ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013

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Edipress Communications - Torino - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (maggio/giugno 2013) - N. 3 - Abbonamento 6 numeri 30 euro.

Anno VI - maggio/giugno 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali, Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.

Etna, patrimonio UNESCO Giovanni Tomarchio racconta la montagna di fuoco che affascina e seduce

Trento Apre il MUSE, l’avvenistica struttura disegnata da Renzo Piano Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia

Il Covenant parla abruzzese



Anno VI - maggio/giugno 2013

LA RINASCITA del Belpaese

EDITORIALE

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er fortuna che c’è l’UNESCO che considera la montagna un patrimonio da tutelare. A giugno l’Etna, per i siciliani “a’ muntagna”, è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO, in una cerimonia che si e tenuta a Phnom Penh, in Cambogia, in occasione della 37esima sessione del Comitato del patrimonio mondiale, davanti ai rappresentanti di oltre 180 Paesi. Si tratta del quarto tesoro ambientale entrato nel prestigioso scrigno del World Heritage List dell’UNESCO, dopo isole Eolie, monte San Giorgio e Dolomiti. L’Italia si conferma terra di risorse naturali di valore inestimabile, spesso purtroppo trascurate o non adeguatamente tutelate. Alla vigilia delle celebrazioni del quarantesimo anniversario della fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, creato da Giovanni Spadolini, è un argomento su cui riflettere. Lo conferma il Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, Andrea Orlando, esultante dopo che la IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) ha esaminato e giudicato positivamente la candidatura dell’Etna e dell’ecosistema che lo circonda per l’importanza geologica, scientifica e culturale e per la sua millenaria storia eruttiva (senza dimenticare l’impatto che la montagna ha avuto nella mitologia dei popoli di tutto il bacino del Mediterraneo). “È un’opportunità per il nostro Paese per coniugare la tutela dell’ambiente con la valorizzazione del territorio, investendo così nello sviluppo sostenibile - ha dichiarato il Ministro Orlando - questa è la strada che dobbiamo percorrere”. Ci vengono in mente le parole del senatore Giovanni Spadolini che amava ripetere: “una moderna politica dell’ambiente e del territorio richiede il concorso di tutte le forze vive della cultura e della società”. Effettivamente siamo sulla buona strada, nonostante la crisi che incombe e che rende, a volte, vani gli sforzi per tutelare il territorio delle popolazioni locali. Il “Gigante buono“ questo encomio solenne di “eccezionale valore universale” se l’è proprio meritato. Così recita la dichiarazione . “Il patrimonio mondiale (19,237 ettari) comprende le aree a maggior protezione e di maggior rilevanza scientifica del monte Etna, situato all’interno del Parco regionale dell’Etna. Il monte Etna è rinomato per l’eccezionale livello di attività vulcanica e per le testimonianze inerenti a tale attività che risalgono a oltre 2700 anni fa. La notorietà, l’importanza scientifica e i valori culturali ed educativi del sito possiedono un significato di rilevanza globale”. Energeo ha voluto rendere omaggio al più grande vulcano attivo d’Europa dedicandogli la copertina e raccogliendo in una bella intervista le emozioni di un autentico “cantore“ del vulcano e del suo territorio. Il suo nome è Giovanni

La rinascita del Belpaese riparte dal Trentino, dove l’impossibile diventa possibile, un territorio predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo soluzioni innovative. In alto: Renzo Piano, che ha progettato l’avveniristica struttura del MUSE. A Sinistra: Un’immagine del Monviso, riserva della Biosfera transnazionale UNESCO

Tomarchio. Puccio Corona, volto notissimo della televisione, inviato del Tg1, in un colloquio confidenziale, ha messo insieme “suggestioni, emozioni e tanta passione” che hanno caratterizzato il lavoro del tele cineoperatore catanese della RAI, che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna, impressionando sempre per l’irraggiungibile bellezza delle immagini, una sequenza di fiumi di magma luccicante, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni accompagnate dal tonante ruggito del vulcano. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, proprio perché esprimevano, in modo perfetto, l’impressionante e irresistibile potenza della natura, l’esibizione delle viscere del pianeta. C’è anche un’altra fetta dell’Italia che si muove in questo percorso, encomiabile, anche se in maniera diversa, per lo stesso coraggio di “osare”, di far conoscere il linguaggio delle “terre calde”, quelle che fumano, ribollono, seducono, borbottano. Fenomeni che si manifestano in tono minore, risorse naturali quasi sconosciute e riscoperte (le loro origini sono antiche) grazie alla passione di una giovane geologa che ha raccolto questa nuova sfida nel sud (dove tutto è più complicato), come Energeo racconta a pag. 40. All’interno del lavoro dell’UNESCO, si evidenzia il programma MaB, che riguarda l’Uomo e la Biosfera, con il compito di identificare aree di particolare pregio ambientale e con caratteristiche antropiche peculiari alle quali viene data la qualifica di riserva della biosfera. Il programma MaB non è formalmente parte della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità. Non sono mancate le sorprese quest’anno nell’individuare le nuove MaB. Tra i paradisi naturali inseriti dall’UNESCO nella lista delle Riserve della Biosfera troviamo il Monviso, il Re di Pietra che è stato riconosciuto, soltanto qualche settimana fa, nona Riserva della Biosfera italiana, transfrontaliera, che riguarda anche il territorio francese. Sono luoghi incontaminati e ricchi in biodiversità, protetti dalle comunità locali che si impegnano attivamente per la loro conservazione (Man and the Biosphere è, non a caso, il titolo del programma). L’UNESCO comunque minaccia il cartellino giallo alle Riserve della Biosfera (le prime inserite nei parchi nazionali) che non si metteranno in regola con il nuovo regolamento. E’ possibile il riesame per alcuni siti, qualora non venissero individuate le nuove norme di idoneità indicate nello schema di candidatura. Oggi l’UNESCO ritiene che debbano essere coinvolte le comunità locali e le parti interessate ad una visione comune per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per il dialogo e la partecipazione, inseriti in un “mosaico di ecosistemi terrestri, costieri o marini”. C’è la sensazione diffusa che il brand UNESCO, nonostante le difficoltà per arrivare fino in fondo con la candidatura, affascini molto. Ne sa qualcosa l’Associazione Città dell’Olio Res Tipica ANCI, la quale prima di avviarsi nel tortuoso percorso della candidatura (tentative list) ha organizzato un censimento del patrimonio olivicolo italiano. Energeo sarà presente il 27 luglio 2013 a Trento, dove sta per nascere il MUSE, questo nuovo luogo d’incontro, vitale e pulsante, un laboratorio della creatività, dove sarà possibile divertirsi imparando, disegnato da una delle più importanti firme dell’architettura internazionale contemporanea come Renzo Piano. Sarà un centro innovativo di diffusione della cultura scientifica, basato su un concetto di crescita intelligente e sostenibile, con un programma culturale al servizio della società, attento ai temi della natura (in particolare dell’ambiente alpino comprese le Dolomiti, patrimonio UNESCO), della scienza e dell’innovazione. Il MUSE vuole raccontare e rendere omaggio alla passione per la conoscenza, la scienza, la natura, la società. Futuro, inaugurazione, innovazione, interazione, natura, partecipazione, creatività, evoluzione, responsabilità, ricerca, conoscenza, collaborazione, sostenibilità, territorio. Il Paese che vuole rinascere troverà un punto di riferimento.

EDITORIALE

Anno VI - maggio/giugno 2013

T.R.

Una fontana spettacolare di fuoco durante l’eruzione dell’Etna, il vulcano che è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO. A destra: Giovanni Tomarchio, il tele cineoperatore catanese della Rai che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta “a muntagna“.

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Anno VI - maggio/giugno 2013

Anno VI - maggio/giugno 2013

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PRIMO PIANO Un Premio per promuovere la ricostruzione Un’intensa storia umana e professionale Il combattente gentile L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione

UNA PREZIOSA ALLEANZA 12 Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Enzo Ferrari, il poeta dell’automobile

SOMMARIO

NUOVI SPAZI 14 Le officine del fare per guardare all’Europa 15 Perché la sfida SPAZI INNOVATIVI Coordinamento e sussidiarietà nasce una rete di Comunità senza fili né barriere Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione

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SCHEGGE DI FUTURO Muse, porte aperte per il futuro Una giusta sinergia di talenti creativi Un modo innovativo per incontrarsi con il pubblico Un successo annunciato

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RISERVA BIOSFERA L’ultima vittoria del Re di pietra Parigi val bene una festa Il valore di un impegno Aree MAB ai raggi X Una strategia che promuove lo sviluppo sostenibile Il fiume Po al centro del progetto

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RES TIPICA & DINTORNI L’ulivo che colora il paesaggio L’ulivo dei vangeli e nella storia Una storia lunga 20 anni Un’attività di marketing ben “oliata” Un sodalizio che miete successi

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COVENANT OF MAYORS Il Covenant parla abruzzese Un progetto in linea con gli obiettivi 20-20-20 Il Patto dei sindaci in cifre Una nuova intesa per proseguire insieme

Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85 Progetti speciali e Pubblicità: Promedia Srl marketing@energeomagazine.com Segreteria di Redazione: Lucrezia Locatelli

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PUNTO DI VISTA Il Belpaese: cosa resta del passato Lo schema dell’indagine Un fenomeno in costante crescita

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FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole La ricerca di Energeo Mgazine La Dea dall’immagine bifronte L’Ultimo racconto del maresciallo Ma cosa centrano i terremoti

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ROAD MAP Territori dal cuore caldo

Comitato Scientifico: • Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini. • Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM. • Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo. • Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti. • Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI. • Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno. • Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.

• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza. • Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food. • Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. • Alessandro Vercelli, docente di Economia e Ambiente Università di Siena. Consulente tematiche e sviluppo azioni: • Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio • Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali • Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB • Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO Consulente tematiche e sviluppo azioni: • ripristino centri storici • restauro conservativo • edilizia sostenibile • ricerca di materiali idonei • recupero dei centri abitati • utilizzo dei materiali Marcello Nebl - Tassullo Materiali Spa Collaboratori: Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Mario Bruga, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Maria D’Angelo, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Luciano La Letta, Lisa Licitra, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Alessandro Mortarino, Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Simone Taddei, Giulio Trussoni, Francesca Vassallo, Valeria Zangrandi.

Le fotografie di questo numero Copertina • COPERTINA: Marco Neri • EDITORIALE: Relazioni Esterne MUSE, Massimo Zarucco (Ufficio stampa PAT), Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura. • ISTANTANEE: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario De Casa. • PRIMO PIANO: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia. • UNA PREZIOSA ALLEANZA: Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari. • NUOVI SPAZI: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari. • NUOVI SPAZI: Relazioni Esterne Trentino Network, Relazioni Esterne Lepida SpA. • SPAZI “SPECIALI”: Relazioni Esterne Stampa MUSE, Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura, Stefano Goldberg. Archivio RPBW, archivio MUSE Museo delle Scienze, Massimo Zarucco, Ufficio stampa PAT. • RISERVA BIOSFERA: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario DeCasa: • RES TIPICA & DINTORNI: Associazione nazionale Città dell’Olio, Relazioni Esterne Comune di Pollica (Sa), Giuseppe Cucco, Antico Frantoio Sant’Omero (Te). • COVENANT OF MAYORS: Relazioni esterne Regione Abruzzo, servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA, Covenant of Majors Brussels. • PUNTO DI VISTA: Paolo Rognini, Luciano La Letta. • FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO: Marzia Spera, Maria d’Andrea. • I CANTORI DEI LUOGHI: Giovanni Tomarchio, Puccio Corona, Marco Neri. • INIZIATIVE: Relazioni esterne Co.Svi.G. • LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE: Città di Faenza, Tenuta Colombara. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine. Tutela della Privacy: Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96. Prezzo di copertina: Euro 5,50 Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00 Diffusione on line: www.regione.abruzzo.it www.comunitrentini.it www.distrettoenergierinnovabili.it www.ecoandthecity.it www.energeomagazine.com www.edipress.net www.ipogea.org/ www.osservatoriopaesaggio.eu (in costruzione) www.restipica.net

I CANTORI DEI LUOGHI Etna, la montagna di fuoco che ammalia Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo

INIZIATIVE 54 Slow food, una filosofia vincente La comunità del cibo ad energie rinnovabili, un esempio virtuoso da esportare LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE 56 Territorio e ceramica, una sinergia vincente Il racconto del riso

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Redazione: Pierpaolo Bo edipress@hotmail.com

Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro

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Direttore responsabile: Taty Rosa energeodirettore@hotmail.com

La cerimonia della consegna del cantiere (foto Massimo Zarucco, Ufficio Stampa PAT)

SOMMARIO

ISTANTANEE 6 Le riserve della biosfera per la protezione della natura

Direzione, Redazione, Abbonamenti: Edipress Communications Sas 334.120.71.85 – 335 60.60.490 www.energeomagazine.com abbonamenti@energeomagazine.com Uffici di Corrispondenza: • Distretto Energie Rinnovabili Via Bellini, 58 - Firenze Tel. (+39)055.36.81.23 - Fax (+39)055.321.70.26 • Trento - Consorzio dei Comuni Trentini Via Torre Verde, 23 - Tel. 0461 987139 • ITKI UNESCO-Ipogea (Centro ONU) Via Roma 595 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze) • Osservatorio Europeo del Paesaggio Arco latino - Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14 Stampa: Società Tipografica Ianni Srl Strada Circonvallazione, 180 - Santena Tel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990 Copyright Energeo Magazine Edipress Communications Sas Periodico bimestrale Poste Italiane Spa Spedizione Postale Dl 353/2003 (conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ Torino Anno VI - N° 3 - Maggio/Giugno 2013 Il periodico Energeo Magazine è iscritto nel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

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Le riserve della biosfera per la protezione della natura

T.R.

Il Monviso è Riserva della Biosfera, il primo riconoscimento nazionale di carattere transfrontaliero. Il programma ha portato al riconoscimento UNESCO di una vasta area alle pendici delle Alpi Cozie, oggi impegnata a gestire le risorse nell’ottica della conservazione e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali, in sinergia con il versante francese.

Queste terre, sovrastate dal Re di Pietra, vennero percorse da Mario Soldati e dalla sua troupe, negli anni cinquanta, come si ricorda in un filmato che resta negli archivi della televisione e torna oggi attuale per raccontare la storia e le tradizioni di questa terra, nota come Valle del Po.

ISTANTANEE

E

rnst Heinrich Haeckel, biologo, zoologo, filosofo e artista tedesco, vissuto a cavallo dei due secoli passati (Potsdam, 16 febbraio 1834 - Iena, 9 agosto 1919), non avrebbe mai potuto immaginare che dalle sue scoperte, descrizioni e denominazioni di nuove specie, si sarebbe sviluppato un sistema di tutela di meraviglie naturali e paesaggi mozzafiato, che la natura talvolta ci regala, successivamente definito dall’UNESCO Riserva della Biosfera. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha introdotto in seguito alle raccomandazioni della Conferenza dell’UNESCO sull’uso razionale e la conservazione delle risorse della biosfera e sullo sviluppo di relazioni tra uomo e ambiente a livello globale (1968), la Riserva della Biosfera che viene riconosciuta dall’UNESCO come componente chiave del “Man and Biosphere Programme” (MAB, 1974), programma interdisciplinare di ricerca e formazione nel campo delle scienze naturali e sociali. Un aspetto centrale del programma MAB è la creazione e la gestione di una rete mondiale di Riserve della Biosfera, che comprende un “mosaico di ecosistemi terrestri, costieri o marini”, rappresentativi delle principali regioni biogeografiche globali, gestiti attraverso politiche integrate di conservazione, uso sostenibile e supporto logistico. Tale rete, a sua volta composta di sub-reti regionali, è finalizzata a promuovere la cooperazione nella ricerca, il monitoraggio continuo e lo scambio di informazioni. Nel mondo si contano più di 621 Riserve, di cui 9 “portano” il tricolore italiano: la Valle del Ticino in Lombardia, Miramare nel comune di Trieste, la Selva Pisana e l’Arcipelago Toscano in Toscana, il Circeo nel Lazio, il Colle Meluccio-Monte di mezzo nel Molise, Cilento, Vallo di Diano, Somma-Vesuvio e Miglio d’Oro in Campania. L’ultimo riconoscimento, il più recente (una riserva di biosfera transfrontaliera) riguarda lo spartiacque delle Alpi Cozie, dominato dal Monviso, da dove nasce il Po. In Italia, per alcune, è tempo di riesame. Il comitato consultivo ha promosso un aggiornamento delle riserve della biosfera esistenti, in modo che essi soddisfano i criteri del Collegio quadro, compresa l’istituzione di chiara distinzione tra i parchi nazionali e le riserve della biosfera e coinvolgendo le comunità locali e le parti interessate ad una visione comune per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per il dialogo e la partecipazione. Energeo Magazine, in tempo di riesami, andrà a scandagliare la situazione, consapevole che in qualche caso ci possano essere “timori e tremori”. Insomma, per capire se si può guardare lontano perché il paradiso esiste ed è a portata di mano. Basta tutelarlo.


Anno VI - maggio/giugno 2013

Anno VI - maggio/giugno 2013

Un Premio per promuovere la ricostruzione L’iniziativa è stata presentata, a Modena nel Museo Casa Natale Enzo Ferrari, in occasione del primo anniversario del sisma che ha sconvolto l’Emilia e la confinante bassa mantovana. La manifestazione, che si preannuncia di grande spessore, vuole andare oltre il significato del Premio legato alla figura di Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, per commemorare Enzo Ferrari, uomo tenacemente legato alla sua terra, al quale è stato dedicato il focus del Premio.

PRIMO PIANO

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l Premio Eco and the City è ripartito da un luogo entrato nella storia dell’automobilismo sportivo, tra fiammanti monoposto del Campionato di Formula 1, vere e proprie leggende che hanno entusiasmato migliaia di appassionati tra il 1950 e il 1994, ammirate dai turisti e tifosi del Cavallino Rampante, provenienti da tutto il mondo. Il bando dell’ambito riconoscimento è stato riaperto il 20 maggio scorso, in occasione della ricorrenza del primo anniversario del sisma che ha colpito l’Emilia e la confinante bassa mantovana, dando il via alla terza edizione del Premio dedicato a Giovanni Spadolini, nel ricordo del suo impegno culturale, politico, civile, autentico

volano per far dialogare i territori riconosciuti come “officine del fare”. Questo l’inedito percorso seguito dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, in sinergia con la CNI UNESCO e con la collaborazione del periodico Energeo Magazine, per promuovere, attraverso il Premio, la ricostruzione nelle zone colpite dal devastante terremoto (www. ecoandthecity.it). E’ stata avviata una preziosa alleanza tra due Fondazioni che hanno il compito di valorizzare la storia e il messaggio culturale lasciato, rispettivamente, da Giovanni Spadolini ed Enzo Ferrari. L’intento è di unire due grandi protagonisti del secolo scorso in un’unica, grande manifestazione sempre più proiettata oltre i confini

nazionali, andando oltre al significato del Premio che va alla ricerca di esempi virtuosi, come quelli che sono stati proposti dai territori che hanno avuto la capacità di realizzare idee e progetti di efficientamento energetico, ma anche di affrontare i temi della biodiversità, sistema dei parchi, sviluppo sostenibile, conoscenze tradizionali, per ritrovare le identità territoriali nel nostro Paese, mettendo in primo piano il sapere delle genti. Il Museo Casa Enzo Ferrari di Modena (tra i vincitori del RIBA AWARDS 2013), diventato un simbolo dell’identità modenese e polo di attrazione culturale di livello internazionale, dopo aver determinato la griglia di partenza del Premio con un vasto programma e nuove idee, azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei territori, ospiterà la cerimonia conclusiva di conferimento della Medaglia Spadolini, prevista il 9 novembre 2013, nel corso della quale sarà monitorata la sfida di promuovere la ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto. Allo stesso modo, in tale occasione, il Premio commemorerà Enzo Ferrari, al quale è dedicato il focus del Premio (Identità culturale, ricostruzione solidale, innovazione) per pro-

Nella gremita aula didattica del Museo Casa natale Enzo Ferrari, gli organizzatori del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini hanno illustrato ai numerosi giornalisti presenti e ad una folta rappresentanza di sindaci delle zone colpite dal sisma il programma della manifestazione del 2013, ricca di nuove idee, azioni concrete ed adesioni di nuovi partners. Tra questi RES TIPICA ANCI.

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muovere la storia e l’evoluzione di questo territorio che ha dato vita a intuizioni tecniche di grande portata e difficilmente riproducibili: una realtà speciale riconosciuta universalmente. Enzo Ferrari rappresenta l’uomo che, con una straordinaria intuizione, è entrato nella storia dei grandi del nostro tempo, creando il mito delle “rosse”. Il geniale costruttore di automobili, fulgido esempio della creatività italiana, è stato un precursore dell’innovazione, pur essendo un uomo profondamente legato agli antichi valori, alle buone abitudini, alla cucina tradizionale e ai vini tipici, al dialetto modenese. La scelta di legare il focus del Premio al suo nome sarebbe stata apprezzata da Enzo Ferrari che era appassionatamente legato alla propria terra, oggi che i suoi luoghi d’origine, così gravemente colpiti dal terremoto, dovranno reinventarsi la ricostruzione dopo il sisma che si è abbattuto poco più di un anno fa, non solo sugli edifici ma anche sulla vita economica, sociale e culturale del territorio. Ferrari aveva capito che per realizzare idee e progetti, occorre sapere che la geografia e la storia hanno fatto del paese Italia un luogo privilegiato per realizzare iniziative e modelli di sviluppo legati all’innovazione. L.L.

