«Se l’uno è l’altro», di Emanuele Pili

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Indice

Sigle e abbreviazioni

9

Introduzione

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1. Sul significato storico-teoretico 2. Sul fil rouge della ricerca

11 14

Capitolo I. Orizzonte sapienziale

19

1. Rileggendo l’idea di sapienza

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1.1. Sapienza e comunione, p. 29

2. Il rapporto tra filosofia e teologia

41

2.1. L’unità nella distinzione, p. 43 - 2.2. La distinzione nell’unità, p. 48 - 2.3. Il progetto di un’ontologia trinitaria, p. 50

Capitolo II. Essere è koinonía

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1. Le tre forme dell’essere e il loro sintesismo

59

1.1. Ripensare l’indagine sulle categorie, p. 59 - 1.2. Fecondità dell’essere uno-molti, p. 65 - 1.3. Ideale, reale e morale, p. 68 - 1.4. Breve ritorno sulla dimostrazione dell’esistenza di Dio, p. 74 - 1.5. La legge del sintesismo ontologico, p. 79

2. L’essere morale

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2.1. Definizioni e contesti, p. 81 - 2.2. Moralità e interpersonalità, p. 98

Capitolo III. Fra tradizione e modernità

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1. L’itinerario

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6

Indice

2. Il pensiero antico e tardo-antico

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2.1. Platone, alla ricerca dell’oggetto per sé, p. 106 - 2.2. Aristotele e la perfezione della natura umana, p. 108 - 2.3. Gli Stoici: ragione, virtù e felicità, p. 111 - 2.4. Cicerone, tra morale stoica e principio sociale, p. 116 - 2.5. Agostino: il principio morale e la carità evangelica, p. 119 - 2.6. Altri autori patristici: dall’essenza della virtù all’amore che «in alterum tendit», p. 125

3. Il pensiero medievale

128

3.1. Tommaso d’Aquino: bene, riconoscimento e virtù, p. 128 - 3.2. La scuola francescana: «apex mentis» e non contraddizione, p. 133

4. Il pensiero moderno

137

4.1. Bentham e l’utile nelle relazioni umane, p. 137 - 4.2. Smith e Mackintosh: il conflitto degli interessi e la simpatia, p. 140 - 4.3. Romagnosi: incivilimento, moralità e felicità, p. 144 - 4.4. Cousin: interiorità ed esteriorità, sacrificio, nozione di Dio, p. 148 - 4.5. Pini: la perfezione morale come vita trinitaria, p. 153

5. Il mondo tedesco: Kant e Fichte

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5.1. Kant: l’autonomia morale e l’intersoggettività, p. 160 - 5.2. Fichte: non c’è Io senza l’altro, p. 165 - 5.2.1. L’uomo-sostanza, l’Io-accidente, p. 169 - 5.2.2. Alterità e coscienza, p. 171 - 5.2.3. Autocoscienza e ferita dell’altro, p. 172 - 5.2.4. La persona come «relazione sussistente», p. 175

Capitolo IV. Inaltrarsi e reciprocità

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1. Ricapitolazione e ripresa 2. Attualità di un neologismo 3. Il quid est dell’inoggettivazione 4. I livelli dell’inaltrarsi

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4.1. Nell’oggetto (inoggettivazione oggettiva), p. 189 - 4.2. Nel soggetto (inoggettivazione soggettiva), p. 192 - 4.2.1. In sé (d’identità), p. 192 4.2.2. Nell’altro (di diversità), p. 194 - 4.3. Nell’Altro (inoggettivazione oggettivo-soggettiva), p. 197

5. Perdersi per ritrovarsi

203

5.1. Impersonalità e negazione, p. 203 - 5.2. La reciprocità intersoggettiva?, p. 216

6. Sul luogo della reciprocità

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6.1. L’evento del sorriso, p. 222 - 6.2. L’unione sessuale, p. 229

Bibliografia

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Indice dei nomi

255


Introduzione «Il ritrovare ciascuno se stesso nel suo altro, vien dopo il fuggire ciascuno da se stesso nel suo altro» (T, n. 1035)

