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CHIESA OGGI
26°ANNO www.chiesaoggi.com
architettura e comunicazione
Vatican Chapels Gianfranco Ravasi
Il Parco Culturale Ecclesiale Antonino Raspanti
La voce delle Chiese del Sisma Stefano Russo 109/2018 - anno XXVI
Contributi finanziari CEI Valerio Pennasso
Nuovo Complesso Parrocchiale a Dresano (MI) Vincenzo Corvino - Giovanni Multari
Centro Parrocchiale di Pila ai Piani a Frigento (AV) Federico Verderosa
Nuovo Centro pastorale a Cavernago e Malpaga (BG) Paolo Belloni
DI BAIO EDITORE
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EDITORIALE
Lettera aperta agli architetti
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onvegni, seminari, incontri, congressi, non ultimo il Congresso Nazionale degli Architetti CNAPPC luglio 2018 a Roma (1), gli architetti e le loro istituzioni chiedono, chiedono… Perché chiedono? Gli architetti per la loro storia, qualifica, professionalità, competenze, studi, ricerca, passione, motivazione: devono proporre. L’architettura, come è ben chiaro nell’etimo ”archè-teiczo “comanda il costruire. Il costrutto è la casa, il tetto, la forma, la materia della nostra civiltà, della civiltà dell’uomo che corre si trasforma si adatta anno per anno, secolo per secolo, geografia e storia nel tempo. Arch. G. M. Jonghi Lavarini
L’architetto propone, condivide, costruisce crea spazi, i luoghi della vita. La chiesa, la sua architettura in 1700 anni dall’editto di Costantino è la colonna portante, la spina dorsale della nostra civiltà occidentale. Dalla Camciatca alla Terra del Fuoco, dalla Alaska alla Tasmania, in ogni angolo del pianeta la chiesa cattolica ha, guida, segna, con il calendario Gregoriano (1582) il tempo, i giorni di noi tutti, abitanti del pianeta terra. Sono orgoglioso di essere cristiano cattolico. L’architetto deve essere anch’esso orgoglioso del tempo in cui vive, ne sente l’energia, e deve deve sentirsi indispensabile, per dare quanto la sua indole, i suoi studi, la sua curiosità, la sensibilità, la ricerca deve rassicurare, costruire la casa dell’uomo, che vive in pace e che in pace si relaziona con gli altri. L’architetto è costruttore di pace, benessere fratellanza spirito di partecipazione per dare e ricevere. L’architetto è sensore, ricercatore sensibile attento, creativo che applica,valuta conforta condivide propone, propone. Ha il dovere di fare. La chiesa è protagonista sesibilizzatrice di occasioni virtuose, radicata sul territorio capillarmente. La chiesa evidenzia il bisogno di progettualità in fieri, motiva la professionlità a partecipare raccogliere motivazioni e trasformale in fatti. La chiesa, il Pontificio Consiglio della Cultura (2) in occasione della Biennale di Venezia 2018, ha invitato 10 architetti a dare materia, corpo, luce, spazio alla preghiera. L’architetto, i 10 architetti hanno accettato la sfida coinvolgendo aziende che in qualità di ”mecenati” hanno messo al servizio del fare, del costruire
Architettura e arti per la liturgia Architettura e arti In tutta la sua storia, e fino al Concilio Vaticano II, la Chiesa non ha mai prodotto una trattazione generale sulle arti, se si eccettua il Concilio Niceno II dove, però, è stato il problema centrale dell’iconoclastia ad obbligare di fatto la tematica iconografica, e quindi artistica. E mai la Stefano Visintin OSB Chiesa s’è occupata direttamente di architettura, anche in questo caso con l’eccezione del Concilio di Trento che, con Carlo Borromeo, per la prima volta in assoluto (quindi sia in Oriente che in Occidente) ha prodotto una disamina in due parti: la“fabbrica”della chiesa e le sue decorazioni. I progettisti hanno così potuto usufruire di un’assoluta libertà stilistica, e solo stilistica, fondata sulla consapevolezza di architettura e arti intese come due anime dello stesso corpo progettuale. E’ un discorso che oggi si pone senz’altro diversamente, al punto da creare un’evidente ambivalenza. Da un lato, la corrente di pensiero secondo cui l’architettura e le arti vadano ben distinte, poiché l’architettura contiene una sostanziosa componente scientifica che non appartiene alle altre arti (l’architettura è indispensabile alla vita dell’uomo, le arti no). Dall’altro lato la convinzione che sia più logico parlare solo di arti, alle quali quindi appartiene anche l’architettura; ed è quanto esprime lo stesso Sacrosanctum Concilium in SC 7. L’interrogativo si risolve con la massima chiarezza possibile proprio nel progetto di chiesa, non per niente ritenuto il più complesso e il più completo che un progettista possa affrontare. In perfetta aderenza a SC 7, l’architettura e le arti si confermano costruttori distinti ma inseparabili poiché, a differenza di qualsiasi altro edificio, una chiesa realizzata dalla sola architettura o dalle sole arti non sarebbe mai una chiesa. PER LA LITURGIA - L’architettura e le arti sono dunque strumentazioni che, in strettissima cooperazione, devono permettere al progetto di rispondere esattamente a ciò che gli viene chiesto. Se il committente chiede una scuola, il progettista non può proporre un ospedale; per quanto i due edifici possano apparire simili. Se il committente chiede la ristrutturazione di un negozio, il progettista non può proporre l’arredo di una palestra. Se il committente chiede una chiesa, il progettista non può proporre un palazzetto dello sport. Ed ecco che, in tema cultuale, quel“per”diventa determinante; è“per la liturgia” che l’architettura e le arti costruiscono l’edificio, non per altro. Un “per” che qui assume perlomeno quattro significati assolutamente inscindibili fra loro. (segue a pag. 6)
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EDITORIALE
le loro ricerche, le loro esperienze, in armonia ai 10 progetti proposti dai 10 architetti. I parchi ecclesiali (3): obbiettivo, mettere in rete testimonianze che la nostra storia ci ha consegnato, mettere a disposizione anche sue proprietà per comodati facilitatori per occasioni vere di vita e lavoro. L’architetto è costruttore, sociologo umanista, propone riconosce in attualità, l’oggi, è fa rigenerare spazi silenti che aspettano di rinascere, nuova vita nuovo lavoro, nuove energie, fruttifere etiche sostenibili virtuose. “Chiese non più chiese?“ (4) una ricerca un contest fotografico per mettere sul tavolo del progettista valenze di creatività. Se ne parla, se ne parlerà, è ovvio ci sono “chiese dismesse”. Il centro città, il borgo stesso, diventa sempre più terziario, il residenziale lascia, i servizi, gli uffici,il turismo lo shopping occupano i centri storici. "I parrocchiani” lasciano, si trasferiscono, alcune chiese chiudono, le parrocchie si aggregano. L’architetto professionista responsabile del nostro quotidiano, dei nostri giorni che verrano, non può lasciare silenti gli spazi di culto, spazi che non sono più spazi officiati, ma che ancora nelle loro pietre, nelle ombre, nelle luci delle loro architetture, nella facciata, nelle pieghe dei suoi interni, nel volume delle sue volte, sono la storia delle tradizioni, di fede, di credo, di speranze di storia di comunità vissuta. L’architetto ne ha ruolo. L’architetto deve, deve saper proporre per rigenerare, attualizzando gli spazi, con tutta l’energia del presente, nuove occasioni di incontro etici virtuosi. L’architetto propone di rigenerare le periferie (5), i dormitori residenziali, che si accartocciano sul malessere dei suoi abitanti che faticano a riconoscersi, facendo centro sulle parrocchie, come la nostra storia insegna. La parrocchia è, deve essere una realtà centrale. La parrocchia è protagonista attiva per la sua comunità che si deve ritrovare, riconoscere. “Oggi parlerei di “città del dialogo “ nelle quali sia possibile non solo lavorare ma anche vivere, riflettere e dialogare, in cui non manchino isole di silenzio “(Carlo Maria Martini CH/0 1992). La chiesa stessa, il suo edificio, la sua architettura deve essere un segno forte riconoscibile nel contesto urbano nel paesaggio dell’abitato. Il suo sagrato, il suo interno, il complesso parrocchiale le sue aule polifunzionali, l’oratorio (6), sport, incontro per tutte le nuove generazioni, dal bambino ai più grandi, dai papà alle mamme, dal nipotino ai nonni, l’architetto ha il dovere di proporre, condividere, fare. La nostra storia dell’abitare è di fatto la storia della chiesa, la casa della fede, della speranza, del perdono, della libertà. La chiesa ieri oggi domani abbraccia i luoghi dell’accoglienza nel piccolo borgo, nelle periferie delle metropoli. L’architetto ancor oggi vive il dramma dei paesi dei borghi feriti dal sisma.
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Il primo è anche il più elementare, poiché è un“per”di tipo finale, che ci dice “allo scopo di”,“al fine di”. Conseguentemente, potremmo senz’altro parlare di:“Architettura e arti in funzione della liturgia”(finalizzata alla liturgia). E’però un significato che preso da solo ci porterebbe dritti al funzionalismo, cioè a quella“macchina”preparata per rispondere unicamente alla funzionalità. Del resto, è innegabile che ci siano manufatti progettati esclusivamente“in funzione di”. Un bicchiere (ad esempio) assolve solo alla funzione di contenere acqua da bere, senza alcun altro significato particolare. Progettare, però, significa“pro – iectare”, cioè“lanciare/gettare in avanti”che nel progetto architettonico è da intendere come l’avere uno sguardo aperto sul futuro, ma se il bicchiere (funzionale) viene“lanciato in avanti”cade a terra e si rompe; da quel momento in poi non servirà più a niente. Dunque, la funzione è necessaria, poiché il bere è una primaria necessità biologica dell’uomo, ma affidarsi al solo funzionalismo può essere deleterio; sicuramente riduttivo. Allo stesso modo, la progettazione di una chiesa deve senz’altro rispondere a determinate ed ineludibili esigenze funzionali, prime fra tutte quelle celebrative dettate dai Libri Liturgici (perciò non della sola Eucarestia), ma non sarebbe mai una chiesa se si fermasse ad una pur perfetta funzionalità. E’ quanto illustra il secondo significato del“per”, quello da intendere come “mediante”(per mezzo di). Un riferimento molto utile può essere il Vangelo di Giovanni, quando dice: “Omnia per ipsum facta sunt”. E allora, se“Tutto è stato fatto per mezzo di Lui”, siamo evidentemente davanti a ben altro significato rispetto al precedente “scopo finale”. Qui torna di nuovo utile l’esempio del bicchiere, che nella celebrazione cristiana è il calice. Secondo il primo significato di“per”, un calice esiste“in funzione di”contenere il vino da consacrare, ma il Cristianesimo nascente non aveva né chiese né suppellettili, potendo contare invece su qualcosa di molto più umile. La comunità si riuniva attorno al tavolo della domus ecclesia e la padrona di casa metteva a disposizione tutto il meglio che aveva: dalla stanza più ampia e bella alle suppellettili più preziose, a cominciare proprio dal bicchiere migliore (quello“della festa”, per intenderci) utilizzato come calice celebrativo. E dopo la celebrazione, la donna riponeva accuratamente il bicchiere fino alla celebrazione successiva, di fatto riservandolo da quel momento in poi al solo evento liturgico. Come si vede, siamo di fronte ad un“per iniziale”che, a differenza del precedente“per finale”, caratterizza l’oggetto sin dall’inizio. La trasposizione nel progetto è immediata: la liturgia è fondante già in origine, poiché l’architettura e le arti nascono da essa (“per mezzo di”) e con essa si perfezionano (“in funzione di”). Il terzo significato del“per”costituisce la forma. Comunemente,“forma”sta ad indicare il disegno, la conformazione, la geometria dell’oggetto; in altri termini, il suo modo di essere figurativo. In realtà, dire“forma”equivale principalmente al“modo d’essere in bellezza”. Nel caso specifico:“architettura e arti definite con forma della bellezza liturgica”, acquisendo così tutta la dignità, la gradevolezza, il compiacimento capaci di sedurre una persona.
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EDITORIALE
In questi giorni d’agosto 2018, presenti al Seminario di Architettura, che da 30 anni si svolge all’università UNICAM di Camerino (7), anche quest’ anno, si rimane allibiti nel vedere che in due anni dal sisma del 2016, poco o niente si è fatto… le macerie ordinate per strada nelle piccole piazzette comunicano parlano lasciano pensieri che finiscono su se stessi. La chiesa si muove sollecita, le autorità istituzionali, attivamente promuove di sganciarsi dai troppi cavilli, passaggi burocratici, dispone di energie che partecipate possono intervenire e fare, non lasciare che le comunità si spengano, evadano, e sconfortate si vestono di dolorose rinunce. L’architetto vigile, competente, costruttore preparato qualificato non aspetta altro per avviare la rinascita di non solo delle 1000 chiese nelle Marche, ma delle 1000 occasioni di rinnovata accoglienza che è la vita dei 1000 borghi. La chiesa promuove iniziative (8)per smuovere lacci lacciuoli di una burocrazia corrosiva di entusiasmi, per condividere con gli architetti il fare. La categoria di professionisti, competenti preparati attenti deve essere messa in una dinamica economica virtuosa. Proporre, motivare, condividere la progettualità che garantisce tempi certi in un economia concreta che permette di fare bene e con costi e date di calendario che si devono rispettare. Le Istituzioni degli Architetti, gli Ordini Professionali devono attivarsi, per promuovere nelle singole Regioni quanto la Regione Lombardia ha promosso con il Bando che finanzia gli oratori. (9) Da parte nostra nella missione del nostro operare editoriale, cerchiamo di riconoscere e attivare finaziamenti, crow funding a altre iniziative che possono coinvolgere il fare, per non far si che di fronte a un bel progetto concreto, efficiente il committente, “il padron di casa“ il parroco o chi per altro, apra le braccia con un sospiro, e liquidi il professionista dicendo ”non ci sono i mezzi… “ Con un buon progetto i mezzi si trovano. (10) arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini P.S. Il testo è stato presentato in occasione del XXVIII Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana SACU , Camerino (MC) (1) Presidente CNAPPC arch. Giuseppe Capochin (2) Biennale di Venezia Architettura 2018 - Santa Sede:"la cappella del bosco”Em. Gianfranco Ravasi CH/O 109 (3) Il Parco Ecclesiale Culturale- Ecc. Antonino Raspanti CH/O 108- 109 (4) “Dio non abita più qui? ” 11/ 2018 - convegno internazionale alla Gregoriana sulla dismissione dei luoghi di culto (5) Convegno Triennale di Milano giugno 2017 (6) “L’oratorio è aperto a tutti “ - Ecc. Maurizio Gervasoni CH/O 2018 (7) XXVIII Seminario Internazionalr. e Premio Architettura e Cultura Urbana (8/2018) direzione. arch Giovanni Marucci (8) Udienza al Senato della Repubblica Italiana- Camera- Ecc. Stefano Russo (9) Progetto OratorioF.R.I.S. L. 2018-2019 (10) Banche e Istituti Finanziaripubblici e privati
Infine, il quarto significato, attraverso il quale il“per”ci dice che la forma diventa necessariamente“materia”, affinché sia usufruibile. La stretta correlazione fra i quattro significati del “per” è esplicitata ancora una volta dal bicchiere-calice per la celebrazione liturgica, che ha una“finalità”(contenere funzionalmente il vino), è un“mezzo”(destinato simbolicamente alla sola celebrazione), ha una “forma” adeguata allo scopo (opera artistica) e si fa“materia”, anch’essa adeguata alla regalità della celebrazione liturgica (oro, argento, cristallo). Il“per”la liturgia stabilisce dunque un’identità che, a ben vedere, giàVitruvio aveva anticipato con incredibile lungimiranza: un tempio dedicato a Zeus va progettato per contenere il simulacro di Zeus, ma per un tempio dedicato al sole è del tutto inutile ricorrere ai simulacri, perché è sufficiente progettarlo senza tetto e permettere così al sole di entrarvi dentro. Niente più che questa massima attenzione alla sinergia fra struttura funzionale e struttura simbolica dell’edificio cultuale. Una lezione purtroppo non raccolta dalla modernità, e ancor meno dalla contemporaneità, dove è convinzione tanto comune quanto errata che le regole alle quali devono sottostare l’architettura e le arti per la liturgia siano troppe, quindi incontrollabili. Invece, la regola è una sola, splendidamente sintetizzata dal Salmo 48,9:“Come avevamo udito così abbiamo visto, nella città del nostro Dio”; tutte le altre regole non sono altro che un’attuazione di questa. Significa che l’architettura e le arti Cristiane hanno (devono avere) un metro di corrispondenza molto preciso. Sappiamo che il metro di riferimento universale è costituito da quei cento centimetri intaccati su una barra di platino e iridio, conservata a Sèvres (Francia) in un laboratorio con temperatura costante che ne impedisce la deformazione. Allo stesso modo, l’architettura e le arti per la liturgia sono (devono essere) la corrispondenza perfetta e“a temperatura costante”della Parola di Dio che ascoltiamo. Pertanto, il Salmo 48,9 crea di fatto un interscambio verbale (e quindi concettuale) talmente solido da poterlo leggere per metatesi: “Vedere la Parola – Ascoltare l’opera”. Significa che mentre ascolto la Parola “vedo”in essa l’opera chiamata a materializzarla. Significa che mentre vedo un’opera “ascolto” da essa la Parola che l’ha generata. CONCLUSIONE - “Architettura e Arti per la liturgia” (si veda anche http://www.anselmianum.com/programmi/architettura-e-arti-per-laliturgia) è dunque una tematica che può rivelarsi alla stregua di un campo minato, una “lectio difficilior” dove occorre muoversi con estrema cautela nella necessaria ricerca di ogni singolo “perché” delle scelte progettuali, tanto architettoniche quanto artistiche. Non esistono scappatoie, non esiste alcuna“lectio facilior”alla quale aggrapparsi per risolvere il progetto con l’illusoria equazione del “semplice uguale chiaro”. Il troppo semplice comunica il nulla, in architettura come in arte, in letteratura come in musica, e purtroppo il nulla è sempre chiaro. Non di rado chiarissimo. Stefano Visintin OSB
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Anno XXVI N° 109- 2018
CHIESA OGGI
architettura e comunicazione
SOMMARIO Copertina Chiesa Oggi 109- progetto di Corvino&Multari architetti
in questo numero 5/7
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17/19 20 Direzione Editoriale CHIESA OGGI Arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini Arch. Caterina Parrello
CHIESE NON PIU' CHIESE #nolongerchurches
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#nolongerchurches è un contest fotografico che invita a scoprire, fotografare e condividere su Instagram, con una o più immagini originali, architetture di edifici di culto cattolici dismessi e riutilizzati.
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Il problema della dismissione e riutilizzo dei luoghi di culto non è nuovo nella storia, ma oggi si pone con più urgenza all’attenzione della Chiesa a causa della secolarizzazione avanzata della società e, allo stesso tempo, per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del valore storico-artistico e simbolico che l’edificio sacro e le opere d’arte in esso conservate possiedono. Si desidera, così, attraverso gli scatti fotografici, documentare le nuove realtà createsi e sensibilizzare l’opinione pubblica.
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L'iniziativa accompagna il Convegno internazionale Dio non abita più qui? sulla Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici, promosso e organizzato da Pontificio Consiglio della Cultura-Dipartimento per i beni culturali, Conferenza Episcopale Italiana–Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, Pontificia Università Gregoriana–Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa–Dipartimento dei Beni Culturali della Chiesa, che si svolgerà a Roma, il 29-30 novembre 2018.
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Editoriale Lettera aperta gli architetti Giuseppe Maria Jonghi Lavarini Contro-editoriale Architettura e arti per la liturgia Stefano Visentin O.S.B.
