a cura di Claudio Canzanella e della Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia
Edizioni Scientifiche e Artistiche
Copertina “Ulisse e le sirene”, particolare di un vaso attico proveniente da Vulci, V sec. a.C., Londra, British Museum.
Progetto grafico ed impaginazione Helix Media
Coordinamento identità visiva “Vincenzo Bellavia” R&MAG Partners
Fotografie in pasticceria Pasquale D’Orsi
Traduzione Jo Di Martino
I diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata anche con mezzi informatici, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, con fotocopia, registrazione o altro, senza la preventiva autorizzazione dei detentori dei diritti.
ISBN 978-88-95430-39-3 E.S.A.
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Edizioni Scientifiche e Artistiche
© 2012 Proprietà letteraria, artistica e scientifica riservata www.edizioniesa.com info@edizioniesa.com
“Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta. Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni. Ella corre ancora sui poggi, ella erra sulla spiaggia, ella si affaccia al vulcano, ella si smarrisce nelle vallate. È lei, che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori; è lei, che fa brillare le stelle nelle notti serene, …quando nelle giornate dell’aprile, un’aura calda c’inonda di benessere, è il suo alito soave; quando nelle lontananze verdine del bosco di Capodimonte, vediamo comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra ombra, è lei, col suo amante; quando sentiamo nell’aria un suono di parole innamorate, è la sua voce che le pronunzia; quando un rumore di baci indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i baci suoi; quando un fruscìo di abiti ci fa fremere è il suo peplo che striscia sull’arena …è lei, che fa contorcere di passione, nelle giornate violente dello agosto. Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale, è l’amore, Napoli è la città dell’amore.” Matilde Serao
Fig. 1 - Joseph Rebel, Veduta da Capo Miseno delle isole di Procida e Ischia, 1819. Olio su tela, Vienna, Wien Museum. Nella pagina a fianco: fig. 2 - il Cratere del Naufragio con la ricostruzione grafica della decorazione (725-700 a.C.), dalla necropoli di Pithecusa. Lacco Ameno, Ischia, Museo Archeologico di Villa Arbusto.
La fondazione di Napoli e le sirene
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a fondazione della bella e stupenda città di Napoli è avvenuta, secondo i dati storici di cui disponiamo, intorno al IX secolo a.C., ad opera di alcuni coloni greci che provenivano dall’isola di Rodi e dalla costa della penisola anatolica. Essi, infatti, verso l’880 a.C. fondarono un piccolo scalo commerciale sull’isolotto di Megaride e sul monte Echia. Circa un secolo dopo, poi, altri coloni giunti probabilmente dall’isola greca di Eubea e dalle città di Calcide e di Eretria colonizzarono l’isola di Pithecusa (odierna Ischia), ricca di giacimenti di argilla, materiale fondamentale per vasi ed altri oggetti di artigianato. Intorno al 680 a.C., infine, i Greci di Cuma trasformarono la piccola comunità del monte Echia, fondata come si è detto dai coloni di Rodi,
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Fig. 3 Ulisse e le sirene. Mosaico pavimentale, II secolo d.C. Museo del Bardo, Tunisi.
