Monsignor Felice Romano

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Francesco Rivieccio

Monsignor Felice Romano Un pastore nell’età del Risorgimento (1793-1872)

Edizioni Scientifiche e Artistiche



Francesco Rivieccio

Monsignor

Felice Romano Un pastore nell’età del Risorgimento (1793-1872)

EDIZIONI SCIENTIFICHE E ARTISTICHE


Copertina: Quadro conservato nella Parrocchia di S. Croce in Torre del Greco.

Quarta di copertina: Stemma episcopale di mons. Felice Romano conservato nell’Archivio – Museo Diocesano d’Ischia.

I diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata anche con mezzi informatici, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, con fotocopia, registrazione o altro, senza la preventiva autorizzazione dei detentori dei diritti.

ISBN 978-88-95430-14-0 E.S.A.

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Edizioni Scientifiche e Artistiche

© 2009 Proprietà letteraria artistica e scientifica riservata www.edizioniesa.com info@edizioniesa.com


Questo volume vuole essere un omaggio ai Torresi e ai Ischitani, affinché possano conoscere e amare di più Mons. Felice Romano, un umile apostolo di Dio. L’autore


Questo volume è stato sostenuto finanziariamente dal Comune di Torre del Greco, dalla Postulazione del Beato Vincenzo Romano, dalla Diocesi d’Ischia e dai lettori che acquisteranno quest’opera.

Ringraziamenti dell’Autore L’autore rivolge un sincero ringraziamento a tutti coloro (Archivi, Biblioteche, Privati) che hanno agevolato e collaborato nelle ricerche e nella stesura del testo. Le foto sono opera degli amici fotografi Aliberti Vincenzo, Donadio Vincenzo, Torrese Domenico e Melvetti Onofrio a cui l’autore invia i più sinceri ringraziamenti.


Presentazione

Chiamato dalla Chiesa per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di Giovanni Paolo II, sono stato ordinato Vescovo di Ischia nella Basilica di S. Pietro il 6 Gennaio 1998 e per incarnarmi nel tessuto umano, culturale, sociale ed ecclesiale della Diocesi dove avevo ricevuto il mandato di servire come Pastore e Maestro, ho desiderato subito di conoscere anche l’itinerario pastorale dei miei predecessori per inserirmi nella loro scia. Dal primo Vescovo di Ischia di cui si ha notizia storica, Petrus Episcopus Isolanus che firmò il Concilio Lateranense III (1179), lungo una catena di secoli e passando attraverso figure significative dell’Episcopato italiano, ultimo tra cotanto senno, direbbe il sommo poeta, anche se il computo si perde in alcuni periodi storici, sono giunto a Ischia come il 51° della serie il 14 Febbraio 1998, partendo dalla Chiesa Madre di Napoli. Nella serie storica dei Vescovi Isclani, tra i vari pastori provenienti dalla Diocesi di Napoli, un posto di rilievo lo occupa S. Ecc. Mons. Felice Romano, nipote del Beato Vincenzo Romano, Preposito Curato di S. Croce a Torre del Greco. Cresciuto all’ombra dello zio Parroco, ne ha ereditato l’indole, lo zelo, virtù, cultura teologica e metodologia pastorale, divenuto prima collaboratore e poi successore nella Prepositura, si è impegnato nella carità delle opere, nella cura dei fedeli, nella spiritualità e nella preghiera, insomma un vero apostolo di tutta Torre del Greco. Distintosi per le sue grandi doti pastorali, in seguito alla visita di S. Pio IX nella Parrocchia di S. Croce, fu nominato Vescovo di Ischia nel 1854, succedendo a S. Ecc. Mons. Luigi Gagliardi, di origine pugliese. Dotato di grande sensibilità e prossimità ai poveri, alla gente umile, ai pescatori e contadini, curò tutti gli aspetti pastorali di catechesi, sacramenti, culto, testimonianza cristiana… un completo e autentico Pastore soprattutto nell’elevazione spirituale e culturale del Clero, nella formazione dei seminaristi senza tralasciare la collaborazione e comunione con le autorità civili e militari del tempo, come il Re Ferdinando e il Principe ereditario, benedicendo anche la prima pietra del Tempio di Portosalvo di cui è ricorso il 150° di apertura il 19 Luglio 2007. Partecipò, come Padre Conciliare, al Vaticano I nel 1868, e si distinse per la sua assiduità, tanto da essere lodato dallo stesso Pontefice Pio IX. Concluse il suo fervido pellegrinaggio terreno, a causa della malattia, nella natia Torre del Greco dove nella Prepositura di S. Croce sono custodite con onore e venerazione le sue spoglie mortali, nello stesso loculo dello zio, il Beato Vincenzo Romano. 5


Ogni volta che ritorno a Torre del Greco, invitato per celebrazioni varie, mi soffermo a pregare chiedendo l’intercessione del mio venerato predecessore Mons. Felice Romano e del Beato per la S. Chiesa di Ischia e per me. È questa mia semplice testimonianza solo un flash, molto personale, sulla grande personalità del Vescovo di Ischia Mons. Felice Romano, studiata e approfondita con riferimenti storici e archivistici dal Sac. Franco Rivieccio in questo volume. Già impegnato nel culto e nella causa di canonizzazione del Beato Vincenzo Romano, l’autore ha esteso, a pari, la sua ricerca di studioso, anche sulla figura di Felice Romano nella speranza da parte di tutti, di vedere un giorno riconosciuta dalla Chiesa il suo itinerario di santità. L’autore, che ho conosciuto sin dalla sua età giovanile nella mia attività di Educatore nel Seminario di Napoli e direttore CDV (Centro Diocesano Vocazioni), è stato meticoloso e profondo nell’attingere a varie fonti: libri, articoli, fascicoli, atti e documenti che centravano la loro attenzione sulla figura di Felice Romano, offrendo così una panoramica completa a partire dall’epoca storica, passando per il contesto ecclesiale e civile della Diocesi di Napoli, fino al “particulare” della Prepositura di S. Croce con riflessi sulla cittadina vesuviana di Torre del Greco. Soltanto la lettura e l’esame scrupoloso da parte mia delle fonti che mi interessavano particolarmente come attuale Vescovo di Ischia, hanno rallentato il mio studio sul Volume con relativa presentazione richiestami dall’autore con il quale mi congratulo cordialmente testimoniandogli la mia stima come studioso e il mio affetto come amico.

+P. Filippo Strofaldi Vescovo di Ischia

Ischia, 3 Agosto 2009

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Monsignor

Felice Romano



Nascita e giovinezza

Per parlare di una persona si deve sempre partire dal periodo storico e dall’ambiente in cui essa si è trovata a vivere ed a operare, mettendo a frutto, insieme alle proprie capacità di ricerca, il proprio impegno nel civile, nel sociale e nel religioso. Per la complessità del periodo in cui si articola la vicenda di Mons. Felice Romano, anche il nostro racconto necessita di alcune precisazioni di carattere storico. Gli anni precedenti al 1793 furono anni tempestosi per l’Europa. Dopo un secolo, quello che va dal 1700 al 1789, che fu ed è tuttora chiamato dei lumi1, in Francia (la Nazione che, con la Spagna di Carlo III di Borbone, ha più influsso su Napoli) dal 5 maggio 1789 inizia quel periodo denominato Rivoluzione Francese2 in cui si ha una prima vittoria del Terzo Stato contro gli altri due stati – quelli della nobiltà e del clero. Il popolo riesce ad ottenere il raddoppio dei propri rappresentanti grazie al Necker3, in seguito destituito dal re Luigi XVI4: il suo licenziamento provoca da parte del popolo la presa della Bastiglia (prigione politica). Subito dopo si ha l’abolizione del regime feudale e il 26 agosto 1789 la dichiarazione dei Diritti dell’uomo con la ormai celebre espressione Libertè, Egalitè, Fraternité e l’incameramento dei beni della Chiesa e dei nobili che sono fuggiti. Si forma il movimento dei giacobini5 e nel luglio 1790 viene emanata la Costituzione civile del clero e si decreta la soppressione dei conventi e degli ordini religiosi. Ma nel 1791, alla morte di Onorato Riqueti, conte di Mirabeau6, viene a mancare la possibilità di un compromesso tra la monarchia e la rivoluzione. Ciò porta il re a tentare la fuga da Parigi, ma viene riconosciuto nella cittadina di Varennes ed è riportato nella capitale ove viene privato di tutti i poteri politici. Nell’aprile del 1792 la Francia dichiara guerra all’Austria ed alla Prussia e nel frattempo l’Assemblea Legislativa vota la sospensione del Re da tutti i poteri e la convocazione di una Convenzione eletta a suffragio universale nel settembre 1792 dalla quale viene proclamata la Repubblica. Nella Convenzione si formano vari partiti che assumono denomina1 - T. REY-MERMEY, Il Santo del secolo dei lumi: Alfonso De Liguori, Città Nuova editrice, Roma, 1983. 2 - Nel 1989 in tutto il mondo se ne è celebrato il Bicentenario. 3 - M. MORRE, Dizionario Mondadori di Storia Universale. Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1973, I edizione, voce: Necker, vol. 1, p. 366. 4 - Ibidem, voce: Luigi XVI, vol. 2, pp. 129-130. 5 - Erano così chiamati dal nome del Convento di S. Giacomo, soppresso durante questo periodo. Essi si consideravano una “lega santa contro i nemici della libertà” e “l’occhio della Rivoluzione”. 6 - M. MORRE, Dizionario Mondadori..., cit., voce: Riqueti Honore’ Gabriel, vol. 2, p. 273.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