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali UFFICIO CENTRALE PER I BENI LIBRARI LE ISTITUZIONI CULTURALI E L’EDITORIA
Riconoscimento di periodico con elevato valore culturale art. 25 - legge 5-8-1981, N° 416 e art. 18 - legge 25-2-1987, N° 67
COMITATO D'ONORE S.EM. Card. Gianfranco Ravasi S.E. mons. Giulio Brambilla S.E. mons. Antonino Raspanti Prof. Arch. Paolo Portoghesi
COMITATO SCIENTIFICO
Arch. Alessandro Amaro Pres. OAPPC Catania Arch. Giuseppe Arcidiacono Prof. Ordinario di Progettazione Architettonica Chiese non più Chiese #nolongerchurches Arch. Maurizio Abeti Dio Non abita più qui? Avellino Convegno internazionale sui beni Culturali Prof. Arch. Domenico Bagliani Commissione Liturgica Diocesi Torino Arch. Nives Calabrese Editoriale Milano Uno sguardo al futuro Arch. Fulvio Calligaris Caterina Parrello Vercelli Contro-editoriale Arch. Elvio Cecchini Bellezza e Speranza. Il Parco Culturale Ecclesiale Lucca Antonino Raspanti Arch. Sandro Benedetti Università La Sapienza, Roma La Voce delle Chiese del Sisma Arch. Atos Bracci S.E- Mons Stefano Russo Pesaro Arch. Massimo Pica Ciamarra Storie di Chiese patrimonio di comunità Napoli Andrea Longhi Arch. Matteo Capuani Frosinone Parchi o Reti Culturali Ecclesiali Arch. Corbetta Erna Il sogno della Chiesa Italiana Milano don Gionatan De Marco Arch. Antonio De Leo Milano, esperto restauro Dal Sacro all’Architettura Arch. Gioia Gattamorta Mario Botta Ravenna Arch. Lucido Di Gregorio VATICAN CHAPELS Padiglione della Santa Sede Salerno Arch. Maria Rosaria Fascì alla Biennale Architettura di Venezia 2018 Reggio Calabria S.Em.Gianfraco Ravasi Arch. Fulvio Fraternali Avellino VATICAN CHAPELS Breve riflessione del Patriarca Arch. Massimo Gallione di Venezia Pass Pres. CNAPPC, Novara S.E. Francesco Moraglia Arch. Prof. Santo Giunta UniPA, Palermo Arch. Giovanni Lazzari VATICAN CHAPELS Messina Emilio Battisti A Venezia 10 cappelle nel bosco dell'isola di San Giorgio Arch. Tadeusz Katner Izba Architektow Warszawa - PL Andrew Berman Arch. Rino La Mendola Francesco Cellini Agrigento Javier Corvalan Prof. Arch. Danilo Lisi Riccardo Flores-Eva Prats Roma Norman Foster Arch. Marco Somaglino Terunobu Fujimori Presidente OAPPC Vercelli Arch. Nicoletta Ferrario Sean Gosell Pres.OAPPC Novara- VCO Carla Juacaba Arch. Prof. Gianni Forcolini Smiljan Radic Polimi e light designer Eduardo Souto de Moura P. Silvano Maggiani, OSM Francesco Magnani -Traudy Pelzel Pres. Ass. Italiana Liturgisti
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Il contest è realizzato in collaborazione con la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio, Sapienza Università di Roma, le riviste Arte Cristiana, Casabella e Chiesa Oggi. Una giuria di esperti selezionerà le immagini, che saranno esposte all'interno della mostra fotografica allestita durante i giorni del Convegno internazionale, presso il Quadriportico della Pontificia Università Gregoriana. Durata del contest Dal 10 luglio 2018 al 15 ottobre 2018. La partecipazione al contest fotografico implica la piena accettazione del regolamento. Contatti: nolongerchurches@unigre.it https://www.unigre.it/nolongerchurches/index_it.php
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VATICAN CHAPELS Un’ esperienza collettiva di progetto urbano Franco Pistocco Arte, fede, memoria dei luoghi storico religiosi Lo spazio rinnovato della Fede Roberto Bianconi I Fondi dell’ 8 x 1000 per i beni culturali e libertà di culto Don Valerio Pennasso Nuove forme di finanziamento per dare credito al Terzo Settore Maurizio Lazzarotto Alla ricerca di nuove forme di contributi Centro Parrocchiale di Pila ai Piani a Frigento (AV) Federico Verderosa Un sostegno per la comunità è segno concreto di speranza S.E. Pasquale Cascio Progetti Pilota. Un’esperienza di concorso altamente qualificante Marco Battistelli- Sergio Roccheggiani La chiesa che raccoglie la Comunità Nuovo Complesso Parrocchiale della Diocesi di Lodi a Dresano, Milano Vincenzo Corvino - Giovanni Multari Chiesa, Canonica, Oratorio Nuovo Centro pastorale delle parrocchie di Cavernago e Malpaga (BG) Paolo Belloni La chiesa di Cavernago: un nuovo centro di aggregazione pastorale Marco Falcone - Servizio a cura di Manuela Brunetti La sicurezza nell’Oratorio La formazione /informazione che crea consapevolezza Nicoletta Ferrario Intervento di ripristino con miglioramento antisismico Chiesa Santa Maria Annnuziata e San Biagio, Sala Bolognese (BO) Aldo Barbieri, Maria Luisa Pischedda Colophon
Arch. Giovanni Marucci Direttore SACU- Camerino (MC) Arch. Giancarlo Marzorati Milano Arch. Chiara Panigatta Presidente OAPPC Lodi Arch. Gelsomina Passadore Biella Arch. Franco Pistocco Milano Arch. Domenico Podestà Genova Arch. Domenica Primerano Presidente AMEI Arch. Sebastiano Raneri Pass President IFI Prof. Arch. Marco Romano Docente arch. e urbanista Milano Arch. Sergio Roccheggiani Ancona Arch. Mons. Giancarlo Santi Diocesi di Milano Arch. Vincenzo Sinisi Bari Arch. Pierpaolo Saporito UNESCO, Milano Rev. Prof. Manlio Sodi SDB Roma Arch. Alessandro Suppressa Pistoia Arch. Giulia Torregrossa Presidente OAPPC Lecco Arch. Francesco Trisorio Milano Arch. Luca Zen Milano Arch. Nino Zizzi Catanzaro
DIO NON ABITA PIÙ QUI? convegno internazionale sui beni culturali Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici
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n occasione dell’Anno europeo del Patrimonio culturale 2018 il Pontificio Consiglio della Cultura (Dipartimento per i Beni Culturali), la Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto e la Pontificia Università Gregoriana – Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa – Dipartimento dei Beni Culturali della Chiesa hanno organizzato un convegno internazionale in due giornate.
Le due mattinate saranno aperte a tutti coloro che sono interessati all’argomento, mentre i pomeriggi saranno riservati ai delegati delle conferenze episcopali di Europa, America settentrionale e Oceania.
Nella prima verrà affrontato il grave e urgente problema della dismissione di chiese e della loro nuova destinazione. Nella seconda giornata l’attenzione sarà rivolta alla gestione e valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico come un aspetto della attività pastorale delle diocesi.
Pontificia Università Gregoriana – Aula Magna – (Piazza della Pilotta, 4 – Roma) Roma 29-30 novembre 2018
Questi paesi infatti presentano condizioni sociali molto simili e sono accomunati da problematiche analoghe nella gestione del patrimonio culturale.
http://www.cultura.va/content/cultura/it/eventi/ major/dismissione.html
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EDITORIALE
UNO SGUARDO AL FUTURO
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uesta edizione di Chiesa Oggi affronta e anticipa 3 grandi tematiche che saranno focali per la gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare ecclesiastico nei prossimi anni. Il patrimonio delle parrocchie e delle Arch. Caterina Parrello diocesi e più in generale quello riferito all’Architettura e Arte per il Culto viene da sempre riconosciuto come fattore identitario e capace di attivare relazioni anche con comunità diverse – culturali, etniche e religiose. Per tale motivo, una volta che questi beni sono messi a rischio, perché non adeguatamente conservati e mantenuti, o subiscono distruzione a causa di calamità naturali, il loro valore cresce e la loro precarietà o perdita diventa un danno incalcolabile per tutta la comunità sia dal punto di vista culturale che economico. La Chiesa attraverso dei Progetti Culturali e Pastorali ha messo in atto un processo di rigenerazione di tali beni che, con una adeguata programmazione degli interventi necessari, crea un investimento di lungo periodo, perché riesce ad attivare risorse sui territori e creare nuove opportunità di sviluppo economico e culturale. Il Parco Culturale Ecclesiale, tema affrontato nel controeditoriale da Sua Ecc. Mons Antonino Raspanti, quale sistema territoriale che promuove, recupera e valorizza attraverso una strategia coordinata e integrata il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, ricettivo, ludico di una o più Chiese, nasce come progetto innovativo nella prospettiva del recupero e riuso del patrimonio ecclesiale, perchè mettendo in relazione soggetti locali diversi e insieme interessati a dare un volto nuovo al turismo, riesce a produrre cultura, e attraverso“itinerari di senso”riesce a custodire i territori e i beni ivi presenti non riducendoli a museo ma esaltandone le loro peculiarità e le loro tradizioni radicate nella cultura e religiosità popolare. Per dare una risposta alla sempre crescente necessità di gestione del patrimonio storico e artistico e per una sua più ampia valorizzazione, la CEI ha recentemente emanato le nuove Disposizioni per l’utilizzo dei fondi 8x1000 per i Beni Culturali, così come ben illustrato da Don Valerio Pennasso nel servizio dedicato a questo tema. (segue a pag. 14)
BELLEZZA E SPERANZA Il titolo dell’annunciato libretto dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Tempo Libero, del Turismo e Sport mi sembra significativo per una breve riflessione, che attraversa gli articoli presentati in questo numero: Bellezza e speranza per tutti. Parco Culturale Ecclesiale – Linee guida del progetto ed esperienze locali. Come detto precedentemente in questa rivista, il percorso compiuto in Italia sia in ambito ecclesiale sia in ambito civile tra esperti di turismo e beni culturali sta lentamente riconducendo tutti non solo a profondere energie e fondi nei due settori, collegandoli tra di loro sempre più, ma anche a risalire a temi e valori più fondamentali, che stanno cioè al fondamento. Tiriamo fuori proprio i due termini del suddetto sussidio: bellezza e speranza. Non debbo trattare della bellezza, ma richiamare una convinzione che accomuna gli italiani: sia noi sia altri popoli semS.E. Mons Antonino Raspanti brano concordare sul fatto che il nostro Paese sia contrassegnato dalla bellezza. Questo non è poco per un popolo che non solo è guardato dall’alto in basso da Paesi ritenuti i primi della classe, ma che vive da alcuni decenni sull’orlo della depressione e della crisi di futuro. Quest’ultimo dato non è inventato o solamente percepito, ma confermato dalle cifre della crisi demografica e dall’emigrazione dei giovani. Il rischio, nondimeno, è che tutto quel che definiamo e percepiamo come bellezza sia sostanzialmente qualcosa che riceviamo in eredità dal passato, peraltro costantemente minacciato da una pervasiva e incombente “bruttezza”. Questa constatazione dice, è vero, che la bellezza pura non l’avremo sulla terra e, insieme, che essa è in ogni caso consegnata nelle nostre mani come un compito, un governo da esercitare faticosamente, dal quale non si possono rassegnare le dimissioni, pena il crollo nell’abisso del caos/nulla/vuoto, che in prospettiva cristiana chiamerei“inferno”. Da qui si intende l’impegno delle nuove disposizioni della CEI, illustrate più avanti da don Pennasso, e di altre continue iniziative simili per governare quel complesso strutturale che offre un grande contributo alla bellezza del Paese. Altre testimonianze presentate in questo numero dicono che la questione bellezza è tradita se ci limitiamo a“restaurare”il passato e non sappiamo inventare e innovare. La bellezza, in altri termini, è una responsabilità storica che ogni generazione gioca sul tavolo delle scelte. Ed ecco il secondo termine che sta a fondamento: la speranza. Nel richiamarlo si pensa subito a un futuro lavorativo per i giovani, vista la disoccupazione esasperante che spinge a emigrare. Ritengo che questa sia una trappola, perché un vero sviluppo, promettente per un futuro di respiro, provenga dalla coltivazione di valori elevati, che attraggono e liberano passioni ed energie. Se ripensiamo alla creazione di lavoro e di arti generato dai monaci, ritornano le analisi storiche e teologiche, tra altri, di Papa Benedetto XVI che poneva il principio di apertura di futuro alla ricerca di Dio dei monaci. «Non era loro intenzione – disse il Papa emerito – di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile» (Incontro con il mondo della Cultura al Collège des Bernardins – Parigi, 12 settembre 2008). Solo di riverbero e non come scopo primario essi posero le basi di una vasta civiltà da cui noi stessi proveniamo. Non diversamente accadde per le più antiche civiltà mediterranee, pre-cristiane, che hanno creato testi e monumenti sui quali le generazioni successive hanno ritrovato la propria identità. Perché si tratta di ritrovare un’identità che al nostro animus italiano appare perduta o celata. Questo dice che la creazione di un Parco Culturale Ecclesiale o le proiezioni dell’arte architettonica (soprattutto al cimento nel sacro) si connettono al turismo come all’allestimento urbano, al paesaggio come alla produzione agricola e manifatturiera di un territorio, ma portano in seno e rivelano la ricerca di una coscienza sociale, di una fisionomia che risulti familiare e al contempo innovativa perché gravida di ospitare i sogni e gli slanci delle giovani generazioni.
S.E. Mons. Antonino Raspanti Vescovo di Acireale e Vicepresidente Conferenza Episcopale Italiana (CEI)
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EDITORIALE
Le nuove Disposizioni CEI offrono una visione complessiva e unitaria di tutto il patrimonio ecclesiastico (storico culturale, recente e nuovo, mobiliare e immobiliare).Valutandolo nel suo insieme è più facile programmare gli interventi in funzione della gravità di rischio di conservazione e predisporre interventi utili alle diverse necessità del patrimonio esistente, anche di recente realizzazione, prima di prospettare nuove costruzioni. Merita una segnalazione a parte, l’impegno profuso da Sua Ecc. Mons Stefano Russo, in qualità di presidente del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni ecclesiastici colpiti dal sisma del Centro Italia, il quale in una recente audizione alla Camera, che pubblichiamo integralmente condividendone e sostenendone le richieste, ha ricordato come nel sisma che ha colpito l’Italia Centrale siano andate distrutte – o comunque risultino inagibili- più di 3mila chiese. Da qui la proposta rappresentata dalla delegazione della CEI che partendo dal riconoscimento che le Diocesi sono enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – ossia enti non pubblici, ma privati con profili di specificità- si possa arrivare a maturare la normativa vigente, sottoponendo al regime della ricostruzione privata gli interventi, almeno fino alla soglia dei 500mila euro, che abbiano per oggetto le chiese e gli edifici di culto. In modo tale che, pur mantenendo tutte le condizioni di trasparenza e regolarità delle procedure di ricostruzione, tali beni possano essere recuperati e restituiti quanto prima alle comunità e alle popolazioni coinvolte prima di un inesorabile ma possibile abbandono. Per tanto, nell’ottica di una valutazione complessiva della gestione dei Beni ecclesiastici e sull’importanza della programmazione degli interventi a favore della loro conservazione e valorizzazione, presentiamo l’iniziativa promossa dalla Scuola Grande di San Marco a Venezia che, in occasione della 16^ Biennale di Architettura, ha organizzato un primo ciclo di incontri dedicati al rinnovamento dei luoghi storici religiosi e su come questi edifici, pensati per le attività di culto, una volta dismessi possano ritrovare un senso diverso. Il problema della dismissione e riutilizzo dei luoghi di culto non è nuovo nella storia, ma oggi si pone con più urgenza all’attenzione della Chiesa a causa della secolarizzazione avanzata della società e allo stesso tempo, per una maggiore consapevolezza del valore storico-artistico e simbolico che l’edificio sacro e le opere d’arte in esso conservate possiedono. Non ci sono statistiche sulla dismissione delle chiese perché non è stata ancora compiuta una indagine sistematica, ma notizie relative alle vendite di chiese e loro trasformazione in abitazioni, negozi, bar, ristoranti, palestre e centri benessere, discoteche o passerelle per sfilate di moda, hanno e continuano ancora a suscitare forti reazioni sull’opinione pubblica, che si oppone a questi stravolgimenti a difesa della valenza simbolica e rappresentativa che l’edificio chiesa ha all’interno di una comunità e di uno specifico territorio. E’in questa direzione che il Pontificio Consiglio della Cultura e l’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI, con la Pontifica Università Gregoriana, promuovono e organizzano il Convegno Internazionale“Dio non abita più qui?”sulla Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici al fine di individuare soluzioni congrue per i beni immobili e mobili che suggeriscano una“restituzione di dignità”e di“riappropriazione d’uso”, da parte delle comunità cristiane, del loro patrimonio dismesso in alternativa alla vendita e alla demolizione. Per una più ampia diffusione del tema è stato lanciato un Contest fotografico Chiese non più chiese #nolongerchurches che invita a scoprire, fotografare e condividere su Instagram, con una o più immagini originali, architetture di edifici di culto dismessi e riutilizzati, e anch’esso finalizzato a documentare, più che i casi di abbandono, quelli di riuso virtuoso. Le foto selezionate saranno presentate in una mostra e pubblicate sulla prossima edizione di Chiesa Oggi. Alla luce di quanto documentato, ritrova particolare importanza il ruolo e la capacità del progettista nell’essere sensore sul territorio ed essere capace di mettere il proprio sapere e la propria creatività a favore di una rigenerazione consapevole dei nostri beni storici e dei nostri territori, con il sostegno, la ricerca e l’innovazione tecnologica che le “eccellenze produttive” del nostro Paese hanno da sempre promosso e che sono ancora oggi motore indiscusso per lo sviluppo economico e per una crescita culturale. La Santa Sede, presente per la prima volta alla 16^ edizione della Biennale Architettura diVenezia, con il padiglione Vatican Chapels, - servizio ampiamente illustrato all’interno di questa edizione, con intervento di Sua Em. Card. Gianfranco Ravasi - ha saputo perfettamente coniugare la qualità delle opere proposte da 10 architetti di fama internazionale con le tecniche e i materiali di Aziende italiane“mecenate”che hanno creduto in questo intervento quale esperienza collettiva di progetto urbano regalando all’isola di San Giorgio una nuova vita. L’iniziativa si riallaccia al tema FREESPACE della 16^ Biennale Architettura, proponendo una riflessione sul luogo religioso, che dovrebbe rappresentare in sé lo spazio libero per eccellenza, aperto all’integrazione di comunità diverse.
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Arch. Caterina Parrello, Direttore Chiesa Oggi Architettura e Comunicazione
A Venezia è aperta al pubblico dal 26 maggio a 25 novembre 2018, ai Giardini e all’Arsenale, la 16. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo FREESPACE. «Con l'obiettivo di promuovere il "desiderio" di architettura» il Presidente Paolo Baratta ha spiegato che questa edizione diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara pone al centro dell'attenzione la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito. “La volontà di creare FREESPACE può risultare in modo specifico come caratteristica propria di singoli progetti. Ma Space, free space, public space possono anche rivelare la presenza o l'assenza in genere dell’architettura, se intendiamo come architettura il pensiero applicato allo spazio nel quale viviamo e abitiamo ". La Mostra è affiancata da 63 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 6 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Pakistan, e Santa Sede (con un proprio padiglione sull’isola di San Giorgio Maggiore). Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, è curato da Mario Cucinella con il titolo di Arcipelago Italia.
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TESTIMONIANZA
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La voce delle Chiese del sisma Intervento di S.E Mons Stefano Russo alla VIIIa Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici alla Camera dei Deputati. Mons. Stefano Russo Vescovo di Fabriano-Matelica e Presidente del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto – nell’audizione di mercoledì 12 giugno dinanzi all’Ufficio di Presidenza della Commissione speciale per l’esame degli atti urgenti presentati dal Governo al Senato, accompagnato da Mons. Giuseppe Baturi, Sottosegretario CEI, e dal Prof. Francesco Saverio Marini, ha ricordato come nel sisma che ha colpito l’Italia Centrale siano andate distrutte – o comunque risultino inagibili – più di 3mila chiese: un numero talmente alto da far alzare le mani al Ministero, già investito di una mole significativa di compiti e attribuzioni in materia di ricostruzione pubblica. Proprio per questo, già nel 2017 il Legislatore aveva riconosciuto l’opportunità nell’ambito della ricostruzione delle chiese di un intervento diretto delle Diocesi, qualificate con apposito decreto legge quali “soggetti attuatori”. Come, però, ha spiegato il Vescovo nel corso dell’audizione, questo riconoscimento ha di fatto assoggettato le stesse Diocesi a una disciplina della ricostruzione pubblica estremamente complessa sul piano organizzativo prima ancora che economico. Dovrebbero, infatti, dotarsi di strutture necessarie per le procedure di gara, per la progettazione, per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori… e, in definitiva, farsi carico di una serie di oneri gestionali di fatto del tutto estranei alla struttura e alla natura delle Diocesi stesse. Di qui la proposta rappresentata dalla delegazione della CEI: partendo dal riconoscimento che le Diocesi sono enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – ossia enti non pubblici, ma privati con profili di specificità – arrivare a mutare la normativa vigente, sottoponendo al regime della ricostruzione privata gli interventi, almeno fino alla soglia dei 500mila euro, che abbiano per oggetto le chiese e gli edifici di culto. In tal modo, le doverose esigenze di trasparenza, regolarità e sicurezza nelle procedure di ricostruzione potrebbero coniugarsi con la celerità degli interventi, a tutto vantaggio delle popolazioni coinvolte e del loro diritto a poter esercitare la libertà religiosa e di culto.
Mons Giuseppe Baturi e Mons Stefano Russo alla Camera dei Deputati durante l'audizione relativa al disegno di legge C. 804 Governo, approvato dal Senato, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Ringrazio innanzi tutto, da parte dei Vescovi delle Regioni interessate dagli eventi sismici, della possibilità che mi è stata concessa, anche in questa sede, di relazionare la situazione attuale inerente la ricostruzione delle Chiese e degli altri edifici di culto, dopo la proficua audizione tenuta in Senato, che ha portato all’approvazione in Assemblea dell’emendamento 1.0.20. L’emendamento approvato, rispetto al quale non possiamo che esprimere la nostra più profonda soddisfazione, ha recepito con sensibilità le problematiche inerenti la ricostruzione delle Chiese e degli altri edifici di culto, con un approccio attento alle popolazioni coinvolte da questi tragici eventi calamitosi, per le quali è importante riscontrare il recupero, anche progressivo, di alcuni elementi, simbolici e non solo, di socialità e di vita civile, che diano una speranza di progressivo rientro in una situazione di ordinarietà. La Chiesa e tutto ciò che essa rappresenta costituisce proprio uno di questi elementi. In particolare, l’emendamento in esame ha apportato modifiche al decreto legge n. 189 del
2016, attraendo al regime della ricostruzione privata gli interventi di importo non superiore a € 500.000 inerenti le Chiese e gli altri edifici di culto colpiti dal sisma, di competenza delle Diocesi, secondo modalità da definire con ordinanza commissariale. Per gli interventi di importo superiore a € 500.000, ma comunque inferiore alle soglie di rilevanza europea, si è prevista l’istituzione di un tavolo tecnico presso la struttura commissariale, per definire procedure adeguate di realizzazione. Mi permetto, a questo punto, di illustrare brevemente la situazione di fatto e di diritto che fa da sfondo all’emendamento approvato. In primo luogo, particolare attenzione merita il profilo inerente la straordinaria proporzione degli eventi sismici e la vastità dei territori interessati dagli stessi, che suggerisce l’utilizzo di mezzi diversi e ulteriori non solo rispetto a quelli predisposti per fronteggiare gli eventi calamitosi degli ultimi decenni (si pensi all’Emilia Romagna o a L’Aquila), ma anche rispetto a quelli che il legislatore aveva originariamente approntato con il decreto legge n. 189 del 2016,
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adottato a seguito dei primi eventi calamitosi e quindi prima che il terremoto si manifestasse in tutta la sua portata distruttiva. Pensate soltanto, per rimanere al nostro tema, che circa 3.000 Chiese risultano lesionate, inagibili e in molti casi distrutte, un numero enormemente superiore rispetto a quello conseguente agli eventi calamitosi degli anni passati, che può circoscriversi nell’ordine di qualche centinaia. Si consideri, inoltre, la peculiare condizione della diocesi dell’Aquila, nella quale il sisma del 2016 ha colpito in molti casi edifici già danneggiati nel 2009 e nei quali si stava operando sulla base di una diversa normativa. Veniamo, così, al secondo punto, e cioè al sistema finora apprestato a livello legislativo e amministrativo per far fronte alla ricostruzione degli edifici di culto. Il decreto legge n. 189 del 2016 ha sin da subito attratto la ricostruzione delle Chiese e degli edifici di culto appartenenti alle Diocesi, di interesse storicoartistico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al regime della ricostruzione pubblica, demandandone l’attuazione al MIBACT, e prevedendo un coinvolgimento attivo delle Diocesi per i soli interventi urgenti di messa in sicurezza. In un secondo momento, resosi conto delle proporzioni enormi degli interventi, e dell’impossibilità di garantire una pronta ricostruzione attraverso il Ministero – già investito di una mole significativa di compiti e attribuzioni in materia di ricostruzione pubblica – il legislatore ha ravvisato l’opportunità di un intervento diretto delle Diocesi nell’ambito della ricostruzione delle Chiese. Con il decreto legge n. 148 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 172 del 2017, le Diocesi sono state quindi qualificate come “Soggetti Attuatori” degli interventi di ricostruzione delle chiese ed edifici di culto di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, di interesse storico-artistico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio (anche se formalmente non dichiarati tali), relativamente agli interventi di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea individuata dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016). Le Diocesi, in qualità di soggetti attuatori, risultano allo stato integralmente assoggettate alla di-
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sciplina della ricostruzione pubblica, e tenute – secondo l’interpretazione sinora fatta propria dal Commissario Straordinario per il Sisma – all’applicazione integrale del d.lgs. n. 50 del 2016. A questo punto veniamo al terzo ordine di considerazioni, che riguarda la condizione delle Diocesi. Queste ultime sono, in base alla vigente legislazione pattizia, enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, cioè enti non pubblici ma privati con profili di specialità, e non sembrano quindi rientrare, a rigore, tra i soggetti tenuti all’osservanza delle procedure a evidenza pubblica. Da parte sua lo stesso ANAC ha recentemente ritenuto, proprio in materia di ricostruzione postsismica (delibera n. 116 del 3 febbraio 2016), che le Diocesi sono enti di diritto privato, civilmente riconosciuti; come tali esse non sembrano quindi sussumibili nelle definizioni di cui all’art. 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, quanto ai soggetti tenuti all’osservanza delle relative disposizioni. In senso contrario non sembra infatti rilevante né il fatto che la ricostruzione delle Chiese è sovvenzionata con contributi pubblici, né il fatto che si tratti di edifici a uso pubblico. Sotto il primo profilo, anche la ricostruzione privata è operata con risorse pubbliche, e il legislatore appresta, anche per questa tipologia di ricostruzione, adeguati mezzi di controllo e di trasparenza. Per esempio, tutti gli operatori economici interessati a partecipare, a qualunque titolo e per qualsiasi attività, agli interventi di ricostruzione privata, devono essere iscritti all’Anagrafe Antimafia; il progettista deve essere selezionato all’interno dell’elenco speciale appositamente istituito dal decreto-legge 189; la selezione dell’impresa esecutrice da parte del beneficiario dei contributi deve essere compiuta mediante procedura concorrenziale tra almeno tre imprese iscritte nell’Anagrafe antimafia, intesa all’affidamento dei lavori alla migliore offerta, a seguito dell’approvazione definitiva del progetto da parte degli Uffici speciali per la ricostruzione; viene postulata, anche per la ricostruzione privata, la necessità di assicurare il controllo, l’economicità e la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, secondo modalità attuative demandate al Commissario di governo.
