REVOLUTIONARY MEMETIC - Il contagio delle idee

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REVOLUTIONARY MEMETIC IL CONTAGIO DELLE IDEE

di

Elena Rossella Lana Relatore

Laura Tettamanzi Relatore di progetto

Domenico Quaranta

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE NUOVE TECNOLOGIE DELL’ARTE INTERATTIVE E PERFORMATIVE ANNO ACCADEMICO 2012/2013


INDICE Introduzione

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1. La Memetica come chiave interpretativa

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dell’evoluzione culturale 1.1 Premessa. Che cos’è un meme

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1.2 Sociobiologia ed evoluzione della cultura

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1.3 Il gene egoista

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1.4 I memi e il linguaggio

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1.5 I memi e l’altruismo

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1.6 Conclusione

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2. La trasmissione memetica della cultura

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2.1 Genotipo e fenotipo

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2.2 Evoluzione culturale

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2.3 I meccanismi di insinuazione dei memi

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2.4 Tre tipi di memi

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2.5 Virus: amici o nemici della cultura?

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2.5.1 Virus culturali

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2.5.2 Designer virus

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2.6 La religione: esempio di trasmissione memetica culturale

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2.7 Conclusione

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3. Internet meme, viral e tormentoni

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3.1 Internet meme - Topologie ed effetti

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3.1.1 Meme volontari. Antoine Dodson

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3.1.2 Meme involontari. Sad Keanu

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3.1.3 Meme inaspettati. Techno Viking

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3.1.4 Meme “Viking”

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3.2 Viral video

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3.3 Video meme

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3.3.1 Double Rainbow Guy

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3.3.2 Rebecca Black

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3.3.3 Nyan Cat

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3.4 Viral marketing

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3.4.1 L’origine del Planking secondo Mosaicoon


3.5 Tormentoni: fenomeni musicali e culturali

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3.5.1 Effetti di contagio: il Pulcino Pio

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3.5.2 Anatomia dei tormentoni

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3.5.3 Gangnam style

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3.5.4 Harlem shake

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Conclusioni

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Bibliografia

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Alla mia famiglia


Introduzione All’interno delle forme comunicative esplose con il Web 2.0, il “meme” è l’unità di significato più antica e al tempo stesso più innovativa. Una particella elementare originaria che si trasmette all’infinito, grazie alla infinita massa degli utenti della rete che ne amplificano le potenzialità colonizzatrici. Il “meme Internet” con la sua struttura base semplificata, crea un linguaggio, un’estetica, una qualità che è tipica della Rete. Con la sua velocità di imitazione, mutazione e diffusione è l’elemento chiave della “conversazione ininterrotta” del Web, una sorta di oggetto fatico. (La funzione fàtica secondo Jakobson consiste in quella parte della comunicazione atta al controllo del canale attraverso cui si stabilisce la comunicazione, con espressioni mirate appunto alla verifica del suo funzionamento e la circolazione di contenuto, a prescindere dalla qualità e verità dello stesso). Due sono gli elementi di contesto che stanno alla base dello sviluppo di questa nuovo linguaggio:

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il cambiamento delle condizioni di produzione, distribuzione e consumo del potere simbolico per cui la produzione di contenuti e la narrazione si fanno “pratica di massa”; una percezione più “attiva” dello stato di interconnessione che viene percepito non più come ambiente, ma come pratica: sono in Rete, dunque agisco, produco, diffondo.

Il “meme Internet” dunque è l’oggetto della tesi, e il mio obiettivo, forse un po’ ambizioso, è di provare da un lato a definirne l’ingegneria base e il modello empirico di “meme di successo”. Perchè alcuni memi hanno più successo di altri? Perché su Youtube il video parodia “Obama Gangnam style”, ha ben 15.159.739 visualizzazioni, mentre il video del discorso di Obama, durante le elezioni presidenziali, ne ha solo 9.701.964? Il panorama dei memi appare dominato da contenuti non-sense, la cultura pop domina su tutti.

La domanda che mi pongo è dunque: è possibile utilizzare questo strumento a scopo culturale e politico? Cioè creare ex

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novo memi in grado di “disturbare” la percezione mediata della realtà (quindi l’attività dei media e più in generale delle strutture di potere) e contribuire a costruire una consapevolezza diffusa che porti il soggetto a ridefinire e rinegoziare i rapporti di potere simbolico? È possibile utilizzare tecniche memetiche per combattere una guerra culturale contro l’egemonia della mono cultura neo-capitalista e creare nuove forme di resistenza interconnessa? È possibile inventare una memetica rivoluzionaria?

Nella prima parte della tesi mi concentro sull’aspetto teorico, quindi sulla domanda “cos’è un meme” e “quali sono gli elementi strutturali e le caratteristiche ambientali che determinano il successo o l’insuccesso”. Il concetto di “meme” come “replicatore” e come unità base di trasmissione della cultura è molto antico, e il tema della replicabilità è ricorrente in discipline diverse, dalla filosofia del linguaggio all’antropologia alla sociologia. Alla metà degli anni Settanta però viene letteralmente portato al successo da una serie di opere di biologi che danno vita a una nuova discipli-

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na, la memetica, che in un’ottica neodarwinista stabilisce un collegamento fra modello genetico dell’evoluzione biologica e modelli di trasmissione della cultura. Il concetto meme così è interpretato dalla sociobiologia e dalla memetica è un concetto ponte: l’approccio scientifico e determinista, secondo il quale sono i nostri geni a condizionare le potenzialità “sociali”, al di là della nostra unità di soggetti pensanti (siamo “macchine memetiche”) viene mediato dall’idea di interazione fra geni e cultura. L’apprendimento e l’evoluzione che ne consegue influenzerebbero alla lunga la componente genetica.

Fra le varie teorie che hanno elaborato questi concetti, incrociandosi con altre discipline (la memetica parte da un approccio interdisciplinare) esistono sostanziali differenze sul modo in cui la cultura e lo sviluppo simbolico interagiscono con lo sviluppo genetico. Ma tutti afferiscono alla “teoria dell’eredità duale” per cui l’evoluzione dell’uomo è tale proprio grazie all’intreccio fra componente biologica e simbolica. Ho quindi cercato di utilizzare nella mia analisi i concetti della memetica e in

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particolare i modelli di evoluzione del meme e soprattutto da un punto di vista funzionale, come avviene la sua rapida diffusione, come affascinante base di ricerca. Esiste però un’obiezione fondamentale che riguarda la differenza fra “meme” così com’è inteso dagli scienziati e il “meme Internet”.

Gli studiosi di memetica sono anzi piuttosto decisi nell’escludere i “memi Internet” dalla definizione canonica di meme. Susan Blackmore, autrice de La macchina dei memi” ribadisce l’origine biologica del concetto, da intendersi come “replicante” nell’ambito di un processo evolutivo e sottolinea che “ all’infuori di tale ambiente, al contrario, come su Internet e nell’accezione comune, la parola ‘meme’ è usata in modo erroneo. ‘Meme’ è spesso confuso con ‘idea’ o ‘concetto’ o, ancora, usato come qualcosa d’oscillante tra l’’etereo o il ‘non-materiale’, separato dai comportamenti e dagli oggetti. Nessuno può impedire alla gente comune di usare il termine “meme” con altri significati; in tal modo però si corre il rischio di perdere il reale potere dell’idea originaria, generando molta confusione. Spe-

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ro, quindi, possa essere utile puntualizzare sia le origini della “memetica”.

