Piaceri 07 Luglio/Agosto

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Magazine di cultura enogastronomica e turismo

Anno IV - n. 7/8 - Luglio/Agosto 2016

il gorgonzola dop

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I C CO O PI RT A ES IA

Formaggio per tutte le stagioni: parola di Cannavacciuolo


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primo piano

Vendemmia 2016: tutte le premesse di una raccolta generosa e di elevata qualità Il caldo è spuntato al momento giusto, nella seconda metà di giugno, ed è proseguito a livelli più che soddisfacenti nella prima parte di luglio. Le viti ne hanno largamente beneficiato, sull'intero territorio nazionale, e promettono molto

Mancano ancora un paio di mesi, alle vendemmia, ma i “segnali” al momento solo largamente positivi. Tranne che in limitate zone del Paese, che sono state prese di mira da grandinate di una certa intensità, le viti si sono avvantaggiate di condindizioni climatiche favorevoli, specie a partire da metà giugno.

Prospettive buone, anzi eccellenti, per la ormai prossima vendemmia 2016. C’è voluto un po’ di tempo e la tradizionale pazienza dei nostri viticoltori per capire dove fosse finita la stagione delle piogge e dove invece stesse iniziando l’estate. Ciò che è avvenuto con il caldo sole di fine giugno e con un altrettanto soddisfacente inizio di luglio. La fioritura della vite è andata a buon fine, sia per le varietà precoci che per le tardive, e lo sbocco degli acini ha il segno di buon riempimento. Nei territori del Basso Piemonte (Langhe, Monferrato e Roero) i filari hanno già avuto due sfogliature e nelle aree tra Gattinara, Ghemme e prevalle del Cusio, dove le piogge hanno insistito, l’andamento della fioritura ha avuto cicli diversi, ma ora sembra tutto sia risolto al meglio. Quanto alla Lombardia, tutto OK per Oltrepo Pavese, Valtellina e Val Caleppio, anche se in alcune zone la grandine ha colpito con violenza. Grande annata in vista per Sancolombano, il Lugana e per i Colli Morenici del Garda. Il clima ha favorito meno la Franciacorta, dove la grandine ha mietuto danni notevoli tra Rovato e Iseo, ma qui si spera nella solita fortuna dei grandi bianchi portati in bottiglia a fermentazione naturale. Veneto e Friuli hanno avuto i risvolti migliori, sia nel Veronese (Valpolicella e Soave) che nel triangolo ValdobbiadeneConegliano.Vittorio Veneto (Prosecco), con qualche sbavatura nel Vicentino. In Friuli, Casarsa e tutta la zona del Ribolla stanno già prenotando tappi d’annata. Le Cinque Terre e la valle del Magra sembrano essere le zone più promettenti per la Liguria, così come il Grossetano, L’Elba e la Val d’Elsa per la Toscana. Grandi attese anche nel Lazio, sia per i Colli Albani (Marino) che nel Viterbese (Canino, Tuscania, Vetralla, Bolsena), in Abruzzo (Avezzano e litorale adriatico per il Montepulciano), Molise (Montenero di Bisaccia, Termoli, Larino) e nei terrazzi della Campania. Più rigoroso è il discorso per Puglia, Basilicata e Calabria, regioni dove il clima è stato estremamente variabile. Sicilia a Sardegna confermeranno di certo le annate delle scorse vendemmie, con record per il Nero d’Avola e il Vermentino, ma con ottimi riferimenti anche per i passiti di Pantelleria e di Marsala. Luglio/Agosto 2016

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Vendemmia 2016: tutte le premesse di una raccolta generosa e di elevata qualità

street food

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Il boom del mangia e... vai

lago maggiore

trento doc

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Le Bollicine di Montagna che illuminano l'estate La ricerca ha un “cuore” antico

Le meraviglie del Verbano

lago maggiore

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fondazione edmund mach

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Sommario

primo piano

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Suggestioni invitanti anche per il palato

i droni in agricoltura

realtà romanzesca

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Miracolo! Il vino scorre a fiumi in Vaticano

gorgonzola dop

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Lassù un “occhio” veglia sul benessere dei campi

l'“oro rosso”

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Una delizia per tutte le stagioni

grigliate d'estate

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gelato

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È qui la festa!

le insalatone

Una risorsa preziosa nella calura estiva

Viva il business col pomodoro Attrazione fatale

rubriche

news 98 INDIRIZZI 96

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TRENTO DOC

Le Bollicine di Montagna che illuminano l'estate

Splendidi tutto l'anno, gli spumanti trentini sono fra i protagonisti più prestigiosi della stagione calda: eccellenti come aperitivi, si abbinano a meraviglia a piatti raffinati come a “rustiche” grigliate di Pier Moretti 6

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rentodoc è un “vino speciale”, perché soggetto all’affascinante processo di produzione “metodo classico” che ha bisogno di tanta bravura, molta passione e lunghe attese. Se per produrre un vino fermo bastano spesso una manciata di mesi, per Trentodoc – vino spumante me-

Il Trento Doc è un'autentica eccellenza dell'enologia italiana, sempre più apprezzata nel nostro Paese ma anche nei più importanti mercati internazionali. Sopra, un'immagine della vendemmia di una delle Cantine più prestigiose, la Ferrari F.lli Lumelli.

todo classico - è necessario un periodo molto più lungo, che va da un minimo di 15 mesi, come stabilito dal disciplinare, fino a 10 anni per una grande riserva. L’unicità di Trentodoc metodo classico deriva dall’unicità del Trentino, un territorio con caratteristiche uniche che si riflettono

sulla raffinatezza di ogni singola bottiglia. Qui di seguito, in breve, ricordiamo le principali fasi della produzione di spumanti metodo classico Trentodoc. Dalla raccolta di uve Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco o Pinot menieur si ottiene il vino fermo, base al quale Luglio/Agosto 2016

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TRENTO DOC

una volta imbottigliato - vengono aggiunti zuccheri e lieviti. Il riposo in bottiglia e l’opera dei lieviti danno il via alla seconda fermentazione: è per questo che gli

spumanti metodo classico sono chiamati anche “vini con rifermentazione in bottiglia”. La presa di spuma è poi il processo attraverso cui si sviluppa l’anidride

carbonica, il classico perlage che si evidenzia nel calice di uno spumante metodo classico, ed è frutto della rifermentazione in bottiglia, altrimenti detta appunto

La pergola, una prerogativa tipicamente trentina La viticoltura trentina è sempre stata legata alla pergola, che è tuttora il metodo di coltivazione della vite maggiormente diffuso. Questo mezzo agronomico è nato proprio in Trentino, in quanto garantisce un’adeguata esposizione solare alle vigne, che sorgono nella maggior parte dei casi su terreni in pendenza. Inoltre la pergola permette le sistemazioni dei terreni sui terrazzamenti e facilita, garantendo un buon risultato, le operazioni di potatura e di legatura dei tralci. Altre metodiche ormai molto diffuse per la coltivazione delle uve destinate alla produzione di spumanti metodo classico sono il guyot e il cordone speronato.

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seconda fermentazione, durante il riposo delle bottiglie in cantina. Il periodo di maturazione di un Trentodoc varia: da un minimo di 15 mesi per un brut, a 24 mesi per un millesimato, a 36 mesi per una riserva ed è fondamentale per il raggiungimento della complessità organolettica che ogni produttore vuole dare al proprio vino spumante metodo classico. Le case spumantistiche Trentodoc prolungano la maturazione sui lieviti rispetto a quando indicato nel disciplinare, producendo così uno spumante metodo classico che sa sempre distinguersi. Il remuage è un’altra fase della spumantizzazione metodo classico. Le bottiglie vengono disposte su speciali cavalletti di legno, chiamati anche pupitres, che aiutano il corretto svolgimento del remuage quotidiano: il produttore ruota e scuote le bottiglie con molta cura in modo che i residui si raccolgano verso il collo della bottiglia. A questo punto si procede con la “sboccatura”, nota anche come degorgement e consistente

Le vigne da cui sgorga il Trento Doc si snodano in paesaggi prealpini di rara bellezza. Curatissime nell'arco dell'intera fase vegetativa della vite, garantiscono una materia prima di qualità assoluta.

nell'eliminazione dei lieviti esausti che, con il remuage, si sono radunati verso il collo della bottiglia. Tale processo si può eseguire in due modi: - al ghiaccio (à la glace), ovvero gelando il collo della bottiglia e facendo saltare il tappo; - al volo (à la volée), consistente nello stappare la bottiglia manualmente. Dopo la sboccatura, si procede al rabbocco della bottiglia con vino di pregio e zuccheri, ricetta segreta di ogni casa spumantistica e rifinitura molto importante per la personalità di ogni Trentodoc, che può essere Bianco (nelle versioni Brut, Millesimato e Riserva) oppure Rosé. Ma veniamo ad alcuni cenni storici su questo eccellente vino, partendo da un anno - il remoto 1902 - e da un uomo d'ingegno particolarmente illuminato: Giulio Ferrari, allora giovane enologo dell’Istituto Agrario di San Miche-

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TRENTO DOC

le all’Adige. Durante i suoi viaggi studio in Francia ebbe una grande intuizione, individuando una certa somiglianza fra il “terroir” della regione transalpina dello Champagne e il Trentino. Perché allora, si disse, non provare a produrre uno spumante trentino? Sì, è proprio questa l’origine dello spumante Trentodoc metodo

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classico. Anni dopo due passi da Piazza Duomo, a Trento, fu stato dato il via alla tradizione dello spumante metodo classico che nel 1993 ha conseguito il riconoscimento della DOC – primo a ottenerla in Italia per un metodo classico. Da allora il numero di produttori Trentodoc è cresciuto costante-

mente beneficiando del fondamentale supporto dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, oggi Fondazione Mach, un importantissimo polo di ricerca e sviluppo per la viticoltura trentina. La storia di Trentodoc, in ogni caso, ha origini ancora più antiche perché in Trentino si fa vino da sempre, tant'è che le prime testimonianze in materia risalgono al 3.000 a.C.. Anche l’enologia, di conseguenza, si è sviluppata ai massimi livelli, trovando – val la pena di ribadirlo - un ottimo alleato nell’Istituto Agrario di San Michele, oggi Fondazione Mach, fucina di rinomati enologi che hanno saputo farsi valere in tutto


L'Istituto Trento Doc

il mondo. Trentodoc è uno spumante pregiato perché le caratteristiche territoriali, la varietà del clima e le altitudini tipiche del Trentino contribuiscono a renderlo diverso: un vero e proprio spumante di montagna, tra i migliori spumanti italiani. Non siamo noi a dirlo, ma i riconoscimenti che annualmente ricevono i produttori di questa autentica eccellenza vinicola. Trentodoc si definisce spumante di montagna grazie alla speciale e unica combinazione di tre elementi: il territorio, l'altitudine e il clima. Partiamo dal territorio. La superficie vitata trentina conta un totale

La zona di produzione del Trento Doc metodo classico si estende su una vasta area che va dalle rive trentine del Lago di Garda ai confini con l'Alto Adige. Nella pagina accanto, dall'alto, la deliziosa chiesetta di Mazon circondata di vigne e uno scorcio panoramico della Cantina Donati di Mezzacorona.

Nato nel 1984, l’Istituto Trento Doc tutela la qualità del metodo di produzione degli spumanti Trentodoc. È grazie alla sua supervisione che qualità, origine, metodo e diffusione dello spumante trentino vengono garantiti e protetti. Uvaggio selezionato, territorio esclusivamente trentino, rifermentazione in bottiglia e contatto con lieviti molto prolungato sono le caratteristiche che distinguono lo spumante metodo classico Trentodoc dalle altre bollicine. I produttori Trentodoc sono 43, tutti altamente qualificati e selezionati perché, per produrre un vino speciale, una vite non basta. Di particolare importanza è il marchio, che rappresenta a un tempo il nome e il segno distintivo degli spumanti Trento Doc. Esso, che è riportato su tutte le bottiglie dei produttori Trentodoc, deriva dall'unione del nome della città che gli dà origine, Trento, con il suffisso DOC, la Denominazione di Origine Controllata che indica il nome del vino. Il Trentino, dal Lago di Garda fino ai confini dell’Alto Adige, è terra di Trentodoc, vino speciale, spumante metodo classico. Nel design delle due “o” del marchio Trentodoc si evidenzia una delle fasi più caratteristiche del metodo classico, il remuage, ovvero l’operazione manuale di rotazione della bottiglia eseguita dai produttori Trentodoc sui tipici cavalletti di legno quando il vino è a riposo.

Istituto Trento DOC 38122 Trento Via del Suffragio, 3 Palazzo Trautmannsdorf istituto@trentodoc.com www.trentodoc.com Luglio/Agosto 2016

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TRENTO DOC

Bottiglie riposano e maturano placidamente in cantina, in attesa di essere immesse al massimo delle loro prerogative in commercio. Sotto, una degustazione negli eleganti saloni dell'Enoteca provinciale di Palazzo Roccabruna.

di 10.000 ettari (il 2% in Italia) con una percentuale di uva base spumante dell’8% e una produzione totale annua di circa 7 milioni di bottiglie. Grandi cifre per un territorio piccolo in termini di estensione che tuttavia ha caratteristiche speciali che lo rendono particolarmente adatto alla produzione di vino spumante di

qualità, esclusivamente metodo classico. Dal mite Lago di Garda al freddo pungente delle Dolomiti, la varietà climatica del Trentino è molto ampia e contribuisce, insieme ad altre specificità territoriali, a definire l’esclusivo carattere di Trentodoc. È il insomma il Trentino, la culla in cui nasce questo nobile vino, a rendere Trentodoc

diverso da tutte le altre bollicine, ed è l'ineguagliabile specificità di questa terra a renderlo uno dei migliori spumanti italiani metodo classico. Terra di montagne. E, quando si parla di Trentodoc, la montagna è una grande risorsa. In Trentino la vite può essere coltivata ad altitudini più o meno elevate, con

L'Enoteca Provinciale di Palazzo Roccabruna Palazzo Roccabruna, che sorge nel pieno centro storico di Trento, è l’Enoteca Provinciale del Trentino, nella quale è possibile degustare tutte le etichette Trentodoc. L’elegante edificio cinquecentesco è sede permanente di incontri e approfondimenti sulle tradizioni enogastronomiche locali ed è inoltre un importante riferimento per pubblico e operatori di settore. L’Enoteca ospita l’esposizione delle bottiglie di vino trentino dell’ultimo secolo e la collezione completa degli spumanti metodo classico Trentodoc, compresi alcuni rari esemplari e vecchie annate che vengono conservati nelle cantine del palazzo.

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Un manifesto del celebre spumante Ferrari e, a sinistra, una veduta della Cantina Ferrari F.lli Lumelli di Ravina..

benefiche influenze da parte del microclima montano. Questo si riflette sui suoi spumanti metodo classico, rendendoli veri e propri spumanti di montagna. I vitigni trentini da cui nasce Trentodoc sono coltivati fino a un massimo di 800 metri sul livello del mare. La posizione altimetrica dei vigneti influisce sull’andamento di maturazione delle uve così come l’escursione termica è diretta espressione dell’ambiente di coltivazione. L’altitudine, in particolare, influenza in modo consistente l’acidità dell’uva nel periodo fra l’invaiatura e la vendemmia. Le viti coltivate su terreni più alti in quota danno vita a uve più sane, ma tutto il microclima montano del Trentino apporta benefici positivi, anche alle uve coltivate più in basso. Il clima trentino è molto variabile e caratterizzato da una vasta escursione termica che si riflette appieno sulle caratteristiche organolettiche dei vini Trentodoc. Le condizioni geoclimatiche produLuglio/Agosto 2016

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TRENTO DOC cono infatti l’escursione termica tipica dell’ambiente alpino, particolarmente importante per trasferire qualità e varietà di profumi al Trentodoc metodo classico, così come a renderlo particolarmente “intrigante”. Trentodoc può fregiarsi inoltre di una vera e propria carta d’identità, grazie a uno studio importante e innovativo che ha permesso di attestare in modo inequivocabile il legame tra questo vino e il suo territorio di origine, evidenziando il carattere della “montagna”. In sintesi estrema: se un metodo classico contiene spiccati valori riferiti a determinati composti volatili (determinati dalle escursioni termiche tipiche degli ambienti montani), significa che quel vino non può essere altro che un Trentodoc. Non solo, è stato dimostrato che la montagna influenza tutto l’ambiente trentino, non solo le uve coltivate ad elevate altitudini. La ricerca, durata tre anni, è stata realizzata nell’ambito del progetto "Nuove metodologie analitiche per la tracciabilità geografica e varietale di prodotti enologici”,

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Una immagine “fuori stagione”, ma assai emblematica: le vigne trentine fotografate in pieno inverno, sotto una fitta coltre di neve. Il Trento Doc, lo “spumante di montagna”, è figlio del particolare clima di questo territorio dai rigidi inverni.

con il coordinamento dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, la partnership con la Fondazione Edmund Mach e quella del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Questa ricerca dà riscontro scientifico al legame fra territorio e bollicine trentine e rappresenta per gli spumanti-

sti trentini una certificazione che rafforza in modo indiscutibile origine e identità di Trentodoc, oggi in modo definitivo, unico metodo classico di montagna. Per fissare la data della vendemmia gli agronomi tengono conto del grado di acidità contenuta nell’uva, fattore di primaria importanza che rivela la qualità dell'uvaggio destinato a diventare metodo classico. Oltre all’acidità, la data del raccolto è decisa anche dall’analisi degli zuccheri, dei sali minerali e delle sostanze aromatiche. Sono giorni febbrili, quelli precedenti alla vendemmia: gli esami chimici con prelievi in vigna si susseguono quotidianamente, fino a deciderne giorno e ora. In Trentino non esistono mezzi meccanici e la vendemmia si fa a mano, in cassette di piccole dimensioni per salvaguardare al massimo i chicchi ed evitare quindi danni che potrebbero alterare quell’equilibrio tanto cercato. L’uva, appena vendemmiata, va trasportata il più velocemente possi-


I quattro vitigni-chiave del Trento Doc Dalla vendemmia di uve Chardonnay e Pinot nero, di Pinot bianco e Meunier si ottiene il vino base che, lavorato secondo il metodo classico, svilupperà sapori e aromi unici, oltre alle caratteristiche bollicine. Sono solo quattro i vitigni, in Trentino, che possono essere coltivati per diventare Trentodoc, ma Chardonnay e Pinot nero sono i veri grandi protagonisti, perché le condizioni climatiche trentine li favoriscono appieno.