1. Sul significato storico-teoretico Nella seconda edizione del suo Essere e Verità in Antonio Rosmini, Tina Manferdini, laddove discute la nozione rosminiana dell’essere, lamenta che Rosmini non abbia colto a sufficienza la tematica dell’intersoggettività. Eppure, in nota, la studiosa sente l’esigenza di specificare quanto è venuta a scrivere nel testo, poiché, se è vero che Rosmini non si sarebbe soffermato quanto sarebbe stato desiderabile su questo aspetto intersoggettivo [...], ciò non significa che nelle implicazioni del suo pensiero non vi siano rilevanti elementi suscettibili di uno sviluppo in questo senso: basta considerare la sua dottrina della pluralità ontologica e, più specificatamente, la dottrina della inoggettivazione. [...] Il suo pensiero non può non comportare [... l’] importante aspetto tematico [dell’intersoggettività], sia pure nell’implicito. La pluralità degli enti intellettivi, coessenziali e fondati nell’unicità dell’oggetto, è richiesta dal carattere intrinseco di un discorso filosofico, come quello rosminiano, il quale culmina [...] nella valorizzazione di quell’esperienza in cui la sapienza trova la sua più aderente attuazione, cioè l’esperienza della carità nella quale la comunicazione tra le persone si realizza nel suo più elevato grado1.

In poche parole, Manferdini riesce a delineare sia le questioni, sia le possibilità insite in una ricerca sull’intersoggettività in Rosmini. A tutta prima, il tentativo pare azzardato, specie se è portato avanti con la convinzione di trovare nell’autore le stesse argomentazioni o le stesse dinamiche che si sono venute affermando nella contemporaneità filosofica. Ad uno sguardo

1

T. Manferdini, Essere e verità in Antonio Rosmini, ESD, Bologna 19942, pp. 63-65, nota 30.


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Se l’uno è l’altro

più attento, tuttavia, se si scivola dentro il ritmo del pensare rosminiano, non di rado emergono spunti, riferimenti, se non vere e proprie argomentazioni e teorie che paiono procedere nella direzione opposta a quella che, inizialmente, pareva l’unica possibile. L’opera rosminiana, in effetti, non ha come suo preciso intento quello di concentrarsi sull’analisi della relazione tra soggetti; eppure, chi legge gli scritti di Rosmini è portato a domandarsi che ruolo abbia questa tematica, come se restasse una realtà all’ombra delle molteplici vie speculative aperte e percorse dal pensatore italiano. Nella sua introduzione a Rosmini, Michele Dossi è giunto ad affermare che, per alcuni aspetti, «la filosofia dialogica del Novecento ha in Rosmini un grande, per quanto spesso ignorato, precursore»2. Ora, al di là della categoria di “precursore”, mai perfettamente centrata da un’angolatura storiografica, rimane vero che la sensibilità filosofica contemporanea ha favorito una riscoperta dell’elemento intersoggettivo nell’opera di Rosmini, tanto che – già a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, dietro l’impulso dell’esistenzialismo e del personalismo – Giuseppe Beschin ha sostanzialmente aperto questo ambito di studio, con il suo La comunicazione tra le persone nella filosofia di A. Rosmini3. Questo lavoro rappresenta un primo e significativo punto di riferimento che, tra i suoi notevoli meriti, ha avuto quello di mettere in evidenza come l’intersoggettività sia un argomento non solo presente, bensì rilevante e, quindi, degno di essere approfondito. Beschin, a livello di contenuti, si è interessato – segnatamente – alla dimensione gnoseologica e antropologica della persona, lasciando solo intravedere gli sviluppi in chiave ontologica. Il presente saggio, pertanto, pur debitrice a Beschin, avrà un andamento diverso e, nel medesimo tempo, più profondo, poiché non solo ha il rapporto tra ontologia e intersoggettività come oggetto privilegiato della propria indagine, ma piuttosto anche perché tenta un lavoro di scavo dei testi che, non di rado, come avverte Manferdini, deve far emergere ciò che rimane implicito e, in secondo luogo, coniugarlo con quanto già c’è di esplicito, al fine di mostrare le diverse sfumature che il pensiero rosminiano assume4. M. Dossi, Il santo proibito, Il Margine, Trento 2007, p. 72. G. Beschin, La comunicazione delle persone nella filosofia di A. Rosmini, Marzorati, Milano 1964. 4 I lemmi intersoggettività e interpersonalità – di per sé assenti in Rosmini – riceveranno, per adattarsi alle sue opere, diversi significati, che è bene esplicitare sin da ora. (1) In un primo senso, assai generale, intersoggettività può indicare la strutturale apertura di un soggetto agli altri; (2) secondariamente, essa rinvia al movimento di un soggetto verso un altro; (3) e infine, essa espri2 3