Sono sostanzialmente d’accordo su questo punto, in quanto il meme Internet è sì un “replicante”, ma la sua natura è sicuramente più densa, complessa e diversificata e spesso contraddittoria. Un meme internet è una citazione di memi, un meccanismo basato su riferimenti, citazioni che si intrecciano e che danno vita a un nucleo esplosivo. E’ una scheggia esplosa, che contiene solo alcune delle potenzialità del nucleo originario e le amplifica attingendo a altri contesti. Nel terzo capitolo, ho lavorato in modo empirico, attraverso la “scomposizione” di una serie di casi di memi e memeplessi di successo.

L’analisi dei memi Internet, da cui emergono, più che una serie di caratteristiche strutturate, varie direzioni interpretative dedica una parte importante all’utilizzo dei sistemi di comunicazione digitale nelle strategie di guerriglia memetica, mutuate sulle tecniche virali del marketing e della pubblicità.

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L’analisi mi ha portato a concludere che il meme è un esercizio metalinguistico collettivo e condiviso. Attraverso il meme la rete e la cultura di massa incrociano i discorsi su se stesse, utilizzando i soggetti-utenti non più passivi recettori di informazione ma produttori a loro volta di contenuti critici, espressi attraverso la chiave dell’ironia o della parodia. Jenkins interpreta questo fenomeno come un allenamento al pensare collettivamente, abilità che poi consentirebbe peculiari sviluppi alle modalità di partecipazione al vivere sociale.

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1. LA MEMETICA COME CHIAVE INTERPRETATIVA DELL’EVOLUZIONE CULTURALE



La memetica come chiave interpretativa dell’evoluzione culturale

1.1 Premessa. che cos’è un meme Partiamo dalla domanda “cos’è un meme”? È possibile definire finalmente, oggi in modo preciso, le caratteristiche e la struttura di un concetto, di un’entità, che nella sua ancor breve vita “accademica” e “letteraria” abbraccia un campo semantico molto vasto? Mimema, nel greco antico “ciò che viene imitato”. Codice, unità base autopropagantesi per imitazione, replicatore. Nell’Oxford dictionary è definito come “An element of a culture or system of behaviour passed from one individual to another by imitation or other non-genetic means. An image, video, piece of text, etc., typically humorous in nature, that is copied and spread rapidly by Internet users, often with slight variations”. Memi sono (citando la voce italiana di Wikipedia) i comportamenti inerenti all’alimentazione e alle distrazioni, la tecnologia; oggetti come le automobili, le tazze, i fermagli, eccetera e le loro modifiche nelle epoche e nelle culture, canzoni o frammenti di canzoni, che non si riesce a smettere di canticchiare o di togliersi dalla

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testa; le barzellette; i proverbi e gli aforismi, le filastrocche e le ninnananna o le canzoncine per bambini; un poema epico; una catena di sant’Antonio (“manda questo messaggio a cinque amici o ti accadrà qualcosa di brutto; tutte le forme di superstizione; le religioni; le ideologie politiche (in particolare i grandi movimenti ideologici come il comunismo, fascismo); i “tormentoni” diffusi dai mass-media; i film come veicoli di trasmissione memetica; i meme Internet.

1. S. Blackmore, The Meme machine, Oxford University Press, 1999.

Come spiega Susan Blackmore, studiosa inglese, che nel 1999 contribuisce alla divulgazione dei temi della memetica con il saggio The meme machine1, “qualsiasi cosa sia copiata da una persona ad un’altra è un meme. Ogni cosa appresa come copia da qualcun altro è un meme; ogni parola nella tua lingua, ogni modo di dire. Ogni storia ascoltata, ogni canzone conosciuta è un meme. Il fatto che si guidi a sinistra o a destra, che si beva Chianti, che si pensi che i pomodori seccati al

2. S. Blackmore. “Evolution of Meme Machines”, Presented at the International Congress on Ontopsychology and Memetics, Milan, May 18-21 2002

sole non siano più buoni, che si indossino jeans o t-shirt per lavorare sono memi. Lo stile di una casa e di una bicicletta, il disegno di una strada nella propria città e il colore dei bus sono tutti memi”2

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La memetica come chiave interpretativa dell’evoluzione culturale

Se l’accezione di meme è chiara, essa si incarna dunque in una quantità d strutture praticamente illimitata, che vanno dagli

3. M. Focault, Dits et Ecrits, tome 1 : 1954-1975, Quarto Gallimard, 1994

oggetti della cultura materiale ai testi, e anche quando si parla di testi ci si riferisce a “testualità” molto diverse: brevi frasi, sentenze, icone, e lunghissime storie, epica e commedia, romance e novel. Elementi della cultura alta e della cultura pop. Comportamenti, credenze, modelli culturali, forme. Fino all’idea del linguaggio e della scrittura come memi e virus (Focault, Qu’estce qu’un auteur? 1969)3. O Roland Barthes, La mort de l’Auteur4. O fino all’idea di individuo come “insieme di memi”. Accanto alla saggistica e alla teoria si possono citare una serie di opere narrative. Il “meme” è ricorrente nella science fiction, basti citare l’esempio “alto” di Snow Crash di Neal Stephenson5 o quello più popolare di The Body Snatchers, di Jack Finney (1955) che ha avuto numerose trasposizioni cinematografiche, la più nota Invasion of the Body Snatchers, di Don Siegel). Parallelamente allo sviluppo dei media elettronici e ai timori per i loro effetti pervasivi nella vita degli individui, la narrativa rielabora temi “memetici” come metafora degli effetti omolo-

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4. R. Barthes, “La mort de l’auteur,” in: Manteia, 1968. Saggio ripubblicato in : Le bruissment de la langue. Essais critiques IV, Editions du Seuil, 1984

5. N. Stephenson, Snow Crash, Bantam Books, 1992 (tr. It. Shake edizioni, 1997)


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ganti della televisione sulle menti. Cos’è un meme dunque? Per una interpretazione più stretta e rigorosa dobbiamo abbandonare il campo dell’immaginario e rifarci alla accezione sociobiologica. Secondo Susan Blackmore: “Il concetto di meme prende origine dalla biologia evolutiva e dalla teoria delle copie e, nell’ambito di questo contesto, esso è correttamente compreso, anche se fortemente dibattuto. All’infuori di tale ambiente, al contrario, come su Internet e nell’accezione comune, la parola meme è usata in modo erroneo. ‘Meme’ è spesso confuso con ‘idea’ o ‘concetto’ o, ancora, usato come qualcosa d’oscillante tra l’’etereo’ o il ‘non-materiale’, separato dai comportamenti e dagli oggetti”.

In questa prima parte della tesi analizzo dunque il concetto attraverso teorie della “memetica”, la disciplina che ha ipotizzato il parallelismo fra i processi di evoluzione genetica e l’evoluzione culturale. Questo sarà il nostro punto di partenza. Prima ancora di costituirsi in teoria accademica, la memetica è una intuizione che attraversa vari campi, e (a partire dagli anni

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Sessanta), e che dagli anni Settanta crea teorie di collegamento fra l’approccio scientifico della biologia e delle neuroscienze con gli studi sull’evoluzione del linguaggio e della cultura. Fra Ottocento e Novecento gli studi di Mendel e la nascita della genetica avevano condotto biologi attivi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti come Bateson6 a una vera e propria ondata di indagine empiriche e di sperimentazioni che condussero all’incontro fra la genetica e la teoria dell’evoluzione. Ma la grande svolta avviene dopo la Seconda Guerra Mondiale, con le grandi scoperte sul DNA: nel 1944 Oswald Theodore Avery, Colin McLeod e Maclyn McCarty dimostrano che è il DNA ad essere la molecola che contiene l’informazione genetica. Nel 1952 l’esperimento di Hershey-Chase fornisce un’ulteriore dimostrazione che il DNA è il vettore dell’informazione genica e nel 1953 viene pubblicato il celebre articolo in cui James Watson e Francis Crick (con l’aiuto di Rosalind Franklin) descrivono la struttura della doppia elica. La prospettiva biologica non basta tuttavia a spiegare la complessità dell’evoluzione: è necessario rompere la dicotomia

