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La Collina dei maiali neri Gaia Borghi

5 domande a Joris Coenen,

del Belgian Meat Offi ce

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Abbiamo incontrato JORIS COENEN, responsabile del Belgian Meat Offi ce, e gli abbiamo fatto alcune domande sulla situazione attuale del mercato globale delle carni nel post Covid-19. Ricordiamo che il Belgian Meat Offi ce è il primo punto a cui rivolgersi per contattare gli esportatori belgi di carne suina e bovina. L’agenzia è stata costituita nel 2003 all’interno del VLAM, il Centro fi ammingo per il mercato della pesca e dell’agricoltura.

Joris, qual è la situazione del mercato globale delle carni dopo due anni di pandemia?

«Dopo due anni di Covid-19 l’industria globale della carne è sotto pressione. L’infl azione sta salendo, aggiungendo costi ulteriori alla vita nella sua quotidianità e comprimendo i redditi disponibili. Negli ultimi anni la Cina era uno sbocco necessario, essenziale, per la carne, a causa delle sfi de sul mercato europeo. Certamente la Cina continuerà ad importare, ma non sarà così dipendente dalle importazioni in futuro. Gli esportatori devono quindi cercare delle alternative.

Le circostanze attuali non sono favorevoli al mercato globale della carne, considerato l’aumento del costo dei mangimi, del costo del lavoro, i problemi ambientali… Tutti questi fattori suggeriscono che sarà necessario aumentare i prezzi della carne, ma ciò smusserà la crescita della domanda. Per la ripresa dal Covid c’è ancora molta strada da fare, ma alla fi ne tutto questo avrà come risultato un incremento della domanda di carne. Il mercato europeo della carne, tuttavia, deve affrontare sfi de sia da un punto di vista legislativo che ambientale».

Come si colloca l’industria delle carni belghe in questo contesto?

«L’industria belga della carne suina ha subito due anni di focolai di PSA nei cinghiali. Quando questo problema sembrava fi nalmente risolto — il Belgio è uffi cialmente esente da PSA dal 1o ottobre 2020 —, il commercio mondiale ha iniziato a risentire delle conseguenze della

Joris Coenen, responsabile del Belgian Meat Offi ce.

Bovini di razza Belgian Blue al pascolo (photo © DWP – stock.adobe.com).

pandemia. Entrambi i virus lasciano le loro tracce. Tuttavia, la forte posizione sul mercato interno ci ha protetto dal peggio. L’attenzione al cliente e alla qualità si è rivelata fondamentale».

La pandemia ha danneggiato il commercio tra Belgio e altri Paesi?

«Nel suo complesso il commercio non è stato seriamente compromesso. Durante i periodi di blocco ci sono state diffi coltà, ma nel lungo periodo il commercio si è ripreso rapidamente. Se guardiamo ai numeri del 2020, vediamo che c’è stato un incremento del +2,1% delle esportazioni di carne suina rispetto al 2019. All’interno dell’Unione Europea le esportazioni belghe sono aumentate del +1,5%. L’export in Italia è rimasto stabile, con una quota del 5% sul totale delle esportazioni belghe, il che rende l’Italia la quinta destinazione di esportazione per la carne suina belga. Polonia, Germania, Paesi Bassi e Repubblica Ceca sono le restanti delle prime 5 destinazioni della carne di maiale belga. I primi mesi del 2021 confermano questa tendenza al rialzo».

La pandemia ha avuto conseguenze per il consumo di carne in Belgio?

«Più che mai i Belgi considerano importante l’origine del loro cibo: 9 Belgi su 10 vogliono conoscere l’origine della loro carne. Scegliere un prodotto locale signifi ca sostenere l’economia locale, signifi ca avere fi ducia nei controlli rigorosi della fi liera, nella sua sicurezza alimentare e nel minor impatto sull’ambiente. Il consumo domestico aumenta poiché i Belgi stanno più a casa e mangiano meno fuori.