CHARDONNAY Quando si parla di Trentodoc metodo classico, lo Chardonnay ha il ruolo del protagonista. È un vitigno che in Trentino ha trovato l’ambiente ideale e conferisce al Trentodoc struttura, longevità e carica aromatica importante: elementi decisivi per raggiungere elevati livelli qualitativi

PINOT NERO Il Pinot nero è un vitigno antico, che si è adattato alle condizioni climatiche del Trentino ma che richiede una cura e una perizia del tutto particolari. Eleganza, finezza, struttura e corposità degli spumanti Trentodoc sono in gran parte caratteristiche donate dal Pinot nero.

PINOT BIANCO Molto meno usato rispetto a Chardonnay e Pinot nero, il Pinot bianco viene impiegato per arricchire il bouquet fruttato dei Trentodoc. Il suo contributo, ai fini del raggiungimento degli elevatissimi livelli qualitativi del Trentodoc, è comunque determinante e insostituibile.

PINOT MEUNIER In Trentino il Pinot meunier è poco usato ma viene comunque coltivato e apprezzato per via della sua straordinaria forza e capacità di adattamento alle più disparate condizioni vegetative e climatiche.

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TRENTO DOC bile in cantina e messa subito in lavorazione. In definitiva, il Trentodoc è certamente un vino completo, in grado di essere abbinato alle specialità delle tradizioni locali ma anche italiane e internazionali. Perfetto da degustare nei momenti di festa, si presta perfettamente anche a brindisi quotidiani o per una cena fra amici. Come un grande vino rosso, è perfetto anche con piatti sostanziosi come la carne, soprattutto nelle sue versioni più importanti e strutturate. Solo nelle versioni demi-sec, sec ed extradry è consigliato con i dolci, ma si sconsiglia di degustare Trentodoc più secchi, come un brut, con un dessert! Estate o inverno? Trentodoc è per ogni stagione. Un’esperienza sensoriale che si rinnova come un gioco: quello di ricercare nel calice tutte le fragranze che esprimono un intero territorio e che allo stesso tempo rendono unico il vino. Una delle caratteristiche fondamentali del Trentodoc è il perlage. Bollicine fini e persistenti esprimono qualità. Le sensazioni olfattive richiamano fragranze fruttate e

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floreali, oltre a numerose successive note: vaniglia, albicocca, frutta esotica, nocciole tostate, pane appena sfornato, mela Golden, cioccolato bianco e gelsomino. Al gusto si rivela fresco, pieno e ro-

tondo nell’impatto. Il tutto in un sapiente equilibrio tra morbidezza e misurata acidità. Trentodoc va servito fresco, in un calice sufficientemente ampio, a una temperatura fra gli 8 e i 12 gradi. ◄


43 Cantine altamente qualificate Sono 43 le cantine trentine che fanno parte dell'Istituto Trento DOC. Eccole elencate, qui di seguito, in ordine rigorosamente alfabetico. Abate Nero, Accademia del Vino Cadelaghet, Agraria Riva del Garda, Altemasi, Balter, Bellaveder, Borgo dei Posseri, Cantina di Aldeno, Cantina d'Isera, Cantina Mori Colli Zugna, Cantina Rotaliana di Mezzolombardo, Cantina Roverè della Luna, Cantina Sociale di Trento, Cantina Toblino, Cantine Monfort, Cembra Cantina di Montagna, Cesarini Sforza Spumanti, Concilio, Conti Bossi Fedrigotti, Conti Wallenburg, Endrizzi, Ferrari F.lli Lunelli, Fondazione Edmund Mach-Istituto Agrario San Michele, Gaierhof, Letrari, Madonna delle Vittorie, Marco Tonini Az. Agricola, Maso Martis, Maso Poli, Metius, Moser, Opera Vitivinicola in Valdicembra, Pedrotti Spumanti, Pisoni F.lli, RevÏ, Rotari, San Michael, Simoncelli Armando, Viticoltori in Avio, Vivallis, Zanotelli Elio & F.lli, Zeni Giorgio, Zeni Roberto.

Lussureggianti vigneti in Val di Gresta, nel Sud del Trentino. Sotto, inquadrature interne di alcune delle piĂš prestigiose Cantine che fanno parte dell'Istituto Trento Doc.

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fondazione edmund mach

La ricerca ha un “cuore� antico

Lo spumante trentino, come del resto l'intero comparto vitivinicolo regionale, deve molto a questa prestigiosa istituzione, ricca di centopcinquant'anni di storia di Giuseppe Petringa Nicolosi 18

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La Fondazione Edmund Mach sorge a San Michele all'Adige, a 16 chilometri da Trento. Il suolaboratorio di ricerca che ha conseguito importanti risultati

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rentodoc, come tutto il mondo vitivinicolo trentino, è supportato dalla Fondazione Mach, importante istituzione che si occupa di ricerca e formazione. Dal 2008 prosegue l’attività dello storico Istituto agrario di San Michele all’Adige, fondato nel 1874, una vera e propria cittadella dell’agricoltura che si estende su 14 ettari. Aule, serre, laboratori, uffici e 70 ettari di area verde nel comune

di San Michele all’Adige (a 16 km da Trento) fanno della Fondazione Mach un vero e proprio laboratorio formativo e di ricerca che ha conseguito importanti traguardi a livello internazionale nella formazione, nella ricerca e nel trasferimento tecnologico in campo agricolo, agroalimentare e ambientale. Nei suoi 150 anni di storia ha contribuito alla diffusione della cultura tecnica agraria e viticolo-

enologica formando i migliori enologi trentini e italiani. La Fondazione è così costituita: - Un Centro di Istruzione e Formazione frequentato da più di mille studenti provenienti da tutta Italia. - Un Centro Trasferimento Tecnologico che si occupa in particolare di ricerca applicata e sperimentazione, fornendo consulenza e servizi di supporto alle realtà del settore agriLuglio/Agosto 2016

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fondazione edmund mach

forestale e ambientale. - Un Centro di Ricerca e Innovazione dedicato specificatamente all’agricoltura sostenibile e alla tutela della biodiversità. In linea generale, si può affemare che la missione della Fondazione si concreta in parte consistente in programmi poliennali di filiera che coordinano attivi-

tà sinergiche in atto nei diversi Centri, programmi che integrano ricerche di base con proposte di innovazione tecnologica in agricoltura. La Fondazione promuove inoltre il merito e le capacità individuali del personale con l’adozione di strumenti di premialità e di progressione di carriera. La Fondazione cura

in modo particolarmente accuirato l’istruzione e il lavoro dei giovani, dedicando attenzione ai corsi professionali e universitari. I suoi programmi di dottorato di ricerca creano competenze scientifiche competitive a livello internazionale. La formazione disegna percorsi curriculari diversi e li integra con viaggi di

Una Cantina storica che guarda al futuro La Cantina della Fondazione Edmund Mach si sviluppa all'interno dell'antico monastero agostiniano risalente al XII secolo e rappresenta non solo un importante documento storico-architettonico, ma anche una pregevole testimonianza della tradizione vitienologica del Trentino. Nel tempo la Cantina è stata sottoposta a ripetuti ampliamenti, iniziati in epoca rinascimentale (XVI secolo) e terminati nel 2004. La struttura è oggi dotata di una moderna e tecnologica cantina di vinificazione e di uno speciale reparto per la produzione dello spumante metodo classico. Con lo scopo di rappresentare al meglio il panorama enologico provinciale, la

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istruzione e attivitĂ di tirocinio, consentendo un costante arricchimento formativo. â—„ Fondazione Edmund Mach Via E. Mach, 1 38010 S. Michele all'Adige (TN) Tel. 0461 615111 Fax 0461 650872 info@fmach.it - www.fmach.it

Cantina si impegna tuttora a produrre una consistente gamma di prodotti (circa 30 differenti vini) ottenuti dalla raccolta e trasformazione delle sole uve provenienti dai migliori vigneti aziendali, perseguendo l'obiettivo di proporre una gamma di prodotti che fungano da esempio. La produzione annua si aggira attorno alle 240.000 bottiglie di vino, 13.000 bottiglie di spumante metodo classico e 7.000 bottiglie di grappe e distillati. La Cantina e la Distilleria sono attrezzate per ospitare visite, anche con degustazione di vini e grappe, e con la possibilitĂ di personalizzare il percorso in funzione delle esigenze dei visitatori. Le visite devono essere concordate e prenotate. Luglio/Agosto 2016

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REALTà ROMANZESCA

Secondo una ricerca americana risulta che nel microstato pontificio il consumo pro-capite di vino sia il doppio che in Italia. Che gli 832 cittadini vaticani siano tutti dei gran bevisori? Mah, la verità certamente è alquanto diversa...

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el 2012, i soli 842 abitanti del minuscolo Stato del Vaticano hanno consumato 62mila litri di vino, ossia 74 litri pro-capite. Nello stesso anno, in Italia, ne furono consumati circa 37 a persona (ovvero la metà), e 45 in Francia, Paese dove notoriamente il vino non manca su alcuna tavola. Negli Stati Uniti, primo consumatore mondiale di vino per volume ma con una popolazione di molto superiore, la quota pro-capite di nettare tracannato si fermò nel periodo preso in esame a 10 litri, ovvero la settima parte di quello consumato nell'Oltretevere. Questi i dati di un recente studio condotto in America dall'autorevole California Wine Institute, dai quali risulta con tutta evidenza che in nessun Paese al mondo il vino scorre letteralmente a fiumi come nella microscopica Città del Vaticano. Eppure, stante l’importanza del vino nella tradizione e nell’iconografia cristiana (qualche

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Miracolo! Il vino scorre a fiumi in Vaticano di Giacomo Alfieri


tempo fa anche papa Francesco ha ripreso i passi del Vangelo dedicati alle nozze di Cana in cui Gesù, secondo la dottrina cristiana, compì il suo primo miracolo tramutando l’acqua in vino durante un matrimonio), non è certo soltanto la liturgia della santa Messa ad alzare i valori del consumo enologico a Città del Vaticano... Il vino da Messa, prodotto spesso da aziende vitivinicole tradizionali specializzate in questa fornitura specifica, è stato infatti tenuto fuori dal computo dell’istituto californiano. Secondo i ricercatori la spiegazione starebbe tutta nella particolarissima popolazione del microstato, composta “per lo più da anziani prelati e suore, molti dei quali vivono in comunità e cenano in spazi comuni dove il vino scorre libero”.

A sinistra, una singolare immagine in cui Papa Francesco valuta un vino che viene proposto alla sua attenzione da due prelati.

in vino veritas? Insomma, il vino come elemento conviviale, e forse anche compensativo, di altre presumibili privazioni della vita religiosa? Mah, francamente ci sembra una spiegazione poco plausibile. Anzi, per nulla. Anzitutto perché in effetti in giro per il Vaticano non capita tanto facilmente d'imbattersi in eminenze, in più modesti prelati e in Guardie svizzere dondolanti e dai nasi rubizzi (figurarsi le suore!), ma anche perché è chiara la sensazione che studiando i fenomeni di “costume” da troppo lontano (e... l'America è lontana, come ritornellava una canzone di Lucio Dalla) si corre il rischio di non avere la percezione della loro concreta consistenza. Chi è di Roma, o quanto meno la conosce bene, sa che Città del Vaticano (essendo un Luglio/Agosto 2016

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REALTà ROMANZESCA

enclave del nostro Paese ma godendo di una sua propria autonomia statale) gode di benefici fiscali tali da consentire la vendita di prodotti a costi nettamente più bassi rispetto a quelli italiani. Fattore, questo, che acqusisce tanto maggiore rilevanza se si considera che In Vaticano lavora ogni giorno, e vi fa i propri acquisti, qualche centinaio di funzionari e impiegati che figurano all'anagrafe come cittadini italiani. Gli spacci vaticani, insomma, non sono delle “case del risparmio” cui possono accedere solo i cittadini anagraficamente residenti a Città del Vaticano, ma anche i cittadini italiani, perlopiù evidentemente romani, che vi lavorano, e – attraverso essi - i loro parenti, i loro amici e... gli amici dei loro amici, che se

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Piaceri d’Italia

Le Guardie svizzere risiedono a Città del Vaticano ma non risulta, come parrebbe da una ricerca americana, che siano dei gran bevitori di vino.

appena possono corrono a fare acquisti Oltretevere. E il vino, sul cui prezzo la tassazione italiana pesa non poco, è certo fra i prodotti esentasse più ambiti. Ci sembra corretto aver fat-

to questa precisazione perché i dati buttati lì nudi e crudi, senza essere correttamente e concretamente interpretati, rischiano di trasformarsi in autentiche "bufale". ◄


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GORGONZOLA DOP

Una delizia per tutte le stagioni Nelle sue varianti dolce e piccante, questo squisito formaggio non ha una “vocazione” speciale per i mesi freddi, come molti credono. Al contrario, si presta magnificamente anche per gustosi pasti estivi di Pier Moretti 26

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Il Gorgonzola DOP è una delle eccellenze della grande gastronomia italiana ed è, in termini quantitativi, il formaggio italiano più venduto e apprezzato in Italia e nel mondo, sibito dopo il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano.

P

rende il nome dalla cittadina di Gorgonzola, alle porte di Milano, secoli e secoli fa, importante centro di scambi e di raduno delle mandrie in transito, perché "si dice", che sia stato fatto la prima volta nell'anno 879 in questa località. Pare che anticamente fosse chia-

mato "stracchino" e comunque la sua data di nascita è molto incerta; alcune considerazioni inducono a far risalire la produzione di tale "stracchino di Gorgonzola" a date ancora più antiche. La stessa parola "stracchino" deriva da "stracco" ovvero stanco e si riferiva già in epoca romana alle transumanze delle mandrie di vacche dalle Alpi alle marcite della Valle Padana, particolarmente fiorenti dopo l'intervento di frati e monaci, che razionalizzarono l'agricoltura d'allora. Solo due regioni italiane, per legge e tradizione, prevedono la produzione del formaggio gorgonzola e solamente queste provincie: Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, VCO e il territo-

rio di Casale Monferrato per il Piemonte e Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia e Varese per la Lombardia. Solo il latte degli allevamenti di queste provincie può essere utilizzato per produrre e dare quindi la denominazione di origine protetta (D.O.P.) al formaggio gorgonzola, garantendo già dalla materia prima, un formaggio così importante. Si può dire insomma che già dalla sana produzione dei foraggi e grazie all'elevato standard igienico delle stalle nei territori consortili, il latte destinato alla trasformazione in "gorgonzola" è la premessa base per un prodotto di primissimo piano. Il formaggio gorgonzola è stato riconosciuto recentemente dalla Luglio/Agosto 2016

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GORGONZOLA DOP

Comunità Europea e registrato nella lista dei prodotti "dop" il 12 giugno '96 con Reg. Cee n° 1107/96. La qualità e l'autenticità di questo formaggio è assicurata in diversi modi. Una severa legislazione ne definisce gli standards di produzione e la zona "d.o.p." della raccolta del latte e della stagionatura; inoltre stabilisce che ogni forma di gorgonzola venga marchiata all'origine e riporti l'indicazione del produttore. Infine perché possa essere venduto come tale, il gorgonzola deve essere avvolto in fogli di alluminio recanti un particolare rilievo di piccoli g stampati su tutto il foglio. Inutile dire che

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senza i marchi del Consorzio sulle due facce piane e l'alluminio goffrato, il formaggio non è gorgonzola.