Introduzione

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Il modesto risultato a cui siamo giunti è proposto nelle pagine che compongono questo studio. Da un punto di vista metodologico, si è scelto di partire dalle ultime opere rosminiane, nella convinzione che è solo proiettandosi – per così dire – in cacumine montis che si guadagna una prospettiva d’insieme sull’intera produzione di Rosmini. È del tutto evidente, inoltre, che se l’oggetto dello studio è il rapporto tra ontologia e intersoggettività, allora il primo Rosmini a cui guardare, anche per una impostazione storicofilosofica, è quello delle opere di ontologia. È chiaro, tuttavia, che non abbiamo considerato solo l’incompiuta Teosofia; anzi, nel corso dello studio si potrà notare che – a seconda dei problemi e dei contesti – gli scritti di riferimento cambiano, e si procederà a ritroso fino a toccare il Nuovo saggio sull’origine dell’Idee. Ciò che rimane ben fermo, invece, è l’oggetto formale della ricerca, rappresentato dalle pagine della Teosofia consacrate da Rosmini alla cosiddetta facoltà dell’inoggettivazione, o dell’inaltrarsi (trasportarsi nell’altro), intesa come quel luogo dove, massimamente, ci è sembrata più vivida la propensione allo sviluppo di un pensiero dell’intersoggettività. Nonostante il fatto che l’analisi di questa fondamentale articolazione della teoresi rosminiana sia collocata nell’ultimo capitolo del volume, essa rimane presente sullo sfondo di tutti gli altri momenti della ricerca, i quali – di fatto – vanno letti come un graduale avvicinamento ad essa, perché ne mostrano i contesti, le possibili fonti e i confronti in cui la riflessione sul morale e sull’inaltrarsi è venuta a maturare. Più in generale, infatti, siccome il processo dell’inoggettivazione richiede di essere compreso all’interno dalla riflessione sulla terza forma dell’essere, ossia il morale, si è scelto, conseguentemente, di collocare lo studio nel più ampio orizzonte dell’ontologia morale rosminiana. me l’interazione e la reciprocità tra un soggetto e un altro. Si tenga conto, però, che – in diverse occasioni – il termine assume un (4) quarto significato, quand’esso viene adoperato per definire la relazione di un soggetto con l’Altro che è Dio in persona. Ora, ad ogni buon conto, il volume riserva un precipuo interesse per il secondo e il terzo dei significati enunciati; tuttavia, seguendo i ragionamenti di Rosmini, esso dovrà tenere in considerazione anche gli altri. Intersoggettività e interpersonalità, inoltre, sono termini che, certamente, possono rinviare a contesti differenti. In questo lavoro, tuttavia, essi possono essere scambiati senza generare rilevanti oscillazioni di significato. Si rammenti, peraltro, che lo stesso Rosmini definisce la persona – in alcune delle sue definizioni – come un soggetto dotato di caratteristiche peculiari. Cfr. ASSM, n. 833: «[...] la differenza fra soggetto e persona si è quella che corre fra il genere e la specie [...]. Sicché la persona non è che una classe di soggetti la più nobile, quella de’ soggetti intellettivi». Ne consegue, dunque, che intersoggettività ha una valenza più generale, laddove interpersonalità esprime una superiore qualità della relazionalità.


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Se l’uno è l’altro

2. Sul fil rouge della ricerca Se il sottotitolo del volume – «Ontologia e intersoggettività in Antonio Rosmini» – riassume quanto sinora esposto, il titolo – «Se l’uno è l’altro» – esprime invece il risvolto più radicale dell’inaltrarsi. L’interpretazione “classica” legge questo compimento come l’unione dell’uomo con Dio, secondo quanto Rosmini afferma, ad esempio, nella Dottrina della Carità: noi qui abbiamo due verità che sembrano contraddirsi, e pure che stanno insieme. È una verità indubitata che l’uomo rimane in Dio carità, ed è pure una verità indubitata che Dio carità resta distinto dall’uomo. Pure l’uno è nell’altro. Dio è tutto nell’uomo, l’uomo tutto in Dio: l’atto finito si perde, o piuttosto si ritrova nell’infinito, e l’atto infinito nel finito, l’unione è perfetta, l’unione è compiuta. Udite voi come sono due ed uno ad un tempo? Vi sembra inconcepibile? Conchiudete dunque che inconcepibile è la virtù unificatrice della carità, e perciò inconcepibile la grandezza, di cui ella per sua propria natura è fornita5.