Sotto il profilo dell’uso pubblico delle Chiese per esigenze di culto, si rappresenta che, comunque, il decreto-legge n. 189 del 2016 fa rientrare nel regime della ricostruzione privata anche contributi per danni alle strutture private adibite ad attività religiose, nonché per danni agli edifici privati di interesse storico-artistico, prevedendo, in questo caso, che l’intervento di miglioramento sismico debba conseguire il massimo livello di sicurezza compatibile con le concomitanti esigenze di tutela e conservazione dell’identità culturale del bene stesso. A questo punto, va evidenziato, con rammarico, che fino a ora gli strumenti apprestati dal legislatore hanno fallito l’obiettivo di garantire una pronta ricostruzione: a quasi due anni dal terremoto, gli interventi di messa in sicurezza non risultano ancora integralmente attuati, mentre quelli di ricostruzione non risultano nemmeno iniziati, e le Diocesi riscontrano problemi quotidiani nell’interfacciarsi con gli Uffici Speciali per la ricostruzione. È in questo contesto complessivo che è sorta l’esigenza, per le Diocesi, di suggerire un mutamento della normativa vigente, partendo dal presupposto che è piena intenzione delle stesse di concorrere con ogni sforzo alla ricostruzione delle Chiese, per il bene delle comunità coinvolte. Tale esigenza è stata pienamente avvertita dalla Commissione speciale prima, e in seguito dall’Assemblea, che ha approvato l’emendamento in discussione. Come accennato, la modifica sottopone al regime della ricostruzione privata gli interventi che abbiano per oggetto le Chiese e gli edifici di culto nelle ipotesi in cui l’importo del singolo intervento non superi una determinata soglia, stimata in euro cinquecentomila. L’intervento è senz’altro positivo, perché consentirà un’effettiva e rapida ricostruzione in questo complessivo contesto emergenziale, tenendo appunto conto dell’eccezionale proporzione dell’evento sismico, e quindi del numero delle Chiese e degli edifici di culto interessati. Del resto, non può sottacersi l’estrema difficoltà, per le Diocesi, sul piano organizzativo prima ancora che economico, di dotarsi delle strutture necessarie per l’esperimento di procedure di gara, tanto per la pro-
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gettazione (che invece, per tutti gli altri soggetti attuatori, è svolta, di regola, all’interno delle singole Amministrazioni), quanto per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori, e di farsi carico di tutti gli oneri, non meramente economici, che conseguono alla soluzione prevista dalla legislazione vigente, la quale richiede, infatti, un contesto organizzativo e gestionale che è del tutto estraneo alla struttura e alla natura delle Diocesi. L’emendamento di cui si discute, quindi, conseguirebbe l’obiettivo di favorire una ricostruzione più rapida in relazione a interventi sotto una soglia predeterminata e non irragionevole, che consentirebbe alle Diocesi di occuparsi di un cospicuo numero di ricostruzioni, considerato una gran parte degli interventi relativi alle Chiese e agli edifici di culto è di importo non superiore a € 500.000. Altrettanto pregevole è la previsione, recata dall’emendamento in discussione, di istituire un tavolo tecnico di lavoro presso la struttura commissariale, per definire le procedure di ricostruzione inerenti gli interventi di competenza delle Diocesi di importo compreso tra gli € 500.000 e la soglia di rilevanza europea, tenendo conto della natura giuridica delle Diocesi stesse. In quella sede, infatti, si potranno definire modalità di attuazione parzialmente diverse da quelle previste in generale per la ricostruzione pubblica, tenendo conto delle cennate difficoltà applicative e organizzative, nonché della natura e del ruolo delle Diocesi. La soluzione proposta dall’emendamento è accolta positivamente anche in quanto concorre a perseguire il fine – non privo di significatività – di dare un segnale positivo alle popolazioni dei territori coinvolti, consentendone un progressivo riavvicinamento. In conclusione, non può che auspicarsi una conferma dell’emendamento proposto da parte di questa Illustre Camera. Sia consentito, a questo proposito, evidenziare come la modifica di cui si discute, di cui non posso che ribadire – a nome di tutti i Vescovi che rappresento – la più viva soddisfazione, potrebbe essere ancora perfettibile. In particolare, sarebbe opportuno aggiungere che gli interventi di ricostruzione di importo non su-
periore a € 500.000 seguano il regime della ricostruzione privata “ai fini della predisposizione dei progetti e della selezione dell’impresa esecutrice”, in luogo dell’inciso “ai fini della selezione dell’impresa esecutrice” contenuto nell’emendamento approvato al Senato. Pur essendo a nostro avviso pacifico che la proposta di modifica in esame non possa che riferirsi tanto alla fase di progettazione, quanto a quella di esecuzione – non potendo essere scisse le due procedure, attraendole a regimi diversi, così vanificando lo scopo della riforma – si ritiene che il riferimento espresso anche alla predisposizione della documentazione progettuale renderebbe più agevole e chiaro il dato normativo, evitando possibili criticità interpretative in fase applicativa. Rimettiamo, infine, alla Vostra sensibilità la possibilità di attrarre integralmente gli interventi di ricostruzione delle Chiese al regime della ricostruzione privata, dal momento che questa soluzione, a fronte di quanto abbiamo visto, sembra comunque percorribile, ed è del resto quella attualmente già prevista per le c.d. Chiese moderne. A questo punto è doveroso evidenziare che, a legislazione vigente, gli interventi di ricostruzione in esame non potrebbero essere gestiti dalle Diocesi, e queste ultime si vedrebbero costrette a rinunciare alla possibilità, attualmente offerta in sede legislativa, di divenire soggetti attuatori; per l’effetto, ne risulterebbe oltremodo appesantito anche il ruolo del MIBACT – su cui grava il compito della ricostruzione in alternativa alle Diocesi – e dilatati fortemente i tempi per la ricostruzione, rendendola fattibile forse in un ventennio, se non vanificandola del tutto. Si confida quindi per l’accoglimento dell’emendamento passato al Senato, eventualmente modificato secondo quanto appena riferito, in modo che possano trovare adeguato bilanciamento gli interessi alla trasparenza, regolarità e sicurezza nelle procedure di ricostruzione, con quello alla celerità degli interventi, nel rispetto della natura soggettiva e delle competenze delle Diocesi a tutto vantaggio delle popolazioni coinvolte e del loro diritto a poter esercitare la libertà religiosa e di culto. Ringrazio sentitamente tutti Voi Onorevoli per l’attenzione e per la sensibilità dimostrata per questo tema.
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Storie di chiese, patrimoni di comunità
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gni chiesa, ogni complesso parrocchiale, ogni struttura per la vita religiosa è l’esito di un investimento non solo economico, ma anche affettivo, spirituale e culturale, che mobilita interessi, saperi tecnici e pastorali, memorie personali e collettive.
Andrea Longhi, professore associato di Storia dell’Architettura al Politecnico di Torino
L’insieme di questi flussi di competenze, denari e sentimenti va a costituire un enorme patrimonio materiale e immateriale, affidato al discernimento e alle cure delle comunità che lo abitano. Lo studio di alcune decine di complessi parrocchiali – proposti prima nel sito internet "Una chiesa al mese", poi rimeditati e interpretati nel volume Storie di chiese. Storie di comunità mi ha portato a osser-
quentano e la trasformano, con il mutare di liturgie, devozioni, sensibilità sociali e pastorali. Si tratta di patrimoni immensi dal punto di vista della memoria, dell’immaginario collettivo, dell’autorappresentazione, ma anche di patrimoni immobiliari costosi da mantenere, e di processi trasformativi complessi. La mobilitazione per preservare, ma al tempo stesso per trasformare e rivitalizzare continuamente, tale patrimonio non può essere lasciata all’improvvisazione: le mozioni degli affetti devono poter essere incanalate verso progettualità territoriali ampie, in grado di negoziare per ogni luogo ecclesiale un destino, un ruolo, un insieme di significati capaci di animare la vita delle comunità religiose e civili. Il coinvolgimento di più soggetti comunitari pare necessario: come nel corso della storia erano famiglie, associazioni, compagnie, gruppi professionali o di interesse che costruivano e manutenevano luoghi di culto e di aggregazione, così oggi – grazie anche alle potenzialità informative e comunicative della rete e degli incontri personali – devono essere formate e valorizzate responsabilità e competenze che possano farsi carico consapevolmente del patrimonio delle comunità cristiane.
Andrea Longhi, Storie di chiese. Storie di comunità. Progetti, cantieri, architetture, Gangemi Editore International, Roma 2017. 320 pp. ISBN 978-88-4923439-8 Il volume indaga la storia dell’architettura dei complessi parrocchiali tra gli anni del concilio Vaticano II e l’inizio del nuovo Millennio, muovendo dal- La cura delle strutture: il montaggio delle carpenl’analisi di trenta casi italiani, interpretati come te- terie della chiesa della Trasfigurazione ad Alba stimoni della storia della Chiesa e come elementi (Archicura, 2009) caratterizzanti il paesaggio del secondo Novecento. L’agire architettonico delle comunità cristiane viene vare i modi in cui le comunità si sono “approraccontato come storia di responsabilità, personali e priate”di spazi ed edifici ecclesiali nel corso degli collettive, e come sequenza di continue modificaanni e nel fluire delle generazioni.“Finita”la reaLa cura del dettaglio: croce per la dedicazione dei zioni: le parrocchie sono cantieri mai conclusi, in cui si manifestano passioni mai sopite e aspirazioni mai lizzazione di una chiesa, congedato il progettista, Santi Nazaro e Celso a Prospiano, Gorla Minore questa viene lasciata in mano ai fedeli che la fre- (Enrico Castiglioni, 1965) pienamente raggiunte.
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TESTIMONIANZA
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Parchi o Reti Culturali Ecclesiali Il sogno della Chiesa italiana da stupito consapevole, favorisca una lettura positiva del vissuto, dando la possibilità di sanare le svariate forme di difficoltà o ferite esistenziali, allenandola all’arte della gratitudine e alimentandone il desiderio di una vita integralmente gioiosa, attraverso cinque porte di concretizzazione e possibili incursioni vitali del Bello-Amore: la valorizzazione; l’ospitalità; l’accessibilità universale; la creatività e l’annuncio.
Don Gionatan De Marco Direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana
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l Vangelo è liberante e può utilizzare come strumento per parlare alla vita degli uomini e delle donne di ogni tempo la bellezza delle pietre o di opere d’arte, la bellezza delle esperienze, la bellezza dei volti. Il percorso naturalmente ha uno zenit, un punto fermo di incontro con il Tu della bellezza! La Bellezza apre sempre la strada allo stupore. E lo stupore non è un attimo, ma è ciò che fermenta un’esperienza¹. Lo stupore è il luogo originario di quel qualcosa che per noi accade, che ci incontra, ci sopraggiunge, ci sconvolge e ci trasforma.
Con i Parchi o Reti Culturali Ecclesiali (PCE) la Chiesa italiana vuole dare la possibilità a tutte le Chiese particolari di esprimere l’amore che sentono per l’altro, l’amicizia che le lega all’altro e prendere tutta l’eredità di cultura e di buone relazioni per farne dono all’ospite. Concretizzare un’esperienza di pastorale integrata e attivare laboratori di Bene comune² sono le coordinate metodologiche che un PCE è chiamato a realizzare. Ogni Chiesa particolare vuole concretizzare con il PCE la speranza che annuncia. Le parole se non sono accompagnate dai segni non si fanno Parola. È l’insegnamento grande
del Vangelo di Gesù Cristo che la Comunità cristiana è chiamata ad incarnare in ogni tempo. E la speranza oggi ha l’urgenza di uscire dalle righe dei discorsi, per entrare nei solchi della storia concreta, avendo la possibilità di generare frutti di buone notizie che rischiarano il futuro, spesso segnato dal pessimismo e dal vuoto. Con il PCE la Chiesa vuole concretizzare la speranza della sostenibilità, perché il creato e le relazioni continuino ad essere garanzia di umanizzazione delle esperienze. Con il PCE la Chiesa vuole concretizzare la speranza dell’accessibilità, perché a tutti sia data la possibilità di vivere ogni luogo in pienezza, senza esclusione e senza barriere. Con il PCE la Chiesa vuole concretizzare la speranza delle opportunità, perché le terre svuotate da menti e da forze tornino a brulicare di vita realizzata in un lavoro dignitoso e giusto³ .
Cfr. Mt 2,1-11; Lc 24,13-53 Cfr. LS, 156-158 Cfr. LS, 124-129
Lo stupore non è un’esperienza eccezionale, ma un’esperienza comune che si riempie di eccezionalità e si fa ripresa e domanda. E lo stupore è la circostanza in cui il vedere è costretto a diventare un guardare. Nello stupore il qualcosa che accade interpella il soggetto che guarda, ma non attirandolo a sé, ma rinviandolo a sé, costringendolo a porsi l’interrogativo fondamentale: perché mai io vivo qui e ora? È questa l’esperienza di turismo che noi chiamiamo turismo No.Bel., ministero della Comunità cristiana che si attua in un tipo particolare di relazione tra un animatore e una persona che vive un’esperienza unica di incontro con lo stupore attraverso elementi wow, capaci di suscitare questo sentimento. Si accompagnerà la persona in un percorso che,
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ARCHITETTURA MARIO BOTTA: UNA RIFLESSIONE SULLO SPAZIO SACRO
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DAL SACRO ALL’ARCHITETTURA Le architetture riferite allo "spazio sacro" cappelle, chiese, sinagoghe e moschee documentano un percorso professionale che l'architetto Mario Botta ha sperimentato in differenti contesti territoriali durante alcuni decenni della propria attività professionale
Arch. Mario Botta foto Enrico Cano
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temi del “sacro” – il silenzio, la meditazione e la preghiera – pur nelle contraddizioni del vivere quotidiano, evidenziano con molta più incisività rispetto ad altri temi “profani” gli aspetti primigeni che permettono di rintracciare le ragioni d’essere del fatto architettonico. Penso alla luce e all’ombra, alla gravità e alla leggerezza, al muro e alla trasparenza, al percorso e alla soglia, al finito e all’infinito, alla forza dell’opera costruita, al suo essere parte attiva di uno scenario di vita che il cittadino incontra ogni giorno. Costruire luoghi di culto, in una società secolarizzata e connotata dall’esasperato individualismo della civiltà dei consumi, può oggi apparire un intendimento azzardato, antistorico, aneddotico o comunque marginale rispetto alle spinte egemoniche di mercato e finanza che spadroneggiano nel controllo degli stili di vita. Eppure, dentro le trame di queste differenti tipologie di incontri, di silenzi e di preghiera, attraverso i secoli insistentemente frequentate dalla cultura artistica, permangono riflessioni, intuizioni e speranze che hanno modellato l’identità del nostro vivere collettivo. Nei luoghi di culto si celebrano in genere riti di redenzione, e sebbene un’architettura di per sé non possa salvare il mondo, ogni tanto succede
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San Carlino, lungolago di Lugano (1999 – demolizione 2003) fotografia Pino Musi
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Chiesa di San Giovanni Battista, Mogno, Svizzera (1986-1996) Fotografie Pino Musi
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ARCHITETTURA MARIO BOTTA: UNA RIFLESSIONE SULLO SPAZIO SACRO
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che può salvare l’architetto nelle sue prospettive e nella sua etica del costruire, permettendogli di aggiungere un contributo parziale, ma significativo, all’organizzazione dello spazio di vita dell’uomo. Negli ultimi trent’anni, il privilegio di misurarmi con la progettazione di chiese, di una sinagoga e, negli ultimi tempi, anche di una moschea nel nord della Cina, ha rinforzato il convincimento che la dimensione del sacro tocchi in qualche misura ogni gesto architettonico e che l’architettura in generale porti sempre con sé un’idea del sacro. Infatti, il primo atto del costruire consiste nel posare una pietra sulla terra; con il gesto architettonico, la condizione spirituale si sostituisce a una condizione naturale, creando spazi che in precedenza non esistevano. Si tratta di un atto creativo che interessa tutte le costruzioni, le quali ogni volta, per quanto in forme nascoste o inconsapevoli, ci ricordano che stiamo cambiando una condizione di natura in una condizione dello spirito, in un valore, in un bisogno di bellezza, di durata, di infinito.
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Sinagoga Cymbalista e centro dell’eredità ebraica, Tel Aviv, Israele (1996-1998) Fotografie Pino Musi
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NOTA BIOGRAFICA MARIO BOTTA Nato l’1 aprile 1943 a Mendrisio, Svizzera. Dopo un periodo d’apprendistato a Lugano, frequenta il liceo artistico di Milano e prosegue i suoi studi all'Istituto Universitario d'Architettura di Venezia, dove si laurea nel 1969 con i relatori Carlo Scarpa e Giuseppe Mazzariol. Durante il periodo trascorso a Venezia, ha occasione di incontrare e lavorare per Le Corbusier e Louis I. Kahn. Nel 1970 apre il proprio studio a Lugano e, da allora, svolge parallelamente anche un’intensa attività didattica con conferenze, seminari e corsi presso scuole d'architettura in Europa, in Asia, negli Stati Uniti e in America Latina. Nel 1976 è chiamato come professore invitato (visiting professor) presso il Politecnico di Losanna e nel 1987 presso la Yale school of Architecture a New Haven, Stati Uniti. Dal 1983 è nominato professore titolare delle Scuole Politecniche Svizzere, dal 1982 al 1987 è stato membro della Commissione Federale Svizzera delle Belle Arti. Partendo dalla prime realizzazioni di case unifamiliari in Canton Ticino il suo lavoro ha abbracciato molte tipologie edilizie: scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche, musei ed edifici religiosi. Tra le sue opere si possono ricordare: il MOMA museo d’arte moderna a San Francisco; la cattedrale della resurrezione a Evry; il museo Jean Tinguely a Basilea; la sinagoga Cymbalista e centro dell’eredità ebraica a Tel Aviv; la biblioteca municipale a Dortmund; il centro Dürrenmatt a Neuchâtel; il MART museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; la torre Kyobo e il museo Leeum a Seoul; gli edifici amministrativi della Tata Consultancy Services a Nuova Delhi e Hyderabad; la chiesa Papa Giovanni XXIII a Seriate; la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano; la chiesa del Santo Volto, Torino; il centro benessere Tschuggen Berg Oase, Arosa; il museo Bechtler a Charlotte; la sede Campari e residenze a Sesto San Giovanni; la biblioteca dell’Università Tsinghua a Pechino; la riqualificazione urbana dell’area ex Appiani a Treviso; l’hotel Twelve at Hengshan a Shanghai; la cappella Granato nella Zillertal, in Austria; lo Tsinghua University Art Museum a Pechino e il recente ristorante Fiore di Pietra sul Monte Generoso. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali. Membro onorario di molte istituzioni culturali, è stato insignito del dottorato honoris causa in varie università in Argentina, Grecia, Romania, Bulgaria, Brasile e Svizzera. Nel 1996, nell’ambito della creazione dell’Università della Svizzera italiana, si è impegnato come ideatore dell’Accademia di architettura a Mendrisio. Un ulteriore strumento a favore del dibattito culturale sull’architettura è il Teatro dell’architettura a Mendrisio che inizierà la propria attività espositiva nell’autunno 2018.
Moschea, Yinchuan, Cina (2016 – in corso) Render: Marco Mornata, Studio Mario Botta
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ARCHITETTURA VATICAN CHAPELS - BIENNALE DI ARCHITETTURA 2018 - VENEZIA
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VATICAN CHAPELS Santa Sede alla Biennale di Venezia 2018 nali, dalla vivace spiritualità latino-americana a quella apparentemente più secolarizzata degli Stati Uniti, fino alla remota Australia che in realtà riflette la comune contemporaneità.
