuni), provenienti dalle regioni Abruzzo, Marche, Sardegna e Piemonte. Nella stessa occasione (foto in alto) è stato presentato il libro “Questa è la mia terra” dedicato al decennale dell’Associazione.
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nostri attuali modelli di sviluppo. La scelta di individuare il patrimonio locale in crudo quale elemento fondante di questo approccio/processo, sottende tre precise volontà: recuperare la dignità del materiale costruttivo terra, evidenziandone le profonde qualità, soprattutto in ambito di sostenibilità e biocompatibilità; dare risposta ad una esigenza territoriale di ricettività turistica attualmente scarsa, poco differenziata e per nulla innovativa; definire percorsi tematici legati alla cultura e alle tradizioni (socio-economiche, storiche ecc.) del territorio, ascrivendo a questi due ambiti quell’articolato livello di beni materiali e immateriali
che, intrecciandosi sul territorio, ne definiscono e caratterizzano l’identità e trasferiscono alle comunità locali quel senso di appartenenza che si vuole recuperare e sollecitare. In altre parole la costruzione in terra cruda diviene spunto e comune denominatore per la creazione di una mappa culturale che, nascendo a livello locale ha in sé tutte le potenzialità per svilupparsi a scala sovralocale (nazionale e internazionale). In ultima battuta il programma è una valorizzazione del territorio, e quindi del paesaggio, in chiave turistica di qualità, che, attraverso il recupero diffuso di edifici rurali di pregio (giacché
in terra), punta sulle specificità e su circuiti culturali dedicati, in un contesto in cui il settore ricettivo è sottodotato rispetto alle potenzialità del territorio. Ciò significa anche provare a costruire e coordinare sotto un’unica regia un insieme di relazioni immateriali a rete, in un ottica di governance territoriale multilivello. Con la collaborazione di
RES TIPICA E DINTORNI
La costruzione in terra cruda diviene spunto e comune denominatore per la creazione di una mappa culturale che, nascendo a livello locale, ha in sé tutte le potenzialità per svilupparsi su scala nazionale e internazionale. Il programma è una valorizzazione del territorio, e quindi del paesaggio, in chiave turistica di qualità. Attraverso il recupero diffuso di edifici rurali di pregio (giacché in terra), si punta sulle specificità e su circuiti culturali dedicati.
Gaia Bollini Architetto che si occupa di promozione e recupero del patrimonio in terra, temi su cui pubblica e tiene consulenze e lezioni.
Isidoro Parodi Architetto, che si occupa per conto del Comune di Novi Ligure, in particolare restauro e conservazione del patrimonio locale.
Tre metodi di applicazione di intonaco nel recupero delle costruzioni rurali: intonaco costituito da terra e gramigna - finitura di terra cruda e vinacce di Cannonau- aggrappaggio per terra cruda. In alto: paesaggio di pianura nel Novese. Tutto le case sullo sfondo sono realizzate con la tecnica della terra battuta.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
In questo luogo si conservano “i saperi e i sapori”
Gli
antichi orti
praticata un’agricoltura di sussistenza. Bernardo Marsano era consapevole che l’esposizione a sud di quel versante della collina, a mezza costa del Monte Giugo e da tempi antichi rimodellato a terrazze, in case civili e rurali, poteva consentirne la trasformazione in “giardini d’inverno” e la coltivazione dei ricchissimi prodotti, migliorando le condizioni socio economiche della popolazione di Sant’Ilario che, fino ad allora, si era dedicata alla coltivazione di piante arido resistenti. La collina del borgo è un balcone sul mare dalla ricca vegetazione e dalla vista mozzafiato, da dove si scorge il monte di Portofino. Da qui parte una passeggiata panoramica lungo le creuze secolari che s’inerpicano ripide su per la collina. Sant’Ilario, invece, è entrata nell’immaginario collettivo per la conosciutissima ballata “Bocca di Rosa”,
composta da Fabrizio De Andrè nel 1967. La stazione di Sant’Ilario, immortalata nei celebri versi, è ancora lì, in via Bonanno, un piccolo monumento di archeologia ferroviaria, con l’insegna mutilata, nei pressi della via Aurelia, meta di curiosi turisti. La stessa da cui scese Bocca di Rosa in un giorno di tanti anni fa, “per metter l’amore sopra ogni cosa”, sicuramente prima del 1959, l’anno in cui la fermata fu definitivamente soppressa, per trasformarsi anni dopo in un edificio privato. Nei paraggi venne posto un cippo commemorativo realizzato dallo scultore Adriano Leverone, amico di De Andrè, che riporta un’epigrafe poetica (in terzine), dedicata alla ballata del cantautore genovese, al termine di un mese di celebrazioni musicali di De André e dei cantautori genovesi nella calata di Capolungo, a Nervi-Sant’Ilario.
Nei luoghi dove Fabrizio De Andrè mise insieme, nella ballata “Bocca di Rosa”, “l’amore sacro e l’amor profano”, grazie all’iniziativa del borghese illuminato Bernardo Marsano, autorevole benefattore, fu fondata, sulla collina rimodellata a terrazze di Sant’Ilario, dove un tempo era praticata un’agricoltura di sussistenza, una scuola agraria conosciuta in tutto il mondo per la coltivazione delle “ortaglie primaticce”, degli agrumi, della floricoltura e frutticoltura. In questo luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine generazioni di coltivatori che lasciarono un segno importante nella storia della frutticoltura e della floricoltura.
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l primo importante riconoscimento fu assegnato nel 2011 da “Italia Nostra” che, in occasione della settimana nazionale dedicata ai “Paesaggi agrari”, inserì il Podere Costigliolo, dove è ubicata una Scuola di Agraria di altissimo livello, tra i paesaggi da proteggere. Il Podere Costigliolo è oggi minacciato da una strada che lo dovrebbe attraversare in pieno per arrivare a via del Pianello (altra zona della collina), pena l’esproprio e quindi
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migliaia di studenti. A Sant’Ilario studiò anche Rodolfo Valentino, che nella Regia Scuola di Agricoltura fondata dal benefattore genovese si diplomò in agraria, prima di affinare le sue grandi doti di ballerino e di divo del cinema che lo fecero diventare uno dei primi sex symbol se non addirittura un vero e proprio oggetto del desiderio, destinato al culto di massa. La peculiarità del Podere Costigliolo è determinata dalle caratteristiche del paesaggio, dalla giacitura, dall’esposizione, dalle caratteristiche climatiche, ma anche dalla storia di questo territorio e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Bernardo Marsano”, sorto centotrentuno anni fa. Il ricco commerciante, nato nel 1811, aveva intuito come attraverso l’istruzione sarebbe stato possibile rendere produttivi i terreni nei quali, fino ad allora, si era
PAESAGGI AGRARI
PAESAGGI AGRARI
dell’agricoltura di qualità
la cessazione delle attività educativo/ didattico/formative che hanno una così unica e preziosa ricaduta in tutt’Italia. La tenuta di 27 ettari, donata al Re Umberto I nel 1882, da Bernardo Marsano, ricco commerciante genovese, è oggi un bene culturale a rischio: un orto giardino storico, laboratorio spontaneo e museo a cielo aperto per la sua ubicazione ambientale e la peculiarità morfologica che ha grande valenza pedagogica e formativa per
In basso: Bartolomeo Pagano in una foto di scena del film Maciste, girato negli Anni Venti. In alto, a sinistra: il giovane allievo del Marsano Rodolfo Valentino con un compagno di corso. A destra: il benefattore Bernardo Marsano e l’insegna mutilata della Stazione di Sant’Ilario, descritta in un paio di strofe dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè nella ballata “Bocca di Rosa”.