nella fiorente cittadina di Partenope, così chiamata dal nome della omonima sirena. Accanto ai dati storici, però, abbiamo anche una spiegazione mitica, altrettanto fortunata e che ha sfidato l’usura del tempo, la quale attribuisce la fondazione di Neapolis ad una delle Sirene: Partenope. Il mito delle Sirene, cantato e celebrato da Omero, padre della letteratura greca, per millenni ha affascinato tutto l’Occidente ed ha sempre avuto grande fortuna presso poeti, scrittori, filosofi, pittori, scultori e, com’è naturale, marinai e naviganti che durante le loro lunghe, pericolose ed avventurose navigazioni avevano il desiderio, ma anche la paura, di incontrarle sulle loro rotte. Esse hanno assunto nel corso del tempo, come vedremo, varie forme ed attributi ora affascinanti, armoniosi e seducenti, ora paurosi, funesti e rovinosi. Tuttavia, al di là di questo, il mito delle Sirene ha sempre avuto un indefinibile, leggero e quasi diafano fascino che ha resistito al logorio del tempo. Tra le diverse varianti mitiche riguardo la loro origine, (figlie di Forco e Cheto, o generate da tre gocce di sangue venute fuori dal corpo del fiume Acheloo che lot-
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Gli scrittori antichi unanimemente ritenevano che le Sirene dimorassero nella Magna Grecia, in particolare in qualche zona che presentasse pericoli per la navigazione e che, appunto, si trovasse tra lo stretto di Messina e il golfo di Napoli. Così Apollonio Rodio, Licofrone, Nonno e Seneca collocavano l’isola delle Sirene nelle vicinanze della Sicilia, mentre altri presso l’Etna o nelle isole Eolie, in particolare a Lipari. Tuttavia un’altra tradizione di ascendenza prevalentemente orale collocava l’isola delle Sirene nel golfo di Napoli, tra Capri e il capo di Sorrento, dove le correnti marine rendevano pericolosa e difficile la navigazione. In particolare i già citati mitici colonizzatori Teleboi crearono la leggenda dei tre isolotti detti Sirenuse oggi chiamati Li Galli (il cui ultimo proprietario fu lo straordinario ballerino Rudolf Nureyev), probabilmente per la forma di uccello che le Sirene avevano in origine. Anche lo stesso nome Sorrento potrebbe evidentemente derivare da Sirene, come sostenevano alcuni studiosi come per esempio il Pontano. Fig. 8 - Mappa del mondo secondo l’antico geografo Bertius. Riproduzione, Parigi, 1630.
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La sirena Partenope
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artenope, come si è detto, in seguito all’affronto subìto da Ulisse approdò e terminò la sua esistenza presso l’isolotto di Megaride, dove, poi, sarebbe sorto il famoso Castel dell’Ovo, collegato al mito di Virgilio Mago che appunto lì avrebbe nascosto il famoso “uovo” collegato con il destino e la sopravvivenza stessa della città di Napoli. Quest’isolotto, è stato considerato per secoli dalla tradizione popolare e misterica uno dei “centri del mondo”, staccatosi dal vicino Monte Echia e non inabissatosi Fig. 15 - Miniatura dai Manoscritti Virgiliani con la discesa di Enea agli Inferi, di autore ignoto del XV sec. Napoli, Biblioteca Nazionale. Nella pagina a fianco: fig. 14 - Anton Sminck van Pitloo, Castel dell’Ovo dalla spiaggia, XIX sec.
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Sul luogo di sepoltura della sirena Partenope si è discusso e congetturato a lungo nel corso dei secoli, da parte di archeologi, storici e letterati, senza, ovviamente, giungere a risultati certi e sicuri. Diversi poeti e scrittori (Virgilio, Ovidio, Stazio, Dionigi l’Africano, Plinio il Vecchio, Jacopo Sannazaro ed altri) ricordano, celebrano e cantano la tomba della sirena Partenope a Napoli. Ma dove si trovava la tomba di Partenope? Secondo alcuni storici, come P. Summonte, il luogo della presunta tomba sarebbe dove attualmente sorge la chiesa di San Giovanni Maggiore; qui, infatti, fu ri-
trovata un’antica iscrizione che si riferiva appunto alla sirena Partenope. Un’ipotesi affascinante è quella che pone la tomba della sirena Partenope nell’attuale zona di santa Lucia, ipotesi, purtroppo non verificabile e supportabile con dati e/o sondaggi archeologici, per il fatto che in conseguenza dei lavori effettuati per elevare il livello stradale sono state completamente distrutte le due strutture che esistevano prima dell’attuale chiesa. Per sostenere questa ipotesi, però, ci si può basare sulle notevoli analogie tra il culto pagano di Partenope e quello cristiano di Santa Lucia. Del resto non sarebbe, certamente, una novità che un culto cristiano si è insediato su di uno pagano reinterpretandolo ed accogliendo alcuni suoi caratteri tipici e specifici rituali. Innanzitutto già da un punto di vista etimologico i due nomi appaiono molto vicini perché collegati entrambi con la luce: Partenope dal verbo greco “orào” che vuol
col mito di Partenope richiama anche i colori giallo e rosso (ancora presenti nello stemma del Comune di Napoli) che si riferiscono proprio al sole e alla luna, in particolar modo nel mese di settembre (periodo della Costellazione della Vergine), quando la luna appare di colore rossiccio. Il culto della verginità di Partenope, poi, è diventato il cuore palpitante dell’humus religioso partenopeo e, pertanto, è presente anche in altri miti e personaggi mitici collegati con la città di Napoli, come Virgilio Mago, Apollo e la Sibilla. Durante l’età romana il mito delle Sirene e di Partenope andò decadendo, perché i Romani non ne adottarono il culto, addirittura fu in atto quasi una dissacrazione del loro culto, dato che erano viste addirittura come donne di marinai (mogli e figlie) che adescavano i marinai di passaggio dato che i loro uomini erano lontani.