zioni caratteristiche: La Montagna7, La Gironda8 e La Pianura o Palude.9 All’inizio del 1793 viene decisa la condanna a morte per Luigi XVI con 387 voti contro 334, e il 21 gennaio egli viene ghigliottinato. Alla morte del re entrano subito in guerra la Gran Bretagna, l’Olanda, la Spagna, Napoli, la Sardegna, il Portogallo contro una Francia che inizia a perdere terreno (I Coalizione). In Italia, all’arrivo delle prime notizie della Rivoluzione provenienti dalla vicina Francia, si assisté formarsi di gruppi di intellettuali che cercavano di conoscere le idee di Parigi, e a questo periodo risale il diffondersi del giansenismo politico10, che ebbe in Napoli un terreno fertile, e delle idee giacobine.11 A Napoli gli ultimi anni del secolo dei lumi vedevano impegnato il Re Ferdinando IV12 nel fare lavori pubblici per rendere più bella la città di fronte ad altre capitali europee, senza preoccuparsi invece dell’estrema povertà presente in tutta la Capitale e nel Regno. Vi erano zone di Napoli in cui la povertà regnava sovrana, ove si poteva vedere ogni giorno una folla di accattoni, storpi, che vivevano alla giornata, spesso senza avere un’abitazione degna di questo nome. In quegli anni la città contava grossomodo 350.000 abitanti, di cui circa 30.000 erano costituiti da nobili, preti, addetti alla Corte, al Municipio, alla Magistratura, all’Università e dalla servitù dei nobili. La città viveva una crisi economica diffusa nelle classi meno abbienti, ma di minore entità a confronto con le varie zone di campagna del Regno. Il Re, istigato dal forte carattere e dall’influenza della regina Maria Carolina d’Austria, inizia ad allontanare dalla carica di Primo Ministro il potente Bernardo Tanucci13 che aveva guidato le sorti del Regno di Napoli e il giovanissimo Ferdinando IV quando Carlo III di Borbone14 era partito per la Spagna; e con maestria Maria Carolina, insieme al nuovo premier John Francis Acton15, guida il consorte nel governo del Regno, distaccandolo dall’influsso della Spagna ed orientandolo verso l’Austria. Ciò ne determinerà l’orientamento della politica e delle sorti. 7 - Redazione Grandi opere Garzanti, Atlante Storico Garzanti. Cronologia della Storia Universale. Aldo Garzanti editore, Milano, 1970, I edizione. A p. 309: La Montagna, comprendeva circa 110 dei 749 deputati. Rappresentante della media e piccola borghesia e delle classi popolari, era fautrice dell’accentramento e disposta a misure eccezionali per mantenere l’appoggio del popolo alla rivoluzione (Personaggi più importanti: Robespierre, Marat), così detta perché sedeva a sinistra, sui seggi più alti, nell’aula della Convenzione. 8 - Ibidem, p. 309: La Gironda, era il partito della legalità, rappresentante della borghesia possidente, difensore della proprietà privata e della libertà economica e favorevole al decentramento amministrativo. Così detto perché la maggior parte dei suoi rappresentanti proveniva dal dipartimento della Gironda ed erano perciò detti Girardini. Personaggi più importanti: Brissot, Roland, Vergniaud. Sedeva a destra nell’aula della Convenzione. 9 - Ibidem, p. 309: La Pianura o Palude, era un gruppo eterogeneo ondeggiante tra destra e sinistra. 10 - M. MORRE, Dizionario Mondadori..., cit., vol. I, pp. 920-921. Vedi anche D. AMBRASI, Riformatori e ribelli a Napoli nella seconda metà del Settecento. Ricerche sul Giansenismo Napoletano, ed. Regina, Napoli, 1979. 11 - M. MORRE, Dizionario Mondadori..., cit., vol. 1, pp. 915-916. 12 - Ibidem, vol. 1, p. 769. 13 - Ibidem, vol. 2, p. 1058. 14 - Ibidem, vol. 1, p. 385. 15 - Ibidem, vol. 1, p. 391.

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1. Nascita e giovinezza (1793-1817)

In questo periodo inquieto e tormentato, in cui tutti i punti di riferimento socio-politici, economici, culturali, religiosi, vecchi di secoli, sembrano venir meno, a Torre del Greco il 7 luglio 1793 nella strada Piscopia, nel palazzo di proprietà della sua famiglia, nasceva Felice Romano da Giuseppe16 e da Stefania Ascione, che si erano sposati nel 178017 nella Chiesa della SS.Annunziata dei Padri Cappuccini. Celebrò le nozze il rev.do d. Crescenzo Ascione18 delegato dal Parroco di S.Croce di Torre del Greco, d. Gennaro Falanga19 e d. Vincenzo Romano fratello dello sposo era testimone oculare, come possiamo rilevare da una sua dichiarazione del 12 luglio 1815 contenuta nel fascicolo 2 n. 85 intestato a Felice Romano del Fondo Sacra Patrimonia20, esistente presso l’Archivio Storico Diocesano di Napoli. Il bambino fu battezzato lo stesso giorno della nascita da d. Vincenzo Romano21 e tenuto al fonte da Rosa Lombardo, 16 - Giuseppe Romano nacque il 29 luglio 1746 a Torre del Greco da Nicola Romano e Grazia Maria Rivieccio. Era fratello di d. Vincenzo Romano. 17 - Non esiste il Registro dei Matrimoni, perché andato distrutto nell’eruzione del 1794. 18 - Omonimo di un altro sacerdote contemporaneo di Felice Romano. 19 - Archivio Storico Diocesano di Napoli, Processi Originali, foglio 536, “…In età di anni 31: egli era nato a 9 aprile 1711…”; foglio 537, “…Fu nominato (Parroco) a 29 aprile 1742, istituito a 23 maggio detto anno… ”; foglio 544, “…E’ stato parroco 58 anni. Quasi tutti i viventi lo avevano trovato Parroco. Dapprima per la sua laboriosa cura e zelo, quindi per lo contegno di sua condotta, infine per lo credito già acquistato tenea conciliata sempre la venerazione di tutti. La ingrata negligenza dei secoli passati niente ci ha fatto sapere dei meriti e degli encomii degli antichi curati; ma la fresca tradizione, e quindi la conoscenza di quei del pocanzi ispirato secolo fan conchiudere, che questa Cura è stata sempre amministrata da così eccellenti soggetti, che hanno fatto e faranno onore alla nomina locale. Sotto questo Curato, cioè nella notte funestre al dì 15 giugno 1794 avvenne l’orribile eccidio cagionato dal Vesuvio, in cui fra l’immense sciagure finì di esistere la suntuosa Chiesa Parrocchiale di S. Croce che era stata edificata nel 1520 e formava l’oggetto dell’Amor dei Cittadini, e dell’ammirazione degl’Esteri, ed arsero in casa sua (del Parroco Falanga) tutti i libri parochiali, che cominciavano dai tempi del Concilio di Trento. Il Piissimo Arcivescovo Cardinale Capace Zurlo per avviare lo Spirito avvilito da quei luttuosi disastri, e per dar li Sagri Ministri a questa Chiesa, che non era più in stato di corrispondere loro gli Onorarii con i suoi fondi, institui l’insigne Collegiata che prese il solenne possesso a dì 16 ottobre 1796. con ciò il curato pro tempore fu decorato non solamente delle insegne maggiori, ma ancora venne a risultare capo del Collegio col titolo di Preposito Curato. Il primo è stato questo di cui si parla, Gennaro Falanga. Poco però potè goderne, attesa la sua decrepita età: avea anzi con supplica a S. E. chiesto il Coadiutore. E riserbatagli la congrua conciliare di annui ducati cento, rilasciatagli a beneficio provvisionale del Coadiutore, fu con patente della Curia destinato il nostro sacerdote d. Vincenzo Romano col titolo di Economo Curato dal dì primo febbraio 1796…”; foglio 549: “… Defunto e seppellito nell’Oratorio de’ Bianchi a 25 settembre 1799”. 20 - Il Sacro Patrimonio consisteva nella formazione di un patrimonio legato al candidato al sacerdozio. Poteva consistere in una somma di denaro depositata presso una banca, o in terreni o proprietà di case, il cui reddito doveva essere sufficiente al sostentamento del sacerdote. 21 - Bibliografia su d. Vincenzo Romano: S. NOTO, Per le solenni esequie di d. Vincenzo Romano parroco e preposito curato della estaurita Chiesa di S. Croce di Torre del Greco. Elogio funebre recitato in presenza del cadavere dal sig. Canonico Don Salvatore Noto, dalla tipografia De Dominicis, Napoli,1832, pp. 1-36; M. D’ORLANDO, Nei funerali del sacerdote d. Vincenzo Romano Preposito Curato della Parrocchiale e Collegiale Chiesa di S. Croce della Torre del Greco. Elogio funebre recitato dal sac. Michele D’Orlando, dalla Stamperia di Matteo Vara, Napoli, 1832, pp. 1-31; Card. BIANCHI, Neapolitana Beatificationis et canonizationis Servi Dei Vincentii Romano Praepositi Parochi