Delegato dallo stato italiano e sotto la sua supervisione, è stato creato nel 1970 il Consorzio per la tutela del formaggio gorgon-

Il Gorgonzola DOP alla ribalta in

Nella cartina pubblicata a fianco, a destra, la ristretta area del Nord Ovest in cui viene prodotto il Gorgonzola DOP. Essa comprende 5 province piemontesi e 10 province lombarde.

• Nel panorama dei formaggi DOP italiani, il Gorgonzola rappresenta circa il 10% della produzione nazionale e circa il 6% dei consumi di formaggi nazionali; quindi è il 3° formaggio italiano a Denominazione di origine protetta di latte vaccino per importanza, dopo i due Grana. • La produzione globale annua nel 2015 di Gorgonzola è stata di oltre 540.000 quintali, pari a oltre 4 milioni 500 mila forme, per un valore della sola materia prima di oltre 180 milioni di euro. • Tale quantitativo rappresenta la produzione di circa 1800 aziende agricole dislocate


Allo stato attuale sono circa una quarantina i caseifici lombardo-piemontesi in cui viene prodotto il Gorgonzola DOP, nelle sue due varietà dolce e piccante. In alcuni casi si tratta di aziende casearie di rilievo nazionale, ma in altri di aziende a carattere sostanzialmente famigliare. Sia le une che le altre, tuttavia, sono tenute a osservare scrupolosamete in ogni fase dei processi produttivi i rigorosi standard sanciti dal Consorzio di tutela, che ha sede a Novara.

zola che, con propri funzionari vigila per il pieno rispetto e l'applicazione delle norme vigenti in Italia ed all'estero dove la deno-

n Italia e all'Estero sul territorio consortile, rappresentato da 5 province piemontesi e 10 lombarde. • I consumi, in Italia, sono così suddivisi: il settore Nord Ovest rappresenta il 65% delle vendite, il Nord Est il 19%, il Centro il 7% e il Sud + Isole il 9% . Circa il 7 % della produzione è rappresentata dal Gorgonzola del tipo “piccante”. • Il giro d’affari al consumo è di circa 720 milioni di euro. • Circa il 32 % della produzione è destinato all’esportazione, prevalentemente nell'ambito dell' Unione Europea. Luglio/Agosto 2016

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GORGONZOLA DOP

Un ricco concentrato di nutrienti Il formaggio Gorgonzola è un erborinato molle, a pasta cruda, lavorato solo con latte della zona DOP. E' necessario circa un quintale di latte per ottenere una forma, il cui peso - una volta matura - è di circa 12 kg. Il Gorgonzola ha un alto contenuto minerale e vitaminico. Ad esempio 100 grammi di prodotto equivalgono a un valore energetico di 330 kcal e contengono 19 g di proteine, 0 di carboidrati e 27 g di grassi, nonché 360 mg di fosforo (45% rda), 420 mg di calcio (52% rda) e le seguenti vitamine: A - B1 - B2 - B6 - B12 - PP. E’ inoltre appurato che il gusto e il particolare aroma del Gorgonzola, al pari dei formaggi fermentati, provocano un’attivazione sensoriale che stimola la secrezione di bile e di succo pancreatico, favorendo in questo modo la digestione dei grassi e delle proteine. Il Gorgonzola DOP è insomma particolarmente ricco di micronutrienti, sia per quanto riguarda l’apporto di vitamine che di minerali. In particolare - secondo le indicazioni del Regolamento UE 1169/201, relativo alle dichiarazioni nutrizionali - i micronutrienti di cui è ricco il Gorgonzola DOP hanno numerosi effetti benefici. I folati e la vitamina B12 contribuiscono infatti alla normale funzione psicologica, aiutano a ridurre la stanchezza e l’affaticamento e, insieme alla vitamina A e allo zinco, favoriscono la normale funzionalità immunitaria. Inoltre lo zinco contribuisce alla normale funzione cognitiva e, come la vitamina A, concorre a mantenere una capacità visiva e una pelle in condizioni ottimali. La vitamina B12, infine, ha benefici effetti sul sistema nervoso. Grazie all’elevato contenuto di vitamine A e B12, folati e zinco, il Gorgonzola DOP può essere considerato un alimento con spiccate proprietà protettive. E' quindi un alimento raccomandabile, nelle quantità opportune, sia per gli adulti che per i soggetti in crescita.

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minazione di origine "gorgonzola" è protetta. Il gorgonzola viene attualmente prodotto da una quarantina di caseifici, che vanno dalla piccola azienda famigliare, alla grande industria nazionale; in qualsiasi caso è un formaggio che richiede un notevole intervento e controllo manuale da parte degli esperti casari oltre ad un amore per il proprio lavoro, particolarissimi. Il gorgonzola si ricava da latte vaccino intero pastorizzato che viene versato in caldaie alla temperatura di circa 30°, aggiungendovi fermenti lattici, caglio e spore di penicilli. A coagulazione avvenuta, la cagliata viene rotta e depositata sugli spersori per lasciare fuoriuscire il siero. Dopo alcuni minuti viene sistemata entro i fassiroli o fascere, in quantità di circa 14/15 kg. per ogni forma, per stratificazione e viene lasciata sostare per permettere la perdita di siero. Dopo questa sosta le forme, ancora contenute entro i fassiroli vengono girate, ed è a questo punto che avviene la marchiatura d'origine del


Le attività del Consorzio di Tutela

formaggio; sotto ogni forma viene posto un marchio contraddistinto da un numero per ogni caseificio al fine di identificare il produttore. Dopo una ulteriore sosta la forma viene nuovamente girata e quindi marchiata anche sull'altra faccia. Quindi prende la strada del "purgatorio" (celle a 20/22°C con alta umidità), ove viene salata con molta perizia, sopra, sotto e sui fianchi e dopo 3/4 giorni si avvia alla stagionatura in celle frigorifere con temperatura di 2/7°C ed umidità relativa di 85/99%. Quando la forma è ancora tra le tre e le quattro settimane, ha luogo la foratura. Grossi aghi metallici

Delegato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e sotto la sua supervisione, è stato creato nel 1970 il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola con lo scopo di tutelare e vigilare sulla produzione e sul commercio della DOP Gorgonzola e sull'utilizzo della sua denominazione. Il Consorzio promuove ogni utile iniziativa intesa a salvaguardarne la tipicità e le caratteristiche peculiari da ogni abuso, concorrenza sleale, contraffazione, uso improprio della DOP e comportamenti vietati dalla legge. Il Consorzio promuove inoltre la conoscenza della DOP in tutti i mercati e in tutti gli ambiti, valorizzando il prodotto, informando i consumatori con tutti i mezzi e con ogni iniziativa, nonché curando gli interessi generali della DOP Gorgonzola. In collaborazione con le diverse facoltà Universitarie, gli Istituti di ricerca, gli Istituti Tecnici Lattiero-Caseari, svolge periodicamente anche diverse azioni di ricerca tecnico-scientifica, tese a migliorare ogni aspetto del formaggio Gorgonzola a ulteriore tutela del consumatore. Il logo del Consorzio è una “g”. All'origine le forme vengono marchiate su entrambe le facce, ma il consumatore, all'atto dell'acquisto, potrà avere la garanzia dell'autenticità dal marchio stampato sulla stagnola che avvolge il formaggio; tale marchio viene impresso anche sulle porzioni confezionate e la sua utililizzazione viene concessa esclusivamente alle aziende autorizzate dal Consorzio. Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola Via Andrea Costa, 5/c - 28100 Novara - Tel. 0321.62.66.13 info@gorgonzola.com - www.gorgonzola.com la penetrano, prima da un lato, poi dallo scalzo ed infine dall'altro, permettendo così all'aria di entrare nella pasta e sviluppare le colture già innestate nella cagliata. L'aria così entrata quindi,

determina condizioni ottimali e naturali per lo sviluppo del penicillium glaucum (oggi, in verità, la classificazione scientifica è assai diversa e complessa); da qui le caratteristiche venature blu/ verdi che rendono il formaggio gorgonzola inconfondibile. A stagionatura ultimata, la forma viene tolta dalle fascette che di norma la rivestono durante i due mesi nelle celle frigorifere, quindi viene tagliata in due o ulteriormente frazionata e ciascuna parte riceve la sua veste di alluminio goffrato (con il caratteristico del Consorzio impresso a rilievo), la Luglio/Agosto 2016

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GORGONZOLA DOP

cui funzione è di ridurre il calo provocato dall'evaporazione, difendere la crosta dalle rotture e screpolature e salvaguardare nel trasporto e nel tempo le preziose caratteristiche organolettiche del formaggio gorgonzola. Il gorgonzola del tipo piccante, si differenzia principalmente dal tipo dolce per le venature blu/ verdi più accentuate, per la pasta più consistente e friabile e per il gusto più deciso e forte; prevede un periodo di stagionatura più prolungato e durante la lavorazione del latte vengono innestate differenti colture di pe-

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nicilli. Nei più recenti "anni d'oro", ci riferiamo agli anni trenta, la produzione del gorgonzola aveva toccato il suo record nel 1938 con ben, per allora, 270 mila quintali. Erano il 13,5% di tutta la produzione nazionale casearia, che oscillava intorno ai 2 milioni di quintali. Sempre in quel periodo, oltre il 60%, ovvero 162mila quintali, già prendeva la strada dell'estero. Si affermava sempre di più sulle tavole Inglesi e Francesi e nello stesso ristorante della Camera dei Comuni a Londra, così come pubblicato

su alcuni quotidiani di allora, era consumato con forte prevalenza sugli altri formaggi. Gli italiani, assai meno numerosi di oggi, ne consumavano 370 grammi a testa. I caseifici produttori erano assai numerosi, si parla di 500 circa, e per lo più a carattere famigliare con una produzione minima per ognuno. Oggi il gorgonzola viene prodotto da circa trenta caseifici e dell'azione selettiva fatta nel tempo è rimasto il meglio dei produttori, che vanno dalla grande industria nazionale alla piccola azienda famigliare. I moderni caseifici oggi trasformano il latte secondo il rispetto delle norme igienico-sanitario, con attrezzati laboratori e la necessaria cura ed esperienza di un tempo, per un formaggio che richiede un notevole intervento e controllo manuale. Sono oltre 1800 le aziende agricole dislocate nel territorio consortile che forniscono il latte destinato a tale produzione. La produzione totale annua oggi è di circa 4 milioni e mezzo di forme, per un totale di circa 540 mila quintali di prodotto; il giro


Il Gorgonzola, sia esso dolce o piccante, è un formaggio di grande carattere, ma anche particolarmente versatile a livello di utilizzazioni gastronomiche. Non è certo un caso che sia sempre più apprezzato anche come condimento di pizze.

d’affari al consumo è di oltre 720 milioni di €. Il 32% circa (180 mila quintali) è destinato all'esportazione. I tradizionali paesi stranieri di maggior consumo sono la Germania

e la Francia che assorbono più del 50% dell'esportazione totale. Seguono la Svizzera, il Regno Unito, i Paesi Bassi, i Paesi scandinavi, la Spagna in Europa, quindi Stati Uniti e Canada. Se-

gnali significativi vengono dall’estremo oriente. Ha comunque il merito di essere nei primi posti nell'esportazione casearia nazionale per i formaggi prodotti con latte vaccino.

Dilemma: con quale vino abbinarlo? Il Gorgonzola piccante richiede un vino rosso, ben strutturato, caldo e generoso, invecchiato. Quanto mai appropriati Barolo, Barbaresco, Carema, Gattinara, Ghemme, Chianti Classico Riserva, Recioto, Amarone, Brunello di Montalcino, Cabernet, serviti a una temperatura di 18/20° C. Suggeriamo inoltre di abbinare il Gorgonzola piccante con i vini passiti in genere: Moscato passito liquoroso o Marsala vergine, ottimi anche Gambellara Recioto e Ramandolo. Il Gorgonzola dolce predilige vini, siano essi rossi o bianchi, caratterizzati da una certa morbidezza e sapidità. Fra i bianchi, ottimi il Riesling, il Pinot Bianco, l’Orvieto Classico, il Frascati Superiore, la Malvasia secca, il Gavi; fra i rosati il Chiaretto del Garda e il Lagrein Kretzer. Quindi i vini rossi in generale: Valtellina superiore, Sassella, Dolcetto di ogni provenienza, Barbera leggermente frizzante, Chianti Classico, Teroldego, Merlot del Triveneto, Sangiovese di Romagna. Vanno serviti alla temperatura di 16° C. E con la Birra? L’abbinamento fra questa bevanda e formaggi trova il suo culmine nelle classiche birre d’abbazia belghe, che si sposano felicemente con il Gorgonzola. Raccomandabile è anche l’abbinamento tra Gorgonzola piccante e le birre trappiste (Trappe, Chymay bleu, Leffe). Per il Gorgonzola dolce, invece, è consigliabile l’abbinamento con un birra bionda doppio malto. Luglio/Agosto 2016

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GORGONZOLA DOP

Antonino Cannavacciuolo Non è solo un grande chef, ma è anche un'autentica "star", nota a tutti anche per la sua partecipazione alla popolare trasmissione tv "Master Chef". Ed è lio, Antonino Canavacciuolo, l' "ambasciatore" - più che il testimonial - del Gorgonzola e della sua eccellenza, sia come alimento a sé che come ingrediente di piatti di altra gastronomia. Nato a Vico Equense (NA) il 16 aprile 1975, Antonino Cannavacciuolo vanta esperienze lavorative nelle cucine tri-stellate francesi quali l’Auberge dell'Ile di Illerausen e il Buerehiesel di Strasburgo, oltre che nel ristorante del Grand Hotel Quisisana, quando la cucina era “governata” da Gualtiero Marchesi. Nel 1999 assume, insieme alla moglie Cinzia Primatesta, la gestione del Ristorante Hotel Villa Crespi, sul lago d'Orta. Nel 2003 Antonino riceve la prima Stella Michelin e nel 2006 gli viene conferita la seconda. Antonino trae ispirazione anche dal suo percorso di vita e i suoi piatti sono un po’ la Gorgonzola DOP e Melone Mantovano IGP: deliziosa “follia” di sapori L’unione innovativa e creativa di due prodotti riconosciuti con i marchi DOP e IGP, garanzia di qualità riconosciuta dall’Unione Europea, porta in cucina una ventata di deliziosa follia di sapori. Parola dello chef “bistellato”Antonino Cannavacciuolo. Che con alcune sue esclusive creazioni ha contribuito alla formazione di un vero e proprio “ricettario”, d'intonazione tipicamente estiva, basato sull'innovativo abbinamento di questi due ingredienti. L'inconfondibile sapore del Gorgonzola, nelle sue versioni dolce e piccante, si “sposa” in queste accattivanti ricette con la delicata dolcezza del Melone Mantovano. L'idea, nata dalla

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sintesi e l’unione di questo affascinante tragitto: dalla sua patria nel Sud Italia alla moglie Cinzia originaria del Nord. Si destreggia con abilità giocando con i prodotti dell’originaria terra partenopea, integrandoli, mixandoli e combinandoli con quelli piemontesi. Niente limiti, niente scrupoli, osa, cambia, tenta…, ma mai abbandonando la tradizione e la semplicità dei sapori, fondendo sapientemente e con grande creatività passato e presente, per una cucina mediterranea d'assoluta eccellenza.

collaborazione fra il Consorzio Gorgonzola DOP e il Consorzio Melone Mantovano IGP, ha permesso di dar vita a questo connubio tanto insolito quanto sfizioso fra due nobili prodotti provenienti da territori differenti per conformazione geografica e tradizioni culinarie. La qualità dei prodotti scelti è confermata anche dall’ormai secolare radicamento degli stessi nelle zone di provenienza. Il Melone Mantovano IGP, col-

tivato nella pianura lombardoemiliana in tre diverse tipologie, è il frutto prelibato di terreni ad alta fertilità adiacenti il corso del fiume Po, che conferiscono al melone un aroma più intenso e una più alta concentrazione di sostanze benefiche come potassio e sodio. Il Gorgonzola DOP, che vanta origini antichissime, risalenti addirittura al Medioevo, ha una tale versatilità in cucina da renderlo adatto a preparazioni per ogni periodo dell’anno, insieme alle sue proprietà nutritive uniche, che lo hanno portato ad essere il terzo formaggio di latte vaccino nel panorama dei formaggi DOP italiani. Quale modo migliore per valorizzare al meglio il gusto dolce o piccante del Gorgonzola DOP e il sapore dolcemente aromatico del Melone Mantovano IGP? ◄


ZEPTER LIFESTYLE MILANO Via S. Pietro all'Orto, 10 Milano e-mail: zepter@lifestylemilano.com http://www.zepter.com

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ricette

A cura di Zia Carla

ANTIPASTO

PRIMO "BY CANACACCIUOLO"