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6. G. Bateson, Steps to an Ecology of Mind, Collected Essays in Anthropology, Psychiatry, Evolution, and Epistemology. University Of Chicago Press, 1972


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fra natura e cultura e creare una nuova prospettiva, basata sull’idea che l’elemento genetico debba essere messo in relazione con elementi culturali, i cosiddetti memi, “replicatori” simbolici di competenze. L’apprendimento che consente all’uomo di sopravvivere e di evolversi adattandosi all’ambiente e alle sue trasformazioni è un processo di interazione fra la componente di apprendimento e lo sviluppo biologico e neuronale. Gli studi sull’evoluzione genetica da un lato e il lavoro degli epistemologi che negli anni sessanta si interrogano sui processi di formazione dell’ordine cognitivo (citiamo Donald T. Campbell, il fondatore dell’epistemologia evoluzionista che lavora sull’adattamenti della teoria di Darwin all’evoluzione delle culture7), sono la base per lo sviluppo delle teorie sull’interdipendenza fra natura-cultura. Superata la dicotomia fra approccio scientifico e culturale, nell’immediato secondo dopoguerra 7. C. T. Donald, “Evolutionary Epistemology,” in The philosophy of Karl R. Popper, P. A. Schilpp, LaSalle, IL: Open Court

nasce la sociobiologia, una scienza interdisciplinare collocata a metà strada fra la biologia e la sociologia, fra le scienze della natura e quelle umanistiche.

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1.2 Sociobiologia ed evoluzione della cultura La sociobiologia nasce dall’esigenza di racchiudere l’intero agire sociale entro un unico grande denominatore, che risolve la dicotomia natura-cultura: nel periodo neopositivista era la cultura a fungere da denominatore, con la nuova corrente la matrice è di segno diametralmente opposto: l’agire umano e la socialità sarebbero totalmente riconducibili alla natura. La teoria sociobiologica pura, essendo indipendente dalla biologia umana, non implica di per sé che il comportamento sociale umano sia determinato dai geni. Essa ammette tre possibilità:

• il cervello umano si sarebbe evoluto fino al punto di diventare una macchina per apprendere equipotenziale, interamente governata dalla cultura. La mente, in altri termini, è stata emancipata dai geni.

• Il comportamento sociale umano sarebbe vincolato dai geni, ma che l’intera variabilità genetica nell’ambito della specie

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umana si sia esaurita. Di conseguenza il nostro comportamento è in qualche misura influenzato dai geni, ma tutti possediamo esattamente il medesimo potenziale.

• La specie umana sarebbe in certa misura programmata, pur rivelando alcune differenze genetiche fra individui. Di conseguenza le popolazioni umane serbano la capacità di evolversi ulteriormente nella propria attitudine biologica al comportamento sociale.

La prima definizione “ufficiale” di sociobiologia risale al 1975, ed è contenuta nell’opera dell’entomologo statunitense E.O. Wilson: Sociobiology: The New Synthesis8: “Lo studio sistematico delle basi biologiche di ogni forma di comportamento sociale”.

Wilson spiega che una gran parte della sociobiologia deriva dalla zoologia, e invita gli scettici a non scandalizzarsi se i principi, i metodi e la terminologia applicati negli studi sugli animali 8. E. O. Wilson, Sociobiology: The New Synthesis Harvard University Press, 1975

(topi e mosche), vengono ripresi per le applicazioni sugli esseri umani (sarà fra l’altro proprio lo stretto parallelismo ad attirare

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alla sociobiologia critiche da più aree). Nel 1977 esce Sociobiology and behaviour, di D.P.. Barash9, opera che getta le basi per un vero e proprio neo-darwinismo: si associa la concezione sociobiologica all’etologia e al comportamentismo, al fine di dimostrare che è il livello logico a fungere da asse portante dell’evoluzione della società. D.P. Barash si preoccupa altresì di dettare i postulati su cui fondare tale teoria.

• Gli organismi hanno la tendenza a riprodursi esponenzialmente, in controtendeza con le collettività, che invece tendono a rimanere stabili.

• Le caratteristiche dell’individuo sono classificabili entro due macro-categorie: quella genotipica e quella fenotipica. Fanno capo alla prima le caratteristiche inerenti al corredo genetico; alla seconda quelle direttamente osservabili.

• Gli individui più “adatti” avranno maggiori chances per ripro-

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9. Barash, D.P., Sociobiology and behaviour, di D.P.. Barash , Amsterdam, Elsevier, 1977


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dursi: la selezione non è più legata all’idea di lotta (vedi Darwin), bensì all’idea di adattamento all’ambiente circostante.

• I fenotipi (comportamento, struttura) negativi tenderanno a scomparire col passare delle generazioni.

• Di contro, i fenotipi adatti all’ambiente si trasmetteranno con estrema facilità.

10. Dawkins, Richard, The Selfish Gene. Oxford: Oxford University Press, 1976

Mentre con Darwin e Spencer l’evoluzionismo era applicato soltanto alla biologia, con le nuove teorie il suo impatto viene esteso anche alla sfera del comportamento quotidiano. I temi della sociobiologia e il termine “meme” si affermano e arrivano al grande pubblico alla metà degli anni Settanta, con il successo editoriale de “Il gene egoista” (1976) di Richard Dawkins10 e in seguito, nel 1981, con la ricerca di Marcus Feldman e Luigi Luca Cavalli Sforza, Cultural Transmission and

11. Cavalli Sforza, Luca Feldman, Marcus - Cultural transmission and evolution, Princeton University Press, 1981

Evolution: A Quantitative Approach (11), che elaborano i primi modelli dinamici di coevoluzione gene-cultura.

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Questi studi sono alla base della “dual inheritance theory (DIT)”, conosciuta anche come “gene–culture coevolution” or “biocultural evolution”: il comportamento umano è il risultato dell’interazione fra evoluzione genetica e evoluzione culturale. La cultura è definita come “informazione” e come “social learning”.

Mentre il testo di Dawkins lavora sui meccanismi di analogia, gli sviluppi di Feldman e Cavalli Sforza e gli studi successivi tendono a caratterizzarsi per un approccio matematico-quantistico. Cavalli Sforza e Feldman teorizzando che le unità fondamentali della cultura debbano corrispondere biologicamente a delle reti di neuroni che fungono da nodi della memoria semantica. Genes, Mind and Culture di Charles Lumsden e E.O. Wilson (1981) delinea una serie di modelli matematici su come l’evoluzione genetica potrebbe favorire la selezione di tratti culturali e su come i tratti culturali potrebbero, a loro volta, influenzare la velocità di evoluzione genetica. Wilson in seguito sviluppa il ruolo fondamentale dei memi nell’unificare le scienze naturali e le scienze sociali nel suo libro Consilience: The Unity

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of Knowledge. In un altro testo fondamentale, Culture and the Evolutionary Process, Robert Boyd e Peter Richerson (1985) presentano i modelli matematici impiegati come standard negli studi sull’evoluzione dell’apprendimento sociale in diverse condizioni ambientali, sugli effetti sulla popolazione dell’apprendimento sociale, nell’indagine delle varie forze di selezione all’interno delle regole di apprendimento culturale e sui conflitti tra evoluzione culturale e genetica. In Darwin’s Dangerous Idea: Evolution and the Meanings of Life, il filosofo e logico statunitense Daniel Dennett lavora sul tema di un “algoritmo evolutivo”: se esistono variazione, eredità e selezione, si dovrà poi ottenere evoluzione. Si dovrà ottenere un “design fuori del caos, senza l’aiuto della Mente”. Abbiamo scelto di approfondire il lavoro di Dawkinse di Dennett .