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

ostretica approvata. Dall’atto di battesimo esistente tuttora nell’Archivio Parrocchiale di S. Croce, al volume XV, foglio 287 (questo volume è uno dei quattro registri parOppidi Herculani Neapolitanae Diocesis. Positivo super introductione causae, Romae 1843; Congregazione dei Riti, Neapolitana Beatificationis et Canonizationis Ven. Servi Dei Vincentii Romano Propositi Parochi Oppidi Herculani. Summarium super dubio, Romae 1880; G. ROMANO, Vita del Venerabile Vincenzo Romano. Preposito Curato di Torre del Greco, Napoli, 1881, pp. 1-128; R. PICA, La vita del Ven. Servo di Dio D. Vincenzo Romano, Preposito Curato della Insigne Collegiata di S. Croce a Torre del Greco, Napoli, 1882, pp. 1-360; D. PAOLONI, il Ven. Parroco Can. D. Vincenzo Romano, in “Gli eroi del clero di Napoli”, Napoli 1910, pp. 7-11; L.M. SCOGNAMIGLIO, Cenno biografico del Venerabile Vincenzo Romano preposito curato di Torre del Greco, Napoli 1912, pp. 1-24; C. BALZANO, Del Venerabile Vincenzo Romano, parroco di Torre del Greco. Napoli, 1931; C. BALZANO, Il Ven. Vincenzo Romano Parroco di Torre del Greco, Napoli 1932; S. GAROFALO, Il Beato Vincenzo Romano, tip. Palomba, Torre del Greco, 1963; S. GAROFALO, Un parroco sugli altari: il Beato Vincenzo Romano, Editrice Ancora, Milano, 1963, I edizione, 1964 II edizione, Collana Testimoni; A. BRUNO, Il Beato Vincenzo Romano parroco di Torre del Greco, Napoli 1963; PAOLO VI, Discorso per la beatificazione del 17 novembre 1963 in “Acta Apostolicae Sedis”, 1963. C. DI CRISTO, 17 novembre 1963: la Beatificazione di d. Vincenzo Romano, in “La Torre” del 5 dicembre 1963; A. D’ONOFRIO, Il primo parroco italiano agli onori degli altari, in “Palestra del Clero”, 1964, pp. 317-324. F. RUSSO, I manoscritti del Beato Vincenzo Romano conservati nella Parrocchia di S. Croce in Torre del Greco – Napoli, in “Rivista di Letteratura e di Storia Ecclesiastica” XI, 1979, pp. 3-54; R. BORRIELLO, Vincenzo Romano l’uomo che ha vinto, Torre del Greco, 1982, Collana Studi Vincenzo Romano, n. 1; AA. VV., L’impegno pastorale del Beato Vincenzo Romano nel suo contesto storico. Atti del 1 Congresso Storico sul Beato Vincenzo Romano, Torre del Greco 1984, Collana Studi Vincenzo Romano, n. 4; L.M. PIGNATIELLO, Il Beato Vincenzo Romano, precursore del nostro progetto pastorale, Torre del Greco, 1984, Collana Luce Nuova, n. 1; P. GIUSTINIANI, Vincenzo Romano: un modello di predicazione eucaristica, Torre del Greco 1984, Collana Luce Nuova, n. 2; M. SASSO, Beato Vincenzo Romano. Vita e scritti, Frigento, 1984, pp. 1-232; M. SASSO, Vincenzo Romano 1751 – 1831, in “Campania Sacra”, 15-17, 1984-1986, Napoli, ed. M. D’Auria, pp. 295-306; P. GIUSTINIANI, Natale con il Beato Vincenzo Romano. Torre del Greco, 1986, Collana Luce Nuova, n. 4; M. SASSO, Annuncio della fede e solidarietà umana nel Beato Vincenzo Romano, Torre del Greco, 1986, Collana Luce Nuova, n. 6; V. ROMANO, Le lettere, a cura di Francesco Russo. Torre del Greco, 1987, Collana Studi Vincenzo Romano, n. 8; M. SASSO, La missione pastorale del Beato Vincenzo Romano nel suo contesto storico. Tesi di Laurea in Teologia Pastorale discussa il 18 giugno 1987 alla Sezione S. Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, in Napoli, relatore Prof. Luigi Maria Pignatiello; E. GARRAFA, La catechesi nel Beato Vincenzo Romano. Tesi di licenza di specializzazione in Teologia Pastorale discussa il 25 novembre 1987 alla Sezione S. Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, in Napoli, relatore Prof. Ciro Sarnataro; V. ROMANO, Istruzioni catechistiche, a cura di Michele Sasso, Torre del Greco, 1987, Collana Studi Vincenzo Romano, n. 11; S. MAIORANO, Una Chiesa che va al popolo: il Beato Vincenzo Romano e S. Alfonso Maria de’ Liguori, Torre del Greco, 1987, Collana Luce Nuova, n. 7; C. SARNATARO, Il Beato Vincenzo Romano e il Venerabile Mariano Arciero: affinità pastorali e spirituali, Torre del Greco, 1988, Collana Luce Nuova, n. 8; S. LOFFREDO, “chi fuor li maggior tui?” La famiglia del Beato Vincenzo Romano, Napoli, 1988, Collana Studi Vincenzo Romano; S. LOFFREDO, L’imparziale carità del Beato Vincenzo Romano, Torre del Greco, 1989, Collana Studi Vincenzo Romano, n. 13.