Caramelle di pasta phillo al gorgonzola e chutney di melone

Penne e di melone al gorgonzola con scarola liquida

Ingredienti: • 200 g Gorgonzola piccante DOP • 6 fogli di pasta phillo • olio di semi di arachide per friggere • 1 albume d’uovo • 600 g di Melone Mantovano IGP • 1 peperoncino piccante • 1 mela • 1 cipolla rossa • 200 g uvetta passa • 200 ml aceto di vino bianco • 3 cm di zenzero • 150 g zucchero di canna • 20 g sale Tutte le ricette

Ingredienti: • 330 g centrifuga di melone • 4g Gellan • 200 g Gorgonzola dolce • 1 cespo di insalata scarola • olio extra vergine • sale q.b. • acqua di raffreddamento acido ascorbico • vitamina C

sono preparate Preparazione con pentole, utensili Portare sul fuoco lo e accessori Zepter zucchero con l’aceto e il sale, sbucciare e pulire la frutta, tagliarla a dadini e unirla all’aceto, sbucciare e tritare lo zenzero e unirlo al composto, lasciare quindi cuocere per due ore, frullare e chiudere in vasetti. Sterilizzare a 110° per la conservazione. ZEPTER LIFESTYLE MILANO Via S. Pietro all'Orto, 10 Milano e-mail: zepter@lifestylemilano.com http://www.zepter.com

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Preparazione Per le pennette - Mettere in un pentolino tutto a freddo, portare il composto a 70°C, girare il tutto con un frustino, versare su di un vassoio caldo e lasciare raffreddare. Per il ripieno - Lavorare il Gorgonzola Dolce DOP con una frusta, aggiungere un velo di olio, mettere il ripieno in una sac à poche e formare delle pennette con la gelatina al melone. Per l’insalata liquida - Tagliare e lavare l’insalata. Sbollentarla per pochi minuti in abbondante acqua salata e acido ascorbico, utile per evitare l’ossidazione. Raffreddarla in acqua e ghiaccio, scolarla conservando l’acqua di raffreddamento e successivamente strizzarla. Frullare la scarola con l’acqua di raffreddamento, emulsionando con abbondante olio extravergine di oliva e regolando con il sale.


ricette

A cura di Zia Carla

SECONDO

DOLCE

Spiedini di pollo marinato con fonduta di gorgonzola e melone caramellato

Crema fresca di melone con crumble e pralina di gorgonzola

Ingredienti: • 1 petto di pollo da 600 g circa • 4 cucchiai di olio evo • 3 cucchiai di melata di bosco • paprika dolce • sale rosso delle Hawaii • 125 g di latte intero • 200 g di Gorgonzola Dolce • 20 g di burro • 2 tuorli • sale e pepe • 3 spicchi di Melone Mantovano IGP • 30 g di burro salato • 60 g di zucchero di canna • paprika affumicata • qualche goccia di succo di limone

Ingredienti: • 1/2 Melone Mantovano IGP • succo di limone • cardamomo macinato • 60 g di farina integrale • 45 g di burro freddo • 1 cucchiaio di miele d’acacia • 2 cucchiai rasi di zucchero di canna • 150 g di panna fresca • 150 g di Gorgonzola Dolce • 6 g di colla di pesce

Preparazione Lavare il pollo, ridurlo a dadi e preparare la marinata scaldando in un pentolino l’olio con la melata e la paprika; sciogliere in un tegame il gorgonzola con burro e latte; scaldare il forno a 250° con il grill, infilzare i dadi di pollo in stecchini di legno, infornare per circa 10-12 minuti (fino a doratura); preparare il melone a dadini e caramellarlo; unire alla fonduta i due tuorli prima di servire; comporre il piatto.

Tutte le ricette sono preparate con pentole, utensili e accessori Zepter

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Preparazione Scaldare la panna senza portarla a bollore, sciogliervi il Gorgonzola Dolce e unire la colla di pesce precedentemente ammollata in acqua fredda, colare in stampini a semisfera e fare rapprendere in freezer, staccare quindi il composto dagli stampi e fare ammorbidire a temperatura ambiente. Preparare ora il crumble con farina, burro, zucchero e miele, cuocere per circa 10 minuti in forno caldo a 180°; poi frullare con il melone. il succo di limone e il cardamomo macinato. Fare raffreddare il frigorifero e infine comporre il dolce.

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grigliate d'estate

Ăˆ qui la festa! Mangiare all'aria aperta: uno dei piaceri dell'estate. Tanto piĂš accattivante se si dispone di un barbecue per preparare deliziose cibarie ancora calde di griglia da gustare con gli amici di Adriano Gatti 38

Piaceri d’Italia


Per cucinare carni, verdure e altri cibi alla griglia è meglio non improvvisare, ma seguire regole semplici ma efficaci, tali da garantire risultati di elevato livello senza correre il rischio di mandare tutto in... fumo, o peggio ancora di bruciacchiarsi. In questo proponiamo i consigli di un esperto, lo chef Gianfranco Lo Cascio.

C

he c'è di meglio di mangiare all'aperto, in piena estate? E, avendo lo spazio e le attrezzature adeguate (che peraltro sono poche), che cucinare di più appetitoso di una bella “grigliata”? Dato che molti di noi, se non tutti, sono... vittime di quest' “attrazione fatale”, abbiamo pen-

sato di fare cosa utile ai nostri lettori attingendo ai preziosi consigli in materia dello chef Gianfranco Lo Cascio, non a caso considerato il “re del barbecue e della griglia”. Anzitutto apprendiamo che che barbecue e grigliata non sono esattamente la stessa cosa. “Il vero barbecue ame-

ricano”, chiarisce infatti Lo Cascio, “è un metodo di cottura dove grandi pezzi di carne sono cotti a bassissima temperatura, lontano dalla fonte di calore, per tempi molto prolungati e in presenza imprescindibile di fumo di legna. Infatti il barbecue americano viene anche indicato come low & slow. Nel grilling, ovvero la nostra grigliata italiana, piccoli pezzi di carne sono cotti invece ad alta temperatura direttamente sopra una fonte di calore e per pochissimo tempo”. Una miriade di accattivanti ricette Autore di un eccellente libro in materia, “Grill Master, La via italiana al barbecue”, edito da Comunica Edizioni, Lo Cascio si è sbizzarrito in questa sua opera non solo nel fornire una miriade di accattivanti ricette, ma anche nell'approfondire in maniera chiara ed esaustiva le varie tecniche di cottura. “Il mio intento”, spiega, “è stato quello di provare a rendere acLuglio/Agosto 2016

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grigliate d'estate

Come esaltare il sapore e la fragranza delle verdure Molte sono le verdure che si prestano a essere cotte alla griglia, però quelle che rendono meglio sono senz’altro peperoni, zucchine, melanzane, cipolle, pomodori, funghi e carote. La grigliata, lo suggerisce la parola stessa, si può effettuare senza nessun tipo di condimento, ma se volete aggiungere un pizzico di sapore in più, spennellate le verdure in superficie con un velo d’olio extra vergine d’oliva e cospargete su di esse un po'di sale e un pizzico di pepe. Cipolle, peperoni, melanzane, pomodori e funghi potranno essere, una volta puliti, cotti direttamente sulla griglia. Le carote e le zucchine, invece, andranno precedentemente pulite e sbianchite o sbollentate. Basterà tagliarle a pezzi, tuffarle nell’acqua bollente e lasciarvele per 3 o 4 minuti. Quest’operazione permette di precuocere le verdure conservando la loro acqua. Se usate la padella da griglia potete spennellarla con dell’olio di oliva prima di disporvi alla cottura. Potete fare lo stesso con tutte le verdure, oltre ad aggiungere un po’ di sale e un po’ di pepe. Quanto ai funghi, disponeteli a testa in giù (non c’è bisogno di tagliarli) e girate di tanto in tanto tutte le verdure tenendo presente, ad esempio, che le cipolle e le melanzane impiegano più tempo per cuocere rispetto alle zucchine. Un’ultima astuzia consiste nel coprirle con un coperchio. Quest’operazione permette di abbreviare i tempi di cottura e trattenere il vapore acqueo rendendo, più morbidi gli ortaggi. I tempi di cottura media si aggirano intorno agli 8/10 minuti.

cessibile a tutti la conoscenza del grill e di migliorare molti aspetti che riguardano le loro abitudini”. Alla domanda se sia meglio il barbecue americano o la “nostrana” grigliata, lo chef assicura che “e ntrambi i tipi di cottura possono fornire risultati eccezionali, a patto però che si conosca bene la tecnica. La temperatura conta più dei tempi di cottura L'importante, in ambedue i casi, è la temperatura. Io non dico mai quanto tempo serve per cuocere la carne, ma qual è la temperatura che l’alimento, per risultatare cotto alla perfezione, deve raggiungere al suo interno, nel suo 'cuore'. Quello sì che è un dato determinante!”. Eppoi, nel caso particolare che ci si voglia cimentare nel bar-

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becue, “occorre munirsi di tanta pazienza, tenendo sempre sotto controllo la temperatura, anche se va detto che la gestione del calore è piuttosto complessa, in quanto non abbiamo a disposizione una manopola per aumentare o diminuirlo: è tutta una questione di flussi d’aria, che bisogna imparare a 'leggere' e interpretare correttamente”. Ma passiamo dalla teoria alla pratica, con qualche esempio concreto: “Per una perfetta fiorentina di manzo, croccante all’esterno e succulenta all’interno, si deve cuocere la carne quasi un’ora a bassa temperatura, non 15 minuti ad alta temperatura. La differenza dei risultati che si ottengono è abissale, come chiunque può direttamente sperimentare”. Ma vediamo, sempre dietro

suggerimento di Gianfranco Lo Cascio, fondatore peraltrop del blog BBQ4All. 1 - Niente fiamma e niente legna. Il barbecue perfetto si fa solo sulle braci ardenti, quando sul carbone si inizia a creare una patina di cenere bianca: quello è il momento giusto per mettere il cibo sulla griglia. 2 - Per i neofiti meglio il grill a a gas o elettrico? Se un intenditore del suo livello non si fa mai mancare un bel braciere tradizionale, ai neofiti consiglia però di iniziare da un pratico grill a gas, o addirittura elettrico. 3 - La sicurezza prima di tutto. Attenzione a non dimenticare i guanti ignifughi e un bel paio di pinze lunghe almeno 40 o 50 centimetri, per poter stare a debita distanza dal calore. 4 - No al forchettone, sì alla Luglio/Agosto 2016

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grigliate d'estate

paletta. Assolutamente da evitare invece il classico forchettone: si finisce per usarlo per punzecchiare la carne per capire se è cotta, ma bucandola si perdono liquidi e basta poco per trasformarla in una suola di scarpe. Meglio optare per una paletta, in particolare per maneggiare i cibi più delicati come il pesce da trancio o da lisca, i gamberi e le verdure. 5 - Non escludere la pietra ollare e la cottura per convezione. Altro mito da sfatare: non sempre la griglia è la soluzione migliore. Perché non provare la pietra ollare, anche per la carne? In tal caso i liquidi e i grassi di cottura, anziché colare sulle braci, diventando vapori aromatici e restano a soffriggere con l’alimento, rendendolo più gustoso. Oppure si può sperimentare la cottura per convezione, che permette di grigliare persino la

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pizza: si mettono le braci solo su un lato del barbecue, mentre sull’altro si posiziona una piccola teglia, poi si pone il cibo sulla griglia dal lato senza carbone ardente e si chiude il coperchio. In questo modo si crea una sorta di forno che si-

mula quello a legna. 6 - Usare i trucioli aromatici (non le erbe). Il tocco in più sono i trucioli aromatici: provate a mettere sulle braci dei pezzettini di legno di rovere, pesco, melo o castagno, e sentirete che profumo! Il legno di


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grigliate d'estate

ciliegio dona splendide colorazioni rossastre, mentre il cedro o l’ontano conferiscono note agrumate al pesce. Evitate invece i legni di conifera le cui resine, se bruciate, sono

altamente tossiche. Evitate anche le erbe aromatiche, che se poste direttamente sul carbone emettono fumi nocivi. Meglio usarle per insaporire direttamente i cibi.

7 - Lasciare sulla carne i segni della griglia. Lo Cascio è “il re della bistecca”, occorre dargli retta perciò quanto sentenzia che i segni della griglia devono risultare marca-

Particolare accortezza nella cottura del pesce Cuocere il pesce sul barbecue è abbastanza semplice, così come prepararlo. Vediamo qualche consiglio a seconda del tipo di pesce. I pesci “da porzione” - come ad esempio il branzino, l'orata, il pagello, le sogliole, i rombi, le trote, ma anche sarde e triglie - si cuociono interi. E' molto importante pulirli accuratamente sciacquandoli sotto acqua fresca corrente, eliminando le interiora, le squame e le pinne, ma non la testa e la coda. Prima della cottura non necessitano di alcuna preparazione. Volendo si può mettere nella loro pancia aglio affettato, foglie di rosmarino o di prezzemolo e qualche grano di sale grosso. I pesci da trancio, come ad esempio il pesce spada, il salmone, la rana pescatrice o il tonno, vanno semplicemente sciacquati prima della cottura e tamponati accuratamente con carta da cucina. I grandi crostacei, come gli scampi, gli astici

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Pesci e crostacei sono forse i cibi che necessitano delle maggiori attenzioni, per essere grigliati a regola d'arte. Nella foto centrale, la preliminare, delicata fase della marinatura, che va effettuata seguendo regole precise.

tissimi (l'ideale per ottenerli è una griglia di ghisa), la crosta croccante e l'interno succoso. Asciugate sempre bene la carne e mettetela sulla griglia solo quando il termometro del bar-

becue segna circa 180 gradi, a coperchio chiuso. 8 - Spennellare d’olio prima della cottura. Un ultimo trucco: una spennellata d’olio sul cibo prima della cottura. Tale opera-

zione – spiega Lo Cascio - non serve a condire quanto a veicolare meglio il calore. Capito il concetto? Si opti per il barbecue o per la grigliata nostrana, occorre "mestiere"... ◄

o le aragoste, vanno tagliati a metà nel senso della lunghezza e appoggiati sulla griglia dal lato del guscio. Cuoceranno in pochi minuti e saranno veramente deliziosi. I piccoli gamberetti sono ottimi sgusciati e cotti sugli spiedini, eventualmente alternati a piccole seppie, calamaretti o tocchetti di salmone. A prescindere dalla preparazione, durante la cottura spennellare con olio aromatizzato con fettine d'aglio e rosmarino o prezzemolo tritato. Parte di questa salsina può anche essere servita come accompagnamento, emulsionata con qualche goccia di succo di limone e pepe nero macinato. In alternativa, per una preparazione più aromatica, passare il pesce prima della cottura in un composto preparato con pane grattugiato, prezzemolo ed aglio tritato. Anche in questo caso il pesce va unto in cottura con poco olio spennellato Luglio/Agosto 2016

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Il decalogo della grigliata 10 e lode Come procedere per fare una grigliata dei fiocchi? Seguiamo i consigli che ci vengono offerti fa uno chef “stellato” come Antonello Colonna e un altro maestro della cucina italiana come lo chef Tommaso Arrigoni. 1 - Niente paura Provate nuovi ingredienti, abbinando sapori mai sperimentati in precedenza a costo di fare scelte fin troppo “avventurose”: sbagliando, alla lunga, si impara sempre. 2 - Nuove cotture

5 - Non solo griglia La grigliata perfetta richiede anche un contorno di antipasti in grado di rendere l’attesa ancora gustosa. Quindi non dimenticate di completare l’esperienza gastronomica con sottaceti, affettati e formaggi freschi, o altri contorni di vostro gradimento. 6 - Immersi nelle marinature Le marinature aiutano ad ammorbidire e insaporire la carne, soprattutto se preparate diverse ore prima della cottura. In ogni caso, esse vanno fatte con una certa maestria, se si voglioro conseguire buoni risultati. 7 - Scende il sale, salgono le spezie Usare meno sale significa maggiori benefici per la salute, ma anche cotture più semplici, visto che l’abuso tende a disidratare gli alimenti. Per compensare, puntate di più su spezie e aromi.

Cartocci, affumicature e preparazioni prolungate regalano consistenze e sapori diversi rispetto alle cotture alla brace cui siamo abituati. Inoltre, in questo modo, si evita il contatto diretto tra gli alimenti e la fiamma.

8 - Dolci e fiamme Antipasti, carni, verdure, frutta: non manca qualcosa? Ovviamente il dolce: meglio ancora se grigliato, sebbene tale azzardo sia consigliabile soltanto ai più esperti. 9 - Mai avere fretta

3 - Verdure in tutti i modi Si sa: peperoni, melanzane e zucchine alla griglia non mancano mai, ma per stuzzicare il palato si può provare ad accostare e mescolare anche altre verdure con carne e pesce. 4 - Non siamo alla frutta Ogni cosa richiede il suo tempo. Le temperature troppo alte e violente possono rovinare gli alimenti, con annessi rischi anche per la salute.

La frutta non si consuma necessariamente solo a fine pasto. Nel barbecue può diventare protagonista fin da subito: sia da sola, sia per accompagnare carne, pesce e verdura.

