Pino Narducci
El minuto Indagine su una storia napoletana nella Buenos Aires dei militari Tracce
prefazione di
Julio Santucho postfazione di
Diego Ortolani Delfino
Tracce
El minuto Indagine su una storia napoletana nella Buenos Aires dei militari di
Pino Narducci prefazione di
Julio Santucho postfazione di
Diego Ortolani Delfino
Per favorire la libera circolazione della cultura, è consentita la riproduzione di questo volume, parziale o totale, a uso personale dei lettori purchÊ non a scopo commerciale. Š 2017 Edizioni Alegre - Soc. cooperativa giornalistica Circonvallazione Casilina, 72/74 - 00176 Roma e-mail: redazione@edizionialegre.it sito: www.edizionialegre.it
Analisi, notizie e commenti www.ilmegafonoquotidiano.it
Indice Prefazione di Julio Santucho Una linea retta nel labirinto argentino
11
Introduzione
19
Capitolo uno Avenida Olazábal
25
Capitolo due Napoli - Buenos Aires
29
Capitolo tre Anni tempestosi
35
Capitolo quattro “Cholo”, l’Erp, Tucumán
45
Capitolo cinque El minuto
49
Capitolo sei I giovani del Frente universitario
57
Capitolo sette Lotta ai sovversivi
61
Capitolo otto Grupos de tareas
65
Capitolo nove I clandestini
69
Capitolo dieci Da marzo a settembre
75
Capitolo undici Il sequestro di “Cindy”
79
Capitolo dodici Il sequestro di “Irene” e “Cholo”
83
Capitolo tredici Avenida Segurola
89
Capitolo quattordici El Campito
105
Capitolo quindici La ricerca
119
Capitolo sedici La battaglia per la verità
127
Capitolo diciassette Un filo unico
133
Capitolo diciotto Carnefici e complici
135
Capitolo diciannove Un’ipotesi
143
Conclusione
145
Postfazione di Diego Ortolani Delfino 147 Un'impronta nella memoria Ringraziamenti
153
Documenti e testimonianze
155
Bibliografia e filmografia
157
Potevamo vincere, Spartaco. Avremmo potuto vincere... L’esserci ribellati è già stata una vittoria. Se anche uno solo dice “No, non voglio”, Roma comincia a tremare. E abbiamo detto no in diecimila. Questo è stato il prodigio. Aver visto gli schiavi levar la fronte dalla polvere, balzare in piedi coraggiosi, col canto sulle labbra, venir giù dalla montagna gridando. Averli sentiti cantare giù per la pianura. E ora sono morti... Podíamos vencer, Espartaco. Podíamos haber vencido... El habernos rebelado ya ha sido una victoria. Aunque uno solo dijera “No, no quiero”, Roma empieza a temblar. Fuimos diez mil en decir no. Ese fue el prodigio. Haber visto a los esclavos alzar la frente del polvo, saltar con coraje, con una canción en los labios, bajar de la montaña gritando. Haberlos oído cantar abajo, por la llanura. Y ahora están muertos... Dal film Spartacus (1960) di Stanley Kubrick.
«Chi sei?». «Un soldato», gli dissi, e mi rispose con un saluto militare a metà perché era ammanettato, come confermando la mia risposta. Sorrise. «E tu?». «...ena...», mormorò. «Pena?», domandai «No... Domingo Menna». «Ma...?», e fece il gesto di tagliarsi il collo con le mani... si strinse nelle spalle con un sorriso come per dire “ora lo vedi” e mi domandò: «Conosci la zona?». «Dove siamo?», domandai. «A Campo de Mayo, la strada 8 è qui dietro...». «¿Quién sos?». «Un soldado», le dije, y me respondió con un saludo militar a medias porque tenía las manos esposadas, como corroborando mi respuesta. Él sonrió. «¿Y vos?». «...ena...», murmuró. «¿Pena?», le pregunté. «No... Domingo Menna». «¿Pero..?», e hice el gesto del cortar el cuello con las manos... Encogió los hombros con una sonrisa como diciendo “ya lo ves” y me preguntó: «¿Conocés la zona?». «¿Dónde estamos?», le pregunté. «En Campo de Mayo, la ruta 8 está para atrás...». Eduardo Cagnolo e Domingo Menna nel centro clandestino di detenzione Campo de Mayo. Da Eduardo Jorge Cagnolo Recuerdos de un soldado conscripto [Ricordi di un soldato di leva].
