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Speciale Salento Lungo le coste del Salento Massimiliano Rella

Il mondo del pesce e della pesca di una delle terre tra le più turistiche d’Italia

Lungo le coste del Salento

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testi e foto di Massimiliano Rella

A destra: Andrea D’Amico, cuoco ed ex istruttore e campione di Tae Kwon Do, sulla terrazza della trattoria “A Casa Mia”, di Tricase Porto (LE). In basso: tetrapodi frangionde a Tricase Porto. All’orizzonte la costa dell’Albania.

Siamo andati lungo le due coste del Salento, la Ionica e l’Adriatica, spinti dalla curiosità d’indagare lo stato

dell’arte sul mondo del pesce e della pesca in una terra tra le più

turistiche d’Italia, dove però si avverte il vuoto di un grande mercato ittico che non c’è. Ma, nonostante le disfunzioni, abbiamo trovato idee, progetti e modelli di sviluppo che hanno bisogno soltanto d’essere guidati e accompagnati a compimento. Come sta facendo da tre anni il GAL (Gruppo d’Azione Locale) della Terra d’Arneo, in Salento occidentale, con varie iniziative di valorizzazione del pesce povero e dimenticato. O come è stato in parte già fatto, sulla sponda opposta, nella frazione di Tricase Porto, dove un’intera comunità costiera è diventata un museo a cielo aperto e un modello di sostenibilità acclamato addirittura dalla FAO. La chiamavano Tricase Morto, oggi si pesca, si studia, si fa ricerca e formazione sul mare. E a pranzo e a cena, anche in una fredda giornata d’inverno, negli otto ristoranti (aperti in questi anni) del porticciolo i clienti non mancano mai.

Storie di pesca e pescatori che

si sono reinventati, come una coppia di Porto Cesareo che propone con successo il pescaturismo. Storie di allevamenti virtuosi — e da premio — in mare aperto, storie di cibo e storie di cucina: dalla zuppa povera quataru alla scapece gallipolina, una specialità a base di pesciolini, mollica di pane, aceto e zafferano che un’azienda di Sannicola produce artigianalmente — unica azienda — dal 1954, anno della trasformazione in attività d’impresa di un’antichissima ricetta di Gallipoli.

Storie di progetti, di musei e “valigie didattiche”, che un biologo del GAL porta in giro per le scuole del Salento per far conoscere ai bambini, i consumatori di domani — e perché no? i futuri pescatori— la ricchezza e la varietà dei nostri mari. Mari azzurri, puliti, mari ricchi di specie curiose, come il riccio matita o il paguro Bernardo, che la rete dei musei di Nardò, Gallipoli e Porto Cesareo racconta e testimonia con ampio e prezioso repertorio d’esemplari.

“Pesci ricchi, pesci poveri” — recita il titolo di un volume fresco di stampa — e pesci dimenticati, ma che alcuni ristoranti e trattorie tornano a rendere protagonisti con squisite ricette tradizionali, una buona riscoperta della tavola che chiude il cerchio e sostiene il piccolo pescatore. L’ultimo anello di una pesca che guarda con favore alla sostenibilità.

Massimiliano Rella

Riccio matita (Stylocidaris affi nis) e paguro bernardo (Pagurus bernhardus) nell’Acquario del Salento a S. Maria al Bagno, marina di Nardò (LE).

Mostra di ex voto del mare realizzati da artisti locali negli spazi ipogei dell’Associazione Magna Grecia e del Porto Museo di Tricase.

In alto: scheletro di balenottera comune pescata a fi ne ‘700 nel Museo civico Emanuele Barba a Gallipoli (LE). In basso: interni del Museo del Mare Antico a Nardò (LE).

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