Un riconoscimento per ricordare Ezio Trussoni “un appassionato di vita”

Un’intensa storia umana e professionale Neppure la grave malattia ha impedito ogni giorno che si compisse questo miracolo. Ezio conosceva e voleva trasmettere l’amore per la vita e lo faceva ogni giorno in ogni circostanza con la determinazione di chi ne conosce il valore più profondo.

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a Fondazione Spadolini Nuova Antologia, insieme alla Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari, vogliono conferire ai giornalisti della Testata Giornalistica Regionale che sapranno meglio interpretare le tematiche del Premio Eco and the City la Medaglia Spadolini, in memoria di Ezio Trussoni, responsabile della redazione Rai di Milano, recentemente scomparso, esempio di attaccamento alla vita e alla professione, svolta con impegno e senso etico non comuni. Al giornalista, che a Milano aveva raggiunto i vertici della carriera, è stata dedicata una Sezione Speciale (www.ecoandthecity.it), per la particolare attenzione verso i giovani, in particolare i precari, per i quali vedeva un’azienda nuova dove tutti avrebbero dovuto avere la possibilità di farcela. A due di loro, Lorenzo Maria Grighi e Lucina Paternesi Meloni, studenti alla Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, sono state assegnate altrettante borse di studio promosse dalla Rai. L’assegnazione dell’ambito riconoscimento ha l’obiettivo di far emergere il grande lavoro che si svolge nelle redazioni Rai delle sedi regionali, attraverso i reportage che raccontano il territorio, facendolo assurgere a protagonista, con la dignità del bene culturale, cioè come memoria collettiva formatasi attraverso il tempo: il paesaggio e le tradizioni immateriali, le vicende, anche negative, come il dissesto ambientale, che caratterizzano i luoghi, le denunce di mancata tutela dell’ambiente, le storie di vita e di genti, che rappresentando uno dei più importanti momenti di riflessione e dibattito sul giornalismo d’inchiesta televisivo. In questo spazio di Energeo la moglie di Trussoni, Lisa Licitra, insieme al figlio Giulio lo ricordano con tanta tenerezza.

PRIMO PIANO

Tra fiammanti monoposto del Campionato di Formula 1 è stato presentato un vasto programma e nuove idee, azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei territori alla ricerca di un rapporto in equilibrio tra natura, società e innovazione

Il Prof. Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, consegna ad Adriana Zini, segretario generale della Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, la Medaglia Spadolini, nel segno dell’alleanza tra le due prestigiose istituzioni. Il Senatore Stefano Vaccari. In alto: Ezio Trussoni

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Anno VI - maggio/giugno 2013

Un’intensa storia umana e professionale

PRIMO PIANO

IL COMBATTENTE GENTILE Ezio ha voluto iniziare la Sua lettera/ testamento scrivendo: io sono un uomo fortunato. Spiega poi perché si sentiva tale. In sostanza spiega come la vita gli abbia offerto delle opportunità straordinarie. La più straordinaria: un lavoro per la RAI. Quando parlava di queste circostanze fortunate le paragonava ad un cavallo bianco in corsa sulla spiaggia, aggiungeva che naturalmente aveva visto molta televisione e che la pubblicità lo aveva sempre molto impressionato, incluso quella molto nota in quegli anni che reclamizzava un bagnoschiuma. Per la verità lui sosteneva che su quel cavallo bisognasse saltarci sopra senza lasciarlo galoppare via come invece accadeva in quel vecchio filmato. Non ci riferisce cosa lo avesse spinto a saltare senza paura sul cavallo bianco. Io provo a farlo aggiungendo che questo accadde per il suo modo di essere: era attento, curioso, intraprendente, il suo temperamento sempre pacato. L’ironia attraverso cui filtrava molte vicende e la sicurezza sono invece forse comparse in età più matura ma hanno contribuito a cogliere anche le opportunità più tardive e lo hanno aiutato a vedere i casi della vita in modo sereno quindi solido. Mi pare di poter definire Ezio una persona risolta. Così Ezio ha colto le opportunità trasformandole tutte in pezzi di vita intensissime. Immagino stupendosene egli stesso, come in effetti la lettera sembra suggerire. Alcuni pezzi li abbiamo vissuti insieme. In molti abbiamo avuto il privilegio di essere travolti della passione e dall’energia con cui conduceva la sua vita. Ezio era un “appassionato di vita”. Neppure la malattia ha impedito che ogni giorno si compisse lo stesso mira-

L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione

E

ra visibilmente emozionato il neo senatore Stefano Vaccari, eletto a febbraio nelle file del PD, il quale, un anno fa, come assessore alla Protezione Civile della Provincia di Modena, ha coadiuvato con una concreta e tempestiva azione e una composta capacità di reazione e di organizzazione, i sindaci del cratere, protagonisti assoluti dell’emergenza. Questo fatto ha motivato il conferimento della Medaglia Spadolini 2012 (fuori concorso) ai paesi dell’Emilia e dell’Oltrepò mantovano, colpiti dal sisma nella Cerimonia ufficiale svoltasi a Trento, lo scorso anno. L’ex Assessore spiega come la Provincia, tra le prime in Italia, sviluppò, oltre trent’anni fa, importanti programmi di lavoro, in parte pionieristici, sull’ educazione ambientale, la difesa del territorio dai rischi idrogeologici, sulla lotta di contrasto all’inquinamento, fino all’ istituzione delle prime aree protette naturali. Queste esperienze caratterizzate da forte originalità ed efficacia, hanno permesso di raggiungere rilevanti obiettivi nel governo del territorio, nell’ottica dello sviluppo sostenibile. “Il terremoto - dice il senatore Vaccari - ci ha fatto maturare altre esperienze su come si può affrontare l’emergenza. Il nostro territorio è pronto per proporre scelte che saranno un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione”. colo. La sua ultima battaglia l’ha ingaggiata dicendo al momento della comunicazione della diagnosi: io ho vissuto tanto, voglio combattere. Dicendo questo è risalito in macchina perché la redazione lo aspettava. Più le sue capacità relazionali e motorie si riducevano e maggiore era l’energia che con il suo comportamento immediatamente restituiva in un bilancio positivo a nostro favore. Per questo anche noi siamo persone fortunate. La sua energia ci ha dato la forza di amarlo e di sostenerlo sempre. Nostro figlio ha saputo cogliere tutto questo in due parole definendolo un “combattente gentile”. Ezio conosceva e voleva trasmettere l’amore per la vita e lo faceva ogni giorno in ogni circostanza con la determinazione di chi ne conosce il valore più profondo. Questo ci ha lasciato cambiando profondamente il nostro modo di stare al mondo. Lisa Licitra e Giulio Trussoni

Il Presidente della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia Innocenzo Cruciani, la Presidente della Rai Anna Maria Tarantola, la signora Lisa Licitra, il figlio Giulio e la nipote Elisabetta Trussoni (da destra a sinistra) in un momento della cerimonia di assegnazione delle borse di studio promosse dalla RAI.

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Anno VI - maggio/giugno 2013

Due case museo affascinanti per la magica atmosfera che si respira fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari che fra i libri di Spadolini

Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia

UNA PREZIOSA ALLEANZA

Due grandi protagonisti del nostro tempo, personalità diverse che hanno condiviso uno sconfinato amore per l’Italia, espresso idealmente nel culto del tricolore, il simbolo espressivo più alto. Chi si sofferma affascinato dal modello di un’auto firmata Ferrari di qualsiasi epoca vede impresso il cavallino rampante (che fu di Francesco Baracca e del suo aereo) coronato dai tre colori della nostra bandiera, manifestazione convinta e orgogliosa di italianità.

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ue Fondazioni che si richiamano ad altrettanti protagonisti del nostro tempo, Giovanni Spadolini ed Enzo Ferrari. Con lo scopo di tenerne viva la memoria e trasmettere ai giovani la loro lezione di civiltà, un patrimonio di valori che resiste ad ogni sbandamento di certe mode e al trascorrere del tempo. La mazziniana religione del dovere, il culto del lavoro, lo spirito di sacrificio, il rispetto degli altri nella costante ricerca del dialogo, l’interesse generale al di sopra degli egoismi particolaristici. E soprattutto uno sconfinato amore per l’Italia, espresso idealmente nel culto del tricolore. Sia pure due personalità così diverse fra loro, Giovanni Spadolini ed Enzo Ferrari hanno condiviso quegli irrinunciabili valori. Il tricolore, appunto, il simbolo espressivo più alto. Chi si sofferma affascinato dal modello di un’auto firmata Ferrari di qualsiasi epoca, esposto al Museo di Modena o a Maranello, o presso i collezionisti privati diffusi nel mondo, vede impresso inconfondibile il cavallino rampante (che fu di Francesco Baracca e del suo aereo) coronato dai tre colori della nostra bandiera, mani-

festazione convinta e orgogliosa di italianità. Nella “casa dei libri” a Pian dei Giullari, sulle colline fiorentine care a Giovanni Spadolini, si prova profonda emozione a percorrere con lo sguardo le prime bandiere tricolori, quelle del battaglione italiano di Napoleone, datate 1796, con l’ inconfondibile banda stretta e lunga, puntuale richiamo ai drapeaux della presa della Bastiglia di sette anni prima, in occasione della grande Rivoluzione. Affezionati entrambi alle loro rispettive città di origine, la “patria dell’anima”, Firenze e Modena, senza che mai l’attaccamento alla propria terra si trasformasse in un limitativo spirito di campanile, tale da appannare in qualche modo la più ampia visione nazionale e internazionale. Due case museo affascinanti per la loro sobrietà e semplicità, e insieme per la magica atmosfera che si respira fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari che fra i libri di Spadolini. “L’Italia civile”, avrebbe detto Norberto Bobbio. Allergici, l’uno e l’altro, ad ogni forma di retorica. La concretezza, lucida ed essenziale, autentica espressione della“gente del fare”, di quella parte

operosa del paese cui guarda il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini nella prossima edizione datata 2014. Un’ edizione particolare, che ha luogo a venti anni dalla scomparsa di Spadolini e a quaranta dalla nascita del Ministero da lui fondato, su incarico dell’allora presidente del Consiglio Aldo Moro. Il “Ministero per i beni culturali e ambientali”: con competenza su entrambi i settori, cultura ed ambiente, quasi una inscindibile unità, ricchezza straordinaria del nostro territorio.

C’ è stato un ideale ricongiungimento tra la Casa dei Libri o Tondo dei Cipressi di Giovanni Spadolini, che raccoglie nella Villa di Pian de’ Giullari lo straordinario patrimonio culturale dello statista fiorentino (la preziosissima biblioteca è composta da 100 mila volumi) e la struttura polivalente Museo Casa natale di Enzo Ferrari. In alto il Tricolore del 1796, quelle del battaglione italiano di Napoleone e il logo Ferrari coronato dai tre colori della nostra bandiera.

Un patrimonio inestimabile che va al di là dei magnifici monumenti e dei capolavori che portano in Italia ogni anno, nelle grandi città d’arte, milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Non solo Roma, Firenze Venezia, l’Italia può offrire l’ irripetibile bellezza dei piccoli luoghi, delle piccole comunità, figlie di una grande storia, patrimonio per le sfide che le attendono nel difficile futuro. “Che cos’è l’Italia?”. Si chiedeva a metà Ottocento lo storico Cesare Cantù. E rispondeva “un Comune e un Santo”. Un Comune, ovvero il palazzo comunale simbolo delle più antiche libertà; un Santo, ovvero il Santo patrono, protettore di ogni specifica comunità. Questa è l’identità di base, il dna del territorio, o meglio dell’ambiente, unito pur nella sua molteplice diversità. La riscoperta della bellezza delle origini, dei borghi dimenticati come aveva auspicato Spadolini quarant’anni fa, impegno non secondario del nascente ministero, un’esigenza viva e pressante oggi più di ieri. L’impegno di Res tipica, nell’ambito dell’ANCI, nella rivalutazione del patrimonio locale e dei borghi dimenticati, può rappresentare il modo più valido per celebrare il quarantesimo anniversario delle origini del Ministero. Dal canto suo il Trentino, prezioso alleato del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, attraverso Trentino Network, invita a “fare da sé, insieme agli altri”, portando una ventata di novità per far nascere una rete di Comunità “senza fili né barriere”, con una strategia che prevede di realizzare il maggior numero possibile di sinergie con gli operatori che agiscono sul territorio, anche mettendo a disposizione infrastrutture tecnologiche. E la Toscana ha voglia di mettersi in gioco con un territorio atipico, il comprensorio geotermico, dove le singole

iniziative ed i programmi di sviluppo vengono valutati secondo i criteri della sostenibilità e dove le espressioni e le conoscenze della tradizione si coniugano con la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico. Insieme per procedere nella stessa direzione.

ENZO FERRARI, IL POETA DELL’AUTOMOBILE Ferrari e Spadolini avevano in comune anche l’amore per l’Emilia e Romagna. Ferrari vi era nato; Spadolini vi aveva trascorso gli anni forse più belli, tredici per l’esattezza, quelli della direzione del Resto del Carlino nella “sua” Bologna, dal 1955 al 1968. Sarebbe lungo ricordare le numerose occasioni di incontro in quegli anni fondamentali nella vita di entrambi. Basta ricordare un articolo del Direttore del Carlino, apparso sulle colonne del quotidiano bolognese il 22 dicembre 1967. Occasione, il conferimento per volontà di Enzo Ferrari del premio intestato alla memoria del figlio, Dino, a Mario Zanasi, da poco scomparso e profondamente legato all’uomo di Maranello. Plaudendo alla scelta del “grande e geniale costruttore che onora

e diffonde il nome dell’Italia nel mondo”, Spadolini ricordava con commozione il proprio indimenticabile giornalista, inviato dietro i più gloriosi “raids” degli ultimi decenni per un’autentica scelta professionale, dettata dalla genuina passione per l’automobilismo. “Zanasi - sono parole di Spadolini - ha legato alcune delle sue pagine più belle al mondo del motore, collaborando fino all’ultimo, con costanza mai stroncata neppure dagli assalti del male, alla pagina speciale che il nostro giornale fu fra i primi a introdurre e a potenziare, sotto la sagace regia di Severo Boschi”. Quel riconoscimento rappresentava un omaggio che tutti gli ambienti dell’automobilismo “impersonati e riassunti nel nome e nel prestigio di Enzo Ferrari, hanno voluto conferire alla memoria di chi visse, come pochi, e come pochi seppe tradurre in pagine ispirate e felici la poesia dell’automobile”. Quella poesia che ha vibrato in Enzo Ferrari, poeta dell’automobile, con accenti indimenticabili, fino all’ultimo minuto di respiro. Cosimo Ceccuti Presidente Fondazione Spadolini Nuova Antologia

Un ricongiungimento che ci permette di conoscere lo spazio espositivo principale del Museo Casa Enzo Ferrari, ospitato nel doppio volume dell’officina, e concepito come un libro a grande scala , che permette al visitatore la lettura biografica di Enzo Ferrari attraverso capitoli espositivi e vari sistemi narrativi. In alto: Adriana Zini, direttrice del Mef, il Museo Casa Enzo Ferrari di Modena. A destra: Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia.

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NUOVI SPAZI

Il progetto è diretto a quanti hanno realizzato un efficace trasferimento e diffusione di know-how nel territorio, proponendo soluzioni innovative

Le officine del fare per guardare all’Europa Il Premio ha lanciato un’importante iniziativa che riconosce i territori “officine del fare”, favorendo azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei luoghi.

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oveva per forza partire da Modena, “terra di motori” per antonomasia, ma anche di carrozzerie e di opifici, il progetto “officine del fare”. L’iniziativa si ispira alle piccole, medie, officine specializzate, create e dirette da persone che si sono formate presso di loro e che hanno realizzato un efficace trasferimento e diffusione di know-how nel territorio, proponendo soluzioni innovative. Tanti territori “virtuosi”, da qui in poi, saranno rappresentati “virtualmente” nel Museo Casa Natale Enzo Ferrari di Modena, un luogo entrato nella storia dell’automobilismo sportivo, tra fiammanti monoposto del Campionato di Formula 1, vere e proprie leggende che hanno entusiasmato migliaia di

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appassionati tra il 1950 e il 1994, ammirate dai turisti e tifosi del Cavallino Rampante, provenienti da tutto il mondo. Il progetto “officine del fare”, è legato alla figure di Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ed Enzo Ferrari. Dal Museo Casa natale del Drake, destinato a diventare baricentro delle attività di progetti locali e di attività propedeutiche e di sostegno alle iniziative che affrontano problemi di carattere e interesse collettivo, come l’ambiente, la salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio e la tutela del territorio, è partita questa nuova sfida di aggregare, attraverso il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, i territori considerati, appunto, “officine

del fare”, perché rappresentano i luoghi in cui si coniugano gli aspetti ambientali e di sostenibilità, elementi cruciali di identificazione e di valorizzazione dei territori. In pool position si trova a pieno titolo il Distretto delle Energie rinnovabili della Toscana, progettato e realizzato nel comprensorio delle aree geotermiche, territorio in cui le singole iniziative ed i programmi di sviluppo vengono valutati secondo i criteri della sostenibilità e dove le espressioni e le conoscenze della tradizione si coniugano con la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico. Sulla griglia di partenza troviamo il Cilento, un modello che unisce l’Italia: barriere fisiche, storiche ed economiche sono state superate nel tempo,

Da quello stesso entusiasmo, dalla stessa vocazione alla laboriosità di Enzo Ferrari nasce la sfida delle “officine del fare”, in collaborazione con Res Tipica ANCI e la Covenant of Majors, i cui temi centrali sono formazione, lavoro, cultura, innovazione, salvaguardia delle identità culturali e valorizzazione del territorio. Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante, un simbolo immortale. In alto: Il Presidente del Consorzio dei Comuni Trentini Marino Simoni consegna il testimone del Premio alla città di Modena, rappresentata dall’Assessore all’Ambiente e alla Protezione Civile dell’amministrazione modenese, Simona Arlecchi.

proprio perché il territorio è stato chiamato a dare il meglio della sua specificità, sotto il segno di Angelo Vassallo, il sindaco ucciso per difendere la sua terra dalle speculazioni. Il Cilento, intorno alla Dieta Mediterranea, ha saputo costruire un sistema di valorizzazione e di salvaguardia, dove i vincoli del Parco omonimo, che comprende buona parte della Provincia di Salerno, si sono già dimostrati uno strumento formidabile di crescita. I prodotti di questa terra, che raccontano un rapporto secolare dell’Uomo con l’ambiente, terrestre e marino, hanno riscattato quella che veniva considerata da sempre una cucina “povera” attraverso il contenuto di sapienza e di cultura che ne costituisce la base e il valore aggiunto, estendendolo all’intero territorio, dalla costa alle montagne dell’interno. La Regione Abruzzo, che ha costruito un modello esclusivo di cooperazione attraverso il servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA, assumendo un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Covenant of Mayors, guarda, invece, all’Europa. Si tratta di un modello esemplare di gestione e

cooperazione che ha prodotto efficienza, efficacia e concretezza e che potrebbe essere esportato in tutto il Paese. E poi il Trentino, la piccola terra dai grandi numeri, una terra di confine da sempre “ponte” fra l’Italia e l’Europa, caratterizzata da un’ “autonomia speciale” fra le più ampie nel vecchio continente, modello di risoluzione pacifica dei conflitti e di convivenza operosa e attiva. Orgoglioso delle sue radici ma anche aperto a tutto ciò che è “altro da sé”, il Trentino di oggi è sinonimo di qualità della vita, cura del territorio e dell’ambiente (pensiamo già solo alle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità UNESCO), ma anche di ricerca, innovazione, sviluppo sostenibile, solidarietà. In questa terra generosa il Consorzio dei Comuni Trentini raccoglie tutti i 217 comuni della Provincia Autonoma di Trento, che possono prenderlo a riferimento per la Consulenza in ambito amministrativo, appalti, urbanistica, tributi e informatizzazione, per citarne solo alcuni. Si occupa inoltre di Formazione e Innovazione per dipendenti e amministratori degli Enti soci, su tutte le materie di competenza dell’Ente locale. E naturalmente la città di Modena che ospita il Museo Casa natale Enzo Ferrari e che può raccontare l’epopea di automobili esclusive e del valore di tanti meccanici, carrozzieri, tecnici, passati dall’una all’altra officina, trasferendo esperienza e conoscenza, come accadeva ai tempi di Enzo Ferrari.

PERCHÉ LA SFIDA Cosa può unire due grandi del secolo scorso e le due Fondazioni che hanno il compito di valorizzare la storia e il messaggio culturale lasciato da Giovanni Spadolini ed Enzo Ferrari, in un’unica, grande iniziativa, proiettata oltre i confini nazionali? Enzo Ferrari e

Giovanni Spadolini condividevano un autentico amore per l’Italia, che si traduceva nel culto del tricolore. Il grande costruttore di automobili lo aveva inserito quale cornice al cavallino rampante “ereditato” dall’aereo di Francesco Baracca, impresso nella carrozzeria delle auto, le “rosse” fiammeggianti. Per Spadolini era il simbolo più alto del suo sentimento nazionale. L’albo speciale sarà gelosamente conservato nella casa-officina, situata nei pressi della linea ferroviaria, a pochi passi dal centro storico di Modena, nella zona della prima espansione della città fuori le mura (primi del ‘900), dove Enzo Ferrari, nel 1903, bambino di appena 5 anni, vide nel garage per la prima volta una autovettura nuova di zecca. Era la macchina di papà Alfredo, una monocilindrica De Dion-Bouton. Il piccolo Enzo ebbe come una folgorazione. Si innamorò di quella meraviglia a quattro ruote, la preferiva ai giocattoli e agli amici del cortile. La coccolava, la lucidava ogni giorno, ne ascoltava incantato il motore. Parti così la sfida che fece diventare Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante un simbolo immortale. Da quello stesso entusiasmo, dalla stessa vocazione alla laboriosità nasce la sfida delle “officine del fare”, in collaborazione con Res Tipica ANCI e la Covenant of Majors, i cui temi centrali sono formazione, lavoro, cultura, innovazione, salvaguardia delle identità culturali e valorizzazione del territorio, argomenti imprescindibili per il rilancio delle politiche economiche del Paese. La voglia di “fare” in tempo di crisi è importantissima, le “officine” nascono dalla consapevolezza profonda che l’operosità italiana ha grandi potenzialità, oltre che sul mercato interno, anche su quello europeo e internazionale.