Chi pronunzia un nome, chiama. E qualcuno accorre, senza aver preso un appuntamento, senza spiegazioni, nel luogo dove il suo nome, pronunziato o pensato, lo sta chiamando. Quando questo accade, si ha il diritto di credere che nessuno va via del tutto sino a che non muoia la parola che, chiamando, fiammeggiando, lo fa ritornare. Quien nombra, llama. Y alguien acude, sin cita previa, sin explicaciones, al lugar donde su nombre, dicho o pensado, lo estĂ llamando. Cuando eso ocurre, uno tiene el derecho de creer que nadie se va del todo mientras no muera la palabra que, llamando, llameando, lo trae. Da Eduardo Galeano, Palabras andante [Parole in cammino].
Prefazione
Una linea retta nel labirinto argentino di Julio Santucho*
È molto significativa l’iniziativa di Pino Narducci di scrivere un libro sulla Juventud guevarista e, in particolare, sulla partecipazione italiana e napoletana al Partido revolucionario de los trabajadores e alla Juventud guevarista dell’Argentina. Concordo con Pino sul fatto che in Italia è poco conosciuta la storia dei movimenti rivoluzionari degli anni Sessanta e Settanta in Argentina e questo, in gran parte, a causa della complicità della P2, di settori politici e dei mezzi di informazione italiani con la dittatura militare argentina. La nostra esperienza di militanti argentini in esilio in Italia ci insegnò che in qualsiasi luogo in cui riuscimmo a comunicare con i cittadini e con le organizzazioni di base di partiti e sindacati, incluso quelle della Democrazia cristiana, ottenemmo una risposta di forte solidarietà con la lotta antidittatoriale del popolo argentino. Tuttavia, gli argentini in Italia potevano contare su pochi spazi istituzionali per denunciare i crimini della dittatura. Non * Julio Santucho, fratello del segretario generale del Prt Mario Roberto Santucho, negli anni Settanta è stato direttore della scuola politica dei quadri, membro del comitato centrale e responsabile della politica internazionale del Partido revolucionario de los trabajadores. Dopo l’esilio del 1976, ha vissuto per lungo tempo in Italia. È autore del libro Los ultimos guevaristas. La guerrilla marxista en la Argentina, ancora inedito nel nostro paese. Oggi vive a Buenos Aires ed è presidente dell’istituto multimediale dei diritti umani in America latina e Caraibi e del Festival internazionale del cinema dei diritti umani che, ogni anno, si svolge nella capitale argentina.
11
Prefazione
riuscimmo mai a costituire un comitato Italia-Argentina come si raggiunse invece per il caso cileno. Anche nei Festival dell’Unità avevamo difficoltà a far arrivare il nostro messaggio perché lo stand dell’Argentina era egemonizzato dal Partito comunista argentino che, in un certo senso, appoggiava la dittatura usando l’argomento secondo cui esisteva, nell’esercito, un’ala pinochettista più fascista di quella di Videla. Oggi si sa perfettamente che i vertici delle forze armate convocarono tutti gli ufficiali per deliberare sulla convenienza di adottare un metodo di repressione clandestina. Gli argomenti centrali erano due. Il primo che, nel ‘73, il parlamento eletto democraticamente aveva decretato un’amnistia generale che aveva messo in libertà tutti i guerriglieri detenuti nelle carceri del paese. Questo non poteva più succedere. Il secondo argomento era che il governo di Pinochet in Cile era rimasto completamente isolato a livello mondiale, anche dai governi democratici occidentali, a causa della chiusura di tutti i partiti politici, della detenzione in luoghi publici, come lo stadio nazionale, e dell’espulsione degli oppositori. Attraverso informazioni del proprio apparato di inteligencia, il Prt ebbe notizia, già nell’ottobre 1975, che la giunta militare diretta da Videla aveva deciso di attuare un colpo di Stato nel marzo 1976 basato, in primo luogo, sul rispetto