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Partenope e Sebeto
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n particolare approfondimento merita, poi, la leggenda di Partenope e Sebeto. In un bel giorno di primavera, quando il sole iniziava ad essere più caldo e gioiosamente presente, la bella ed affascinante Partenope passeggiava lungo la riva del mare, ripensando al centauro Vesuvio, che, per l’invidia di Zeus, era stato trasformato in un vulcano. Il pensiero di quanto accaduto da un lato la intristiva e spingeva alle lacrime, ma dall’altro le dava forza, pensando che grazie allo svolgersi degli eventi aveva, comunque, potuto preservare la sua vergi-
Nella pagina a fianco: fig. 30 - John William Waterhouse, The Siren, 1900.
nità. Partenope, allora, si fermò sulla spiaggia proprio nel punto dove il fiume Sebeto si versava nel mare e, accovacciatasi sulla sabbia, iniziò a cantare con la sua voce dolce e melodiosa. Ad un certo punto le apparve un giovane alto come una quercia, bruno come il legno stagionato e con i capelli ricci come un bel fiore di giacinto; aveva, poi, occhi sicuri e penetranti che riuscirono a guardare nel profondo del suo animo: era il fiume Sebeto che aveva assunto le sembianze di un bel giovane per presentarsi alla sirena. Partenope arrossì e smise di colpo di cantare, ma il giovane sedendosi accanto a lei la invitò affabilmente a riprendere il canto, offrendosi anche di accompagnarla col suono di un flauto che aveva con sé.
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sue lacrime ormai avevano provocato un enorme ingrossamento del fiume che, esondando, aveva invaso tutte le campagne del territorio della città, dalle falde del Vesuvio fino alle colline ed alla costa. Intanto anche Partenope soffriva, perché anche lei si era innamorata del giovane Sebeto, ma il suo tenace attaccamento alla verginità e ad un amore fatto solo di dolcezza ed intesa intellettuale l’aveva frenata e continuava ad impedirle di vivere pienamente l’amore. La situazione sembrava ormai ferma ed irrisolvibile, finché tre affluenti decisero di recarsi al tempio della dea dell’amore Afrodite, per ricevere qualche indicazione o suggerimento su come risolvere la questione. La sacerdotessa della dea li ricevette, ascoltò l’accaduto ed offrì sacrifici e libagioni: poi consegnò ai tre giovani un’ampolla che conteneva un filtro magico, ricavato da alcuni fiori e foglie sacre alla dea e, perciò, afrodisiaco e disse loro di farlo bere alla sirena. Ma come riuscirci? I tre giovani iniziarono a meditare a lungo e pensarono di offrire alla sirena un impasto gradevole alla vista ed al palato. Così cominciarono a mescolare la farina ottenuta dal grano offerto da Deme-
Fig. 34 - John William Waterhouse, A Memaid, 1901. Nella pagina a fianco: fig. 33 - Bassorilievo con Afrodite e i devoti, rinvenuto a Pompei. Tarda età classica o primo periodo Ellenistico, IV sec. a.C. Museo Archeologico Nazionale, Napoli
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“Parthenope has no tomb, Parthenope is not dead. She still lives, splendid, young and beautiful for the past five thousand years. She still runs along the hills and wanders o’er the shores, she gazes into the volcano, meanders through the valleys. It is she who intoxicates our city with brilliance and colour. It is she who makes the stars glitter on tranquil nights… when, on April days, a warm aura engulfs us with well being, it is her blissful breath; when in the verdant distances of Capodimonte we note a white shadow joined to another shadow, it is she, with her lover; when we sense in the air the whisper of words of love, it is her voice speaking; when the sound of kisses, indistinct, subdued, startles us, they are her kisses; when we are startled by the rustle of clothing, it is her peplum trailing over the sand…it is she who causes us to grapple with passion in the violent days of August. Parthenope the virgin, the woman, dies not, has no tomb, is immortal, is love. Naples is the city of love.” Matilde Serao
The founding of Naples and the Sirens According to currently available historical data, Naples was founded around the IX century B.C. by Greek colonists from the island of Rhodes and from the Anatolian peninsula. Around the year 880 B.C. these colonists founded a small commercial centre on the isle of Megaride and on Mt. Echia. About a century later they were joined by other colonists, most likely coming from the Greek island of Euboea and the towns of Chalcis and Eretria, who settled on the island of Pithecusae (today’s Ischia), a site rich in deposits of clay, an essential material for vases and other craft objects. Finally, around 680 B.C., the Greeks of Cumae transformed the small community of Mount Echia, founded as we have stated by settlers from Rhodes, into the flourishing city of Parthenope, named after the siren of the same name. But in addition to historical data there is also a mythical explanation, one that is just as auspicious and that has withstood the test of time, attributing the founding of Neapolis to the siren Parthenope. The myth of the sirens, sung and celebrated by Homer, the father of Greek literature, has for millenniums fascinated the West