NUOVI SPAZI

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La voglia di “fare” come quella manifestata dal giovanissimo Drake (nella foto), in tempo di crisi è importantissima, le “officine” nascono dalla consapevolezza che l’operosità italiana ha grandi potenzialità, oltre che sul mercato interno, anche su quello europeo e internazionale.

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Trentino Network affianca il Premio per realizzare un progetto innovativo

Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili né barriere

SPAZI INNOVATIVI

La futura Community Network ha l’obiettivo di favorire progetti in materia di infrastrutture e piattaforme, sviluppo di servizi innovativi e sinergie con altre strutture nel sistema pubblico e privato. La strategia prevede di realizzare il maggior numero possibile di sinergie con gli operatori che agiscono sul territorio, anche mettendo a disposizione infrastrutture tecnologiche.

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uando si parla di futuro l’anello di congiunzione rimane il territorio, come ha ricordato Berners-Lee, l’inventore di internet, intervenendo a Trento per la presentazione dei progetti ”smart city” del territorio curata da Trentino Network. Ed ancora. “La città - piattaforma e il territorio presentano una visione che interpreta il nuovo contesto dello sviluppo e si incarna in una progettazione le cui conseguenze sono destinate a influire sulla vita degli abitanti per lungo tempo”. Fare da sé, insieme agli altri. Nello spirito di cos’è l’autonomia. E’ l’obiettivo di Trentino Network, che ha preso in adozione la Sezione Innovazione del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, stimolato dalla formula insolita per questo tipo di manifestazioni: “Adotta una Sezione del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini”. Il progetto, in sostanza, si propone di far gestire le singole sezioni e le iniziative collaterali dalle stesse Comunità sostenibili e strutture territoriali che vi hanno già preso parte, per vivere insieme l’esperienza di un pro-

getto destinato a crescere anno dopo anno. Lo scopo è di mettere le basi per la costituzione di una Community Network, una rete di Comunità senza fili nè barriere, per costruire contatti con la “gente di impresa”, in sinergia con le altre strutture del Trentino che hanno nel DNA la ricerca e l’innovazione. In questa prima fase è stata coinvolta Lepida Spa, che presiede in Emilia lo sviluppo di servizi innovativi e la relativa integrazione nella rete Lepida, la Fondazione Guglielmo Marconi e la struttura del Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo per le Aree Geotermiche) che dovrà occuparsi della ricerca e delle tecnologie emergenti legate allo sviluppo della geotermia. “Consideriamo questa iniziativa di grande interesse - dice Gianluca Mazzini, direttore generale Lepida - perché fornisce un valore aggiunto alle nostre strutture che potranno in tal modo, interagire sull’intero territorio nazionale, con la possibilità di aggregare, catalizzare, dialogare, informare e fare rete”. Ed aggiunge: “Vogliamo essere dei facilitatori per realizzare il futuro,

facendo uno sforzo comune per trovare nuove modalità di collaborazione, nel rispetto dei propri ambiti di competenza”. La futura Community Network ha, infatti, l’obiettivo di estendere il proprio raggio d’azione anche in altre regioni su cui fondare i futuri progetti in materia di infrastrutture e piattaforme, puntando sullo sviluppo di servizi innovativi e di scambio con altre strutture nel sistema pubblico e privato. Si sta lavorando in una logica di coordinamento e sussidiarietà al fine di promuovere la banda larga e nuove tecnologie laddove queste non siano presenti. La strategia prevede di realizzare il maggior numero possibile di sinergie con gli operatori che agiscono sul territorio, anche mettendo a disposizione infrastrutture tecnologiche per facilitare gli operatori stessi. In tal modo si vogliono mettere insieme partners promotori (si darà spazio anche ai partners sostenitori) che ricoprono un ruolo sul territorio, pronti a sviluppare collaborazioni. Emerge in tutta la sua dimensione il ruolo della Fondazione Spadolini Nuova Antologia che ha pro-

Lo scienziato Berners-Lee, l’inventore di internet insieme ad Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network.

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SPAZI INNOVATIVI

Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili nè barriere

mosso il Premio, orgogliosa della propria autonomia, che sa dispensare sempre nuovi stimoli al Paese, in particolare alla vigilia delle celebrazioni del 40°Anniversario di fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e in occasione della ricorrenza del 20° anniversario della morte del professore fiorentino. In sostanza saranno gli stessi territori a promuovere altri territori, diventando al tempo stesso protagonisti e sostenitori della manifestazione che si ravviva con una partecipazione collettiva. Una sponsorship inconsueta che sarà applicata per dare valore aggiunto anche dal punto di vista etico al progetto, distante da speculazioni o profitti non giustificati. Sono stati gli stessi sostenitori del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini a suggerire con convinzione questa formula, arricchendo con nuove idee i percorsi futuri. “L’obiettivo immediato - spiega Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network - riguarda l’organizzazione della manifestazione a Modena assieme a Lepida Spa, della parte tecnologica per mostrare il premio in maxischermo e connettere la webTV, in linea con il progetto “officine del fare”. Con loro possiamo lavorare, coinvolgendo la Protezione Civile della Provincia di Trento e della Regione Emilia Romagna e la stessa città di Modena, per mostrare uno scenario di intervento dei volontari, tramite le reti tlc messe a disposizione dalla nostra struttura”. L’iniziativa è piaciuta molto all’assessore all’ambiente e alla protezione civile della Città di Modena, Simona Arlecchi: “Coinvolgeremo le nostre organizzazioni locali al fine di garantire una buona riuscita della manifestazione. Siamo pronti a collaborare.”

Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione

Un’esercitazione della Protezione Civile del Trentino con l’intervento dell’elicottero. In alto: Il Professor Gianluca Mazzini, direttore generale di Lepida S.p.A.

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l Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, che è riuscito a far dialogare i territori riconosciuti come autentici officine delle buone pratiche sostenibili, raccogliendo l’eredità dell’esperienza fatta in Trentino, ha saputo esprimere, ancora una volta, il concetto di continuità e di legame con i luoghi dove ha messo le radici. La provincia di Trento ha dimostrato di essere in grado di leggere e anticipare i tempi, essendo riuscita a valorizzare l’integrazione tra tutti i suoi punti di forza, dall’importante funzione turistica che tutela l’identità locale fino all’innovazione, senza mai dimenticare il valore della solidarietà, predisponendo in maniera concreta iniziative a supporto della ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali. A tali principi e valori di laboriosità ed etica si ispira il nuovo focus del Premio che pone in prima linea la ricostruzione solidale, senza dimenticare l’identità culturale e l’innovazione. A poco più di un anno dal sisma che ha visto il Corpo Permanente dei Vigili del Fuoco della Provincia Autonoma di Trento intervenire in aiuto delle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma (come aveva già fatto in Abruzzo e in occasione di altri disastri), non si è esaurito l’impegno del Trentino nell’Emilia colpita dal terremoto. Com’è costume di questa terra, l’amicizia con chi è stato duramente colpito dalla sorte, prosegue, anche se i riflettori della cronaca sono oggi puntati altrove. In questo impegno rientra l’accordo firmato, a meta giugno, a Concordia, paese in provincia di Modena che è stato uno dei simboli del terremoto (la sua chiesa è stata una delle più fotografate, per i danni che ha subito). In base ad esso, la Protezione civile trentina realizzerà alcune opere in collaborazione con la Parrocchia locale, con le risorse raccolte nel Fondo sisma 2012. Al fine di testimoniare l’importanza di queste azioni Trentino Network, Lepida SpA, entrambi strumenti operativi promossi per la pianificazione, lo sviluppo e la gestione delle infrastrutture di Telecomunicazione e per l’erogazione dei servizi informatici inclusi nell’architettura di rete, e l’Assessorato alla Protezione Civile della città di Modena stanno valutando come organizzare, in occasione della Cerimonia conclusiva del Premio che si terrà il 9 novembre 2013 nel Museo Casa natale Enzo Ferrari, la simulazione di un intervento dei volontari, utilizzando le tecnologie più innovative messe a disposizione dalle due strutture.


Anno VI - maggio/giugno 2013

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Muse,

porte aperte sul futuro Il prossimo 27 luglio aprirà i battenti il MUSE, una prestigiosa dimensione architettonica ideata da Renzo Piano, che si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione.

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oltanto in Trentino, dove l’impossibile diventa possibile, poteva nascere il MUSE, un avveniristico spazio polivalente che è contemporaneamente un Centro di ricerca internazionale, un network di saperi, un laboratorio dove si può toccare con mano la scienza, un luogo che rappresenta un infinito patrimonio di novità proposto in uno spazio straordinario, un’intera zona (galleria) dedicata alla sostenibilità. Subito accanto

esiste un’area attrezzata, destinata al confronto ed alla discussione, per presentazioni informali e dibattiti. Programmi regolari si alterneranno a mostre estemporanee. Due tavoli interattivi favoriranno lo scambio di idee tra i visitatori, per incentivare e incoraggiare la partecipazione alle scelte politiche su questioni di carattere scientifico. In pratica un luogo dove contemporaneamente si potranno vivere una serie di esperienze da “toc-

care con mano” e vivere “con tutti i sensi”, pensando di essere lungo un sentiero di alta montagna con roccia e ghiaccio vero da toccare, oppure tuffandosi nelle innumerevoli sorprese che coinvolgeranno il visitatore il quale si ritroverà, suo malgrado, ad interpretare, conoscere e capire l’ambiente. Appena inizia il percorso sembra di essere catapultati nel passato, un passo indietro di duecentomila anni nella storia del pianeta, dall’evolversi con-

Il MUSE, una prestigiosissima struttura architettonica ideata da Renzo Piano (foto piccola), che si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da numerose eccellenze (musei provinciali, parchi naturali, numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione).

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giunto della capacità tecnologica dell’umanità e del suo rapporto con la natura, con il suo paesaggio, all’immergersi attraverso una narrazione dinamica e mutevole in un percorso storico, utilizzando nuovi linguaggi. Questo è uno dei nuclei concettuali più forti e innovativi della nuova struttura. Il piano espositivo della preistoria, con un accostamento di temi e di esperienze del tutto nuove nello scenario museale internazionale, propone una riflessione, a ben vedere, semplice e diretta. Bambini e adulti potranno immergersi nei suoni, colorare gli spazi con la loro presenza per scoprire, incuriosirsi, sentire con le orecchie ma anche con il corpo, disegnare con la voce oltre che con le mani: un’oasi dove rilassarsi e sperimentare un nuovo modo di stare al museo. E’ questa la novità che attende il grande pubblico degli appassionati della natura e della montagna, ma anche delle tematiche sulla soste-

nibilità e l’innovazione il prossimo 27 luglio, giorno della apertura ufficiale del MUSE, nato all’interno di un contesto urbanistico e paesaggistico frutto di un’unica visione progettuale che ha l’ambizione di identificarsi come una rilevante riqualificazione urbana di questa parte della città, verso il suo fiume Adige. La concezione urbanistica dell’intero intervento si propone, infatti, di ricreare un vero e proprio frammento di città, con le sue articolazioni, le sue gerarchie e la sua complessità funzionale. Un progetto concepito per ridare all’area ex Michelin un’anima. In queste ore il direttore Michele Lanzinger e gli addetti alle relazioni esterne sono in fibrillazione, vanno su e giù nel cantiere ancora allestito, dove saranno collocati spazi con funzioni commerciali, residenziali e di terziario, nonché una successione di spazi e di volumi, di pieni e di vuoti, adagiati su un grande specchio d’acqua sul quale sembrano

galleggiare, moltiplicando gli effetti e le vibrazioni della luce e delle ombre. Il tutto è tenuto insieme, in alto, dalle grandi falde della copertura che ne assecondano le forme, diventando elemento di forte riconoscibilità. Le tecniche costruttive perseguono la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico con un ampio e diversificato ricorso alle fonti rinnovabili e ai sistemi ad alta efficienza. C’è voluta la genialità di Renzo Piano per intuire che in quell’area dismessa poteva starci una struttura architettonica che avrebbe dato uno straordinario valore aggiunto al territorio. Il profilo dell’edificio gioca con dei rimandi alle montagne circostanti, creando un tutt’uno, un equilibrio tra vuoti e pieni che aggiunge fascino e valore a tutto l’apparato espositivo. Realizzato secondi criteri di ecocompatibilità, è un modello che traccia una via da seguire per l’economia verde e il risparmio energetico per costruire

SCHEGGE DI FUTURO

SCHEGGE DI FUTURO

Il nuovo Museo delle Scienze rappresenterà una vetrina permanente della creatività e dell’imprenditorialità del Trentino nel settore dello sviluppo di innovazione nel senso del futuro sostenibile, duraturo e desiderabile. Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione culturale al servizio della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della sostenibilità, alla scienza e all’innovazione

Il direttore Michele Lanzinger (nella foto in alto), una vita passata a svolgere attività di ricerca multidisciplinare nel settore delle scienze naturali, aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle strutture museali tradizionali, realizzato grazie ad una giusta sinergia di talenti creativi.

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un gioco strabiliante di luci, forme e colore: un caleidoscopio che riassume il mistero della storia e delle scienze della terra, in quell’atmosfera indefinibile ma tangibile di una sorpresa dopo l’altra.

SCHEGGE DI FUTURO

UNA GIUSTA SINERGIA DI TALENTI CREATIVI Il risultato sorprendente è stato ottenuto attraverso una giusta osmosi di talenti creativi a partire dall’architetto genovese - tra i maggiori esponenti del panorama internazionale, che considera il suo, un “mestiere di frontiera, in bilico tra arte e scienza, al confine tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio della modernità e la prudenza della tradizione” - , al direttore Michele Lanzinger che aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle strutture museali tradizionali, della stessa sostanza dei sogni. Il territorio ha fatto la sua parte perché predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo soluzioni innovative, con i risultati che sono agli occhi del mondo, esprimendo un processo che ha sempre accompagnato il Trentino sia nelle sfide ecologiche che in quelle educative. Tutto questo è il MUSE, una prestigiosissima dimensione architettonica ideata da Renzo Piano, che si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un ampio sistema culturale costituito da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione. Il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) è un ente strumentale della Provincia autonoma di Trento che ha il compito di interpretare la natura, a partire dal paesaggio montano, attraverso gli strumenti e le domande della ricerca scientifica, cogliendo le sfide della contemporaneità, invitando alla curiosità scientifica e al piacere della conoscenza per dare valore alla scienza, all’innovazione, alla sostenibilità. “Il Museo delle Scienze - spiega il direttore Michele Lanzinger - conduce attività di ricerca multidisciplinare, di

base e applicata, nel settore delle scienze naturali, con lo scopo di indagare, interpretare, educare, dialogare e ispirare sui temi della natura, della scienza, dell’innovazione e del futuro sostenibile”. Allo stesso modo il MUSE, per la sua consolidata capacità di produrre e divulgare contenuti scientifici di alta qualità, è l’unico museo ad essere stato riconosciuto dalla Provincia autonoma di Trento come “ente di ricerca”, al pari dell’Università e delle due fondazioni Mach e Kessler, ed essere entrato a far parte del “Sistema Trentino della Ricerca e dell’Alta Formazione”. Il MUSE è riconosciuto come centro di eccellenza perché saprà coniugare diverse discipline scientifiche, attraverso il dialogo e il confronto, offrendo una fruizione e un coinvolgimento attivo del pubblico e studiosi. Fiduciosi a Trento aspettano il gran giorno, allargando la partecipazione ai più giovani, vivendo la vigilia con un occhio attento al count down che scandisce il tempo che manca alla cerimonia ufficiale. Questa attesa ci coinvolge. Insistiamo ancora con Michele Lanzinger che beve un sorso d’acqua, poi quasi sussurra con un filo di voce: “Siamo soltanto al punto di partenza…”

e tanta pazienza il direttore Lanzinger risponde: “L’acronimo MUSE, ricavato con qualche licenza dal nome “Museo delle Scienze”, è stato adottato durante i lavori di elaborazione del piano culturale come termine operativo per indicare in breve la nuova struttura”. E sottolinea:“Pur riferendosi intenzionalmente alle origini etimologiche della parola museo, quale segno di riconoscimento del valore di tali istituzioni preposte alla conservazione, il MUSE non rientra propriamente nelle tradizionali categorie museologiche, perché combina caratteristiche tipiche di un

del pubblico”. Questa ricerca di un nuovo ruolo si tradurrà nell’ideazione e produzione di numerose mostre temporanee di successo. Ai temi naturalistici si affiancherà una programmazione che si amplia ai temi dell’energia e dello sviluppo sostenibile, ai giochi scientifici interattivi, all’astronomia e alla matematica. Viene messo a punto un ricchissimo programma di attività educative che si estendono oltre l’ambito delle discipline naturalistiche.

UN MODO INNOVATIVO PER INCONTRARSI CON IL PUBBLICO

museo di scienze naturali con elementi provenienti dall’ambito dei Centri della Scienza”. “Abbiamo inteso - conclude - che nel MUSE, questa nuova impostazione potesse arricchirsi di una forte dimensione sociale proponendosi quale luogo d’incontro e dialogo per e con i visitatori e dell’importante compito di valorizzazione del territorio locale, con ruolo di agorà in cui discutere di problematiche a rilevanza globale. Ci saranno nuovi programmi per il pubblico, adottando nuovi linguaggi di comunicazione destinati a tutte le fasce di età e a tutti i livelli di preparazione

Trento elaborò uno studio di fattibilità per ridefinire la propria missione culturale, giungendo a scegliere una prospettiva tutta incentrata sulla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il MUSE, che appoggia le sue radici nel Museo Tridentino di Scienze Naturali - un museo istituito verso la metà del 1800 in forma di museo civico che lungo il suo percorso storico ha assunto una sempre più consistente connotazione di museo naturalistico di conservazione - si candida a diventare una vetrina permanente della creatività e dell’imprenditorialità del Trentino nel

Energeo avrà tempo, durante l’anno, per spiegare come sarà il nuovo Museo delle Scienze che si prepara a lanciare un innovativo modo di confrontarsi con il pubblico: exhibit multimediali, giochi interattivi, sperimentazione in prima persona e intreccio pratico della cultura col “fare” sono gli strumenti di apprendimento informale con cui intervenire nel dibattito scientifico sui grandi temi locali e planetari. Ancora una curiosità. Cosa significa Muse? Con un sorriso Il MUSE dedica uno spazio appositamente progettato per i piccoli visitatori (4-8 anni) da fruire da soli, con i genitori o con la presenza di un facilitatore. Lo spazio e gli oggetti a disposizione intendono offrire ai bambini la possibilità di esplorare il mondo naturale che li circonda mediante l’uso dei sensi.

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UN SUCCESSO ANNUNCIATO Nel 2003 la Provincia autonoma di

settore dello sviluppo di innovazione nel senso del futuro sostenibile, duraturo e desiderabile. Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione culturale al servizio della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della sostenibilità, alla scienza e all’innovazione. In sintesi, una rappresentazione in forma di museo di un progetto di sviluppo di un territorio, pensata per ispirare i propri cittadini e - al contempo - una straordinaria destinazione per il turismo culturale di livello internazionale. Per questo la complessa

SCHEGGE DI FUTURO

Muse, porte aperte sul futuro

Anno VI - maggio/giugno 2013

rete di istituti di ricerca trova all’interno del MUSE professionalità qualificate capaci non solo di produrre contenuti scientifici ma anche di trasferirli, insieme a quelli prodotti da altre realtà, dal ricercatore al pubblico cittadino nei settori di ricerca di punta e di maggior interesse sul territorio. Lungo un percorso di tecniche e di rete di territori che caratterizzano la società attuale, nella consapevolezza che soltanto il passato può insegnare al futuro. Pierpaolo Bo

Il MUSE presenta ambienti che potremmo definire “immersivi”. Vale a dire degli spazi all’interno dei quali il visitatore perde il rapporto con l’esterno per essere totalmente inserito in un mondo virtuale, come in un sogno.

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Anno VI - maggio/giugno 2013

Anno VI - maggio/giugno 2013

L’ultima vittoria del Re di pietra Il Monviso, la montagna più alta delle Alpi Cozie, è stata formalmente riconosciuta nuova Riserva della Biosfera nazionale e transfrontaliera nel programma UNESCO “Man and Biosphere”. L’idea del riconoscimento si è concretizzata nel dicembre 2011, quando l’Ente Parco del Po ha iniziato il lavoro per presentare il dossier di candidatura a Riserva Mab, per l’ampia area del Monviso, riassumendo sul questionario dell’UNESCO tutta l’attività di collaborazione e attività transfrontaliera svolta con il Parco del Queyras ed altri partner, italiani e francesi, iniziata nel 2002.