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La memetica come chiave interpretativa dell’evoluzione culturale

1.3 Il gene egoista Noi siamo macchine di sopravvivenza e “noi” non indica soltanto l’uomo ma comprende tutti gli animali, le piante, i batteri e i virus. Il numero totale di queste macchine sulla Terra è difficile da stabilire e persino il numero totale delle specie è sconosciuto.

Dawkins è il primo a definire “meme” l’unità di trasmissione ereditaria della cultura. Ponendo il gene come unità fondamentale di trasmissione del DNA, Dawkins afferma che innanzitutto esso è un replicatore: grazie al gene, o ad un pool genico, alcune caratteristiche vengono tramandate di generazione in generazione, e altre invece si fermano e scompaiono. Dawkins afferma chiaramente che oggi è emerso un nuovo tipo di replicatore, che agisce in modo molto più veloce del vecchio gene, e che è soggetto esattamente come esso a importanti mutamenti evolutivi. Questo nuovo tipo di replicatore agisce nella trasmissione culturale esattamente come il gene agisce in quella genetica. Dawkins lo chiama meme affinchè nel nome stesso

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sia racchiusa l’idea di “imitazione” (da mineme, parola greca che rimanda l’idea di imitazione). Proprio come i geni si propagano di corpo in corpo tramite i meccanismi di riproduzione sessuale, i memi passano di cervello in cervello attraverso un processo che può essere chiamato imitazione. Esempi di memi, secondo Dawkins, sono melodie, frasi, idee, mode.

L’ipotesi di Dawkins ricalca l’approccio della genetica moderna, neodarwinista, all’evoluzione della vita, per ereditarietà, mutazione e selezione del “più adatto”. Per Darwin, la variazione delle creature viventi e la crescita geometrica delle popolazioni, portano ad una lotta per la sopravvivenza in cui gli individui con caratteristiche che permettono loro una possibilità di adattamento maggiore, hanno probabilità di sopravvivenza maggiori. Poichè questi individui probabilmente sopravviveranno, avranno una prole più numerosa. Essa porterà le stesse caratteristiche del genitore che ha subito la variazione, arrivando così ad un aumento degli individui portatori di quelle caratteristiche che permettono una maggiore sopravvivenza a discapito

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La memetica come chiave interpretativa dell’evoluzione culturale

di quegli individui che invece non la posseggono e che saranno destinati all’estinzione. Questa è ciò che Darwin chiamo teoria della selezione naturale. Il gene “egoista”: è tale in quanto agisce nell’interesse della propria sopravvivenza, attraverso un meccanismo di replicazione e diffusione, in cui la mutazione per adattarsi a nuove condizioni determina la sua sopravvivenza e moltiplicazione. I geni sono dei replicatori che “utilizzano” gli esseri viventi per propagarsi e diffondersi nella maniera a loro più utile, utilizzando i veicoli di propagazione a loro più congeniali.

La trasmissione culturale è analoga alla trasmissione genetica in quanto, sebbene sia normalmente di tipo conservativo, può dare forma ad un certo tipo di evoluzione. La caratteristica fondamentale e distintiva dell’uomo è proprio la capacità di imitazione motivata, cioè la possibilità di calcolare i possibili vantaggi che si possono trarre dall’adottare un determinato comportamento in una particolare situazione. In pochissimi altri animali è presente questa capacità (come nel caso di alcuni

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capitolo 1

uccelli che imitano il canto di altri per ingannare la preda), ma anche quando è presente è di tipo diverso, cioè non consapevole nel senso dell’individuo. È questo che rende l’individuo diverso dalle altre specie, ed è per questo che proprio l’uomo è caratterizzato, oltre che dall’evoluzione genetica, da quella memetica. La trasmissione culturale è più veloce della trasmissione genetica, come dimostra non solo l’evoluzione del linguaggio, ma anche “le varie forme dell’abbigliamento e dell’alimentazione, delle cerimonie e dei costumi, dell’arte e dell’architettura, dell’ingegneria e della tecnologia, si sono tutte evolute nei tempi storici in un modo che sembra accelerato dall’evoluzione genetica, ma che in realtà con essa non ha niente a che vedere”.

Come funziona il meme secondo Dawkins? Una volta che si è impiantato nel cervello di un individuo, questo ne viene “parassitato” e inconsciamente si trasforma in un veicolo atto alla propagazione del meme stesso, esattamente come un virus può arrivare a parassitare ed intaccare la cellula ospite. Per spiegare questa teoria Dawkins utilizza il concetto

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dell’idea di Dio. Il valore di sopravvivenza del meme Dio deriverebbe dal grande richiamo psicologico a cui rimanda: esso infatti fornirebbe, nell’idea di Dawkins, una risposta immediata e plausibile ad alcuni problemi dell’esistenza che non possono essere spiegati e che non hanno bisogno di venire spiegati grazie alla fede. Secondo Dawkins ogni volta che si verificano delle condizioni per cui un replicatore può fare copie di se stesso, esso tenderà a prendere il sopravvento ed a iniziare un nuovo tipo di evoluzione. Anche l’evoluzione genetica, che ha portato alla formazione del cervello, ha fornito le condizioni affinchè si formassero i primi memi.

I memi, si replicano tramite un processo di imitazione, anche se non tutti i memi possono replicarsi, anche perchè, esattamente come nel processo di evoluzione genetica, alcuni memi avranno più successo di altri nella riproduzione. Le caratteristiche fondamentali di un meme sono: longevità, fecondità e fedeltà di copiatura. Secondo Dawkins la longevità è quella meno importante fra le tre, mentre la fecondità è la più

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importante: alcuni memi, infatti, possono ottenere un grande successo a breve termine ma durare poco nel tempo. La fedeltà di copiatura, invece, è un caso a sé. È pressochè impossibile che un dato di tipo memetico venga copiato in modo esattamente uguale a quello di partenza, anche in virtù del fatto che, poiché esso verrebbe trasmesso tramite il linguaggio, presupporrebbe un certo grado di rielaborazione linguistica da parte di chi lo ritrasmette. I memi, dice Dawkins, vengono trasmessi in forma alterata. In ogni tipo di concetto che abbiamo nel cervello c’è alla base una sorta di meme-idea che ci permette di comprendere quello di cui stiamo parlando o che stiamo ascoltando, però ognuno di noi lo elabora in modo differente: per esempio tutti sappiamo in che modo le forme di vita si sono evolute, grazie alla teoria darwiniana, però ognuno di noi ne ha un ritratto più o meno fedele nella propria mente. Un meme-idea, dice Dawkins, è un’entità che è capace di essere trasmessa da cervello a cervello: “Il meme della teoria di Darwin è perciò quella base essenziale dell’idea che è comune a tutti i cervelli che capiscono la teoria.

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La memetica come chiave interpretativa dell’evoluzione culturale

Le differenze nel modo in cui la gente rappresenta la teoria non sono allora, per definizione, parte del meme”12 (Dawkins, 1982, 205). Dawkins afferma inoltre, che esattamente come i geni nell’evoluzione genetica, i memi competono tra loro nell’evoluzione linguistica o culturale. La differenza però riguarda il fatto che un meme per riuscire a “impadronirsi” di un cervello, lo deve fare a spese dei memi rivali. Dawkins si spinge più in là affermando che “altre cose per cui i memi competono sono il tempo alla radio e alla televisione, lo spazio sui manifesti, le colonne dei giornali e gli scaffali delle biblioteche” (Dawkins 1982, 206). Dawkins afferma inoltre che è possibile che geni e memi si trovino in opposizione, e per spiegare in che modo prende l’idea del celibato: nel pool genico essa è destinata al fallimento visto che non è ereditata geneticamente, mentre un meme del celibato potrebbe avere successo nel pool memico visto che quel meme viene trasmesso dai preti a giovani che non hanno ancora deciso come vivere la propria vita, attraverso la parola ed il

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12. Dawkins, R, Il fenotipo esteso, Zanichelli, 1982, Bologna


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linguaggio, che è il modo più veloce di propagazione dei memi. Dawkins ci dice che inoltre i complessi di memi evolvono nello stesso modo dei complessi di geni: la selezione favorisce i memi che sfruttano a proprio vantaggio l’ambiente culturale: “questo ambiente culturale consiste di altri memi che vengono a loro volta selezionati. Il pool di memi si trova quindi ad avere gli attributi di una serie evolutivamente stabile che i nuovi memi fanno fatica ad invadere” (Dawkins 1982, 208).