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1. Nascita e giovinezza (1793-1817)

rocchiali salvatisi dall’eruzione del 15 giugno 1794, perché si trovavano presso l’Economo Curato d. Michele Pontillo, mentre gli altri, custoditi presso l’abitazione del Parroco Falanga, andarono distrutti), si può leggere che al bambino furono imposti i nomi di Felice, Antonio e Raffaele, nomi che ricordavano nella famiglia Romano persone care: Antonio in ricordo della nonna materna già morta alla nascita del nipote; Raffaele in omaggio a dei parenti; Felice, che era il nome del fratello di Giuseppe, di d.Pietro e di d.Vincenzo che era morto circa 2 anni prima della nascita di Felice, del quale non si sa né data di nascita, né di morte e di cui si ha solo un accenno in una lettera di d. Vincenzo del 5 giugno 1791, in cui si legge: “Un chiodo al cuore ci è stata la Morte di mio Felice: ma benedetta la mano di Dio, che ha ciò disposto per suoi inescrutabili fini”. La cittadina di Torre del Greco, in quell’anno e negli anni precedenti, viveva un periodo di prosperità e di pace, grazie all’opera infaticabile e talvolta pericolosa dei pescatori di corallo, che attraversavano momenti felici grazie al ritrovamento di vari banchi di corallo, tra cui quello rinvenuto nel 1780 dinanzi alla costa a 40 miglia da Tunisi che prese il nome di Summa22; ed un altro banco di notevole estensione, trovato nel 1783 a 20 miglia dall’isoletta deserta della Galita. Ma questa fortuna fece invidia a varie compagnie mercantili, in modo particolare alla francese Compagnie Royale d’Afrique, la quale affermava che l’attività dei torresi ledeva i suoi interessi, e per far allontanare i nostri pescatori da quelle zone, si rivolse sia al governo di Tunisi sia a quello di Francia, affinché richiamassero aspramente il governo di Napoli. Un chiarimento della situazione si ebbe definitivamente nel 1787 quando fu riconosciuto ai napoletani il diritto a pescare il corallo in quei mari, e furono imposte sia ai torresi che alla Compagnie Royale d’Afrique delle severe ammende ai danni di chi avesse pescato in acque non assegnategli. La pesca del corallo portava a Torre una ingente quantità di denaro, al punto da consentire agli abitanti un discreto tenore di vita. La città aveva avuto negli anni precedenti tutto un piano di restauro e di sviluppo di opere pubbliche grazie alla competenza ed all’opera disinteressata di uno dei suoi figli più illustri, il sacerdote Gaetano De Bottis, professore di Scienze Naturali presso l’Università di Napoli e attento studioso di Vulcanologia, con occhio particolare al nostro Vesuvio, al quale dedicò alcuni testi a stampa: Ragionamento istorico intorno ai nuovi vulcani comparsi nel 1760 a Torre del Greco, Napoli, 1761; Ragionamento istorico dell’incendio del Vesuvio accaduto nel 1767, Napoli, 1768; Istoria dei vari incendi del Monte Vesuvio, Napoli, 1768; Breve relazione degli effetti di un fulmine che cadde in Napoli il mese di giugno del presente anno MDCCLXXIV e alcune considerazioni sopra i medesimi, Napoli, 1774; Ragionamento istorico dell’incendio del Vesuvio del 1770…, Napoli, 1776; Ragionamento istorico intorno all’eruzione del 1779, Napoli, 1779; 22 - B. LIVERINO, Il corallo, ed. Li Causi, Bologna, 1983, p. 77.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

Istoria di vari incendi del Monte Vesuvio cui si aggiunge una breve relazione di un fulmine che cadde qui in Napoli nel mese di giugno dell’anno 1774, Napoli, 1786.

Come architetto e progettista eseguì il restauro completo dell’antica Porta di Capo La Torre, della Fontana pubblica, dei lavatoi, dell’acquedotto cittadino, e la costruzione sia del mulino comunale per macinare il grano, sia del Palazzo della Dogana della Farina, ma la sua improvvisa morte, avvenuta il 10 maggio 1790, bloccò la realizzazione di altre opere pubbliche, come l’allargamento della piazza principale e la costruzione del porto. Inoltre, di tutti questi progetti non abbiamo traccia, perché furono distrutti dalla tremenda eruzione vesuviana del 15 giugno 1794. In quegli stessi anni, la città di Torre del Greco stava anche portando avanti le trattative con le autorità centrali del Regno, per ottenere un riconoscimento giuridico della pesca del corallo da parte del Re di Napoli. Pertanto nel 1780 fu inviata dalla nostra città una supplica al Re, sottoscritta da padroni di barche, marinai, commercianti, sacerdoti, tra cui anche il nostro d. Vincenzo che ne era stato ispiratore insieme al sac. Francesco Saverio Loffredo, perché si procedesse alla stesura di un codice che tutelasse e regolasse tutte le fasi della pesca, del commercio e della lavorazione del corallo. Il Re Ferdinando accolse la supplica e diede mandato al giurista napoletano Michele De Iorio, assistito da una commissione formata da padroni di barche, marinai commercianti e dal sacerdote Loffredo, ad elaborare un regolamento per tutto ciò che riguardasse il mondo commerciale del corallo. Anche d. Vincenzo Romano seguiva con attenzione i lavori di questa commissione. Finalmente il Re Ferdinando IV di Borbone, con due Reali Carte del 17 novembre e del 22 dicembre 1789, approvava il Codice Corallino che veniva pubblicato il 14 aprile 1790.23 Nel 1791 Torre gioiva perché un suo figlio, Mons. Giovan Battista Brancaccio, che svolgeva la carica di Vicario Generale della Diocesi di Capua fu elevato all’episcopato: fu nominato Vescovo di Ostuni24 su richiesta del Re di Napoli il 16 dicembre 1791 e la nomina fu confermata dal Papa Pio VI25 il 27 febbraio 1792. Ad Ostuni il seggio vescovile era vacante da 9 anni e 6 mesi a causa di continui litigi nella diocesi e l’amministrazione era nelle mani del Vicario Capitolare Marco Antonio Falghieri. Il Vescovo eletto diede subito disposizioni per il restauro completo del palazzo vescovile26. 23 - Il Codice Corallino è diviso in XVII titoli (Capitoli). Esso fu stampato a Napoli dalla Tipografia simoniaca nel 1790. Il testo completo fu riportato in P. BALZANO, Il Corallo e la sua pesca, Tip. del Giornale di Napoli, Napoli, 1870. L’opera del Balzano è stata in seguito ristampata anastaticamente dalle Edizioni Analisi nel 1988 per conto del Comune di Torre del Greco nella raccolta Biblioteca Storica di Corallo che comprende 5 volumi. 24 - Ostuni: graziosa e attiva cittadina agricola in provincia di Brindisi, posta in posizione panoramica all’estremità delle Murge, su tre colli, dei quali il più eminente occupato dal borgo medioevale. La diocesi di Ostuni alla morte del Vescovo Brancaccio nel 1794 fu unita alla diocesi di Brindisi. 25 - Diz. Storia…, vol. 2, voce: Pio VI, p. 571; Nazareno Fabbretti, I Vescovi di Roma. Breve storia dei Papi, Torino, ed. Paoline, Collana Storia facile n. 2, 1986, pp. 292-294. 26 - L. PEPE, Memorie storico-diplomatiche della Chiesa Vescovile di Ostuni, Pompei, 1891, pp. 186-187; S. TAMBORRINO, Rudera Hostunen… (Manoscritto del secolo XIX che si trova nella Biblioteca Comunale “Francesco Trinchero Seniore” di Ostuni. Collocazione: Sezione Manoscritti n. 1430, folio 387 e ss.).

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1. Nascita e giovinezza (1793-1817)

Il 4 marzo del 1792 il Brancaccio fu consacrato a Roma da dove in aprile inviò un’affettuosa lettera pastorale ai suoi filiani27 e subito dopo si recò alla diocesi che guidò per 30 mesi con un’episcopato definito dal cronista locale P. Serafino Tamborrino nel testo Ostuni sacra “edificante”, speso tutto per alleviare le sofferenze del prossimo come nella carestia del 1793. Morì a Ostuni il 15 ottobre 1794, forse a causa del dolore provocatogli dalla notizia del disastro che aveva colpito la sua città nativa, Torre del Greco. Nella cittadina vesuviana la famiglia Romano conduceva una vita tranquilla, grazie alla presenza sempre vigile di d.Vincenzo. In quegli anni la casa del fratello Giuseppe fu allietata oltre che dalla nascita di Felice, anche da quella di Nicola il 30 marzo 1791, di Maria Rosa il 15 febbbraio 1785 e di Maria Grazia il 7 dicembre 1787. Ma l’anno dopo la nascita di Felice, Torre del Greco vivrà una delle pagine più tragiche della sua storia: l’eruzione del Vesuvio.28 Essa iniziò la sera del 15 giugno 1794. Era domenica, solennità della SS. Trinità, per d. Vincenzo Romano una giornata di ricordi felici, essendo stato ordinato Sacerdote il Sabato prima di tale festa nell’Anno Santo 1775. L’eruzione fu annunciata da una serie di scosse di terremoto, iniziate dal giovedì precedente e culminate con una violentissima nella serata del 15 giugno. Immediato lo spavento dei circa 17.000 abitanti di Torre del Greco, che subito scrutarono il Vesuvio, senza però scorgervi alcuna manifestazione eruttiva. Si giunse alle 2 ore ed ¼ di notte (attuali 22,15) e, racconta la cronaca di un testimone oculare, il dottor Luigi Maria Balzano:29 …Ma passarono quindici minuti30 che s’intese uno scotimento ed un fragore più veemente del primo, ed avendo di nuovo guardato il Monte. Vidde che vi erano aperte cinque voragini a linea retta della metà della china del Monte verso l’Eremo del Salvatore, la prima delle quali era giusto a linea retta della Torre, sotto l’apertura che fece nella sera del 19 maggio 1737…