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10 - Occhio alla linea – Attenzione al menu ma anche alla... bilancia: cibi poveri di grassi aiutano a stare leggeri senza rinunciare per forza al gusto. Ad esempio, del buon pesce accompagnato da verdura e/o frutta soddisfa il palato e non appesantisce la digestione.


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LE INSALATONE

Una risorsa preziosa nella calura estiva Sempre più “gettonate” tutto l'anno, vivono nei mesi più caldi la loro stagione d'oro: possono essere preparate in mille modi e garantiscono tutti i nutrienti essenziali senza appesantire l'organismo di Lorena Modenese 48

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e “insalatone” ormai viaggiano alla grande durante tutto l'arco dell'anno, pieno inverno compreso. Si è diffusa da anni infatti, specie nelle grandi città, l'abitudine di consumarle nell'intervallo lavorativo, come monopiatto, ritenendole un alimento al tempo stesso leg-

gero da digerire (e quindi ideale per chi, subito dopo, deve nuovamente sedersi a una scrivania) e completo sotto l'aspetto nutrizionale. Che sia del tutto vero, dipende. Perché un fatto è parlare in “insalate”, ovvero sostanzialmente di verdure, e tutt'altro fatto è parlare di “insalatone”, comprendenti fra i loro ingredienti anche alimenti tutt'altro che... leggeri per definizione, a partire dalle uova, dal tonno sott'olio, magari da cubetti di insaccati e via dicendo. In certi casi, checcé lagente ne pensi, un' “insalatona” può risultare ben più impegnativa, sotto l'aspetto nutrizionale e di-

gestivo, di un nabalissimo piatto di pasta con pomodoro... Ma veniamo all'estate, la stagione certo più propizia per far apprezzare le insalate e le loro più complesse “derivate”: le insatatone, appunto. E partiamo proprio dalle prime, le insalate, concepite – com'è corretto che sia – in piatti in cui le verdure la facciano la padrone al punto di risultare sostanzialmente esclusive. Per insalata, nel linguaggio comune, si intende infatti principalmente un contorno a base di ortaggi a foglia crudi, sebbene certo non manchino insalate impiegate come antipasto, primo piatto, pietanza o piatto unico. Luglio/Agosto 2016

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LE INSALATONE Va chiarito anzitutto che la prerogativa dell'insalata (come suggerisce la stessa etimologia latina del termine: salada) è quella di essere condita, perlopiù con l'aggiunta di sale, olio e – a piacimento – aceto, limone yogurt, panna acida, ecc. Va aggiunto, poi, che l'insalata può comprendere ingredienti crudi o cotti, o anche entrambi sapientemente mixati. Ricordiamo, infine, che nella distinzione delle innumerevoli varianti, il sostantivo “insalata” è spesso accompagnato dalla specifica dell'ingrediente principale, che illustra la composizione di una o più preparazioni. Alcuni esempi sono: insalata verde, insalata di lattuga, insalata di invidia, insalata di rucola, insalata di soncino, insalata di cicoria, insalata di cavolo (comprendendo in tale termine tutti i tipi di cavoli, broccoli compresi), insalata di rape, insalata di sedano, insalata di germogli, insalata di ravanelli, insalata di carciofi, insalata di cipolle rosse o di cipollotti crudi, insalata di spinaci crudi, insalata di tarassaco, insalata di radicchio, insalata mista, insalata di finocchi

Gamberi, avocado, cetrioli e... chi più ne ha più ne metta! Ecco un esempio di insalatona fantasiosa e creativa, in cui tanti sapori si fondono garantendo un risultato finale appagante per il palato e ricco di proprietà nutritive.

Sentirsi sazi senza attentare alla linea Le insalatone (spesso se non appesantite da alimenti integrativi troppo “impegnativi”) sono una pietanza tipicamente estiva, particolarmente indicata per chi è in regime dieta. Sono facili e veloci da preparare e sono ricche di proprietà nutritive: assicurano un adeguato apporto di vitamine, sali minerali, fibra e non contengono praticamente grassi (questo vale, ovviamente, solo per la loro componente vegetale). Tutte le insalate a foglia verde contengono vitamine del grup­po B mentre il con­tenuto di vitamina C, PP e di provitamina A varia in relazione al tipo di insalata: indivia e cicoria sono particolarmente ricche di precursori della vitamina A e vitamina C, meno presenti nella lattuga e nella scarola. Le insalate inoltre contengono fosforo, ferro (particolarmente abbondante nell’indivia) e calcio (circa 70 mg per 100 g nell’indi­via)

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crudi, insalata di carote, insalata di cetrioli, insalata di pomodori crudi, insalata di zucchine crude, insalata di peperoni crudi, insalata di arance, insalata di pompelmo, insalata di mele,


insalata di insalata di melone, insalata di pasta, insalata di riso, insalata d'orzo, insalata di farro, insalata di mais, insalata di patate, insalata di fagioli, insalata di fave, insalata di ceci, insalata

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LE INSALATONE di lenticchie, insalata di piselli, insalata di soia ecc. E' certamente possibile – queste sono appunto le “insalatone” rendere le insalate più complete e nutrienti, aumentando il numero degli ingredienti; in tal caso, alla specifica discriminante seguono gli ingredienti supplementari, quantitativamente meno abbondanti. Ad esempio: insalata verde con olive, prezzemolo, avocado, peperoncini, pollo, tacchino, wurstel, vitello, sgombro, tonno, uova sode, mozzarella, Parmigiano, fiocchi di latte, noci, pinoli, mandorle, nocciole, pistacchi, sesamo, cocco, ecc. L'insatata – o meglio l' “insalatona”, insomma, può essere composta da tutti i 7 gruppi fondamentali degli alimenti, considerando che alcune formulazioni – per esempio l' insalata di mare o l'insalata di pollo, contengono prevalentemente ingredienti di origine animale. In ambito nazionale, ma anche

Idea? E perché non servire una bella insalatona su una pasta da pizza ben cotta, anziché sul nudo piatto?

internazionale, esistono molte preparazioni tipiche (anche abbastanza complesse) che sono entrate a far parte dell'immagine locale; per quel che concerne l'Italia, possiamo menzionare:

Gustosissimi abbinamenti con il pesce Le insalatone con pesce e verdure sono semplicissime da preparare per poter portare sulle nostre tavole, ogni volta che ne abbiamo voglia, qualcosa di gustoso, ghiotto e salutare. L'insalata di pesce, con l'aggiunta di verdure fresche, è un piatto unico che possiamo servire anche come delicato antipasto, con cui predisporre il palato a un primo o a un secondo, possibilmente a base di pesce anch'esso. Piatto apprezzabile tutto l'anno, è ovviamente particolarmente indicato per l'estate, sia per la leggerezza del pesce, sia perché – specie se ci troviamo in vacanza in una località di mare – il desiderio di quest'alimento fatalmente s'accentua. Il bello, anche in questo caso, è che ci si può sbizzarrire nella scelta quanto si vuole, optando per il classico tonno oppure per il salmone, per i filetti di sgombro oppure per seppie, calamaretti, polpo, gamberetti e via degustando.

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insalata di finocchi e arance (Sicilia), l'insalata di cipolle al forno e l'insalata di soncino con uova (Piemonte e Lombardia) e la cosiddetta “insalata di rinforzo” (Campania).


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LE INSALATONE

Per quel che concerne invece la cucina internazionale, tutti avranno sentito parlare di insalata russa (ideata da un cuoco francese per uno Zar russo), dell'insalata greca (Grecia), del Caesar Salad (USA), dell'insalata di Montecarlo (Montecarlo), dell'insalata Nizzarda (Francia), dell'insalata di Valencia (Spa-

gna), dell'insalata alla tedesca ecc. Ma il bello dell'insalata – o meglio, dell'insalatona – è che ciascuno, provvisto di un po' di gusto e di fantasia, può prepararne una alla propria, personale maniera, privilegiando gli ingredienti che più gradisce e scartando quelli che meno solle-

ticano le papille del suo palato. Ed è veramente un diletto, per chi è provvisto di “creatività” culinaria, sbizzarrirsi nel preparare un'insalatona “stimolante”, ovvero in grado di nutrirlo convenientemente ma anche di gratificarlo pienamente sotto l'aspetto dei sapori. L'arte della cucina ha molto in

Che delizia la frutta in... insalata! Le insalate di frutta sono perfette per chi vuole restare in forma, e sono l'ideale in estate, quando è più forte la necessità di consumare cibi leggeri e rinfrescanti, ma anche ricchi di apporto vitaminico e di sali minerali. Si possono preparare inoltre tantissimi modi diversi, seguendo il proprio estro personale e scegliendo i frutti a noi più graditi: dai grandi “classici”, come l'arancia, la mela e la pera, a quelli più nuovi ed “esotici” come l'avocado, particolarmente indicato per questo genere di preparazioni. Oltre alla classica macedonia di frutta mista, potete preparare delle insalate di frutta con verdure, ma anche con riso, gamberi, salmone, pollo, cous cous o frutta secca. Date fiato alla vostra fantasia, dunque, e preparatevi con amore un'insatatona a base di frutta di vostro pieno gradimento: quando l'avrete consumata, vi sentirete appagati e... leggeri come il vento!

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Sopra, una fantasiosa insalatona composta da fette di pera, prosciutto crudo, insalata fresca cosparsi di aceto balsamico. Sotto un'accatticante abbinamento fra verdure e frutta, arancia e avocado in testa.

comune, a pensarci bene, con quella della pittura. Nel senso che, come nella seconda occorre saper abbinare i colori (ottenendo effetti armonici o al contrario volutamente contrastanti, sorprendentemente “stridenti”), così nella prima occorre saper abbinare sapori, aromi, fragranze, con l'obiettivo di

raggiungere un risultato finale mirabilmente sintonico, oppure volutamente contrastante, combinando ingredienti a che tutta prima parrebbe non possano convivere e che invece, se abbinati con fantasiosa creatività, possono dar luogo a sapori sorprendenti. Ebbene, in pochi casi come nel-

le “insalatone” un cultore della buona cucina può sperimentare la sua creatività, creando un piacevole effetto “sinfonico” combinando sapientemente, e con fantasia, i più disparati ingredienti. Ciò può dare molta soddisfazione, e non solo al palato, ma consente anche di fare un uso

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LE INSALATONE razionale delle risorse alimentari di cui dispongono la propria dispensa il proprio frigorifero, che spesso custodiscono alimenti solo in apparenza difficilomente conciliabili. E' qui che salta fuori il valore aggiunto della fantasia, della creatività e – se proprio vogliamo – anche dell'azzardo, che può indurci a tentare esperienze nuove, non sempre magari esaltanti, in termini di risultato, ma sempre e comunque utili a far maturare il nostro talento di... insalatari. E allora coraggio, datevi da fare e scatenate la vostra fervida fantazia combinando – come fanno i pittori nel dipingere i loro quadri – i “colori” alimentari che trovate più accattivanti. Alla fine del vostro impegno, comunque piacevole, vi troverete di fronte un'insalatona “tutta vostra”, nel senso non solo che tocca a voi il privilegio di gustarla, ma che è anche vostra, solo vostra, l'esclusiva ricetta che ne sta alla base. ◄

Un pranzo completo con pasta e riso Il termine insalata – e tanto più quello insalatona – s'attaglia anche a preparazioni alimentari che non hanno come elemento baste la classica insalata, verde o rossa che sia, o altri vegetali. Insalatone gustosissime, e particolarmente adatte ai climi estivi, si possono preparare anche con la pasta, il riso, le verdure o l'orzo, mixando tali alimenti con una miriade di ingredienti arricchenti e “insaporitori”, siano essi il classico pomodoro o altre verdure, e... non necessariamente solo verdure. Anche in quest'ambito, a dettar legge sono la nostra fantasia e creatività, assecondate dal nostro particolare gusto. In ogni caso si tratta di piatti completi, in grado di svolgere una funzione alimentare soddisfacente sotto l'aspetto di tutti i necessari apporti nutrizionali.

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Il boom del mangia e... vai

Il fenomeno nei mesi estivi è più... esplosivo che mai, ma anche nelle altre stagioni dell'anno va assumendo dimensioni sempre più notevoli, sia nelle grandi città che nei centri minori di Edoardo Rosselli 58

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Quello dello Street Food è un fenomeno in progressiva espansione, come chiunque di noi può notare girando in città o nei luoghi di villeggiatura, siano essi balneari o montani. Da rilevare, oltretutto, la fantasia inesauribile di coloro che si occupano di questa attività: propongono infatti una varietà di cibi sorprendente.

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l cibo di strada è sempre più “di tendenza”, in Italia. Non ci vuole del resto molto a rendersene conto. Anni fa, se ci pensate bene, si contavano sulle dita delle mani i chioschi che vendevano panini e cibarie varie in questo o quell'angolo delle nostre città. E non solo erano pochi, ma “statici”: ovvero dovevi essere tu a raggiungerli, se sapevi dove trovarli, perché certo non si

potevano schiodare dal suolo pubblico su cui erano piantati. Ora sono invece loro – sottoforma di furgoni o Ape allestiti e attrezzati all'uopo - a venirti incontro, viaggiando su ruote e posizionandosi in postazioni variabili e talvolta imprevedibili, laddove i loro ingegnosi gestori-condutori contano di trovare frotte di clienti affamati (alle uscite delle scuole e degli uffici, in zone battute dai turi-

sti, in prossimità delle stazioni ferroviarie, ecc.). Che non si tratti di un'impressione superficiale, ma di un solido dato di fatto accreditato da fior di numeri, lo dimostra del resto ampiamente una documentata ricerca effettuata da Coldiretti per quel che riguarda il primo semestre dell'anno in corso. Ebbene, da essa risulta che lo Street Food viaggia davvero forte, e a ritmi crescenti. Nei ptimi sei mesi del 2016 quasi 2 italiani su tre lo hanno consumato, privilegiando gli arancini siciliani, la piadina romagnola, le olive ascolane, i filetti di baccalà romano, gli arrosticini abruzzesi, la polenta fritta veneta, le focacce liguri, il pesce fritto (specie ovviamente nelle località marittime) e gli immancabili panini ripieni con le tipiche farciture locali, che vanno dai salumi ai formaggi alla saporita porchetta umbro-laziale. Dati Coldiretti alla mano, il cibo della tradizione locale è preferito dall`81% per cento degli italiani, mentre il 13% sceglie quello internazionale come gli hot dog e solo il 6% i cibi etnici, come per Luglio/Agosto 2016

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STREET FOOD esempio il kebab, che peraltro risulta in netto calo rispetto al passato. Un interessante mappa sull'evoluzione che sta registrando lo Street Food in Italia è stata recentemente realizzata dal sito online Tag24: essa è suddivisa per regioni e fornisce, zona per zona, un quadro esauriente dei cibi maggiormente richiesti. Ma da cosa deriva questo autentico “boom” del bibo di strada? Sicuramente i nuovi ritmi di vita e di lavoro sempre più veloci e il poco tempo a disposizione esaltano le funzionalità e la comodità dello Street Food. Ma non va sottovalutata anche una sempre più spiccata apertura mentale e curiosità che inducono sempre più gente a nutrirsi con amena “irregolarità”, invogliata in ciò sia dal desiderio di assaggiare cose diverse, sia dalla tendenza – sempre più diffusa, con i ritmi della vita d'oggigiorno – a prediligere diverse piccole

porzioni a un pasto “regolare”, più impegnativo sia sotto l'aspetto dei tempi di consumazione (attese, lunghi intervalli fra una portata e l'altra, ecc.). Non a caso un recente sondaggio del Gambero Rosso mostra che quasi il 40% degli utenti

dichiara di scegliere lo Street Food per ragioni di costo, complice la flessione economica degli ultimi anni a causa della quale, secondo Coldiretti, dall'estate 2013 la spesa nei ristoranti è calata dell'11 % e sono aumentati gli esercizi di

Il cibo di strada ha ispirato anche il Gambero Rosso Focacce, panzerotti, bombette, piadine, frittatine, polpi, panini, pizze e gelati. "Street Food" del prestigioso Gambero Rosso raccoglie tutto il meglio del cibo on the road, salato e dolce. Una fotografia insolita e gustosa di un'Italia autentica. Storie di sapori antichi ma anche di geniali intuizioni di artigiani del gusto e chef, da andare a scovare magari in angoli sperduti della Penisola. Nel libro, in vendita a 6,50 euro, sono organicamente raccolte, ed efficacemente descritte, oltre 400 segnalazioni riguardanti l'intero territorio nazionale. Ogni regione, peraltro, è introdotta da una sezione dedicata alle tradizioni locali e da una ricetta della preparazione ritenuta più significativa e "simbolica". All'interno della pubblicazione, sono stati individuati 20 campioni regionali dello Street Food (uno per ogni regione) e due premi speciali ESTATHE & GAMBERO ROSSO per il panino dell'anno e lo Street Food degno della perizia di autentici chef. E' singolare, ma assai significativo, che il Gambero Rosso - dall'alto del suo consolidato prestigio - abbia voluto "degnare" di così tanta attenzione anche il "cibo di strada".