Secondo l’autore i geni e i memi hanno anche un rapporto di mutua dipendenza: i geni hanno fornito alle loro macchine da sopravvivenza dei cervelli capaci di imitare in modo rapido, i quali a loro volta sono in grado di supportare una grande quantità di memi che aumenterà notevolmente fino a che non prenderanno automaticamente il sopravvento. Il nostro cervello è di dimensioni molto maggiori rispetto a quello di qualsiasi altro essere vivente. Il motivo di questo enorme sviluppo è ritenuto essere, dalla maggioranza dei teorici, l’evoluzione per selezione naturale. Lo sviluppo del nostro

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cervello iniziò cinque milioni di anni fa, quando il ramo evolutivo che avrebbe portato ai moderni esseri umani si staccò da quello delle attuali scimmie antropomorfe. Da quel momento fra i primi ominidi nacquero varie specie di Australopiteco, e in seguito il genere Homo, che comprendeva Homo habilis, Homo erectus, e in tempi molto più recenti, Homo sapiens. Probabilmente le dimensioni del cervello iniziarono ad aumentare due milioni e mezzo di anni fa, in concomitanza del passaggio da Australopiteco ad Homo: circa centomila anni fa tutti gli ominidi viventi erano classificabili come Homo sapiens, e avevano un cervello grande all’incirca come il nostro. Diverse teorie sono state enunciate per spiegare la motivazione che ha portato il nostro cervello a diventare di dimensioni così grandi; le più diffuse, tuttavia, sono quelle che mettono l’accento sull’ambiente sociale. Lo psicologo Nicholas Humphrey (1986) ha ipotizzato che gli ominidi avessero avuto un netto miglioramento nel momento in cui avevano iniziato a rapportare il proprio comportamento a quello altrui, per poterlo prevedere. Un’introspezione alla base di quello che Humphrey

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13. Byrne/Whiten, The Machiavellian intelligence hypotheses: Editorial, 1988, Oxford University Press Byrne/Whiten, The Machiavellian intelligence II: Extensions and evaluations, 1997, Oxford University Press

chiama “acume psicologico”, cioè ciò che rende l’essere umano consapevole che anche gli altri hanno una mente. Un’importante versione della teoria sociale è quella dell’intelligenza machiavellica di Byrne e Whiten13. Secondo questa teoria, le interazioni sociali non solo sono complesse, ma anche in continuo mutamento, e pertanto richiedono una rapida elaborazione parallela. Il riferimento a Machiavelli indica che la vita sociale significa soprattutto cercare di vincere, nella lotta per la competizione, anche attuando stratagemmi di furbizia. Per fare ciò occorrono grandi capacità intellettuali che avrebbero determinato l’aumento delle dimensioni del cervello. Negli ultimi anni le teorie sociali hanno avuto molto successo e la ricerca sull’argomento si sta intensificando anche se molti interrogativi sono ancora aperti. La memetica ci offre anche in questo caso una possibile soluzione al problema. Una delle capacità innate dell’uomo è quella dell’imitazione. Supponiamo che il punto di svolta nella nostra storia evolutiva sia stato proprio il momento in cui abbiamo iniziato ad imitarci l’uno con l’altro. In quel momento è entrato in gioco un nuovo rep-

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licatore: il meme. Essi hanno modificato l’ambiente in cui avveniva la selezione dei geni e la direzione del cambiamento è stata determinata dalla selezione memetica. Le pressioni che hanno prodotto il considerevole aumento di dimensioni del cervello sarebbero state quindi innescate dai memi. La Blackmore suggerisce che le attività sociali che sono state individuate da altri teorici come la motivazione principale allo sviluppo enorme del nostro cervello siano in realtà ciò che ha permesso l’acquisizione della capacità imitativa. Nel momento in cui gli uomini hanno iniziato ad imitare, hanno dato il via alla diffusione dei memi. Nel momento in cui poi essi hanno cominciato a copiarsi, allora si è innescata una pressione memetica che ha determinato l’aumento delle dimensioni del nostro cervello. È possibile che nel corso di migliaia di anni i geni siano stati costretti a creare cervelli in grado di diffondere i memi in grande quantità, cioè cervelli via via sempre più grandi. Imitazione è quindi la parola chiave della memetica; si evolveranno maggiormente i memi che sapranno sfruttare al meglio questa capacità.

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Una volta stabilito che l’evoluzione segue i comportamenti egoistici dei geni e dei memi, ci sarebbe da aspettarsi che all’interno di questo quadro l’uomo abbia un ruolo marginale, se non addirittura inesistente. In realtà, però, l’uomo possiede alcune capacità esclusive che lo differenziano dagli altri esseri viventi: la capacità di previsione dei comportamenti propri e altrui e la capacità di comportarsi altruisticamente in modo disinteressato. Questi due attributi hanno importanti conseguenze sull’evoluzione di geni e memi; se essi, come dice Dawkins, sono fondamentalmente egoisti e agiscono esclusivamente al fine di avere un vantaggio a breve termine, l’uomo, al contrario, grazie alla sua capacità di previsione, potrà contrastarli ribellandosi ai “peggiori eccessi di egoismo dei replicatori ciechi” (Dawkins 1982, 210), valutando anche i vantaggi a lungo termine che una determinata azione potrà portargli. Entra qui in campo anche la teoria dell’intenzionalità del filosofo e cognitivista Daniel C. Dennet, che con le sue teorie sulla mente umana e sullo sviluppo della coscienza completa il lavoro di Dawkins.

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Dennett parte dall’idea darwiniana secondo la quale il progetto evoluzionistico può essere visto come un procedimento algoritmico, per cui alla base della costruzione dei complessi sistemi biologici vi è un processo ottuso, meccanico e relativamente semplice. Per Dennett, tutto ciò che a noi oggi appare come un procedimento sofisticato non è altro che una sommatoria di molti banali passaggi e questa spiegazione può in qualche modo valere anche per l’intelligenza della mente umana. Il nocciolo di La mente e le menti14 è l’intentional stance: “L’atteggiamento intenzionale è la strategia per interpretare il comportamento di un’entità (non importa se persona, animale o artefatto) trattandola come se fosse un agente razionale che orienta la propria scelta di azione prendendo in considerazione le proprie credenze e i propri desideri” (p.