della legalità di tutti i partiti politici tradizonali, anche del Partito comunista (il gionalista di Rai3 Italo Moretti potette intervistare i dirigenti del Pca nella sede del partito in avenida Callao in piena dittatura); in secondo luogo, la repressione avrebbe dovuto basarsi sul metodo del sequestro, della desaparición forzata e dei campi di concentramento per torturare e assassinare i sovversivi in forma clandestina. Negli ultimi anni la giustizia argentina, attraverso le sue sentenze, ha qualificato questo comportamento come genocidio, cioè un piano sistematico di sterminio di un settore della popolazione. Il patto del silenzio tra ufficiali delle forze armate, gerarchia ecclesiastica e principali gruppi imprenditoriali del paese 12
Una linea retta nel labirinto argentino
per occultare ogni infomazione sul destino dei desaparecidos è ancora in piedi, più di quarant’anni dopo. A livello internazionale, durante la sua esistenza, la dittatura militare godette di importanti appoggi non solo da parte del governo degli Stati Uniti, a partire dalla presidenza di Ronald Reagan, ma anche da parte di vari governi europei, inclusa l’Unione sovietica, che bloccavano le sanzioni alla dittatura militare argentina per violazioni dei diritti umani all’interno degli organismi delle Nazioni unite. I governi europei, e in particolare quello italiano, avevano piena conoscenza del fatto che in Argentina si stesse conducendo una repressione illegale. Inoltre, ci furono molte denunce di cittadini italiani, francesi e di altri paesi sulla desaparición dei propri familiari in Argentina. Nel caso dei militanti della Juventud guevarista che questo libro descrive, il padre di Maria Rosaria Grillo mosse cielo e terra per denunciare la desaparición della figlia, senza grandi risultati. È documentato anche il caso di Yves Domergue, desaparecido alla fine del 1976 a Rosario, i cui genitori, che già vivevano in Francia, tornarono in Argentina e cozzarono contro un muro di silenzio e complicità da parte delle autorità e dell’ambasciata francese. Si può dire che, a partire dal 1996, il popolo argentino abbia voltato pagina, si sia tolto di dosso il terrore imposto dalla dittatura e abbia iniziato un cammino segnato dalla lotta contro l’impunità, la condanna del genocidio attuato dal terrorismo di Stato, l’impegno per la memoria, la verità e la giustizia, e la rivendicazione della generazione degli anni Sessanta e Settanta. Questa vittoria del popolo argentino è stata condivisa attraverso l’impegno e l’azione solidale di molti citadini stranieri, in particolare di molti italiani. Abbiamo vissuto in prima persona la solidarietà militante dei cittadini di Sarzana, Farigliano, Ivrea e Palazzolo del Garda che accolsero con entusiasmo le scuole politiche del Prt in esilio. Per non lasciar fuori, ingiustamente, nessuno, non pronunzio i nomi delle centinaia di migliaia di compagni e amici, 13
Prefazione
giornalisti, magistrati, sindacalisti, personalità della cultura che fecero propria la lotta del popolo argentino per la giustizia. Faccio un’eccezione ricordando il presidente Sandro Pertini che fu il primo rappresentante del governo italiano a chiedere spiegazioni alla dittatura militare per la desaparición dei cittadini italiani e che dopo ricevette i familiari dei desaparecidos, tra i quali i miei genitori Francisco Santucho e Manuela Juarez. Questo libro di Pino Narducci si iscrive tra questi gesti di solidarietà militante con la lotta degli organismi dei diritti umani in Argentina. In particolare, fornisce un apporto significativo all’investigazione sui responsabili della desaparición di sette militanti della Juventud guevarista che ebbe luogo, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1976, attraverso due operazioni realizzate, in forma coordinata, nei rispettivi quarteri della