P

er avere una scheda essenziale basta consultare wikipedia. Il Monviso (Vísol in occitano, Viso in piemontese- 3.841 m s.l.m) - detto anche Re di Pietra - è la montagna più alta delle Alpi Cozie. Il massiccio è ben visibile dalla pianura per via della sua forma piramidale e l’altezza che supera di oltre 500 metri i picchi circostanti. Con 2.062 metri di quota, la sua prominenza è la decima dell’intero arco alpino e la ventitreesima in tutta Europa. È anche conosciuto perché ai suoi piedi

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si trova la sorgente del fiume Po, il corso d’acqua più lungo d’Italia. Dal 28 Maggio 2013 è diventato patrimonio dell’UNESCO come riserva di biosfera transfrontaliera. Per scoprirlo e percepire il fascino delle terre alte della Valle Po occorre frequentare i sentieri che si affacciano sui grandi paesaggi e sugli spazi e laghetti alpini che hanno costituito il teatro della vita delle genti di questo territorio che si protende verso la grande piramide rocciosa del Monviso. Seguendo le antiche strade che

si snodano ai piedi della montagna e lungo l’alto corso del Grande Fiume che ha plasmato la Pianura Padana, facciamo un passo indietro per riallacciarci allo scrittore-regista Mario Soldati che, nel 1957, immagina e realizza per la televisione in bianco e nero, una serie in dodici puntate il cui intento è quello di far scoprire e conoscere le valli del Po con un viaggio nella sua tradizione culinaria. Le campagne padane, sovrastate dal Monviso, vengono percorse da Soldati e dalla sua

Il luogo comunemente identificato come Sorgente del Po si trova a 2.020 m.s.l.m. in un pianoro denominato Pian del Re, nell’Alta Valle Po in provincia di Cuneo, ai piedi del Monviso. La località si raggiunge da Crissolo in auto percorrendo una strada interamente asfaltata ma tortuosa e stretta negli ultimi chilometri, della lunghezza complessiva di km 7,6. A sinistra: Silvano Dovetta, Presidente del Parco del Po, che ha guidato la delegazione piemontese a Parigi.

troupe e ci restituiscono un’Italia postbellica dove nel tratto linguistico prevale ancora il dialetto (piemontese, Occitano, valdese) e dove i cibi sono legati a una tradizione povera che limita i lussi alimentari ai giorni di festa. Un’Italia genuina, quella della valle del Po, raccontata nei suoi colori e sapori, in un filmato cult che resta negli archivi della televisione e torna oggi attuale per raccontare la storia e le tradizioni di questa terra, il cui valore è stato

Mario Soldati è l’unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l’universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve.

riconosciuto dall’UNESCO. Il viaggio dello scrittore torinese parte da Crissolo, alle pendici del Monviso, là dove il Po nasce e per lunghi tratti mantiene ancora la dimensione del torrente. Le tappe piemontesi del “Viaggio” saranno diciotto, suddivise in cinque puntate televisive, sufficienti per raccontare il vasto territorio che si estende per 716 chilometri quadrati. Il Po non è paragonato a un dio pagano, ma è semplicemente lo spunto per poter osservare da vicino la vita della gente più umile, per conversare di letteratura, per documentare tradizioni che, nella fase di passaggio dalla civiltà contadina all’economia industriale, rischiano di scomparire. La buona tavola “è semplicemente un mezzo per sviluppare la fantasia e darle sfogo”, scrisse Soldati nel febbraio ’64 nella rubrica che aveva pubblicato sul quotidiano “Il Giorno”. Un pretesto, insomma. E allora che cos’è questo “Viaggio” che vogliamo ripercorrere alla luce di cosa è successo in questi giorni? È uno spaccato storico-antro-

pologico, come l’ha definito Carlo Petrini, fondatore di “Slow Food”? Soldati fa questo preambolo: “In questo viaggio non sarò né sistematico, né esauriente”. Non potrà essere certamente più esauriente Energeo che ha potuto soltanto immaginare ciò che è accaduto in questi giorni a Parigi, dove è stato celebrato il territorio alle pendici della piramide di pietra.

RISERVA BIOSFERA

RISERVA BIOSFERA

La grande piramide rocciosa è anche conosciuta perché ai suoi piedi si trova la sorgente del fiume Po, il corso d’acqua più lungo d’Italia

PARIGI VAL BENE UNA FESTA Per consacrarlo è stata necessaria una scelta epocale, nel quartiere generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, in Place di Fontenoy, a Parigi. Il Re di pietra, la montagna più alta delle Alpi Cozie, è stata formalmente riconosciuta nuova Riserva della Biosfera nazionale e transfrontaliera nel programma UNESCO “Man and Biosphere”. Il conferimento dell’ambìto diploma avverrà a novembre, il mese scorso, comunque, si è fatto un notevole passo in avanti, al termine della 25a Sessione

Il fiume Po, dopo il Ponte di Riondino, si arricchisce dell’apporto di altre innumerevoli sorgenti; dopo l’abitato di Crissolo prende a scorrere impetuoso Lo scrittore Mario Soldati (nel riquadro). nell’omonima valle.

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del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’UNESCO, composto da 12 membri, tra cui illustri esponenti accademici ed esperti in materia, in carica per 4 anni, svoltasi a porte chiuse. Chairperson dell’ICC del MaB è la professoressa Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto. Attesa al piano terra dai componenti della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’UNESCO, la ristretta delegazione del Parco del Po, guidata dal Presidente dell’Ente Parco Silvano Dovetta, era giunta con un discreto anticipo, come vuole la rigorosa consuetudine piemontese. La presidente egiziana, con un copricapo verde che la fasciava come una morbida sciarpa e addosso un elegante vestito antico, a nome dell’UNESCO, ha salutato con un sorriso i rappresentati piemontesi del Parco del Po, unitamente ai colleghi francesi in rappresentanza della Riserva “gemella Mont Visò” che interessa il Parco del Queyras dal Parc naturel regional du Queyras, e la delegazione del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare . Nella grande sala conferenze del Palazzo dell’UNESCO, dove erano convogliate anche le delegazioni straniere, tutto era pronto per il grande evento. Dopo una breve attesa si è dato avvio alla procedura del ricono-

scimento MAB. Un rito che per l’Italia non si celebrava da dieci anni, dopo l’ultima iscrizione, nel 2003, che ha riguardato la Selva Pisana, comprendente il Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massiciuccioli. L’attesa è stata febbrile, l’emozione era visibile tra i presenti, la tensione si tagliava con il coltello. Il rito si consumava lentamente come dal rigoroso cerimoniale UNESCO, nel silenzio assoluto, rotto soltanto dall’intercalare della voce della presidente egiziana del Consiglio Internazionale, la quale ha pronunciato il fatidico “approvato” e battuto energicamente, con un gesto simbolico, il martelletto sul tavolo della presidenza. A quel punto nella sala sono esplose grida di gioia e saliti applausi senza fine. Qualcuno, raggiante, ha telefonato alla sede del Parco di Saluzzo per dare la notizia ai colleghi rimasti in Piemonte, subito diramata dalle agenzie e dalla tv. “Parigi val bene una festa - ha commentato Silvano Dovetta - una festa importante per l’ambiente e tutto il territorio del Monviso, la popolazione e le attività avranno ora uno strumento in più per puntare ad uno sviluppo

Il Monviso si fa sempre più vicino e severo, un gigante magico. Nella foto di Mario De Casa l’apertura dei lavori della 25a Sessione del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’UNESC0. Al centro: Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto, Chairperson MaB.

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compatibile dell’intera area. Ciò significa la stretta relazione esistente tra le iniziative e le attività del Parco stesso e il nuovo ruolo, ad esso riconosciuto, di motore di uno sviluppo “sostenibile” per un territorio ben più vasto, in quanto l’”Area della Biosfera” comprende 88 Comuni su circa 300.000 ettari”. La “strategia” ha individuato quattro obiettivi principali: usare le Riserve di Biosfera per conservare la diversità naturale e culturale; utilizzare le Riserve della Biosfera come modelli di gestione del territorio e di sviluppo sostenibile; usare le Riserve di Biosfera per la

Queyras e altri partner, italiani e francesi, iniziata nel 2002. “I vari programmi comunitari Interreg Alcotra - spiegano i tecnici del Parco - e la vicinanza dei due territori avevano portato ad una notevole maturazione delle attività e soprattutto dell’interscambio di progetti ed idee comuni. Grazie al Programma Integrato Transfrontaliero, il “Pit Monviso, l’uomo e le territoire”, sono stati inseriti progetti quali il contratto di fiume per l’alto Po e la candidatura delle due riserve, una per il versante italiano ed una per quello francese, che hanno così ottenuto i

Il Programma MAB (Man and the Biosphere) è stato avviato dall’UNESCO negli anni ’70 allo scopo di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca e capacitybuilding. Il programma ha portato al riconoscimento, da parte dell’UNESCO, delle Riserve della Biosfera, aree marine e/o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo della proclamazione delle Riserve è

ricerca, il monitoraggio, l’educazione e la formazione; implementare il concetto di Riserva di Biosfera. Grazie al risultato ottenuto, il parco entra, dopo undici anni di attesa, nella rete mondiale delle riserve delle biosfera, insieme ai cugini francesi. L’idea del riconoscimento si è concretizzata nel dicembre 2011, quando il Parco ha iniziato il lavoro per presentare il dossier di candidatura a Riserva Mab, per l’ampia area del Monviso, riassumendo sul questionario dell’UNESCO tutta l’attività di collaborazione e transfrontaliera svolta con il Parco del

fondi necessari per sviluppare tutta la parte di progettazione. In corso d’opera, da parte del Mab Francia e del Mab Italia è giunta ai due parchi la proposta di presentare un’integrazione per giungere subito all’auspicata Riserva Transfrontaliera del Monviso. I due parchi, sostenuti dai comitati nazionali, hanno accettato la sfida e presentato questo ulteriore tassello“.

promuovere e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l’educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e pianificazione territoriale. In tutto il mondo vi sono attualmente 621

RISERVA BIOSFERA

RISERVA BIOSFERA

L’ultima vittoria del Re di pietra

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IL VALORE DI UN IMPEGNO Quella del Monviso rappresenta la prima candidatura nazionale di carattere transfrontaliero.

Riserve, di cui 9 in Italia, 12 transfrontaliere. La designazione a Riserva Transfrontaliera è condizionata alla sottoscrizione dell’accordo di cooperazione tra lo stato italiano e quello francese, che dovrà essere presentato dai Ministeri di competenza, entro il

Il Monviso è una grande montagna appartenente al massiccio geologico delle pietre verdi, lava solidificata sul fondo del mare e venuta alla luce, successivamente, nel corso del grandioso processo dell’orogenesi alpina. Alle pendici, in un catino nella roccia, è adagiato il Lago Superiore.

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novembre 2013. Attualmente le aree Mab in Italia svolgono un lavoro esemplare. Energeo, nei prossimi numeri, andrà a conoscere le Riserve della Biosfera riconosciute nel nostro Paese.

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AREE MAB AI RAGGI X La Road Map partirà dal Parco nazionale del Vesuvio per proseguire con il Cilento e Vallo di Diano, la Selva di Collemeluccio in Molise, il Circeo, Miramare a Trieste, la Valle del Ticino, il Parco dell’arcipelago toscano e la Selva Pisana. Per il 2013-2014 sono attese le nuove candidature (tentative list) Siracusa, il Delta del Po, la Costiera amalfitana, la Sila, Trento - che, se approvate, andranno ad ampliare la rete italiana dei territori riconosciuti dall’UNESCO. La certificazione UNESCO viene rilasciata agli Stati che si impegnano a gestire aree territoriali con regole ben precise e con una visione comune di gestione attraverso

politiche integrate di conservazione, uso sostenibile delle risorse e supporto logistico. L’ICC è l’organo decisionale del programma MAB chiamato ad esprimere la decisione finale sulle nuove candidature a Riserva della Biosfera presentate dai singoli Stati, sulla base delle valutazioni tecniche formulate dal relativo organo consultivo, l’International Advisory Commitee for Biosphere Reserves (IACBR). L’area interessata dall’iniziativa è costituita da una “core area” formata dal parco regionale del Po cuneese e dalle relative aree contigue - promotori della candidatura-, dal sito SIC/ZPS “Gruppo del Monviso e bosco dell’Alevè” e da una buffer zone composta da altri 88 Comuni coinvolti nel Piano Integrato Transfrontaliero “PIT Monviso”. Analogo processo è stato avviato, sul versante francese, dal Parc naturel regional du Queyras. La candidatura è stata sostenuta dalla Regione Piemonte, con la sottoscrizione del relativo Dossier, ed è stata ufficialmente presentata lo scorso settembre 2012.

UNA STRATEGIA CHE PROMUOVE IL TURISMO SOSTENIBILE Gli assi prioritari della strategia proposta sono riconducibili a tre tematiche legate alla sostenibilità ambientale: energie rinnovabili, turismo e produzioni. La prima è stata condotta in stretta collaborazione con gli operatori locali, quella del turismo sostenibile sarà condotta in riferimento alla “Carta europea del turismo sostenibile” che definisce una strategia di sviluppo turistico condivisa a livello locale tra tour operator e soggetti rappresentativi del territorio, ed infine sarà condivisa la questione relativa alle produzioni tipiche in campo agro-forestale e dell’artigianato. “Ora ci tocca lavorare con un maggiore impegno - dice il Presidente dell’Ente Parco Silvano Dovetta - Grazie al prestigioso riconoscimento internazionale ottenuto, il Monviso, una delle montagne simbolo del Piemonte, è entrato a fare parte di un importante circuito internazionale di eccellenze, che

porterà grandi occasioni di sviluppo e di promozione delle risorse turistiche, energetiche, produttive e naturalistiche locali e regionali. L’augurio è che ora il Governo Francese e quello Italiano sottoscrivano l’accordo di cooperazione richiesto dall’UNESCO per completare il riconoscimento del Monviso a Riserva transfrontaliera, oltre che nazionale, della Biosfera”. La sinergia tra il Parco del Po Cuneese, il Ministero dell’Ambiente e il Comitato MaB Italia in corso dal 2012, è stata fondamentale. “Ci aspetta un intenso lavoro per definire i progetti concreti, la fase due del MaB Monviso. - Con questa nuova identità possiamo avere un ruolo di primo piano nel rilancio dello sviluppo locale. Con la regia del Parco e del territorio ci prepariamo per un futuro di progetti concreti, che porteranno per l’area MaB i risultati attesi” - conclude Dovetta.

IL FIUME PO AL CENTRO DEL PROGETTO Cosa accadrà ora? La prima sfida per ottenere definitivamente il riconoscimento parte subito con la fase del cosiddetto “Mab Monviso 2.0”, la più delicata. E’ un ostacolo non facile da superare. Gli 88 Comuni coinvolti dovranno dar prova di credere in questo progetto che va ben oltre la valle del Po e l’area Parco. “Si è voluto ragionare sul territorio interessato dal Pit Monviso e quindi, in qualche misura, già abituato a collaborare e progettare insieme. - chiariscono i tecnici dell’Ente Parco - Abbiamo la zona delle valli, dalla valle Maira alla Valle Varaita e la Valle Po, con l’aggiunta di Bobbio Pellice, un’area di fondovalle che ben si fonde con l’ampia pianura coinvolta e che arriva a toccare i primi comuni delle Langhe”. E poi c’è il Grande Fiume che riafferma la centralità dell’acqua nell’ottica di uno sviluppo eco-sostenibile. Al Po si dedica oggi particolare attenzione con il Contratto di Fiume Alto Po, iniziativa finanziata grazie al Pit Monviso e realizzata direttamente con la collaborazione della Regione Piemonte e la con Sulle Alpi Cozie sono innumerevoli gli specchi d’acqua adagiati su un fondo di pietre sciolte grossolane. Il Lago Fiorenza supera i quindici metri di profondità. Sullo sfondo si intravede il Monviso da una particolare angolatura.

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sulenza di un’ATI di studi piemontesi altamente specializzati nel settore. Il progetto individua una serie di ambiziosi obiettivi che consentono la gestione e la valorizzazione di un’area idrografica che si estende per 716 km quadrati e in cui risiedono più di 90 mila persone. Punto nodale è la sensibilizzazione di amministrazioni, Comuni e Unioni di Comuni, associazioni agricole e di categoria, privati e popolazione sulla “risorsa acqua”. Il progetto ha coinvolto sindaci, tecnici, operatori e bambini e ragazzi di valle e di pianura in un percorso di conoscenza dei corsi d’acqua, del suolo, della flora e della fauna delle zone umide, promuovendo il fiume come ecosistema da tutelare e valorizzare. Il “contratto” è ormai entrato nella fase attuativa, sarà uno strumento fondamentale di programmazione negoziata che permetterà di avviare la gestione partecipata e integrata di tutte le figure istituzionali nella “governance” del territorio.

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L’ultima vittoria del Re di pietra

Anno VI - maggio/giugno 2013

Loredana Renaudo

La montagna è quasi una catena di montaggio dove i laghi si alimentano a vicenda: il Lago Superiore (in primo piano) attraverso un ruscelletto si immette nel Lago Lausetto.

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Patrimonio da scoprire, tutelare e valorizzare

ulivo

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L’Associazione Città dell’Olio, aderente a Res Tipica ANCI, incoraggiata dal Ministero delle Politiche Agricole, attraverso la propria rete dei coordinamenti regionali, ha avviato la ricognizione sull’intero territorio nazionale per mettere a sistema le esperienze locali di salvaguardia del patrimonio olivicolo, culturale, archeologico. L’obiettivo è ambizioso: avviare un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo, nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità. La pianta di ulivo è da sempre salvaguardata da generazioni di agricoltori che hanno contribuito a tutelare secondo regole ed usi non scritti questo patrimonio storico, naturale, culturale, antropologico e paesaggistico.

S

alvaguardare il patrimonio olivicolo dei paesi del Mediterraneo, attraverso la cura dell’ambiente circostante. E’ questo l’obiettivo di un importante progetto di candidatura UNESCO, come patrimonio intangibile, che vede in prima linea l’Associazione Città dell’Olio, aderente a Res Tipica ANCI, incoraggiata dal Ministero delle Politiche Agricole, attraverso la propria rete dei coordinamenti regionali, i quali

dovranno mettere a sistema le esperienze locali di salvaguardia del patrimonio olivicolo, culturale, archeologico (molti frantoi ipogei sono di origine romana, risistemati in epoca medievale; in gran parte hanno continuato a lavorare fino a metà ’800, quando si cominciò a realizzare frantoi epigei più funzionali e produttivi), paesaggistico ed ambientale. Come in pochissimi altri casi, i temi della tutela dell’am-

biente, della difesa degli equilibri naturali e dello sviluppo sostenibile del territorio convivono ad intreccio con la storia dei popoli che affondano le radici nella saggezza contadina. Agricoltori insediati in masserie che spuntano tra i rami degli olivi ricchi di foglie coriacee e frutti a drupa (Olea europaea) che si perdono a vista d’occhio. Imponenti fabbricati, sorti a partire dal XVI secolo come torri a difesa dei

Il paesaggio olivicolo è un patrimonio inestimabile da scoprire e tutelare sia per l’importante contributo che conferisce all’agricoltura italiana con i suoi frutti, che per la cultura millenaria che racconta. L’Associazione Città dell’Olio ha avviato un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo, nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità. In alto: Il presidente dell’Associazione Enrico Lupi.

sottostanti frantoi dove si produceva la vera ricchezza di questo territorio: l’olio. Il tipo di candidatura rientra nella particolare categoria “paesaggi culturali”, introdotta dall’UNESCO con le Linee guida Operative per l’implementazione della Convenzione sul patrimonio mondiale del 2005 che considera il paesaggio quale “lavoro combinato di uomo e natura” la cui protezione può contribuire ad uno sviluppo sostenibile ed a supportare il mantenimento della diversità biologica. Tale accezione considera che Paesaggio e Ambiente rappresentano un’unità inscindibile, tant’ e vero che nelle nuove richieste, in linea con la recente Dichiarazione UNESCO di Firenze, devono essere ben evidenziati i presupposti per sostenere le differenze tra paesaggio “estetico” (da guardare) e paesaggio “etico” (da vivere), “perché difendere il paesaggio e l’ambiente rappresenta un gesto etico”. Gli olivi sono il nostro paesaggio storico, quello stesso che ha accompagnato i Normanni e gli Aragonesi, gli Angioini e gli Spagnoli, i Borboni e i Piemontesi. L’UNESCO considera il concetto di “bellezza naturale” per offrire una visione in cui la natura è integrata

dall’opera e dalla presenza dell’uomo a definire i valori ambientali, culturali e sociali. Tema che sarà ribadito, quest’anno, nel programma della Settimana DESS UNESCO promossa dall’ONU. L’incontro con questi olivi millenari ha un che di magico: rivestono dolci colline e le loro pendici fino a raggiungere il mare, formano boschi che ancora oggi regalano la sensazione di poter andare indietro nel tempo, di potersi calare nella storia, di immergersi in un paesaggio eterno, rimasto intatto nei secoli.

L’ULIVO DEI VANGELI E NELLA STORIA Nell’immaginario collettivo il paesaggio olivicolo più conosciuto è rappresentato dal podere di Getsemani, un giardino collocato sul limitare della Valle di Cedron, situata tra la Città Vecchia di Gerusalemme e il Monte degli Ulivi. Questo luogo, oggi meta di pellegrinaggio da parte dei cristiani, viene ricordato per l’episodio del Vangelo che vide Gesù lasciare il gruppo degli Apostoli per pregare in disparte, prima di essere tradito da Giuda e arrestato, un luogo noto come Orto degli Ulivi. L’episodio viene ricordato, ogni anno,

la domenica delle Palme, con la distribuzione ai fedeli di rami di ulivo benedetti a dimostrazione di propositi di pace. Ampia appare l’iconografia o raffigurazioni pittoriche che ritraggono l’episodio del Vangelo che hanno per sfondo paesaggi in cui compare l’ulivo, una pianta longeva e forte che si adatta a tutte le condizioni climatiche, la cui traccia di coltura è stata ritrovata già negli scavi di Micene dall’archeologo Schiemann, che ha scoperto e recuperato reperti risalenti al XIV sec. A.C. Dell’ulivo parla anche Omero nell’Iliade e l’Odissea. La pianta di ulivo è da sempre associata all’immagine del nostro Paese, della sua storia e della sua economia. Una pianta salvaguardata da generazione di agricoltori che hanno contribuito a tutelare, secondo regole ed usi non scritti, questo patrimonio storico, naturale, culturale, antropologico e paesaggistico. Molti furono gli Artisti che interpretarono l’episodio del Vangelo, avvenuto nell’Orto degli Ulivi, attraverso rappresentazioni che richiamano risvolti magico-simbolici, misteriosi legami tra uomo e natura, tra umano e divino, a partire dai capolavori di Andrea Mantegna, Pedro Berruguete, Giotto e altri noti artisti.

