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Su e giù per la Valtellina
Bresaola, vini rossi, formaggi d’alpeggio, ciambelle di segale e pizzoccheri
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Su e giù per la Valtellina
di Massimiliano Rella
La Valtellina, un territorio della Lombardia settentrionale, tanto bello quanto estremo, è uno di quei luoghi che ti sa conquistare in tanti modi e che di sicuro sa prenderti per la gola. Il suo prodotto più conosciuto è la bresaola, di cui ci siamo già occupati parlando del salumifi cio dei fratelli MASA, a Vetto, in provincia di Sondrio (si veda, RELLA M., Masa Salumi: due fratelli, una tradizione norcina, su P REMIATA SALUMERIA ITALIANA n. 4/2019, pag. 42): è uno dei salumi a minor contenuto di grassi, fatto con carne di manzo straniero o italiano, salata e speziata con vari aromi (pepe ed erbe) e lasciata marinare 10-15 giorni a seconda della pezzatura, poi messa a stagionare per un periodo che arriva a 2-3 mesi.
Grandi rossi
Proviamo una fetta di bresaola con un calice di vino rosso da uve Nebbiolo della Valtellina, una terra che oggi conta 750 ettari di vigne, tutte scoscese e su terrazze, ma che negli anni ‘70 arrivavano a 3.000 e a inizio secolo scorso addirittura a 5.000 ettari. Poi andate perse per l’abbandono dell’agricoltura e l’emigrazione.
Le menzioni del Valtellina Superiore D OCG corrispondono a zone di diversa dimensione e localizzazione: a ovest troviamo il Maroggia (circa 25 ettari), poi il Sassella (zona più rocciosa), e a est di Sondrio il Grumello e l’Inferno; proseguendo verso Tirano, la zona del Valgella, la più grande. Ovunque si può produrre lo Sforzato con la tecnica dell’appassimento delle uve su graticci. Il Nebbiolo, localmente chiamato Chiavennasca, è il vitigno che nei secoli ha dimostrato di adattarsi al meglio all’ambiente pedoclimatico della fascia pedemontana delle Alpi Retiche. La particolare geografi a della Valtellina assicura ventilazione con scarse precipitazioni, luminosità ed esposizione ottimale, escursione e gradiente termico. I suoli, invece, sono di origine morenica e alluvionale.
Le denominazioni riconosciute sul territorio sono: la D OCG Valtellina Superiore, la D OCG Sforzato di Valtellina, la D OC Rosso di Valtellina e la IGT Alpi Retiche. A sua volta la D OCG Valtellina Superiore comprende 5 sottozone indicabili in etichetta: Maroggia, l’ultima riconosciuta nel 2002, nel comune di Berbenno; Sassella, la menzione storica tra il comune di Castione Andevenno e il territorio a ovest di Sondrio; Grumello, sul versante a nord-est di Sondrio; Inferno, la più piccola delle sottodenominazioni, a est del Grumello tra Poggiridenti e Trevisio; infi ne Valgella, la più estesa delle sottozone, nei comuni di Teglio e Chiuro. Ma ovunque si può produrre lo Sforzato con la tecnica dell’appassimento delle uve su graticci per circa tre mesi.
Il regno dei sapori della Valtellina
Forse il miglior tempio del gusto dei sapori valtellinesi è una incredibile bottega storica nel centro di Morbegno, la Bottega Fratelli Ciapponi, aperta dal 1883, alla terza generazione (www.ciapponi.com). È composta da vari locali e da una decina di cantine dove sono stipati vini, formaggi, farine, pasta, conserve, marmellate, salumeria e tante altre specialità della Valtellina, come la dolce bisciola, i pizzoccheri, la bresaola, il miele; e qualche specialità italiana e vini stranieri. A gestirla i cugini A LBERTO e PAOLO CIAPPONI, che non di rado troviamo nella cantina del Bitto intenti a scrivere a mano la data di nascita di ogni formaggio.
Bitto, Casera & Co.
Se parliamo di formaggi, non possiamo dimenticare l’azienda agrituristica con microcaseifi cio e trattoria valtellinese Stella Orobica, proprietà della famiglia M URADA e gestita dai fratelli GIULIANO e L UCA (www.stellaorobica.com). Producono artigianalmente Bitto, Valtellina Casera, Stella Orobica (da latte intero crudo, stagionato 6 mesi) e latteria. Ogni giorno lavorano 400 litri di latte dalle loro 30 vacche di razza Pezzata rossa. Un piccolo caseifi cio con caldaie in rame e stampini in legno. Grazie ad affi tti comunali gestiscono 25 ettari di prato per il pascolo in fondovalle, altri 50 ettari tra i 700 e i 1.500 metri slm e 200 ettari di pascoli in alpeggio, sopra i 2.000 metri slm. Gli animali stanno al pascolo 5 mesi l’anno; d’inverno sono alimentati con fi eno dell’azienda e mangimi biologici.
Grano saraceno e segale che passione
Non si lascia la Valtellina senza prima aver assaggiato altre due specialità: i pizzoccheri e la bisciola. I pizzoccheri sono la tipica pasta valtellinese fatta con un impasto di acqua e farina: tre quarti di farina di grano saraceno, un quarto di farina bianca. Sembra che siano stati creati nel paese di Teglio. Vari documenti attestano che questo grano era coltivato a Teglio già nel 1600. Da qualche anno l’Associazione per la Coltura del grano saraceno, che riunisce i coltivatori locali, lavora sulla valorizzazione del prodotto. Ricerche dell’Università di Pavia hanno dimostrato la diversità genetica delle piante nel territorio di Teglio, dovuta allo sviluppo di un ecotipo locale per adattamento al microclima e all’ambiente.
Questa pianta di origini asiatiche in realtà non è un cereale, ma una poligonacea (famiglia del rabarbaro). Sviluppa delle infi orescenze a grappoli e dopo l’impollinazione un 20% si trasforma in piccoli chicchi di forma triconica (a tre facce e “piramidali”) di un colore che varia dal grigio scuro al marrone.
A proposito di dolci. La bisciola è il classico dolce valtellinese, una sorta di panettone fatto con lievito madre o naturale, più uova, burro, zucchero e uvetta. Non ci sono canditi, ma noci e fi chi secchi: tanto impasto quanta frutta secca, in particolare le noci. La pezzatura varia da 450 e 750 grammi. «Per produrlo servono tre impasti, come il panettone, quindi tre giorni di lavoro», ci racconta L UIGI CAO, titolare ad Ardenno, insieme ai fratelli E ZIO e M ICHELE, del Panifi cio e pasticceria Cao. Producono artigianalmente anche vari tipi di pane, dalla michetta alla pagnotta, e un’altra specialità locale come la ciambella di segale. Cinque anni fa Cao, che è presidente dell’associazione Panifi catori della provincia di Sondrio, ha coinvolto una quindicina di pastifi ci per realizzare, insieme a Coldiretti, un progetto di recupero della segale autoctona (www.panifi ciocao.it).
Massimiliano Rella
Nota
Photo © Massimiliano Rella.