Sullo sfondo della collina di Sant’Ilario, da dove si vede il promontorio di Portofino e il golfo di Genova, si delinea la bella palazzina della Regia Scuola di Agricoltura, dove si diplomò in agraria anche Rodolfo Valentino. In primo piano il giardino medievale e il campo catalogo di piante da frutto.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Il pioniere dell’energia solare esperimenti a Sant’Ilario
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LE TRACCE DI UN MAGICO MONDO DI CELLULOIDE Sant’Ilario è perennemente arroccata sulle alture, con la sua unica, straordinaria bellezza. All’epoca di Bernardo Marsano si viveva soprattutto di pastorizia e olivicoltura e S. Ilario era poco più di un villaggio di contadini che risalivano il crinale alla ricerca di nuovi pascoli da sfruttare. La terra era l’unico patrimonio. Oggi è un borgo verticale, minacciato dalla speculazione edilizia. Italia Nostra è intervenuta più volte per dire no all’ ennesimo sfregio a un paesaggio che è l’emblema di quello ligure, ad una speculazione che non si arresta nemmeno di fronte all’ amara lezione dell’ultima alluvione del novembre del 2011. Qui vissero il grande poeta dialettale genovese Edoardo Firpo e Bartolomeo Pagano, per tutti Maciste, nativo di Sant’Ilario, dove visse nella grande villa fatta costruire da Bertumè, con i risparmi accumulati durante la sua lunga carriera, e il vasto appezzamento del circostante terreno, che l’attore nelle pause tra l’uno e l’altro dei quaranta film girati si dilettava a coltivare ad orto e giardino. L’erculeo eroe degli anni 20, personaggio cinematografico del film “Cabiria”, fino al 1914 camallo nel porto di Genova, abbandonò il lavoro di scaricatore di navi, per entrare definitivamente nella storia del cinema muto. Tutte queste coincidenze non devono far dimenticare il valore dell’opera meritoria di Bernardo Marsano che nel suo testamento scriveva: “Revocando ogni precedente disposizione istituisco mio erede universale la Regia Scuola Pratica di Agricoltura Marsano in Sant’ Ilario di Nervi, alla cui fondazione ho consacrato tutta la mia vita e la maggior parte
Madre terra, fratello sole
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’ una vecchia centralina solare, un prototipo a concentrazione che utilizzava gli specchi Fresnel, la prima costruita in Italia, oggi abbandonati e rotti. Eppure Sant’Ilario, negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, fu sede delle pionieristiche imprese “solari” di Giovanni Francia. Matematico e ingegnere nato a Torino nel 1911, fu il primo al mondo che progettò e costruì nel Podere Costigliolo, diversi tipi di centrali solari capaci di ottenere vapore ad alte temperature (500° e oltre) e di produrre energia elettrica. Era una specie di Archimede dei tempi moderni, Francia realizzò dei campi di specchi che inseguono il sole e ne riflettono la radiazione su un ricevitore (nelle foto il professor Giovanni Francia e il suo prototipo costruito a Sant’Ilario) e con le sue scoperte richiamò l’attenzione del mondo intero su Genova, che allora fu soprannominata “capitale del solare”. Francia, oltre a dimostrare che era possibile far funzionare macchine e impianti delle società tecnologicamente e industrialmente avanzate con le radiazioni solari, sviluppò insieme a due giovani architetti, l’iraniano Karim Amirfeiz e la genovese Bruna Moresco, il progetto di una città da 100 mila abitanti capace di funzionare esclusivamente grazie allo sfruttamento di energia solare rinnovabile. La validità dei concetti alla base degli impianti costruiti da Giovanni Francia resta intatta ancora oggi tanto che in Australia e in Germania, come raccontava un filmato visibile alla mostra itinerante del Comitato Nazionale “La Storia dell’Energia Solare”, sono nate imprese che hanno costruito installazioni i cui antenati sono proprio quelli che Francia realizzò nella stazione solare di Sant’Ilario dove, purtroppo, oggi non resta che una testimonianza di archeologia industriale degli ultimi suoi impianti. E pensare che oltreoceano il 7 dicembre 2011 a Las Vegas l’azienda californiana eSolar è stata premiata per il miglior impianto costruito nel 2009 nel settore dell’energia solare in base al principio degli impianti di Giovanni Francia. E’ interessante conoscere che nello stesso anno di fondazione della scuola (1882) venne teorizzato da Alessandro Battaglia il collettore multiplo, presentato presso l’Istituto di Incoraggiamento di Napoli, il primo brevetto per lo sfruttamento dell’energia solare, e cento anni dopo la nascita del benefattore Bernardo Marsano, nel 1911, nacque Giovanni Francia. Corsi e ricorsi di una storia che non deve essere dimenticata.
La prima centralina solare, costruita in Italia, è stata realizzata nel Podere Costigliolo di Sant’Ilario. E’ un prototipo a concentrazione, progettato dall’ing. Giovanni Francia, che utilizzava gli specchi Fresnel, oggi purtroppo in cattivo stato di conservazione.
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de’ miei averi allo scopo di creare nella Liguria, mia terra natale, un centro di istruzione ove si insegnino i metodi migliori per trasformare le nostre terre, oggi così poco rimuneratrici, in giardini d’inverno, capaci dei ricchissimi prodotti delle ortaglie primaticce, degli agrumi, della Floricoltura e Frutticoltura” (Marsano, 1925). Negli atti della Società Economica di Chiavari del 1843 si rilevava: “Che l’ignoranza sia fatale origine di molti disordini, e sovente la rovina delle famiglie, ella è una verità riconosciuta … i nostri agricoltori difficilmente si perfezionano nelle arti loro perché sono meno perseveranti nello studio teoretico … questo solo io penso, che spargendo a mano larga l’istruzione, si otterrà un giorno che la povertà non sia fatale e perpetuo retaggio di una classe di uomini; che la ricchezza non sia esclusiva di un’altra privilegiata”. “Il benefattore che ha dato il nome al nostro Istituto - racconta la professoressa Angela Comenale Pinto, tutta grinta e passione per questa terra, ma
anche della “sua” d’origine: il Cilento - fu un personaggio certamente geniale. Le indicazioni di Bernardo Marsano in merito alla coltivazione delle ortaglie primaticce, degli agrumi, della Floricoltura e Frutticoltura, furono vincenti e grazie alla Scuola di Agricoltura ebbero origine generazioni di coltivatori che lasciarono un segno importante nella storia della frutticoltura e della floricoltura. Basti pensare che Domenico Tamaro, autore di diversi importanti testi di frutticoltura, fu direttore della Regia Scuola di Agricoltura di Sant’Ilario e che, grazie all’istruzione, come preconizzato da Bernardo Marsano, si sviluppò a Sant’ Ilario il lavoro di miglioramento genetico per diverse colture floricole e in particolare per le camelie, per le quali ibridatori esperti crearono centinaia di varietà nuove”. Per le nuove colture introdotte da Bernardo Marsano sarebbe stata necessaria l’irrigazione, perciò oltre alla fondazione della Scuola di Agricoltura fu realizzato un acquedotto che rendesse regolare l’approvvigionamento idrico.
UN LUNGIMIRANTE BENEFATTORE Avevano la precedenza per l’Istruzione “i più poveri e abbisognevoli”, ma non poche furono le difficoltà che Bernardo Marsano dovette affrontare per rendere reale questo sogno in cui l’istruzione diventava strumento di libertà e sovvertiva la struttura sociale dell’epoca, mettendo in pericolo i privilegi della nobiltà e della ricca borghesia. “L’importanza del contributo di Bernardo Marsano - ricorda il responsabile dell’Ufficio Tecnico Giampiero Alloisio, ex allievo dell’Istituto Marsano - ha fatto sì che oggi il suo nome sia contemplato nella recente opera pubblicata dall’Ufficio Studi del Ministero delle Attività culturali, coordinata da Vincenzo Cazzato, Atlante del giardino italiano:1750-1940: dizionario biografico di architetti, giardinieri, botanici, committenti, letterati e altri protagonisti”. La Scuola Agraria di Sant’Ilario è altresì citata nel testo di Giuseppe Murolo “Fatti e figure dell’insegnamento agrario dall’unità d’Italia ad oggi”. Pierpaolo Bo
PAESAGGI AGRARI
Giovanni Francia fece i primi
Gli antichi orti
Pierpaolo Bo
La peculiarità del Podere Costigliolo è determinata dalle caratteristiche del paesaggio, dall’esposizione, dalle caratteristiche climatiche, ma anche dalla storia di questo territorio e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Bernardo Marsano”, sorto centotrentuno anni fa. Il viaggio per conoscere Sant’Ilario prendeva inizio dalla Stazione ferroviaria, soppressa nell’estate 1959, in via Bonanno, dove si fermavano i treni diretti a Genova.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
Un laboratorio spontaneo nel mezzo della natura della riviera
l’erba, ora c’è...
Un autentico giacimento di varietà da frutto locali che mira della conservazione in situ a tutela della biodiversità. Con lo stesso obiettivo gli studenti dell’Istituto Agrario di Sant’Ilario che rappresenta una realtà dell’eccellenza per chi consideri l’agricoltura, la cura del territorio, la tutela della biodiversità e la passione nel fare scuola, elementi di valore da promuovere e sostenere, stanno realizzando un parco didattico del giardino storico, del quale sono già visitabili un giardino con le specie vegetali utilizzate in epoca medioevale e un giardino con le piante utilizzate in epoca rinascimentale.
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traordinario, coinvolgente, magico, il paesaggio della collina di Sant’Ilario, lungo il versante naturale rimodellato dall’azione antropica per mezzo dei terrazzamenti, appartiene in toto alla Formazione dei Calcari Marnosi di Monte Antola. Dal punto di vista morfologico il versante, di forma subtriangolare, è stato prodotto dall’azione di una faglia, a direzione est-ovest, appartenente ad un sistema che ha fortemente interessato il substrato calcareo-marnoso, si estende fino a 480 m s.l.m. con esposizione sud. I terrazzamenti si intersecano alle rocce calcaree ad elmintoidi come in un unico disegno e permettono la coltivazione anche laddove la pendenza è maggiore. La realizzazione dei terrazzamenti con i materiali lapidei ricavati sul posto ha consentito una straordinaria armonia tra le caratteristiche naturali e l’azione dell’uomo. Il paesaggio di Sant’Ilario è talmente peculiare che è stato oggetto del primo piano paesaggistico nel 1953 in attuazione della legge n.1497/1939. Il paesaggio agricolo della collina, grazie alla Scuola di Agricoltura, evolve dalla coltivazione di piante aromatiche, olivi e agrumi, che venivano venduti alle
navi mercantili inglesi nel porto di Genova per prevenire lo scorbuto fra i marinai, nella frutticoltura e nella floricoltura specializzata. La coltura degli agrumi si sviluppa a Sant’Ilario grazie a interessanti sistemi irrigui di canalette di coccio invetriato lungo i muri di ispirazione araba e vasche di raccolta in pietra, che ancora esistono nel Podere Chiappella dell’Istituto Marsano, a sud del Podere Costigliolo, ma il valore di questa coltura è anche nei
colori e nei profumi: “qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l’odore dei limoni” (E. Montale). E’ evidente che la Scuola Agraria con i suoi ventisette ettari sulla collina, caratterizzati da condizioni microclimatiche differenti in funzione dell’altitudine e dell’esposizione, è un’elemento fondamentale della straordinarietà del paesaggio di Sant’Ilario. Allo stesso modo le caratteristiche architettoniche dell’edificio ottocente-
La floricoltura, l’orticoltura e il paesaggio delle serre arricchiscono di contrasti la collina di Sant’Ilario, dove l’ulivo modificò profondamente il paesaggio naturale con i terrazzamenti a strapiombo sul mare. In alto: Angela Comenale Pinto, docente dell’Istituto Agrario e il suo collega Giampiero Alloisio, responsabile dell’ufficio tecnico, ex allievo del Marsano.