Il Balzano continua: …verso le ore tre di notte (23 attuali) si vidde che la lava bituminosa si era gettata in due valloni: il primo detto li Scappi dei Nappari31 e nel fosse detto della Monaca e delle Novelle ove vi era già la lava del 1790… due lave poco dopo si unirono e camminando per lo spazio di circa un miglio e più con un fronte di circa mezzo miglio devastarono in un momento quelle fertilissime campagne tra le quali il territorio coltivato dello scrivente32 di circa 39 moggia sito nel luogo detto Teurano33, quale col casino e cappella, che era del valore di ducati 30.000…

27 - Ibidem, folio 389 ss. 28 - Per conoscere la Bibliografia di questa eruzione è fondamentale consultare Federico Furcheim, Bibliografia del Vesuvio, 1897. 29 - Testo completo in V. DI DONNA, L’università della Torre del Greco nel secolo XVIII, Napoli, 1912, 300 copie numerate, pp. 81 e ss. 30 - Le attuali ore 22, 30. 31 - Soprannome dato ad un ramo della famiglia Di Donna. 32 - Del dottor Luigi Maria Balzano. 33 - Cfr. V. DI DONNA, Vocabolarietto delle denominazioni locali di Torre del Greco, Torre del Greco, 1925, pp. 48-49.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

La lava continuava la sua discesa e, mentre si stava dirigendo verso Resina34, alle ore 6, 30 di notte (2, 30 attuali) cambiò direzione verso Torre, con una velocità tale che alle ore 7 (3 attuali) era prossima ad abbattere le prime abitazioni, avendo già raso al suolo la bellissima porta di Capo la Torre35 ed invasa la Regia Strada. Questa eruzione ebbe anche un altro testimone oculare, il rev. d. Antonio Guida, rettore della Chiesa di S. Maria del Principio36 il quale, con il suo racconto, colma le lacune del resoconto del Balzano e ci rievoca ciò che avveniva in quelle ore in città. Il rev. Guida ricorda che, all’inizio dell’eruzione, i torresi portarono le donne, i bambini e i vecchi o verso Resina e Napoli o verso Castellammare, (non sappiamo di preciso se la famiglia Romano andò verso Castellammare, ma questa ipotesi è la più probabile), mentre molti coraggiosi restarono in città (tra cui anche d. Vincenzo Romano) per attendere l’esito dell’avvenimento. Il rev.do Guida prosegue ricordando che il bene più prezioso dei Cristiani – la SS. Eucaristia – fu portata in salvo dall’Economo Curato D. Michele Pontillo che la recò prima nella Chiesa del Rosario, alla strada Borgo (attuale Corso Umberto I), da qui alla Chiesa di S. Maria del Pianto (Purgatorio), nella Cappella del Palazzo Arcivescovile37, poi nella Chiesa di S.Antonio Abate, nella Cappella del Marchese Rota38 e infine nella Chiesa Madre dello Spirito Santo a Torre Annunziata. Alle ore 7 ed 1/3 (attuali 3, 20), la lava demolì la bella Parrocchia di S. Croce: l’orologio dopo aver battuto le ore 7 ore (3,15), non potette suonare le ore 7 e 30 (3,30), perché ormai stava bruciando. Alcuni testimoni videro addirittura frammenti della chiesa sulla sommità della lava che si dirigeva verso il mare. Rimase emergente, 34 - Il nome dal 1 gennaio 1969 è stato cambiato in Ercolano, che era quello dell’antica città seppellita dal Vesuvio nel 79 d. C. 35 - Restaurata pochi anni prima sotto la direzione del sac. Gaetano De Bottis. 36 - Bibliografia su S. Maria del Principio: S. NOTO, Cenno storico sull’immagine e sulla Chiesa di S. Maria del Principio, Torre del Greco; V. DI DONNA, L’Università della Torre del Greco nel secolo XVIII, Napoli, 1912, pp. 1-400; G. LIGUORI, Attraverso la storia e la tradizione, Torre del Greco, Tip. Palomba & Mazza, 1925. 37 - Villa del Cardinale: la villa fu fatta costruire dal nobile napoletano Gennaro De Laurentis nel 1744. Costui due anni dopo fu costretto a causa di ristrettezze economiche, a mettere la villa in vendita. Il Cardinale Giuseppe Spinelli l’acquistò ed alla sua morte la villa rimase per volontà testamentaria all’Arcivescovo pro tempore di Napoli. Dal 1746 ha ospitato oltre agli arcivescovi di Napoli, anche alcuni santi come S. Alfonso Maria de’ Liguori, il quale nei suoi viaggi tra Scala, o Pagani, e Napoli si fermava per parlare con l’Arcivescovo di Napoli; S. Francesco Saverio Maria Bianchi, il quale era spesso ospite della villa per motivi di salute, e nel 1804 egli fermò con la sua preghiera la lava del Vesuvio che minacciava di distruggere il parco e la stessa villa. A ricordo di ciò esiste una lapide commemorativa sul muro verso il Vesuvio ove vi è una piccola edicola e si possono vedere i resti della lava che cercò di penetrare nel parco. La villa, all’indomani del terremoto del 23 novembre 1980, fu lasciata dalle Suore degli Angeli per il cattivo stato di conservazione, e da alcuni anni il Provveditorato delle Opere Pubbliche di Napoli sta procedendo al suo restauro statico e conservativo. Nel giugno 1989 il Cardinale Michele Giordano, arcivescovo di Napoli ha concesso in affitto la villa per 9 anni alla Comunità Terapeutica per Tossicodipendenti di Napoli “La Tenda”, per aprire una comunità diurna che accolga i giovani dal mattino alla sera. La Villa oggi (2009) non è aperta, e si spera che venga al più presto utilizzata o come museo o biblioteca e venga anche aperto il bellissimo parco ai visitatori 38 - Attualmente la cappella non c’è, il locale della Chiesa accoglie degli esercizi commerciali.

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1. Nascita e giovinezza (1793-1817)