città di Buenos Aires. La lotta per la verità, la memoria e la giustizia, anche se con ritardo, ha conseguito risultati importanti nel nostro paese. Secondo i dati della Superintendencia per i delitti di lesa umanità dipendente dalla Corte suprema di giustizia della nazione, nel gennaio 2017 erano state emesse più di centocinquanta sentenze, delle quali novecentoventuno di condanna, la maggior parte pronunziate contro personale delle forze di sicurezza. Esiste un piccolo numero di complici civili condannati o che sono sotto processo, tra i quali figurano imprenditori, giudici e membri della Chiesa. Questa vittoria si deve anche, in parte, alla solidarietà attiva delle centinaia di italiani a cui abbiamo fatto riferimento e auspichiamo che l’indagine diretta da Pino Narducci possa contribuire al chiarimento definitivo dei fatti che qui vengono denunciati. Quanto alla valutazione storica dei fatti che questo libro racconta, la conclusione è chiara. Nel corso del xx secolo, esistettero vasi comunicanti tra due settori della società e della politica: da un lato l’Italia antifascista e l’Argentina democratica e rivoluzionaria e, dall’altro, la dittatura civico-militare argentina e l’Italia corrotta, mafiosa, 14
Una linea retta nel labirinto argentino
quella di Licio Gelli e delle trame segrete che, negli anni Settanta, condizionavano fortemente il sistema politico. Questo ci conduce a valutare il significato che ebbe la ribellione degli anni Sessanta e Settanta in America latina e, in particolare, in Argentina in termini di fascismo e democrazia, capitalismo selvaggio e rivoluzione socialista: l’etica trionfa sempre nella storia, anche se il cammino è fatto di avanzate e ripiegamenti. Storicamente, la vittoria delle idee del progresso è stata seguita da grandi involuzioni, come è successo con la rivoluzione francese e quella bolscevica. E, molte volte, le sconfitte dei rivoluzionari servirono come semi per far germogliare grandi movimenti di emancipazione. Come ha detto Osvaldo Bayer, Mario Roberto Santucho è stato una linea retta nel labirinto argentino. Maria Rosaria Grillo e i militanti della Juventud guevarista, componenti di una generazione latinoamericana dell’abnegazione alla quale appartennero, proiettano la propria ribellione e il proprio entusiasmo, in linea retta, verso un futuro di libertà. Buenos Aires, 15 marzo 2017
15
El minuto
Introduzione
L’indagine narrata in questo libro ha avuto inizio alcuni anni fa, durante una serata romana trascorsa, in occasione dell’uscita del suo libro I Mondiali della vergogna1, con il giornalista Pablo Llonto – difensore di familiari di desaparecidos, ostinato accusatore dei terroristi di Stato e dei loro complici civili – e con esuli argentini arrivati nel nostro paese circa quarant’anni orsono. Mi venne chiesto se conoscevo la storia di una ragazza napoletana desaparecida dal 1976. Risposi che nessun napoletano aveva mai sentito parlare di questa vicenda. Cominciò così a prendere corpo un’inchiesta storica su fatti accaduti nel 1976, a Buenos Aires, e iniziati tantissimo tempo prima, anche in Italia. Le vicende che riguardano gli anni del terrorismo di Stato argentino sono per definizione impenetrabili, segrete, coperte da un patto di omertà tra militari e complici civili che resiste da quel periodo e rende difficilissimo scoprire anche solo brandelli di verità. Molti protagonisti o testimoni di quelle vicende sono scomparsi per ragioni anagrafiche, come i genitori dei ragazzi sequestrati nel settembre del 1976. Di molti altri, ancora in vita, è complicata l’individuazione. Non tutti vogliono ricordare e parlare. Alcuni hanno rifiutato di raccontare la propria esperienza. 1 Pablo Llonto, I Mondiali della vergogna. I campionati di Argentina ‘78 e la dittatura, con prefazione di Giuseppe Narducci, Alegre, Roma 2010.