and inspired poets, writers, philosophers, painters, sculptors and, of course, sailors and navigators who during their long, dangerous and adventurous journeys greatly desired, but also feared, meeting them along the way. Over time they have assumed, as we will see, various forms and characteristics that are fascinating, harmonious and seductive but also frightening, ominous and destructive. Nevertheless, the myth of the Sirens has always enjoyed an indefinable, subtle and almost diaphanous fascination that has withstood the passage and the test of time. Among the many different versions concerning their origin, (daughters of Phorcys and Ceto, or created from three drops of blood from the body of the river god Achelous as he struggled with Heracles to win the hand of Deianira), the most credible tradition would have it that they are the daughters of the Muse of Tragedy, Melpomene, and of the river god Achelous. Following the abduction of Proserpine by Hades, king of the netherworld, they were given wings so that they could search for the young maiden over land and sea or, as others believe, as a punishment inflicted by Demeter/Ceres, because they had not sufficiently opposed the abduction of her daughter. Regarding their name, the term Siren has various origins. For example, it could come from the Semitic word “Shir” (song) or the
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usual fish; one particular example found in the Tyrrhenian Sea and also in the Gulf of Naples was the monk seal that, as everyone knows, resembled a human being: this must surely have influenced and impressed the sailors who thought they were Sirens, influenced as they were by the great heat and the long sexual abstinence they had to undergo in ancient times, when weeks and weeks were required to navigate the seas and complete their voyages. But why were the Sirens originally represented as birds? According to one tradition, Demeter transformed them into birds because they had not prevented the rape of Proserpine/Koree and/or had not later followed and found her; according to others, they were changed into birds as punishment for wishing to remain virgins. But all else aside, their birdlike aspect is surely also connected with the sweet melody of their songs, which so resembled that of birds. Actually, their similarity with birds is also explained by the fact that the Sirens were considered to be malefic, a bit like the Sphinx, connected with the world of darkness and the dead, because of their association with the myth of Proserpine/Koree, and their habit of killing sailors who were unfortunately and irresistibly attracted by their melodious song. Thus, like demons, they were considered to be divinities of seduction, love and death. 46 |
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And speaking of the Siren’s link with death, we must also mention the Athenian funerary friezes and vases where they are depicted as either weeping for the departed or welcoming him into the world of the dead. Through the centuries, however, the aspect of seduction and love came to prevail of the funerary aspect and today they have assumed almost exclusively a positive symbology. To this end there is much debate as to whether the cult of the Sirens is of native Greek origin or if, instead, it evolved from some area of Asia Minor. Homer describes them as maidens and the monstrous and hybrid aspect of their body could actually be the result of a slow and progressive process of assimilation and re-elaboration of myths from the Mediterranean basin and of ancient Minoan, Mycenaean or near east cultures; and of course this corporeal duality was also typical of the harpies and the Sphinx of Egyptian origin. Later on the cult may have been propagated by the Phoenicians, who sailed the routes of the western Mediterranean or even by the inhabitants of Crete and Rhodes who could have promoted the cult of the Sirens throughout Magna Grecia, with which they were thoroughly familiar and which they colonized to a certain extent. Art and literature also popularized Sirens through the centuries: we find them represented and depicted in countless vases, paint-
ings, sculptures, poems and prose. Especially in the nineteenth and twentieth century, in an era characterized by the resurgence of classicism, when many writers were inspired by the Homeric and ancient world, we find many representations of the Sirens (Hans Von Mareès, Giorgio de Chirico and numerous others). In literature also (Hans Christian Andersen, Gustave Moreau, Dante Gabriel Rossetti, James Joyce, Franz Kafka, Arnold Bocklin, Alberto Savinio, Curzio Malaparte) the myth of the Sirens is often reinterpreted and reproposed in new and different forms. The Sirens also played a part in philosophy, beginning with the Stoic philosophers who interpreted the song of the Sirens as the attraction of worldly temptations, the wax that prevented the companions of Ulysses from hearing their enticing songs as the philosophy that rescues man from the lure of temptations and the mast of the ship to which Ulysses was tied as the correct demeanour of the wise when faced with the lure of pleasure. In addition to Naples, the myth and cult of the Sirens or of similar creatures in different forms is also found in various other parts of the world, such as in Portugal, Chile, China, Brazil, Madagascar, Ireland, the Baltic regions, the United States.