L’uno è tutto nell’Altro, senza per questo essere dall’Altro assorbito, poiché è solo essendo l’Altro che l’uno scopre realmente se stesso. La locuzione «Se l’uno è l’altro», quindi, vuole riprendere tale concezione paradossale dell’unità e, icasticamente, porla come cifra del leggere e dell’interpretare l’itinerario speculativo rosminiano. Lungo il corso del volume, pertanto, verrà via via dischiuso il significato ontologico racchiuso nelle parole di Rosmini poc’anzi menzionate, ma coniugandolo – contestualmente – con la questione dell’intersoggettività. Ci si domanda, infatti, quale concezione del rapporto interpersonale scaturisca da e in questa ontologia, quale ruolo svolga e quanto Rosmini sia stato attento a svilupparla, in quali luoghi lo abbia fatto, a partire da quali fonti, in confronto con quali pensatori, al fine di restituire – se non esaurientemente, almeno in forma sufficientemente documentata – il contesto storico-teoretico di una tematica che, poi, dal Novecento, diverrà centrale per diversi e variegati filoni del pensiero contemporaneo 6. In questa prospettiva, il primo capitolo introduce al pensiero di Rosmini DC, p. 63. Tra gli altri, vorrei ricordare un filosofo personalista non eccessivamente studiato, Maurice Nédoncelle, il quale ha voluto intitolare Intersubjectivité et ontologie. Le défi personnaliste (Nauwelaerts, Louvain and Paris 1974) una sua importante raccolta di saggi, riconoscendo in Rosmini, con un capitolo a lui dedicato (cfr. ivi, pp. 325-333), uno snodo assai significativo della storia del pensiero sull’intersoggettività. 5 6


Introduzione

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attraverso due momenti: il primo riguarda la concezione della Sapienza e la sua dimensione comunionale; il secondo si concentra sul rapporto tra filosofia e teologia, in ordine allo sviluppo di una ontologia triadico-trinitaria. Gli scritti contenuti nell’Introduzione alla filosofia rappresentano, in queste pagine, il punto di partenza, poiché consentono – proprio nell’intentio dell’Autore, che, nel periodo più maturo della sua esistenza, li ha considerati, appunto, introduttivi al suo percorso intellettuale – un ingresso privilegiato non solo all’ontologia, ma all’opera rosminiana nel suo complesso, e altresì conducono verso due principali guadagni sotto il profilo storico-filosofico e interpretativo. Da un lato, emergerà con evidenza la valenza relazionale e comunionale della dimensione sapienziale, non sempre adeguatamente tematizzata, permessa da ed esercitata nella relazione interpersonale. Dall’altro, si proporrà un ribilanciamento del rapporto tra filosofia e teologia, affinché la speculazione di Rosmini – al di là dell’esigenza tutta contemporanea di etichettare una riflessione come filosofica o teologica (o nelle sue varianti di teologia filosofica, filosofia teologica, ecc.) – venga letta, nelle parole dell’Autore, come espressione di un pensare totale o, con un termine più pregnante e meno generico, come una forma di ontologia trinitaria, la quale – per definizione – sfugge agli incasellamenti imposti dai settori scientifici disciplinari, per collocarsi invece sul confine, nel «combaciamento», di filosofia e teologia. Il secondo capitolo tratteggia il contesto ontologico nel quale Rosmini forgia la sua riflessione sulle tre forme dell’essere, per poi addentrarsi dettagliatamente nella nozione di essere morale. Il testo di partenza, in questo caso, è la monumentale Teosofia, della quale si ripercorrono sostanzialmente tutti i luoghi che definiscono l’essere morale. Non solo la Teosofia, però, è al centro di questa indagine, poiché vengono studiate le denominazioni del morale presenti anche nelle altre opere rosminiane, mostrando le variazioni e le modifiche che Rosmini adotta nel tempo e al variare dei contesti, venendo infine a dischiudere un dato fondamentale, che, a nostra conoscenza, non era ancora stato individuato con chiarezza. La questione è che, classicamente, il morale viene inteso come il vincolo, la relazione, tra l’ideale-oggetto e il reale-soggetto; da qui, lo sviluppo di questa linea, largamente predominante negli studiosi, porta ad enfatizzare la relazione come dimensione intrapersonale o, tuttalpiù, quando l’ideale-oggetto si rivela come Verbum, come il legame tra l’uomo e l’Altro che è Dio (non che ciò sia poca cosa, beninteso). Rosmini, in effetti, si muove in un orizzonte che privilegia tale impostazione, e il nostro lavoro lo conferma (basti pensare al passo precedentemente