Il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, il prof. arch Francesco dal Co, il Cardinale Gianfranco Ravasi, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, durate il taglio del nastro inaugurale del Padiglione Santa Sede sull'isola di San Giorgio, in occasione della 16. Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, 2018.
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er la prima volta la Santa Sede, che rappresenta la Chiesa cattolica nella sua universalità, entra nello spazio della Biennale di Architettura di Venezia. E lo fa approdando su un’isola affascinante della Laguna, quella di San Giorgio, e penetrando nell’oasi di un bosco non attraverso rappresentazioni grafiche o modelli ma con una vera e propria sequenza di cappelle. Nel culto cristiano esse sono veri e propri templi, sia pure in forma minore rispetto alle cattedrali, alle basiliche e alle chiese. In esse sono inserite due componenti fondamentali della liturgia, l’ambone (o pulpito) e l’altare, cioè le espressioni della Parola sacra proclamata e della Cena eucaristica celebrata dall’assemblea dei credenti.
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Il numero delle cappelle è anch’esso simbolico perché esprime quasi un decalogo di presenze incastonate all’interno dello spazio: sono simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana. Per questo la visita alle dieci Vatican Chapels è una sorta di pel-
legrinaggio non solo religioso ma anche laico, condotto da tutti coloro che desiderano riscoprire la bellezza, il silenzio, la voce interiore e trascendente, la fraternità umana dello stare insieme nell’assemblea di un popolo, ma anche la solitudine del bosco ove si può cogliere il fremito della natura che è come un tempio cosmico. A precedere questa sfilata c’è un emblema: è la «Cappella nel bosco» dell’architetto svedese Gunnar Asplund che, attraverso i suoi disegni progettuali, a distanza di quasi un secolo (1920) e da una regione diversa, rievoca la costante ricerca dell’umanità nei confronti del sacro all’interno dell’orizzonte spaziale della natura in cui si vive. Proprio per rappresentare questa «incarnazione» del tempio nella storia, il dialogo con la pluralità delle culture e delle società e per confermare la «cattolicità», cioè l’universalità della Chiesa, sull’isola di San Giorgio sono giunti architetti provenienti da origini ed esperienze diverse, dalla vicina Europa con la sua configurazione storicamente variegata al lontano Giappone dotato di radici religiose origi-
Alle spalle di questo ingresso della Santa Sede nella Biennale di Venezia c’è, però, un antefatto. Già nel 2013 e nel 2015 la Santa Sede era entrata con un suo padiglione in due edizioni della Biennale d’Arte proponendo un messaggio «primordiale» affidato all’«In principio» delle stesse Scritture Sacre ebraicocristiane. Nella prima edizione gli artisti riprendevano tra le mani, come si era fatto per secoli, il libro biblico della Genesi e il suo incipit, che è anche l’avvio dell’essere e dell’esistere: «In principio Dio creò il cielo e la terra…». Creazione dell’universo e dell’umanità, de-creazione (diluvio e Babele) e ri-creazione con l’inizio della storia della redenzione con Abramo ritornavano a essere un soggetto tematico per l’arte contemporanea. Nella seconda presenza alla Biennale d’Arte era stato, invece, l’ideale incipit del Nuovo Testamento a riproporre un altro inizio assoluto che dall’eternità divina discendeva e s’intrecciava con la carnalità umana storica e contingente: «In principio era il Verbo… e il Verbo carne divenne», come si legge nel celebre inno che funge da prologo al Vangelo di Giovanni. La scelta era netta ed esplicita e compiva un’inversione rispetto al passato recente. A partire dal secolo scorso, infatti, s’era compiuto un divorzio lacerante tra arte e fede. Esse, in realtà, erano state a lungo sorelle, al punto tale che Marc Chagall non esitava a dire che «per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che era la Bibbia», il «grande codice» della cultura occidentale, come la definiva un altro artista, William Blake. Ora, invece, le loro strade si erano divaricate. Da un lato, l’arte aveva lasciato il tempio, l’artista aveva relegato sullo scaffale polveroso del passato la Bibbia, si era avviato lungo le strade «laiche» e secolari della modernità, rifuggendo spesso dal ricorso a figure, simboli, narrazioni, parole sacre. Anzi, l’artista non di rado ha considerato il messaggio come un capestro ideologico e si è dedicato a esercizi stilistici sempre più elaborati e autoreferenziali, oppure talora a provocazioni dissacranti. L’arte si è affidata a una critica esoterica incomprensibile ai più e si è asservita alle mode e alle esigenze di un mercato sovente artificioso e fin eccessivo.
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D’altro lato, la teologia si è rivolta quasi esclusivamente alla speculazione sistematica che crede di non aver bisogno di segni o metafore; anch’essa ha relegato nel deposito del passato il grande repertorio simbolico cristiano. In ambito ecclesiale si è ricorsi prevalentemente al ricalco di moduli, stili e generi delle epoche precedenti, o ci si è orientati all’adozione del più semplice artigianato, o, peggio, ci si è adattati alla bruttezza che imperversa nei nuovi quartieri urbani e nell’edilizia aggressiva, innalzando edifici sacri modesti, privi di spiritualità, di bellezza e di confronto coi nuovi linguaggi artistici e architettonici che frattanto si stavano elaborando. È da questa situazione che è rinato il desiderio di un nuovo incontro tra arte e fede, due mondi che nei secoli passati erano quasi sovrapponibili e che erano divenuti invece reciprocamente estranei. Si tratta di un percorso certamente arduo e complesso che si nutre ancora di mutui sospetti ed esitazioni e persino di timori di eventuali degenerazioni. È un dialogo che in architettura ha già registrato tappe significative e che, a livello generale, è iniziato già a metà del secolo scorso non solo attraverso l’opera di teologi e di pastori ecclesiali sensibili ma anche nella voce dello stesso magistero ufficiale della Chiesa, a partire da Paolo VI col suo incontro nel 1964 nella Cappella Sistina con gli artisti, per procedere poi con la Lettera a loro indirizzata nel 1999 da san Giovanni Paolo II, col nuovo incontro di Benedetto XVI nella stessa Cappella Sistina nel 2009. Questo primo ingresso della Chiesa cattolica nella Biennale di Architettura di Venezia avviene sotto il pontificato di papa Francesco. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, che è stata una sorta di manifesto programmatico agli
inizi del suo ministero petrino (24 novembre 2013), egli ha voluto rinnovare una traiettoria classica nel cristianesimo, la cosiddetta via pulchritudinis, cioè la bellezza come strada religiosa, consapevole dell’asserto di sant’Agostino secondo il quale «noi non amiamo se non ciò che è bello» (De Musica VI, 13, 38). Concretamente, il papa esalta «l’uso delle arti nella stessa opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo linguaggio parabolico». È suggestivo che gli Statuti d’arte degli artisti senesi del Trecento si aprivano con questa dichiarazione: «Noi siamo coloro che manifestano agli uomini che non sanno lettura le cose miracolose operate per virtù della fede». Già san Giovanni Damasceno, il grande difensore nell’VIII secolo dell’arte cristiana contro l’iconoclasmo propugnato dall’imperatore e da ampi strati della Chiesa di allora, aveva suggerito: «Se un pagano viene e ti dice: Mostrami la tua fede!, tu portalo in chiesa e mostra a lui la decorazione di cui è ornata e spiegagli la serie dei sacri quadri». Papa Francesco conclude così: «Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri».
Il discorso tenuto dal Card. Gianfranco Ravasi in occasione della conferenza stampa di presentazione del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Architettura 2018
Breve riflessione del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia Di certo non sfugge a chi visita Vatican Chapels ideale pellegrinaggio e dialogo spirituale - l’intreccio provvidenziale di queste realizzazioni architettoniche con il contesto nel quale sono collocate. L’isola di San Giorgio è sede, da oltre mille anni, dell’omonimo monastero benedettino e da alcuni decenni della Fondazione Cini. L’ambiente splendido, originalissimo e fragile - è quello della laguna di Venezia; siamo affacciati sul bacino di San Marco, quasi di fronte alla basilica dedicata al patrono ed evangelista. La città diVenezia risponde pienamente all’itinerario spirituale di Vatican Chapels, immersa com’è nella bellezza di un habitat unico e irripetibile. Venezia, infatti, è opera di Dio e dell’uomo, esito felice del congiungersi della mano di Dio e dell’uomo come raffigura Michelangelo nella Cappella Sistina. Nel gesto creatore lo sfiorarsi della mano del Dio e dell’uomo annunciano una alleanza ricca di fecondità; Venezia è l’effetto di tale alleanza. Il Padiglione vaticano ci ricorda che l’edificiochiesa non è solo spazio funzionale ma luogo simbolico dell’incontro con Dio, spazio sacro che entra in rapporto e plasma l’assemblea che celebra la liturgia; il percorso espositivo dice - in linguaggio architettonico d’eccellenza (per struttura e materiali) - il mistero cristiano in termini che si sforzano d’essere consoni alla modernità e alla postmodernità. Quanti hanno dato vita a tale iniziativa hanno raccolto la sfida di declinare nell’oggi la geniale riflessione di Hermann Hesse: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. Confido che ogni visitatore ne possa cogliere, o almeno intuire, la presenza.
il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia insieme al Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura durante l'inaugurazione del progetto VATICAN CHAPELS sull'isola di San Giorgio a Venezia.
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ARCHITETTURA VATICAN CHAPELS-PADIGLIONE SANTA SEDE, BIENNALE DI ARCHITETTURA VENEZIA 2018 CHIESA OGGI 109
VATICAN CHAPELS Il padiglione della Santa Sede alla Biennalle Architettura di Venezia 2018 di Emilio Battisti
Prof. arch. Emilio Battisti
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’esordio della partecipazione della Santa Sede alla 16. Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia 2018 è molto interessante anche perché, per merito di Fran-
cesco Dal Co, introduce nella manifestazione una formula inedita. Il suo padiglione, a dispetto del nome, non è un edificio più o meno rappresentativo, nel quale si tengono mostre o eventi di vario genere, ma è costituito da dieci piccole architetture, dieci cappelle, realizzate nel bosco che occupa circa metà della superficie dell’isola di San Giorgio Maggiore, ove ha sede della Fondazione Cini. Oltre alle dieci cappelle è stato realizzato anche un piccolo padiglione nel quale sono esposti i disegni della Skogskapelle, la Cappella del bosco, di Erik Gunnar Asplund che costituisce il riferimento paradigmatico, proposto da Francesco Dal Co ai dieci
L'isola di San Giorgio a Venezia- nel riquadro i giardini in cui sono state realizzate le Cappelle del Padiglione della SANTA SEDE per la 16.Biennale Internazionale di Architettura, Venezia 2018.
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architetti che ha invitato a progettare e realizzare, per definire in particolare la scala degli edifici. E’ mio proposito eseguire un’analisi comparativa, con finalità critiche, delle dieci architetture. Considererò quindi in particolare gli aspetti insediativi, tipologici, costruttivi e di linguaggio per cercare di distillare quei contenuti architettonici che possono fare, di ciascuna, un’opera d’architettura più o meno esemplare. Per quanto il bosco rappresenti un ambiente abbastanza amorfo, la sua modesta dimensione e soprattutto la presenza della laguna lo rendono reattivo.
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Andrew Berman [1] con / with Moretti, Terna Francesco Cellini [2] con / with Panariagroup Javier Corvalan [3] con / with Simeon Ricardo Flores, Eva Prats [4] con / with Saint-Gobain Italia Norman Foster [5] con / with Maeg, Tecno, Terna Terunobu Fujimori [6] con / with Barth Interni, Ligno Alp Sean Godsell [7] con / with Maeg, Zintek Carla Juaçaba [8] con / with Secco Sistemi Smiljan Radic [9] con / with Moretti, SaintGobain Italia Eduardo Souto de Moura [10] con / with Laboratorio Morseletto Francesco Magnani, Traudy Pelzel [11] con / with Alpi
Norman Foster (1-2) collaboratori: Nigel Dancey, Taba Rasti, Pablo Urango, Roger Ridsdill Smith, Jeng Neo, Adam Davis, Fernando Torres, Beatriz Cases, Matthew Thomas, Emilio Ortiz Zaforas, Simone Avellini, Maria Soriano, Oscar Ruiz, Irene Del Val de la Sen, Helene Huang con: Tecno Renato Dell’Orto (responsabile del progetto) Maeg Antonio Zanioli, Massimo Zuccolotto (responsabili del progetto) Un aspetto non secondario del rapporto con il contesto si manifesta nel modo in cui ciascuna cappella si situa nel bosco, si relaziona ai percorsi in esso tracciati e si orienta assumendo come riferimento la laguna. Solo Norman Foster esprime in modo esplicito e diretto il rapporto con l’acqua su cui si affaccia, al termine del breve percorso che si svolge all’interno della sua cappella. Negli altri casi la percezione della laguna è un aspetto valorizzato in rapporto con la localizzazione più o meno prossima all’acqua. Altro aspetto non secondario per regolare il rapporto con il contesto è rappresentato dal modo in cui ciascuna cappella insiste sul terreno: quella di Javier Corvalàn, che letteralmente vola; Sean Godsel, che solleva il suo slanciato parallelepipedo su quattro pilastrini; Norman Foster, che l’ha separata nettamente dal suolo ponendola su una piattaforma in
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ARCHITETTURA VATICAN CHAPELS-PADIGLIONE SANTA SEDE, BIENNALE DI ARCHITETTURA VENEZIA 2018 CHIESA OGGI 109
leggera pendenza; Cellini, unico italiano, la stacca quasi impercettibilmente dal terreno e quella di Carla Juaçaba, totalmente aerea e immateriale, con gli alberi circostanti a definirne lo spazio. Le altre cappelle sono tutte appoggiate al terreno o saldamente fondate, come quella di Eduardo Souto de Moura che, unico, esprime un potente effetto tettonico con le sue spesse murature in pietra di Vicenza. Un altro requisito da considerare è la compiutezza del volume e la definizione di uno spazio interno, che è connaturato all’idea di cappella. Terunobu Fijimori assegna allo spazio interno un ruolo fondamentale, per quanto fortemente caratterizzato dall’aspetto molto artigianale del manufatto che anche con le sue colonne in facciata, realizzate con semplici tronchi d’albero, entra in simbiosi con il bosco. Le altre cappelle con una forte connotazione volumetrica sono quella troncoconica di Smilian Radic e lo slanciato parallelepipedo della cappella portatile di Sean Godsell.
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Ma ancora più netto, nella sua precisione geometrica, è il volume di pianta triangolare del newyorkese Andrew Berman. Un aspetto che mi sembra necessario considerare è relativo alla chiarezza costruttiva, che in alcuni casi svela anche la corrispondenza tra l’ipotesi progettuale originaria e l’effettiva realizzazione del manufatto architettonico. Metto subito in evidenza il caso eclatante della cappella nomade di Javier Corvalan, che avendo concepito un aereo tamburo di legno, incernierato in cima a una bricola, che avrebbe dovuto essere mosso dal vento e si ritrova una struttura d’acciaio immobile e pesante, sommariamente rivestita di compensato che nulla conserva dell’idea originale. Assai generica costruttivamente la Cappella del mattino, il finto rudere di Ricardo Flores e Eva Prats che, a loro dire, sarebbe ispirata sia alle rovine di Villa Adriana sia alle Capillas abiertas dell’America latina.
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Le altre cappelle hanno connotati costruttivi chiari: dal minimalismo strutturale di Carla Juaçaba al tecnicismo della complessa tensegrity
4 structure di Norman Foster, dall’elementare combinazione di componenti di Terunobu Fujimori alle fragili pareti traslucide della cappella di Andrew Berman, dagli scabri scudi di calcestruzzo di Smilian Radic alle terse superfici metalliche di
Eduardo Souto de Moura (3-4) con Francesco Magnani collaboratori: Simão Sandim (plastici), Luigi Cocco (struttura) con: Laboratorio Morseletto Deborah Morseletto (responsabile del progetto)
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Sean Godsel, dalle levigate specchiature ceramiche di Francesco Cellini ai ponderosi muri marmorei di Eduardo Souto de Moura. Passando a considerare le forme espressive e i linguaggi, osservo che in alcuni casi si possono considerare come la conseguenza del sistema costruttivo e che il riferimento proposto da Dal Co con la cappella di Asplund è stato utilizzato più che altro per distinguersi da essa che, del resto, per la sua grande complessità, costituisce un unicum. E la sezione ne mette bene in evidenza l’unicità, svelando la sua sorprendente cupola interna diversamente da quanto si può immaginare osservandola dall’esterno, con il suo grande tetto a capanna. Unica relativa attinenza con la cappella di Asplund, per via del grande tetto a falde, è riscontrabile nella cappella di Fujimori, ma per motivi del tutto estranei, in quanto ispirata alle tradizionali case da tè giapponesi. E’ comunque riconoscibile un prevalente approccio minimalista nelle cappelle di Berman, Cellini, Godsel e soprattutto Jaçaba; vagamente brutalista in quella di Radic ed enfaticamente tecnologico in quella di Foster come pure, anche se non voluta, in quella di Corvalàn.
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In quasi tutte, la luce gioca un ruolo rilevante. Dalla cappella di Berman e di Flores-Prat, che sono progettate anche in funzione del modo in cui la luce naturale vi s’introduce o le attraversa; dalla luce filtrata dal graticcio in legno di Foster, alla luce zenitale di Radic e Godsel, fino a quella modulata di Souto de Moura e Cellini. Dato il tema, un’attenzione particolare va dedicata al modo in cui la croce, fondamentale simbolo della cristianità, appare o meno in ciascuna cappella.
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Dal caso già citato della Jaçaba, per la quale rappresenta l’unica essenziale materializzazione, sia in elevazione sia riprodotta a terra, a quello di Souto de Maoura, in cui la croce, quasi impercettibile, è definita dall’incrocio tra il giunto verticale tra due
Terunobu Fujimori (5-6-7) con: LignoAlp Damiani-Holz&Co Erich Gruber (responsabile del progetto) Barth Interni Antonio Geminiani (responsabile del progetto)
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ARCHITETTURA VATICAN CHAPELS-PADIGLIONE SANTA SEDE, BIENNALE DI ARCHITETTURA VENEZIA 2018 CHIESA OGGI 109
grandi blocchi di pietra e la sottile incisione orizzontale, eseguita con la stessa lama che servì a tagliarli. La croce è una presenza molto forte all’interno della cappella di Fujimori, integrata con la struttura e messa in evidenza con foglie d’oro che ne fanno un’opera d’arte a sé - e che si prolunga in altezza, fino a svettare sopra il colmo del tetto. Ancora da notare la grande croce tridimensionale che sovrasta il levitante tamburo della cappella nomade di Corvalàn e le tre croci alla base del progetto di Foster che, sottoposte alle sollecitazioni della sua tensegrity structure, si scompongono diventando irriconoscibili. Nelle altre mi pare che non compaia affatto, rispettando le differenti confessioni o la laicità degli autori.
8 Sean Godsell (8) collaboratori: Hayley Franklin, Luigi Cocco (struttura) con: Maeg Antonio Zanioli, Massimo Zuccolotto (responsabili del progetto) Zintek Gianni Schiavon (responsabile del progetto)
Andrew Berman (9-10) collaboratori: Alexander McLean (responsabile del progetto), Dan Misri, Graham Brindle con: Moretti Fabrizio Ferranti, Francesco Zanetti (responsabili del progetto) Terna
Al suo interno si espongono i disegni e due bellissimi modelli della cappella del grande architetto svedese, ma per ammissione dei suoi stessi autori il padiglione si ispira alle Stavkirke adottando“la copertura a falde dalla proporzione verticale enfatizzata”tipica di quelle chiese nordiche dal cui però Asplund sì è nettamente distinto.
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Un commento a sé merita il Padiglione Asplund di Francesco Magnani e Traudy Petzel perché, sia per la scala sia per la forma, sembra quasi essere l’undicesima cappella e rappresenta, per come è stata concepita, un’evidente contraddizione.
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11 Carla Juaรงaba (11) collaboratori: Clovis Cunha, Geraldo Filizola (struttura), Luigi Cocco (struttura) con: Secco Sistemi Antonio Poletto (responsabile del progetto)
Javier Corvalรกn (12) collaboratori: Magdalena Oddone, Joaquin Corvalรกn, Agostina Vacca Arreseygor, Maria Gloria Gutierrez, Sergio Ruggeri, Juan Bidart, Julieta Ardiles; Andrea Pedrazzini, Roberto Guidotti (struttura) con: Simeon Gianpaolo Stel (responsabile del progetto), Marco Molinaro (design manager)
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ARCHITETTURA VATICAN CHAPELS-PADIGLIONE SANTA SEDE, BIENNALE DI ARCHITETTURA VENEZIA 2018 CHIESA OGGI 109
13 Francesco Cellini (13) collaboratore: Roberto Lorenzotti (struttura) con: Panariagroup Marco Levoni, Marco Grisendi, Andrea Zironi (responsabili del progetto)
Ricardo flores, Eva Prats (14) collaboratori: Nina Andreatta, Inès Martinell, Jorge Casajús con: Saint-Gobain Italia Davide Kohen (responsabile del progetto)
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14 Smiljan Radic (15-16) con: Moretti Mauro Belleri, Fabrizio Ferranti (responsabili del progetto) Saint-Gobain Italia Davide Kohen (responsabile del progetto)
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La sua cappella è infatti un’architettura che all’esterno allude al Partenone ma che all’interno contiene un piccolo Pantheon. Inoltre, nell’edificio di Magnani-Petzel, le inflessioni compositive e di linguaggio appaiono assai marcate: a partire dalla pianta con i lati corti leggermente absidati, l’originale sagomatura e scansione dello spazio interno, sapientemente illuminato dalla luce naturale che ne restituiscono una bella navata.
Al termine di un’interessante visita, insieme a pochi altri colleghi, guidata da Francesco Dal Co, tirandolo in disparte, gli ho chiesto se ritenga che tra i dieci architetti ce ne sia qualcuno che, in base ai risultati, avrebbe preferito non aver invitato. Me ne ha dato ermetica conferma rispondendo: “Sì, ma non lo posso dire”.
All’esterno, poi, il rivestimento di scandole, unico riferimento alla Skogskapellet, le dieci finestre a V ritagliate su ogni falda del tetto e l’ingresso aperto sulla testata, sormontato dall’alta finestra triangolare, ne fanno in senso tecnico un capolavoro, una notevole performance progettuale. 17 E’ per me doveroso cercare di tirare le somme di questa ricognizione che, per quanto abbia cercato di rendere oggettiva, naturalmente non si può sottrarre ai condizionamenti della mia formazione e delle mie personali predilezioni.