The Siren Parthenope As narrated previously, following the outrage suffered by Ulysses, Parthenope reached and ended her existence on the islet of Megaride, where later would rise the famous Castel dell’Ovo, associated with the myth of the Sorcerer Virgil who supposedly concealed therein the famous “egg” linked to the fate and survival of the city of Naples. For centuries this tiny island was popularly considered to be one of the “centres of the world”, an area that had separated from the nearby Mount Echia rather than drowned, as happened to all the rest following a cataclysm of extraordinary dimension. And because this site survived it was considered simultaneously as the origin, death and renewal of the world, according to a cycle of death-destruction-rebirth that once again brings us back to the mythical siren Parthenope. In reality, the ancients imagined the body of the Siren Parthenope as extending throughout the Gulf of Naples, from east to west: thus the area to the east was called “CapoNapoli” (head of Naples), where, as we will see the “head of Parthenope” was later found and where its districts still maintain the suffix ‘capo’ (Capodichino and Capodimonte); the centre of the city was called instead the “body of Naples” (the area around the Piazzetta PA RT H E N O P E
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double nature and by the solar and lunar attributes connected with her cult. Regarding the lunar-solar cult, historian P. Summonte also refers to their colours - yellow and red, (still present in the emblem for the City of Naples) which are directly related to the sun and the moon, especially during the month of September (the period of the Constellation of the Virgin), when the moon appears to be reddish. The cult of Parthenope’s virginity has also become the throbbing heartbeat of the Parthenopean religious humus and is also present in other myths and mythical personages connected with the city of Naples, like Virgil the Sorcerer, Apollo and the Sybil. During the Roman era the myth of the Sirens and of Parthenope slowly declined as the Romans did not adhere to the cult, in fact the cult was practically desecrated as sirens were viewed more as the women of sailors (wives and daughters) who lured passing sailors while their own men were far away. Nevertheless, it is known that the emperor Tiberius greatly admired the Sirens, as did also Lucullus, who had his villa near Pizzofalcone, a site connected with Parthenope. During the Middle Ages the cult of Parthenope continued to decline, even though the work “La Cronaca di Parthenope” led to the slow and progressive revival of the origins of the city and its mythical founder. 50 |
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During the humanistic era the legend of Parthenope once again became fashionable when G. Pontano and J. Sannazaro resumed the myth of the founding of the city and her link with the River Sepeitos. Thus in the fifteen hundreds, a drawing of the Greek temple of the Dioscuri by De Hollanda once again reveals the image of the Siren Parthenope on the pediment, next to the Dioscuri, Apollo and Ceres. There were also two fountains of the era representing Parthenope, one described by P. Summonte near the port, now destroyed, and the fountain of Spinacorona, better known as the “fountain of the tits”, showing a siren as a woman with the wings and claws of a bird standing on Mt. Vesuvius. Water issues from her breasts, thus the popular nickname, while underneath is an invocation to Parthenope to placate the ire of the ever threatening and dangerous volcano. The original of this fountain is in the Museum of San Martino, while a copy, now damaged, is on via Giuseppina Guacci Nobile, a side road of Corso Umberto. Beginning around the end of the 16th century, Parthenope frequently began to be depicted with the River Sepeitos, witness the various incisions from subsequent eras. The representation of Parthenope began to slowly evolve, assuming the fish-like semblance now familiar to us, and to be associated with other marine animals, as can be seen from the fountain dedicated to