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Se l’uno è l’altro

citato). Tuttavia, in lui v’è di più. Dall’analisi dei testi, difatti, ravvisiamo una nozione del morale ben più elaborata e complessa, nella quale è possibile individuare una costante tensione al compimento interpersonale del discorso morale: v’è dunque spazio per leggere l’essere morale non solo come relazione intrapersonale o tra l’uomo e Dio, bensì anche come legame interpersonale, vincolo di reciprocità, mediato dall’ideale-oggetto, e perciò aperto all’ingresso di Dio, come terzo, nei rapporti umani. Dopo aver messo a tema questa rilevante, quanto frequentemente inosservata, tensione insita nel pensiero rosminiano, il terzo capitolo – il più lungo dei quattro che compongono il libro – promuove un itinerario storico a partire delle principali opere morali (i Principi della scienza morale e la Storia comparativa e critica de’ sistemi intorno al principio della morale), nel tentativo di indicare le fondamentali coordinate che aiutano a capire come viene a formarsi la doppia valenza – di cui si diceva – della moralità, tra intrapersonalità e interpersonalità, tra ricerca del bene in sé e del bene di tutti, tra interiorità ed esteriorità, tra riconoscimento di sé e riconoscimento dell’altro. Ne risulta un percorso variamente articolato, potenzialmente assai più vasto, che tocca sostanzialmente l’intera storia del pensiero e che mette in luce il modo con cui Rosmini si rapporta col passato. Le fonti e i confronti vengono altresì studiati con un taglio storiografico che mira ad enucleare, soprattutto, l’intrecciarsi di moralità e interpersonalità. Così, tale approccio permette di far uscire dall’ombra alcuni autori meno noti, come James Mackintosh o Ermenegildo Pini, che acquisiscono una rinnovata importanza, così come consente di scandagliare approfonditamente – e, a nostra conoscenza, per la prima volta – la relazione di Rosmini con Fichte. Il quarto e conclusivo capitolo, coi guadagni della riflessione precedente, dapprima si inoltra nello studio della natura e dei processi dell’inoggettivazione, proponendo un’esegesi aperta del testo della Teosofia e mostrando come in essi vengano a ricollocarsi i temi affrontati lungo il corso dell’intero lavoro. Successivamente, servendosi anche di diverse altre opere rosminiane, l’indagine si addentra più specificamente all’interno di due nuclei teorici fondamentali. Il primo riguarda la nozione del negativo, chiamata in causa – seguendo l’argomentare di Rosmini – ogni qual volta si voglia esprimere fino in fondo la relazione dell’uno con l’altro e, in particolare, il movimento attraverso il quale l’uno incontra l’altro: come interpretare tale negativo che l’uno deve percorrere affinché possa dirsi unito a e distinto dall’altro? La nostra tesi è che il nulla verso cui guarda Rosmini debba essere valutato come un negati-