Modello sezionato eseguito da Igor Silic esposto nel padiglione Magnani e Pelzel Photo Credits AC_ Photo by Alessandra Chemollo
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18 Francesco Magnani (17-18-19) Traudy Pelzel con Alpi
Ci sono due cappelle che mi hanno convinto sebbene le loro caratteristiche siano nettamente antitetiche: quelle di Carla Juaçaba e quella di Eduardo Souta de Moura, accomunate dalla loro essenzialità concettuale, costruttiva e di linguaggio. Sono stato poi affascinato da quella di Terunobu Fujimori per il modo molto sofisticato e complesso di combinare tradizione, tecnica costruttiva artigianale, razionalità strutturale e simbolismo religioso in una sintesi poetica di straordinario valore. Riflettendo sul significato di questa mia analisi interpretativa delle Vatican Chapels, che ho fatto anche con l’intento di mettermi alla prova, mi interrogo a proposito della doppia citazione da Defoe-Lutero con cui Gianfranco Ravasi inizia il suo dotto saggio sull’evoluzione tipologica della cappella: “Dovunque Dio erige una chiesa,/ il demonio innalza una cappella;/ e se vai a vedere troverai / che dal secondo ci sono più fedeli.” Forse un’allusione o meglio una previsione dell’effetto mondano e laico che le dieci cappelle finiscono inevitabilmente per avere nel contesto profano della Biennale. Non è che in questa decisione della Santa Sede di partecipare alla Biennale di Architettura anche il diavolo ci può aver messo la coda?
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ARCHITETTURA
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Vatican Chapels, un'esperienza collettiva di progetto urbano
L'arch. Franco Pistocco, l'arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, l'arch. Caterina Parrello, l'arch. Erna Corbetta e l'arch. Luca Zen, della rivista CHIESA OGGI, all'interno della Cappella progettata da Norman Foster.
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La 16a Biennale Architettura di Venezia vede per la prima volta tra i suoi protagonisti anche la Santa Sede, presente con il padiglione“Vatican Chapels”sull'isola di San Giorgio, a Venezia. Non un unico edificio, ma dieci cappelle, affidate ad altrettanti architetti di nazionalità e confessioni diverse. Il loro compito, non semplice, è stato quello di ispirarsi alla “cappella nel bosco”, costruita da Gunnar Asplund nel Cimitero di Stoccolma, per realizzare opere che si sposassero con l'ambiente circostante. Le cappelle, infatti, sono inserite in un contesto boschivo astratto, affacciato sulla vicina laguna, scelto proprio per rievocare l'antico rapporto tra spiritualità, uomo e natura. La direzione di Chiesa Oggi insieme ad un gruppo di architetti del Comitato Scientifico della testata ha partecipato all'inaugurazione del Padiglione della Santa Sede , avvenuta il 25 maggio e presieduta dal Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Commissario del Padiglione e dal Patriarca di Venezia Francesco Moraglia. La qualità progettuale degli interventi realizzati e le tecniche esecutive per la realizzazione delle cappelle ha spinto la nostra attenzione al confronto con i progettisti presenti e le Aziende "mecenate" che hanno creduto in questo intervento, unico nel suo genere, quale esperienza collettiva di progetto urbano,regalando all'isola di San Giorgio una nuova vita. Riportiamo una riflessione dell'Architetto Franco Pistocco che ci ha accompagnato in questo "particolare viaggio". CP 1
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o avuto modo di visitare le Vatican Chapels sull’Isola di San Giorgio Maggiore in due momenti distinti, in entrambi ho colto dettagli utili ad una maggiore riflessione sul loro significato. Alla prima visita, il giorno dell’inaugurazione, ho seguito l’itinerario osservando gli aspetti tecnici, materici e di inserimento al contesto che ogni architetto, a secondo del proprio linguaggio formale e concettuale ha utilizzato per realizzare, interpretando i fondamenti liturgici di base, il tema assegnato. Nella seconda visita, il giorno dopo dell’inaugurazione insieme al maestro Boris Podrecca ed altri colleghi, ho colto aspetti da me sottovalutati nella visita precedente: la luce e le scelte formali che si svelano nei dettami della liturgia: la poesia dell’architettura. Ora, io credo che occorra fare una terza visita in solitario, dove ognuno di noi si spogli del proprio bagaglio di conoscenza che a volte non fa percepire il vero senso di un’architettura. Ed ecco che in questo modo è quanto mai più profetica la citazione di Adolf Loos:“se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura”. Si, le 10, anzi le 11 cappelle (annoverando tra esse anche il padiglione Asplund), è vera architettura. Architettura che nasce dalla vocazione di essere architetti perché solo in questi casi si raggiunge la vocazione dell'anima come deve essere l'obbiettivo delle Cappelle Vaticane : Architettura che sollecita l'anima.
L'arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini e l'arch. Caterina Parrello insieme ai progettisti Riccardo Flores e Eva Prats durante la visita alla loro Cappella. Questo obiettivo si raggiunge solo se l'architettura ridà importanza all’oggetto costruito come opera d’arte e ritornando essa ad essere vocazione, annoverata tra le arti maggiori e non tra le scienze di pianificazioni economiche. L’architettura deve emozionare e sollecitare lo spirito delle persone con le sue forme, le sue proporzioni, il suo significato e in questo le Vatican Chapels rappresentano e rappresenteranno in futuro un ottimo paradigma. Arch. Franco Pistocco Foto 1 L'arch. Andrew Berman illustra ai giornalisti il progetto della sua Cappella realizzata in collaborazione alla ditta Moretti. Foto 2 L'arch. Boris Podrecca insieme agli architetti della testata Chiesa Oggi durante la visita al Padiglione della Santa Sede.
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ARCHITETTURA
CHIESA OGGI 109 Secco Sistemi è stata scelta per realizzare uno dei progetti esposti nel padiglione “ Vatican Chapels”, della Santa Sede. Il progetto dell’architetto Carla Juacaba parla della capacità dell'Azienda Secco Sistemi di dare forma all’acciaio e si esprime attraverso le forme di una croce ed è spiegato perfettamente dalle bellissime parole del progettista “Una radura nascosta dietro le acque di Venezia è sempre una bellezza. Il progetto si unisce a quella bellezza delineando brevemente lo spazio. Quattro travi in acciaio di 8 metri compongono l’insieme: una è una panca, l’altra è una croce. Le travi sono in acciaio inossidabile lucidato per riflettere l’ambiente circostante: la cappella potrebbe sparire in un dato momento. E così l’ombra dell’insieme può diventare più evidente dell’oggetto stesso.”
Secco Sistemi è un marchio italiano espressione d’innovazione e design. Da 70 anni contribuisce all’evoluzione dell’ingegneria del serramento: inventa sistemi e profili che diventano modelli di riferimento per l’industria del settore e continua a perfezionarli, per interpretare progetti e tendenze dell’architettura contemporanea. Sviluppa oggi 280 profili in 4 metalli pregiati – acciaio zincato, acciaio inox, acciaio corten e ottone – e in 8 finiture, produce ogni anno 2 milioni di metri lineari di barre profilate per 200.000 porte e finestre. Tra i dieci architetti chiamati a partecipare al progetto VATICAN CHAPELS l'australiano Sean Godsell, pluripremiato capo dello studio Sean Godsell Architects di Melbourne, ha realizzato un edificio unico, dall'aspetto di un magnifico monolite. I quattro lati della torre si aprono, rivelando l'altare centrale, e le porte viste dall'alto formano una croce. In questo modo, è l'intero ambiente circostante a trasformarsi in uno spazio liturgico. Il rivestimento della cappella, così come l'altare, sono realizzati in laminato in zinco-titanio zintek®, una lega ecologica ad alta modellabilità prodotta nello stabilimento Zintek di Porto Marghera.
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Zintek ha avuto il piacere di realizzare una video-intervista a Godsell, in cui l'architetto ha parlato del progetto e della sua visione per la chiesa del futuro: un luogo in cui le persone si sentano unite, protette e a loro agio, al di là delle funzioni religiose.
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TESTIMONIANZA
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La tecnologia dell’edilizia industrializzata di Moretti SpA a servizio della relazione tra uomo e infinito
Valentina Moretti Vicepresidente Moretti SpA
“Siamo orgogliosi di aver potuto portare il nostro contributo di esperienza e know-how costruttivo a questo progetto davvero straordinario, in cui trova espressione il tema del rapporto tra l’uomo e l’infinito, all’insegna di una perfetta integrazione tra costruito e spazio naturale circostante. Abbiamo potuto mettere a disposizione le nostre competenze specifiche sia nella prefabbricazione in cemento armato che in legno lamellare, misurandoci con le differenti idee progettuali di due prestigiosi architetti internazionali”. Ad affermarlo è l’arch. Valentina Moretti, Vicepresidente di Moretti SpA, protagonista della “prima” della Santa Sede alla 16esima Mostra Internazionale di Architettura “La Biennale di Venezia” con il padiglione Vatican Chapels. Per l’occasione Moretti SpA è stata infatti incaricata dal curatore, Francesco Dal Co, di costruire le due cappelle progettate da Andrew Berman e Smiljan Radic. Non è la prima volta che Moretti SpA si cimenta sul tema della progettazione e realizzazione di edifici religiosi: dalla chiesa “Cristo Risorto” a Rodengo Saiano e dalla chiesa di “San Lorenzo” di Fossa al santuario della Madonna del Carmine di Snagov. Valentina Moretti manifesta il suo entusiasmo per aver preso parte al progetto Vatican Chapels: “Da sempre amiamo poterci confrontare e misurare con la creatività e il pensiero di architetti con culture diverse e respiro internazionale. Tutte le volte che lo abbiamo fatto è stata una straordinaria occasione di
crescita, soprattutto quando il confronto avviene con architetti di grandissimo valore e visione, come in questo caso. Sperimentare insieme soluzioni tecniche innovative per dare realtà ai loro progetti è un’esperienza che ci arricchisce e ci stimola profondamente”. “Per altro, da progettista, - conclude Valentina Moretti – sto proprio studiando con un collega di Parigi la possibilità di definire una serie di tipologie
architettoniche di spazi sacri da realizzarsi in edilizia industrializzata. Oggi le persone sembrano avere sempre meno tempo per fermarsi a riflettere su ciò che supera il contingente, eppure è un bisogno innato che ritengo sia importante rispettare e, da architetto, sono convinta sia mia responsabilità individuare soluzioni che accolgano e favoriscano questa tensione dell’uomo verso l’eterno.”
Valentina Moretti con Vittorio Moretti e Smiljan Radic
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TESTIMONIANZA
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Arte, fede, memoria dei luoghi storico religiosi Lo spazio rinnovato della fede N
ROBERTO BIANCONI Internazionalizzazione di imprese nei settori Architettura e Design Marketing /Comunicazione / Relazioni pubbliche Organizzazione di eventi nei settori Architettura e Design Giornalista pubblicista Ha pubblicato libri nel settore Marmo/Architettura Vive tra Italia/Verona e diversi paesi come Russia, Cina, India, Turchia Legato a Venezia per motivi professionali / Arte /Architettura SCUOLA GRANDE DI SAN MARCO E LA RUSSIA La Scuola Grande di San Marco, fondata come Scuola dei Battuti nel 1260, con una piccola sala riunioni vicino alla scomparsa chiesa di Santa Croce, nel 1437 era diventata così influente e facoltosa da assumere il nome del patrono della città e da innalzare, adiacente al convento domenicano dei Ss. Giovanni e Paolo, la più imponente delle scuole veneziane. La collega alla Russia un interessante avvenimento che vede protagonista Alvise Lamberti da Montagnana ( Alviz Novij) il quale porta a Mosca alcune scelte architettoniche che aveva viste realizzate a Venezia, frequentando il cantiere della stupefacente facciata della Scuola Grande di San Marco, ove operano tutti i maggiori architetti e scultori del Rinascimento Veneziano. Egli quindi ripropone al Cremlino un’invenzione del’architetto della Scuola Grande di San Marco, Mauro Codussi, collocando delle grandi conchiglie, nei frontoni semicircolari che concludono la campata della Cattedrale di Michele Arcangelo. La Scuola Grande di San Marco ha iniziato da alcuni anni un percorso di riavvicinamento artistico con Mosca e la Russia e proprio nel convegno di giugno molti sono stati i relatori convenuti per consolidare questo ponte culturale.
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egli spazi del Centro Culturale della Scuola Grande di San Marco si è tenuto in occasione della 16^ Biennale di Architettura un primo ciclo di incontri dedicati al rinnovamento dei luoghi storicireligiosi , con presenze di relatori di diversi Paesi. Le due Giornate Studio hanno aperto un discorso più ampio attorno all’informazione e alla proposta sui beni storico-religiosi che da oltre mille anni contrassegnano la vita europea e sulle varie vicende spirituali e secolari che li hanno interessati, offrendo l’occasione per una riflessione sul connubio tra arte, fede e memoria. Riallacciandosi a documenti internazionali, quali il Forum Living Religious Heritage di Roma del 2003, la Dichiarazione di Xi’an del 2005, la Dichiarazione di Quebec del 2008, la Dichiarazione di Kiev del 2010, e ad alcune ricerche in corso, elaborate da comitati scientifici internazionali (UNESCO, ICOMOS, IUCN, ICCROM, PRERICO), gli incontri si sono articolati in tre diverse sezioni tematiche – storico-religiosa, storico-architettonica, storico-culturale – e si sono concentrati attorno ad alcuni interrogativi: possono questi edifici, pensati per le persone religiose, ritrovare un uso diverso? Come
si esprimono questi luoghi quando ritornano a conoscere la loro prima funzione? Quali sono gli orientamenti formali e sostanziali di una loro buona rigenerazione? In tal senso, l’iniziativa si riallaccia al tema Freespace della Biennale Architettura, proponendo una riflessione sul luogo religioso, che dovrebbe rappresentare in sé lo spazio libero per eccellenza. Gli argomenti trattati nelle Giornate si sono rivelati di particolare significato anche per il ruolo storico di ponte tra Oriente ed Occidente europeo della città lagunare. In particolare, l’iniziativa si riallaccia ad un evento che ha avuto luogo nel giugno scorso a Mosca dal titolo La parafrasi della Scuola Grande di San Marco nella Cattedrale di Michele Arcangelo del Cremlino, che ha illustrato il contributo significativo che l’architetto e scultore montagnese Alvise Lamberti apportò alla Cattedrale moscovita dopo l’esperienza fondamentale al cantiere della stupefacente facciata della Scuola Grande di San Marco. L’iniziativa dell’Accademia di San Marco ha accolto inoltre la bellissima mostra dedicata al grande Artista Frà Giovanni daVerona, intarsiatore, miniatore, scul-
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blico lo straordinario patrimonio artistico della Fondazione. Nel sito trovano inoltre spazio eventi promossi dalla Fondazione o dai suoi partner: mostre, concerti, proiezioni, conferenze, incontri formativi, momenti di preghiera.
ALCUNI RELATORI E INTERVENTI
Il prof. Andrea Longhi nel suo intervento ha affrontato alcuni nodi fondativi nella storia dell’architettura religiosa, intesa come esito di vincoli normativi (le“regole”) e di adesione personale elettiva a specifici stili di vita. Ha posto l’accento sul rapporto problematico tra regole, libertà, luoghi, paesaggi e identità attraverso la storia della cultura architettonica, non solo religiosa, con guadagni di senso relativi ai temi, ad esempio, delle relazioni tra persona e comunità, tra silenzio e ascolto, tra confini e soglie, tra recinzione e paesaggio. La questione dell’adesione a una regola condiziona la progettazione, ma anche le dinamiche di patrimonializzazione dell’architettura religiosa, con questioni critiche interessanti nei casi di complessi religiosi dismessi. In conclusione afferma Longhi, vengono posti alcuni temi di ricerca tra storia e progetto, relativi alle questioni delle nuove comunità non solo religiose, alla gestione dello sguardo, ai percorsi decisionali comunitari, alla resilienza rispetto alle trasformazioni funzionali, al rapporto tra norma e pratiche sociali e alla relazione tra identità regolare e spirito dei luoghi.
Da sottolineare l’intervento di Mons. Claudio Giuliodori che ha parlato del recupero dell’ex Monastero nel 8° sec poi divenuto Convento Cistercense nel 12°, del Complesso dell’area di Sant’Ambrogio a Milano, ora sede dell’Università Cattolica. Dal progetto Bramantesco alla soppressione Napoleonica fino all’adattamento ad ospedale militare, per poi dare vita all’attuale progetto affidato all’architetto Giovanni Muzio (1893-1982). Per la parte artistica vi collaborò in modo particolare l’allora giovanissimo Giacomo Manzù (1908-1991).
Padre Andrea Dell’Asta ha presentato il lavoro della Fondazione Culturale San Fedele ponendo l’accento sul ruolo dell’arte contemporanea nel rapporto con la fede ed i luoghi storico religiosi. Il San Fedele di Milano è una realtà della Compagnia di Gesù riconosciuta come spazio aperto di dibattito culturale e artistico, di riflessione sociopolitica, di profonda esperienza spirituale, di pratica della solidarietà e della giustizia. La novità più recente è del 2015, anno di nascita del Museo San Fedele - Itinerari di arte e fede, che mette a disposizione del pub-
tore e architetto attivo tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI. La mostra Tessere la Tua Lode inaugurata il 7 giugno e aperta fin al 30 luglio nella Sala del Portego delle Colonne, espone alcune fra le sue più significative opere di intarsio, arte di cui il monaco benedettino olivetano esprimeva un’eccellenza. Maestro della profondità e della prospettiva, fra’Giovanni trasferì nella lavorazione del legno la sua completa dedizione alla gloria di Dio, affinché ogni suo confratello, nei ritmi propri dell’azione liturgica, e chiunque si fosse lasciato e si lasci oggi avvincere dalla bellezza delle sue opere, potesse fare la stessa esperienza dell’universalità della salvezza cristiana che lui aveva vissuto nella preghiera e nel lavoro (ora et labora). Hanno coadiuvato la mostra due Atelier contemporanei italiani di Grandi artisti legati all’arte sacra, l’Atelier Giuseppe Rivadossi di Brescia e l’Atelier Artep Arte del tappeto di Verona. Anche loro hanno potuto presentare alcuni esempi delle loro opere dedicate a questo tema per tutto il periodo dell’esposizione.
Per il Prof. Giuseppe Dalla Torre, la legislazione eversiva ottocentesca ebbe conseguenze rilevanti in materia di conservazione e tutela dei beni culturali. Perché in parte essi furono dispersi e distrutti, in parte mal conservati per la diversa destinazione data ad immobili di carattere storico ed artistico (si pensi ai tanti conventi trasformati in scuole, caserme, carceri, ospedali ecc.), in parte invece tutelati e posti alla pubblica fruizione secondo una moderna cultura che acquisisce tra i compiti dello Stato anche quello del benessere spirituale, nel più ampio senso della elevazione culturale e morale, dei cittadini . Da questo punto di vista la vicenda delle Fabbricerie è esemplare e proprio in questo caso spesso si è corso il pericolo di una sorta di“estraneazione”culturale. Alexander Kornoukhov Architetto e mosaicista russo ha parlato del suo rapporto con il materiale. La sua arte come forma di trasfigurazione del materiale e soprattutto la necessità di valorizzare anche materiali poveri in architettura senza bisogno, soprattutto nei luoghi storico religiosi di inserire sempre materiali preziosi, ma bensi di impiegare la creatività come talento per valorizzare questi luoghi. Il suo lavoro è tutto concentrato sull’impiego di queste tecniche e sul trasferimento delle stesse ai giovani a sottolineare che il valore sta nel saper trasformare la materia e darle nobiltà, sia nell’arte del mosaico ed anche in architettura. Frate Adalberto Mainardi ha fatto una interessante escursione nei luoghi monastici nella storia di Oriente e Occidente cercando di portare le diverse esperienze in un percorso unico. Ripensare oggi il senso del luogo monastico come orizzonte dell’abitare il mondo, significa mettere a fuoco tre o quattro momenti essenziali, che possono essere caratterizzati con quattro verbi tratti dalla tradizione monastica. Forse, altrettante occasioni per ritrovare se stessi: abitare (dall’habitare secum del solitario alla fondazione dei grandi cenobi); laborare (il rapporto di trasformazione-contemplazione con l’ambiente naturale); vigilare (il rapporto con il tempo); ospitare (la dilatazione dello spazio interiore all’accoglienza del forestiero).
«Arte, fede, memoria dei luoghi storico-religiosi» Scuola Grande di San Marco
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ARCHITETTURA UFFICIO NAZIONALE PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI E L’EDILIZIA DI CULTO DELLA CEI
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I fondi dell’8x1000 della CEI per i beni culturali e la libertà del culto provveduto a emanare nuove Disposizioni e il Consiglio Episcopale Permanente il Regolamento applicativo. In questo modo, utilizzando i fondi dell’8x1000 si cerca di dare risposta alle sempre crescenti necessità nella gestione del patrimonio storico e artistico, per garantire la libertà di culto delle persone e delle comunità, anche in funzione delle attività pastorali oratoriali e caritative e della sua più ampia valorizzazione. Le nuove Disposizioni offrono una visione complessiva e unitaria di tutto il patrimonio ecclesiastico (storico culturale, recente e nuovo, mobiliare e immobiliare). Don Valerio Pennasso direttore dell’ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della CEI Le persone e le comunità vivono a contatto quotidiano con ciò che sta a loro più a cuore: chiese, quadri e statue dei loro Santi, feste e riti quotidiani. Spesso questa ordinarietà dei beni a disposizione e delle tradizioni non è apprezzata con la giusta intensità e consapevolezza. Spesso il patrimonio è vissuto come un peso (la sua conoscenza, la manutenzione delle chiese e degli oggetti d’arte). Quante energie economiche sono necessarie e quante persone si rendono disponibili per mantenere aperto e in ordine ogni cosa. Senza parlare degli archivi e delle biblioteche, beni preziosi mai sufficientemente apprezzati. Quando questi sono messi a rischio (furti o degrado) e minacciati o distrutti (terremoto) il loro valore cresce e la loro precarietà o mancanza sollecita urgenze di vita. Una chiesa crollata o chiusa necessita urgenti e pressanti interventi per ridare luoghi e tempi, per ristabilire comunità e identità non solo religiose ma anche sociali ed economiche. Per questi motivi i vescovi italiani nella loro recente Assemblea (21-24 maggio 2018) hanno
Valutandolo nel suo insieme è più facile considerarne le implicanze e le relazioni specialmente per un suo utilizzo più razionale e nel suo significato originale per il quale è stato costituito. La normativa, ispirandosi alla Laudato Sì di Papa Francesco, cerca di prestare maggiore attenzione al patrimonio immobiliare esistente, anche recente, per rispondere alle diverse necessità prima di prospettare nuove costruzioni. In questo modo si può avviare un vero e proprio Progetto culturale e pastorale a partire dal patrimonio delle parrocchie e delle diocesi. La progettazione parte proprio dalle esigenze della evangelizzazione e delle comunità. Il patrimonio viene così riconosciuto come fattore identitario capace di attivare relazioni anche con comunità diverse (culturali, etniche e religiose). I progetti diocesani permetteranno di programmare gli interventi per un vero investimento anche per i lunghi periodi, attivando così risorse sui territori. Lo sforzo sin qui espresso va anche nella logica di una sempre maggiore trasparenza e rigore nell’utilizzo delle risorse economiche.