La pandemia e le relative misure governative di contenimento hanno portato ad avere un anno atipico: i Belgi hanno mangiato signifi cativamente più a casa rispetto all’anno precedente. Se abitualmente il 72% dei pasti a base di carne è consumato a casa contro un 28% fuori casa (anno 2017), nel 2020 la quota è salita all’81%. Il cambiamento è stato maggiore per la carne bovina, che in genere viene consumata più frequentemente al ristorante, rispetto alla carne di maiale.

Complessivamente il consumo domestico di carne (pollame, selvaggina e carne congelata) è aumentato del 13%: il consumatore belga ha mangiato mediamente 29,5 kg di carne nel 2020 (rispetto ai 26,1 kg nel 2019)».

Quali sono le sfi de principali per l’industria delle carni nel 2022?

«Sono due: l’infl azione dei costi (materie prime, energia e trasporti) è uno di questi. E si tratta di costi diffi cilmente assorbibili a breve termine. Un’altra sfi da è trovare lavoratori qualifi cati e dedicati, fondamentali per garantire un’alta qualità e quindi un cliente felice».

>> Link: www.belgianmeat.com/it

La Collina dei maiali neri

Una storia d’amicizia e intraprendenza imprenditoriale, un piccolo allevamento nei boschi del Cuneese per una “nuova” razza suina estintasi negli anni ‘30 del secolo scorso e ricreata nel nuovo millennio. Ma anche “una fantastica avventura!”. Parola di Alessandro Chiapella, titolare con la famiglia dell’omonimo salumifi cio di Langa, che ci racconta come è nato quest’ultimo progetto che lo vede coinvolto in prima linea e l’attenzione e le richieste che arrivano da ogni dove per assaggiare questa carne e i salumi che verranno

di Gaia Borghi

Andrea Romero e Alessandro Chiapella con alcuni capi dell’allevamento “La Collina dei maiali neri”.

Una a vita libera in collina, tra i boschi; ghiande, nocciole, radici, erba e tuberi con cui fare grandi scorpacciate e un lago a disposizione per rinfrescarsi. Si presenta così la “casa” en plein air di un centinaio di maiali di razza Nero Piemontese a Sant’Antonino di Salmour, in provincia di Cuneo. Si chiama “La Collina dei maiali neri” ed è una nuova realtà allevatoriale che nasce dall’unione di intenti di quattro imprenditori, con il coinvolgimento delle loro famiglie. Quattro amici che si sono ritrovati a condividere un progetto e dei valori su cui costruirlo.

La storia è breve ed è fatta, come sempre succede, anche di caso, coincidenze, destino. Andrea Romero è l’allevatore da cui tutto ha inizio; colui che, insieme al produttore vitivinicolo del Roero, ma grande appassionato di allevamento, Roberto “Teo” Costa, e col sostegno della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, ha selezionato i primi soggetti di questa “nuova” razza, sperimentando per oltre dieci anni incroci tra i capi di popolazioni suine presenti tra il Piemonte e la Lomellina. Maiali neri, la cute color ardesia, con le zampe anteriori e il muso chiaro, caratterizzati da grande rusticità e adattabilità alla vita all’aperto, che nel marzo dello scorso anno hanno ricevuto da parte del MIPAAF la concessione del marchio che li riconosce come appartenenti alla razza del “Suino Nero Piemontese”.

Il secondo socio è Flavio Mozzone, titolare col fratello Marco dell’omonima ditta di legnami di Salmour, il quale, avendo sentito parlare dell’allevamento sui generis di Andrea, si è incuriosito ed è entrato in questa avventura mettendo a disposizione la propria porzione di bosco collinare.