Le olive maturano solitamente in ottobre, se di varietà precoce, o in dicembre e gennaio, se più tardive. Oltre che in base al tipo di olivo, il momento ideale per la raccolta varia in ragione delle condizioni climatiche stagionali e della tecnica colturale utilizzata. La raccolta avviene principalmente con due metodi entrambi consigliati, attraverso la raccattatura che tiene conto del momento opportuno della maturazione dell’oliva, in quanto è sufficiente aspettare che la natura faccia il suo corso e le olive cadano spontaneamente nelle reti stese sul terreno e la brucatura a mano che impegna i raccoglitori in un paziente lavoro.

RES TIPICA & DINTORNI

RES TIPICA & DINTORNI

L’ che colora il paesaggio

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Gli olivi secolari, tra storia, natura e agricoltura, costituiscono il paesaggio agrario arboreo più antico esistente. “Una civiltà che ora chiede di essere tutelata dall’UNESCO - dice Enrico Lupi presidente dell’Associazione Città dell’Olio Dobbiamo affrontare un lungo e impegnativo percorso che conduce, nei casi più fortunati, considerate le sempre più stringenti limitazioni poste per le nuove inscrizioni (tentative liste), a far parte della Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO”. “Il pericoloso abbandono della coltura olivicola, degli alberi e dei territori, - avverte il presidente Enrico Lupi - dimostra quanto sia davvero importante impegnarsi in azioni di tutela e salvaguardia dei territori olivicoli. Una politica territoriale, ambientale e agraria che guardi di più e meglio al paesaggio degli oliveti e che salvaguardi il paesaggio agrario tradizionale come bene e risorsa, impedendo la cancellazione di paesaggi storici, è un obiettivo che come Città dell’Olio abbiamo il dovere di raggiungere”. Nello specifico, agli associati alla RETE Città dell’Olio, viene chiesto di segnalare all’Associazione i siti olivicoli al massimo grado di tutela normativa nazionale, regionale, provinciale o comunale e anche quei siti olivicoli che al momento non godono di nessuna tutela normativa, ma che potrebbero essere di interesse per un inserimento futuro nella Lista UNESCO in relazione alle particolari caratteristiche storico, culturali, scientifiche e ambientali. L’obiettivo è avere una mappa dei siti di maggiore interesse, su cui fare ulteriori e più approfondite valutazioni, portando a termine, in tempi ragionevolmente brevi, il primo step del lungo percorso verso la presentazione della candidatura.

UNA STORIA LUNGA 20 ANNI L’Associazione Nazionale Città dell’Olio ha sede a Villa Parigini nel Comune di Monteriggioni (Siena). Fondata a Larino (Campobasso) nel dicembre 1994, riunisce Comunità Montane, Camere di Commercio, Province e Comuni a chiara vocazione olivicola e si impegna a promuovere l’olio extravergine di oliva quale prodotto fondamentale nella tradizione agricola, alimentare e culturale del nostro Paese e a valorizzare i suoi territori di produzione. Nello specifico l’Associazione ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità; tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo; diffondere la storia dell’olivicoltura; garantire il consumatore attraverso la valorizzazione delle denominazioni di origine, l’organizzare eventi, l’attuazione di strategie di comunicazione e di marketing mirate alla conoscenza del grande patrimonio olivicolo italiano. “Sono 342 i soci delle Città dell’Olio,spiega il Direttore Antonio Balenzano - Enti pubblici italiani uniti nella salvaguardia dell’Olio Extravergine d’Oliva. Cresce infatti, di anno in anno, il numero delle Regioni italiane che aderiscono alla rete delle Città dell’Olio, potendo vantare una produzione di Olio Extravergine d’Oliva di qualità o di Olio d’Oliva Extravergine Dop ed Igp, diventata ormai un vero e proprio motore economico per i territori a forte vocazione olivicola”. L’Associazione da sempre è impegnata a sostenere e valorizzare le produzioni e i territori che espongono il marchio Città dell’Olio. Dalla Lombardia alla Sicilia così come nelle Regioni del Centro Italia sono tantissime le amministrazioni pubbliche che attraverso la rete Città dell’Olio investono nella cura e nella conserva-

I colori di un’antico albero di ulivo risalente a circa seicento anni fa nel variare delle stagioni nella tenuta di Antonio Di Emidio a Sant’Omero, piccolo paese dell’entroterra abruzzese, dove si trova anche un Antico Frantoio.

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zione dei frantoi antichi e tipici, nella costruzione di percorsi ad hoc dedicati alla scoperta dell’oro giallo, con visite guidate al paesaggio ricco di oliveti secolari e degustazioni di Olio Extravergine nei ristoranti e nelle piazze.

UN’ATTIVITÀ DI MARKETING BEN “OLIATA”

degli Oli DOP, un innovativo strumento volto a qualificare l’offerta di oli extravergine nei ristoranti per la valorizzazione dell’eccellenza della produzione olivicola italiana.

UN SODALIZIO CHE MIETE SUCCESSI

L’Associazione Nazionale Città dell’Olio, che applica in pieno il Manifesto dei Valori di Res Tipica ANCI, è da sempre impegnata nella valorizzazione dei territori olivetati d’Italia, attraverso la definizione di strategie di marketing

“Vogliamo coinvolgere il grande pubblico - insiste il Presidente Enrico Lupi - nella riscoperta delle mille, affascinanti tradizioni culturali che scaturiscono, con differenti tratti e coloriture, da ogni paese e da ogni campagna olivetata. I nostri progetti puntano sul Turismo

territoriale, la creazione di occasioni qualificate di incontro diretto tra domanda e offerta, attraverso la partecipazione a fiere o saloni di settore specifici, la realizzazione di progetti dedicati che hanno l’obiettivo di favorire la comprensione e l’apprezzamento dell’olio extravergine d’oliva presso il grande pubblico. Sono stati inoltre avviati progetti di educazione alimentare dei bambini, che mirano a promuovere la conoscenza e la valorizzazione dell’olio extravergine d’oliva DOP attraverso un programma formativo ad hoc e la Carta

dell’Olio, e sulle iniziative Andar per Frantoi, Mercatini e Pane e Olio in Frantoio, la giornata nazionale dei pani e degli oli tipici. E infine Girolio d’Italia dedicato al Paesaggio Olivicolo: un itinerario per le 18 Tappe regionali alla scoperta delle peculiarità paesaggistiche e produttive d’Italia attraverso la valorizzazione dell’ambiente olivicolo”. Infine l’Associazione nazionale Città dell’Olio, che ha intrapreso un’attività di supporto tecnico per i soci in materia di Piani di Sviluppo Rurale e di progetti Europei, è presente con il proprio

stand e il materiale informativo sulle attività che svolge, nelle principali fiere internazionali dedicate al food e al turismo. Eventi che rappresentano un’occasione di visibilità per i suoi soci e una vetrina utile alla valorizzazione e alla promozione del paesaggio olivicolo nazionale e dei territori di produzione dell’olio. L’Associazione partecipa inoltre a congressi e convegni sui temi dell’alimentazione, nelle quali porta il proprio contributo di riflessione e progettualità. L’olio di oliva extra vergine, che rappresenta uno dei prodotti consigliati

RES TIPICA & DINTORNI

RES TIPICA & DINTORNI

L’ulivo che colora il paesaggio

Anno VI - maggio/giugno 2013

nella dieta mediterranea, è oggi protagonista di una campagna orientata verso una maggiore consapevolezza sull’importanza delle abitudini alimentari e sui vantaggi derivanti da una corretta alimentazione, soprattutto per quanto riguarda i bambini e i giovani, ma anche i consumatori in generale in un’ottica di prevenzione di malattie e salvaguardia della salute. T.R.

Le olive ammaccate del Cilento (Presidio Slow Food) in una foto di Giuseppe Cucco. Antonio Balenzano, Direttore dell’Associazione nazionale Città dell’Olio.

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L’azione avviata dalla Regione mira ad individuare forme di cooperazione tra i vari livelli di governo e tra settore pubblico, privato e comunità scientifica sviluppate da coordinatori italiani ed esteri, evidenziando il ruolo che gli enti locali e regionali stanno svolgendo nel panorama delle politiche climatiche ed energetiche dell’UE

Covenant

COVENANT OF MAYORS

Il parla abruzzese Ai fini del corroboramento dell’iniziativa del Patto dei Sindaci (in inglese Covenant of Mayors), le Regioni rappresentano il fulcro centrale della multi-level governance. Attraverso il servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA, la Regione Abruzzo ha assunto un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Covenant of Mayors. Si tratta di un modello esemplare di gestione e cooperazione che ha prodotto efficienza, efficacia e concretezza e che potrebbe essere ripetuto in tutto il Paese.

U

na piccola regione, l’Abruzzo, ha immaginato un grande progetto, destinato a portare lontano, per costruire un modello esclusivo di cooperazione, prima localmente tra le 4 province, 305 Comuni e ANCI per attuare le politiche del Patto dei Sindaci, in seguito maturando il convincimento di poter esportare nel resto d’ Italia il modello di gestione che nella regione ha prodotto efficienza, efficacia e concretezza, per condividerlo tra gli attori del Patto (settore pubblico, privato, comunità scientifica e cittadini), affin-

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I Sindaci Italiani erano i più numerosi nell’emiciclo del Parlamento Europeo, in occasione di un incontro storico (Covenant of Mayors Ceremony), orgogliosi di trovarsi , con tanto di fascia tricolore, faccia a faccia con le Istituzioni Europee. Foltissima la delegazione abruzzese ad ascoltare il discorso di inaugurazione di José Manuel Barroso. Tante le donne sindaco per testimoniare con la firma simbolica del Patto dei Sindaci che i valori delle Comunità locali, si sposano perfettamente con le scelte europee in materia di ambiente, produzione energetica e risparmio energetico.

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ché essi partecipino attivamente all’iniziativa dell’UE. Dovranno farlo, ciascuno nelle proprie funzioni, per corroborare i punti di forza ed affrontare insieme in modo efficace le sfide presentate dall’implementazione delle politiche del Patto del Sindaci di oltre duemila Comuni italiani impegnati a ridurre le proprie emissioni di CO2 di almeno 20% entro il 2020, e preferibilmente aumentando nel contempo del 20% il livello di efficienza energetica e del 20% la quota di utilizzo delle fonti di Energia rinnovabile sul totale del mix energetico. Nel capoluogo abruzzese si sono messe le basi per la condivisione delle differenti azioni di governance - in una successiva fase questo dovrà essere fatto attraverso un network nazionale per la cooperazione e divulgazione dell’attività concreta- realizzate per l’attuazione del Patto dei Sindaci nei propri territori, ma anche nell’ottica di capire in che modo con il Patto dei Sindaci, divenuto un’iniziativa importante in Europa e soprattutto in Italia, si può creare una filiera dei livelli di governance, che rappresentano le azioni di intrapresa nelle scelte e nelle politiche territoriali locali, legate alle tematiche della sostenibilità ambientale. Azioni che dovranno essere pro-

pedeutiche per individuare forme di collaborazione tra i vari livelli di governo e tra settore pubblico, settore privato e comunità scientifica, sviluppate da coordinatori italiani ed esteri, evidenziando il ruolo che gli enti locali e regionali stanno svolgendo nel panorama delle politiche climatiche ed energetiche dell’UE. Interventi che dovranno essere formalizzati e programmati attraverso lo sviluppo di un Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) e sostenuti nelle sedi decisionali, come per esempio la Conferenza delle Regioni, per dare forza e pregnanza istituzionale ad un modello particolarmente efficace di sviluppo.

UN PROGETTO IN LINEA CON GLI OBIETTIVI 20-20-20 Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere la sua corsa dall’Abruzzo, regione che ha interpretato al meglio l’iniziativa della Commissione Europea, mirata ad implementare un piano per ridurre di almeno il 20% le emissioni ad effetto serra nel territorio dell’ente, proprio per focalizzare le problematiche che hanno rallentato la consegna del PAES nei termini previsti. Anche se il pacchetto clima ed energia dell’UE si rivolge direttamente agli Stati

Membri, il ruolo degli enti locali e regionali è fondamentale per raggiungere gli obiettivi della politica climatica ed energetica europea. Da qui l’importanza dell’iniziativa del Patto dei Sindaci che coinvolge tali enti nel fornire un fondamentale contributo a livello territoriale in linea con gli obiettivi 20-20-20, per lo sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro, che significa innanzitutto pianificare una crescita sostenibile sul territorio, valorizzarne le risorse economiche, ambientali ed umane, aumentare la qualità della vita e creare lavoro e sviluppo. E’ apparsa determinante l’azione avviata lo scorso maggio a Pescara, da replicare in Italia attraverso la condivisione delle differenti azioni di governance realizzate per l’attuazione del Patto dei Sindaci, nonostante le difficoltà incontrate durante l’attuazione dello stesso, nei propri territori. E’ il percorso intrapreso dal servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA della Regione Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione ha assunto un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Patto dei Sindaci. Un progetto che potrà evolvere ulteriormente nel nostro Paese, grazie al prezioso supporto dell’agguerrito staff abruzzese che ha fatto da apripista pensando, costruendo e applicando un modello di efficienza concretizzato dalla Regione che continua a mietere consensi e riconoscimenti anche in Europa. Oggi il metodo innovativo di applicazione, illustrato nel corso di un recente incontro nel capoluogo abruzzese - che si è avvalso della partecipazione della Commissione Europea DG Energia e DG JRC (Joint Research Centre), del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni, Province, Comuni d’Europa, e di ANCI,

Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere la sua corsa dall’Abruzzo, regione che ha interpretato al meglio l’iniziativa della Commissione Europea, mirata ad implementare un piano per ridurre di almeno il 20% le emissioni ad effetto serra nel territorio dell’ente, proprio per focalizzare le problematiche che hanno rallentato la consegna del PAES nei termini previsti. Il metodo innovativo di applicazione, illustrato nel corso di un recente incontro nel capoluogo abruzzese potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori, ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche europeo.

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Il Covenant parla abruzzese

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- potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori, ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche europeo. “Visti i risultati, - è emerso dalla riunione - si continuerà ad investire sul Patto dei sindaci e a finanziare i Piani di azione già ampiamente programmati”. Ai fini della prosecuzione del Patto dei Sindaci, avvalorato più volte nella giornata di lavoro, le Regioni rappresentano il fulcro centrale della multi-level governance. Attività molto efficace ed importante è quella svolta dalle Agenzie per L’Energia perché rappresentano uno strumento tecnicamente qualificato e permanente che migliora la cooperazione Regioni-Province-Comuni. “Insieme alla Commissione Europea - spiega Iris Flacco, Dirigente Servizio Politica Energetica - abbiamo voluto assumere un ruolo guida in questa fase delicata dell’iniziativa europea. La Regione ha adottato fin dal primo momento un modello innovativo del Covenant of Mayors, attuato in Abruzzo in collaborazione con tutte le Amministrazioni Provinciali, come strutture di supporto, ANCI e tutti i 305 Comuni della Regione, firmatari del Patto dei Sindaci. Il nostro modello di gestione allo stato attuale appare unico in Italia e presenta la caratteristica di integrare la gestione dei fondi POR fesr con le attività del Patto dei Sindaci”. Nella sua analisi Mauro Di Dalmazio, assessore all’ambiente e alle politiche per lo Sviluppo sostenibile è ancora più chiaro. “La Regione, già premiata per questa attività con la Medaglia Spadolini, e con il recente riconoscimento come “officine del fare”, ha destinato 300 mila euro alle Province per assistere i Comuni nella redazione dei Piani Operativi e 35 milioni di euro dei fondi strutturali per supportare l’implementazione del Patto dei Sindaci, nell’ambito delle attività di promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale”. “Inoltre - precisa l’Assessore Dalmazio - il Covenant è entrato in sinergia con il Concorso regionale per le Scuole “Energiochi” con lo scopo di promuovere la conoscenza dei criteri di risparmio energetico e delle energie rinnovabili, e per favorire la consapevolezza dell’incidenza dei propri gesti quotidiani sull’ambiente e sulle risorse disponibili”.

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Il progetto avviato dalla Commissione Europea il 29 gennaio 2008, è destinato a coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale.

Il Patto dei Sindaci in cifre In Europa il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166 milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesione, quasi la metà del totale. Le adesioni sono oltre 2.200, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa 28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner associati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati. Rimane il fatto che la consegna dei PAES va un po’ a rilento: è inferiore alla percentuale di firmatari in altri Paesi con alta adesione come la Spagna (1285 firmatari di cui il 66% ha consegnato il proprio Piano). Da qui appare evidente il ruolo fondamentale dei Coordinatori territoriali e dei Sostenitori del Patto nel supportare i firmatari nella stesura e sviluppo dei loro PAES.

All’incontro di Pescara si è registrata la partecipazione della Commissione Europea DG Energia e DG JRC (Joint Research Centre), del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni, Province, Comuni d’Europa, e di ANCI. A sinistra Iris Flacco, dirigente del servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA della Regione Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione ha assunto un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Patto dei Sindaci. In primo piano l’Assessore all’Ambiente e allo Sviluppo sostenibile della Regione Mauro Di Dalmazio.

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utto prende inizio da un’iniziativa avviata dalla Commissione Europea il 29 gennaio 2008, denominata Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) nell’ambito della seconda edizione della Settimana europea dell’energia sostenibile (EUSEW 2008), un progetto destinato a coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale. In Europa il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166 milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesioni, quasi la metà del totale. Le adesioni sono oltre 2.000, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa 28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner associati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati. In Italia mettendo insieme, uno a fianco all’altro, Comuni (anche piccoli) e Città che hanno aderito al Patto dei Sindaci (le adesioni sono 2.195), si può creare un territorio per superficie e per numero di abitanti (27. 739.852) pari a quasi la metà della popolazione del nostro Paese, uno stato poco più piccolo dell’Ungheria, Svizzera e Belgio messi insieme. In pratica un Paese nel Paese che rappresenta un’unica, grande “officina del fare” per lo sviluppo delle buone pratiche della sostenibilità che trasformeranno le città e i loro territori in un modello di economia a bassa emissione di carbonio, elevando la qualità della vita dei cittadini. Rimane il fatto che la consegna dei PAES va un po’ a rilento: è inferiore alla percentuale di firmatari in altri Paesi con alta adesione come la Spagna (1285 firmatari di cui il 66% ha consegnato il proprio Piano). Da qui appare evidente il ruolo fondamentale dei Coordinatori territoriali e dei Sostenitori del Patto nel

supportare i firmatari nella stesura e sviluppo dei loro PAES. Il numero dei sindaci firmatari, che si sono ritrovati sospesi dal prestigioso elenco con relativa notifica per iscritto dal segretariato del Patto dei Sindaci, almeno in Italia, è di 358, oltre il 50% del totale. Le attuali sospensioni sono dovute alla mancata consegna del PAES entro i limiti di tempo fissati dall’accordo. Non tutto però viene compromesso. Un firmatario che non rispetta i tempi è sospeso, non cancellato dalla lista. Questo perché una volta consegnato il PAES vedrà il suo status di firmatario ristabilito. Colpa della crisi che ha costretto i Comuni a rivedere i bilanci? Le risposte a questa provvisoria débâcle, dipenderanno dalle politiche che saranno determinate da qui in poi, fortissimamente volute dopo l’incontro dei coordinatori a Pescara, i quali dovranno fornire, d’ora in poi, indicazioni precise sulle situazioni considerate critiche nei loro territori. L’evento di Pescara potrà aiutare in effetti a capire, ma occorrono sinergie e intese per proseguire insieme.

UNA NUOVA INTESA PER PROSEGUIRE INSIEME

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Un primo passo è stato fatto in Abruzzo. Energeo potrebbe fare da cinghia di trasmissione, come ha fatto in passato, di queste problematiche, anche con l’edizione on line ed attraverso il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini. Servirà anche un’analisi scrupolosa dello sviluppo delle politiche del Patto in Italia ed in Europa: in questo contesto, un contributo fondamentale può venire dalla comunità scientifica. Sulla base di questi presupposti si potrà meglio individuare quali azioni si metteranno in campo. Alcuni suggerimenti preziosi sono venuti dall’Abruzzo. Un modo come tanti per guardare avanti.

In Europa il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166 milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesione, quasi la metà del totale. Le adesioni sono oltre 2.200, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa 28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner associati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati.

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Fotografiamo i casi di inquinamento visivo più clamorosi

Belpaese:

Il cosa resta del passato

PUNTO DI VISTA

Energeo, insieme agli esperti dell’Università di Pisa, va alla ricerca della parte “malata” di un’architettura poco rispettosa e lungimirante che ha contribuito a compromettere le bellezze italiane. La mancanza di una vera e propria “cultura della salvaguardia”, le speculazioni edilizie, gli abusivismi, le cementificazioni hanno dato vita alla sovrapposizione di architetture cosiddette “moderne” su un territorio che conservava antichi assetti urbanistici e ambienti paesaggistici di elevato valore storico-naturale.