Descrizione delle principali novità delle Disposizioni. 1. Le due categorie fondamentali in cui le Disposizioni organizzano il patrimonio sono: i beni artistici e culturali (Art. 1 §1, lett. a) e i luoghi per il culto e le attività pastorali (Art. 1§1 b). Quest’ultima categoria è a sua volta organizzata in a) interventi su edifici esistenti e b) nuova edilizia. 2. L’approccio di fondo al patrimonio si sposta dall’uso delle risorse economiche alle necessità in funzione del servizio prestato alle comunità, anche attraverso la progettazione e la programmazione degli interventi, a partire dal patrimonio disponibile, per una migliore gestione degli investimenti. 3. Il patrimonio viene valutato a partire dalla funzione che svolge nel servizio prestato alle comunità nel provvedere alle esigenze di culto della popolazione (Art. 1 §1) in linea con la legge n. 222 del 1985. 4. Il lavoro integrato fra diversi istituzioni culturali (musei, archivi, biblioteche) e patrimonio diffuso sul territorio diocesano (chiese, rettorie …) è strategico in un’ottica di valorizzazione. Operare in rete anche a livello regionale esprime importanti valori comunionali ed ecclesiali e costituisce una opportunità da potenziare (Art. 3/2). 5. Gli interventi sul patrimonio immobiliare esistente sono previsti nell’unica categoria per tutti gli edifici che hanno più di 20 anni (Art. 3 §6) e il contributo viene calcolato sulla spesa effettiva. Mentre la costruzione di nuovi edifici (Art. 3 §7), segue i parametri riferiti agli abitanti. 6. Per quanto riguarda la tipologia degli interventi viene estesa la possibilità di realizzare lavori di adeguamento in occasione di acquisto (Art. 3 §10) di edifici da adibire a casa canonica e/o locali di ministero pastorale, nei casi in cui non sia possibile o conveniente procedere all’acquisto di aree e alla costruzione di nuovi edifici da destinare a tali scopi sulla base delle tabelle parametriche all’interno di un’unica richiesta.
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ARCHITETTURA UFFICIO NAZIONALE PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI E L’EDILIZIA DI CULTO DELLA CEI
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DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA CONCESSIONE DI CONTRIBUTI FINANZIARI DELLA CEI PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI E L’EDILIZIA DI CULTO
ART. 1 Finalità 1. La Conferenza Episcopale Italiana eroga contributi finanziari alle diocesi italiane al fine di provvedere alle esigenze di culto della popolazione: a) promuovendo la conoscenza, la tutela, la manutenzione, la fruizione, la promozione e la valorizzazione dei beni artistici e culturali ecclesiastici, in conformità con le Norme della CEI promulgate il 14 giugno 1974 e con gli Orientamenti della medesima pubblicati il 9 dicembre 1992; b) assicurando adeguati luoghi per il culto e le attività pastorali alle comunità ecclesiali. 2.L’Assemblea Generale della CEI fissa la ripartizione delle risorse finanziarie tra le diverse categorie di interventi. ART. 2 Destinatari e beneficiari dei contributi 1. I contributi finanziari della CEI per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto sono erogati alle diocesi per interventi a favore di enti ecclesiastici con finalità di religione e di culto soggetti alla giurisdizione dell’ordinario diocesano, quali diocesi, seminari, chiese cattedrali, capitoli, parrocchie, chiese rettorie, santuari, confraternite, a seconda delle tipologie di intervento. 2. Ai fini delle presenti Disposizioni alle diocesi sono assimilate le abbazie e le prelature territoriali; ai Vescovi sono assimilati gli Abati e i Prelati territoriali (cfr. can. 370 CIC). 3. Possono essere erogati contributi anche agli Istituti di vita consacrata e alle Società di vita apostolica, se civilmente riconosciuti, che ne abbiano fatto richiesta mediante gli Ordinari diocesani, limitatamente agli archivi generalizi e provinciali, alle biblioteche di particolare rilevanza.
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ART. 3 Tipologia degli interventi I contributi sono destinati esclusivamente alla realizzazione dei seguenti interventi: 1) inventariazione informatizzata dei beni artistici e storici e censimento informatizzato dei beni immobili; 2) progetti di conservazione, consultazione, promozione e valorizzazione di musei diocesani o di interesse diocesano, archivi diocesani e biblioteche diocesane, promossi da una singola diocesi o in forma associata dalle diocesi di una stessa regione ecclesiastica e di archivi generalizi e provinciali e le biblioteche di particolare rilevanza di proprietà di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica se civilmente riconosciuti; 3) sostegno a iniziative per la valorizzazione degli edifici di culto, dei musei diocesani o di interesse diocesano, degli archivi diocesani e delle biblioteche diocesane, promosse da una singola diocesi o in forma associata dalle diocesi di una stessa regione ecclesiastica mediante volontari associati; 4) installazione e messa a norma di impianti di sicurezza per gli edifici di culto e le loro dotazioni storico-artistiche, nonché per i musei diocesani, gli archivi diocesani e le biblioteche diocesane; 5) restauro di organi a canne di interesse storico-artistico; 6) interventi su edifici esistenti costruiti da più di 20 anni, diversi dalla manutenzione ordinaria, per le seguenti tipologie: edifici di culto e loro pertinenze quali casa canonica e locali di ministero pastorale, anche di proprietà comune a più parrocchie, episcopio (uno per diocesi), uffici di curia, casa per il clero in servizio attivo; 7) costruzione di nuovi edifici: chiesa parrocchiale e/o sussidiaria e relative pertinenze quali
casa canonica, locali di ministero pastorale, anche di proprietà comune a più parrocchie, episcopio, uffici di curia, casa per il clero in servizio attivo; 8) realizzazione di nuove opere d’arte nell’ambito della costruzione di una nuova chiesa e dell’adeguamento liturgico di un edificio di culto già esistente; 9) acquisto in via straordinaria delle aree per la realizzazione degli edifici di cui all’art. 3 n.7, solo nel caso in cui le Amministrazioni comunali competenti non abbiano provveduto alla individuazione di apposite aree e all’assegnazione del titolo di proprietà o del diritto di superficie; 10) acquisto in via straordinaria ed eventuali lavori di edifici da adibire a casa canonica e/o locali di ministero pastorale, anche di proprietà comune a più parrocchie, nei casi in cui non sia possibile o conveniente procedere all’acquisto di aree e alla costruzione di nuovi edifici da destinare a tali scopi; 11) costruzione, acquisto ed eventuale adattamento di edifici da destinarsi a case canoniche per il clero in servizio attivo presso parrocchie che ne siano prive; 12) sostegno a iniziative di livello nazionale aventi ad oggetto i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto. ART. 4 Natura dei contributi 1. I contributi della CEI si configurano come concorso nella spesa, che gli enti beneficiari dell’intervento devono sostenere per i beni culturali di loro proprietà e l’edilizia di culto, a integrazione del sostegno finanziario offerto a tale scopo in primo luogo dalle comunità cristiane ed, eventualmente, anche da amministrazioni pubbliche e da soggetti privati.
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2. I contributi della C.E.I. hanno natura “forfettaria”. 3. Per quanto riguarda l’edilizia di culto sono finanziabili interventi su edifici esistenti o la realizzazione di nuovi edifici che siano formalmente destinati all’esercizio pubblico del culto. 4. La diocesi territorialmente competente è il soggetto destinatario del contributo finanziario e, in quanto tale, è l’unico referente della Conferenza Episcopale Italiana durante ogni fase del procedimento. ART. 5 Assegnazione dei contributi 1. I contributi sono concessi sulla base delle disponibilità finanziarie per ciascuna categoria di intervento, secondo la ripartizione stabilita dall’Assemblea Generale della CEI a norma dell’art. 1/2. 2. L’esame delle istanze, la valutazione complessiva delle opere per le quali si chiede l’intervento della CEI e la proposta dell’ammontare del contributo spettano al Comitato per la valutazione dei progetti riguardanti i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto (d’ora in poi Comitato). 3. Il contributo viene assegnato con formale decreto del Presidente della CEI. 4. I contributi assegnati sono erogati previa presentazione della documentazione tecnico-amministrativa richiesta dall’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto (d’ora in poi Ufficio) e secondo, i modi e i tempi stabiliti nel Regolamento applicativo. ART. 6 Richieste di contributo 1. Le richieste di contributo, predisposte sulla base delle indicazioni dell’Ufficio e complete della documentazione tecnico-amministrativa,
devono pervenire entro i termini fissati per la scadenza, utilizzando le procedure dell’apposito sistema informatico, pena la decadenza.
vento previste all’interno delle voci di cui dall’articolo 3 commi 6, 7, e 11), esclusivamente nei seguenti casi:
2. L’Ufficio assiste le diocesi nella predisposizione delle richieste di contributo e della documentazione richiesta.
a) variante del progetto approvato, solo se previamente autorizzata dal Comitato; b) revoca di fondi già deliberati da enti pubblici o privati; c) eventi calamitosi.
3. Il Vescovo diocesano garantisce, ove prevista mediante formale dichiarazione, la copertura della quota di spesa eccedente la misura del contributo proposto. ART. 7 Modalità di controllo e monitoraggio 1. Il Presidente del Comitato informa la Presidenza della CEI sulle attività svolte nell’anno, avendo particolare riguardo agli aspetti di rigore e trasparenza. 2. Spetta all’Ufficio verificare il puntuale rispetto delle Disposizioni e delle procedure, mediante la richiesta di documentazione alle diocesi destinatarie dei contributi, i sopralluoghi degli incaricati regionali nominati dalle Conferenze Episcopali Regionali. Qualora siano riscontrate inadempienze od omissioni gravi, l’Ufficio ne informa, per il tramite della Segreteria Generale, la Presidenza della CEI. • 3. Nel caso di omissioni ed inadempienze gravi, che abbiano riscontri documentali, la Presidenza della CEI può, sentito il parere del Comitato, disporre la revoca dell’impegno finanziario e obbligare la diocesi destinataria alla restituzione delle rate di contributo già percepite. ART. 8 Contributi integrativi e straordinari 1. Possono essere concessi contributi integrativi, fino al raggiungimento del massimo assegnabile, per progetti già finanziati e non ancora conclusi, che rientrano nelle tipologie di inter-
2. Contributi straordinari potranno essere concessi dalla Presidenza della CEI in particolari situazioni di rilevanza nazionale e sempre all’interno degli interventi di cui all’Art. 3.
ART. 9 Regolamento applicativo Le modalità applicative delle presenti Disposizioni sono stabilite con apposito Regolamento, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente. ART. 10 Consulta Nazionale La Consulta Nazionale è composta da tutti gli incaricati regionali e da eventuali esperti di settore, nominati dalla Presidenza della CEI, su richiesta dell’Ufficio, e svolge funzione di studio e consulenza come previsto nell’apposito Regolamento. ART. 11 Deroghe La Presidenza della CEI può concedere deroghe alle presenti Disposizioni soltanto in casi eccezionali, sentito il Comitato. ART. 12 Interpretazione delle Disposizioni In caso di dubbio, l’interpretazione delle presenti Disposizioni spetta alla Presidenza della CEI, sentito il Consiglio per gli affari giuridici.
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TESTIMONIANZA
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Nuove forme di finanziamento per dare credito al Terzo Settore Banca Prossima, primo operatore nel social lending con la piattaforma terzovalore.com 100 progetti finanziati, 10 milioni di euro raccolti presso i cittadini il cittadino, che sperimenta una forma nuova di sostegno, sia per il nonprofit, che ottiene denaro a condizioni molto migliori di quelle di mercato. L’esperienza di 100 progetti finanziati dimostra che il cittadino - affrancato dal rischio - decide quasi sempre di prestare a tasso zero, massimizzando il vantaggio per l’organizzazione nonprofit e rafforzando il legame comunitario con essa.
Dottor Maurizio Lazzarotto, Responsabile Coordinamento Operativo di Banca Prossima.
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erzovalore.com, la piattaforma web di social lending di Banca Prossima (Gruppo Intesa Sanpaolo), ha finanziato il centesimo progetto raggiungendo così quota 10 milioni di euro prestati dall’avvio nel 2011. La piattaforma di Banca Prossima, banca del gruppo Intesa Sanpaolo specializzata nel Terzo Settore, permette di raccogliere denaro in prestito a tassi straordinariamente favorevoli presso i cittadini per la realizzazione di un progetto, come la trasformazione di un oratorio, la costruzione di una piscina o di un’ala di una scuola.
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Il meccanismo è semplice: Banca Prossima concede il finanziamento consentendo a chi lo riceve di coinvolgere prestatori privati a condizioni molto migliori di quelle di mercato o addirittura a tasso nullo. Accettando di ridurre il prestito, la banca offre al“cittadino banchiere”una garanzia completa sul capitale, così da azzerare il rischio implicito nell’attività convenzionale di crowdlending. Si tratta quindi di una soluzione vincente sia per
“Terzovalore è una soluzione che fa bene a tutti sia sul piano finanziario sia su quello comunitario, cementando la relazione fra un’organizzazione di terzo settore e la società. Questo legame fiduciario è il vero ‘Terzo valore’ dell’economia sociale; noi di Banca Prossima cerchiamo di tenerne conto e di basare sempre più su di esso la concessione del credito. Nel grande cambiamento che attende il welfare italiano sarà questo l’elemento abilitante. Formule di prestito spontaneo esistono, ma l’intervento di Banca Prossima e di Intesa Sanpaolo offre massima tutela, trasparenza e rispetto pieno delle regole vigenti”, ha dichiarato Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima. La 100esima raccolta di finanziamenti ha permesso l’acquisizione di CasaTo, un edificio del quartiere Barca a Torino, da parte della cooperativa Arcobaleno. Con il finanziamento l’immobile sarà acquistato, ristrutturato e destinato ai soci lavoratori secondo i principi del social housing. TERZO VALORE, NUOVE RISORSE PER IL NON PROFIT La piattaforma di social lending di Banca Prossima Terzovalore.com è una piattaforma che consente alle persone fisiche e giuridiche di prestare denaro alle organizzazioni non profit che poi lo restituiranno con un tasso di interesse concordato. Per questi enti si tratta quindi di una nuova forma di finanziamento dei propri progetti, che si aggiunge
alle risorse pubbliche, a quelle offerte dalle banche e alla forma tradizionale della donazione. COME FUNZIONA TERZOVALORE.COM Terzovalore.com è la piattaforma internet dove le organizzazioni non profit possono presentare i propri progetti di utilità sociale e rivolgersi al pubblico per raccogliere, nelle forme del prestito e del dono, le risorse finanziare necessarie alla loro realizzazione. Banca Prossima “rinuncia” in parte alla propria quota di finanziamento a favore delle persone fisiche e giuridiche che intendono prestare o donare direttamente all’organizzazione. A tutela dei prestatori, in caso di necessità, la Banca interviene con meccanismi che assicurano la restituzione del capitale dato a prestito. I RISULTATI DI TERZO VALORE • 100 i progetti pubblicati dall’anno 2011 (93 completati, 2 attualmente in fase di anteprima/raccolta e 6 in valutazione) • la principale area d’intervento è quella socio assistenziale (52%); la modalità di raccolta prevalente è il prestito abbinato al dono, con durata a 10 anni nel 53% dei casi; il 84% dei progetti è di importo superiore a 50.000,00€ • circa 21.000.000€, il valore dei progetti richiesti tramite Terzo Valore • oltre 10 milioni di euro le risorse raccolte, di cui circa 9.100.000€ in forma di prestito, di cui 3.300.000€ raccolti a tasso zero da 858 prestatori quindi senza alcun costo per l’organizzazione promotrice del progetto; il restante importo coperto con l’erogazione di crediti da Banca Prossima. In aggiunta, circa 1.600.000€ in forma di donazione. • 1.614 i prestatori; 294 i donatori • Più di 1.200.000€ gli oneri finanziari (stimati) risparmiati dai clienti Banca Prossima nel corso della durata del prestito • Tasso medio richiesto dai sostenitori: 0,81% cioè basso / in linea con i livelli di mercato
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LE FASI DEL PROCESSO E I COMPITI L’organizzazione non profit proponente: • Propone il progetto a Banca Prossima per le necessarie valutazioni. • Fornisce il materiale per la pubblicazione. • Si attiva per promuovere la raccolta presso i propri sostenitori. • Rendiconta lo stato avanzamento del progetto finanziato. IL SOSTENITORE: • Sulla piattaforma trova i progetti suddivisi per organizzazione, area geografica e ambito dell'intervento e tutte le informazioni necessarie per decidere come e quanto contribuire • Si registra sulla piattaforma • Sceglie il progetto più affine al suo sentire. • Indica la somma che si vuole prestare e a che tasso di interesse (tra zero e il livello massimo indicato dall'organizzazione che presenta il progetto) • Contribuisce tramite bonifico. Banca Prossima: • valuta i requisiti di ammissibilità (inclusi quelli creditizi) e sostenibilità del progetto e dell’organizzazione e in caso positivo delibera le linee di credito previste. • Pubblica il progetto su terzovalore.com e attiva la raccolta. • In base all’importo raccolto su Terzo Valore, definisce l’ammontare da finanziare direttamente (minimo 33% dell’importo necessario). • Eroga il proprio finanziamento e rende disponibili gli importi pervenuti dai sostenitori. • Si fa carico, in nome e per conto dell’organizzazione non profit, degli aspetti legali e fiscali collegati al finanziamento. Si stipula così un contratto tra chi presta e l'organizzazione sostenuta, non cedibile e non rinegoziabile (da 12 a 120 mesi), con rata di rimborso semestrale. Persone fisiche e persone giuridiche possono prestare da un minimo di 500€ a un massimo di 50.000€. Nel caso si voglia ottenere il rimborso anticipato del prestito è possibile farlo decorsi almeno 18 mesi dalla data di perfezionamento del contratto, secondo quanto previsto dal Regolamento. L'organizzazione non profit ha invece la facoltà di estinguere anticipatamente il prestito in qualunque momento. Tutti hanno quindi la possibilità di diventare “banchieri sociali”. Sulla piattaforma si possono anche fare donazioni tradizionali, oppure applicare formule miste, decidendo di contribuire allo stesso progetto sia con il prestito che con il dono.
I VANTAGGI Il beneficio maggiore di Terzo Valore consiste nel fatto di poter raccogliere finanziamenti (PrestoBene) a tassi sensibilmente minori di quelli praticati dalle banche e, in contemporanea, doni che riducono ulteriormente l’importo da prendere a prestito. Questi benefici saranno proporzionali alla capacità dell’organizzazione di raccogliere “consensi/adesioni” dando massima visibilità all’iniziativa prima e dopo la pubblicazione del progetto. • Tassi di interesse più sostenibili: il prestatore potrà decidere di prestare a un tasso compreso tra zero e il tasso massimo deciso dall’organizzazione. Ridurre sensibilmente il costo del denaro preso a prestito può rende l’iniziativa molto più sostenibile finanziariamente. • Opportunità di ridurre l’importo da finanziare (PrestoBene): la partecipazione alla copertura finanziaria dell’operazione può avvenire anche grazie alle somme raccolte attraverso le donazioni. • Semplicità: terzovalore.com gestisce automaticamente tutta l’operatività di incasso e di pagamento. • Semplificazione: Banca Prossima fornisce tutto il supporto e la consulenza per la pubblicazione del progetto e la gestione del finanziamento. • L’organizzazione ha inoltre l’opportunità di far conoscere in modo diffuso le proprie iniziative e di ingaggiare attivamente i propri sostenitori. Le tutele • Vi sono sia criteri di selezione basati su alcune caratteristiche oggettive dell'organizzazione proponente, che criteri di ammissione del progetto stesso: la sostenibilità economica viene valutata con un'istruttoria creditizia, l'utilità sociale invece con un'istruttoria sociale più generale del progetto. Entrambe le istruttorie vengono eseguite da Banca Prossima, a garanzia della sostenibilità dei progetti sociali che accedono al prestito dei sostenitori. • Un'ulteriore tutela per chi presta è il fatto che la banca è la prima a prestare l'importo necessario ai progetti attraverso un suo finanziamento a tassi di mercato (con il minimo di un terzo del valore richiesto). I Sostenitori sono invitati a completare l'ammontare necessario alla realizzazione del progetto (un mix scelto dall'organizzazione non profit tra prestito e dono) entro 30 giorni dall'apertura della raccolta. • L'ultimo, essenziale pezzo dell'equazione è la trasparenza: Terzo Valore chiede ai debitori una rendicontazione aggiornata e completa sullo stato del progetto finanziato, dall'avvio dei lavori al pagamento dell'ultima rata, rendicontazione da presentare sia alla Banca e sia ai Sostenitori che hanno prestato.