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ristorazione che non prevedono il servizio ma solo la somministrazione. Ulteriore carta vincente del cibo di strada è anche quella di coniugare la grande tradizione culinaria italiana e la sperimentazione di nuove tendenze, di guardare all'eco-sostenibilità e al “biologico” per rispondere alle esigenze del consumatore consapevole che un'alimentazione salutista è la base del benessere psicofisico e che ridurre l'impatto ambientale “rende il cibo più buono”. A tutto questo va aggiunto che social media, app dedicate, eventi e libri sembrano confermare l'evoluzione inarrestabile di un fenomeno di grande successo. Dalla farinata ligure al lampredotto fiorentino, per arrivare alla piadina romagnola e allo sfincione siciliano, le ricette “popolari” e spesso povere della tradizione italiana stanno tornando in auge grazie proprio allo Street Food, che ha un cliente-tipo a cui è stato attribuito un appellativo enLuglio/Agosto 2016

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glish: "metro eater". Vita frenetica, poco tempo a disposizione, il metro eater mangia tra un impegno e l'altro e ha due priorità: velocità e qualità, elementi che riassumono la nuova tendenza del ''mobile eating'', analizzata da Bibite Sanpellegrino attraverso un'analisi che ha avuto come obiettivo quello di capire come si stanno trasformando i luoghi e le modalità di consumo del cibo nella società contemporanea. Secondo 8 esperti su 10 la ragione principale del successo dello Street Food risiede nel fatto che oggi le persone danno prioritaria importanza alla qualità rispetto alla quantità (81%), e ricercano con maggiore frequenza le ricette tradizionali anche reinterpretate in chiave moderna o da chef rinomati (72%), realizzate con ingredienti di qualità (59%). Tutte caratteristiche offerte dalle sempre più numerosi veicoli adibiti a food-truck che puntano proprio su questa

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Ma che bello, e che divertente, concedersi un pranzetto per strada! Magari nel cento di una grande città come Milano (a sinstra, una golosissima Ape davanti alle Colonne di San Lorenzo), oppure in una piazzetta di paese.

tipologia di cibo, il cosiddetto “metro food”. Icona di questo fenomeno sono le Api itineranti (85%), di cui gli italiani vanno in cerca per acquistare cibo gourmet da gustare tra un impegno e l'altro. Ma chi sono questi me-

tro eater? Secondo gli esperti interpellati si tratta di individui dinamici che non amano la sedentarietà (74%), molto attenti agli aspetti salutari legati all'alimentazione (68%) e all'origine delle materie prime (67%), attivi sui social

network (64%) dove amano condividere le foto (58%) del loro metro food preferito. Ma anche a livello internazionale sono numerosi i casi che testimoniano questa tendenza: a New York, ad esempio, gli chef del Rouge Tomate - un

Anche la birra e i sigari diventano... Street Mah, chissà quali licenze avrà dovuto ottenere il titolare di quest'Ape specificamente dedicata alla vendita della birra, ma anche dei sigari, la cui vendita com'è noto rientra nella severa "giurisdizione" del Monopolio Tabacchi?! Certo è che a Costui vanno riconosciuti una fantasia, e un ardimento, fuori della norma. D'altra parte, pensate un po' che bello imbattersi - quando magari la prima tabaccheria è lontana chilometri - in un punto vendita mobile che, oltre a una refrigerante birra, è in grado di offrirti un buon sigaro da sfumacchiare fra una boccata e l'altra... Luglio/Agosto 2016

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STREET FOOD

Fantasia, sì, tanta fantasia. Perché non è sufficiente, per i gestori di esercizi commerciali mangia-e-fuggi, offrire ai propri improvvisati clienti prodotti di qualità. Orrorre anche, e soprattutto, solleticare i loro palati proponendo cibi appetitosi, e sorprendenti.

rinomato ristorante dell'Upper East Side, premiato con una stella Michelin - sono ''scesi in strada'' creando uno “street menu” stellato per il ''Rouge Tomate Cart in the Park'', po-

sizionato all'ingresso dello zoo di Central Park. Anche a Reykjavik, in Islanda, il metro food non ha rivali: la guida Michelin segnala in particolare i Bæjarins Beztu Pylsur, gli hot dog

Macché pranzo di nozze, facciamo festa per strada Ma che ci fa questa neosposa, con abito bianco e bouquet di fiori, davanti a un furgone di Street Food? Carenza di soldi per il pranzo nuziale? Può darsi. Ma trattasi, forse, di un impertinente sfottò agli "usi e costumi" dei noiosissimi eassai costosi - pranzi rituali. Viva la libertà, per bizzarra che sia.

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Lo street food fa gola anche ai cani apprezzati anche da Bill Clinton e Anthony Bourdain. Street Foot, in special modo per quel che rigarda il nostro Paese, fa rima con la scoperta del territorio e dei suoi prodotti tipici, e rappresenta perciò – ha acutamente osservato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - “rappresenta un valore aggiunto inestimabile, salvaguardando e rilanciando prodotti, e quindi valori, che altrimenti rischierebbero di sparire dalle strade e dalla piazze delle città italiane sotto la pressione dell’omologazione”. Il fenomeno del cibo di strada ha infatti radici molto antiche che risalgono al tempo dei Romani, quando gran parte della popolazione era spesso solita gustare i pasti in piedi e velocemente in locali aperti in prossimità della strada. Per questo l’Italia, con le sue numerosissime golosità gastronomiche, può vantare una tradizione millenaria, come dimostrano le diverse specialità locali sempre più apprezzate dagli amanti dello Street Food. ◄

Beh, che gli intraprendenti e fantasiosi gestori di postazioni mobili Street Food si siano preoccupati anche degli "appetiti" canini" è certamente un elemento di curiosità, ma non una sorpresa. La dimostrazione, semmai, che il rapporto fra persona e il suo miglior amico per definizione è tale che... c'è spazio (commercialmente, ovvio) anche per i famelici e spesso viziatissimoìi "quattrozampe". La foto che pubblichiamo qui in basso è stata scattata a Milano, ma non c'è dubbio che anche in altre città Street Food cominci a far rima anche con... dog.

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STREET FOOD

Non solo piadine e panini ma molto, molto di più Ormai nei furgoncini dello Street Food si può trovare davvero di tutto: dalla classica piadina ai panini, ma anche il pesce fritto, le verdure grigliate, la porchetta, il gnocco fritto e innumerevoli altre gustosissime specialità gastronomiche. Signori: il mondo è cambiato ed è in via di continua, bizzarra evoluzione. Lo Street Food, con le sue sempre più sorprendenti proposte, ne è una prova inconfutabile. Piaccia o no, l'oggi - e il futuro - è anche questo.

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lago maggiore

Le meraviglie del Verbano

Una via d’acqua dove viaggiavano i marmi per la costruzione del Duomo di Milano, ville patrizie con straordinari giardini e il fascino senza tempo delle isole Borromee di Giacomo Carissimo 68

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Il magnifico panorama che l’isola ammirare da Stresa: l’Isola Bella, l’isola Superiore o dei Pescatori e sullo sfondo la cittadina di Baveno. In alto uno scorcio dei giardini dell’isola Madre dove si trovano rare essenze vegetali provenienti da tutto il mondo.

igliaia di turisti affollano da aprile a ottobre la strada del Sempione che va dal confine con la Lombardia a quello con l’Ossola, seguendo l’antico percorso tracciato da Napoleone. Una scelta suggerita dalla stagione tra le più propizie per il clima mite e dolce, dagli incantevoli panorami e, lungo tutta la litoranea, dalle ville patrizie con spettacolari giardini affacciati sul lago. Senza cadere nella tentazione di citare tutti i letterati e le personalità che hanno trascorso in questi luoghi piacevoli soggiorni (ricordiamo soltanto Dickens, Flaubert, Byron, Goethe, Manzoni e, in epoche più recenti, Hemingway, il poeta Vittorio Sereni e l’indimenticabile luinese Piero Chiara, che da questa terra ricca di storie, atmosfere e tradizioni hanno tratto fonti d'ispirazione. Una terra che Stendhal ha definito bella come e più del golfo di Napoli Il “Verbanus lacus” dopo quello di Garda, è il più grande lago d'Italia, Maggiore perché il più esteso tra i vicini laghi subalpini e importante come via d’acqua che dal Toce passa al Lago Maggiore, poi lungo il Ticino e il Naviglio Grande fino Luglio/Agosto 2016

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lago maggiore

lago: da Cannobio a Verbania, e comprende Cannero, Oggebbio e Ghiffa. Piccole realtà che racchiudono storie e tradizioni da riscoprire, come il Museo del Cappello, il Sacro Monte della SS. Trinità e su due isolette, i Castelli Malpaga detti anche i Castelli di Cannero.

alla Darsena di Milano. Un percorso che risale all’impero romano come testimoniano alcune stele e altari conservati al Castello Sforzesco di Milano. Un itinerario attraverso il quale - a partire del XIII secolo - viaggiò anche il marmo

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delle cave di Candoglia e di Ornavasso impiegato in numerosi e importanti monumenti lombardi, come il Duomo e l’arco della Pace di Milano, e la Certosa di Pavia. Generalmente il Verbano si distingue in tre grandi aree. L’Alto

Il Golfo Borromeo Si estende da Verbania a Stresa e comprende, oltre alle meravigliose Isole Borromee, perfetto connubio tra arte e natura, anche la zona collinare a ridosso di Verbania. La mano dell’uomo ha saputo nei secoli sapientemente operare e costruire adeguandosi alle forme della natura sia sulle acque del lago sia sulle sponde. Baveno, Stresa sono note per il lusso e l’eleganza delle maestose


A sinistra dal basso in senso orario: la facciata Liberty del Regina Hotel di Stresa, le aiuole fiorite di Villa Taranto, il giardino all’italiana dell’isola Bella, l’eremo di Santa Caterina del Sasso e la Rocca di Angera.

ville signorili e degli hotel pluristellati come l’hotel Des iles borromees o il Regina Palace. E nel cuore del Golfo, le tre Isole Borromee che creano una cornice dal fascino senza tempo. Ma l’elenco dei luoghi incantevoli non è ancora terminato: ecco Verbania, Intra e Pallanza apprezzate per le ottocentesche ville come Villa S. Remigio, Villa Giulia e Villa Taranto, con i giardini tra i più famosi e frequentati per le suggestive scenografie floreali. E sulla sponda Lombarda quasi di fronte a Stresa l’Eremo di Santa Caterina del Sasso: un complesso monastico, unico nel suo genere, formato da tre edifici incuneati su una falesia a picco sul lago. L’ultima parte della sponda pie-

montese comprende il tratto che va da Belgirate a Castelletto Ticino e Arona. In quest’ultima cittadina si trova il Colosso di San Carlo, alta oltre 23 metri, dalla quale si possono ammirare un panorama mozzafiato. Chiude la sponda meridionale lombarda la maestosa la Rocca di Angera che si erge a picco sul lago in posizione strategica per il controllo dei traffici. Nota per le sale storiche, in particolare quella dedicata alle Maioliche, il Museo della Bambola e del Giocattolo, il più grande d'Europa, che ripropone la storia del gioco attraverso l’evoluzione dei materiali, i comportamenti socio-educativi e i legami con arte, costume e moda di ieri e oggi. La cornice del maniero è

un ricercato Giardino Medievale, realizzato sulla base di accurati studi su documenti d’epoca e manoscritti miniati. Ma torniamo ai gioielli del golfo. Sette sono le isole del lago, le più importanti sono quelle che prendono il nome dalla celebre casata. L’sola Bella E’ un luogo sorprendente grazie a fioriture ricorrenti e inestimabili tesori d’arte; appare come un vascello che naviga sulle azzurre acque del lago così come pare fosse nell’intento del fondatore Vitaliano VI Borromeo. Il giardino è un paradiso dove si alternano statue e decori architettonici a geometrie e preziosità botaniche. Alle porte del giardino un Luglio/Agosto 2016

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lago maggiore Arona, la maestosa statua di San Carlo Borromeo (il San Carlone dei lombardi) domina uno dei panorami più spettacolari della Lombardia.

centenario canforo accoglie i visitatori e li introduce all’Anfiteatro che scenograficamente domina la parte centrale dell’isola. Il giardino all’italiana di gusto barocco si sviluppa su parterres e terrazze poste ad altezze differenti e alterna statue, obelischi, scalinate e balaustre in pietra che creano un impianto scenografico pensato per riaffermare la potenza della nobile casata. Il palazzo è uno scrigno dell’arte barocca sospeso sull’acqua, con saloni elegantemente arredati, mobili di gran pregio, tele di noti artisti e splendidi affacci sul lago. L’isola Madre Conosciuta in tutto il mondo per le sue raffinatissime collezioni botaniche, è la più grande isola del bacino ed emerge dalla superficie dell’acqua con un profilo esuberante, tracciato dalla vegetazione rigogliosa che si estende sulla maggior parte della sua superficie e dalla massa squadrata del palazzo, costruito sul punto più elevato dell’isola. Fu probabilmente la prima tra le isole a essere abitata. Nel ‘600 venne riscattata dalla Curia di Novara che diede l’avvio ai lavori di trasformazione dapprima in frutteto, poi in uliveto ed infine in agrumeto. Oggi quello dell’isola Madre è un giardino botanico unico perché conserva essenze vegetali rare e originarie di ogni parte del mondo. Nel palazzo porcellane, dipinti di famiglia, arazzi, letti a baldacchino decorati con sontuosi broccati compongono un affascinante affresco di vita cortese. Di particolare bellezza il salotto veneziano con le pareti decorate a trompe l’oeil che ricor-

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dano quelle di un gazebo fiorito. Imperdibile la sezione dedicata ai teatrini delle marionette, le cui rappresentazioni, davano vita a spettacoli di intrattenimento e svago, per la famiglia, gli amici e la servitù. Dalle grandi finestre al piano nobile infine il meraviglioso affaccio sul golfo, l’isola Bella e l’isola Pescatori. Uno dei grandi ammiratori dell’isola fu Gustave

Flaubert che la definì: “un paradiso terrestre con foglie che il sole indora”. Ci sono molti luoghi in Italia che da secoli racchiudono bellezze naturali e architettoniche. Difficile è fare una graduatoria, tuttavia ai primi posti possiamo collocare il lago Maggiore con le sue isole, vallate, borghi e magnifici giardini; vere e proprie opere d’arte. ◄


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lago maggiore

Suggestioni invitanti anche per il palato Oltre alle sue bellezze naturali, il Verbano offre agli appassionati del gustoe della buona tavola una ricca tradizione enogastronomica di Paolo Savia 74

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Il pane rustico, prodotto con segale mescolata al altre farine, talvolta arricchito di noci e uvetta e accompagnato da salumi e formaggi: dai “violini” di capra al lardo aromatizzato. La cultura casearia si ritrova anche sulle sponde del Lago con la Formagella di Luino, formaggio a pasta semidura, realizzato con latte intero e crudo di capra.

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n’affascinate contrapposizione tra le atmosfere romantiche del lago e la maestosità delle valli alpine che lo sovrastano: un’intera

rassegna di sapori antichi, che affondano le loro radici nella tradizione e nella storia di una popolazione che ha saputo sfruttare le risor-

se del territorio. Dall'antipasto al dolce, è un tripudio di prelibatezze, semplici e genuine ma dalla lavorazione sapiente. Una raffinata cucina coniugata con il gusto piemontese, tradizionalmente al servizio di un turismo cosmopolita e dello stile delle nobili famiglie che nei secoli passati costruirono sulle rive del Verbano le loro sontuose ville. I piatti sono tipicamente lacustri: il pesce persico (che originariamente veniva fritto in olio di noci), le alborelle, trote, lucci, salmerini, si integrano con prodotti del territorio montano e in particolare della Val d’Ossola con i suoi grandi prati verdi e gli ampi spazi per il pascolo degli animali, vanta una lunga tradizione casearia d’eccellenza. In questa aspra valle si trovano i formaggi tipici come l’Ossolano d’Alpe, formaggio vaccino dal gusto dolce e intenso, il rinomato Luglio/Agosto 2016

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lago maggiore

Il Violino di capra è un salume artigianale ricavato dalla spalla e dalla coscia della capra, deve il suo nome alla forma, simile a quella dello strumento musicale. La tradizione vuole che per affettarlo lo si maneggi come un vero e proprio violino, appoggiandolo sulla spalla sinistra e utilizzando il coltello come un archetto.