mento importante per l’equilibrio ecologico. Sono presenti molte specie faunicole protette dalla legge regionale 22 gennaio 1992 per la “tutela della fauna minore”, come specie entomologiche, tra le quali la rara formica cieca Strumigenys tenuipilis e il coleottero curculionide Heteromeira variegata, rettili e anfibi, tra i quali l’orbettino, Anguis fagilis, il biacco, Coluber viridiflavus, il geco comune, la Tarentola mauritanica, la Raganella mediterranea, l’Hyla meridionalis, il Bufo bufo e la
piovane si sviluppa il Phragmites communis, così come descrive Montale: “le viuzze che seguono i ciglioni discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni”.
salamandrina dagli occhiali, la Salamandrina terdigitata, classificata oggi come Salamandrina perspicillata, a protezione speciale. In ottemperanza alla convenzione Internazionale di Rio de Janeiro nel podere Costigliolo dell’Istituto Marsano è stato realizzato un campo catalogo di varietà da frutto locali che si propone l’obiettivo della conservazione in situ a tutela della biodiversità. Con lo stesso obiettivo gli studenti stanno realizzando un parco didattico
IL PODERE COSTIGLIOLO Il Podere Costigliolo è ricco di ecotoni, aree ad elevata biodiversità che forniscono ospitalità, nutrimento e siti per la riproduzione a molte specie faunicole, rappresentando, così, un ele-
del giardino storico, del quale sono già visitabili un giardino con le specie vegetali utilizzate in epoca medioevale e un giardino con le piante utilizzate in epoca rinascimentale.
UN PAESAGGIO PEDAGOGICO Il paesaggio del Podere Costigliolo per la sua ubicazione ambientale, la sua ricchezza naturalistica, la sua valenza culturale, la sua eccezionale bellezza e la peculiarità geomorfologica, si presta in maniera particolarmente efficace a divenire laboratorio spontaneo per esperire una gamma di scoperte e conoscenze non solo scientificonaturalistiche ma anche relative alla sfera dei valori e dell’identità personale; si può perciò considerare paesaggio pedagogico. L’Istituto Marsano con il suo Podere Costigliolo ha vinto la sfida di rendere la scuola un luogo piacevole, dove gli studenti vanno “perché ne sono attratti” (Skinner, 1992). Esporsi consapevolmente agli influssi di un paesaggio, esplorandone e ascoltandone le voci, palpandone i misteri, cogliendo la sua storia, la sua evoluzione, assaporandone le ricchezze variegate, in relazione ai propri vissuti, conduce a un’esperienza educativa e formativa che andrebbe incoraggiata all’interno di ogni programma didattico allo scopo di accrescere, fin dall’età evolutiva, nella società civile, la sensibilizzazione al valore dei paesaggi, e, al tempo stesso, la capacità critica e quella decisionale e partecipativa rispetto alle politiche ambientali e territoriali.
PAESAGGI AGRARI
Dove c’era
sco edificato per ospitare gli studenti fanno sì che ai primi del novecento nei depliant turistici di Sant’Ilario fossero indicati solo la chiesa e la scuola come mete turistiche. Tra le pietre calcaree dei muri a secco nascono l’erba ruggine, l’Asplenium, l’ombelico di Venere, la Cymbalaria muralis, i Sedum. Dai cancelli lungo le mulattiere si scorgono pergolati di vite e di glicine, mentre la Clivia miniata regala appariscenti fioriture primaverili. Lungo gli impluvi nei quali si raccolgono le acque
Con il contributo di Angela Comenale Pinto Insegnate dell’Istituto Agrario Bernardo Marsano
Uno studente che lavora nell’aula all’aperto.
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Una proposta per nuovi spazi Anno VI - gennaio/febbraio 2013 flessibili
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Reinventiamoci il territorio
paesaggi
Dai “ rifiutati” ai “paesaggi riciclati” In Trentino è nato un laboratorio territoriale-paesaggistico per riqualificare e valorizzare le risorse. I protagonisti sono un gruppo di giovani allievi progettisti, che hanno trovato gli stimoli per trovare spunti di qualità per il nuovo Piano Territoriale di Comunità. Il progetto è stato promosso dalla Comunità delle Giudicarie che comprende 39 Comuni amministrativi ed oltre 120 centri abitati, lungo i bacini dei fiumi Chiese e Sarca, immissario del Lago di Garda.
INIZIATIVE LOCALI
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iutare a riflettere per ripensare l’ambiente e ritrovare il paesaggio perduto, attraverso un laboratorio “territoriale-paesaggistico”, per riqualificare il territorio, coinvolgendo giovani con specializzazioni diverse (architetti, paesaggisti, urbanisti, agronomi, ingegneri, botanici) da tutta Italia. E’ l’obiettivo di un’interessante iniziativa avviata dalla Comunità delle Giudicarie, nelle vallate omonime, in un contesto paesaggistico mozzafiato. Il progetto tiene conto dell’attuazione di una politica per i cittadini auspicata dalla Comunità, con “la Persona al centro”: giovani, famiglia, salute, cultura, sport, edilizia abitativa, ed altro ancora. Insomma una politica di sistema ben oliata per il governo del
territorio e delle risorse: urbanistica, mobilità, energia, ciclo dell’acqua. Senza trascurare l’aspetto etico ed estetico del paesaggio come suggerisce l’UNESCO, perché il progetto rappresenta un’autentica rivoluzione a tutto campo. Una proposta che potrebbe essere
presa come modello anche per altre comunità, al fine di attuare il proposito auspicato nella recente Dichiarazione UNESCO dello scorso settembre, a Firenze, nella quale venne evidenziata come “è apparsa con sempre maggiore evidenza, l’impossibilità di proteggere il Patrimonio separatamente dall’am-
biente e ignorando i saperi e le pratiche che lo hanno generato”. Il paesaggio è stato definito, in quella circostanza, proprio come quella stretta relazione tra umanità e ambiente che ogni civiltà e comunità stabilisce realizzando il proprio universo sociale e produttivo. Nel documento ufficiale che ha messo in moto la procedura Nazioni Unite per arrivare a una nuova convenzione internazionale sul paesaggio, si considerava la richiesta delle comunità locali e dei rappresentanti amministrativi per migliori e sostenibili condizioni di vita basate sulla condivisione globale delle opportunità e comuni obiettivi. La bella iniziativa avviata nelle vallate delle Giudicarie potrebbe essere inserita come un’azione di sostegno, in ambito locale, al progetto UNESCO che avrà valore planetario, avviato in occasione del 40° anniversario della Convenzione del Patrimonio Mondiale. Il progetto non ha niente di preordinato: è maturato all’estremità sud-occidentale della Provincia di Trento, lungo i bacini dei fiumi Chiese e Sarca, immissario del Lago di Garda. Nella località di Tione si sono svolti gli incontri più significativi volti a valorizzare le risorse locali, rafforzando la consapevolezza dei cittadini sulla necessità di salvaguardare e migliorare i paesaggi come elemento integrante dello sviluppo sostenibile e dell’identità locale. Un modo esclusivo per progettare in area alpina, nuovi interventi di tutela, utilizzando il territorio come “un’officina a cielo aperto”. Il luogo è magico. Le Giudicarie si estendono per circa un quinto del territorio provinciale, con una popolazione di quasi 38 mila abitanti. Comprendono 39 Comuni amministrativi ed oltre 120 centri abi-
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Patrizia Ballardini, Presidente della Comunità delle Giudicarie. L’area imponente (circa 52.800 m2) della discarica di Zuclo che tra alcuni anni terminerà la sua funzione di area adibita a smaltimento dei rifiuti, per la quale la Comunità delle Giudicarie ritiene essenziale trovare una modalità innovativa di riqualificazione. Non quindi solo una messa in sicurezza dell’area ma un progetto che la trasformi da luogo inospitale a risorsa per il territorio.
tati. Il territorio include le antiche “sette pievi”, riunite tra le Giudicarie Esteriori, con le zone di Lomaso, Bleggio e Banale, e le Giudicarie Interiori, che comprendono l’alto corso del Sarca (con la Val Rendena e la Busa di Tione) ed il bacino del Chiese. Come se non bastasse, dalle Giudicarie svetta il massiccio dell’Adamello che fronteggia le Dolomiti di Brenta, riconosciute Patrimonio dell’Umanità nel 2009, proprio nel cuore del Parco Naturale Adamello Brenta. “L’obiettivo centrale del Piano Territoriale è quello di garantire un approccio sostenibile allo sviluppo, che veda nell’ambiente e nel paesaggio gli elementi più preziosi da valorizzare afferma Patrizia Ballardini, Presidente della Comunità delle Giudicarie, che aggiunge: - un paesaggio che nel segno del recupero, della riqualificazione e dell’integrazione ma anche della ricerca e della sperimentazione, riesca a trovare una visione unitaria di qualità, nella consapevolezza che tutto assume significato e conquista concretezza solo se associato ad una nuova sensibilità degli Amministratori”. Il programma si è aperto con un ciclo di mostre, seminari e sessioni di confronto con cittadini, professionisti locali, operatori, Sindaci e amministratori, con la partecipazione della Commissione Paesaggio della Comunità delle Giudicarie, al fine di stabilire partenariati efficaci, e muovere i passi necessari per procedere nella giusta direzione.
