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Introduzione dell’autore
Ben sette anni sono passati dalla prima edizione e il lavoro di recensione non è mai finito. Decisamente la passione non è calata, infatti le falesie sono state chiodate sempre più velocemente e la qualità della spittatura è notevolmente migliorata. Grazie agli attivissimi chiodatori, in questa edizione abbiamo più di venti nuove falesie e corretto diverse imprecisioni e aggiornato nuovi tiri nelle “vecchie” falesie. In questi anni, gli amici e i compagni di scalata sono aumentati, così come la quantità di appassionati che si dedica all’arrampicata sportiva. Nella nostra Regione di roccia vergine ne abbiamo ancora molta, soprattutto nella zona dell’alto udinese e nel pordenonese; dove sicuramente mentre scrivo queste parole ci sarà qualche climber che noterà una piccola porzione di “croda” su cui consumare la pelle in progetti più o meno difficili. Mi sento di dare un suggerimento ai chiodatori, per migliorare il lavoro e le loro creazioni. Dopo più di trent’anni di scalata, vent’anni di tracciatura, chiodatura e richiodatura , girando per tutto il Friuli, mi sono accorto che c’è bisogno di scrivere o riscrivere i nomi sotto le vie, molte di queste linee anche storiche non sono più riconoscibili se non per il grado dato dal passaparola, del tipo: ho fatto quel 6b a destra in fondo alla falesia o quel 7a vicino al 5c di riscaldo…. insomma “robe brutte” !!! I nomi delle vie sono dedicati dai chiodatori ad avvenimenti particolari, passioni, amicizie, gusti musicali/cinematografici, ecc… Sarebbe un peccato leggerli solo su una guida, senza vederli decorati anche sulla roccia. Molti anni fa le vie partivano da dove c’era scritto il nome, non da dove c’era il primo spit, che molte volte era a diversi metri di altezza soprattutto se la partenza era facile (vedi Erto, Val Colvera, Masarach, ecc. ). Come sostituiamo per motivi di sicurezza spit e soste, sarebbe bello riscrivere qualche nome, magari in piccolo con vernici naturali se non si vuole dare troppo fastidio, così da poter condividere con il chiodatore le emozioni o ricordi di quella “creazione” verticale. Alla nuova generazione di climber che scalano su vie spittate da oltre trent’anni, va trasmessa la storia di tali creazioni, di continuare a chiamare per nome una linea , una visione verticale, e solo chi ha avuto la fortuna di trovare la tela bianca ha potuto provare.
Tutto ebbe inizio forse qui: Ricordo ancora con molto piacere i tempi in cui poco più che adolescente scalavo nelle giornate estive lungo le pareti della Val Colvera con i miei amici; spesso capitava che qualche climber “da fuori” ci chiedesse qualche informazione sui settori della valle. Scendevo quindi con la bicicletta fino a casa e portavo loro delle fotocopie di un piccolo opuscolo che tenevo ben aggiornato su tutti i tiri e accessi di quel parco giochi che avevo più o meno vicino casa. Lo consideravo un gesto utile e piacevole per condividere la grande passione che avevo e ho tuttora per la scalata. Penso sia anche da azioni come queste che è maturata l’idea di scrivere questa guida, oltre all’enorme curiosità che mi spinge a viaggiare per le falesie d’Italia e d’Europa, durante i quali ho apprezzato e collezionato questi testi tecnici, che ci permettono di orientarci e capire su che tipo di falesia e tiro abbiamo scelto di vivere la nostra avventura verticale. Per concludere, consiglio a tutti un tour verticale in Friuli Venezia Giulia, a volte severa e a volte generosa, sia nella gente che nel territorio, tra il mare di Trieste e le montagne delle Alpi Carniche e Giulie; senza farsi mancare un assaggio di roccia della splendida Slovenia che vi assicuro ne varrà la pena, non fosse altro che per terminare la giornata bevendo ottima birra e mangiando ottimi piatti. Buone scalate a tutti