38). Questo è l’atteggiamento che noi umani adottiamo, per esempio, l’uno verso l’altro: presumiamo che noi e gli altri siamo agenti razionali le cui azioni sono determinate dai nostri desideri e dalle nostre credenze. L’atteggiamento intenzionale può essere applicato ai sistemi intenzionali che comprendono non solo gli esseri viventi ma

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14. Dennett, D.C., La mente e le menti. Verso una comprensione della coscienza, 1997 Biblioteca Scientifica Sansoni, Milano


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anche artefatti quali i termostati e i computer. L’atteggiamento intenzionale si basa sul presupposto che un sistema intenzionale ha degli obiettivi da raggiungere: esso usa le sue credenze per conseguire i suoi obiettivi ed è abbastanza attento da usare quelle giuste nel modo appropriato. Dennett afferma che adottare l’atteggiamento intenzionale con riferimento ad una più ampia classe di fenomeni, quindi non solo quelli umani, può esserci di aiuto nel far luce, da un lato, sull’evoluzione a partire dall’annebbiata coscienza dei nostri antenati fino alla mente attuale e, dall’altro lato, nel differenziare la nostra mente da quella degli “animali non umani”. È ovvio che negli artefatti l’intenzionalità è “derivata”, cioè è una intenzionalità “prestata” ad essi dai loro creatori. Un termostato misura la temperatura sol perché un ingegnere lo ha progettato a tal fine. Tuttavia, e non è proprio il caso di scandalizzarsi, noi ci troviamo nella stessa situazione: noi siamo degli artefatti di Madre Natura ed essa ci ha prestato l’intenzionalità. Infatti, secondo la visione darwiniana, il processo evolutivo ha creato le nostre menti perché potessimo sopravvivere nell’ambiente circostante,

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il che vuol dire che le nostre menti si riferiscono all’ambiente. “Quale vantaggio potrebbe mai fornirci l’intenzionalità intrinseca (qualunque cosa essa sia) che non ci possa essere ugualmente essere trasmesso in quanto artefatti progettati dall’evoluzione?” (Dennett, 1997, 67).

Non è forse ora di abbandonare l’illusione di essere dotati di una intenzionalità originale “dal punto di vista metafisico” e imboccare una strada più promettente di spiegazioni prendendo atto che “tutta l’intenzionalità di cui godiamo deriva da quella più elementare di miliardi di sistemi intenzionali primitivi” (p. 68).

Sia Dawkins che Dennett sono d’accordo nel considerare i memi come informazioni presenti nella mente, la cui esistenza può influenzare gli eventi in modo che altre copie di loro stessi possano generarsi in altre menti. I lavori di Dennett tuttavia appaiono come un completamento delle ipotesi di Dawkins, apparendo a tratti ancora più estreme. Secondo Dennett, la nostra mente è stata creata dai primi memi invasori e il patrimonio culturale e cognitivo degli esseri umani si identifica con l’in-

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sieme di tutti i memi che noi ospitiamo e contribuiamo a diffondere, rafforzare e replicare con successo. Quindi un buon meme si trasmette tra le persone perchè è un buon replicatore, cioè in virtù di una maggiore probabilità di sopravvivenza o adattamento. Quello che conta nella propagazione di un meme è il suo grado di fitness (cioè il valore di adattabilità), il suo valore riproduttivo e la sua capacità competitiva. Secondo Dennett, però, la sopravvivenza dei memi si identifica con la più adeguata possibilità di vivere e di migliorare la propria esistenza da parte dell’individuo: egli non è quindi guidato da una sorta di impulso incontrollabile che lo porta ad agire contro la sua volontà. I più alti valori e le verità del senso comune in cui generalmente ognuno di noi crede sarebbero il risultato delle infestazioni dei primi memi che hanno invaso i nostri sistemi cerebrali. Quindi noi abbiamo la facoltà di contrastare i memi “cattivi”, anche perchè i memi “buoni” (dalla nostra prospettiva) saranno quelli che probabilmente attecchiranno nel nostro cervello con maggiore intensità e che si riprodurranno con più facilità nella sfera della cultura.

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1.4 I memi e il linguaggio Parlare è un’attività che richiede un grande utilizzo di energia. Le creature viventi devono lavorare sodo per procurarsi l’energia che bruciano, ed un suo uso efficiente è un fattore critico ai fini della sopravvivenza. Tuttavia, noi esseri umani ne sprechiamo gran parte in discorsi che, la maggior parte delle volte, non ci portano vantaggi di alcun tipo. I motivi che ci hanno indotto a diventare creature che parlano così tanto possono essere diversi: se adottiamo una spiegazione di tipo sociobiologico, dobbiamo ammettere che probabilmente la cultura, con l’evoluzione del linguaggio, sia temporaneamente sfuggita al controllo biologico e che il tratto culturale della parola abbia preso il sopravvento. Tuttavia, adottando questo punto di vista non riusciremmo a spiegare come mai, se è vero che l’attività di conversazione richiede un ingente spreco di energia, i geni delle persone più loquaci si siano diffusi più degli altri. In altre parole, con il tempo, l’evoluzione sarebbe stata nuovamente condotta dai geni. In realtà sappiamo che non è andata così, ed

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il motivo è da ricercare nel fatto che spiegazioni basate su un possibile vantaggio genetico non sono sufficienti. La memetica ci offre una possibilità completamente diversa. Se infatti spostiamo il discorso dai geni ai memi possiamo chiederci che vantaggio di tale comportamento porti e la risposta ci appare evidente: parlare diffonde i memi. Essi fanno pressione su di noi portandoci a parlare in continuazione. Poiché parlare è un efficiente sistema di diffusione dei memi, a essere copiati più spesso saranno in genere i memi che possono essere espressi a parole, e poiché questo tipo di memi si diffonderà nel pool memico, tutte le persone tenderanno a parlare moltissimo. Alcuni memi sono naturalmente portati ad essere trasmessi: scandali, notizie terribili, segreti altrui, idee confortanti, sono tutte idee che si prestano ad una diffusione velocissima. La memetica ci offre la possibiltà di rispondere alla domanda sul perchè parliamo tanto: è la semplice conseguenza di un cervello capace di imitare il linguaggio. Geni e memi sono caratterizzati da una sorta di coevoluzione: la facoltà umana del linguag-

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gio ha fornito un vantaggio selettivo ai memi. Essi poi hanno modificato l’ambiente in cui i geni venivano selezionati costringendoli a produrre un apparato sempre più efficiente per la loro propagazione. Esistono alcune qualità basilari che definiscono un meme di successo: Dawkins (1982) individua tre criteri per riconoscere un replicatore di successo che ho già detto essere fedeltà, fecondità, longevità. I geni si classificano come ottimi replicatori in base a tutti e tre i criteri. L’importanza del linguaggio è chiara se pensiamo al fatto che aumenta la fecondità dei memi. La vocalizzazione aumenta la fecondità di un replicatore, favorendo così la sua vittoria nella competizione. In generale, comunque, le persone tenderanno ad imitare i possessori dei migliori memi (del linguaggio migliore), e si accoppieranno con loro. Questi trasmetteranno geneticamente la componente del loro DNA che li rende così particolarmente abili a copiare suoni e così, di generazione in generazione, il cervello diventerà sempre più efficiente nella copiatura. Il linguaggio non è la diretta conseguenza di una necessità biologica, ma deriva dai modi in cui i memi hanno modificato l’ambiente in cui si svolge

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la selezione genetica aumentando le proprie caratteristiche di fedeltà, fecondità e longevità. Una volta innescata l’evoluzione del linguaggio, sia il linguaggio stesso che il cervello continueranno ad evolversi sotto la pressione combinata della selezione memetica e di quella genetica.

La memetica fornisce una soluzione al mistero delle origini del linguaggio umano. Quando gli uomini hanno iniziato ad imitare era già comparso il meme come secondo replicatore. Quando poi essi hanno continuato a copiarsi l’uno con l’altro, i memi di alta qualità sono stati quelli maggiormente copiati. I primi a parlare un linguaggio di tipo articolato e grammaticalmente strutturato non solo copiavano coloro che parlavano meglio all’interno della società, ma si accoppiavano con loro esercitando sui geni pressioni selettive a favore delle produzione di cervelli sempre più efficienti al fine di diffondere i memi. Geni e memi in questo modo sono stati interessati da una coevoluzione per produrre un’unica specie dotata di un grande cervello e di un linguaggio.