I GIOVANI AUTOREVOLI PROTAGONISTI Nelle giornate di studio si è mostrato l’uso concreto e operativo di questa ottica sul paesaggio non categoria per disquisizioni estetiche ma strumento
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iscoprire, percorrere, osservare, proporre, innovare. E’ la filosofia dei gruppi di lavoro che si occupano del Progetto da Paesaggi rifiutati, ai paesaggi riciclati. Ad esempio, il ripensamento delle località turistiche alpine sviluppatisi tra gli anni Sessanta e gli Ottanta è una delle nuove sfide dell’architettura e del governo del territorio. Un progetto riguarda Madonna di Campiglio, la “Perla delle Dolomiti”, il luogo simbolo del turismo alpino in Trentino. Un progetto che si configura come una visione futura della località alpina. Una proposta per nuovi spazi, flessibili, che facciano rivivere Campiglio nella contemporaneità e non solo come ricordo di una gloriosa modernità, e per la differenziazione dell’offerta turistica anche nei mesi primaverili e autunnali. Una Campiglio che cambia, che si rinnova, che si ripensa. A partire dalla porta del paese: un’enorme colata di cemento considerata un vero pugno in un occhio.
INIZIATIVE LOCALI
Il progetto rappresenta un modo per apprezzare e interpretare il territorio, applicando soluzioni innovative
IL PARCO FLUVIALE DEL SARCA E DEL CHIESE Il tentativo di riportare l’acqua entro il paesaggio del quotidiano è l’obiettivo che si è prefissato il gruppo che si è occupato del parco fluviale. L’acqua nelle Giudicarie era vissuta come elemento dal quale difendersi e come risorsa produttiva (centrali idroelettriche, termalismo, imbottigliamento e itticoltura). Durante il sopralluogo è risultato però evidente che non c’era necessità di costruire “strutture fisiche” ma bensì “strutture relazionali”, tramite le quali ritrovare e dare nuovo significato al rapporto uomo-acqua.
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INIZIATIVE LOCALI
Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati”
per promuovere un nuovo modello basato su benessere delle genti. I giovani, innanzitutto, sono stati chiamati a confrontarsi con l’obiettivo di offrire idee e contributi progettuali e di strategia per alimentare un’ avanzata stesura del Piano Territoriale delle Giudicarie, avvicinandolo ad obiettivi mirati e concretamente fattibili in pochi anni. Questa iniziativa ha preso le mosse dal lavoro fin qui raccolto nel volume “Rifiuti da problema ecologico a risorsa del paesaggio” realizzato dalla Comunità delle Giudicarie insieme all’Università di Trento (www.comunitadelle giudicarie.it). Al seminario di apertura, lo scorso gennaio, hanno fornito i contributi i giovani docenti, che hanno affiancato quelli di alcune figure importanti del panorama scientifico europeo: i paesaggisti PROAP/Lisbona, lo studio Modus di Bressanone, e l’Università di Pescara, che hanno illustrato casi esemplificativi di realizzazioni e approcci sostenibili ai luoghi alpini che valorizzano la sensibilità al paesaggio come elemento chiave attorno a cui costruire con attenzione e qualità. Nella giornata conclusiva del laboratorio (sono programmate in futuro altre sezioni), un team di esperti, insieme ai componenti della Commissione per la pianificazione territoriale e il paesaggio della Comunità delle Giudicarie, ha valutato le proposte di progetto, lasciando poi spazio al confronto aperto a tutti i partecipanti. La sfida, lanciata dalla Comunità delle Giudicarie (la più ampia tra le Comunità di Valle) di restituire accessibilità a luoghi deturpati o classificati solo come “problema ambientale” è stata raccolta dall’Università di Trento a testimonianza della relazione, sempre più salda e
proficua, che si sta creando negli ultimi anni tra realtà locali e ricerca applicata. “Attraverso questa sperimentazione - spiega Giuseppe Scaglione, Prof. di Progettazione urbana e coordinatore del Laboratorio TALL dell’Università di Trento - questi luoghi divengono elemento strategico, da utilizzare come risorsa per ripensare tutto il paesaggio circostante. L’area della discarica, ad esempio, potrà assumere un ruolo più significativo, diventando un’occasione di vita in ogni contesto, dalla realtà urbana a quella rurale e montana”. “In un ambito tanto delicato come quello della gestione del territorio e dei rifiuti - commenta Patrizia Ballardini, presidente della Comunità delle Giudicarie - è fondamentale cambiare approccio, immaginando opportunità innovative anche per i luoghi oggi rifiutati poiché dequalificati dall’intervento umano. Perché un “laboratorio” con l’Università? Perché credo solo attraverso il contributo di tanti, professionisti e studiosi, si potranno trovare i percorsi innovativi che contesti ormai intaccati richiedono, per dare loro nuova vita e qualità”.
LE COMUNITA’ DI VALLE Le Comunità di Valle sono enti pubblici locali intermedi tra la Provincia Autonoma di Trento ed i Comuni. Previste
dalla legge di riforma istituzionale, le Comunità hanno sostituito i Comprensori. Mentre questi ultimi rappresentavano un “braccio operativo” della Provincia, con limitato potere decisionale, le Comunità sono titolari di funzioni proprie ed hanno la responsabilità di costruire ed adottare le politiche che più rispondono alle esigenze e alle caratteristiche del proprio territorio. Con le Comunità di valle, si è voluto portare più vicino ai territori le decisioni rilevanti, al fine di poter costruire risposte più puntuali alle esigenze dei Cittadini. Al tempo stesso, le Comunità sono al servizio dei Comuni al fine di garantire servizi in modo più efficace ed efficiente anche in una fase critica per le finanze pubbliche. Tra le competenze attive della Comunità delle Giudicarie, si ricordano: politiche per la casa (edilizia pubblica e agevolata), politiche sociali e per la salute, gestione della filiera dei rifiuti, pianificazione territoriale e urbanistica di comunità, assistenza scolastica, trasporti turistici, pianificazione e finanziamento delle opere di valenza sovracomunale attraverso il Fondo Unico Territoriale. Attivati ed operativi anche progetti specifici quali: “Parco fluviale del Sarca”, “Progetto Family Giudicarie”, “Giovani: costruiamo insieme il Futuro”.
In alto: i seminari hanno registrato una grande partecipazione di giovani che sono stati affiancati da alcune figure professionali importanti del panorama scientifico europeo.
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P. B.
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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Le reti ecologiche appaiono come lo strumento più utilizzato e riconosciuto per la tutela del territorio dal punto di vista ambientale
paesaggio
APPROFONDIMENTO
Energeo Magazine, che in occasione del “The International Protection of Landscapes”, promosso dall’UNESCO e dall’ITKI, svoltosi a Firenze lo scorso settembre- di cui è stato, insieme al Tg2, media-partners-, ha preso l’impegno di individuare le iniziative avviate localmente, continua il suo viaggio in Italia, per meglio interpretare, a livello locale, i principi di lettura del paesaggio e del territorio. La nostra esperta Serena Ciabò ci fa conoscere quali sono gli strumenti a cui si ricorre sempre più spesso per inserire la tutela di questi spazi all’interno di piani urbanistici e territoriali.
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uando parliamo di valore naturale di un paesaggio, istintivamente, la maggior parte di noi, vola col pensiero verso luoghi spettacolari, lontani da casa, inseguendo il concetto (ormai desueto) di “bellezza naturale”. Ciò è dovuto al fatto che la cultura occidentale, o meglio del mondo industrializzato, non ha aiutato la comunità a percepire la natura nella sua interezza, né ad identificarla emotivamente con il paesaggio quotidiano, mente è prassi comune rimanere in ammirazione di paesaggi spettacolari e isolati (Naveh, 1995). Questa situazione è particolarmente evidente in Italia dove la componente estetica è stata, sin dall’origine della questione “paesaggio”, il filo rosso che ha guidato indirizzi ed applicazioni pratiche influenzando anche i processi di gestione e salvaguardia del paesaggio. Oggi però la Convenzione Europea del Paesaggio (di seguito CEP) ci insegna che il paesaggio è ovunque e non fatto soltanto da singoli elementi di inconfutabile pregio ovvero “di notevole interesse pubblico”. Al concetto di “beni paesaggistici” dovrebbe sostituirsi quello di “paesag Serena Ciabò, l’autrice del servizio.