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C

e ne sono per tutti i gusti di foto d’epoca che risalgono anche a fine ottocento ed arrivano fino ai giorni nostri, immagini che ritraggono le marine ed i panorami, ma anche luoghi, palazzi e monumenti storici. Ogni località ha la sua storia. Oggi queste immagini ingiallite appartengono a tanti appassionati collezionisti. Vedendo questi pezzi rari la mente

va lontano nel tempo anche perché si vedono luoghi oggi irriconoscibili. L’argomento è oggetto di studio. Energeo Magazine, in collaborazione con autorevoli docenti dell’Università di Pisa, ha avviato un’indagine della conoscenza dei territori per stabilire una chiave di lettura appropriata, in particolare dell’inquinamento visivo, avviando una serie di “lezioni” ad ampio

raggio per il lettori del nostro giornale che presto sarà diffuso anche on line. L’ecologia urbana e sociale è stata fondata da Paolo Rognini (nella foto) e Paolo Fuligni (rispettivamente geoantropologo e psicologo) con l’intento di creare una disciplina che potesse comprendere finalmente, in modo “olistico” l’uomo e l’ambiente in un’unica accezione, senza vederne necessariamente

Piazza Grande - Il titolo della foto ai tempi nostri appare ad oggi un eufemismo poiché di “grande” ha solo il palazzo centrale. Quindi più che di piazza si dovrebbe parlare di un insieme articolato di spazi e strade che a questo punto hanno finito per perdere i connotati propri sia di strada che di piazza. L’impostazione errata dell’ubicazione del palazzo fa si che questo viene svalorizzato in una sua potenziale qualità architettonica. Così ci viene in mente la ricetta per dequalificare uno spazio urbano: si prenda una bella e grande piazza di stile palladiano, con statue, fontane e aiuole al centro, contornata agli angoli da eleganti edicole; ad un estremo la cattedrale col suo sagrato, a quello opposto il Municipio. È stata concepita per accogliere la gente, per esser luogo di passeggio, di incontro e palcoscenico di pubbliche cerimonie, civili e religiose. Adesso costruiamo al centro di essa un grosso parallelepipedo, un edificio che contiene negozi, uffici, un fast-food e un cinema. Davanti al medesimo facciamo il terminal cittadino degli autobus con alternanza parallela di pensiline e banchine, grossi veicoli arancione, pali, cartelloni pubblicitari, semafori, tabelloni luminosi, insegne. Risultato: ogni prospettiva è scomparsa, anzi, la piazza - visivamente - non esiste più. È l’alterazione gravissima dell’identità storica e culturale di quel centro, lo stravolgimento di quella preziosa fisionomia architettonica. Nessun impiego sociale e socializzante è più possibile; lo spazio residuo ospita piccioni e rari passanti che attraversano di corsa la strada per evitare i veicoli in transito.

separate le parti. Infatti, la distinzione, necessaria rispetto ad altre già più o meno consolidate discipline quali geografia urbana e umana, psicologia sociale, antropologia culturale, sociologia urbana, ecologia urbana, ecologia sociale, si esprime in primo luogo per la specificità dell’oggetto: lo studio dei luoghi e degli stimoli fisici che danno adito a comportamenti. Per comportamenti si intendono attività, abitudini e costumi che cambiano tali luoghi, generando nuovi stimoli, all’interno di una continua reciproca variazione. In tale studio gli ambienti urbani e i gruppi sociali che li abitano, le tecniche di produzione, gli strumenti materiali ed ideali, le tecnologie, le mode, la diffusione di modelli di comportamento, hanno tutti pari dignità e sono concepiti come componenti di un sistema, di fatto, inscindibile. Questa vuole essere una ripartizione particolarmente specializzata di cui si sente l’esigenza, non certo per carenze nelle precitate discipline, quanto per la velocità di mutazione dell’enorme complesso di fenomeni osservabili in questo settore

che appare in espansione continua. Questo ci induce a cercare di isolarlo e a predisporre appositi strumenti per sottoporlo ad indagine. Il tentativo è quello di esprimere uno studio attuale dell’interazione ambiente urbano/comportamenti, una metodologia che consenta l’approccio alla suddetta rapidissima variazione in tempo reale e non a posteriori. L’epoca presente ed il contesto urbano industrializzato di cui si tratta, rappresentano probabilmente il complesso di trasformazioni più veloce che mai si sia registrato sino ai giorni nostri e manifestano evidenti segni di ulteriore accelerazione. “Occorre dunque realizzare un metodo che tenga conto della velocità, - suggerisce il Professor Paolo Rognini - ma anche del disordine in cui tali mutamenti ambientali/sociali/culturali/comportamentali si manifestano. Il classico presupposto di ordinare i fenomeni per classificarli e inserirli in precisi e univoci schemi causali, che è caratteristica delle discipline scientifiche, non è applicabile a quello che ben si può definire come studio del disordine socioambientale”.

LO SCHEMA DELL’INDAGINE Qualsiasi elemento architettonico, sia esso un edificio, un ponte o una strada, può costituire un fattore di inquinamento visivo. Pensiamo, come citato in precedenza, all’inserimento del “nuovo” sul “vecchio” che si è verificato in Italia nell’immediato dopoguerra. La devastazione bellica e la frenesia di ricostruzione da un lato assieme alla mancanza di una vera e propria “cultura della salvaguardia” dall’altro, hanno sovente dato vita alla sovrapposizione di architetture cosiddette “moderne” su un territorio che conservava ancora in larga parte antichi assetti urbanistici e ambienti paesaggistici di elevato valore storico-naturale. Negli ultimi anni, poi, si sono aggiunte le speculazioni edilizie, gli abusivismi e le cementificazioni. Alcuni esempi possono essere eloquenti per mostrare la parte “malata” di un’architettura poco rispettosa e lungimirante che ha contribuito a compromettere le bellezze del “Belpaese”:

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Cisternone prima e dopo - Cisternone, opera del Poccianti, pregevole esempio di architettura neoclassica con richiami all’arte greca con la sezione della cupola che riprende il Pantheon a Roma. L’idea aveva previsto la possibilità di accedere alla terrazza che poggia sulle colonne all’esterno dell’edificio per poter godere della vista del viale e dei giardini vicini. Poccianti era ossessionato dalle proporzioni così che prima di inserire il “suo” Cisternone nella piazza fece un attento studio affinché il tutto risultasse armonico nel contesto urbanistico. I gradini dovevano apparire più alti rispetto alla sede stradale per riprendere il concetto di tempio greco. L’immagine che deriva dalla fotografia d’epoca ci dà un senso di ordine, di serenità, di senso dello spazio sia per l’assenza del traffico veicolare, sia per l’equilibrio formale che c’è tra gli edifici opposti che addirittura oltre ad essere di altezza inferiore al Cisternone stesso, sono arretrati rispetto al filo stradale. Invece, nella nuova immagine l’impatto è immediatamente sconvolgente, in quanto vengono ribaltati tutti i canoni che il grande architetto aveva prefissato: il “famoso” ex palazzo di vetro, totalmente invasivo, fuori scala per dimensioni e per scelta di materiali, la cui presenza da sola sarebbe sufficiente ad annullare la presenza degli alberi che erano in perfetto equilibrio con le strade e le case; il traffico, sempre congestionato, il parcheggio selvaggio e la delimitazione della carreggiata stradale con cordolo in cemento quasi a creare una barriera tra il vecchio e il nuovo da rendere visivamente inaccessibile il luogo consacrato a contenere questo monumento dimenticato.

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1. Pastiches architettonici, ovvero l’introduzione e la giustapposizione di elementi gravemente incongrui per provenienza, epoca e stile; 2. I capannoni industriali-commerciali in cemento armato nel paesaggio agricolo; 3. L’omologazione e la ripetizione ossessiva di modelli architettonici (ad es. l’assemblaggio di elementi prefabbricati per le civili abitazioni o il recente fenomeno delle “villette a schiera”); 4. L’inserimento di edifici pubblici avulsi dal contesto e/o architettonicamente sgradevoli; 5. Le cementificazioni costiere; 6. I “quartieri dormitorio” ovvero le periferie sub-urbane delle medie e grandi città con il loro traumatico impatto sulla campagna; 7. Il fenomeno degli “ambulanti”, delle “baracchine” con annessa vendita di gadgets e di oggetti kitsch inseriti in luoghi ad altissimo valore artistico-culturale; 8. Le macrostrutture destinate a ristoranti ed hotel sui punti panoramici d’Italia come vette, coste, fiumi…; 9. I ponti o cavalcavia in aree di pregio architettonico; 10. I parcheggi a raso; 11. Le strade e le autostrade.

UN FENOMENO IN COSTANTE CRESCITA Questi sono solo alcuni esempi che danno il senso e la dimensione di un fenomeno in costante crescita. Ma chiunque di noi può quotidianamente esercitarsi ad osservare “casi” di inquinamento visivo, sia che risieda in città o in campagna, in periferia o in un piccolo centro abitato. Per definire l’inquinamento visivo di tipo architettonico è necessario considerare due aspetti di base: a) il dato quantitativo: siamo una società voluminosa, ingombrante e gli oggetti architettonici creati divorano inesorabilmente lo spazio. Vi è una visione distorta dello spazio,

Cavalcavia della stazione - Eccoci finalmente di fronte ad uno degli scempi visivi più eclatanti nella città di Livorno. Perché uno scempio? Vediamo. Sullo sfondo vi è una preesistenza storica importante, le Fonti del Corallo, inaugurate nel 1910 alla presenza del Re Vittorio Emanuele chiamate anche “Acque della Salute”: cinque sorgenti di acque minerali dalle notevoli doti terapeutiche, dal trattamento di disturbi dello stomaco, del fegato, dell’intestino alla cura dell’obesità, dell’uricemia e della gotta. Una zona a giardini con le belle strutture delle Fonti e della stazione ferroviaria, edifici equilibrati e assonanti per dimensione e per stile Questo “centro benessere” del passato era frequentato principalmente dalla nobiltà, dalla borghesia e da famosi artisti italiani. Esso, oltre che luogo di distensione e relax, era concepito per offrirsi agli occhi di chi arrivava in città. Adesso vediamo in primo piano il cavalcavia, una struttura moderna in acciaio e cemento armato che risponde appieno alla tipologia costruttiva delle strade extraurbane ad elevata percorrenza. Lo scempio deriva non tanto dal cavalcavia in sé ma dall’accostamento di questa megastruttura ad una realtà storica caratterizzante e dall’assoluto disinteresse a valorizzare un luogo di tale importanza. Così, oltre alla bruttura di tutta l’area che risulta ulteriormente peggiorata dalle retrostanti alte strutture della Cigna e della Porta a Terra, questo spazio risulta assolutamente non fruibile e socialmente abbastanza insicuro, esposto com’è a traffici e commerci di natura assai discutibile.

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Largo bellavista - “Bellavista” perché evidentemente questo angolo livornese era stato concepito per offrire - appunto - qualcosa di bello di cui godere. La foto d’epoca infatti ci mostra come appariva Livorno nei primi del ‘900 e quanta ricercatezza c’era nel curare i particolari degli edifici anche se di modesta entità, con un

sia esso campagna o area industriale dismessa, quasi sempre percepito dai pianificatori come spazio vuoto da riempire[1]. b) il dato qualitativo: esistono molti modi di costruire, di modificare lo spazio. E’ innegabile che la trasformazione dell’ambiente sia un processo inarrestabile ma il punto è come. Ci sono moltissimi esempi di valorizzazione, di “riqualificazione”che dimostrano come le “buone pratiche” anche nell’ambito della pianificazione, possano restituire ai cittadini aree o zone degradate. Paolo Rognini Prof. a c. Psicologia Socio-Ambientale Università di Pisa Ha collaborato l’Architetto Luciano La Letta

Dal 1866 sempre

PUNTO DI VISTA

PUNTO DI VISTA

Il Belpaese: cosa resta del passato

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forte senso del decoro e del rispetto di una ricerca armonica dell’insieme. La ricostruzione dell’edificio, nella foto di oggi, ci fa notare la scarsa attenzione nella cura dell’aspetto decorativo, il semplice riempimento di un vuoto senza alcun riferimento al passato. A peggiorare ulteriormente la situazione vi è stato l’inserimento di un arredo urbano poco rispettoso come spartitraffico, rotatorie, illuminazione stradale, alberi, tutti elementi che generano una sensazione di caos visivo. In definitiva, oggi il bello è stato cancellato in un’ottica ipoteticamente “funzionalista”; evidentemente il valore concreto del bello non è più avvertito né dagli amministratori né dai cittadini.

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patrimonio

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

Un geologico inestimabile da proteggere e valorizzare Energeo propone una lettura del territorio che parte dagli aspetti geografici, geologici ed ambientali, per finire agli effetti speciali creati dalla terra attraverso l’acqua, l’aria e il fuoco. Un percorso geoarcheologico alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele. Un prezioso patrimonio troppo spesso percepito come semplice monumento della natura, singolarità geologica, mentre la condivisione della sua conoscenza e la sua fruizione possono trasformarlo in risorsa scientifica ed economica.

L

a tutela del patrimonio geologico è necessaria per riconoscere le tappe evolutive della storia del nostro pianeta “scritte nelle sue profondità e sulla sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio” (Dichiarazione Internazionale della Memoria della Terra, 1991). Fenomenologia del territorio come campo di ricerca, indagine e conoscenza. Il realismo fenomeno logico si applica anche ai temi del mondo attuale, dove spesso si osserva, senza farci caso, senza comprendere,

senza porsi una domanda, senza chiedersi cosa sono quegli aspetti così inconsueti del territorio? Hai idea delle caratteristiche del tuo territorio, dei punti di forza da promuovere, dei bisogni e dei vuoti da colmare, delle zone che credi di conoscere a menadito, degli aspetti che ti sembrano familiari? In questa sezione di Energeo impareremo a leggere il territorio, dagli aspetti geografici e paesistici, agli aspetti geologici e ambientali, e i cosiddetti effetti speciali creati dalla terra attraverso

l’acqua, l’aria e il fuoco. I nostri esperti ci aiuteranno ad imparare a conoscere ciò che ci circonda, per avvicinarci alle esigenze del territorio, inteso come bene culturale e ambientale da tutelare. L’analisi del linguaggio di parole sconosciute ci aiuterà a semplificare la lettura di queste pagine. La rubrica non è diretta a esperti, ma alla gente comune che quello strano fenomeno che avviene sotto casa lo ha notato da sempre, sul quale sono fiorite storie e leggende locali, mischiandolo ad una

Miti e leggende si mescolano alla storia; in località San Sisto, nei pressi di Oliveto Citra, si osservano paesaggi surreali, in una natura incontaminata e aspra dove le mofete caratterizzano il luogo con fuoruscite di vapori e odori di H2S dal terreno. In alto: Gli ori scoperti in una tomba ritrovata nel sito archeologico di Santo Stefano.

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miriade di miti, riti e narrazioni. Si tratta comunque di patrimonio locale, storie che proviamo a raccontare anche con l’aiuto di cantori e scrittori locali, autentici appassionati e testimoni di storia antica, personaggi che cercheremo in ogni località. Iniziamo questo viaggio con il percorso tra le mofete che hanno avuto una grande attrazione in antichità.

ALLA SCOPERTA DELLE MOFETE E DEI SINKHOLE Il geologo Marzia Spera ci ha accompagnato lungo il percorso geoarcheologico alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele, guidata da un anziano cantore del territorio, lo storico locale Damiano Pipino, 80 anni, che ci ha lasciati, all’improvviso, proprio nei giorni in cui stavamo realizzando questa inchiesta (fine maggio). Un uomo generoso che non aveva mai smesso di incoraggiare la ricerca della studiosa ebolitana. Aveva lavorato fino all’ultimo, appassionato di storia locale e il suo sviluppo, un autentico autodidatta, fornito di un intuito straordinario e una passione coltivata fin da giovane, prima di entrare a far parte dell’Arma dei Carabinieri con il grado di maresciallo, e negli anni sviluppata in una lunga raccolta di scritti e di pubblicazioni locali con testimonianze esclusive e ricerche accurate, manoscritti che oggi rappresentano la memoria storica di un vasto territorio ( partendo dalla Lucania, alla Val Sele, dagli Alburni, al Cilento, dalle grotte di Pertosa e Castelcivita, all’itinerario fra natura e archeologia, fino all’ultima scoperta (1992) della grotta del Rosario, in località Isca Perrigno, vicina alla foce del Tanagro) ancora inesplorato, di origini antiche (Neolitico, Eneolitico o Età del Rame), luoghi (Alta Val Sele) dove si arrestò la civiltà Hallstattiana (Età del Ferro). Un modo raffinato per

far ricordare, preservare, condividere e far conoscere la storia locale così ricca di interesse in una terra già di per se particolare che ha conosciuto storie di brigantaggio e di culti antichi, di lupi mannari e divinità italiche come quelle delle acque presso il Fonte di Plinio, consentendo alla popolazione locale di visualizzare quei luoghi che hanno migliaia di anni (ci sono tracce che riportano agli uomini dell’età della pietra, graffiti paleocristiani e insediamenti rupestri, totem neolitico, come testimoniano recenti scoperte stimolate dal maresciallo che guardava con la lente di ingrandimento il territorio) e storie ancora avvolte nel mistero come il mito delle sirene. Il particolare metodo di “indagare” sulla “storia del tempo che fu”, oggi viene testimoniato nei numerosi “racconti del Maresciallo”. Lo scrittore autodidatta aveva anche intuito come nell’area del “cratere” del terremoto che ha colpito la Campania nel 1980 ci fosse un autentico giacimento di storia ancora molto da esplorare, dimo-

strando di essere un abile narratore con grande fiuto, fino a scoprire che sulle pendici nord-orientali della collina che sovrasta il paese di Buccino, nel salernitano, fosse conservato un sito di grande interesse. “In effetti ebbe ragione - chiarisce l’archeologa Maria D’Andrea - perché, dopo il terremoto, vennero alla luce lungo un’area archeologica caratterizzata dalla presenza di risorgive, (gli scavi eseguiti a seguito del sisma sono stati completati da alcuni anni), le testimonianze archeologiche di Buccino che attestano una diffusa frequentazione ed occupazione del sito che vanno dall’età Neolitica fino alla tarda antichità. In età storica le tracce insediative più consistenti risalgono alla seconda metà del VII sec. a.C. continuano per tutto il VI sec. a.C., maggiormente nell’età Lucana (IV-III sec. a.C.) e consistenti testimonianze si riferiscono alla fase romana. Nell’area di Santo Stefano, posizionata sul versante settentrionale del centro storico della località, sorge un complesso monumentale con funzioni san-

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele Un formidabile laboratorio di educazione ambientale, un inedito e straordinario circuito turistico

La geologa Marzia Spera effettua una campionatura di una venuta di gas delle Mofete della zona di San Sisto.

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FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare

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tuariali, tra cui una sala da banchetto con pavimento a mosaico databile alla fine del IV sec. a.C. Successivamente con l’insediarsi dei romani l’area subisce una serie di risistemazioni, all’interno di quest’area sacra viene realizzata una piazza lastricata e viene eretto un altare dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. Collegata all’acqua, rappresentava nell’immaginario religioso la potenza divina preposta ai campi coltivati e alla loro prosperità. Era, insomma, la dea della fecondità. Una dea mediterranea che probabilmente incarnava l’aspetto più magico e imperscrutabile della Grande Madre Mediterranea. Per quanto riguarda le origini e la fondazione della città, il nome Volcei compare intorno alla fine del V sec. a.C., la cui radice sembra rinviare a un gruppo gentilizio di origine etrusca. All’esterno del sito ci sono altre testimonianze risalenti al neolitico e all’ eneolitico: gli scavi nell’area sacra di Santo Stefano, dal nome della borgata, hanno riportato alla luce le Tabernae, il Criptoportico, le Grotte”. Le due studiose, aiutandosi con il racconto della memoria, fatto dalla gente dei luoghi sottoposti ad indagine conoscitiva, e ai preziosi suggerimenti del maresciallo, confermano che il termine “Mofete” deriva da Mefite, la dea legata alle acque e alle sorgenti in generale. Il culto era diffuso in tutta l’Italia che parlava la lingua osco-sabellica, in particolare nelle zone abitate o frequentate dalle popolazioni sannitiche. Notizie di scrittori antichi e rinvenimenti archeologici ne documentano l’esistenza in Irpinia a Rocca San Felice e Frigento, nella Valle d’Ansanto e a Casalbore, in Lucania a Rossano di Vaglio e Grumentum, a Casalvieri (in località Pescarola) a Casa Lattico (in località San Nazario), nella valle di Canneto a Settefrati al crocevia fra Molise, Lazio e Abruzzo. La presenza di Mefite si riscontra anche fuori dell’area osco-sabellica: a Cremona e a Lodivecchio, presso Lodi, a Roma - dove sono attestati un tempio (Aedes Mefitis) ed un boschetto sacro (Lucus Mefitis) a lei dedicati sull’Esquilino fin dal III a.C., e a Tivoli. I luoghi di culto di Mefite sono situati quasi sempre in un ambiente caratterizzato dalla presenza di acque fluviali o lacustri. È stato ipotizzato che la divinità, dopo la romanizzazione dell’Italia, sia stata connessa maggiormente e poi esclusivamente alle esalazioni emanate da mofete, da acque sulfuree o corrotte come quelle stagnanti, che essa doveva impedire, o comunque a luoghi contrassegnati

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da fenomeni vulcanici. Un aspetto non ancora indagato è l’eventuale rapporto tra questo culto e un rito di transizione quale la transumanza, che costituiva il passaggio delle greggi ai nuovi pascoli stagionali. Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che, a ridosso dei percorsi tratturali, erano presenti antiche aree sacre dedicate alla Mefite. Non esiste un’indagine conoscitiva particolareggiata su come i Comuni utilizzano queste risorse poco conosciute per finalità promozionali del territorio.