Poi c’è Alessandro Chiapella, terza generazione di macellai e salumieri in Langa, proprietario con i genitori Giovanni e Giorgia, il fratello Davide e la sorella Elisabetta del Salumifi cio Chiapella di Clavesana (CN), un’azienda artigianale specializzata nella produzione di salumi L’etichetta del salame di Nero Piemontese a marchio Chiapella, con tanto di maiale nero in cartoncino da conservare alla fi ne dell’assaggio.

tipici del territorio, e non solo, che in questi anni abbiamo avuto modo di conoscere molto bene e seguire altrettanto nelle diverse attività e nei diversi punti vendita, tra Carrù e Barolo. Infi ne c’è Gustavo Gilli, notaio torinese con la passione per la buona cucina e i prodotti naturali. «“La Collina dei maiali neri” è l’ultimo progetto della mia famiglia ma, soprattutto, è un’avventura fantastica in cui siamo entrati per un colpo di fortuna» mi racconta Alessandro. Per portare avanti il suo sogno senza snaturarlo, senza cedere alle lusinghe della grande industria che lo aveva contattato per avere l’esclusiva sull’acquisto dei capi, Andrea aveva infatti bisogno dell’appoggio di qualcuno che conoscesse bene il mercato dei salumi, qualcuno che sapesse valorizzare questa nuova razza e la particolarità delle sue carni con l’artigianalità delle lavorazioni, rispettando i tempi di crescita naturali degli animali e la tipologia di allevamento all’aperto.

«È stato Andrea a contattarci direttamente e, non appena abbiamo iniziato a parlare, siamo entrati subito in sintonia; poi abbiamo scoperto che con mio fratello Davide avevano fatto l’anno di leva nella stessa caserma. Quando si dice il destino… L’entusiasmo e la voglia di mettersi subito all’opera sono arrivati di conseguenza».

I capi di razza Nero Piemontese hanno la cute color ardesia, le zampe anteriori e il muso chiaro, e sono caratterizzati da grande rusticità e adattabilità alla vita all’aperto.

Nero Piemontese, Nero di Piemonte o Nero di Cavour: questa “nuova” razza suina deriva dal recupero di un’antica razza autoctona dei territori della Langa, Roero e del Basso Piemonte denominata Cavour, citata ancora nel 1927 dal prof. ETTORE MASCHERONI nella sua pubblicazione “Zootecnia speciale”. Suini neri con la maschera facciale bianca, rustici e docili, che si adattavano perfettamente alle condizioni di pascolamento nei boschi e nelle colline della zona e costituivano una notevole ricchezza alimentare per le famiglie contadine del tempo perché, grufolando liberamente, si cibavano di ciò che la natura ed il suolo avevano da off rire: ghiande, tuberi, frutti e radici, oltre ai sottoprodotti presenti nelle case contadine. Con pochi soldi ed energie, quindi, le famiglie avevano l’opportunità di crescere animali che avrebbero garantito loro la “sussistenza carnea” per tutto l’anno. Dopo gli anni ‘30, con l’avvio dell’industrializzazione e l’arrivo di nuovi ibridi dal Nord Europa che meglio si adattavano alle condizioni di allevamento industriale (e garantivano performance produttive più “spinte e veloci”) se ne persero le tracce. La razza è rimasta estinta fi no a circa 10 anni fa, quando, con l’aiuto della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino e in particolare del prof. Riccardo Fortina, l’allevatore Andrea Romero e il vignaiolo di Castellinaldo Teo Costa hanno ripercorso le tappe di questa razza autoctona per riportarla in vita. Incrociando soggetti con caratteristiche fenotipiche e morfologiche uguali a questa razza, è stato possibile, dopo diversi incroci, “ricostruire” nel vero senso della parola il Nero di Cavour Piemontese. Le razze utilizzate per la ricostruzione sono state: Apulo-Calabrese; Nero di Parma; Garlasco, altra razza sempre presente in Piemonte prima degli anni ‘40, ma sviluppatasi maggiormente nella zona verso la Lombardia (alto Vercellese e Lomellina). I risultati sono stati subito soddisfacenti, tanto che il MIPAAF, controllando gli animali, ha stabilito la presenza di omogeneità di razza riconoscendola nella primavera del 2020.