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gio” inteso come “una parte di territorio così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere risulta dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Alla luce di ciò sono altri i valori che, a fianco a quelli estetici, dovrebbero guidare le politiche paesaggistiche. Uno di questi è rappresentato dal valore ecologico che si identifica con la capacità di un paesaggio di supportare i processi naturali che in esso si svolgono e di garantire la sopravvivenza della biodiversità. Questo tipo di valore viene convenzionalmente attribuito ai cosiddetti monumenti naturali, a zone poco antropizzate, spesso protette, ma quasi mai si pensa che anche i nostri paesaggi quotidiani possano avere un’importanza determinante per la conservazione e la valorizzazione degli aspetti naturali. Eppure la partita sulla conservazione delle qualità del paesaggio si gioca tutta qui, dove le modificazioni all’assetto del territorio avvengono più rapidamente ed in modo più incisivo, e dove entrano in gioco interessi economici difficilmente rapportabili al valore aggiunto intrinseco nel capitale naturale e determinato dall’espletamento delle
funzioni ecologiche. Nelle cosiddette “aree remote” infatti, collocate cioè oltre una certa distanza dal più vicino agglomerato urbano (Romano, 2010), la bellezza del paesaggio si pone come caratteristica “ombrello” per la conservazione dei valori eco-funzionali. Nel “mondo reale” (Farina, 2010) invece, gli elementi di pregio naturalistico possono assumere agli occhi dei non addetti ai lavori a volte anche connotazioni insulse e passare in secondo piano rispetto al principio secondo cui “la terra non rende se non è murativa” (Settis, 2010), ovvero rispetto alla possibilità di capitalizzare il suolo nell’immediato attraverso il suo sfruttamento, generalmente a scopo edificatorio. Ma quali sono questi elementi di cui troppo spesso ci dimentichiamo, anche nel programmare gli assetti futuri delle nostre città? Sono tutti quei frammenti naturali fatti di siepi, filari alberati, boschetti, fossi e corsi d’acqua che differenziano l’omogeneità degli ambienti antropizzati e connettono tra loro i territori a più elevata naturalità. Uno degli strumenti a cui si ricorre sempre più spesso per inserire la tutela
vità fra le popolazioni biologiche in paesaggi frammentati, ricongiungendo le aree naturali residuali ancora presenti in una matrice tendenzialmente antropizzata a causa dell’urbanizzazione, della presenza di aree agricole ecc.. La presenza di tale strumento all’interno dei piani è riconosciuta fonda-
L’indagine è volta a mettere in luce come il concetto di rete ecologica è declinato in ogni Piano garantendo, successivamente, di poter costruire un indicatore non più di tipo quantitativo (che dà cioè informazione esclusivamente sulla presenza/assenza del concetto di rete ecologica all’interno dei
presenza di naturalità ove migliore è stato ed è il grado di integrazione delle comunità locali con i processi naturali, recuperando e ricucendo tutti quegli ambiti relitti e dispersi nel territorio che hanno mantenuto viva una seppur residua struttura originaria, ambiti la cui permanenza è condizione necessaria per il sostegno complessivo di una diffusa e diversificata qualità naturale nel nostro Paese” (Deliberazione C.I.P.E. 22 dicembre 1998). La pianificazione di una rete ecologica si pone l’obiettivo, sotto uno stretto profilo di conservazione naturale, di mantenere o ripristinare una connetti-
mentale, tanto che l’ISPRA sta portando avanti dal 2010, con cadenza biennale,un monitoraggio sul recepimento dei concetti di connettività e rete ecologica all’interno degli strumenti di pianificazione a scala locale. Nel programma del monitoraggio per l’anno 2012 sono coinvolti circa 60 focal points (amministrazioni provinciali e regionali, ARPA, enti parco, università, istituti di ricerca, liberi professionisti) che si occuperanno di analizzare 110 Piani di governo del territorio con valenza regionale (20 Normative Tecniche), provinciale (65 Piani), comunale (15 Piani), aree protette (10 Piani).
Piani) quale quello ad oggi presente nell’Annuario dei Dati Ambientali di ISPRA, ma un indicatore di tipo qualitativo che possa, quindi, approfondire il reale recepimento di tutti i concetti che rientrano sotto la più vasta accezione di rete ecologica all’interno degli strumenti di governo del territorio. Ad oggi, le reti ecologiche, appaiono come lo strumento più utilizzato e riconosciuto per la tutela dei valori ecologici, così difficili da riconoscere in altro modo.
APPROFONDIMENTO
Il valore “invisibile” del
di questi spazi all’interno di piani urbanistici e territoriali è la “rete ecologica”. Secondo le indicazioni del Ministero dell’Ambiente con il termine “rete ecologica” si indica “una infrastruttura naturale e ambientale che persegue il fine di interrelazionare e di connettere ambiti territoriali dotati di una maggiore
Serena Ciabò Pianificatore territoriale e ecologa del Paesaggio
Un ambito territoriale dotato di una maggiore presenza di naturalità.
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Il progetto innovativo RERU
ecologici
Corridoi da salvaguardare
APPROFONDIMENTO
I
l progetto RERU (Rete Ecologica della Regione dell’Umbria) nasce da una risposta che la sensibilità amministrativa umbra ha dato alle sollecitazioni che, ormai quasi da un decennio, pervadono il panorama italiano delle istituzioni scientifiche e, a seguire, di quelle di governo del territorio. L’azione promossa dalla Regione Umbria è la prima in Italia a riguardare un intero distretto amministrativo regionale, con un’intenzione dichiarata di costituire uno strumento operativo che dialoga con gli altri contenuti del Piano Urbanistico Territoriale condizionando effettivamente le trasformazioni future del territorio. Il progetto, che nella sua logica organizzativa ripropone alcuni schemi già in parte introdotti alla scala nazionale (es. Paesi Bassi o Polonia) o a quella provinciale anche in Italia (es. Piano Provinciale di Milano), ha coinvolto tre unità di ricerca italiane operanti in altrettanti Atenei (Università di Perugia, Università di Camerino e Università dell’Aquila), oltre ad un centro di ricerca olandese (Alterra) e all’Università di Cambridge (UK). Il programma RERU1, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2009, ha prodotto un cospicuo quadro conoscitivo portando ad un disegno
della rete esteso all’intero territorio regionale e ad uno “zoning” funzionale delle sue parti componenti (unità di connessione, corridoi e frammenti). Il recepimento dei contenuti del lavoro nell’articolato della L.R. 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale) ha segnato un duplice traguardo importante e innovativo: l’accoglimento della rete ecologica nel quadro legislativo regionale e il suo inserimento nella norma di governo urbanistico del territorio. Al primo programma ne è seguito un secondo di approfondimento (RERU2), ultimato nel 2008 e attualmente in fase di pubblicazione, che ha raffinato i contenuti delle ricerche precedenti,
Un paesaggio dell’Umbria cuore verde dell’Italia. In alto: Bernardino Romano, grande appassionato di montagna.
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concentrando le attenzioni su un territorio campione (la Valle Umbra), le cui dettagliate informazioni possono agevolmente dialogare, ancor più di quelle precedenti già in scala 1:10.000, con gli strumenti urbanistici comunali. Una terza fase del programma (RERU3), dovrebbe puntare al conseguimento, su tutto il territorio regionale, di una configurazione di rete ecologica scientificamente molto “robusta” ed in grado di colloquiare pienamente nei prossimi anni con tutte le altre forme di pianificazione della regione (agricola, paesaggistica, turistica, trasportistica, urbanistica). Bernardino Romano Professore di pianificazione territoriale presso l’Università degli Studi dell’Aquila
APPROFONDIMENTO
La Rete Ecologica della Regione Umbria (RERU), primo caso in Italia a riguardare l’intero territorio regionale, si pone l’ambizioso obiettivo di integrare le esigenze ecologiche della fauna con gli strumenti urbanistici comunali, proponendo una sperimentazione di dettaglio su un territorio campione (la Valle Umbra), un contesto insediativo molto denso, dove sono stati individuati fisicamente alcuni corridoi ecologici residuali, fondamentali per progettare concretamente il miglioramento delle condizioni ambientali locali per la biodiversità.
Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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L’ infrastruttura, utilizzata anche ai tempi dei Romani, è quasi sempre riconoscibile rispetto al paesaggio che la contiene e nel contempo ha una forte capacità di essere identitaria dei territori.
ponti
rabili. In questa operazione di “ridisegno” la scommessa è quanto il ponte potrà integrarsi con il territorio mantenendo identità ed autonomia formale. E’ così che il ponte entra nel paesaggio, o meglio diviene parte del paesaggio, gli appartiene, quasi se fosse lì da sempre. Tra le varie tipologie di ponti,
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L’idea del ponte come collegamento fisico si affianca alla metafora della ricongiunzione tra antico e moderno, tra passato e futuro dove, attraverso una nuova visione dell’opera che vede la cura architettonica al centro della percezione umana e quindi come elemento di paesaggio, viene scalzata la concezione della serialità del ponte che standardizza i luoghi. Il ponte nella sua capacità di interpretare un’esigenza di carattere funzionale, attraverso le sue forme stabilisce nuovi gradi di relazione con il suo contesto modificando, anche solo in piccola parte, il significato dei luoghi. In questo senso si sviluppa l’inchiesta di Energeo che ha voluto affrontare anche gli aspetti che legano, nelle varie epoche, queste infrastrutture alle opere d’arte.
