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Giuseppe Zen: Macelleria Popolare con cucina
EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
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Anno XXXIV N. 10 • Ottobre 2019 € 5,42
MACELLERIE D’ITALIA
Macelleria popolare con cucina: la filosofia della carne di Giuseppe Zen
di Federica Cornia
Mangiare la carne? Sì, ma poca e da animali allevati grass fed. È il pensiero di questo cuoco prestato all’arte della macelleria che opera al Mercato comunale della Darsena di Milano
“Macelleria popolare con cucina”: ci inciampi
mentre navighi sul web. La curiosità sorge immediata. Interessante, pensi. Di click in click scopri che è la macelleria aperta al Mercato comunale della Darsena di Milano da GIUSEPPE ZEN, patron del noto locale Mangiari di Strada, ristorante in città con alla carta il meglio della cucina popolare italiana. Vuoi assolutamente andare a vedere. Ti capita l’occasione. Bene. Ma prima ti vuoi preparare almeno un po’ per l’intervista, non si sa mai. Puoi, come me, leggere qualche articolo qua e là per raccogliere informazioni e farti un’idea. Puoi pure prepararti qualche domanda e scriverla sul quadernino che infili in borsa, certo, ma sappi che tanto salterà tutto gioiosamente per aria non appena entrata al mercato, giri l’angolo e incontri Giuseppe Zen. Un’accoglienza come lui nessuno mai. Scompiglia tutto in un battito di ciglia e in men che non si dica ti introduce nel suo mondo in un’alternanza favolosa di assaggi, considerazioni dal sapore filosofico
Giuseppe Zen al banco della Macelleria popolare con cucina al Mercato della Darsena di Milano.
sul mondo della carne e del cibo più in generale, racconti appassionati e divertiti. Mentre ti spiega che sta spol pando un collo di pecora per preparare le svizzere, ti ha già indicato la salsiccia di pecora, messo sul bancone un calice di vino bianco naturale e un’insalata di trippa con sale, limone, carota, menta, sedano e cipolla. Il rapimento è istantaneo e tu stai lì, confusa, t’incanti, come sotto un fuoco d’artificio ascolti piovere parole mentre un gusto nuovo si apre al palato. «Questa è l’unica macelleria in Italia che ha scelto di trattare esclusivamente carne, bovina e ovina, di solo pascolo, carne grass fed» dice Giuseppe. Intanto gente va e viene, assaggia, acquista, fa domande, si ferma a curiosare cosa c’è di buono in vetrina e fa i complimenti per la bella figura fatta con le bombette di Cisternino alla grigliata della sera prima. «Tutto quello che è qui non contiene chimica» continua Giuseppe. «La trippa è lavata a vapore. È un modus vivendi per me. Non è una scelta commerciale. Se vuoi fare avanguardia oggi devi andare indietro di 80 anni e cercare esclusivamente quel che è naturale. In una mucca nutrita con mangimi che arrivano da granaglie, tenuta alla catena, curata con antibiotici, cosa c’è di naturale?».
Per questo Giuseppe cerca e fruga lungo tutta la dorsale appenninica. Lì vede grandi potenzialità perché c’è chi alimenta il bestiame solo a fieno e ad erba.
Lascia fare alla natura anche in macelleria Giuseppe: i tagli di carne bovina non finiscono a banco prima di 30 giorni. Come il filetto che mi indica, 4 mesi di frollatura, dice.
Cuoco prestato all’arte della macelleria, come si autodefinisce, Giuseppe Zen della macelleria dice che è un’artigianalità bellissima. «E chi meglio del cuoco può dare interpretazione a questi aspetti di naturalità della carne e del cibo? Per questo ho pensato di fare il macellaio e con carne di solo pascolo.
Ma cucinata come? Beh, secondo le declinazioni della cucina popolare italiana: dalla lingua alla genovese alla salsa verde, dal morzeddhu
(tipico piatto calabrese a base di carne di vitello considerato un vero e proprio simbolo della città di Catanzaro, NdR) alle bombette di Cisternino». Sul banco intanto approda un altro assaggio: carpaccio puro con olio di brace, sale e pepe. Una prelibatezza. «Il mio mestiere è la ricerca. La cultura sul prodotto è primigenia, ma il macellaio una visione della carne come quella di un cuoco non ce l’ha».