her in piazza Sannazaro. Starting in the 1700s, in particular from the Revolution of 1799 bearing her name, the myth of Parthenope re-emerged and continued with the Grand Tour, when travellers from all Europe came to Naples and enjoyed collecting the popular tales on the Sirens and on Parthenope. In addition to paintings and sculptures Parthenope also inspired many composers: A. Benelli, G.F. Handel, D. Sarro, H. Hasse, L. Mancia, S. Mayr, C. Debussy who dedicated a nocturne to her and F. P. Tosti. The bond between Naples and Parthenope is also confirmed by numerous local legends, all extremely fascinating and delightful. The legends of Parthenope that developed through the centuries are all based in the Gulf of Naples. For example, it is said that the Siren lived in the sea in front of Baia and that she was madly loved by Hercules, to whom she bore a child, Everrète. Another legend, much better known, narrates that the centaur Vesuvius was so in love with her that he aroused the envy and ire of Zeus who transformed him into a volcano, irremediably forced to admire the beautiful Parthenope without being able to embrace and possess her. This provoked tre-mendous resentment in Vesuvius, who consequentially explodes periodically with disastrous and ruinous eruptions.
At a certain point the myth of Parthenope become entwined with that of the River Sepeitos, as we have said, with which she is often depicted. The Latin poet Columella writes: “The wise Parthenope is bathed by the benign lymph of the Sepeitos”: but then the Sepeitos also was a local divinity. Even on a coin of the V c. B.C., we find that one side of the effigy depicts a young Sepeitos and the other a winged woman, perhaps Parthenope. According to legend there was an intense and passionate love between the river, usually shown as a bearded old man like all other fluvial divinities and the Siren, and from this love was born Sebetide, the young girl given in marriage to the king of the Teleboi of Capri, Telone, and mother of Oebalus, the future first king of Palepolis, which would eventually become Neapolis. Numerous poets also sang of the love between Parthenope and Sepeitos, including G. Pontano, N. Partenio Giannettasio, J. Sannazaro and others.
Parthenope and Sepeitos The legend of Parthenope and Sepeitos merits further study. One fine Spring day, when the sun was warm and joyously present, the beautiful and fascinating Parthenope was walking
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confused: suddenly she blushed as she began to feel a subtle tremor throughout her body and an irresistible desire for the handsome Sepeitos. Thus the Siren inexorably surrendered to the joys of love with her Sepeitos, forgetting her vow: the sweet sin was accomplished! The harmonious union of the historic Neapolitan pastry Shoppe “Vincenzo Bellavia” with the mythological figure of the Siren is symbolized by the very location of the new store, located on Via Partenope 1, the main street of the centre of Naples, with its extraordinary variety of delights accompanying you across the entire spectrum of flavors, from the traditional to the innovative. It is here that the magical dessert that finally led Parthenope to love was created, interpreted by the brothers Lucio and Germano in an extraordinary and rewarding collaboration with a scholar of Greek mythology, contributing to the rediscovery of this legend by creating two marvelous preparations both named “Sin of Parthenope”, as a homage to the legend: the sweet cherry liqueur and a “take away” dessert, that remains fresh and delicious even days after buying.
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Captions Fig. 1 - Joseph Rebel, View of the islands of Procida and Ischia from Capo Miseno, 1819. Oil on canvas, Vienna, Wien Museum. Fig. 2 - The Cratere del Naufragio (Cup depicting shipwreck) with graphic reconstruction of the decoration (725-700 B.C.), from the Necropolis of Pithecusae. Lacco Ameno, Ischia, Archaeological Museum of Villa Arbusto. Fig. 3 - Ulysses and the sirens. Mosaic paving, II c. A.D. Bardo Museum, Tunis. Fig. 4 - Gustave Moreau, Melphomene in the painting titled Hesiod and the Muse, 1891. Fig. 5 - The siren of Canosa in the national archaeological museum of Madrid. Fig. 6 - Engraving of Ulysses enchanted by the sirens. Fig. 7 - Coin from IV c. B.C. depicting the siren Parthenope. Fig. 8 - Map of the world by the ancient geographer Bertius. Reproduction, Paris, 1630. Fig. 9-10 - Two different illustrations of sirens. The classical depiction on a vase dating to the IV-III c. B.C. and a medieval representation on a miniature taken from the Sloane Code 278 pg.47, dating to 1250-1300, currently in the British Library. Fig. 11 - Gian Lorenzo Bernini, The Rape of Proserpine, 1622. White marble 255 cm. Rome, Borghese Gallery. Fig. 12 - Frederic Leighton, The Fisherman and the Siren, 1858. Private collection. Fig. 13 - Giorgio de Chirico, Triton and the Siren, 1907. Private collection. Fig. 14 - Anton Sminck van Pitloo, Castel dell’Ovo seen from the beach, XIX c. Fig. 15 - Miniature from the Virgilian Manuscripts depicting Eneas’ descent to Hades, author unknown, XV c. Naples, National Library.