I
l tema del paesaggio è questione dibattuta, in parte controversa e fonte praticamente inesauribile di spunti di riflessione. E’ un argomento complesso frutto di approcci culturali diversi che nel tempo, con processi evolutivi e talvolta involutivi, non è sfuggito al tentativo di essere imbrigliato e codificato da parte di una coscienza umana che ne ha compreso il valore e la necessità. Tale esigenza si fa sentire in modo forte anche nel nostro Paese che, recentemente, con il recepimento di norme e regolamenti, sta delineando i contorni di una nuova
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sensibilità al territorio, visto non solo come risorsa materiale ma anche come fonte di benessere. Questa sensibilità (formatasi, non di rado, anche in amministratori pubblici e progettisti), per quanto si scontri ancora quotidianamente con forze speculative che tendono alla devastazione del territorio causata dalla cementificazione, talvolta riesce a tracciare testimonianze distinguibili della propria essenza attraverso opere puntuali quali i ponti. In tal senso, all’idea del ponte come collegamento fisico si affianca la metafora della ricongiunzione tra antico e
Raffaello e Giulio Romano: “Visione della croce a Costantino”. Affresco. Roma, Musei Vaticani. Madonna dei Fusi, Leonardo Da Vinci, 1501. La Gioconda, Leonardo Da Vinci, 1503-1514. Ponte Buriano, 1277.
moderno, tra passato e futuro dove, attraverso una nuova visione dell’opera che vede la cura architettonica al centro della percezione umana e quindi come elemento di paesaggio, viene scalzata la concezione della serialità del ponte che standardizza i luoghi. Il ponte nella sua capacità di interpretare un’esigenza di carattere funzionale, attraverso le sue forme stabilisce nuovi gradi di relazione con il suo contesto modificando, anche solo in piccola parte, il significato dei luoghi. Si tratta di un disegnare su un disegno già dato con vincoli estetici oggi non più trascu-
tra i quali troviamo quelli sospesi e quelli strallati, a fare da padrona è l’accattivante forma del ponte ad arco nelle sue variazioni strutturali. D’altra parte, l’arco in antico era anche metaforicamente associato al genius loci, ovvero alla divinità protettrice di un determinato luogo che, in qualità di forza creatrice, vis generandi, veniva immaginata come essere superiore animato. L’animale sacro era il serpente, e con questa forma, sovente, lo troviamo rappresentato o descritto in diverse espressioni artistiche o letterarie, come in una bella favola di
Goethe, dove il serpente diviene ponte, acquisendo nel contempo il significato di unione e dialogo quanto di materia e forma. E l’arco del ponte, perfetto elemento strutturale, è anche il simbolo della grandiosità dell’imperatore, monumentalizzato e investito di una forte carica semantica leggibile nel significato proprio di “onore” e “trionfo”, di “landmark” del luogo, utilizzato fin dall’antichità nelle opere pontiere più grandiose che ne hanno fatto un vero e proprio punto di accumulazione, luogo di conflitto o mezzo di pressione psicologica. Ampia appare, in questo senso, l’iconografia che ritrae scene di guerra ambientate nei più grandi ponti ad arco dell’epoca romana o raffigurazioni pittoriche che hanno per sfondo paesaggi in cui compare il ponte, quasi sempre ad arco. Soprattutto in età rinascimentale infatti, con il ridestarsi del culto umanistico, molti furono gli artisti e gli scrittori che interpretano il modello del ponte ad arco integrandolo con la propria esperienza figurativa. E’ l’esempio del famoso affresco di Raffaello Sanzio conservato presso i Musei Vaticani, che raffigura la battaglia e celebra la vittoria di Costantino a ponte Milvio, nel quale la figura del ponte è posta in secondo piano, quasi ad essere uno spettatore timido che guarda da lontano per non disturbare la visione ascetica dell’Imperatore, in un’atmosfera di
precaria tranquillità prima della battaglia. Anche Leonardo dipinse valli, montagne, colline, un fiume e un ponte nello sfondo del suo più famoso dipinto. Alcuni storici dell’arte ritengono che il paesaggio rappresentato nella Gioconda sia una vista immaginaria, altri affermano che si tratti della Valmarecchia o di Arezzo con il Ponte ad arco di Buriano. Il ponte raffigurato è a sette arcate a sesto ribassato, e questo numero, considerato sacro in antico, richiama risvolti magico-simbolici, alchemici, ricordando i misteriosi legami tra umano e divino, microcosmo e macrocosmo, tra uomo e natura, nell’eterno e dinamico fluire della vita. Il paesaggio rappresentato sullo sfondo si allontana man mano verso l’orizzonte, facendosi sempre più indefinito e sfocato con la distanza, e i colori si attenuano fino a disperdersi in una nebbiolina di colore grigio–azzurro nella quale il ponte assume la propria identità integrandosi nel contempo mirabilmente nel paesaggio. Anche in un’altra opera, La Madonna dei Fusi, Leonardo, avvalendosi dell’utilizzo della prospettiva aerea, raffigurò un ponte simile, leggermente arcuato a schiena d’asino e con sette arcate di luce diversa. L’arco dunque, che nell’epoca romana ha avuto una grande espansione sia dal punto di vista formale che simbolico, e che è divenuto protagonista di rappresentazioni figu-
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I ad arco nel paesaggio
Enzo Siviero, Ordinario di Tecnica delle Costruzioni Università IUAV di Venezia Michele Culatti, Phd, architetto Viviana Martini, Phd student, architetto
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I ponti ad arco nel paesaggio
anno 148° Serie trimestrale fondata da Giovanni Spadolini Direttore Responsabile: Cosimo Ceccuti, affiancato da un Comitato di garanti presieduto da Carlo Azeglio Ciampi e composto da Pierluigi Ciocca, Antonio Maccanico, Claudio Magris, Antonio Paolucci.
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Dall’Unità d’Italia un periodico al servizio della cultura e del Paese
rative o letterarie, è ancora oggi una delle geometrie che nel disegno architettonico arricchisce le opere di una potenza espressiva che racchiude sia la forza strutturale, sia la dolcezza della linea curva che evoca diversi significati. Del resto, se solo percorriamo con gli occhi la linea dell’arco vediamo che esso contiene l’inizio di un percorso, un punto massimo ed una fine, stante a ribadire metaforicamente il ciclo della vita. E’ una forma naturale oltre che artificiale usata per scopi strutturali. Proprio per tale motivo l’utilizzo dei ponti ad arco in contesti anche tra loro diversi, siano essi urbani o rurali, non è solo una scelta tecnica ma anche una scelta linguistica. Infatti il ponte ad arco nelle sue diverse
forme ha la capacità di modulare la relazione con il paesaggio calibrando la propria presenza secondo modalità diverse. Possiamo trovare esempi di grande autonomia formale ad esempio nella maestosa opera del 1959 di Giulio Krall a Merizzano, in provincia di Benevento, dove l’impressionante paesaggio della breve fase costruttiva, si trasforma in ponte a doppia arcata che domina il paesaggio in modo permanente. Ma ci sono altre forme di inserimento nel paesaggio dove, ad esempio, il ponte ad arco internalizza i rifermenti del contesto. Un esempio lo si può osservare a Battaglia Terme, in provincia di Padova, dove il nuovo ponte carrabile ad arco a via superiore entra in netta relazione formale con il ponte storico in muratura. Antico e moderno dialogano con lo stesso linguaggio sia pur con uno stile
diverso. Il moderno, in calcestruzzo armato, espone la snellezza delle sue forme sintesi di un virtuoso gioco dialettico tra ingegneria ed architettura; l’antico diviene monumento, espressione di storia e segno della memoria. Il nuovo ponte in questo caso non domina il paesaggio ma ne fa parte, diviene elemento compositivo di un quadro composto da primi e secondi piani dove si colgono soprattutto le infrastrutture e da sfondi dove le forme ondulate della vegetazione ci avvertono della presenza di un paesaggio collinare. Esso ridisegna il sistema delle stratificazioni degli elementi e delle direzioni e orienta, con il suo impalcato, la vista verso le parti edificate, diventando così anche un regolatore di direzione visiva senza però alterare il quadro paesaggistico. Un altro esempio di inserimento dei ponti ad arco nel paesaggio può avvenire con la ripetizione dell’arco come sistema continuo: è il caso dell’adeguamento funzionale del ponte a Borgo Tossignano in provincia di Bologna, dove la necessità di allargare un ponte storico ad arco in muratura per consentire il passaggio pedonale è stata risolta creando una passerella posta su un lato del ponte storico sostenuta
da archi metallici inclinati. Questo intervento ridisegna il “paesaggio” architettonico del ponte storico stabilendo una gerarchia tra antico e moderno: il moderno, più leggero, non sovrasta l’antico ma lo rispetta seguendo la proiezione dell’arco in muratura su un piano inclinato nello spazio. L’utilizzo del ponte ad arco in pittura con l’ampia gamma di significati che esso ha rappresentato nella storia ed i pochi esempi illustrati danno già la dimostrazione di quanto esso sia un’opera architettonica dotata di una grande potenza comunicativa. La possibilità di essere impiegato con una geometria “elastica” rispetto al paesaggio che lo contiene e nel contempo la sua capacità di essere identitario ovvero, sempre riconoscibile, lo portano a caratterizzare il luogo in cui è inserito, a segnarlo attraverso un Landmark, ma anche a creare nuove relazioni spaziali e nuovi significati funzionali e simbolici stanti a ribadire la stratificazione del luogo e il mutare del suo significato nel tempo.