Ricerca, unisce competenze, sperimenta Giuseppe Zen. E lo fa con passione. Ha tutta una sua visione filosofica secondo cui anche il mestiere del macellaio è figlio della sociologia, nel senso che riflette e risponde alla relatività di umori del tempo storico e del luogo: «Vendi quel che va per la maggiore e noi oggi confondiamo il tenero col buono. Io sono per lasciar fare alla natura e allora la metrica, il passo, sono diversi. Tutto ciò che c’è dietro ad un cibo ottenuto così è diverso». Per dire che se la morbidezza della carne è un parametro di qualità, bisogna però rivalutarne il gusto.
Per questo il grass fed, per questo la scelta di piccoli allevatori delle colline parmensi, dell’Oltrepò Pavese, di Sicilia e Sardegna, per i quali è fondamentale il rispetto per l’animale. Come ROCCO MARIA
RONCHI, che alleva Angus a Fornovo di Taro (PR), o come GIUSEPPE
GRASSO che alleva bovini in libertà a Vizzini(CT). «In questo modo si riscopre la meraviglia dell’agricoltura famigliare che produce tutto in modo autonomo» racconta Giuseppe. «La totalità dei miei fornitori ha scelto di fare una vita dedicata alla natura. Certo nessuno di loro è ricco come lo intendiamo oggi. Ma credo che la libertà sia anche essere libero da strutture mentali che ci condizionano».
In ambito agricolo questo significa coltivare naturalmente, cosa che, da curioso sperimentatore quale è, Giuseppe mette in pratica nel suo orto adottando le teorie del libro “La Rivoluzione del Filo di Paglia” di MASANOBU FUKUOKA, botanico e filosofo giapponese, teorico dell’agricoltura del non fare. «Dopo trent’anni di ricerca sulla materia
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prima ora voglio dedicarmi alla sua origine».
Una sorta di punto zero, di ritorno al punto di partenza a cui è arrivato, come dice lui, un po’ anche a causa del destino: «Succede che in una sera 30 anni di lavoro vengano spazzati via dall’acqua. E tu sei lì, impotente». Sta parlando dell’allagamento del ristorante di via Lorenteggio il 29 dicembre 2017, quando 85 metri cubi d’acqua, 85.000 litri, inondano le segrete di Mangiari di Strada. «Abbiamo rifatto subito tutto e realizzato la prima cantina di vino naturale a Milano. Una cantina di quelle vere, in cui arriva l’uva, si pigia, diraspa, si affina e si imbottiglia» sottolinea. Voleva riaprire il locale in modo continuativo il 25 luglio 2018 ma si è preso una pausa. In fondo quell’incidente, dice, in un certo senso è la madre di Macelleria popolare con cucina, di Panificio Italiano e Resistenza Casearia, l’Eden gastronomico cui ha dato vita in Darsena.
Posa una polpetta sotto i miei occhi: «Questa è la polpetta della nonna. Sai, c’è sempre una liaison familiare nel rapporto col cibo». E
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di questa preparazione originata dal riutilizzo dell’avanzo, appena ne assaggio un boccone, ne ridisegno l’idea nel mio immaginario. Stessa cosa mi succede per il montone arrosto con timo, maggiorana e menta assaggiato poco prima: tutt’altra cosa dal kebab a cui siamo abituati.
In questa macelleria dove si celebra la carne di pascolo, e dove se chiedi una bistecca assaggi subito la fettina insieme a Giuseppe, stupore e meraviglia sono la quintessenza dell’esperienza che si fa del cibo. Esperienza che ti apre un mondo nuovo, inatteso. Qui davvero l’effetto sorpresa ridisegna le geografie del gusto. Aperta sabato e domenica, chiusa il lunedì, alla Macelleria popolare con cucina ti puoi far preparare un panino al lampredotto o con la trippa, o il pani câ meusa (milza), sederti ai tavoli riservati a Mangiari di Strada e, affacciato al lungomare di Milano, leccarti i baffi.
Federica Cornia
Nota Dove non diversamente segnalato le foto sono di Federica Cornia.
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