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1.5 I memi e l’altruismo L’altruismo è un comportamento che porta un vantaggio ad una creatura diversa da quella che lo mette in atto. Esso implica un impiego di tempo, energie e risorse per il bene di qualcun’altro, che si può esplicitare in diversi modi: offrendogli del cibo, facendo beneficienza, portando coperte a chi vive per strada al freddo. Se è vero che nella selezione naturale ogni essere vivente deve combattere per sopravvivere è difficile spiegare per quale motivo molti fra loro, uomini compresi, si comportino in modo da impiegare ingenti risorse per il bene di un altro. La sociobiologia ha affrontato il problema dell’altruismo collocandolo fuori dal contesto altruista: gli atti di gentilezza e cooperazione possono essere spiegati in funzione del fatto che contribuiscono alla sopravvivenza dei geni egoisti da cui dipendono. La teoria più efficace per comprendere il problema dell’altruismo è quella offerta dalla teoria del gene egoista. Se si pone il replicatore al centro dell’evoluzione e si pensa che essa agisca a vantaggio di alcuni geni e a discapito di altri, allora

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molte forme di altruismo assumono un significato logico. Nel 1955 il biologo J.B.S. Haldane fece notare come un gene che imponesse di tuffarsi in un fiume per salvare un bambino che stava annegando si sarebbe diffuso facilmente se quel bambino fosse stato figlio del portatore di quel gene, ma che poteva diffondersi anche se a beneficiare di quel gesto fosse stato un altro parente. Nel 1964 William Hamilton riprese le ipotesi di Haldane offrendone una trattazione matematica nel suo articolo “The genetical evolution of social behaviour”. In questo articolo egli sviluppò la teoria della selezione per parentela. Sostanzialmente essa afferma che se gli uomini adottano un comportamento altruistico verso i propri consanguinei, esso può diffondersi in una popolazione. Il livello della relazione di parentela tra gli individui coinvolti nell’interazione determina solo quanto, per l’individuo altruista, valga la pena pagare per la possibilità di contribuire alla diffusione del gene. Il parametro importante diventa in questo caso la “fitness totale”, che tratta tutti i modi indiretti in cui un gene può avvantaggiarsi. Un’altra teoria mutuata dalla biologia che ebbe grande successo

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fu quella dell’altruismo reciproco. Secondo Darwin (1871), se un uomo aveva aiutato altri uomini poteva aspettarsi di ricevere a sua volta aiuto. Nel 1971 Robert Trivers ha approfondito questa ipotesi trasformandola nella teoria dell’altruismo reciproco, secondo la quale con molte probabilità la selezione naturale favorisca esseri viventi che intrattengono rapporti di reciproca amicizia. Secondo questa prospettiva i nostri sentimenti altro non sono che gli strumenti che l’evoluzione ci ha dato per spartire le nostre risorse con gli altri esseri umani al fine di assicurare un vantaggio ai nostri geni. Le teorie sociobiologiche spiegano come l’altruismo sia uno stratagemma messo in atto per favorire la proliferazione dei geni egoisti da cui gli organismi dipendono. Tutti i comportamenti altruistici, in ultima istanza, sarebbero sottoprodotti della selezione per parentela e dell’altruismo reciproco. La memetica fornisce un superamento di questa teoria. Con l’aggiunta di un altro replicatore è possibile che alcuni comportamenti facciano l’interesse dei memi stessi e non quello dei geni. Alla base della teoria memetica dell’altruismo c’è il con-

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cetto che se le persone sono altruiste diventano simpatiche e, in quanto maggiormente copiate proprio a causa della loro simpatia, i loro memi (compresi quelli dell’altruismo), si diffonderanno di più e più velocemente di quelli di persone non altrettanto altruiste. Ogni azione altruistica dettata dai memi può però abbassare la fitness genetica di chi la compie. Essa può infatti essere considerata come una sorta di competizione tra memi e geni, anche se una volta che l’imitazione memetica tra altruisti è cominciata, è probabile che i geni non riescano più a fermarla. La struttura del nostro linguaggio esercita un’influenza nel determinare quali saranno i memi a essere trasmessi più velocemente. Per esempio le persone che detengono il potere, quelle percepite come esperti o quelle che hanno autorità sono anche quelle che attraverso il linguaggio vengono maggiormente copiate. Esistono tuttavia anche altri metodi utilizzati dalle persone per convincerne altre a fare qualcosa: i venditori, per esempio, imitano le azioni del potenziale cliente o fingono di avere interessi simili ai suoi, solo affinchè egli sia spronato ad acquistare da una persona che gli “ispira fiducia”.

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Anche comportarsi in modo altruista, come ho già detto, è un canale per diffondere i memi, e la propagazione del meme dell’altruismo contribuisce a diffonderne altri. In questo modo esso rappresenta uno stratagemma con cui i memi possono farsi copiare. Alcuni di essi, però, possono sembrare altruisti anche se non lo sono. Poiché infatti i memi non vivono isolati ma sono memorizzati e sedimentati nei nostri cervelli e poiché noi esseri umani tendiamo a mantenere una certa coerenza nelle idee che ci appartengono, è normale che a seconda della persona in questione faranno presa nel suo cervello memi di tipo diverso. Se per esempio una persona tende ad essere altruista perchè ha una disposizione genetica a comportarsi a quel modo o perchè ha assorbito molti geni altruisti nel corso della sua vita (oppure per entrambe le cose), è più probabile che altri memi dell’altruismo facciano presa su di lei. Se quella persona è abituata a pensare a sé come altruista, tenderà a provare una dissonanza cognitiva ogni volta che si comporterà in modo contrario a ciò che pensa di se stesso. Il bisogno di essere coerenti e di evitare la dissonanza cognitiva rappresenta il contesto

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in cui i memi si raggruppano nei cervelli degli individui. Se una persona si lega ad un particolare complesso memico, altri memi incontreranno difficoltà a trovare spazio nei suoi ragionamenti, nelle sue convinzioni e nei suoi comportamenti. I memi quindi possono fallire o confermarsi sia a causa delle inclinazioni genetiche della persona, sia a causa dei memi che invece sono già presenti nel suo poolmemico. Una volta che l’altruismo guidato dall’impulso memetico è stato innescato, si diffonderà. I memi dell’altruismo faranno presa più facilmente su coloro che sono già stati infettati da memi altruisti e che hanno investito nella creazione di una particolare immagine di sé. La maggior parte degli oppositori al darwinismo e alla sociobiologia considerano gli esseri umani come individui che agiscono in modo autonomo tenendo le redini del proprio destino. La teoria memetica scuote tale concezione profondamente: ogni comportamento è dettato dalla competizione tra i replicatori. I memi sono la forza motrice del nostro comportamento e la nostra mente può essere compresa solo in termini di selezione memetica.

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1.6 Conclusione Secondo Dennett, una persona è “una particolare forma di scimmia infestata con i memi”. Noi tutti raccogliamo innumerevoli memi dal principio alla fine della nostra vita e questi (insieme ai nostri geni e l’ambiente in cui viviamo) ci rendono gli individui unici che in definitiva siamo. Ma non c’è un reale “sé” dentro che vive la nostra vita? Non c’è un reale “me” che prende le mie decisioni e possiede i miei credi? Non c’è un reale “sé” che ha coscienza e libero arbitrio? Direi di no. Il “sè” è giusto una parola intorno alla quale i memi possono ruotare. Tutti i memi beneficiano del fatto che tutti gli umani hanno l’idea falsa del “se stesso”. Per cui questo concetto è proprio un complicato memeplesso, creato da e per gli stessi memeplessi per la loro proiezione e replica.