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Bettelmatt prodotto in soli 7 alpeggi delle Valli Antigorio e Formazza, la Toma del Mottarone, dal caratteristico color giallo paglierino e poi numerosi formaggi come il caprino e la

ricotta. Non mancano le carni trasformate in saporiti salumi per i palati più decisi – come il Violino di capra - e per finire una grande varietà di miele. Vasta è anche l’offerta di dolci: dal Pan Dolce di Cannobio, alle Imperialine di Intra e alle Reginette, biscotti tipici della zona di Omegna, e alla Fugascina di Mergozzo, fino agli Amaretti di Pallanza. E’ d’obbligo riservare una particolare citazione ai burrosi pasticcini ricoperti di zucchero a velo di Stresa che si chiamano ancor oggi “Margheritine”, in onore della regina Margherita di Savoia, che ne andava ghiotta e li aveva fatti creare dai suoi pasticceri per i ricevimenti di Ferragosto della Casa reale. Anche il vino non manca e si accompagna perfettamente alle diverse proposte culinarie: con l’ampia scelta di vini rossi delle colline novaresi fino al famoso Prunent ossolano dei vigneti terrazzati. ◄


ricette

A cura di Zia Carla

Tranci di pesce persico in panure croccante alle erbe aromatiche e olive Ingredienti: • 700 gr. di filetti di pesce persico (circa 2 filetti grossi da 350 g ciascuno) • 70 gr. di olive verdi denocciolate (peso da sgocciolate) • 1 rametto di rosmarino fresco • 2 rametti di timo fresco • 6 foglie di salvia fresca • Una pagnotta di pane casereccio con crosta per un totale di circa 180 g r. • pepe nero da macinare • Un cucchiaino di sale marino integrale grosso • Olio extra vergine di oliva

Margheritine di Stresa Ingredienti: • 250 gr. di zucchero • 250 gr. di burro ammorbidito • 120 gr. di zucchero a velo vanigliato • 4 tuorli di uovo sodo • 200 gr. di maizena • 200 gr. di farina 0 di grano tenero • un pizzico di sale • la buccia di mezzo limone non trattato finemente grattugiata

Preparazione Mescolare bene il burro con lo zucchero a velo in una ciotola capiente. Aggiungere il limone grattugiato, un pizzico di sale e quando il composto risulterà ben Preparazione amalgamato, aggiungere i tuorli sodi passati a un setaccio Tagliare i filetti di pesce persico in tranci controllando che molto fine. Mescolare bene il tutto fino a ottenere un non ci siano lische Mettere in un tritatutto il pane tagliato composto omogeneo, aggiungere quindi la farina e la a pezzetti, gli aghi del rosmarino tolti dai rametti, le foglie maizena e mescolate molto bene. Lasciare di timo, le foglie di salvia, le olive, un po’ di Tutte le ricette riposare il composto così ottenuto in pepe nero appena macinato e un cucchiaino sono preparate frigorifero per circa due ore in modo che abbondante di sale marino integrale e tritare con pentole, utensili la pasta si rassodi. Passato questo tempo, bene il tutto fino ad ottenere una panure e accessori Zepter stendere l'impasto con un mattarello ad uno uniforme. Ungere con l'olio d'oliva il fondo di spessore di circa un centimetro. Con uno una pirofila grande e passare i tranci di pesce stampino di circa 3 centimetri di diametro persico nella panure alle erbe aromatiche su a forma di fiore, ritagliare le margheritine e entrambi i lati, pressando bene con le mani stenderle su una placca ricoperta con carta per farla aderire e poi disporli nella pirofila. da forno leggermente distanziate. Con un Cospargere i tranci con un filo di olio d'oliva dito quindi schiacciare al centro in modo da ed eventualmente con la panatura rimasta. formare un piccolo avvallamento. Mettere in Infornare in forno statico preriscaldato a 180° forno già caldo a 200 gradi per circa 15 minuti per circa 20/25 minuti e terminare la cottura il tempo necessario a che diventino dorate. utilizzando la funzione grill per qualche Toglierle dal forno e lasciarle raffreddare bene minuto in modo che si formi una bella e poi spolverizzarle con zucchero a velo. crosticina croccante. ZEPTER LIFESTYLE MILANO Via S. Pietro all'Orto, 10 Milano e-mail: zepter@lifestylemilano.com http://www.zepter.com

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I DRONI IN AGRICOLTURA

Lassù un “occhio” veglia sul benessere dei campi No, i droni non sono necessariamente strumenti di guerra. Lo dimostra la loro crescente diffusione nella vita civile, a partire dall'agricoltura: in cui si dimostrano alleati preziosi di Piero Di Salvo 78

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Droni, con il loro caratteristico aspettio di enormi insetti, volteggiano sui campi “armati” di sofisticate apparecchiature di rilevazione, utilissimi per gli agricoltori.

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enti parlare di droni e la tua immaginazione corre, fatalmente, alle “macchine infernali” che dall'alto, senza pilota a bordo ma teleco-

mandate a distanza di migliaia di chilometri, scagliano ordigni mortali su territori insanguinati dalla guerra, come oggi accade in Siria. Oppure, se sei di

temperamento più leggiadro, ti viene da pensare ai droni-giocattolo che volteggiano per l'aere come ipermoderni e innocenti aquiloni, guidati da terra Luglio/Agosto 2016

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I DRONI IN AGRICOLTURA

I droni si stanno dimostrando indicati per vagliare lo “stato di salute” delle vigne, fornendo ai vitivinocoltori informazioni preziosissime.

da ragazzini che comprensibilmente si entusiasmano per le loro evoluzioni. Ma i droni non sono soltanto né ordigni di guerra né innocui giocattoli: sono invece, sempre pi più, alleati preziosi dell'uomo e delle sue attività anche nella pacifica vita civile. Lo dimostra il fatto che accada sempre più di frequente, viaggiando in auto attraverso le campagne, vedere droni che volteggiano su campi di grano, risaie e vigneti. Non si tratta,

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se non in casi eccezionali, di qualche fotografo o videomaker impegnati nella realizzazione di con documentari, ma di macchine volanti impiegate per migliorare la resa e la qualità dei raccolti, risparmiare acqua e diserbanti, fornire dati in base ai quali comprendere se le tecniche utilizzate finora siano efficienti o possano essere ulteriormente perfezionate. I rilievi video-fotografici realizzati da droni hanno il vantaggio di essere sostanzialmente

economici e di risultare molto più precisi e affidabili degli stessi rilievi satellitari. I dati ottenuti in questo modo possono suggerire di irrigare meglio (o di meno) alcune porzioni di campo, di indicare quali piante, in un filare, stanno crescendo meglio e quali hanno invece bisogno di essere concimate. INTERVENIRE SULLE ERBE INFESTANTI Avvertono, inoltre, se è giunto il momento di intervenire efficacemente contro le erbe infestanti, o – per fare un altro esempio – che in una determinata risaia il livello dell'acqua si è abbassato troppo. Va chiarito però che i droni, per quanto affascinanti, sono solo un “mezzo”. Servono in-


Un decisivo contributo per salvare gli olivi del Salento

fatti per portare in quota i veri artefici della più avanzata agricoltura di precisione: i sensori, siano essi multi-spettrali, laserscanner o termo-camere in grado comunque di raccogliere dati e informazioni altrimenti impossibili da avere. Si tratta di sensori in grado di “vedere” le piante con altri occhi: quelli infrarossi, che irradiano una luce che, a contatto con la vegetazione, ha una maggiore riflettività rispetto ad altri oggetti, grazie alla clorofilla che - rilevata e quantificata tramite foto aeree – fornisce un indice di vigore della vegetazione. Le mappe di vigore sono strumenti fondamentali nell'agricoltura di precisione. Si tratta di foto aeree (navigabili però in 3D) di campi coltivati. A secon-

Università e istituti di ricerca utilizzano da anni sensori multi-spettrali e a infrarossi per combattere parassiti come il punteruolo rosso, che in Italia ha fatto strage di palme e – più di recente – Xylella Fastidiosa, spauracchio degli olivicoltori salentini. Se la sfida alla Xylella è ancora tutta da giocare – non è facile riconoscere i sintomi della malattia prima del suo manifestarsi – contro il punteruolo rosso sono stati raggiunti risultati importanti. Massimiliano Lega, docente di Ingegneria sanitaria ambientale all'università Parthenope di Napoli, ha spiegato come si è riusciti a “stanare” il coleottero prima che cominciasse a danneggiare le palme alla mostra d'Oltremare di Napoli. “Osservate con un sensore a infrarossi, palme apparentemente identiche mostravano una differenza: in quelle infestate dal punteruolo rosso il capitello era più “caldo”. Questo perché il coleottero nidificava e proliferava proprio in quella parte della pianta”. Le immagini, realizzate da piccoli droni in volo a bassa quota (appena sotto la chioma delle palme) hanno consentito di intervenire in modo mirato e solo sugli alberi che ne avevano bisogno. La stessa cosa si sta tentando di fare a salvaguardia degli splendidi, secolari olivi del Salento, minacciati dal “punteruolo rosso” della Xylella Fastidiosa. L'auspicio è che anche nel loro caso i droni – e la loro formidabile “vista” multi-spettrale – riescano a salvare dall'abbattimento migliaia di piante, contribuendo in maniera decisiva alla lotta contro l'insidiosissima – maligna, più che Fastidiosa – Xylella.

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I DRONI IN AGRICOLTURA da del colore rilevato dai sensori montati sui droni, si riesce a capire quali piante stanno crescendo meglio e quali, invece, sono più indietro. L'obiettivo è quello di avere un raccolto uniforme e della stessa qualità. È stato già fatto con il riso, nel progetto “Origini” di Kellogg's coordinato dall'Ente nazionale risi. Quattro campi, per un'estensione di oltre 50 ettari, sono stati fotografati con camere a infrarossi. Le immagini ottenute hanno sorpreso gli stessi agricoltori: campi confinanti presentavano livelli di crescita difformi. In alcuni casi si poteva vedere la “scia” della macchina spandiconcime e rilevare che le piante più vicine alle linee di passaggio della macchina crescevano meglio. Dall'analisi si è poi passati all'applicazione pratica. Le piante già sane e forti non sono state blandamente concimate,

mentre su quelle più esili è stata irrorata una dose di concime più cospicua. Alla fine, tutto il riso raccolto era della stessa qualità, risparmiando perdipiù il 30% del concime rispetto a quello che sarebbe stato usato “alla cieca”. L'agricoltura

di precisione ha peraltro anche le sue ricadute green. Chi può contare su dati precisi non ha infatti bisogno di “sparare nel mucchio”, ma può dosare erbicidi, pesticidi e fertilizzanti e usarli solo dove servono davvero, assolutamente. ◄

Le condizioni di sicurezza con cui si può volare sui campi Il ricorso alla sorveglianza aerea dei droni si sta rivelando di grande interesse in Italia, in particolare per la relativa semplicità del loro utilizzo in aree agricole considerate “non critiche” perché disabitate e prive di infrastrutture. A questo proposito l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ha emanato di recente un regolamento specifico per operare in aree rurali non critiche con i droni. “Essere in regola ha un suo valore e offre dei vantaggi, soprattutto in agricoltura”, ha fatto osservare in proposito il presidente Enac Carmine Cifaldi, aggiungendo che “il drone trova la sua collocazione nobile in questo settore e come Enac vogliamo supportarlo”. Oltre a certe regole da rispettare (ricordiamo le più importanti: non superare i 70 metri di altezza e manovrare il drone entro un raggio massimo di 200 metri), c’è l’obbligo di assicurarsi e alcune società, fra cui La Prs (Pagnanelli Risk Solution), hanno elaborato una polizza specifica per l’agricoltura. Quanto ai prezzi dei droni, sono molto variabili a seconda dei modelli. In ogni caso, al momento, gli agricoltori paiono essere propensi, più che all'acquisto, all'utilizzazione di servizi specialistici da parte di contoterzisti o degli stessi costruttori.

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L' "oro rosso"

Viva il business col pomodoro Nonostante la concorrenza internazionale sempre piĂš agguerrita, la produzione nazionale di conserve di pomodoro continua a volare alto, confermandosi componente essenziale della nostra filiera alimentare di Michele Di Matteo 84

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L'Italia rappresenta la terza realtà mondiale, dopo California e Cina, nella produzione di derivati del pomodoro. Importante in termini di volumi, tale performance è tanto più significativa sotto l'aspetto della qualità.

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e è vero che del maiale non si butta nulla, altrettanto può certamente dirsi anche per il pomodoro. Le virtù di questo straordinario ortaggio sono, infatti, infinite. Solo qualche esempio: i ricercatori hanno creato un procedimento per ricavare buste ecologiche dalle sue bucce e dalla sua polpa, e viene utilizzato perfino per la preparazione di creme di bellezza contro l'invecchiamento della pelle. Anche se inizialmente venne ritenuto non commestibile, e destinato pertanto esclusivamente a usi ornamentali, è oggi difficile immaginare di vivere senza pomodori, che sono infatti presenti in moltissimi piatti della nostra tradizione. Questo magnifico ortaggio rosso ha iniziato a essere fin dal ‘600 l’alimento base della popolazione del sud Italia. Alla fine del secolo successivo, poi, la sua produzione conobbe un forte impulso e le coltivazioni intensive determinarono una notevole crescita delle aziende agricole ma anche la nascita Luglio/Agosto 2016

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L' "oro rosso" industrie che si dedicarono alla conservazione dei pomodori. Dalla metà del ‘900, con il perfezionarsi delle tecniche di lavorazione, gli esportatori italiani hanno cominciato a collocarsi ai vertici mondiali del commercio, con oltre il 50% della produzione europea e occupando – allo stato attuale - il terzo posto nella graduatoria mondiale dopo la California e la Cina. Molti non sanno che nel nostro Paese la metà del pomodoro viene lavorato nel Distretto del Nord, costituito da soci sia produttori agricoli sia trasfomatori industriali. Per la parte agricola, vi partecipano Cooperative, Industrie, Enti e Organizzazioni che rappresentano la produzione e la trasformazione. Ma vediamo come si profila il “business del pomodoro” per l'anno in corso, facendo riferimento ai dati emersi dal 12° Congresso

Collecchio gli ha dedicato addirittura un Museo A pochi chilometri da Milano c’è Parma, territorio di cultura e di eccellenze enogastronomiche senza pari, come dimostrano le sue auree specialità.. A raccontarle troviamo il circuito dei Musei del Cibo della provincia di Parma, sei percorsi museali dedicati ai prodotti che hanno contribuito a far crescere e a diventare famosa la Food Valley italiana sede dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) - raccontandone la storia, le tradizioni, le evoluzioni industriali e il loro contributo alla cultura e all'economia nazionale. I Musei sono quelli del Parmigiano Reggiano, della Pasta, del Salame, del Prosciutto e, ultimo in ordine di arrivo ma non per importanza, quello dedicato all’oro rosso, il Pomodoro. Anche la sede del museo non poteva essere più adeguata. È collocato all’interno di un’antica Corte di Collecchio, un centro di trasformazione agroalimentare d’epoca medievale. L’allestimento è organizzato in sette sezioni tematiche. Si

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Un buon piatto di pasta condita con sugo di pomodoro “made in Italy” non teme concorrenza, sia in termini di gusto che di qualità. Merito dei nostri agricoltori, ma anche dell'alto livello della nostra industria conserviera.

mondiale del pomodoro che ha avuto luogo a Santiago del Cile nel marzo scorso e dove i nostri produttori erano rappresentati dal direttore del Consorzio Casalasco, Costantino Vaia. Da tali dati si prospetta una diminuzione della

Il Museo del Pomodoro non poteva sorgere in una sede più adeguata: è collocato infatti all'interno di un'antica corte di Collecchio, in provincia di Parma, in spazi adibiti già in epoca medievale alla trasformazione agroalimentare. L'allestimento è articolato in sette sezioni tematiche.

produzione a livello globale, riguardante in piccola parte la Cina e in misura maggiore la California, primo trasformatore mondiale per cui si prevede un calo di oltre il 13%. Situazione sostanzialmente stabile, invece, per l’area del Me-

parte dall’arrivo in Europa nel Cinquecento del pomodoro e dalla sua successiva diffusione nella cultura alimentare. Si prosegue illustrando lo sviluppo dell’industria di trasformazione: dal prodotto secco alla conserva, dai concentrati ai passati, dai sughi pronti ai succhi da bere e allo sviluppo delle tecnologie produttive, dalla protoindustria alla fabbrica con la ricostruzione di una linea di produzione per la conserva di pomodoro realizzata con 14 macchine d’epoca. Molto interessante è la tematica del prodotto finito e degli imballaggi, con l’esposizione di numerose e originali latte e tubetti d’epoca e il ricchissimo materiale di comunicazione e promozione degli oltre cento marchi attivi all’inizio del Novecento nel Parmense. A chiudere il percorso museale la cultura del ‘Mondo Pomodoro’ attraverso la pubblicità, le citazioni, i dipinti e le sculture, le ricette a base di pomodoro fino ad arrivare al matrimonio con pasta e mozzarella nel prodotto che ha conquistato da decenni tutto il mondo: la pizza. Luglio/Agosto 2016

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L' "oro rosso"

ILa qualità superiore del pomodoro made in Italy è frutto della specificità dei terreni in cui è coltivato, ma anche dell'elevata qualificazione professionale dei nostri agricoltori.

diterraneo, che dovrebbe rimanere in linea con i volumi della campagna 2015. “Se verranno rispettate queste previsioni”, ha commentato Vaia, “dovremmo avere una situazione di sostanziale equilibrio tra consumi e produzione, con una certa stabilità del mercato. Inoltre, il perdurare dell’attuale cambio con il dollaro, dovrebbe favorire ulteriori opportunità di crescita per quanto riguarda l’export, in particolare verso gli Stati Uniti, dove abbiamo chiuso il 2015 in crescita di oltre il 10%". Per quel che riguarda l'andamento del business italiano del pomodoro, torna utile fare riferimento a un recente studio effettuato su dati Istat relativi al 2015. Da esso risulta non solo che l’Italia riesce a soddisfare largamente e da tempo

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la domanda nazionale di derivati del pomodoro, ma registra anche una crescita costante, evidente dal 2011 ad oggi, dei valori dell’export e del saldo commerciale. Non a caso le vendite sui mercati esteri di conserve di pomodoro e pelati del 2015, rigorosamente made in Italy, hanno raggiunto il livello record di 1 miliardo e 536 milioni di euro, a fronte di impor-

tazioni che equivalgono a circa un decimo, ossia solo 157 milioni di euro. Il dato trova conferma, ovviamente, nell’analisi delle quantità visto che le esportazioni di conserve di pomodoro e pelati nel 2015 sono state pari a 1.883 migliaia di tonnellate a fronte di importazioni per 180mila tonnellate, anche in questo caso meno di un decimo delle esportazioni. ◄


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gelato

Attrazione fatale

Ma come si fa a resistere alla tentazione di questo squisito alimento, che ci cattura per la sua freschezza oltre che per la varietà sorprendente dei suoi sapori? E' una “sfida” persa in partenza, come dimostrano i consumi di Lorena Praticò 90

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Sono talmente tanti, i gusti in cui si articola l'offerta delle gelaterie, che talvolta si rischia di essere addirittura confusi, quasi frastornati, nella scelta. Ma che bello, poter scegliere!