LA RICERCA DI ENERGEO MAGAZINE Ci proverà Energeo Magazine, a supporto di un lavoro avviato dal Co.Svi.G (Consorzio Sviluppo delle Aree geotermiche), insieme ad altri Comuni interessati all’indagine, che va alla ricerca dei territori dal “cuore caldo“ per farne un’associazione d’identità aderente a Res Tipica ANCI, per meglio sprigionare il calore dell’accoglienza e della tutela, in una logica di rete e di cooperazione trasversale ed aperta tra le diverse realtà del nostro Paese, al fine di esaltare gli effetti speciali di questi territori che continuano a stupire. “L’Alta e Media valle del fiume Seleinforma Marzia Spera - è tra le aree più interessanti della Campania dal punto di vista del paesaggio. Le bellezze che la contraddistinguono spaziano dalla semplice osservazione del paesaggio agli aspetti archeologici - storici e culturali, passando anche per quelli enogastronomici.” In un contesto simile non poteva mancare un percorso di divulgazione culturale ad ampio spettro che potesse abbracciare soprattutto gli aspetti geologici ed archeologici legati a questa porzione di territorio dell’Italia Meridionale. “Il comune di Oliveto Citra, in provincia di Salerno - dice Italo Lullo, sindaco

Fluidi aggressivi a varia temperatura fuoriescono anche oggi in varie parti del Comune di Oliveto Citra. A pochi chilometri di distanza, nell’area compresa tra Monte Ogna, Il Lago di Palo, Monte Pruno e Ponte Oliveto si sono verificati vistosi sprofondamenti che hanno coinvolto le rocce carbonatiche e i detriti calcarei quaternari. L’ultimo sprofondamento è avvenuto nel 1982. Tali fenomeni, chiamati sinkholes, (nella foto sono riconoscibili quelli in località Perrazze, dal punto di osservazione Canale, frazione di Oliveto Citra), rappresentano il risultato della dissoluzione delle rocce carbonatiche causata dai fluidi di origine profonda.

della località della Val Sele - si inserisce tra i comuni italiani come quello più interessante per quanto riguarda il degassamento naturale dal suolo”. Con tale terminologia si definisce una miscela di gas naturali (CO2, SO2 – Anidride solforosa - H2S - acido solforico, Elio, Metano, Azoto, idrocarburi aromatici ed altri gas) che, risalendo dalle profondità della Terra, trovano come via preferenziale faglie e fratture. Grazie all’indagine avviata dal geologo Spera, sono state riscontrate nel comprensorio comunale di Oliveto Citra ben dieci venute di gas, le cosiddette “Mofete”, con o senza la presenza di acqua. Queste “Mofete” costituiscono un sito di particolare interesse geologico definito “geosito”. L’individuazione dei “geositi” offre numerose opportunità: dalla valorizzazione e conservazione del patrimonio geologico, alla promozione del territorio comunale e provinciale, integrando la conoscenza di questi fenomeni naturali nei dati nella pianificazione territoriale. In questo modo si potenzia l’attrattiva esercitata dal territorio e quindi dell’offerta turistica, con la possibilità di implementare i posti di lavoro attraverso servizi collegati con l’ attività turistico-didattica, la cui offerta dovrà essere potenziata. Eppure questo prezioso patrimonio viene troppo spesso percepito come semplice monumento della natura, singolarità geologica, mentre la condivisione della sua conoscenza e la sua fruizione possono trasformarlo in risorsa scientifica ed economica: un formidabile laboratorio di educazione ambientale, un inedito e straordinario circuito turistico. Durante la risalita dalla profondità della Terra questi gas possono intercettare la falda acquifera dando vita spesso a manifestazioni spettacolari con la formazione di soffioni e/o geyser; altre

volte il degassamento avviene senza l’intercettazione della falda, in questi casi si assiste alla visione sul suolo di zone in assenza completa di vegetazione (fenomeno causato dal fatto che questi gas sono letali per la maggior parte degli esseri viventi fatta eccezione per alcune specie di batteri) e con forte odore di zolfo.

LA DEA DALL’IMMAGINE BIFRONTE Il nome Mefitis è sicuramente osco, con significato di “colei che fuma nel mezzo” oppure “colei che si inebria” o ancora - sembra con maggiore probabilità - “colei che sta nel mezzo”. A lei veniva attribuito il potere di fare

da tramite tra la vita e la morte e di presenziare agli scambi. L’oracolo di Delfi in Grecia, attribuito al Dio Apollo, (Dio che si propone come tramite tra ZEUS e gli uomini) era situato proprio vicino ad una venuta di gas. E’ lungo questo loro percorso, passando anche attraverso Oliveto Citra e Contursi (zona del Tufaro), giungendo fino a Vaglio della Basilicata, in provincia di Potenza, che gli Osci divenuti in seguito Hirpini incontrano “le acque mefitiche”. Ecco, questo è il luogo della dea Mefite, una divinità ctonia come vengono indicate tutte quelle

divinità generalmente femminili legate ai culti di dèi sotterranei e personificazione di forze sismiche e/o vulcaniche. Da sempre immaginata bifronte. Essa è sia Afrodite che Hera, protettrice della bellezza, dispensatrice di fecondità, ma anche Persefone, signora della morte. Lo scenario è il territorio tra la Campania e la Lucania cioè l’Irpinia, terra antica di transito e di scambio. Alcuni autori ritengono che sia stata lei a suggerire il fango come elemento che regala bellezza ed è toccasana per una pelle morbida e ad aver ispirato il piacere di andare alle terme per fare del proprio corpo una espressione di bellezza e dolcezza femminile. Nelle aree sannitiche questa divinità

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doveva essere venerata sulle rive dei laghi e davanti alle sorgenti dei fiumi.

L’ULTIMO RACCONTO DEL MARESCIALLO Damiano Pipino, 80 anni, compianto maresciallo dei carabinieri in pensione (ci ha aiutato moltissimo in questa inchiesta) è stato il cantore indiscusso di questa vasta area. Ha scritto per Energeo testualmente: “[…] esattamente nel tratto che va dalla località Casale di Oliveto Citra alla confluenza del Tanagro con il Sele, in tenimento di Contursi Terme, lungo le sponde del

“Il linguaggio delle pietre aiuta a comprendere l’universo fisico che vediamo intorno a noi, da cui muove una rassegna di luci e di ombre, di verità e di errori attraversati dal pensiero umano nella lunga marcia alla scoperta di Dio.” Il compianto maresciallo Damiano Pipino spiegava così perchè la storia e la lettura del territorio lo appassionavano tanto. Energeo Magazine vuole rendergli omaggio pubblicando “l’ultimo racconto del maresciallo”.

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Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare

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Fiume vi sono numerose sorgenti sulfurose che la gente del posto chiama Mofete, mufete, mefite. Nelle vicinanze di dette sorgenti sono stati rinvenuti casualmente ex voto, quali monete di vario tipo, vasetti votivi e qualche pendaglio di ambra rossa. Inoltre, ad Oliveto Citra, nelle vicinanze della sorgente San Sisto, non mancano i ruderi di antiche chiese cristiane: quella di S. Nicola in località Pistello Murzio a confine col tenimento di Senerchia, e quelle di Santa Maria de Faris alla località Casale. Presumiamo che questi fatti trovino un certo collegamento con quelli della sorgente mefitica di Valle D’Ansanto, della quale, forse perche meglio conosciuta, per i tempi antichi si hanno le testimonianze di Cicerone, Seneca, Virgilio, Plinio, Claudiano e Servio […]. Il culto mefitico venne minato prima dalla politica di Roma e dopo dal Cristianesimo, quindi scomparve del tutto durante il IV secolo d.C. Le tracce di esso vennero cancellate quasi del tutto dalle successive invasioni barbariche e dagli stessi fedeli, i quali divenuti

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oltre tutto, potrebbe essere confermato da gli ex – voto rinvenuti vicino alle sorgenti . […]Plinio (Naturalis Historie, II, 30) parlando dell’ambra riferisce che si usava portarla appesa al collo per combattere le malattie della gola. Non è improbabile che in questi posti la portassero per scongiurare il pericolo dei gas delle sorgenti mefitiche, che producono appunto il soffocamento”.

MA COSA CENTRANO I TERREMOTI? La penisola italiana è frequentemente soggetta a sismi di intensità e tipologie variabili in larghissimo spettro continuamente monitorati, in meridione e nelle isole dall’Osservatorio Vesuviano, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che svolge analisi nel laboratorio di Geochimica dei Fluidi, utilizzando le metodologie gas-cromatografiche. E’ stata realizzata una stazione automatica per la misura della pressione dei fluidi posizionata sulla mofete “La Varchera”, con trasmissione dei dati via GSM per monitorare la pressione dei fluidi emessi, la pressione atmosferica, la temperatura dell’aria e temperatura della manifestazione gassosa. Il progetto ha previsto e prevede ancora il prelievo e le relative analisi dei gas

cristiani, abbandonarono e distrussero i templi della dea Mefite […]. Così costruirono nuove chiese ad una certa distanza dalle sorgenti mefitiche, ritenendo che il posto risentisse della superstizione (Gambino N. Op. cit. pag. 76). Tuttavia, non potendo cambiare le abitudini popolari relative alle feste e le celebrazioni, ebbero l’accortezza di intitolare le nuove chiese a Santi i cui festeggiamenti coincidevano con le ricorrenze liturgiche del precedente culto pagano. (Gambino N. Op. cit. pag. 71). Queste prime chiese cristiane è probabile che col passare dei secoli siano state soppiantate da quella di Santa Maria de Faris in località Casale, della Madonna della Grazie e con le cappelle di S. Antonio a “Ponte Mefita” in Contursi Terme le cui ricorrenze liturgiche sono precedute da fiere che non sono altro che la continuazione di antiche manifestazioni pagane. (la fiera di Piceglie di Oliveto Citra istituita nell’Agosto del 1768 è il prosieguo della festività pagana). Sulla scorta di tutti questi elementi crediamo si possa affermare che la dea Mefite fu veramente la maggiore divinità degli Irpini, i quali ne diffusero il culto in questa valle del Sele durante la loro discesa in Lucania. Fatto che, Il geologo Marzia Spera, l’archeologa Maria D’Andrea e il maresciallo Damiano Pipino ci hanno aiutato a raccontare la fenomenologia del territorio, attraverso le “scritte nelle sue profondità e sulla sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio”. Un territorio che ci riserva sempre delle sorprese, come nella foto a pag. 47, con le caratteristiche venute di gas.

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e/o acque di 9 venute gassose distribuite lungo circa 180 km dell’Appennino meridionale lungo un arco che va dal Lazio meridionale al Potentino. Questo settore è caratterizzato sia da importanti emissioni gassose quasi tutte a CO2 dominante, che da catastrofici terremoti avvenuti negli ultimi due secoli. Si prevede con questo studio di valutare le eventuali variazioni della composizione chimica dei gas delle diverse venute, in risposta alle variazione della permeabilità crostale. Tra il degassamento dal suolo, le acque circolanti, gli sprofondamenti (i cosidetti Sinkhole) e la sismicità dell’area d’interesse esistono forti legami. In particolare l’area dell’Appennino Meridionale, considerando la zona che si estende dal Molise alla Basilicata, è stata interessata in un non lontano passato da forti eventi sismici, con intensità anche maggiore del X grado MCS, con aree epicentrali sia nella regione molisana che in quella campano-lucana. L’ultimo forte terremoto, quello del 23 novembre del 1980, ha causato la morte di circa 3000 persone. Cosa centrano le mofete da tempo oggetto di approfonditi studi scientifici? “La comprensione del meccanismo di degassamento del Mantello, il contributo alla deformazione crostale e alla generazione di terremoti, è il principale obiettivo delle Scienze della Terra nella Nostra Penisola e merita grande attenzione” - conferma il geologo Marzia Spera. Ne consegue che il comprensorio di Oliveto Citra con le sue “mofete” rappresenta un promettente laboratorio naturale verso una migliore definizione tra variazioni geochimiche e attività sismica.

Luigi Letteriello Hanno collaborato Marzia Spera, geologo; Maria D’Andrea, archeloga Damiano Pipino, storico autodidatta, maresciallo in pensione

GLOSSARIO DEI TERMINI UTILIZZATI IN QUESTA INCHIESTA MOFETA […] in geologia, emissione diretta di anidride carbonica (CO2) e di altri gas allo stato secco, direttamente dal suolo. Deriva dal greco mephitìs = fetore.

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SINKHOLE […] Il termine sinkhole (letteralmente significa “buco sprofondato”) è stato introdotto per la prima volta da Fairbridge (1968) per indicare una depressione di forma sub-circolare dovuta al crollo di piccole cavità carsiche sotterranee, sinonimo dunque di dolina. In Italia il termine sinkhole è stato introdotto, a partire dagli anni novanta, per indicare un tipo particolare di sprofondamento, con forma sub-circolare, ma di genesi incerta che si apre rapidamente in terreni a granulometria variabile. MEFITE […] divinità italica legata alle acque. Il nome Mefitis è sicuramente osco, con significato di “colei che fuma nel mezzo” oppure “colei che si inebria” o ancora - sembra con maggiore probabilità - “colei che sta nel mezzo”. A lei veniva attribuito il potere di fare da tramite tra la vita e la morte e di presenziare agli scambi. ANIDRIDE CARBONICA (CO2) […] L‘anidride carbonica (nota anche come biossido di carbonio o diossido di carbonio è un ossido acido (anidride) formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È una sostanza fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali. È ritenuta uno dei principali gas serra presenti nell’atmosfera terrestre. Respirare un’atmosfera particolarmente ricca di CO2 produce un sapore acidulo in bocca ed un senso di irritazione nel naso e nella gola; ciò è dovuto al suo reagire con l’acqua per formare acido carbonico. Non è tossico in sé, ma non è respirabile. MCS è la scala Mercalli modificata. E’ una scala che misura l’intensità di un terremoto tramite gli effetti che esso produce su persone, cose e manufatti. La scala Mercalli trae origine dalla semplice scala Rossi-Forel, di 10 gradi, derivando poi il nome da Giuseppe Mercalli, sismologo e vulcanologo famoso in tutto il mondo. Nel 1902 la Scala Mercalli di 10 gradi venne espansa a 12 gradi dal fisico italiano Adolfo Cancani. Essa fu in seguito completamente riscritta dal geofisico tedesco August Heinrich Sieberg e divenne nota come scala Mercalli-Cancani-Sieberg, abbreviata con MCS. MANTELLO In geologia e in geofisica il mantello terrestre è uno degli involucri concentrici che costituiscono la Terra. Si tratta di un inviluppo solido, a viscosità molto elevata, compreso tra la crosta e il nucleo, avente uno spessore di circa 2970 km.Rappresenta l’84% in volume dell’intero pianeta

Geologi, “gente del fare” (nella foto mentre posizionano una stazione di misura) che hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente fisico, in superficie e nel sottosuolo. Queste informazioni rappresentano il punto di partenza irrinunciabile per una precisa analisi dei processi geologici e geodinamici in atto sul nostro pianeta, per la valutazione e il corretto uso delle risorse utilizzabili dall’uomo, per la pianificazione di un uso corretto del territorio, indispensabili per individuare ed evidenziare le possibili situazioni di rischio (frane, alluvioni, subsidenza, attività sismica, attività vulcanica, etc.) e per la progettazione degli interventi tesi a prevenirle, correggerle o a mitigarne i danni.

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Road Map nelle località caratterizzate da sorgenti,fumarole e fanghi

Territori

dal cuore caldo Vulcania, il Forum internazionale sui vini bianchi prodotti in suoli vulcanici, ha costituito una rete di territori vitivinicoli che da qualche tempo hanno deciso di studiare le problematiche comuni e di discuterne in una serie di convegni itineranti, che si sono svolti in varie località coinvolte nel progetto. Si tratta di alcuni fra i posti più interessanti d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor più conosciuti dai rispettivi vini, famosi in tutto il mondo.

ROAD MAP

C

hi l’ha detto che nei territori lavici o che presentano manifestazioni di vapore acqueo a temperatura elevata, tra sorgenti e fumarole, non nasce un filo d’erba? Vulcania, il Forum internazionale sui vini bianchi prodotti in suoli vulcanici, lo ha smentito categoricamente, costituendo una rete di territori vitivinicoli che da qualche tempo hanno deciso di studiare le problematiche comuni e di discuterne in una serie di convegni itineranti, che si sono svolti in varie località coinvolte nel progetto. Si tratta di alcuni fra i posti più interessanti d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor più conosciuti dai rispettivi vini, famosi

in tutto il mondo. Parliamo della zona del Soave, presso Verona, così come dei Campi Flegrei o di Ischia nei dintorni di Napoli, o ancora dell’Etna, di Gambellara, di Pitigliano, della Lessinia, patria del Durello, e dei meravigliosi Colli Euganei, in provincia di Padova. Vulcania potrebbe interagire con la nascente Associazione delle località dal Cuore caldo, aderente a RES Tipica ANCI, al fine di scambiarsi esperienze e buone pratiche, lavorare in sinergia, raccontare, ascoltare, sostenersi a vicenda, promuovere il confronto a più livelli su cibo, vino e territorio. Con la lente di ingrandimento andiamo alla ricerca di questi luoghi, invitandovi a

visitarli, unendo magari un rilassante soggiorno termale, perché, guarda caso, dove la terra ha il “cuore caldo”, il benessere è garantito da sorgenti, fumarole, fanghi che si trovano pressochè in tutti questi territori, con centri attrezzati ed altamente qualificati e, grazie ad una ricerca scientifica all’ avanguardia, tutti gli stabilimenti di cura utilizzano sofisticate tecnologie per ogni tipo di terapia. Come ad esempio a Montegrotto e Abano sui Colli Euganei, dove natura e cultura vanno a

braccetto: una visita (con “meditazione” inclusa) alla splendida villa cinquecentesca inaugurata giusto un paio d’anni fa dal FAI, Fondo Ambiente Italiano, dopo anni di restauri costati sette milioni di euro. Si tratta della Villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, donata al FAI dalla famiglia Olcese. Fu costruita fra il 1535 e il 1542 come “pensatoio” per il vescovo di Padova Francesco Pisani, da un’idea del nobile veneziano Alvise Cornaro e col concorso di alcuni grandi architetti dell’epoca, come Giovanni Maria Falconetto, Giulio Romano e Vincenzo Scamozzi. Logge meravigliose si affacciano sulla vigna che circonda il terrapieno sul quale sorge la villa. Dai loggiati si può ammirare dal vivo il paesaggio dei Colli Euganei, quello stesso che si ritrova sulle pareti interne, affrescate dal fiammingo Lambert Sustris. Per proteggere quel verde è nato il Parco dei Colli, con numerose vigne dalle quali nasce la recente Docg Fior d’Arancio, prodotta soprattutto in versione spumantizzata. Bollicine da moscato giallo, ottime per concludere in leggerezza un pasto. Istituito con L. R. 10.10.1989 n.38, il Parco comprende, totalmente o in parte, 15 Comuni e si estende per circa 18.694 ettari. Sono presenti i maggiori rilievi

collinari della Pianura Padana. Essi si ergono, nettamente isolati, a sud-ovest di Padova (la massima elevazione, il Monte Venda, raggiunge quota 601). La particolare ubicazione e genesi vulcanica, le diverse condizioni climatiche a seconda della zona, la presenza attiva dell’uomo fin dai tempi più remoti, rendono il Parco unico per le sue ampie ricchezze naturali, paesaggistiche, ambientali, culturali, artistiche e socioeconomiche. Con la Legge Istitutiva e l’approvazione del Piano Ambientale, il Parco si dota di adeguati strumenti per la tutela e valorizzazione dell’ambiente, per l’incremento dello sviluppo economico e sociale del suo territorio in una logica di sostenibilità. La zona dei Colli Euganei è tra le più rinomate d’Italia per quanto riguarda la presenza di risorse termali, che costituiscono una importante attrazione turistica a livello internazionale. Riguardo all’origine del termalismo si fa riferimento ad un modello che esclude qualsiasi relazione tra le acque calde e il fenomeno vulcanico euganeo, troppo antico per rappresentare ancora una sorgente attiva di calore. Nei Colli Euganei sono presenti due categorie fondamentali di rocce: vulcaniche e sedimentarie. Le rocce sedimentarie si sono formate nel corso di milioni di

anni dal deposito di fanghiglie calcaree e microrganismi.Tali rocce contengono, in molti casi, i resti fossilizzati di organismi marini ed è attraverso lo studio dei fossili (in particolare dei microfossili) che è possibile la datazione delle rocce stesse. L’ottanta per cento della superficie del territorio del Parco Colli è terra coltivata. Il Parco dei Colli Euganei è una realtà del tutto singolare, plasmata nei millenni dall’attività dell’uomo: la vite sui Colli era già coltivata nell’Età del Ferro, l’ulivo era presente sin dall’epoca romana. “All’Ente Parco spetta il compito di garantire ed incentivare le produzioni di pregio tipiche del territorio, per un equilibrato sviluppo dell’economia locale. - spiega il Presidente Gianni Biasetto. La storia geologica del territorio euganeo, la singolare morfologia dei rilievi e il clima hanno favorito lo sviluppo di diversi habitat, dove ambienti di tipo montano, quali boschi di castagno o quercia, lasciano il posto repentinamente ad altri caldo aridi come macchia mediterranea e prati aridi calcarei. Un mondo pulsante di vita che sfiora, circonda o attraversa gli habitat dell’uomo facendo proprie le aree verdi destinate a parchi e giardini. Impareremo a conoscere le altre località. Le più note sono i Campi Flegrei, le isole di Ischia e Procida e il Parco nazionale del Vesuvio. In Basilicata il Vulture, e in Sicilia, il Parco dell’Etna che raggruppa 20 Comuni che si adagiano con almeno una parte del loro territorio sulla fascia etnea, semmai accompagnati da Giovanni Tomarchio, il tele cineoperatore della RAI che ci ha fatto conoscere, in queste pagine, alcune escursioni del vulcano ancora attivo. La road map di Energeo Magazine, alla ricerca delle zone dal “cuore caldo” continua.