Dal 1866 sempre Una rivista ispirata ai sentimenti di libertà, di individualità, di spirito critico, che fanno parte insopprimibile della nostra storia. Dalle sue pagine classiche emerge un quadro fedele della cultura italiana, al di sopra delle mode vacillanti e oscillanti dell’industria culturale.
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Enzo Siviero Ordinario di Tecnica delle Costruzioni Università IUAV di Venezia
Michele Culatti, Phd, architetto Viviana Martini, Phd student, architetto
In alto: Giulio Krall, Ponte a Melizzano -1959 - Costruzione con centinature e realizzazione finale. Passerella sul torrente Santerno - Borgo Tossignano - Bologna - 2005. Ponte sul Canale Battaglia - Battaglia Terme (Padova) - 1995.
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Psicologia
socio-ambientale, un nuovo campo da esplorare
IL PUNTO DI VISTA
La psicologia socio-ambientale è stata messa a punto con l’intento di creare una disciplina che possa comprendere, in modo olistico, l’uomo e l’ambiente in un’unica accezione. All’ individuazione dei problemi più gravi e nocivi per l’ambiente, deve corrispondere la sperimentazione di modelli culturali alternativi, con l’obiettivo di offrire soluzioni sostenibili che tengano conto dell’interazione comportamentoambiente, orientate sia verso la modifica dell’ambiente, sia verso l’introduzione di nuovi stili di vita.
L
’ ambiente e la tutela del territorio e del paesaggio avranno un percorso didattico nel campo delle risorse umane: la Psicologia SocioAmbientale. E’ l’ultima novità nel campo delle discipline scientifiche e si avvia ad un sicuro successo. Da quest’anno, insegnamento unico in
Italia presso l’Università di Pisa, prende avvio un nuovo corso, del tutto all’avanguardia nel campo delle scienze umane. Questa nuova disciplina si definisce come la Scienza che studia l’interazione tra il comportamento umano e l’ambiente. In tal senso, essa pone al centro dell’analisi scientifica
l’individuo (o il gruppo umano) intesi non soltanto come prodotto delle grandi cause esterne, ma anche come causa, essi stessi, dei molteplici fenomeni particolarmente rilevanti all’interno del sistema “ambiente”. La trasformazione dell’uno in funzione degli altri - e viceversa - è continua e rimane all’interno
Uno dei campi d’indagine della nuova disciplina scientifica è l’Evoluzione Umana in rapporto all’Ambiente.
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di un unico processo interattivo circolare. Oggetto generale di studio della psicologia socio-ambientale è dunque l’interazione - costante e imprescindibile - tra il comportamento umano e l’ambiente, intendendo per ambiente sia quello naturale che antropico. Tale interazione viene analizzata sia nei paleocomportamenti, propri delle ere preneolitiche e dunque riferita all’integrale processo di ominazione; sia nei residui di tali paleocomportamenti riflessi sulle condotte attuali e riferiti all’Homo “technologicus” appartenente alle società tecnologicamente avanzate. Campi d’indagine più specifici sono: Evoluzione Umana in rapporto all’ambiente; Condotte Specifiche a carico dell’ambiente; Complessità nello sviluppo di comportamenti dannosi a carico dell’ambiente; Energia da fonti esauribili e rinnovabili; Processi Produttivi e relative conversioni economiche; Produzione di Rifiuti e criteri di raccolta, smaltimento, riutilizzo etc…; Inquinamento in tutte le forme; Sovrappopolazione e relative conseguenze sociali ed ambientali. La psicologia socio-ambientale è stata messa a punto con l’intento di creare una disciplina che possa comprendere finalmente, in modo olistico l’uomo e l’ambiente in un’unica accezione senza vederne necessariamente separate le parti. Infatti, la distinzione necessaria rispetto ad altre discipline, si esprime in primo luogo per la specificità dell’oggetto: lo studio degli ambienti, dei luoghi, dei contesti e degli stimoli fisici, entro i quali l’uomo si muove, che danno adito a specifici comportamenti. Per comportamenti si intendono attività, condotte, abitudini e costumi che cambiano tali luoghi generando nuovi
stimoli, all’interno di una continua reciproca variazione. In tale studio l’ambiente tout court e i gruppi sociali che lo abitano, le tecniche di produzione, gli strumenti materiali ed ideali, le tecnologie, le mode, la diffusione di modelli di comportamento, hanno tutti pari dignità e sono concepiti come componenti di un sistema, di fatto, inscindibile. Questa vuole essere una ripartizione particolarmente specializzata di cui si sente l’esigenza per la velocità di mutazione dell’enorme complesso di fenomeni osservabili in questo settore, che appare in espansione continua. Uno dei punti cardine della psicologia socio-ambientale è l’assunto secondo cui nell’interazione uomo-ambiente insiste un’apparente inconsapevolezza degli attori. L’individuo, il gruppo, l’istituzione sembrano disconoscere i meccanismi dell’interazione asserendo la propria impotenza, incompetenza o estraneità di fronte ai medesimi. Di conseguenza non vengono percepite e riconosciute dai singoli attori le conseguenze, dirette o indirette, del proprio agire che appare come effetto perverso di un sistema immanente. A fronte di tale inconsapevolezza/negazione che comporta necessariamente pericolosi atteggiamenti di indifferenza e di autoindulgenza, vengono chiamate in causa la psicologia, la sociologia ed in particolare l’antropologia culturale. Quest’ultima si rivela particolarmente efficace poiché nei suoi ambiti canonici di studio, vi sono schemi comportamentali preordinati ed organizzati secondo precisi modelli culturali che sottendono all’implicito, ovvero ad un comportamento del quale si è del tutto o parzialmente inconsapevoli.
Inoltre il ricorso all’antropologia diviene cogente in quanto non sarebbe possibile comprendere globalmente gli atteggiamenti umani odierni senza un’accurata analisi delle interazioni che si sono succedute in ambito culturale nella storia dell’evoluzione umana. Lo studio antropologico, quindi, se da un lato dovrà porsi come obiettivo generale quello di modificare schemi culturali e comportamentali non più adattivi nell’attuale contesto industriale/ post-industriale, dall’altro è finalizzato alla ricerca di soluzioni ottimali capaci di coniugare l’economia con la qualità dell’ambiente e della vita. La corretta individuazione dei problemi più gravi e nocivi, deve andare di pari passo con la sperimentazione di modelli culturali e tecnologici alternativi con l’obiettivo di offrire soluzioni sostenibili. Soluzioni che terranno sempre conto dell’interazione comportamento-ambiente e che saranno quindi orientate sia verso la modifica dell’ambiente, sia verso l’introduzione di nuovi stili di vita.
IL PUNTO DI VISTA
Nasce all’Università di Pisa una nuova disciplina che studia l’interazione tra il comportamento umano e l’ambiente
Paolo Rognini Prof. a c. Psicologia Socio-Ambientale Università di Pisa
Il Professor Paolo Rognini.
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Un modo per festeggiare le nozze d’argento con la terra
Comunicare il territorio
Il territorio geotermico della Toscana ha dovuto, in passato, gestire situazioni di disagio, tuttavia, attraverso un percorso orientato allo sviluppo sostenibile, ha saputo fare dell’emergenza un’occasione di rilancio. Uno degli strumenti utilizzati è rappresentato da Co.Svi.G., che ha puntato sulla ricerca e l’innovazione, stabilendo nuove relazioni con il mondo universitario e della cooperazione, nonchè con altre realtà simili operanti nel settore energetico-ambientale con criteri di sostenibilità, avviando nuove alleanze internazionali. L’esempio del comprensorio geotermico che in questi anni ha cambiato volto, sarà un caso di studio nell’educational, previsto a settembre, tra esperti di comunicazione del territorio e giornalisti televisivi e della carta stampata, al fine di definire le linee guida per una corretta comunicazione territoriale.
ANNIVERSARI
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l 1988, anno di nascita del Co.Svi.G. (Consorzio di Sviluppo delle Aree Geotermiche), resterà negli annali delle iniziative territoriali di successo, come pietra miliare per diverse e coincidenti ragioni. “Siamo partiti senza una struttura vera e propria, senza un fondo di dotazione, senza nemmeno l’assegnazione di un ufficio”, racconta Sergio Chiacchella, oggi direttore generale del Consorzio, che racconta dell’impegno, della passione e determinazione con cui il gruppo di Comuni dell’area geotermica della Toscana si è mosso negli ultimi decenni con un unico obiettivo: “traghettare il territorio, dalle difficoltà manifestatesi negli anni ’60 e ’70 attraverso un percorso in grado di creare nuove opportunità, un’occasione di rilancio, il punto della svolta” utilizzando al meglio le risorse disponibili, in un percorso di identità e sostenibilità dei processi di sviluppo. Un territorio che si appresta a festeggiare “le nozze d’argento della Terra” (così recita il claim del manifesto che ricorderà l’evento) e lancia una scommessa per il futuro, proponendo un diverso terreno competitivo, sapendo che questa vuole essere l’occasione Sergio Chiacchella, direttore generale del Co.Svi.G.
