Indice
Premessa I.
Sembianze, conferme, figure identitarie. Ciociarie e ciociarità
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II. Cultura popolare. Stereotipi e contemporaneità
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III. Culti arborei e festività pastenesi. Osservazioni demo-antropologiche
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IV. Tra storia locale e religiosità popolare: le edicole sacre a Orta Nova
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V. Capo-compagnia e religiosità in fieri
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VI. Straniero e forestiero nello sguardo popolare. Un giro ‘corto’
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Premessa
La pratica quotidiana, fatta di attività didattiche, di incontri e confronti disciplinari, di presenze sul territorio, conferma la difficoltà di contenere in forme rigidamente determinate gli sguardi antropologici e le contestualità etnografiche. La materia demo-etno-antropologica, che negli ultimi trent’anni ha marcato percorsi variabili e differenziati, si trova a sondare per l’ennesima volta la efficacia di alcune scelte di fondo da assumere come elementi cruciali per continuare a ri-pensare e a ri-parlare. Nella gamma amplissima delle scelte valga una menzione di merito. La contesa rapidità dello scorrere del tempo e la contrazione crescente degli spazi da attraversare non possono diventare i luoghi canonici per rappresentare gli scenari di un nuovo mondo post-industriale che, dilatatosi a dismisura, si offre bonario ad essere compreso e vissuto con semplicità. La dimensione policentrica della realtà contemporanea, in cui la vita concreta spesso si traduce in forme poco prevedibili, consiglia di non spingere gli orizzonti verso l’infinito, supponendo che spazio e tempo siano da assumere come gli strumenti delle spiegazioni piuttosto che come gli esiti e gli ambiti entro i quali collocare le varie ipotesi interpretative e poi cercarne i sensi eventuali. Proclamare a gran voce la complessità degli approcci e la variabilità delle soluzioni sta diventando un commento costante di qualche studioso che, nella sostanza, assiste con pigrizia alla frammentazione degli universi culturali e alla confusione delle visioni identitarie. Accettare che il terreno delle ricerche non stia nel rinvenimento di una esotica alterità, né nostrana e neppure extra-europea, impone cambi di strategie, oltre che revisioni di impianti epistemologici. È possibile al-
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Premessa
lora ripetere, come già detto con autorevolezza, che il campo, sempre più mitizzato da tanti epigoni di grandi maestri, sia invece nella prossimità e all’interno dei mondi circostanti. Ed insieme recuperare la traccia che punta a collocare gli osservatori nel cuore pulsante delle indagini per valutarne il ruolo, in ogni caso produttivo e selettivo. Ma il ‘qui e ora’ della ricerca crea disagi e disorienta. Eppure si deve ricordare come, nelle regioni dell’Italia centro-meridionale e non solo, si continuino a reclamizzare vari annunci riguardanti la scoperta degli ultimi fasti della civiltà contadina e il ritrovamento degli ultimi tesori di un immaginario popolare, che è diventato nei fatti memoriale e di fatto subalterno, con il risultato evidente di occultare le mutazioni e di non vedere i tanti mutanti. Con analoga frequenza si legge di scoperte di vari frammenti provenienti da mondi lontani che, per quanto isolati e primitivi, appaiono sempre pronti o in attesa di essere svelati. Il brevissimo richiamo, lungi da qualsiasi pretesa, tende verso l’allargamento degli sguardi, che si intendono caratterizzati da consapevole inclusione. Si scorge così una delle ragioni del ri-pensare e del ri-parlare attraverso temi affrontati di recente o di più remota applicazione. Si tratta certo di risposte minute, se non di primi abbozzi, ad interrogativi troppo impegnativi. Nella evidenza dei percorsi personali, però, e nella illustrazione di questioni scandite con qualche ordine e ribadite, si può forse intravedere una modalità – tematica e problematica – ancora legata alla storia italiana della materia demo-antropologica e alla relativa ricerca etnografica, nelle quali si evidenziano alcune reali aperture sovra-nazionali, tante volte dimenticate e vanificate. Le fonti con le quali è costruito il volume sono diverse e non sempre facilmente reperibili. Nello specifico il primo capitolo, Sembianze, conferme, figure identitarie. Ciociarie e ciociarità, costituisce il saggio di apertura del volume Marittima e Campagna o Terra di Lavoro. Radici e pollini di identità cangianti (Roccasecca, Arte Stampa, 2012 – Quaderno DEA n. 3). Il secondo capitolo, Cultura popolare. Stereotipi e contemporaneità, introduce con funzione problematica il testo 2009. Itinerari etnografici in Provincia di Frosinone (Frosinone, Editrice Frusinate, 2009 – Quaderno DEA n. 1). Il terzo capitolo, Culti arborei e festività pastenesi. Osservazioni demo-antropologiche, presenta le risultanze dell’incontro con il ‘maggio’ di Pastena, matu-
Premessa
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rate alla luce della lunga esperienza connessa alle ricerche sulle feste degli alberi in Lucania e Calabria (G. De Vita, S. Savone [a cura di], Pastena e i culti arborei, Cassino, Sambucci, 2004). Il quarto capitolo, Tra storia locale e religiosità popolare: le edicole sacre a Orta Nova, è il tentativo di dare una risposta organica alla consuetudine di raccolta della specifica documentazione vagliata all’interno di un appropriato contesto di riferimento (Segni di fede a Orta Nova, Cerignola, Centro Regionale di Servizi Educativi e Culturali, 2000). Il quinto capitolo, Capo-compagnia e religiosità in fieri, propone una lettura delle devozioni itineranti alla soglia dell’anno giubilare del 2000 («Storia, antropologia e scienze del linguaggio», XIV, 1999, n. 3). Il sesto capitolo, Straniero e forestiero nello sguardo popolare. Un giro ‘corto’, tenta di attribuire valenze singolari ad una sezione piuttosto nota della documentazione demologica («Storia, antropologia e scienze del linguaggio», XV, 2000, n. 3). In tutti i casi i testi hanno subito solo minimi interventi di adattamento alla nuova collocazione. Sento di dover ringraziare Ferdinando Mirizzi, con il quale ho condiviso la prima, significativa esperienza formativa e professionale e al quale mi legano antichi sentimenti, per aver voluto accogliere questo lavoro nella serie ‘Studi’ della collana «Etnografie». Un pensiero esplicito va alle collaboratrici Rosanna Fuoco, Annarita Leone e Pamela Papetti, per la loro testarda volontà di ritrovare energie tra i progetti antropologici e di saperle trasmettere.
Fig. 1. Compagnia di Toritto. I pellegrini-ciclisti lungo la via (Maggio 1951). Fig. 2. Compagnia di Toritto. La benedizione dei pellegrini-ciclisti (Maggio 1951).
Figg. 3-4. Vito Lisi. L’intervista del 1986.
Fig. 5. Compagnia di Toritto. Motocarri trasformati in camper (Maggio 1984). Fig. 6. Compagnia abruzzese di San Salvo. Pellegrinaggio a San Michele (Maggio 1983).