come è stato disegnato in varie stampe dagli artisti che si portarono sul luogo, la parte superiore del Campanile, cioè il primo ed il secondo ordine, circondato dalla lava, come ancora oggi si può osservare. I morti, secondo il dottor Balzano, furono circa 15 e tutte persone anziane, tra cui anche un vecchio sacerdote, d. Crescenzo Lisita, ammalato di gotta. La mattina di lunedì 16 giugno si potette vedere chiaramente la rovina di Torre: della città, divisa in 8 sezioni, solo l’ottava rimase parzialmente libera dalla lava. In parte si salvarono il rione Vaglio (zona di S. Maria di Costantinopoli) con il Castello Baronale, un’area verso la chiesa del Carmine,a partire dalla strada Piscopia (il palazzo dei Romano fu risparmiato), proseguendo verso la cappella di S. Giuseppe39 e la proprietà dei Paduano. La lava era alta da un minimo di 40 palmi (10 m) a un massimo di 70 palmi (17,50 m). Furono distrutte completamente la Parrocchiale di S. Croce, con la Congrega del SS. Sacramento; fu danneggiata la Congrega dell’Assunta40, bloccato l’ingresso del Conservatorio dell’Immacolata Concezione41 (attuale Chiesa di S. Michele); fu distrutto completamente il Conservatorio della SS. Trinità42, le cui monache ed educande furono ospitate in alcune stanze del Castello Baronale e poi passarono definitivamente presso la chiesa dei Padri Cappuccini (attuale Parrocchia SS. Annunziata). Fu totalmente distrutta la chiesa di S. Maria del Principio. I sacerdoti a Torre del Greco erano circa 80. Quasi tutti assieme al vecchio parroco Gennaro Falanga, che aveva avuto distrutta la casa di città, furono ospitati, a Castellammare insieme a molti cittadini torresi. Il vescovo di quella diocesi43 ebbe un’attenzione particolare per questi sacerdoti, ai quali diede vitto, alloggio decente e anche breviario e talare a chi li aveva perduti. Notizie precise circa la destinazione della famiglia Romano non né abbiamo. Si suppone si sia rifugiata a Castellammare, mentre d. Vincenzo Romano rimase sul luogo, tentando, insieme ai torresi più coraggiosi, di salvare ciò che si poteva trarre dalle macerie coll’iniziare a sgombrarle, mentre con l’aiuto dei soldati si cercava di superare i vari disvelli formati dalla stratificazione dei numerosi rami di lava, per unire le varie parti della città. Felice aveva allora 11 mesi ed i Romano furono tra quelle famiglie torresi che tornarono subito in città, dal momento che il loro palazzo della strada Piscopia non era stato abbattuto dalla lava. Proprio negli stessi giorni, i torresi diedero risposta negativa alla proposta avanzata dal Re di ricostruire Torre in luogo sicuro e tranquillo. A fronte di questa risposta, il

39 - Attualmente è Parrocchia. 40 - Era frequentata dalla famiglia Romano, e d. Vincenzo Romano, dopo alcuni anni dall’ordinazione sacerdotale, fu nominato Padre spirituale di questa congrega. 41 - Istituzione religiosa che ospitava le fanciulle della borghesia napoletana e torrese sotto la direzione delle Carmelitane calzate. Fu fondato il nuovo Conservatorio da Madre Serafina di Dio, fondatrice anche di altri conservatori in nove località della Campania. Fu inaugurato nel 1727 da Mons. Domenico Galisio, Vescovo di Lettere. 42 - Istituzione religiosa, che ospitava fanciulle povere e per lo più torresi. 43 - Il Vescovo di Castellammare di Stabia era mons. Ferdinando Crispo.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

sovrano chiese di avere un rapporto dettagliato dei danni apportati dall’eruzione, ed è interessante rileggere la relazione che fece l’avvocato Fedele Fanelli - pubblicata in seguito dal Di Donna44 che alla fine formulava cinque proposte, che riportiamo per intero: 1. Riguardo agli edifici superstiti siti in paese o fuori, di qualsiasi natura, se ne doveva assegnare una parte, ritenuta sufficiente, per farvi abitare i cittadini dispersi, dopo averli richiamati e soccorsi, per farli dormire, fornendoli di qualche mobile puramente necessario. 2. Tutte le donne torresi erano dedite a lavori di cotone e di seta, e producevano calzette, berrettini, “rezole” e borse. Molte di esse si applicavano anche nel ricamo, ma di bassa qualità. Le loro produzioni si smerciavano nelle fiere locali del Regno e fuori. Il materiale veniva fornito da mercanti napoletani e le contrattazioni dei lavori venivano effettuate dalle maestre, che andavano a Napoli a prendere l’occorrente che poi distribuivano alle lavoranti. A queste maestre, dunque, dopo si riducono nelle abitazioni sopradette a dispensare una quantità di cotone e seta col obbligo di riconsegnare li lavori ed obbligare, o persuadere almeno con belle maniere li Mercanti ch’eran soliti a somministrare li lavori come prima e così poste in corrente queste lavoratrici nelle di loro rispettive arti non vi sarà più bisogno di soccorso e di carità, e per questo espediente far dar subito le disposizioni, giacchè avvezzato l’uomo a vivere di elemosina non si riduce più alla fatica, come l’esperienza dimostra, ed una numerosissima popolazione resterebbe a carico dello Stato e degli altri vassalli di S. Maestà. 3. Per far seguire l’unione de’ cittadini dispersi io stimo doversi destinare il luogo della Parrocchia, ch’è il centro delle unioni delle popolazioni. Tra le case rimaste vi è la Chiesa del Rosario sita nel quartiere chiamato Borgo o Casalnuovo, la quale Chiesa era Grancia della Parrocchia distrutta, ed è così piccola che a mio credere è capace di ricevere circa un centinaio di persone. Per ora mi sembra adatta la Chiesa dei PP. Carmelitani (attuale Parrocchia di S. Maria del Carmine) ch’è sita nel confine dell’anzidetto quartiere. 4. Ai cittadini convenien dare la libertà ove possono e come possono di formarsi baracche, tenne (tende) ed altri comodi. 5. Dovendosi formare la strada per aprirsi il commercio e volendosi fare altri edifici, stimerei supplicare la Maestà del Sovrano ad impiegare li paesani che bisogneranno all’opera ad esclusione di altri, maggiormente che so di esservi tra quei cittadini artefici espertissimi e di molta abilità ed in questo modo si darebbe pane a tanti infelici e si leverebbero dal pitoccare. La dispersa popolazione, a mio credere, che ne conosco l’indole ed il carattere, suol rifiorire, ed essere di nuovo ricca fra pochi anni se si protegga e si danno l’opportuni aiuti per la pesca dei coralli e principalmente per li paranzelli addetti alla pesca del pesce, ma a questa pesca si dovrebbe dare la libertà illimitata di pescare, nei mesi però permessi, cioè dal primo di ottobre fino a Pasqua di Resurrezione…

Questa relazione fu conclusa il 19 giugno 1794 e inviata al Caporota d. Francesco Peccheneda, Sopraintendente di Portici, Resina e Torre del Greco, che la inoltrò subito al Re, il quale già il 23 giugno diede il suo assenso al Cardinale di Napoli Zurlo perché la Parrocchia di S. Croce passasse presso la Chiesa dei Padri Carmelitani, come risulta da un documento rinvenuto da chi scrive durante il riordino e la catalogazione dell’Archivio Storico di S. Croce.

44 - V. DI DONNA, L’Università della Torre…, cit., pp. 86-90.

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1. Nascita e giovinezza (1793-1817)

Tutta la famiglia Romano fu pronta a collaborare attivamente all’opera di riedificazione della città, le donne di casa mettendo in pratica la proposta n. 2 del Fanelli, mentre d. Vincenzo, d. Pietro e il fratello Giuseppe (padre di Felice) iniziarono con gl’altri uomini lo sgombro delle macerie e la sistemazione della lava. Durante questi lavori, grazie anche alle notevoli pressioni del rev. Guida, alcuni uomini riuscirono a penetrare nella massa lavica, ove fu rinvenuta intatta, però circondata dal magma, l’antica edicola della Madonna del Principio. Era il 14 agosto 1794. Negli anni 1795 e 1796, i torresi cercarono di riparare i danni più leggeri causati dall’eruzione, per passare successivamente alla ricostruzione vera e propria. I fratelli Romano non si risparmiarono nel rimettere in sesto la città. All’inizio del 1796, il vecchio parroco Falanga, che aveva avuto distrutta la casa di città nella zona accanto alla Parrocchia (attuale zona Falanga), e quindi viveva lontano dal centro, in una casa di campagna di sua proprietà, scrisse una lettera al Canonico Vinaccia, Segretario del Clero di Napoli, nella quale chiedeva un aiuto, non potendo egli per l’età e le malattie condurre la Parrocchia e, nella stessa lettera, proponeva il nome di d. Vincenzo Romano, il quale appena saputo della lettera e del suo contenuto si recò dal vecchio parroco pregandolo di nominare una persona più degna. Il parroco Falanga lo rimandò invitandolo ad essere tranquillo, ma seguitò ad impegnarsi affinchè il Romano fosse nominato; quest’ultimo obbedì solamente quando il Canonico Vinaccia giunse a Torre e gli ordinò di accettare. E come Economo Curato il 5 giugno 1796, appena due anni e pochi giorni dopo l’eruzione, diede inizio con una solenne processione alla riedificazione della Chiesa Parrocchiale, portando egli stesso le pietre per la ricostruzione dal porto al sito della erigenda chiesa, il medesimo della precedente. In quello stesso anno, il cardinale Zurlo, che era stato sempre vicino ai torresi anche in quel periodo di dolore, conoscendo molto bene la situazione per essere venuto subito a Torre nella sua villa che era stata risparmiata dalla lava, chiamò a se il clero aiutandolo sia con denaro che con quanto occorrente per la vita sacerdotale (breviari, talari, arredi sacri), e depositò presso la Dogana del Sale in Puglia 9.000 ducati, affinché con gli interessi di questo capitale si potesse provvedere a stipendiare una Collegiata addetta al servizio in S. Croce. La Collegiata fu eretta il 30 settembre 1796 e il 16 ottobre una solenne processione, uscita dalla Chiesa di S. Maria del Pianto, si portava nella Chiesa del Carmine ove, davanti al Cardinale Giuseppe Capece Zurlo, fu celebrato il canonico possesso. I primi canonici furono: Parroco D. Gennaro Falanga (che da quel giorno si chiamerà Preposito); Economo Curato D. Vincenzo Romano; Vicario Foraneo D. Domenico Del Bufo; D. Saverio Loffredo; D. Giuseppe Serpe; D. Michele Pontillo; D. Paolo Gaudino; D. Aniello Ferrara; D. Ambrosio Brancaccio;