Fig. 16 - Plan of the city of Naples by Braun and Hogenberg, from Civitates Orbis Terrarum I47, 1572. Fig. 17 - Parthenope, daughter of Eumelus of Fera, as depicted in the volume by Giovanni Antonio Summonte, Dell’historia della città, e regno di Napoli, by Gio. Antonio Summonte, Neapolitan..., Tome I, p. 23. Naples, Antonio Bulifon, 1675. Fig. 18 - Oswald Achenbach, Fireworks over Santa Lucia, between Mount Echia and Castel dell’Ovo, 1875. Oil on canvas, Hermitage Museum, Saint Petersburg Fig. 19 - Domenico Beccafumi, Santa Lucia, 1521. Oil on wood, National Gallery of Siena. Fig. 20 - The hermaphrodites of Pathenope, Grecoroman statue, found at the end of the XVI c. in the Anticaglia area of Naples. Fig. 21 - Apollo and the Sibyl, fresco from Herculaneum, Naples, National Museum. Fig. 22 - The School of Virgil in Marechiaro in an eighteenth century gouache, author unknown. Naples, private collection. Fig. 23 - Antique etching of the remains of the Villa of Lucullus in Pizzofalcone. Fig. 24 - Francisco de Hollanda, bas-relief of the Temple of the Dioscuri (Castor and Pollux), detail of pediment. Fig. 25 - Parthenope sculpture in the Spinacorona Fountain in Naples. Fig. 26 - Statue of the siren Parthenope from the sculpture of the Fountain in piazza Sannazzaro, Naples. Fig. 27 - Francoise Joseph Heim, Vesuvius receiving fire from Jupiter to destroy the cities of Herculaneum, Pompeii and Stabiae, 1827. Fig. 28 - The Sebeto Fountain, detail, located in Largo Sermoneta, Naples. Fig. 29 - Paolo Saverio di Zinno, Study of the Sebeto, from the Festival of the Mysteries, XVIII c.
Fig. 30 - John William Waterhouse, The Siren, 1900. Fig. 31 - Franz von Stuck, Mermaid, early XX c. Fig. 32 - Charles Haslewood Shannon, The Mermaid, early XX c. Fig. 33 - Bas-relief with Aphrodite and her followers, found in Pompeii. Late classical era or early Hellenistic period, 4 c. B.C. National Archaeological Museum, Naples. Fig. 34 - John William Waterhouse, A Mermaid, 1901. Fig. 35 - Aphrodite’s potion and the ingredients of the “Sin of Parthenope”. Fig. 36 - Franz von Stuck, Faun and Nixe, early XX c.
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Alla scoperta dei segreti del Peccato di Partenope Discovering the secrets of the Sin of Parthenope
‌che attraversano la leggenda in un mitico viaggio nel gusto. ‌that replicate the legend through a mythical journey of taste.
Indice
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La fondazione di Napoli e le sirene
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La sirena Partenope
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Partenope e Sebeto
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The founding of Naples and the Sirens
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The Siren Parthenope
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Parthenope and Sepeitos
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Alla scoperta dei segreti del Peccato di Partenope Discovering the secrets of the Sin of Parthenope
Contenuti Extra
Finito di stampare presso Cangiano Grafica in Volla (NA) nel mese di Giugno 2012
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Š 2012 Proprietà letteraria, artistica e scientifica riservata www.edizioniesa.com info@edizioniesa.com tel. 081 3599027/28/29 - fax 081 8823671
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9 788895 430393