Libertà e lentezza in collina per una carne e dei salumi ricchi di nuove sfumature

Stiamo parlando di uno spazio di oltre 20 ettari, ricoperto da boschi, querce e noccioli, e campi aperti. All’interno di questo allevamento ogni capo (ad oggi sono un centinaio circa) gode di oltre 600 metri tutti per sé. «Mantenere il distanziamento tra un animale e l’altro è molto importante per il loro benessere» conferma Alessandro Chiapella.

Sulla collina, inoltre, come accennato, c’è un lago naturale, presenza fondamentale perché i maiali possano goderne durante le ore più calde della stagione estiva, per rinfrescarsi e ripararsi dal sole e dal fastidio degli insetti attraverso i fanghi che si producono sulla loro pelle dopo i bagni.

«È un luogo talmente bello che ce ne siamo innamorati immediatamente non appena lo abbiamo visto» dice Alessandro. «Abbiamo addirittura pensato che, in un futuro non troppo lontano, potremmo costruire delle casette sugli alberi per accogliere i turisti in visita, visto

“La Collina dei maiali neri” è un luogo dove gli animali vivono in piena libertà, si nutrono con ciò che il bosco off re loro e crescono con ritmi naturali. L’allevamento è ad oggi il più grande tra i 7 che fanno parte dell’associazione della nuova razza.

che l’interesse in questa direzione davvero non manca».

Ma torniamo alla carne e ai salumi di Nero Piemontese. Innanzitutto, un animale allevato con queste modalità cresce due volte più lentamente rispetto ad un capo industriale e, per le stesse ragioni, ha una carne molto più saporita, a cui non è necessario aggiungere il sale in cottura per intenderci; così come il suo grasso, il lardo, ricco di Omega-3, possiede ed è capace di regalare ai salumi che se ne ricaveranno inedite sfumature di sapore.

«Al momento macelliamo due maiali alla settimana» prosegue Alessandro Chiapella. La carne viene lavorata innanzitutto come prodotto fresco, con tagli, dal fi letto con osso al tomahawk, indicati per la ristorazione, soprattutto per quella cosiddetta di alta gamma (una scelta, questa, legata ai numeri e al prezzo di questa carne che è circa quattro volte superiore a quella del maiale “tradizionale”) e che, in questa parte del Piemonte tra l’altro abbonda (anche nel 2021 il Piemonte si è infatti riconfermato in seconda posizione tra tutte le regioni italiane con un totale di 46 ristoranti stellati, dei quali un tre stelle, il Piazza Duomo ad Alba di ENRICO CRIPPA, e 4 due stelle, NdA).

«Occorre prenotarsi e aspettare per ricevere gli ordini perché le richieste che riceviamo sorpassano di gran lunga i numeri dell’allevamento, ma ne vale assolutamente la pena».

Oltre ai tagli freschi, da casa Chiapella uscirà naturalmente una linea tutta nuova di salumi di Nero Piemontese, rara ed esclusiva come questa razza (la commercializzazione dei prodotti è appena iniziata); salame, il prodotto più rappresentativo, lardo stagionato, pancetta, il carpaccio, una novità di grande interesse, e la spalla cotta.

«Saremo probabilmente tra i primi a mettere sul mercato un prosciutto crudo di Nero Piemontese stagionato almeno 30 mesi e per questo ci siamo affi dati all’esperienza di ELIO PASTORELLI di Roccaforte Mondovì» conclude Alessandro.

Intanto la Compagnia del Nero del Piemonte si sta ulteriormente allargando, visto che 8 maiali dell’allevamento sono stati portati dalla collina in alpeggio a Valliera di Castelmagno, dove CLAUDIO CONTERNO e altri “barolisti” producono il celebre formaggio e dove gli animali, oltre ai “frutti” del bosco, saranno alimentati con il siero della cagliatura del latte.

Gaia Borghi

Salumifi cio Chiapella

Corso Vittorio Olcese 6 12060 Clavesana (CN) Telefono: 0173 732001 E-mail: info@chiapellasalumi.it Web: www.chiapellasalumi.it

Nota

Photo © Davide Dutto.

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