Banca Prossima e Terzo Valore Insieme per dare credito al Terzo Settore Banca Prossima è la banca del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicata al nonprofit religioso e laico, unica nel suo genere in Europa. È una banca con caratteristiche uniche: • persone veramente vicine e speciali: oltre 400 professionisti esperti e impegnati direttamente nel sociale; • un modello di rating, che valorizza le peculiarità delle organizzazioni nonprofit aumentando le loro possibilità di accesso al credito e offre un profilo realistico e prospettico dell’organizzazione non profit richiedente: capacità di raccolta fondi, efficienza energetica e organizzativa, appartenenza a reti, radicamento sul territorio; • almeno la metà del profitto di Banca Prossima viene trasferito a un fondo di garanzia che agisce attenuando il rischio delle organizzazioni più deboli ammettendole al credito. Grazie a questo profitto generativo, Banca Prossima ha già finanziato oltre 1.500 organizzazioni nonprofit che, secondo il rating tradizionale, non avrebbero potuto accedere al credito. • una Rete su tutto il territorio: oltre 4.000 filiali del Gruppo Intesa Sanpaolo dove le organizzazioni clienti possono compiere le attività ordinarie e sedi locali Banca Prossima per quelle più complesse; • il Comitato di Solidarietà e Sviluppo, organo di indirizzo strategico dove personalità indipendenti, anche di designazione UE, sono garanti della missione della Banca. Terzo Valore Terzovalore (www.terzovalore.com/) è la piattaforma internet dove le organizzazioni nonprofit, clienti di Banca Prossima, possono presentare i propri progetti di utilità sociale e rivolgersi al «pubblico» per raccogliere le risorse finanziarie necessarie alla loro realizzazione. Banca Prossima rinuncia a parte alla propria quota di finanziamento in favore dell’organizzazione affinché questa possa raccogliere prestiti e donazioni da persone fisiche e giuridiche che condividono la mission del progetto. A tutela dei prestatori, in caso di necessità, la Banca interviene con meccanismi che assicurano la restituzione del capitale dato a prestito. L’organizzazione riduce sensibilmente il costo del denaro preso in prestito rendendo l’iniziativa più sostenibile finanziariamente. Grazie alla piattaforma online l’organizzazione ha, inoltre, l’opportunità di far conoscere in modo diffuso le proprie iniziative e di coinvolgere i propri sostenitori nella scelta del tasso e dell’importo prestato. Sono già 100 i progetti finanziati con TerzoValore.
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ARCHITETTURA CENTRO PARROCCHIALE DI PILA AI PIANI A FRIGENTO (AV)
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ALLA RICERCA DI NUOVE FORME DI CONTRIBUTI Il completamento del centro parrocchiale di Pila ai Piani può rappresentare un’occasione importante per l’intera collettività e non solo per la comunità dei fedeli. Sarà in grado di esprimere potenzialità e diventare occasione per un più generale governo del territorio Il Centro Parrocchiale di nuova realizzazione, con la chiesa, la casa canonica e i locali di ministero pastorali, sorgerà nei pressi delle strade provinciali n.38 e n.167 in località Pila ai Piani nel comune di Frigento (AV), zona rurale ma discretamente urbanizzata ed abitata. L’area d’intervento è situata sul versante sinistro della valle dell’Ufita in contatto visivo con i paesi limitrofi. La posizione geografica, il contesto paesaggi-
stico, la relativa facilità di accesso, la frammentarietà del tessuto edilizio circostante conferiscono al progetto significati inattesi. L’intervento si configura come punto nodale per la comunità locale, costituita dagli abitanti di contrade di tre piccoli paesi confinanti, che conoscono il fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono. Lo stesso organismo edilizio, con il profilo au-
torevole della chiesa e del campanile, che diventa visibile a chi percorre le strade circostanti, è una presenza confortante e diventa principio ordinatore. Abbiamo ascoltato le necessità concrete della chiesa-comunità locale e abbiamo contato sulla sua partecipazione nel progetto sia per la definizione degli spazi sia per il progetto di sviluppo nel tempo dello spazio ecclesiale.
La chiesa vista da sud
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Un sostegno per la comunità è segno concreto di speranza
Mons. Pasquale Cascio Arcivescovo di Sant'Angelo dei Lombardi Conza-Nusco-Bisaccia
Nella primavera del 2010 l'Arcidiocesi di S. Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia (in provincia di Avellino) in accordo con la C.E.I. ha bandito un concorso di progettazione per la realizzazione di un Centro Parrocchiale (chiesa, casa canonica e locali di ministero pastorale) nel Comune di Frigento (AV) in località Pila ai Piani, comune irpino della Valle dell'Ufita, per dotare delle necessarie strutture la nuova parrocchia intitolata a Maria SS.ma Immacolata, eretta per provvedere alle necessità spirituali di quella popolazione lontana dal centro urbano. Il Concorso è stato espletato mediante una procedura ristretta che ha previsto l'iscrizione esclusivamente ai professionisti appartenenti all'Ordine degli Architetti della Provincia di Avellino. Su 19 progetti presentati il progetto vincitore è ri-
sultato quello dello studio "VZL + architetti associati" che si avvalse della collaborazione di Padre Uwe Michael Lang, in veste di liturgista, di Rodolfo Papa, come artista e consulente esperto di arte sacra, e dell'arch. Tania Culotta in qualità di esperta in architettura liturgica, e ancora di un artista locale, Carmine Calò, per l'ideazione delle formelle della "Via Crucis". Nel dicembre 2011 il comune di Frigento ha rilasciato il Permesso di Costruire e nel luglio 2012 è stato concesso il finanziamento da parte della C.E.I., pari a € 1.386.000,00 su un importo del progetto di € 1.847.000,00. I lavori hanno avuto inizio nell'aprile 2013 e sono sospesi da agosto 2015 in attesa di fondi per il completamento. Ad oggi sono completate le strutture, ultimate le finiture esterne della Chiesa, con la posa in opera degli infissi, e in stato avanzato le opere di finiture della casa canonica. Il cantiere del centro parrocchiale in località Pila ai Piani in Frigento si trova alla stato attuale in una situazione di stallo. La difficile congiuntura economica che continua da svariati anni e la particolare situazione del territorio in oggetto hanno reso complicato il reperimento dei fondi necessari per il completamento del centro parrocchiale. È inutile soffermarci sulla crisi economica che attanaglia il paese ed in particolar modo le aree interne del meridione. Queste ormai vengono quasi percepite come un peso dall'opinione pubblica, che non riflette, invece, sulla valenza sociale che queste zone svolgono. Il nuovo centro parrocchiale è situato lontano dal centro urbano,
compatto e ben definito tipico di tanti paesi della nostra penisola, in un'area, una volta rurale, ed ora urbanizzata in maniera caotica e frammentata. Tale frammentazione urbana si riflette in uno sfibramento sociale che ha allentato quelle connessioni personali che un tempo caratterizzavano fortemente queste zone. Durante i lavori di costruzione del centro parrocchiale, la Comunità ecclesiale e gli stessi progettisti, si sono sforzati di attivare i canali abituali per la raccolta fondi corrispondenti alle offerte dei fedeli o alle sponsorizzazioni di varia natura. Nonostante gli sforzi, ci si è resi conto, ben presto, che la comunità ecclesiale, sia a livello parrocchiale che diocesano, non sarebbe riuscita a coprire la somma necessaria per il completamento delle opere, anche per il fatto che sono insorti, nel corso dei lavori, alcuni imprevisti che hanno assorbito ulteriori risorse. Consapevoli che il completamento di questa struttura potrà svolgere, oltre al servizio pastorale, anche la funzione di aggregatore sociale di un territorio che per una serie di ragioni fa fatica a ritrovarsi e che ha bisogno di un segno concreto di speranza, la Chiesa locale non smette di attivarsi in tutti i modi possibili auspicando che, portando al di fuori del contesto locale la conoscenza di quanto finora progettato e realizzato, si possa trovare quell'aiuto, piccolo nella sostanza, ma grande nel significato, che permetta di portare a termine un cantiere dal sapore antico, riflesso di quella divina bellezza che allarga il cuore verso orizzonti eterni.
Centro Parrocchiale di Pila ai Piani, Frigento (AV) Arcidiocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, Conza, Nusco, Bisaccia Progetto e direzione dei lavori: VZL + Architetti Associati - F. Verderosa, R. Lettieri, N. Zarra, C. Fischetti, G. De Gianni Impresa costruttrice: EDILGEO snc Calcestruzzi: CAVIR srl + CALCESTRUZZI srl Coperture: SISTEMA TETTO srl Laterizi: SAN MARCO LATERIZI Infissi: MOGS Servizio fotografico: Rocco Lettieri Modello di studio realizzato in legno
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ARCHITETTURA CENTRO PARROCCHIALE DI PILA AI PIANI A FRIGENTO (AV)
I lavori di costruzione del Centro Parrocchiale, iniziati nell’aprile 2013, sono stati sospesi nell’agosto 2015 per mancanza di fondi per il completamento. Una parte del co-finanziamento concesso dalla Conferenza Episcopale Italiana è stato utilizzato infatti per far fronte ad alcune lavorazioni importanti per la sicurezza dell’opera: è stato indispensabile realizzare una consistente bonifica del terreno di fondazione, un pozzo per l’abbassamento della superficie freatica, un sistema di drenaggio per la regimentazione delle acque. Tali lavorazioni, sopravvenute e imprevedibili al momento dell’inizio dei lavori, sono contemperabili all’interno di un’opera complessa come questa. La realizzazione dei sottoservizi e la configurazione di spazi di raccordo tra aree pubbliche e private, oggetto in un primo momento di promessa di finanziamento comunale, e i sopravvenuti ag-
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giornamenti normativi, in termini di efficientamento e risparmio energetico che hanno comportato l’adeguamento dell’involucro edilizio e il miglioramento degli impianti tecnologici in previsione di una futura gestione sostenibile dell’intero centro parrocchiale, sono stati in parte già eseguiti con fondi della committenza. Ora sussiste la possibilità di ottenere contributi integrativi straordinari, così come prevedono le nuove disposizioni della C.E.I. in favore dell’“edilizia di culto” per progetti non ancora conclusi e l’opportunità concreta di attingere a fondi privati attraverso prestiti e donazioni specifiche. Solo con la cooperazione di tutti i soggetti coinvolti la chiesa di Pila ai Piani potrà essere ultimata e diventare un segno di speranza cristiano e civico.
Planovolumetrico
Federico Verderosa architetto, cofondatore dello studio VZL+ architetti associati. Professore a contratto di Progettazione Urbana e membro del Consiglio Scientifico del Master di II livello “Architettura e progetto per le aree interne - Ri_Costruzione dei piccoli paesi” all’Università di Napoli Federico II. Con VZL+ partecipa a competizioni nazionali e internazionali di architettura risultando vincitore dei concorsi del Borgo di Ischia Ponte, del Centro Parrocchiale a Frigento, della Residenza Universitaria a Perugia, della Piazza S. Michele di Solofra e del Nuovo Auditorium di Isernia (con Pasquale Culotta), dell’Asilo Nido di Torrino Sud a Roma (con Gianfranco Neri). Ha ottenuto il Premio Architettura Sostenibile al PIDA 2008 e una menzione al Premio INARCH 2010. Coordinatore e membro del Consiglio Nazionale Delegati e del Direttivo Esecutivo di ANAB _Associazione Nazionale di Architettura Bioecologica_ fino al 2011, dove ha svolto un intenso lavoro di approfondimento nell’ambito dell’architettura sostenibile coordinando i Quaderni di Architettura Naturale.
chiesa
canonica
I suoi scritti e progetti sono pubblicati nelle riviste di settore quali Area, ANANKE, l’Architettura Naturale, Le Carre Bleu.
Particolare della facciata di ingresso: verso gli ulivi
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Particolare del campanile
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ARCHITETTURA CENTRO PARROCCHIALE DI PILA AI PIANI A FRIGENTO (AV)
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Vista dell’Aula dall’ingresso Schema simbolico dell’illuminazione naturale
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1. Sede 2. Ambone 3.Altare 4. Taberncaolo
1. Altare 2. Tabernacolo 3.Fonte Battesimale 4. Tela: Annunciazione del Signore
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1. Fonte Battesimale
2. Tela: Annunciazione del Signore
schema simbolico dell'illuminazione naturale
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Vista dell’Aula dal presbiterio
Sezione longitudinale sulla sagrestia
Sezione longitudinale sul campanile
Sagrato
Piazza bassa
salone parrocchiale
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aule catechesi
aule catechesi
salone parrocchiale
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Piazza bassa
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ARCHITETTURA
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PROGETTI PILOTA un'esperienza di concorso altamente qualificante Il lotto si sviluppa a margine di una strada“di quartiere” lungo la quale si affaccia l’aggregato urbano circostante. Questo segno urbano, già forte, viene rafforzato dal passaggio parallelo dell’idrovia ferrarese che attraversa la città. La zona retrostante il lotto, connotata da un forte carattere naturale è parte di un sistema ambientale più complesso che emerge come chiaro elemento caratterizzante. L’impianto della Chiesa è stato improntato sui diversi aspetti citati: sarà collocata rivolta verso l’asse stradale principale, rispettando un rapporto di affaccio privilegiato, pur venendo spinta verso il fondo del lotto, allo scopo di creare uno spazio di“relazione
Progetto: Studio BRAU - www.brau.it Marco Battistelli Sergio Roccheggiani Architettura Urbanistica Liturgista: Don Francesco Pierpaoli Artisti: Luca Pignatelli, Ercole Pignatell, Giovanni Manfredini
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l progetto di seguito illustrato ha partecipato alla sesta edizione del concorso per i “Progetti pilota” indetto della CEI, Servizio Nazionale per l’Edilizia di culto, per la Diocesi di Ferrara-Comacchio, Parrocchia di S. Giacomo Apostolo, classificandosi al secondo posto. Per lo Studio BRAU, l’esperienza del concorso è stata comunque positiva e gratificante, questo per l’altissimo livello della organizzazione, per la trasparenza e la chiarezza complessiva, per la serietà e la competenza dei tecnici e delle persone che lo hanno amministrato. Aspetti qualitativi sono stati inoltre la volontà, da parte della Giuria di qualificare tutti i progetti partecipanti, di riconoscere la professionalità dei vari gruppi di lavoro, tanto da prevedere dei rimborsi spese per tutti oltre un premio per i primi tre classificati, la pubblicazione su riviste del settore, la realizzazione di una Mostra al MAXXI di Roma. Il progetto si inserisce in un ambito suburbano, luogo di transizione tra la città e la campagna, in una zona di espansione, destinata a cambiare il suo volto in pochi anni.
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e accoglienza”sul fronte principale. La casa canonica e i locali del ministero pastorale vengono raggruppati in un’unica stecca e collocati parallelamente al corpo di fabbrica dell’asilo, con il quale sono in stretta relazione per distanze, forma e dimensioni. Si è cercato con esso di creare un fabbricato con un fronte strada continuo a quello esistente, mantenendo un equilibrio di altezze e volumi, e sviluppandolo in profondità lungo tutto il lotto, a dividere la parte più sacra da quella di aggregazione e relazione. 1: Planivolumetria 2: Vista generale 3: Spazio per la Via Crucis
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ARCHITETTURA NUOVO COMPLESSO PARROCCHIALE DELLA DIOCESI DI LODI A DRESANO, MILANO
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La Chiesa che raccoglie la comunità
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mpianto e composizione architettonica sono il tema centrale nella costruzione di un edificio simbolico e rappresentativo, testimone di una comunità che si raccoglie su precisi valori e significati. La definizione volumetrica dello spazio, e la composizione delle forme, animano il tema dell’architettura, della luce, delle funzioni, dei rituali, assegnando a ogni parte un ruolo preciso e riconoscibile. L'architettura del tempio deve esprimere il
Prospetto sud: Il Sagrato e il volume dell’aula
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movimento dell'individuo “chiamato”, di questo concentrarsi in uno del molteplice. Per questo la chiesa deve apparire da lontano, “richiamare”, elevarsi e distaccarsi dal contesto, dall'accidentale. La posizione prospettica al termine del lungo sagrato aperto su via Pavia, simbolo del pellegrinaggio verso la salvezza, e la proporzione instaurata tra il basamento dei locali di ministero
pastorale e il tamburo dell'aula liturgica, contribuiscono a conferire all'edificio la necessaria solennità. La grande scultura in bronzo raffigurante la Croce, posta sull'edificio, segna l'ingresso al luogo di culto, suggellandone la sacralità e ponendosi come inequivocabile simbolo della “chiamata” per il venire a raccolta della comunità.
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Gli elementi strutturali incrociati che caratterizzano il pronao
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L'articolazione architettonica del complesso parrocchiale scaturisce dalla composizione di due geometrie, il cerchio, forma pura per eccellenza, su cui si eleva l'edificio ecclesiastico, sede dell' ”Eucarestia celebrata”, ed il volume a pianta rettangolare del corpo basamentale, caratterizzato dal chiostro centrale di tipologia conventuale, lungo il quale sono disposti tutti i locali di ministero pastorale, sede dell' ”Eucaristia vissuta”. Il volume della Chiesa, caratterizzato da una doppia altezza, si pone al centro dell'intera composizione, definendo il lungo sagrato pavimentato in pietra. Il corpo basamentale misura l'intero lotto in direzione est ovest, si sviluppa su un unico livello, ed è caratterizzato da una tessitura di losanghe in calcestruzzo pigmentato all’ossido di ferro che conferisce il caratteristico colore del laterizio, filtrando la luce dall’esterno e cingendo la chiesa in un simbolico abbraccio .
Il volume dell’aula Liturgica segnato dalla Croce in bronzo opera di Nino Longobardi
Il basamento e il volume dell’Aula liturgica: schizzo di studio
I due volumi si intersecano in corrispondenza del sagrato, dando origine ad un adeguato pronao, che accoglie i fedeli in cammino verso il luogo sacro della Celebrazione. L'impianto della Chiesa è costituto da due cerchi concentrici, simbolo dell'abbraccio della Madonna delle Grazie alla comunità. Il cerchio interno accoglie l'aula. La disposizione convergente delle panche verso il presbiterio, oltre ad assecondare la partecipazione dell'assemblea alle azioni liturgiche della Parola e della Eucaristia, assume l'immagine simbolica del costato aperto di Cristo, dal quale sgorgarono Acqua, simbolo del Battesimo, e Sangue, simbolo dell'Eucaristia.
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L'aula è illuminata dalla luce naturale proveniente dal volume circolare esterno, che disegna un deambulatorio che avvolge l'intera assemblea.
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L’ingresso all’aula liturgica segnato dalla Croce in bronzo opera di Nino Longobardi
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L'Aula è fondata su un impianto costituito da due cerchi concentrici. Il cerchio interno accoglie l'Assemblea, definita dalla disposizione convergente delle panche verso il presbiterio. L’Aula Liturgica è illuminata dalla luce naturale proveniente dal volume circolare esterno, che disegna un deambulatorio che avvolge l'intera Assemblea. Questo spazio ospita i luoghi liturgici: presbiterio, custodia eucaristica, fonte battesimale, penitenzieria. La posizione del presbiterio, posto al termine della sequenza prospettica, Sagrato_Porta_Aula_Abside, aggiunge alla centralità dell'impianto circolare un altro fondamentale elemento simbolico: l'assialità dello spazio, che culmina con la grande statua del Crocifisso scolpita da Nino Longobardi.
Il deambulatorio che circonda l’Aula Liturgica
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L’aula liturgica e il Crocifisso opera di Nino Longobardi
L’aula Liturgica vista dal Presbiterio
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ARCHITETTURA NUOVO COMPLESSO PARROCCHIALE DELLA DIOCESI DI LODI A DRESANO, MILANO
Gli elementi strutturali si staccano dal muro perimetrale simulando la presenza di uno spazio anulare, così qui il “vero” anello del deambulatorio cinge l’aula e si eleva ben oltre il profilo lenticolare della sua copertura, facendo apparire il deambulatorio come “scavato” nello spessore del muro perimetrale, producendo spazio, percorso e luce.
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È infatti soprattutto questo tamburo anulare, più alto e con un profilo convergente verso il centro dell’aula che cattura la luce e la fa filtrare all’interno attraverso un nastro di elementi in calcestruzzo armato a “X” che è, a un tempo, diaframma esterno/interno, motivo di connotazione espressiva, texture di connessione tra chiesa e chiostro.