19
El minuto
Nell’Argentina del presidente Macri tornano le ombre del passato e avanza, nuovamente, la richiesta di impunità per i militari genocidi, processati e condannati in questi anni. Vogliono cancellare la lunga stagione durante la quale è stata prorompente la battaglia per i diritti umani. Forse, come teme un mio amico di Buenos Aires militante della Juventud guevarista negli anni Settanta, attendono che in Argentina torni a schiudersi el huevo de la serpiente, l’uovo del serpente. Tuttavia, ogni tanto, il fuoco della speranza torna ad accendersi. E a rappresentarlo sono, soprattutto, le donne e le ragazze argentine. Furono loro, negli anni Settanta, le avversarie più irriducibili del fascismo. Sono ancora loro, dopo quarant’anni, le combattenti più tenaci nella lotta per impedire l’oblio e raggiungere, ad ogni costo, la verità e la giustizia. Anche noi abbiamo conosciuto alcune di queste donne, come le sorelle o le nipoti di alcuni ragazzi protagonisti della nostra indagine. L’investigazione è stata diretta dall’Italia e il libro è frutto del lavoro collettivo di un gruppo di persone che ha indagato sul campo, in Argentina e nel nostro paese, per scovare documenti, testimoni e tracce di quegli avvenimenti. A me è spettato il compito di illustrare i risultati del lavoro di tutti. In verità, come in tutte le storie di desaparición, la ricerca storica non è realmente conclusa e, negli anni a venire, probabilmente altri pezzi andranno ad aggiungersi a quelli descritti nelle prossime pagine. Forse i magistrati di quel paese scriveranno anche una verità giudiziaria. Tuttavia avvertivo che, trascorsi quarant’anni, fosse ormai maturo il tempo per far conoscere, in Italia innanzitutto ma anche agli argentini, una straordinaria pagina di storia, personale e collettiva, maturata nell’irripetibile e drammatico decennio Settanta in America latina. Quel periodo storico era cominciato molto tempo prima, all’inizio degli anni Sessanta, con il fuoco di liberazione che divampava, in tutto il continente, dopo la vittoria della rivoluzione cubana, e non si era chiuso nemmeno con la morte di Ernesto Guevara nel ‘67, nella sierra boliviana. Gli anni Settanta 20
Introduzione
iniziarono ancora all’insegna del sogno di una trasformazione radicale dei paesi latinoamericani, segnati dalle più inaccettabili disuguaglianze sociali e dall’arbitrio assoluto delle oligarchie economiche, politiche e delle élite militari, tutte espressione di un unico ceto sociale. Quell’aspirazione non svanì nemmeno dopo il rovesciamento violento del governo cileno di Unidad popular nel settembre ‘73 e l’instaurazione della dittatura, nello stesso anno, anche in Uruguay. Quel sogno cessò, verso la fine degli anni Settanta, quando militari e complici civili dilagarono in tutto il continente (Cile, Uruguay, Paraguay, Perù, Argentina, Brasile, Bolivia) anche attraverso un patto occulto, l’Operativo cóndor, ideato a Santiago del Cile e sostenuto attivamente dalla Cia. Per tutti quelli che contrastavano le oligarchie economiche e il potere delle forze armate non si trattò soltanto di una irrimediabile sconfitta politica. Quell’esito significò l’annientamento, vero e proprio, di tutti i movimenti di liberazione sorti in America latina nel corso di due decenni e, soprattutto, l’annientamento fisico, individuale, della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne che avevano creduto e lottato per una società di liberi ed eguali. Alla metà degli anni Settanta erano già stati imprigionati o uccisi i dirigenti e i militanti dei partiti fratelli: il Movimiento de izquierda revolucionaria de Chile-Mir, il Movimiento de liberación nacional-Tupamaros uruguyano e l’Ejército de liberación nacional boliviano. In terra argentina resistettero e, tra il 1976 e la prima parte del 1977, furono travolti gli uomini e le donne del Partido revolucionario de los trabajadores-Ejército revolucionario del pueblo-Juventud guevarista, gli ultimi guevaristi latinoamericani, secondo la felice definizione di Julio Santucho. Il Partito militare argentino utilizzò un verbo, efficacissimo, per descrivere il metodo che avrebbe seguito nella lucha antisubversiva: “aniquilar”. Aniquilar, in lingua spagnola, significa annientare, distruggere completamente qualcosa o qualcuno. 21
T
r
a
c
c
e
Ho sempre sostenuto che fosse importante far sapere che il genocidio produsse trentamila assassinati/desaparecidos, circa ottomila prigionieri politici nelle carceTracce ri, circa cinquecento figli sottratti dai terroristi di Stato alle madri detenute e un numero incalcolabile di esuli. Ma, tuttavia, da sole, le cifre non riescono a trasmettere il senso reale della tragedia. Ogni numero di quella cifra immane, in realtà, riguarda una persona, una donna o un uomo, con un nome e una vita, carne viva, sangue e sudore nel momento del supplizio. Per questo credo sia importante, nella ricerca storica e nella trasmissione della memoria, far emergere e raccontare la vita delle persone, restituire un nome e un’identità a ciascuno di quei numeri, far conoscere chi erano quelle ragazze e quei ragazzi, far emergere dall’oblio – come un giorno mi ha detto uno dei testimoni incontrati nell’indagine – storie da tutti dimenticate.
ISBN 978-88-98841-63-9
14,00