Introduzione

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vo non escludente: il nulla dell’amore. Un nulla, cioè, che scandisce il ritmo paradossale della vita dell’essere: l’uno, infatti, negandosi per e nell’altro, s’afferma, ossia è proprio perché non è (si perdoni, in sede introduttiva, questa espressione, che nel corso del lavoro verrà illuminata nella maniera dovuta). Anche il secondo nucleo teorico emerge dall’analisi stessa del principio di inoggettivazione, poiché, nel seguire le riflessioni di Rosmini, è possibile notare come alcuni sentieri da lui intrapresi non vengano percorsi sino in fondo. Tra gli altri, per la nostra ricerca risulta decisiva la mancanza di uno svolgimento – nella Teosofia – del tema della reciprocità intersoggettiva (la reciprocità tra le tre forme dell’essere non deve essere confusa – almeno immediatamente – con la reciprocità tra i soggetti). Ciò non implica, tuttavia, che Rosmini non l’abbia pensata in altri luoghi. Infatti, uscendo dalla Teosofia ed entrando negli scritti pedagogici e in quelli di filosofia del diritto, è possibile rinvenire uno stile argomentativo analogo a quello dell’ontologia, il quale si interroga su e sviluppa quanto nella Teosofia manca. Dunque, è discorrendo sugli eventi del sorriso e, ancor di più, dell’unione sessuale che è possibile rinvenire – secondo quanto il nostro limitato saggio è riuscito a illustrare – l’apice, il punto di arrivo della riflessione rosminiana sul rapporto tra ontologia e intersoggettività. Si tenga conto, però, che, se il morale ha il significato di compimento del discorso ontologico rosminiano ed è attraversato, come emerge dal secondo capitolo, da una tensione che domanda la sua ultimazione in chiave interpersonale, allora queste pagine pedagogiche e di filosofia del diritto, generalmente considerate minori, ritrovano non solo un’inattesa centralità, ma – collocate nel più ampio contesto della Teosofia – restituiscono un’immagine di Rosmini, a quanto mi consta, tanto originale quanto saldamente ancorata ai testi. *** Il presente volume raccoglie i principali risultati di un lavoro di ricerca dottorale condotto presso il Consorzio FINO (Filosofia Nord-Ovest, comprendente i Dipartimenti di Filosofia delle Università di Genova, Pavia, Piemonte Orientale e Torino). Come ogni lavoro di questo genere, anch’esso non avrebbe visto la luce senza l’apporto di docenti, persone e colleghi che ne hanno propiziato, in vario modo, la crescita e lo sviluppo. Sebbene non possa menzionarli tutti, desidero tuttavia ringraziare almeno alcuni di loro. Il Prof. Letterio Mauro, anzitutto, per avermi sapientemente introdotto e accompagnato nei sentieri della storia del pensiero e per le ormai consuete professionalità e competenza con le quali ha seguito, passo dopo passo, l’intera ricerca. Il Prof. Piero Coda, per l’amicizia, la vicinanza (non solo intellettuale) e,


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Se l’uno è l’altro

in una parola, perché ha il dono di credere in te più di quanto tu creda in te stesso. I Proff. Paolo Pagani e Fulvio De Giorgi, per la valutazione attenta e per i preziosi suggerimenti. Il Prof. Giuseppe Invernizzi, per alcune indicazioni metodologiche importanti circa l’impostazione della ricerca. Il Prof. Markus Krienke, per le discussioni stimolanti e per aver favorito, insieme al Prof. Martin Thurner, il mio soggiorno presso la Ludwig-Maximilians-Universität München. Non posso dimenticare, a tal proposito, Wilfried Hagemann e Hans Schalk, perché mi hanno accolto come un fratello nella città di Monaco. P. Umberto Muratore e il Prof. Samuele Francesco Tadini, per i dialoghi fruttuosi e per la disponibilità con cui mi hanno generosamente ospitato presso il Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa. Alberto Baggio, Fernando Bellelli, Lorena Catuogno, Giovanna Gabbi, Martina Galvani, Gian Pietro Soliani e gli altri amici rosministi, perché dal fecondo confronto con loro sono nate diverse pagine di questo studio. Il Centro Studi “Rosmini” (Università di Trento) e il Rosmini Institute, per le significative iniziative seminariali promosse. La comunità accademica dell’Istituto Universitario “Sophia”, perché è l’Anima che accompagna il mio percorso intellettuale. Gli storici della filosofia dell’Università di Genova, perché – dall’alto della loro esperienza, negli studi rosminiani e non solo – mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto nella fatica della ricerca. I Proff. Costantino Esposito e Pasquale Porro, perché hanno voluto accogliere il volume nella prestigiosa collana da loro diretta.


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