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Da pastori emigranti a imprenditori di successo: un singolare affresco di storia familiare
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per mettere in campo i reali punti di forza: il territorio e la risorsa umana. E lo vuol fare con una task force costituita da gente esperta e qualificata, in grado di tener dritto il timone fra necessità di occupazione e di rilancio del territorio e voglia di innovazione. Si tratta di giocare un ruolo di primo piano nei prossimi anni per costruire nuove relazioni (anche internazionali), sotto il segno del green, alla luce di quella cultura della sostenibilità che fa parte del DNA del territorio, come riferimento per lo sviluppo. Nelle “grandi visioni” dei progetti avviati si capisce che la leva strategica, è una soltanto: costruire un sistema emergente di sviluppo territoriale che tenga conto di tutte le valenze ambientali e paesaggistiche e dello sviluppo della grande opportunità offerta da un corretto uso delle energie rinnovabili. Ed ancora: il rilancio della ricerca potrà trovare nuovi sbocchi, costruendo nuove relazioni con il mondo universitario e della cooperazione, nonché con altre realtà simili operanti in altri territori, avviando nuove alleanze internazionali. Occorre continuare orgogliosamente sulla scia di un progetto iniziato oltre
due secoli fa, quando in quest’area si inventò lo sfruttamento della geotermia, sostenendo cambiamenti strutturali dell’economia locale, trasformando, già allora, il territorio in una “officina dell’innovazione“. Le attività che in esso si realizzano sono finalizzate alla promozione di un forte senso di identità e di appartenenza ad una realtà territoriale particolare ed esclusiva. Un mondo incredibile. Il ricordo va alla storia degli anni sessanta segnati dal fenomeno dell’emigrazione, di gente che partiva in cerca di fortuna, e gente nuova che arrivava, in particolare dalla Sardegna. Anni che videro i pastori sardi alla ricerca di terre abbandonate a seguito della scomparsa della mezzadria, periodo in cui, in virtù della riforma agraria andava sviluppandosi il fenomeno della piccola proprietà contadina. Si risollevò, in questo modo, il territorio secondo un modello di equilibrato rapporto tra lavoro e ambiente. Si avviò così il rilancio del territorio grazie al tessuto robusto delle comunità locali che hanno saputo dimostrare la loro forza, superando il problema dello spopolamento e maturando nuove esperienze, tanto da saper attirare le luci della ribalta. Tra le manifestazioni annunciate per celebrare l’anniversario,
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ttraverso una scorribanda nella memoria riusciamo a capire cosa è accaduto da queste parti. Mario Tanda, è oggi un imprenditore di successo di Monterotondo Marittimo, insieme ai suoi tre fratelli nati qui da genitori sardi, ha avviato un’:attività casearia di altissimo livello, che rappresenta un caso pratico di come si possa applicare il concetto di sostenibilità ambientale alla produzione alimentare. Nel Podere Paterno, situato in una zona collinare dell’Alta Maremma ricca di olivi, pascola il gregge (oltre mille capi di ovini) che fornisce ottimo latte con cui si realizzano un’ampia varietà di formaggi: dai prodotti freschi come rovaggiolo, ricotta, fiocchi di latte, primo sale, ai pecorini di diversa stagionatura realizzati anche con lavorazioni particolari come il vellutato, il moro o il pecorino delle vinacce. Quelli che erano una volta territori abbandonati, perché gli abitanti erano stati attratti dal miraggio di un posto di lavoro alle Ferriere, vennero occupati da interi nuclei familiari provenienti dalle zone interne della Sardegna, dirette al “continente”. “Anche i miei genitori - ricorda Mario Tanda - furono protagonisti della migrazione della transumanza delle greggi. Il viaggio fu avventuroso. Mio padre Gianuario, classe 1906 e mia madre Giacomina, di 27 anni più giovane, allora non ancora sposati, si incamminarono con trecento pecore e un asino, utilizzato per trasportare le povere masserizie verso il porto di Olbia. Il viaggio durò due giorni, senza tappe, prima di vedere il mare. Finalmente l’imbarco, la stiva dove si sistemarono, alla bell’e meglio, con le pecore per l’intera notte. Si può immaginare, fu molto difficoltoso!”. Si commuove Tanda mentre mostra alcune fotografie ingiallite. Ricorda ancora: “Quel viaggio che venne fissato nella memoria dei miei genitori, nonostante la faticosa avventura, aveva il senso della scoperta di un luogo leggendario, un Eldorado, in cui soddisfare i bisogni materiali, avere una masseria, tirar su la famiglia con molta dignità. Era la Toscana. Dal porto di Civitavecchia ci vollero quattro giorni per raggiungere l’Alta Maremma, dove si pensava di poter trovare dei pascoli in grado di sfamare enormi greggi. Un viaggio senza ritorno per sfuggire alla povertà, attraverso i campi, che segnava l’addio definitivo al luogo natio, di cui si conservano i ricordi e le abitudini e dove rimangono alcuni parenti, con il quale mantenere solamente un forte legame a distanza”.
La vita come un film scorre semplicemente nella mente del casaro Mario Tanda, oggi imprenditore di successo. Suo padre Gianuario e la madre Giuseppina, negli anni sessanta, si incamminarono con trecento pecore e un asino, dalla Sardegna verso il continente, stipati all’inverosimile nella stiva insieme al gregge, andando incontro alla storia di queste terre dopo tanti anni di fatica. E’ la storia di un territorio che resterà negli annali, per tante iniziative di successo. Un territorio che ha imparato a comunicare….
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ANNIVERSARI
Comunicare il territorio
LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE
oltre ad una serie di eventi è prevista, a settembre, un educational, ideato da Energeo Magazine e sostenuta dal Co.Svi.G., tra esperti di comunicazione territoriale e affermati giornalisti televisivi, al fine di definire le linee guida per una corretta comunicazione del territorio, sull’esempio del comprensorio geotermico che in questi anni ha cambiato volto, riuscendo ad ottenere risultati sorprendenti nell’innovazione, anche in ambito internazionale, conservando l’identità dei territori. In questi luoghi gli uomini si sono confrontati con le difficoltà: contadini, pastori, cacciatori, taglialegna, carbonai, braccianti agricoli sono stati i protagonisti di questa terra, gli abitanti di questi paesi arroccati tra le boscaglie. E’ stata proprio questa gente a fare la storia e a costruire il carattere di questa terra, con i suoi costumi e tradizioni e con il suo particolare patrimonio culturale. Pierpaolo Bo
Un esempio concreto di approccio al paesaggio Autore: Federica Larcher Con i contributi di Enrico Borgogno Mondino, Claudia Cassatella, Marco Devecchi, Bruno Giau, Paola Gullino, Federica Larcher, Tiziana Malandrino, Silvia Novelli, Dario Rei, Bianca Maria Seardo, Mauro Volpiano. Editore: Franco Angeli
Prendere decisioni sul paesaggio significa far dialogare interessi e discipline profondamente differenti fra loro per linguaggi utilizzati, fenomeni studiati e metodi di ricerca. Grazie ad un lavoro sinergico e integrato di studiosi dell’Università degli Studi e del Politecnico di Torino, Federica Lacher ha voluto rappresentare un esempio concreto di approccio olistico al paesaggio. Il volume si articola in tre parti. La prima tratta gli aspetti metodologici per il riconoscimento esperto dei valori paesaggistici; la seconda si concentra sull’analisi delle ragioni di trasformazione del paesaggio con particolare riferimento al contesto della società rurale e al coinvolgimento degli stakeholders per la valutazione di scenari futuri; la terza e ultima parte affronta la sintesi interpretativa e progettuale, ovvero prendere decisioni sul paesaggio, proponendo un approccio integrato e critico sia sui metodi sia sui risultati. Ciascuna fase di ricerca è stata applicata al caso studio del paesaggio agrario a prevalenza viticola del Monferrato Astigiano, esempio di particolare interesse per il contesto piemontese e italiano. Il volume intende contribuire a livello scientifico e culturale all’individuazione di strategie per una migliore gestione del territorio.
Una storia lunga 150 anni
Centocinquanta anni fa - il 6 luglio 1862 - il primo Parlamento unitario emanava la legge che istituiva “una rete di Camere di commercio estesa su tutto il territorio nazionale”. Quella rete negli anni si è irrobustita, fino a diventare il sostegno a un edificio ideale: “la casa delle imprese” che oggi ospita più di 6 milioni di aziende. In questo secolo e mezzo - anche attraverso le Camere di commercio - i protagonisti del mondo economico hanno concorso in modo determinante a costruire l’Italia di oggi. Imprenditrici e imprenditori che in tutti questi anni si sono impegnati duramente, mettendosi in gioco in prima persona per conservare tradizioni produttive antiche e ricercare modi sempre nuovi per portarle sul mercato. Con la flessibilità, l’innovazione, la qualità. Ma soprattutto con quella fiducia nel mercato e nei valori dell’impresa. Partendo da queste premesse, Unioncamere Piemonte - in collaborazione con l’Agenzia Ansa - ha voluto raccontare i cambiamenti nella vita economica, sociale, artistica e culturale della regione all’interno del libro fotografico “Una storia lunga 150 anni”. Manifestazioni naturali geotermiche.
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