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orna a crescere il consumo di gelati in Italia e l'ultima tendenza, in espansione da Nord a Sud, è quella del gelato vegano. Questi gli ultimi dati forniti dell'osservatorio Si-

gep, la “lente d'ingrandimento” su consumi e tendenze del Salone mondiale del Dolciario Artigianale. L'osservatorio rileva un +8% dei consumi nel 2015, con un consumo procapite che

ha superato i 6 kg e che - con l'avanzare del caldo - porterà quattro italiani su dieci a mangiare regolarmente il gelato, anche sostituendolo al pasto. Il moltiplicarsi dei consumi, nella bella stagione, moltiplica anche i gusti. Se è vero infatti che quelli tradizionali non deludono mai, tra le novità presentate al Sigep 2016, e che in piena estate sono più che mai protagoniste in gelateria, spopola da nord a sud il gelato vegan friendly, segno di una crescente sensibilità alle mutate esigenze alimentari. Aggiungiamo che il mercato del gelato artigianale continua a essere in espansione in tutto il mondo: per sostenerlo come prodotto icona del made in Italy, Sigep ha anche lanciato il messaggio 'Simply Gelato' che ne afferma il valore, non solo di alimento, ma di simbolo della cultura del gusto italiaLuglio/Agosto 2016

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gelato no nel mondo, della creatività dei maestri gelatieri nostrani e di un'intera filiera che arriva a esportare anche il 90% della sua produzione. Il mercato offre diversi tipi di gelato, e il consumatore può scegliere tra le offerte più disparate, e principalmente tra il gelato industriale o confezionato e quello artigianale. La domanda allora è questa: quando mangiamo un gelato conosciamo le caratteristiche e le sostanziali differenze tra produzione artigianale o industriale? Va premesso, in prososito, che non esiste alcuna legge al riguardo, e nemmeno un marchio ufficiale che tuteli la produzione di gelato artigianale. Si rende perciò quanto mai necessaria l’informazione per fare di noi consumatori veramente attenti e consapevoli. Crediamo di fare cosa utile fornendo, qui di seguito, un succinto riepilogo delle maggiori differenze esistenti fra gelato artigianale e gelato industriale. Il processo produttivo prevede che il gelato artigianale incorpori l’aria attraverso un processo piuttosto lungo, arrivando al 30%-50% nella fase di gelatu-

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ra della miscela, per ottenere quella crema particolarmente morbida che lo caratterizza. Il gelato industriale presenta invece un minimo del 90% di aria. Inoltre il gelato industriale è venduto confezionato. e quindi le etichette devono essere conformi al Reg. UE 1169/11, che danno una serie di informazioni

al consumatore. Dallo scorso dicembre è diventato anche obbligatorio inserire la tabella nutrizionale (il valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale, ecc.). Al contrario, nelle gelaterie artigianali si somministra un prodotto sfuso, non docendo esse attenersi a tali obblighi ma limitandosi a dover fornire l’elenco degli ingredienti e degli allergeni. Ma al di là di queste comunque importanti precisazioni, resta il fatto che il gelato – sia esso artigianale o industriale – è sempre più apprezzato e consumato, e in special modo nella stagione calda. E non a torto: perché, oltre a essere buono egradevolmente rinfrescante, può vantare importanti prerogative sul piano nutrizionale, tanto più rilevan-


Continua il “boom” del gelato artigianale

tio proprio nella stagione calda. Vogliamo vederne alcune? Meglio un gelato di un panino - Il gelato presenta infatti maggiori vantaggi rispetto al classico panino: nutre, rinfresca, è di facile digestione (per i più) ed è molto gustoso. Un esempio di alimentazione nella pausa pranzo può essere l'abbinamento di insalata mista con uova e gelato confezionato alla crema (360k), oppure macedonia di frutta fresca con quattro palline di gelato (350k).

Secondo le rilevazioni effettuate dall'Istituto Sigep, nel 2015 sono state complessivamente consumate, in Italia, 380.000 tonnellate di gelato, equivalenti a 6,6 kg di gelato per ogni singolo abitante. Il dato che fa maggiormente riflettere, tuttavia, è quello relativo ai consumi di gelato artigianale, in continua crescita: tant'è che, delle 380 mila tonnellate complessive, ben 170.000, ovvero grosso modo il 45%, è stato rappresentato appunto dal gelato artigianale. Segno che l'italiano, nelle sue scelte d'acquisto, anche in questo particolare campo si rivela sempre più esigente, privilegiando prodotti di alta qualità, frutto dell'accuratezza tipica della produzione artigianale.

Disseta più di un bicchier d'acqua Il gelato è un alimento, ma anche una bevanda. Il contenuto d'acqua varia dal 56/75% dei sorbetti e dei ghiaccioli al 36% dei prodotti industriali con biscotto. Quando si consuma un Luglio/Agosto 2016

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gelato gelato si assume perciò anche acqua, elemento importantissimo per l'organismo nei mesi caldi. i sorbetti e i ghiaccioli alla frutta sono particolarmente dissetanti e apportano sali minerali che in parte perdiamo attraverso la sudorazione. Il gelato rende felici Consumare un goloso gelato rende più allegri, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell'istituto di Psichiatria di Londra. Basta infatti un cucchiaio di gelato per “accendere” gli stessi centri del piacere del cervello stimolati - ad esempio - dall'ascolto della nostra musica preferita. Inoltre la sensazione emotiva che se ne ricava è legata ad alcune caratteristiche concrete del gelato, come la consistenza, la temperatura e lo sciogliersi in

bocca, che rendono il consumo di gelato e ghiaccioli una vera esperienza multi-sensoriale. Che aggiungere, di più convin-

Roma caput... Italiae come numero di gelaterie

Qualche numero, tanto per rendere l'idea della consistenza del business del gelato nel nostro Paese. Secondo i dati elaborati dall'autorevole Sigep per l'anno 2015, pubblicati dal Corriere della Sera, in Italia ci sono ben 40.000 gelaterie, ovvero una ogni 1.600 abitanti. Di esse, ben 12.000 commercializzano solo gelati. Per quel che riguarda le città in cui sono presenti in maggior numero le gelaterie, , capeggia la classifica Roma (1.389), seguita da Napoli (945), Milano (744), Torino (741), Venezia (361), Palermo (355), Bologna (306) e Firenze (287).

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cente? Che il gelato soddisfa e gratifica il nostro palato, donandoci insieme energia e ottimismo. Perché – e forse non servivano gli illustri ricercatori londinesi cui si faceva riferimento più sopra per dimostrarlo, ma era sufficiente la nostra modesta esperienza personale – quando uno si è gustato un bel gelato, seduto al tavolino di un bar o passeggiando per strada, vede il mondo, e la vita, con occhi diversi, più bendisposti e sorridenti. Pedrché è inutile nascondercelo: noi, come dicevano gli antichi saggi, siamo quello che mangiamo, e se consumiamo un alimento che racchiude in sé una molteplicità di importanti prerogative – gusto, leggerezza, potere nutrizionale e quindi carica energetica – non possiamo che sentirci – ed essere – migliori. Più disposti cioè ad affrontare la nostra giornata con più “leggerezza”, consapevoli chei problemi certo ci sono, e permangono, ma inquadrarli in un'ottica più positiva e fiduciosa fa bene al fisico, prima e forse più ancora che allo spirito. ◄


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News

BITTO, il formaggio perenne…

Sabato 15 e domenica 16 ottobre 2016 a Morbegno (SO), si svolgerà la 109° edizione della Mostra del, una manifestazione cheBitto che valorizza la tradizione ma riesce a stare al passo coi tempi, rinnovandosi anno dopo anno da oltre un secolo… La Mostra coinvolgerà tutta Morbegno, da Piazza S.Antonio fino alle attività collaterali in stile “country” presso il Polo Fieristico sulle rive del fiume Adda, per regalarvi tante immagini di una Valtellina tutta da vivere e di una Mostradelbitto da gustare… fino all’ultimo selfie!! Nel cuore della Mostra quest’anno “Casa Mainardi”, dove lo chef più “atomico” della tv si esibirà in showcooking a sua immagine e somiglianza: easy e divertenti, sempre pronti…ad esplodere! per valorizzare il formaggio di fondovalle per eccellenza, il VALTELLINA CASERA DOP! Nel bellissimo Chiostro di Sant’Antonio nel cuore della cittadina di Morbegno la tradizionale Casèra che ospiterà l’esposizione delle forme di Bitto DOP, Valtellina Casera DOP e Scimudin partecipanti allo storico concorso e nelle salette adiacenti aule didattiche e corsi per degustatori di formaggio. Per tutti gli amanti del vino anche un suggestivo enotour nelle cantine del centro storico con “Morbegno in Cantina” che quest’anno abbinerà i vini DOC e DOCG di Valtellina con i formaggi DOP per un “cheese&wine” da non perdere! Il caldo sarà manna per la vendemmia Il grande caldo che fa soffrire gli italiani è invece accolto con gioia nelle vigne dove le alte temperature fanno migliorare la qualità delle uve e sono la pre-

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messa di una ottima vendemmia, dopo la pioggia primaverile. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che in questa fase l'innalzamento della colonnina di mercurio garantisce la sanità dei grappoli messa invece in pericolo dall'umidità delle settimane scorse. "Anche se occorrerà aspettare nelle prossime settimane per una corretta valutazione, le condizioni - sottolinea la Coldiretti - sono al momento positive per il raccolto". Se non ci saranno sorprese la partenza della vendemmia è prevista in Italia per l'inizio di agosto con le uve pinot e chardonnay in un percorso che, precisa l'organizzazione agricola, proseguirà a settembre ed ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si concluderà a novembre con le uve di Aglianico e Nebbiolo e Nerello. "Il clima nelle campagne - sostiene la Coldiretti - è importante anche per la grande varietà frutta in raccolta in questo momento, con il caldo che ne esalta le specifiche proprietà ma ne aumenta anche i consumi. Nei primi dieci giorni di luglio si stimano acquisti di frutta e verdura - prevede la Coldiretti - in aumento del 10% rispetto allo stesso periodo del mese precedente". Cambiare l'alimentazione è peraltro un ottimo modo per difendersi dal caldo che durante la notte tiene svegli circa dodici milioni di italiani che soffrono di insonnia. Cibi come pane, pasta e riso, ma anche lattuga, radicchio, cipolla, aglio e formaggi freschi, uova bollite, latte fresco caldo e frutta dolce come pesche e nettarine possono venire in soccorso per superare le notti. Sono invece gli alimenti conditi con molto pepe e sale, ma anche con curry, paprika in abbondanza ed anche salatini, minestre con dado da cucina e caffè, conclude la Coldiretti, i veri nemici del riposo che le alte temperature rendono più difficil


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Indirizzi

aziende e istituzioni Associazione Italiana Gelatieri Via del Circo Massimo, 9 – 00153 Roma - Tel. 06.57288854 http://www.associazioneitalianagelatieri.it

Associazione Nazionale Strade del Vino Via Massetana, 58/B - 53100 Siena - Tel: 0577 35 31 44 www.cittadelvino.it

Assoenologi Via Privata Vasto, 3 - 20121 Milano - Tel. 02.99785721 assoenologi@pec.assoenologi.it

Strada Del Vino e Dei Sapori Del Trentino Via della Villa, 6 - 38100 Villazzano di Trento (TN) Tel. 334 255 3729 www.tastetrentino.it consorzi Consorzio Casalasco del Pomodoro Strada Provinciale, 32 - 26036 Rivarolo del Re (CR) Tel. 0375 536611 www.ccdp.it

Coldiretti Lombardia Via Fabio Filzi, 27 - 20124 Milano - Tel. 02 58298881- Fax 58298899

Consorzio Olio Garda Dop Via Vittorio Veneto,1 - 37010 Cavaion Veronese (VR) Tel. 045 7235864

www.lombardia.coldiretti.it

www.oliogardadop.it

Federazione delle Strade del Vino e Sapori di Lombardia Largo Pradella, 1 - 46100 Mantova - Tel. 0376 234420

Consorzio Tutela Pomodoro di Pachino IGP Via Milano, s.n. (zona Tre Colli) - 96018 Pachino (SR) Tel. 0931 595106 – Fax 0931 595106

www.viniesaporidilombardia.it

Ferrari Fratelli Lunelli Via del Ponte, 15 - 38123 Trento - Tel. 0461 972311 www.ferraritrento.it

Fondazione Edmund Mach Via Edmund Mach, 1 - 38010 San Michele All'Adige (TN) Tel. 0461 615111 www.fmach.it

Istituto Trento DOC Palazzo Trautmannsdorf - Via del Suffragio, 3 - 38122 Trento www.trentodoc.com

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e forestali Via Venti Settembre, 20 - 00185 Roma - Tel. 06 46651 www.politicheagricole.it

www.igppachino.it

Consorzio turistico Porte di Valtellina Via Stelvio, 23, 23017 - Morbegno (SO) - Tel. 0342 601140 www.portedivaltellina.it

Consorzio Tutela Bresaola della Valtellina Piazza Cavour, 21 - 23100 Sondrio Tel. 0342 212 736 - Fax 0342 515 326 www.bresaolavaltellina.it

Consorzio tutela Formaggio Gorgonzola Via Andrea Costa, 5 - 28100 Novara - Tel. 0321 626613 www.gorgonzola.com

Consorzio tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto Via Bormio, 26 - 23100 Sondrio - Tel. 0342 210247

Musei del cibo della provincia di Parma Piazzale della Pace, 1 - 43121 Parma Tel. 0521 821139 - 333.2362839 – Fax 0521 931881

www.ctcb.it

www.museidelcibo.it

info@aipol.bs.it

Navigazione Isole Borromee Piazzale Lido, 6 – 28838 Stresa (VB) - Tel. 333567984

Consorzio tutela del pomodoro San Marzano D.O.P.

fulviolazzaro@gmail.com

Consorzio tutela vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Piazza Libertà, 7– 31053 Pieve di Soligo (TV) - Tel. 0438 83028 info@prosecco.it

Navigazione Laghi P.le Baracca, 1 - 28041 Arona (NO) Tel. 0322 233200 - Fax: +39 0322 249530 http://www.navigazionelaghi.it

Regione Lombardia Piazza Città di Lombardia 1 - 20124 - Tel. 800318318

Consorzio tutela Olio Dop Laghi lombardi Viale della Bornata,110 - 25100 Brescia - Tel. 0365 651391

www.consorziopomodorosanmarzanodop.it

Consorzio tutela vini Valtellina Via Piazzi, 23 - 23100 Sondrio - Tel. 0342 200871 - Fax 0342 358706 info@consorziovinivaltellina.com

Slow Food Italia Via Mendicità Istruita, 14 - 12042 Bra (CN) - Tel. 0 72 4196119

Consorzio Tutela Vini Colli Orientali Del Friuli e Ramandolo Piazza XXVII Maggio, 23 - 33040 Corno di Rosazzo (UD) Tel. 0432 730129

www.slowfood.it/

www.colliorientali.com

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ZEPTER LIFESTYLE MILANO Via S. Pietro all'Orto, 10 Milano - e-mail: zepter@lifestylemilano.com http://www.zepter.com

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