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Mettiamo in circolo l’economia!
Risparmio di materie prime ed energia, riduzione dei rifiuti, protezione dell’ambiente, sviluppo di tecnologie innovative, creazione di posti di lavoro… Tutto questo è economia circolare, ma anche plus competitivi e crescita sul mercato per le aziende del largo consumo.
di Pierangelo Piantanida
I vantaggi non comprendono solo la protezione dell’ambiente, ma anche processi innovativi che creano posti di lavoro, crescita dell’economia e risparmi per i consumatori.
La strada per lo sviluppo sostenibile passa dall’economia circolare, un modello produttivo e di consumo (nonché un “modus vivendi”) che contempla azioni quali la condivisione, il prestito, il riuso, la riparazione il ricondizionamento, il riciclo dei materiali e di prodotti esistenti per un tempo più lungo possibile.
Un modello che tende a riportare “in circolo” più volte i prodotti e i materiali, del tutto opposto al classico modello lineare ”estrai, produci, usa e getta”. I vantaggi sono innegabili: dal risparmio energetico e di preziose risorse naturali e materie prime alla riduzione dei rifiuti, dalla protezione dell’ambiente alla diminuzione dell’emissioni inquinanti.
Ma anche lo sviluppo di tecnologie, design, progettazioni e processi innovativi, con la creazione di posti di lavoro, la crescita dell’economia, i risparmi per i consumatori. Nonché l’acquisizione di plus competitivi e la crescita sul mercato per le aziende che ne fanno la loro bandiera.
La Commissione Europea ha attuato misure e azioni per accelerare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo da attuare entro il 2050
Nel 2021 il valore aggiunto che si è avuto nei settori dell’economia circolare è stato di 299 miliardi di euro (+27%).
La spinta dell’UE
A spingere in tal senso è la Commissione Europea, che dal 2020, con la presentazione allora del suo “piano d’azione per una nuova economia circolare”, ha attuato misure e azioni per accelerare la transizione verso questo nuovo modello di sviluppo. Il tutto col traguardo della sua completa attuazione entro il 2050.
Di recente, la Commissione ha rivisto il quadro di monitoraggio sull’economia circolare nei paesi UE, verificandone quindi lo status. Ne è uscito che l’economia è ancora per lo più lineare, coi materiali secondari che pesano meno del 12% di tutti quelli usati nell’economia dei 27 paesi membri.
Però è in crescita, sia entro l’UE che coi paesi terzi, il commercio di materie prime seconde e i comparti dell’economia circolare hanno vissuto negli ultimi anni un aumento in termini d’innovazione, investimenti, valore aggiunto e posti di lavoro.
Il panorama italiano
A dare un quadro di moderato ottimismo è pure il quinto “Rapporto sull’economia circolare in Italia”, realizzato dal Circular Economy Network in collaborazione con Enea, che identifica il nostro come il paese più circolare d’Europa, con un tasso di utilizzo circolare dei materiali del 18,4% nel 2021 (contro l’11,7% continentale).
Da noi la quota di riciclo complessiva è del 72% (53% la media europea); per ogni Kg di risorsa consumata vengono generati 3,2 euro di Pil (2,1 in Europa) e il consumo pro capite di materiali è di 8,9 tonnellate (contro le 14,1 europee). Da segnalare poi, sempre in tale contesto, l’indagine realizzata da Circular Economy Network e Legacoop in collaborazione con Ipsos, secondo cui negli ultimi tre anni quasi un italiano su due (45%) ha acquistato un prodotto usato e uno su tre (36%) un prodotto ricondizionato o rigenerato.

L’Italia è il paese più circolare d’Europa, con un tasso di utilizzo circolare dei materiali del 18,4% nel 2021 (la quota di riciclo complessiva è del 72%)
Infatti nel 2021 gli investimenti privati in contesti economici significativi per l’economia circolare sono stati pari a 121,6 miliardi di euro (lo 0,8% del Pil UE), le filiere circolari sono state capaci di impiegare ben 4,3 milioni di persone (+11% sul 2015) e il valore aggiunto che si è avuto nei settori dell’economia circolare è stato di 299 miliardi di euro (+27%).

Dalla ricerca condotta da GS1 Italy su 23 aziende italiane è emerso che il livello medio di circolarità è pari al 53% Agricola Lusia ha presentato gli obiettivi e l’impegno dell’azienda verso uno sviluppo sostenibile che si coniuga con la crescita del business, creando valore per gli stakeholder
Agricola Lusia punta alla sostenibilità
La rovigiana Agricola
Lusia ha presentato il primo bilancio di sostenibilità, ove descrive, ha evidenziato Daniele
Campagnaro, amministratore unico della società, gli obiettivi e l’impegno “verso uno sviluppo sostenibile che si coniuga con la crescita del business, creando valore per tutti i nostri stakeholder”.
Il largo consumo, un esempio virtuoso
Un panorama che ha contribuito a delineare anche la ricerca “Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano”, condotta da GS1 Italy nell’ambito Ecr in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
A partire da Circol-Up, strumento di GS1 Italy in grado di misurare ed efficientare la circolarità aziendale, l’analisi ha preso in esame performance e livello di circolarità di 23 aziende italiane di tre settori del largo consumo: alimentari e bevande, cura casa e cura persona, retail. Ne è uscito un quadro decisamente proattivo e, pur se vi sono margini di miglioramento, si può assistere nel settore a un impegno strutturato verso una transizione a beneficio della circolarità.
Difatti, il livello medio di circolarità è risultato nel complesso buono e pari al 53% (61% nell’alimentari e bevande, 48% nel cura casa e cura persona e 45% nel retail) e con numerose buone pratiche messe in atto dalle aziende.
A essere state esaminate sono alcune case history di realtà di primo piano dei tre comparti: Nutella, Parmalat, Auricchio Mondelēz, Bauli, Gruppo Nestlé, Sutter Industrie. Procter & Gamble Italia, Conad Logistics, D.It, Bennet, Esselunga.
Un percorso che ha coinvolto l’azienda in ogni ambito, stakeholder compresi, per capire le tematiche più sensibili su cui sviluppare i futuri progetti e individuare le priorità di sostenibilità. Ne sono emersi temi economici e di governance (conduzione etica e sostenibile del business, sicurezza, qualità e tracciabilità dei prodotti, investimenti strategici e sostenibili), sociali (salute e sicurezza sul lavoro, promozione e benessere dei dipendenti, salute dei consumatori) e ambientali (gestione responsabile della catena di fornitura e ottimizzazione dei consumi energetici).
Lavorare sul primo bilancio di sostenibilità è stato per l’azienda un momento fondamentale di riflessione sull’identità, sui valori e le prospettive future di sviluppo, ha detto Nicola Modica, direttore generale di Agricola Lusia, rappresentando non un punto di arrivo, “quanto piuttosto una nuova lente attraverso cui leggere i mutamenti sociali, economici ed ambientali e raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi, rispettando il mondo che ci circonda”.
Da qui la scelta aziendale d’intraprendere anche un percorso di analisi della carbon footprint, ha fatto presente sempre Modica, al fine di “comprendere quale sia l’effettivo ‘impatto’ ambientale, per poi adottare le migliori strategie di miglioramento”.