Gli elementi strutturali incrociati che caratterizzano il coronamento del deambulatorio che circonda l’Aula Liturgica: viste interne (sotto) ed esterne (sopra)
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il Crocifisso opera dell’artista Nino Longobardi
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ARCHITETTURA NUOVO COMPLESSO PARROCCHIALE DELLA DIOCESI DI LODI A DRESANO, MILANO
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Questo spazio ospita i luoghi liturgici: presbiterio, custodia eucaristica, fonte battesimale, penitenzieria. La posizione del presbiterio, posto al termine della sequenza prospettica: Sagrato_Porta_Aula_Abside, aggiunge alla centralità dell'impianto circolare un altro fondamentale elemento simbolico: l'assialità, che culmina con la grande statua in bronzo del Crocifisso. Sul lato sinistro dell'aula, in prossimità della porta d'ingresso trova posto il fonte battesimale, a testimoniare la riconciliazione prima della celebrazione del sacramento dell'Eucaristia. Sul lato destro lo spazio accoglie la storica statua lignea della Madonna delle Grazie, la penitenzieria e, adiacente all'abside, la cappella feriale che ospita la Custodia Eucaristica posizionata in maniera da essere visibile dall'assemblea. Le opere d’arte, realizzate da Nino Longobardi, vogliono testimoniare, attraverso la interpretazione che l’artista propone, l’ancillare rapporto che esiste tra l’arte e l’architettura e la futura appartenenza delle opere ai fedeli, alla comunità. L'iconografia classica viene contaminata dal segno dell'artista, che dà significato all'opera, la rende contemporanea, aumentandone il pathos. Le sculture sono realizzate in fusione in bronzo, la croce, ed in alluminio il crocifisso, entrambe con l’antica tecnica a cera persa e con trattamento superficiale a base di resina bicomponente color piombo. Il fonte battesimale, l'altare, l'ambone, la sede sono realizzate in pietra, inserite nella essenzialità delle forme dell’aula liturgica.
architettura: corvino+multari arch. Vincenzo Corvino, arch. Giovanni Multari strutture: studio salvatoni (ing. G. Salvatoni) impianti: ing. Luigi Sgobaro acustica: ing. Gianpiero Majandi direzione dei lavori: arch. Ivan Chiesa / arch. Mino Carella / Claudio Rotta RUP: arch. Roberto Spagliardi opere d’arte: Nino Longobardi impresa realizzatrice: Eco Costruzioni srl fotografie: ©Studio F64 Paolo Cappelli & Maurizio Criscuolo Fotografi Associati, Napoli. cronologia: 2009 concorso 2010 - 2012 progetto 2013 - 2017 realizzazione committente: Conferenza Episcopale Italiana – Diocesi di Lodi – Parrocchia S. Giorgio Martire
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Vincenzo Corvino (1965) e Giovanni Multari (1963) svolgono attività didattica e di ricerca presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Dipartimento di Architettura, Master di II livello in Progettazione di Eccellenza per la città storica. Nel 1995 fondano lo studio corvino + multari con sede a Napoli e uffici a Milano, partecipano a diversi concorsi internazionali a seguito dei quali realizzano edifici per abitazioni, uffici pubblici e privati e riqualificazione di spazi pubblici aperti. Nel 2000 con Piazza dei Bruzi e nel 2003 con la Sede degli Uffici della Azienda Ospedaliera di Cosenza sono segnalati con targa d’argento al Premio Europeo “Luigi Cosenza”, nel 2001 con il Recupero del Quartiere Militare Borbonico a Casagiove sono vincitori della III edizione del Premio Centocittà bandito dalla Compagnia di San Paolo. Nel 2006 e nel 2012 partecipano alla 10ma e alla 13ma Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2013 con il progetto per il “Centro integrato per l’artigianato ed il commercio” a Pompei (Na), si aggiudicano il 2° premio alla nona edizione del Grand Prix Casalgrande Padana, per la tipologia “Centri Commerciali”. Nel 2016 il progetto per Pompei ottiene la Menzione d’Onore nell’ambito dei The Plan Awards, nella categoria “Retail” Nel 2017 con il progetto per il Nuovo Centro Parrocchiale della Diocesi di Lodi a Dresano si aggiudicano il Premio Ceramica e Progetto. Sezione longitudinale e pianta piano terra
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Il complesso Parrocchiale: vista da sud ovest
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ARCHITETTURA NUOVO CENTRO PASTORALE DELLE PARROCCHIE DI CAVERNAGO E MALPAGA (BERGAMO)
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CHIESA, CANONICA, ORATORIO Il Nuovo Complesso Parrocchiale è stato affidato a seguito di concorso ad inviti bandito dalla Parrocchia con il supporto dell’Ufficio beni Culturali della Diocesi di Bergamo su indicazione della Conferenza episcopale Italiana che ha parzialmente finanziato l’opera
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l nuovo complesso è costruito nel cuore di un tessuto urbano due storici castelli nelle immediate vicinanze della città di Bergamo dove le colline lasciano spazio alle grandi distese agricole. Il tema del recinto permette di cucire funzioni molto distinte in un unicum architettonico riconoscibile nel territorio. Edifici massivi, semplici ma forti ed essenziali si presentano distesi ed integrati nel paesaggio. L’asse della nuova chiesa è disposto est ovest ed è parallelo a quello delle due chiese di Malpaga e Cavernago trovando un forte legame che, seppur strettamente concettuale costituisce un importante elemento simbolico per sottolineare l’appartenenza delle tre chiese ad un'unica comunità. Il Progetto rivendica il ruolo dello spazio sacro come luogo di permanenza, un punto di riferimento, solido e
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vero. Per il progettista un luogo sacro non deve temere il tempo. Il lavoro si concentra sulla materia, sull'ossatura e sulla solidità, in contrasto ad un contesto che ci immerge nell'effimero, nel temporaneo, nell'usa e getta, nel riciclabile che alla fine riciclabile non è. Un’unica materia e un unico colore caratterizzano un’architettura essenziale che declina il senso di preziosità e ricchezza nelle differenze delle superfici e della loro diversa reazione alla luce. L'intero complesso è realizzato con cemento armato a vista opportunamente texturizzato, il colore è quello della terra arata asciugata dai raggi del sole. L'obiettivo è stato quello di risolvere con un unico materiale le tre funzioni principali: struttura, isolamento, finitura. Il “carattere” delle murature sia esterne che interne è quello di compattezza ed uniformità. Il riferi-
mento principale è quello della tradizione romanica e gotica nella quale le chiese erano di fatto manufatti edilizi nei quali c’era assoluta continuità di materiale unico, monolitico, in continuità tra interno ed esterno, edifici massivi, semplici ma forti proprio perché essenziali. Nella parete della facciata e dell'ingresso sono stati inglobati“reperti”provenienti dal territorio circostante a richiamare l'origine agricola di questo luogo e inserti in marmo bianchi e neri a sottolineare la presenza delle due parrocchie che si fondono in un’unica chiesa. L'abbraccio" è riferimento che definisce la struttura elementare dello spazio e il ruolo del nuovo centro pastorale, quale luogo di aggregazione, di inclusione, aperto a tutti e coniuga la volontà di apertura e dialogo verso l’esterno con l'esigenza di controllo dello spazio e di restituzione di una scala territoriale.
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ARCHITETTURA NUOVO CENTRO PASTORALE DELLE PARROCCHIE DI CAVERNAGO E MALPAGA (BERGAMO)
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L’Architettura della chiesa si esprime attraverso un linguaggio“contemporaneo”ma individua le ragioni del proprio principio compositivo in riferimenti che si inseriscono in modo chiaro e diretto con la tradizione costruttiva delle chiese campestri del romanico dove l'uso di un’unica materia propone continuità tra interno ed esterno, tra pareti e pavimento. L’elemento caratterizzante l’architettura esterna della Chiesa è rappresentato dall’innalzamento della facciata sud con un volume inclinato che coniuga la necessità di introdurre un segno che identifichi la propria presenza nel territorio e la volontà di lavorare con uno sviluppo prevalentemente orizzontale rinunciando alla presenza del campanile. Un grande occhio aperto verso l’alto e verso ovest che rappresenta un elemento di proiezione simbolica verso il cielo permettendo un abbondante ingresso di luce molto concentrata. Il prospetto nord, è caratterizzato da una leggera inflessione della facciata che indica il portale di ingresso alla chiesa e crea una zona
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ARCHITETTURA NUOVO CENTRO PASTORALE DELLE PARROCCHIE DI CAVERNAGO E MALPAGA (BERGAMO)
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Pavimento, pareti e soffitto, compresi i luoghi liturgici, sono interamente realizzati in calcestruzzo cromatizzato. Gli elementi di arredo sono realizzati in massello di frassino con inserti in ottone trattato con cera microcristallina. Il fondale presbiteriale si apre verso un giardino intercluso. La via Crucis è illuminata dalla grande vetrata quadripartita della facciata. Le stazioni riproducono su una garza retroilluminata la figura del Cristo sovrapposta al tratto di persone comuni.
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porticata di sosta e incontro. Le altre funzioni sono ospitate in volumi molto semplici ed orizzontali con una struttura molto compatta e con poche aperture verso l’esterno ma più aperti e permeabili verso l’interno. Lo spazio interno della chiesa coniuga l’impostazione assiale tradizionale con una spazialità più “centrale”. L’ingresso laterale, annullando effetti di retorica monumentalità, obbliga ad un movimento di rotazione dello sguardo in un crescendo di prospettive e fino al fondale che lascia intravvedere il "chiostro" che caratterizza il fondo visivo del presbiterio. Lo spazio interno è organizzato lungo un ideale spazio ellittico che accompagna i fedeli dal sagrato all’interno della chiesa. L'altare è un parallelepipedo "radicato" direttamente nel terreno. Attorno all’altare è cresciuto il nuovo edificio. La parte emergente è a base quadrata di dimensioni 120x120 ad enfatizzare la sua centralità. Il fonte battesimale si trova in prossimità dell’ingresso ma, grazie ad un avanzamento di quest’ultimo si trova
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ARCHITETTURA NUOVO CENTRO PASTORALE DELLE PARROCCHIE DI CAVERNAGO E MALPAGA (BERGAMO)
in una posizione relativamente baricentrica per favorire la necessaria partecipazione durante la celebrazione di questo sacramento. Se l’altare è radicato nel terreno e il fonte battesimale cerca una relazione tra terra e cielo L’ambone, il luogo della parola è concettualmente e fisicamente relazionato con il cielo, con l'alto, non tocca il suolo ma è sospeso ed è illuminato da un importante lucernario che capta la luce naturale. In sequenza lineare con l’area del battistero è collocata una zona di sedute per i fedeli e lo spazio per il coro e l’organo. L’aula presbiteriale ospita ambone, altare, sede e tabernacolo ed è caratterizzata da uno spazio che si compone di piani orizzontali e verticali. Ogni singolo elemento assume la scala dimensionale dell’intero presbiterio senza perdere la propria autonomia funzionale e liturgica. Il fondale di questo luogo che si solleva da terra di un solo gradino è costituito da una parete che termina a metà altezza lasciando intravvedere al suo retro la presenza della vetrata di tamponamento della chiesa, che conferisce profondità visiva, prospettica e di intensità di luce all’intero presbiterio e apre lo sguardo verso un giardino intercluso che rappresenta un luogo contemplativo. In corrispondenza del fondale è presente una nicchia intagliata direttamente nella parete ad ospitare il tabernacolo. In questo modo si mettono in relazione il corpo e la croce di luce collocata in facciata al termine della via Crucis e non visibile dall’assemblea. La penitenzeria è collocata sul fondo della chiesa nella zona prossima all’ingresso principale, orientata verso ovest ed in posizione defilata rispetto al luogo della celebrazione. Adiacente alla penitenzeria è ricavato uno spazio che ospita una raffigurazione della Madonna che, in asse con l’ingresso, assume il significato della Madre che accoglie e che si congeda dall’Assemblea. In prossimità è stata realizzata la via Crucis. La luce naturale penetra lo spazio in pochi e misurati momenti.
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Committente: Parrocchia di Cavernago e Malpaga don Enrico Mangili Progetto architettonico e direzione artistica: arch. Paolo Belloni, arch. Stefano Rolla-PBEB Architetti. Bergamo Artista: Gianriccardo Piccoli Liturgista: don Giuliano Zanchi Progetto strutture: ing. Gianangelo Bramati Paolo Belloni Laureato al Politecnico di Milano. Dottorando alla ETSAB di Barcellona. Docente al Politecnico di Milano dal 2004 al 2017 in progettazione Architettonica e del Paesaggio. Fondatore dello studio PBeB Architetti.
Fotografie: Filippo Romano, Stefano Rolla, Paolo Belloni Impresa esecutrice: Ars Aedificandi s.p.a. Casseri per calcestruzzo: Doka Italia
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La luce artificiale interviene con diversi livelli di configurazione gestiti da una centralina di comando a sistema che permette di sottolineare in modo corretto le differenziate azioni liturgiche nei vari momenti dell’anno. Grande forza espressiva è attribuita all'illuminazione a soffitto realizzata attraverso fori a con vario diametro che restituiscono una sorta di costellazione che rende particolarmente suggestivo l'intero spazio. Pavimento, pareti e soffitto si susseguono senza soluzione di continuità in una composizione poligonale evidenziata da differenziate modalità di riflesso della luce naturale e artificiale. Alcune porzioni di rivestimento sono trattate con doghe in massello di frassino naturale. Le restanti parti sono dello stesso getto a vista color terra ocra che caratterizza la facciata esterna. Lo spazio interno assume un’atmosfera accogliente e calda. A completare lo spazio architettonico. sono presenti altre opere dell'artista Gianriccardo Piccoli che oltre al Tabernacolo, alla via Crucis e al quadro raffigurante l’immagine mariana ha realizzato anche un'installazione adiacente al fonte battesimale, una parete rasata con intonaco di calce sulla quale con un chiodo potranno essere incisi a graffito i nomi dei bambini che verranno battezzati nella nuova chiesa. Le funzioni principali dell’oratorio si dispongono sul perimetro definendo i due lati est e nord del lotto, lasciando un ampio spazio libero al centro, una corte, un cortile, una piazza, un’aia che possa accogliere con grande flessibilità le attività all’aperto. Le funzioni ludico/ricreative e quelle di catechesi/formazione sono distribuite in due corpi di fabbrica connessi ma relativamente autonomi, messi in relazione reciproca in un unico architettonico. Un ampio porticato protegge il collegamento tra i due corpi di fabbrica. Il Programma è molto semplice, nell’ala est trovano spazio due aule per la catechesi e l’attività dei ragazzi e un’aula più grande in grado di ospitare circa cento persone e che può essere utilizzata per incontri aperti alla comunità, presentazioni, e momenti di riflessione. I servizi igienici e uno spazio polifunzionale all’occasione utilizzabile come cucina per le attività conviviali nel corso dell’anno completano il programma di questo corpo di fabbrica. Il corpo nord ospita invece uno spazio“bar”e di convivialità, altre due aule per incontri e catechesi e i servizi. Nell’area a prato a nord, in adiacenza al preesistente parco pubblico sono state collocate attrezzature per il gioco dei ragazzi e dei bambini realizzando uno spazio a disposizione per i momenti di incontro comunitari che occasionalmente possono coinvolgere alcune centinaia di persone contribuendo in modo significativo alla lettura della nuova struttura come un luogo di identità comunitaria all’interno del tessuto urbano.
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TESTIMONIANZA
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La chiesa di Cavernago: un nuovo centro di aggregazione pastorale - come il Top 50, le Torri di Puntellazione D2 e il Sistema per solai Dokaflex 1-2-4 - in grado di garantire la flessibilità e la modularità necessarie a soddisfare le esigenze progettuali e pratiche.
Ing. MARCO FALCONE Amministratore Delegato e Direttore Generale, Doka Italia La costruzione della Chiesa di Cavernago ha saputo concretizzare un progetto architettonico di forte valenza simbolica e spirituale, oltre che estetica: il nuovo luogo di culto si pone infatti come centro di aggregazione pastorale di due Comunità ecclesiastiche in passato distinte, Cavernago e Malpaga. Seguendo la richiesta di realizzare una geometria architettonica altamente sfaccettata, Doka Italia che ha provveduto alla fornitura delle casseforme per i getti di calcestruzzo faccia a vista - è stata in grado di rispondere a questa esigenza coniugando la capacità di fornire la soluzione progettuale migliore al rispetto del budget fornito dal cliente. L’azienda ha seguito tutte le fasi della realizzazione del progetto, dalla progettazione della struttura provvisionale alla fornitura del materiale di casserratura, fornendo il suo supporto tecnico in ogni fase: un par-tner in grado di fornire un servizio completo ai suoi interlocutori di progetto. Doka ha inoltre messo a disposizione il knowhow del suo team tecnico che ha monitorato i lavori dalle fasi precedenti i getti di calcestruzzo fino alle fasi finali di esecuzione dell’opera, con lo scopo di garantire la migliore realizzazione ed un risultato estetico in linea con i più elevati standard.
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L’azienda si è distinta, pertanto, per la fornitura di materiali provvisionali altamente accessoriati
I prodotti Doka, proprio grazie a queste caratteristiche, sono adatti ad affrontare e risolvere ogni difficoltà presente nella realizzazione di un progetto complesso. Esperienza pluriennale, versatilità di prodotto e di processo e capacità di fornire un servizio ready-to-use altamente personalizzato, accompagnando il cliente in tutte le fasi di realizzazione del progetto: sono questi gli elementi fondamentali che fanno di Doka il partner ideale oltre che il fornitore ottimale di soluzioni di casserratura. Servizio a cura di Manuela Brunetti, Marketing Manager e PR Doka Italia Le immagini si riferiscono alla fase di messa in opera delle casseforme per i getti di calcestruzzo faccia a vista della nuova Chiesa di Cavernago.
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Le Pie Discepole del Divin Maestro sono una Congregazione della Famiglia Paolina fondate il 10 febbraio 1924 dal Beato Giacomo Alberione e sono presenti in 31 nazioni.
La loro missione nella Chiesa è orientata a far conoscere e amare Gesù vivente nell’Eucaristia, nel Sacerdozio e nella Liturgia un’evangelizzazione gioiosa che si fa bellezza.
Provincia Italiana Pie Discepole del Divin Maestro Via Portuense, 739 - 00148 Roma (IT) siti: www.pddm.it - www.pddm.org Casa Generalizia Mancini Martina Sr. M. Paola Direzione LA VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA Via Portuense, 739 - 00148 ROMA - 06.65686124
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TESTIMONIANZA
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La sicurezza nell'oratorio La formazione/informazione che crea consapevolezza poi passati a valutare le necessità di formazione/informazione dei lavoratori e volontari, in particolare di quei ragazzi che in oratorio si occupano di animazione in occasione di grest e campi scuola e ho svolto, insieme ad altri tecnici specializzati in altre materie, corsi di informazione in tema di sicurezza sul lavoro, antincendio, primo soccorso e haccp. In alcuni casi si è anche ravvisata la necessità di nomina di un rspp. Diverse sono le problematiche emerse: Arch. Nicoletta Ferrario Libero Professionista – Titolare a Novara dello “Studio di Architettura T&A – Tecnica e Architettura" Presidente Ordine Architetti PPC di Novara e Vco dall’agosto 2015. Mi occupo prevalentemente di pratiche in ambito di sicurezza e prevenzione infortuni, ricoprendo incarichi di consulenza alle azienda e incarichi di Rspp esterno, nonché incarichi riferiti alla formazione dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro.
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a mia esperienza lavorativa nell’ambito della sicurezza inizia più di 20 anni fa, subito dopo la laurea in architettura conseguita al Politecnico di Torino. Mio padre, imprenditore edile, con molta lungimiranza, mi consigliò di frequentare un corso specifico in materia di sicurezza sul cantiere e lì comincia la mia storia professionale. Nel 2010 Don Gianmario, allora coadiutore dell’oratorio della mia parrocchia, sapendo della specificità del mio lavoro, mi chiede un aiuto per capire come poteva essere gestita la sicurezza in oratorio, in riferimento ai volontari, alle dipendenti e anche alla struttura del fabbricato. Il Don ha coinvolto, in questa“operazione oratorio“, anche altri oratori e loro coadiutori e parroci e nei mesi che sono seguiti ho fatto diversi sopralluoghi sia in provincia di Novara che fuori provincia. Questi sopralluoghi prevedevano: controllo delle strutture (antincendio, conformità degli impianti, attrezzature, ecc...), controllo dell’organizzazione (mansioni dei lavoratori e dei volontari, gestione delle emergenze, ecc...) e controllo della sicurezza alimentare (se in presenza di cucine per preparazione e somministrazione dei pasti). Si è
1) spesso le strutture sono vecchie e sottoposte negli anni a scarsa manutenzione, necessitano spesso di adeguamenti strutturali, antincendio (vie di fuga, mezzi di estinzione, ecc), impiantistici (impianti elettrici, ad esempio, rivisti nel tempo parzialmente e per fasi e quasi mai certificati da un impiantista abilitato); 2) le persone che ruotano attorno alle attività oratoriali e parrocchiali si prestano, con dedizione, a svolgere attività di ogni tipo, spesso senza avere la preparazione tecnica adeguata e spesso senza conoscere i reali rischi legati alle attività svolte;
7) ove sono presenti attività di preparazione e di somministrazione dei pasti spesso non vi sono sistemi di controllo e gestione della sicurezza alimentare (manuali haccp e schede di controllo). In sostanza gli oratori e le parrocchie sono tutto ciò che la norma della sicurezza non contempla. Quando, nella mia attività professionale, vengo chiamata ad incarichi in ambito parrocchiale ed oratoriale cerco innanzitutto di valutare la situazione nella globalità, facendo un’approfondita analisi e valutazione dei rischi, una buona checklist è la base per iniziare a lavorare, proprio come se mi trovassi in un’azienda. Ritengo altrettanto importante la formazione/informazione che crea consapevolezza nello svolgimento delle attività per evitare incidenti ed infortuni, spesso si crede che queste attività non siano pericolose, ma in realtà i fatti hanno spesso smentito questa tesi. Negli ultimi anni, poi, una nuova situazione si è venuta a creare, quella riferita all’inserimento nelle attività oratoriali dei ragazzi in alternanza scuola-lavoro e le scuole chiedono l’applicazione della normativa riferita al Dlgs 81/08 e s.m.i. per le attività svolte dagli studenti.
3) non ci sono quasi mai valutazioni dei rischi legate alle attività svolte e sono tantissime (animatori, catechisti, cuochi, camerieri, addetti alle pulizie, addetti alle manutenzioni, giardinieri, baristi, per citarne solo alcune); 4) spesso non ci sono attrezzature adeguate e anche su queste di frequente manca adeguata manutenzione (spesso sono attrezzature di recupero o donate); 5) quasi mai vengono consegnati i necessari dispositivi di protezione individuale (guanti, scarpe di sicurezza o antiscivolo, ecc); 6) il numero di proprietà ove vengono svolte attività sono moltissime e spesso note per essere destinate ad altro;
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TESTIMONIANZA CHIESA DI S.M.ANNUNZIATA E S.BIAGI A SALA BOLOGNESE (BO)
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Intervento di ripristino con miglioramento antisismico Progetto architettonico: Ing. Aldo Barbieri Arch. Maria Luisa Pischedda Progetto delle strutture: Ing. Aldo Barbieri Ing. Saverio Simonazzi
L
a Pieve della parrocchia di Santa Maria Annunziata e San Biagio, situata a Sala Bolognese, è un chiaro esempio di architettura romanica risalente al 1096, a tre navate e tre absidi, con presbiterio sollevato e sottostante cripta. La Pieve è stata eretta per trasformazione di una chiesa paleocristiana del IV secolo, a sua volta edificata sui resti di un tempio pagano. L’attuale forma della chiesa è il frutto di trasformazioni susseguitesi nei secoli. Nel 1700 furono realizzate le cappelle laterali aprendo bucature nelle pareti portanti delle navate. Nel 1920, ad opera dell’arch. Giuseppe Rivani, tali strutture furono demolite e ripristinata la continuità della muratura. Questi interventi hanno comportato l’alterazione dell’assetto statico del fabbricato da cui sono derivati i fuori piombo delle pareti laterali, manifestatisi poco dopo l’intervento del Rivani ed incrementati, anche di 9 cm, dal sisma 2012.
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La progettazione dell’attuale intervento di ripristino con miglioramento sismico della Pieve è frutto di una lettura globale del fabbricato, basata sulla ricerca storica, sull’analisi architettonica e strutturale, al fine di ottenere la piena valorizzazione del monumento. L’intervento di ripristino e miglioramento è in fase di completamento e prevede la riparazione delle lesioni, il consolidamento delle murature con il recupero della verticalità delle pareti laterali, l’inserimento di presidi sismici quali controventi nei piani di falda delle coperture, l’inserimento di elementi di coronamento in metallo, l’inserimento di catene, tutti elementi tra loro collegati per favorire un comportamento unitario delle pareti così da poter meglio resistere alle sollecitazioni orizzontali da sisma.
Iconografia della chiesa prebana di Sala da rilievo 1923, durante il restauro. (Disegno G. rivani)
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N° 109
PONTIFICIA FONDERIA di CAMPANE
EX MILLENNIO VOX FIDEI
Fondata a Milano nel 1992 da Giuseppe Maria Jonghi Lavarini - Gjlla Giani - S.Em. Francesco Marchisano
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