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Il sacerdote (1817-1832)

Il periodo che va dal settembre 1816 sino al momento dell’ordinazione sacerdotale è costituito da mesi intensi di preghiera, di attività in parrocchia al fianco dello zio parroco sia nel lavoro pastorale e sia nel lavoro di ricostruzione della parrocchia di S. Croce che procedeva velocemente, nonostante varie difficoltà, tutte superate con l’aiuto costante della provvidenza di Dio. Finalmente, nel giugno 1817, il diacono Felice Romano in una supplica al cardinale Ruffo Scilla chiede che: “…per maggiormente dedicarsi al culto divino, desidera ascendere al Sacro Ordine del Presbiterato nella prossima Ordinazione di Sabato Post Crucem. Pertanto umilmente prega l’Em.za V.a benignarsi di ammetterlo, e dare a chi spetta gli ordini opportuni per tutti i necessari requisiti…”1 Il cardinale arcivescovo, tramite il canonico Elefante, dà incarico al rev. padre Ignazio Tornese della Congregazione dei Padri della Missione di esaminare il candidato nella preparazione teologica, esame conclusosi positivamente. Nel frattempo lo zio parroco d. Vincenzo, e i fratelli d. Pietro e Giuseppe, stabiliscono con atto pubblico, redatto il 29 luglio 1817 dinanzi al notaio Giuseppe Fortunato2, di dare al nipote d. Felice ducati 36 per tutta la sua vita come rendita personale costituita in Sacra Patrimonia. L’8 settembre il parroco Romano può rilasciare l’attestato delle avvenute pubblicazioni effettuate nei giorni 24, 31 agosto e 7 settembre, dichiarando che non vi è stato nessun impedimento. Il 13 settembre Felice, insieme ad altri giovani, si reca presso la Casa dei Padri della Missione ai Vergini a Napoli per i Sacri Esercizi. Ci sembra utile, a tale proposito, riportare l’elenco dei candidati che entrarono in ritiro nel settembre 1817, i nominativi dei quali sono i seguenti: “Napoletani Ordini Minori solo per tre giorni Domenico Scarpa del Seminario Urbano Michele Scotti del Seminario Diocesano

1 - A.S.D. N., Fondo Sacra Patrimonia, 2 pandetta, fasc. 85. 2 - Il notaio Giuseppe Fortunato, figlio del fu Nicola, aveva studio e casa a Torre del Greco al IV vico Giardino del Carmine, n° 5.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

Tommaso Criscio del Seminario Diocesano Pietro Copino Domenico Falconio Angelo Annicelli Gaetano Maria Errichelli Gaetano Giannino Ignazio Bertoni Antonio Filosa. Per il Suddiaconato Accoliti: D. Raffaele Rossi del Seminario Diocesano D. Gennaro Di Giacomo del Seminario Diocesano D. Girolamo Rosati del Seminario Urbano D. Francesco Maffei del Seminario Urbano D. Gennaro Mennillo D. Salvatore Cigliano D. Luigi Irollo D. Gennaro Gagliotta D. Ferdinando Palumbo D. Saverio Basso D. Francesco Botta. Per il Diaconato Suddiaconi: D. Scipione De Rosa del Seminario Urbano D. Giuseppe Salzano D. Nicola Centa D. Michele Guarino D. Vincenzo Cozzolino D. Francesco Riccio D. Michele Manzo Per il Presbiterato Diaconi: D. Ciro Formisano del Seminario Diocesano D. Michele Riccio del Seminario Urbano D. Gennaro Tafuri del Seminario Diocesano D. Vincenzo Perna D. Agnello Coppola D. Mariano Iaconangelo D. Ferdinando Rispoli D. Giuseppe Sarno D. Giuseppe Capozzi D. Salvatore De Munzillis D. Raffaele Padovano D. Felice Romano. Candidati della Diocesi di Aversa 6 candidati al suddiaconato 6 candidati al diaconato 10 candidati al presbiterato.

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2. Il sacerdote (1817-1832)

Candidati della Diocesi di Capua 1 candidato all’accolitato 1 candidato al suddiaconato 3 candidati al diaconato. Candidati della Diocesi di Acerra 1 candidato all’accolitato 1 candidato al suddiaconato. Candidati della Diocesi di Chiazzo 2 candidati all’accolitato. Candidati della Diocesi di Sessa 1 candidato all’accolitato 1 candidato al diaconato. Candidati della Diocesi di S. Agata 1 candidato all’accolitato 1 candidato al suddiaconato 1 candidato al diaconato. Candidato della Diocesi d’Ischia D. Carlo Maltese candidato al Diaconato. Candidato della Diocesi di S. Marco di Calabria 1 candidato all’accolitato. Candidato della Diocesi di S. Marco in Lamis 1 candidato al diaconato. Per ordine dei Superiori R.do D. Pietro Roma di Procida R.do D. Francesco Perla Aversano R.do D. Vincenzo Guida di Vico Equense R.do D. Gabriele Ippoliti per sua devozione. Funzione Conferenze la mattina Sig. Morbillo Conferenze la sera Sig. Mastrurzi Istruzioni Sig. Iovinelli Uffizio Sig. Ferrajolo Messa Sig. Purpo Cerimonie Sig.ri Pozzuoli, e de Ecclesis”.

Ci è stato possibile trovare queste notizie sui compagni di d. Felice consultando l’Archivio dei Padri della Missione ai Vergini a Napoli che conserva ancora parecchio materiale inedito. Il 20 settembre 1817 è una giornata memorabile per Felice Romano e per la sua famiglia: nella Chiesa Cattedrale di Napoli viene ordinato sacerdote dal cardinale arcivescovo di Napoli Luigi Ruffo Scilla, e grande è la gioia di d. Vincenzo e di d. Pietro.

