La carne suina costituisce uno dei comparti produttivi più importanti per i Paesi del Sud-Est Asiatico, Cina in primis. La UE-27 rappresenta il maggiore fornitore, con una quota che tocca il 52,9% del totale importato
proveniente dalla UE 27, sempre nel 2020, ha segnato un +23,6% per un valore totale di 23 miliardi di dollari. Le produzioni in questione provenienti dall’Italia, infine, hanno raggiunto un +10,3%, pari a un totale di 500 milioni di dollari. Uno scenario molto dinamico, che nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2021, complessivamente, ha raggiunto in termini globali un aumento del 30% per un totale di 90 miliardi di dollari, mentre per la UE 27, sempre nel primo semestre di quest’anno, l’aumento si è fermato a +8,9%, per un totale di 12 miliardi di dollari. Carni suine La carne suina costituisce uno dei comparti produttivi più importanti per i Paesi del Sud-Est Asiatico, Cina in primis. Un comparto duramente colpito negli ultimi anni dalla Peste Suina Africana, che nel solo Paese del dragone ha causato l’abbattimento di oltre 500 milioni di capi (–36% nel solo 2019) costringendolo ad aumentare le importazioni per rispondere al fabbisogno della popolazione. La quota in volume importata nel 2020 in tutti i Paesi del Sud-Est asiatico presi in esame ha raggiunto in volume 8,7 milioni di tonnellate, per un valore di 25 miliardi di dollari. Le elaborazioni di Clal.it mettono in evidenza che la UE-27 rappresenta il maggiore fornitore di prodotto, con una quota che tocca il 52,9% del totale importato e un aumento, nel periodo gennaiogiugno 2021, del 7,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando però, rispetto al 2019,
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si toccò un +38,5%. Nel periodo marzo-agosto 2021 le importazioni di carni suine nella sola Cina hanno registrato un rallentamento, per lo più legato al ripopolamento degli allevamenti locali. Dall’Unione Europea i Paesi del Sud-Est asiatico, nel periodo gennaio-giugno 2021, hanno importato il 16,1% in più di carni suine rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando però l’incremento aveva toccato, sull’anno prima, il +33,1%. Se guardiamo all’Italia, le importazioni nel primo semestre 2021 hanno raggiunto un +28,4% in volumi, generando in valore un +37,7% pari a 300 milioni di euro. Lattiero-caseario Ammontano a 26,6 milioni le tonnellate di latte equivalente importate dai Paesi del Sud-Est Asiatico nel 2019, necessarie a coprire il fabbisogno interno dei Paesi presi in esame, dove il tasso di autoapprovvigionamento non ha superato il 66,4%. Secondo le elaborazioni di Clal.it, i consumi pro capite di latte in quei Paesi non sono nemmeno lontanamente assimilabili a quelli della UE tant’è vero che in Cina, nel 2020, si è registrato addirittura una contrazione rispetto al 2019 di –3,8%, a fronte di un +0,3 dell’area UE e addirittura di un +5,1% della Nuova Zelanda. Va sottolineato però che nel periodo gennaio-agosto 2021 le importazioni di siero di latte in Cina hanno conosciuto un aumento del 30,3%, a fronte di un +6,2% registrato nello stesso periodo del 2020, un forte incremento dovuto in gran parte al ripopolamento degli allevamenti suinicoli, reduci dai numerosi abbattimenti causati dalla Peste Suina Africana che ha falcidiato numerosi allevamenti per un totale, si calcola, di circa 500 milioni di capi abbattuti. L’import di prodotti caseari dall’Italia, nel primo semestre di quest’anno ha conosciuto un aumento del 46,6%, a fronte di un più modesto +3,2% nello stesso periodo dello scorso anno, mentre dalla UE 27, sempre nel periodo considerato, i semilavorati lattierocaseari hanno incassato un +7,7% e
addirittura un +38,3% per i prodotti finiti. Riguardo i formaggi come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la Mozzarella, il Gorgonzola, i formaggi duri non DOP e altri freschi il nostro Paese ha esportato nel primo semestre del 2021 il 19,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Cereali e semi oleosi Con una quota di 135,9 milioni di tonnellate, pari a 33 miliardi di dollari, il Sud-Est Asiatico riveste un ruolo fondamentale nell’import di cereali provenienti dai maggiori produttori mondiali, testimoniato da un andamento in costante crescita che nel periodo gennaiogiugno 2020 ha incassato un +10,7% sull’anno precedente raggiungendo addirittura un +27,6% nel primo semestre di quest’anno. L’elaborazione dei dati relativi alla produzione di cereali e semi oleosi operata da Clal.it mette in evidenza che la quota di import cinese ha determinato una riduzione degli stock mondiali con un aumento dei prezzi a livello internazionale che sta caratterizzando il mercato ormai da diverse settimane. Secondo l’USDA (il Dipartimento dell’Agricoltura americano, NdR) la prossima stagione dovrebbe registrare un aumento del 4% degli stock di cereali soprattutto negli USA e in Cina: questo però, secondo l’analisi degli esperti Clal.it, non dovrebbe avere un impatto riduttivo sulle attuali quotazioni, ragion per cui la speranza di tornare alle quotazioni pre-Covid sono viste molto flebili. Lo stesso ragionamento riguarda i semi oleosi, con la soia che copre il 93% delle importazioni totali. Gli stock nei magazzini dovrebbero aumentare in termini quantitativi dopo il forte calo di quest’ultimo periodo, ma anche in questo caso non sono previste variazioni significative riguardo i prezzi. Nel 2020 sono state importate 147,9 milioni tonnellate di prodotto per un valore di 61 miliardi di dollari, con un aumento del 3,05% già incassato nel primo semestre di quest’anno. Anna Mossini
Eurocarni, 12/21