ROAD MAP

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Mario Bruga

Il clima dei Colli Euganei è temperato, caratterizzato da condizioni termiche quasi mediterranee, inverni miti, estati calde e asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte. In alto: Gianni Biasetto, presidente dell’Ente Parco dei Colli Euganei. A fianco: La villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, donata al FAI dalla famiglia Olcese.

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A destra: Il Monte Fasolo, caratterizzato da boschi di carpini, frassini, roverella e un sottobosco tipico con corniolo e biancospino. Lungo i sentieri, in primavera, è possibile vedere la fioritura rosa dell’albero di Giuda, mentre in autunno si accende il rosso delle foglie dello scotano. A sinistra: Il paesaggio dei Colli Euganei è un’eccezione alla regola orizzontale del paesaggio che lo circonda. Un luogo che conserva angoli miracolosamente incontaminati, una storia con radici antichissime, un legame speciale con la cultura. Nel riquadro: L’Enoteca offre la possibilità di degustare i vini prodotti dai viticoltori associati al Consorzio Tutela vini Colli Euganei.

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Puccio Corona intervista Giovanni Tomarchio, il cineoperatore della RAI, che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna. L’irresistibile potenza della natura raccontata attraverso le immagini: fiumi di magma, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni accompagnate dal tonante ruggito del vulcano

Etna, la montagna di fuoco che ammalia

I CANTORI DEI LUOGHI

Il più grande vulcano attivo d’Europa ha peculiarità naturalistiche e culturali che lo rendono un luogo straordinario. Il fascino dei crateri sommitali e la magia della Valle del Bove, uno scenario naturale potente e terribile che seduce.

E

ra l’alba a quota duemila, un’alba livida, triste. I primi raggi di un nuovo sole accarezzavano radenti i fianchi del vulcano. Lungo un crinale, in totale controluce, la silouette di un gruppo di uomini che scendevano

verso valle. Sulle spalle di ogni coppia - uno avanti, l’altro dietro - una bara. Ad ogni passo, il lento incedere dei piedi creava una nuvola nera che si sollevava avvolgendo la scena di impalpabile fuliggine e creando come una

nebbiolina che rifrangeva la luce. Uno spettacolo di immensa suggestione, una visione bella e terribile. Perché in quelle bare c’erano i corpi di nove medici che, a Catania per un congresso, erano saliti in gita fino al cratere centrale

Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo Puccio Corona (nella foto) è tra i volti più noti e stimati del giornalismo italiano. Professionista a soli 24 anni, comincia subito a lavorare con la Rai nella redazione di Catania. Nell’azienda di Viale Mazzini si occupa di molteplici argomenti, dallo sport alla cronaca, prevalentemente come inviato. Firma prestigiosa del Tg1, nell’autunno del 1986 è uno degli artefici del successo di Uno mattina, la trasmissione che da oltre 25 anni sveglia tutti gli italiani nelle loro case. Nel luglio del 1994 passa alla conduzione di un nuovo programma sul mare, da lui stesso ideato: Lineablu. La trasmissione ottiene ascolti importanti e resta sotto la conduzione di Corona fino al 1998. Conduttore televisivo, inviato di guerra, telecronista. E soprattutto amico di Giovanni Tomarchio, il cantore dell’Etna, suo conterraneo col quale condivide la passione per la televisione e quella per la sua terra di origine: Catania. Un’enorme distesa di ruvida lava riesce a suscitare tanta emozione da condizionare intere esistenze di uomini. Grandi vulcanologi e straordinarie guide hanno condiviso la passione per “a muntagna”, animati dalla stessa passione di Giovanni Tomarchio, nella foto,in alto, insieme alla guida dell’Etna Turi Carbonaro e al vulcanologo dell’INGV Marco Neri.

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dell’Etna ed erano morti colpiti da enormi massi scagliati dal cratere durante un’improvvisa attività esplosiva.Sono passati tanti anni, ma quell’immagine non la dimenticherò finche’ campo, anche perché, nella storia millenaria del vulcano, fu quella la prima e ultima volta che un’eruzione provocò delle vittime. Quanti perché mi sono posto fin da allora! Perché un cono nero, di forma dunque banale, senza una macchia di verde o una pozza d’acqua, senza un prato né un fiore, fatto solo di enormi distese di ruvida lava, riesce a suscitare tante passioni e tanto amore da condizionare intere esistenze di uomini? Perché l’Etna è un mal sottile che comincia a circolare nel tuo corpo e dal quale non ti liberi più? Ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno tanti di uomini il cui cuore batte all’unisono con i boati del vulcano: uno di loro, giornalista e operatore della RAI, ha lavorato con me per moltissimi anni ed è il più grande, geniale, autentico testimone degli ultimi 40 anni di attività di questo vulcano che è ora entrato finalmente nel prestigioso scrigno del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Il suo nome è Giovanni Tomarchio. I suoi reportage hanno sempre impressionato per l’irraggiungibile bellezza delle immagini, una sequenza di fiumi di magma luccicante, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni accompagnate dal tonante ruggito del vulcano. E ovviamente, hanno fatto il giro del mondo, proprio perché esprimevano, in modo perfetto, l’impressionante e irresistibile potenza della natura, l’esibizione delle viscere del pianeta. “Vivevo, e vivo, a Zafferana Etnea - dice con quel suo quieto parlare - e la passione per l’Etna l’ho ereditata da mio padre, che era un bravissimo fotografo e che ha introdotto a Catania per primo

I CANTORI DEI LUOGHI

Anno VI - maggio/giugno 2013

Giovanni Tomarchio ha ereditato da suo padre la passione per la fotografia. Giornalista e operatore della RAI, è considerato il più grande testimone dell’attività dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità. In alto: Una sequenza di fiumi di magma luccicante, che provocano boati ed esplosioni, rappresentano l’irresistibile potenza della natura.

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Anno VI - maggio/giugno 2013

I CANTORI DEI LUOGHI

L’Etna, un territorio dal cuore caldo

la foto a colori. Quando andava, lui mi portava con se’ sul vulcano e i miei occhi si riempivano di colori, sensazioni, emozioni assolutamente unici. Poi questa mia passione si è sposata con la professione: cinque anni di scuola del cinema a Roma, poi operatore alla RAI di Catania, poi giornalista. E l’Etna, grazie alla RAI, è stata per me una vetrina straordinaria”. Vediamo di scavare un po’. Ci fai capire l’origine di questa passione? Perché l’Etna ti avvince da quando eri bambino? La risposta è sorprendente: “Mi sfugge e basta. So soltanto che questo vulcano fa parte della mia vita. È diventato un punto di riferimento. Vivo questa passione con la massima semplicità, è una cosa spontanea, cresciuta nel tempo. La’ ho gli amici più cari, la’ quasi dimentico la mia vita privata, la’ ho trascorso esperienze indimenticabili. Una volta ero in gita con la famiglia - finalmente - e improvvisamente mi chiamarono perché era cominciata un’eruzione. Piantai tutti e, mentre andavo, mia figlia, che era proprio piccola, mi chiese semplicemente: la gita è finita?”. In fondo hai avuto il privilegio di accoppiare un bel lavoro con una grande passione. Immagino che ti consideri un uomo felice… “Non è completamente così, in realtà la mia è una passione, come dire?, inquinata, perché, quando lavori per i telegiornali e un servizio si riduce ad un solo minuto, senti una profonda delusione, hai la consapevolezza che non sei riuscito ad esprimere la realtà, non hai trasmesso quello che hai vissuto assistendo a quello spettacolo straordinario. È per questo che adoro l’aspetto documentaristico della mia professione. Nel documentario scegli

luce, tempi, atmosfera, vento, vai anche quando il vulcano è a riposo, non è scattata la macchina dei controlli, non sei sacrificato alla stretta attualità. Il mio è un rapporto quieto, silenzioso, intimo. Per tutta la vita ho fatto questo lavoro da mediano; quando giro un documentario mi sento un attaccante. E allora preferisco salire su in cima all’Etna quando al lavoro sono di riposo, armato di una semplice telecamerina nello zaino. Documentare è il mio mestiere, il mio vizio e, forse, la mia vanità. E allora sì che sono un uomo felice”. Passione è un termine piuttosto banale. Come la chiameresti, in altro modo? “Devozione, perché spesso mi pongo la domanda: documentare le magie del vulcano o tenere gelosamente tutto per se’? Anche perché, dietro le quinte di questa rappresentazione teatrale in quota che è un’eruzione, ci sono interessi privati, protagonismi, carriere, meschinità, che col tempo mi hanno provocato un crescente disagio”. E parla indirettamente, Giovanni, anche dell’aspetto distruttivo del vulcano che ad ogni eruzione seppellisce regolarmente alberghi, impianti di risalita, casematte, rifugi, strade, coltivazioni. E l’uomo, arrogante, ricomincia a costruire, sfregiandolo, sfidandolo. Un’eterna e impari lotta con la natura. Ce ne sono tanti, di uomini animati dalla stessa, bruciante passione di Giovanni Tomarchio. Li ricorda lui stesso, con la consueta modestia. Grandi vulcanologi come Fanfan Le Guern, Tazieff, Villari, Bàrberi, Marco Neri e straordinarie guide come Alfio Mazzaglia, Turi Carbonaro, i fratelli Antonio e Orazio Nicoloso (che definisce, vulcanologicamente, uno “effusivo e l’altro esplosivo”). “Per me l’Etna è maschio, anche se ha generato questi fantastici personaggi”. Uno dei suoi cinque, splendidi documentari, Giovanni Tomarchio l’ha intitolato “La corda spezzata”, come si spezza la vita degli alberi investiti dalla lava incandescente, che emettono prima di bruciare un sibilo, una sorta di lamento finale. “Mi sento sedotto e intimorito - conclude -, fragile presenza in tanta dilagante natura”.

Il vulcanologo Marco Neri ha scattato questa suggestiva foto dove la colata di lava sembra lambire il campanile della chiesa di Zafferana Etnea, paese natale di Giovanni Tomarchio, il giornalista-operatore che ha diffuso, attraverso la Rai, in tutto il mondo le suggestive immagini dell’Etna.

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Puccio Corona


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Incontro a Larderello con Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, un’associazione internazionale non-profit, che conta 100 000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi e una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile e di qualità

Slow food,

una filosofia vincente Carlin Petrini ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto “Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili. Il progetto, avviato nel 2007 nel distretto delle energie rinnovabili ha fatto da apripista ad altre iniziative simili, nella consapevolezza che il cibo deve essere “buono, pulito e giusto”.

INIZIATIVE

C

arlin Petrini, presidente di Slow Food Internazionale, uno dei più convinti sostenitori di un’agricoltura maggiormente “compatibile”, l’aveva promesso e l’ha fatto. La visita in Toscana era stata preannunciata soltanto qualche settimana prima, confermata all’assessore Anna Rita Bramerini che l’aveva invitato per fargli conoscere le particolari peculiarità del territorio geotermico.

L’iniziativa si è svolta a Larderello, in una sala gremita, organizzata da Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e da Slow Food Toscana per far incontrare le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto “Gusto Pulito”, condiviso tra le due organizzazioni, volta a valorizzare la produzione di cibo a filiera corta prodotto utilizzando energia rinnovabile. Lo scopo era quello di promuovere l’interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Il progetto, avviato nel 2007 nel Distretto delle Energie Rinnovabili, all’interno della cosiddetta area geotermica tradizionale, ha portato, successivamente, alla costituzione di quella che può essere considerata la prima Comunità del Cibo a livello mondiale che ha posto l’attenzione sull’energia utilizzata nel ciclo produttivo oltre che, naturalmente, sulla qualità delle materie prime. Il filo rosso che valorizza il metodo di produrre cibo a filiera corta e di alta

qualità è proprio il fatto di utilizzare energie rinnovabili. Un percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili. Nel corso dell’incontro Petrini, piemontese di Bra, ha dato il via ad un appassionato intervento sul valore del cibo che ormai ha soltanto un prezzo e non più valore. “Un tempo si risparmiava anche la legna utilizzata nel camino. Sono cresciuto - ha confidato prima di intervenire alla riunione - in un mondo in cui il cibo era un momento di condivisione centrale e rituale, di cui si conoscevano tutti i passaggi, rispettando la fatica che ci stava dietro. Avevo anche imparato a pulire il focolare e preparare le “balote”, palle di carta di giornale bagnata, pressata e asciugata, insuperabili per accendere il camino. E questa esperienza mi ha invogliato a occuparmi di cibo “buono, pulito e consapevole”. Con la forza comunicativa che lo ha reso famoso in tutto il mondo (il Time ha definito Carlin Petrini uno degli uomini in grado di salvare il nostro pianeta) e con l’eloquio di chi è abituato a pesare le parole, ha avvertito, prima

L’Assessore regionale all’ambiente Annarita Bramerini ha fatto notare come In Toscana, nel sottosuolo, ci siano potenzialità inespresse da tradurre in risorse: l’energia rinnovabile rappresenta un elemento distintivo.

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di entrare nella discussione: ”Questa visone olistica è indispensabile per i nuovi paradigmi, siatene orgogliosi”. Poi, rivolgendosi agli agricoltori che hanno realizzato il progetto, dopo aver fatto un’analisi delle origini della crisi attuale e indicato la strada per uscirne: “ritornate al vero concetto di economia che è governo della casa, mentre questo modello economico non l’ha governata ma l’ha distrutta”. Ed ha aggiunto: “Bisogna, invece, ritrovare la giusta armonia tra prezzo e valore, laddove, per valore non s’intende soltanto quello economico, ma il complesso di cultura, storia, tradizioni e saperi locali che ogni prodotto della Terra porta con sé”. La sua teoria parte dalla spiegazione di questa crisi che, a suo avviso, non si risolve con gli aiuti alle imprese, ma è di tipo entropico. Bisogna far capire che se si vuole superare questo momento economico bisogna ripensare la produzione: produrre meno, produrre meglio, produrre pulito, produrre più qualità. E’ nessessario tornare alle origini, si deve abbandonare l’ottica di produzione industriale e tornare a una produzione artigianale che ponga l’at-

tenzione sull’energia utilizzata nel ciclo produttivo oltre che, naturalmente, sulla qualità. “Ci tenevo a partecipare a questo incontro - ha detto Petrini perché parlare di qualità del cibo in Toscana e abbinare questo allo sviluppo delle energie rinnovabili, cuore del progetto avviato da Co.SVI.G. e Slow Food Toscana, significa introdurre uno sguardo di modernità e di speranza per il futuro e da qui può partire un segnale di grande respiro per tutte le comunità”.

LA COMUNITÀ DEL CIBO AD ENERGIE RINNOVABILI UN ESEMPIO VIRTUOSO DA ESPORTARE “Si tratta di una grande battaglia di civiltà - ha chiarito Petrini - da combattere sconfiggendo le crisi del momento: finanziaria, ambientale, energetica e, non ultima, culturale e politica. E’ una crisi di sistema alla quale bisogna reagire partendo dalle cose più semplici come ad esempio il cibo, per proteggere la salute del pianeta, partendo dalla difesa dell’ambiente e dal consumo del territorio”. Ha poi aggiunto: “Questo approccio deve guardare ad una produzione agricola di qualità, a

ridurre gli sprechi, a salvaguardare la biodiversità, ad una ricerca di armonia tra agricoltura e produzione energetica che rifugga dal concetto di concentrazione della produzione di energia perché fare grandi produzioni energetiche, siano campi di fotovoltaico o campi di mais per le biomasse, mette a rischio il futuro della produzione agricola e della zootecnia, perché l’approccio della concentrazione segue la linea dell’entropia e rappresenta un ricatto nei confronti dei contadini”. Un approccio, quello richiamato dal Presidente di Slow Food Internazionale, che è l’anima del progetto della Comunità del Cibo a energie rinnovabili, che lui ha definito un “esempio virtuoso da portare anche dove non c’è la geotermia”. “Questa visione olistica è anche il metodo - ha spiegato l’Assessore regionale all’ambiente Annarita Bramerini - che ha ispirato le azioni in cui mettendo assieme l’energia con le altre politiche ambientali abbiamo cercato di legare meglio e puntare su due elementi che sono fortemente caratterizzanti e identitari della nostra regione, ovvero da un lato la presenza di un ambiente di grande valore che tiene assieme l’agricoltura, il paesaggio e la sapienza nella sua trasformazione e dall’altro la presenza di una risorsa importante come il calore che viene dalla terra”. Sono state individuate due direttrici: la filiera del calore e la filiera del legno. La presenza di aree boscate e aree agricole ci consegna un quantitativo di biomassa a filiera corta importante, così come il mantenimento di questi ambienti è altrettanto importante per la difesa del suolo e per contrastare il dissesto idrogeologico. La filiera del calore significa geotermia con tutte le sue declinazioni e in particolare la media entalpia che ruota attorno ai comuni geotermici e la bassa

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Carlin Petrini, fondatore di Slow Food (a destra), ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto “Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili. A sinistra il direttore generale del Co.Svi.G. Sergio Chiacchella.

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INIZIATIVE

Slow food, una filosofia vincente

entalpia che è più ubiquitaria. Lo sviluppo della media entalpia potrebbe anche consentire di mettere assieme il mondo della ricerca e dell’impresa in modo da creare una filiera almeno nazionale. “In Toscana - ha concluso l’Assessore Bramerini abbiamo potenzialità inespresse e dovremmo essere capaci di tradurre le risorse che abbiamo nel sottosuolo, che non possiamo permetterci di buttare e che abbiamo saputo declinare solo in parte, per fare in modo che un mondo vivace come quello dell’energia possa rappresentare un elemento distintivo. Noi abbiamo il diritto e il dovere di sognare per la nostra regione un marchio Made in Tuscany anche per le energie. Il progetto della comunità del cibo è in sintonia con questo approccio”. Il tempo è trascorso veloce, tutti avrebbero voluto rendere Petrini partecipe delle proprie attività e ricavarne consigli e incoraggiamenti. In chiusura del suo intervento Carlin Petrini ha ribadito: “Questa è una crisi che si manifesta in un’economia neoliberista che si trova di fronte ad una finitezza delle risorse e che pone la logica del modello economico passato in una situazione di difficoltà. Quindi per uscirne è necessario un cambio di paradigma in cui il cibo è il punto cardine di un nuovo modello: consumare prodotti di stagione, prodotti del territorio, prodotti di qualità, un modello che può soltanto agevolare l’agricoltura”. “E’ arrivato, - ha concluso Petrini - il momento dei grandi obiettivi, quelli che si costruiscono solo con le alleanze, temute dalla gente che non ha idee né, ideali”. Pierpaolo Bo

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LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE

Territorio e Ceramica, una sinergia vincente Autore: Ennio Nonni Edizione: Comune di Faenza - www.comune.faenza.ra.it/

Nel libro curato dall’arch. Ennio Nonni (176 pp. Italiano/ Inglese), edito dal Comune di Faenza, viene affrontato in modo circolare il rapporto fra la ceramica e lo sviluppo del territorio. Urbanistica e ceramica: un binomio imprescindibile. Se l’urbanistica è l’attività di regolazione dell’assetto e del disegno urbano, la ceramica, per Faenza, non è un materiale, è l’essenza stessa della città. L’urbanistica faentina guarda alla ceramica a partire dall’ ideazione, dalla sua capacità di arricchire lo spazio urbano e di elevarne il livello di riconoscibilità in un mondo globalizzato. La ceramica, quella inventiva e non di imitazione, ha bisogno dell’urbanistica, delle sue strategie, di una visione di lungo periodo per affrontare realisticamente nuove sfide, nuove occasioni di lavoro, nuove direzioni, impensabili fino a qualche decennio fa.

Il racconto del riso Autore: Gianni Berengo Gardin

Con i contributi di: Carlin Petrini, Gianni Rondolino, Marco Vallora - Edizione: Contrasto

Gianni Berengo Gardin, fotografo che più di ogni altro ha saputo interpretare visivamente le trasformazioni del Novecento italiano, ci narra con un esercizio fotografico sorprendente, il silenzio assordante “che caratterizza le terre del riso che in primavera si fanno acqua per generare uno degli elementi più importanti nella vita dell’uomo: il riso” - come ricorda Carlin Petrini nella prefazione. I segni di questa cultura sono ancora presenti nella tenuta Colombara, culla di Acquerello, oggi uno degli esempi più rappresentativi di unione tra i valori e la cultura del passato ed i metodi moderni di produzione. Nel 1500, con lo sviluppo della risicoltura nel Vercellese, la Tenuta divenne un’azienda risicola completa, un “mondo cascina”, con la chiesa e il cimitero, l’osteria, la scuola, i laboratori, le abitazioni per 30 famiglie ed il dormitorio delle mondine utilizzate fino al 1970. Alla Colombara è stato realizzato un ecomuseo spontaneo per restituire la memoria del passato al luogo. Giovanni Berengo Gardin ha realizzato un racconto per immagini appassionato e vibrante.



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