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Monsignor Felice Romano, un pastore nell’età del Risorgimento

Il giorno seguente, il 21 settembre, nella chiesa parrocchiale di S. Croce in Torre del Greco, in corso di costruzione (non sappiano a che punto erano giunti i lavori dal momento che soltanto nel 1827 sarà ultimata) d. Felice celebra con grande solennità la S. Messa, circondato dall’effetto di tutti i sacerdoti, sia della collegiata e sia del clero non collegiale, che avevano potuto già conoscerlo negli anni passati in parrocchia al servizio di tutti, dapprima come laico, poi come chierico. Il cardinale Ruffo Scilla destinò il novello sacerdote al servizio della Parrocchia di S. Croce a Torre del Greco, e quale fosse l’impegno che profuse in quell’incarico così è ricordato dallo stesso d.Felice: “…dopo poi che ascesi io al Sacerdozio, questo ramo (Archivio Parrocchiale) fu da lui (d.Vincenzo Romano) affidato interamente a me, ed era vigilante a prenderne conto…”3 La scuola dello zio continuò a trasformare e a modellare d. Felice, che lo assunse come modello da imitare, dando di ciò una precisa e appassionata testimonianza nel Processo Diocesano sul parroco Romano, spiegando in modo dettagliato quanto da lui aveva visto ed appreso. In pratica dalla recita del Breviario, che spesso celebrava con lo zio in casa o in parrocchia, all’amore per la liturgia, per cui e nel chiericato ed in seguito nella vita sacerdotale d. Felice memore dell’esempio, svolgerà con umiltà anche nelle feste in parrocchia l’ufficio di Maestro delle Cerimonie. Sempre dallo zio recepì non solo la sentita celebrazione della Messa ma pure il suo guidare il popolo alla migliore partecipazione alla stessa, predicando dal pulpito con il suo libretto “La Messa pratica”. Non di rado, poi, d. Felice celebrava mentre il Parroco svolgeva il compito, che dal Concilio Vaticano II viene chiamato del Commentatore, di colui che con brevi commenti dà la possibilità di seguire con attenzione e con profitto la celebrazione della S. Messa. Quanto al libretto della “Messa pratica” fu stampato nel 1820 per le continue insistenze del padre Salvatore Di Pascale dei Pii Operai, che era venuto a Torre, ebbe la fortuna di assistere alla Messa Pratica e restandone entusiasta. Nella lunga testimonianza resa da d. Felice non ci viene chiarito quali messe domenicali celebrava insieme con lo zio, di cui però fornisce una interessante rievocazione, precisa e dettagliata, della giornata domenicale4: “…il Servo di Dio in ogni giorno festivo… alla prima ora del mattino tanto di està che d’inverno usciva dalla casa accompagnato da uno che teneva appuntato, si portava nella Chiesa, ed accompagnava dal pulpito a ben sentire la Messa che faceva dire a quella ora pel commodo pubblico. Infine della messa faceva gli atti cristiani insieme col popolo per istruirlo a recitarli. Indi si metteva a confessare gli uomini, riserbando i giorni feriali a confessare le donne, e ciò per dar commodo ai lavoratori specialmente, e confessava fino all’ora della Messa Parrocchiale, circa cioè quattr’ore e mezzo prima di mezzogiorno (attuali 7,30). Diceva quindi la Messa Parrocchiale, e l’applicava pro populo 5 nelle do-

3 - A.S.S.C., Torre del Greco, Processo diocesano…, fol. 1009. 4 - A.S.S.C., Torre del Greco, Processo diocesano…, fol. 994. 5 - I parroci sono tenuti a celebrare una Santa Messa nei giorni festivi e solennità per i bisogni del popolo a loro affidato.

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2. Il sacerdote (1817-1832)

meniche, e feste dell’anno, anche nelle feste nelle quali per Bolla di Pio VII 6 del 1818 si era tolto in questo Regno l’obbligo di sentire la Messa, come egli stesso mi diceva, ed era in ciò tanto esatto… Nella sua messa parrocchiale nelle domeniche faceva l’omelia dopo il Postcommunio 7, e nei giorni poi del doppio precetto nella sua stessa Messa faceva il colloquio per l’apparecchio, e pel ringraziamento alla Comunione generale che faceva quando non erano giorni che richiedevano che avesse cantato messa solenne, secondo i statuti della Collegiata. Terminata la messa, e fatto il ringraziamento si metteva di nuovo a confessare gli uomini fino all’ultima messa che si diceva in Parrocchia verso tre quarti d’ora prima di mezzogiorno, nella quale egli accompagnava dal pulpito il popolo a ben sentire la messa, come aveva fatto nella prima messa per aiutare quella gente più trascurata che veniva a quell’ultima ora, come egli stesso mi diceva. Nel dopo pranzo delle Domeniche circa le ore ventuna (attuali 16,00) ritornava in chiesa e faceva la dottrina ai poveri facendogli anche recitare gli atti cristiani, e poi dispensava ad essi un grano per ciascuno, ed a taluno anche due grana, come io stesso vedeva dare ai poveri, i quali alle volte erano circa cento delle volte circa centocinquanta, ed alle volte circa dugento, quando specialmente se venivano dai paesi circonvicini. Terminata la dottrina ai poveri e dispensata la limosina saliva in pulpito a fare una predica istruttiva al popolo che durava circa un’ora, e dopo di questa si faceva la benedizione al popolo col Santissimo, che talvolta faceva egli stesso. Nelle domeniche nelle quali la chiesa era impedita pel Quaresimalista, o per Predicatore dell’Avvento mandati dall’Arcivescovo con patente, egli si portava in qualche Chiesa o Cappella Urbana o rurale secondo il bisogno ch’egli conosceva a dirvi Messa applicando sempre, “pro populo” e farvi la omelia solita, e fa al giorno la istruzione con l’esposizione del Santissimo nelle chiese Urbane, e dando egli stesso la benedizione con un fervorino precedentemente, ed anche dopo la benedizione nel rinserrare il Santissimo. Negli altri giorni festivi (solennità) dopo il Vespro egli faceva nella sua Chiesa una predica sul mistero della solennità che ricorreva…”.

Questi primi anni di sacerdozio di d. Felice Romano si svolsero in un periodo storico non troppo tranquillo. Era terminata da poco l’avventura napoleonica e si stava decidendo nel Congresso di Vienna l’assetto dell’Europa e il ritorno al potere dei legittimi sovrani. A Napoli da alcuni anni era tornato l’arcivescovo Ruffo Scilla come abbiamo già visto, ed era tornato anche il re Ferdinando IV di Borbone, ma i fermenti non erano 6 - Voce: Pio VII, Dizionario Mondadori Storia Universale, vol. 2, pp. 571-572. Il parroco Romano in questi anni soffrì molto per tutte le vicende collegate alle persone di Pio VI e Pio VII. Egli indisse continuamente preghiere per il ritorno dei pontefici dall’esilio, e spesso lo si vedeva in lagrime che ripeteva il salmo 79 o leggeva il passo degli Atti degli Apostoli (cap. 12, versetti 5.12) ove si ricordava il periodo in cui Pietro fu in carcere. Recitava anche in famiglia e con il chierico d. Felice speciali preghiere per il Papa, durante la recita del breviario. E quando il papa Pio VII tornò a Roma dall’esilio, il Romano impazzì di gioia, e non avendo paura dei francesi ancora presenti a Napoli e a Torre, diede solenni feste di giubilo: la chiesa di S. Croce fu addobbata di arazzi e panni pregiati, la città illuminata a festa e i testimoni dicono che solo quella volta il parroco permise l’ingresso di un’orchestra in chiesa. La cosa che gli fece maggiore gioia fu la presenza massiccia del clero non collegiale. Alcuni ecclesiastici informarono di ciò il papa, che disponibile ad ogni richiesta del parroco di Torre del Greco, acconsentì alla sua richiesta di impartire al suo popolo la benedizione ed anche una particolare per l’amico-nemico dei torresi: il monte Vesuvio. Il papa gli concesse il permesso di benedire in suo nome e gli mandò anche alcune “devozioni” da distribuire ai fedeli e inoltre alcune “cartelle della Madonna” da gettare nella bocca del cratere del Vesuvio. Il Parroco con difficoltà, volle personalmente salire sul Vesuvio per gettarvi all’interno le cartelle, a scopo propiziatorio. 7 - Dopo la comunione e prima dell’ultima orazione della S. Messa.

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Palazzo Romano, via Piscopia, Torre del Greco. Dettaglio del Palazzo Romano.

I


Museo di S. Croce, Torre del Greco - Volume appartenuto a D. Felice Romano. Chiesa di S. Croce, Torre del Greco - Tomba di S. Colomba Martire.

II


Chiesa di S. Croce, Torre del Greco - Stemma antico di S. Croce. Certificato di battesimo di D. Felice Romano.

III


PRESENTAZIONE...................................................................................................................................... 5 CAPITOLO PRIMO Nascita e giovinezza (1793 - 1817)..................................................................................................... 9 CAPITOLO SECONDO Il sacerdote (1817 - 1832)...................................................................................................................... 33 CAPITOLO TERZO Il parroco (1832 - 1854)......................................................................................................................... 59 CAPITOLO QUARTO Il vescovo (1854 - 1872)...................................................................................................................... 179 CAPITOLO QUINTO Sintesi pastorale.................................................................................................................................... 347 APPENDICE................................................................................................................................ 357 FONTI........................................................................................................................................ 424 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................ 425

431



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