Come possiamo allora vivere la nostra vita se siamo solo dei “memeplessi”? Alcuni filosofi hanno sostenuto che il solo risultato potrebbe essere o un inutile fatalismo o una terribile

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14. Dawkins, R, Il gene egoista, 1995, Mondadori, Milano

depressione. In realtà è possibile tralasciare l’idea di un sé interiore e vivere semplicemente la vita come un memeplesso. Abbastanza stranamente, non sembra rendere le persone peggiori o più misere, al contrario sembra essere una sorta di liberazione. Dawkins conclude il suo libro “The selfish gene”14 con le parole “noi soli possiamo ribellarci alla tirannia dei replicanti egoisti”. Mi piacerebbe invece sostenere che noi siamo “macchine memetiche”, create solo da e per gli stessi replicanti egoisti: la nostra unica vera libertà proviene dal non ribellarsi alla tirannia dei replicanti egoisti, ma dal realizzare che non c’è nessuno a cui ribellarsi.

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2. LA TRASMISSIONE MEMETICA DELLA CULTURA



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2.1 Genotipo e fenotipo La selezione naturale di tipo genetico è caratterizzata da un certo grado di indeterminatezza nel senso che, durante l’evoluzione genetica, è normale che avvengano delle mutazioni nella fase di copiatura delle informazioni. Il “genotipo” è l’insieme del corredo genetico dell’individuo, la parte non direttamente osservabile in quanto racchiusa nei geni. La varietà genetica, tuttavia, non è quella su cui agisce la selezione naturale. Essa agisce sulla parte realmente esistente, il “fenotipo”, la costituzione di un individuo, che è il risultato del suo sviluppo in un determinato ambiente. Esso è il risultato dei geni e dell’ambiente che interagiscono tra loro in modo da avere l’uno degli effetti sull’altro. La selezione naturale agisce sul fenotipo e non direttamente sui geni, che sono influenzabili nei limiti in cui sono presenti nel fenotipo anche perchè oggi la cultura influenza molti aspetti dell’ambiente. Il fenotipo è la somma della natura e della cultura. Nell’evoluzione culturale le idee, riproducendosi, entrano a far parte del nostro corredo fenotipico.

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2.2 Evoluzione culturale La cultura può essere considerata un meccanismo di adattamento all’ambiente molto efficiente. L’uomo, infatti, ha conosciuto un’evoluzione molto più rapida rispetto agli altri organismi viventi proprio perchè ha sviluppato la cultura molto più di tutti gli altri animali. L’adattamento ambientale per via genetica è infatti molto lento poiché è necessario attendere diverse generazioni per poter osservare dei cambiamenti. L’evoluzione culturale e quella genetica, pur avendo una struttura comune, differiscono profondamente per alcuni aspetti. La trasmissione genetica, innanzitutto, è stabile nel tempo e nello spazio. La forza che spinge al cambiamento, la forza diversificatrice, è molto rara. Pur mantenendo un’alta variabilità, essa è perfettamente conservatrice. La trasmissione culturale, invece, può essere altamente conservatrice, ma nello stesso tempo può permettere variazioni rapidissime. Inoltre, esistono azioni come il linguaggio e i rituali che mantengono i membri della società in contatto reciproco

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rendendo piuttosto omogenei i comportamenti individuali. Per questo motivo è più probabile che si crei variazione culturale tra società diverse piuttosto che all’interno della stessa: la variazione intragruppo è più rara di quella extragruppo. I meccanismi di trasmissione della cultura possono funzionare tutti insieme: trasmissione verticale e orizzontale si incontrano. La trasmissione verticale è quella la cui più immediata forma è quella della trasmissione da genitori a figli. Essa ha tendenza ad essere conservativa e provoca risultati simili a quella genetica in quanto affinchè la cultura venga trasmessa da padre a figlio occorrono comunque molti anni. Essa coinvolge quasi sempre persone portatrici dello stesso pool genetico e per questo motivo è difficile distinguerla da quella genetica. Un esempio di trasmissione verticale riguarda l’apprendimento e l’uso del linguaggio. Esiste una fase critica di insegnamento che riguarda i primi anni di età in cui, se non viene insegnato correttamente il linguaggio al bambino, esso non potrà mai essere imparato in modo perfetto. Inoltre esiste un altro periodo intorno alla pubertà in cui è più facile apprendere lingue straniere.

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La trasmissione verticale riguarda la fase di socializzazione primaria dell’individuo. Religione e valori morali sono appresi dalla famiglia e dai genitori in particolare. La trasmissione orizzontale invece presenta un tipo di diffusione simile a quello delle malattie infettive che si trasmettono per contagio diretto. La sua caratteristica principale è che può avvenire in uno spazio di tempo brevissimo. Esistono vari tipi di trasmissione orizzontale in base al numero dei partecipanti all’interazione. La prima, quella da uno a uno, è la forma più comune: tipica dei pettegolezzi o delle barzellette. La seconda, quella da uno a molti, è anch’essa comune, e riguarda la posizione sociale del trasmettitore: se egli gode di prestigio sociale e ha la possibilità di essere ascoltato da un numero ingente di persone, può essere in grado di influenzarle contemporaneamente. I media sono l’esempio più diffuso di trasmissione verticale da uno a molti. Nella trasmissione orizzontale da uno a molti si possono generare cambiamenti di gusto, di opinione, si possono sollevare le folle. Con la diffusione delle comunicazioni di massa si sono

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azzerati i tempi di trasmissione, ed un messaggio può colpire migliaia di persone nello stesso momento. Il terzo tipo di trasmissione è quello da molti a uno, e avviene quando i trasmettitori comunicano tutti lo stesso tipo di messaggio: è il meccanismo con cui la società ci spinge ad avere tutti un comportamento più o meno standardizzato. Tipiche della trasmissione orizzontale sono le mode. Senso di appartenenza, senso di identità ed inadeguatezza possono spingere le persone a seguire una moda. Diversi studi hanno dimostrato che è possibile che un messaggio debba essere ripetuto più volte affinchè venga accettato, per questo motivo alcuni tipi di pubblicità, ad esempio, vengono trasmessi moltissime volte al giorno. Il contenuto del messaggio deve essere persuasivo e deve colpire il maggior numero di persone. Una volta che esso si è sufficientemente diffuso, si innescherà un’epidemia di idee grazie alla diffusione dei memi riguardanti quel messaggio.

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2.3 I meccanismi di insinuazione dei memi I memi penetrano nelle nostre menti diventando parte integrante della programmazione mentale e influenzando le nostre vite. Il contagio derivante da nuovi memi può avvenire con diverse modalità:

Condizionamento: parola chiave è la ripetizione, e costituisce il metodo più efficace per diffondere i memi che non riguardano pulsanti istintuali fondamentali. Tramite la ripetizione acquisiamo nuovi memi che rinforzano se stessi. Il condizionamento operante è una tecnica utilizzata per sviluppare memi attraverso un meccanismo di ricompensa in seguito ad un dato comportamento. Un esempio tipico può essere l’attribuzione di voti agli studenti da parte degli insegnanti.

Dissonanza cognitiva: si tratta di una tecnica che consiste nel creare una pressione mentale per poi allentarla. Un venditore potrebbe usarla per indurre il cliente ad acquistare un prodot-

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to. Un cliente che entri in un negozio e venga colpito dalla dissonanza creata dal commesso, potrà risolvere il senso di disagio solamente comprando o scappando. Le due soluzioni rimandano alla creazione di un nuovo meme, che è stato in realtà quello che ci ha guidato nella scelta, a seconda che abbiano prevalso le nostre idee oppure quelle del venditore. Se decidiamo di comprare, allora il meme del venditore ci ha contagiato, e nel momento in cui lo stesso se ne accorgerà tenderà a rinforzarlo. La forza della tecnica della dissonanza cognitiva sta nel fatto che le persone credono di avere ricevuto qualcosa di prezioso e di conseguenza provano un sentimento di appagamento, anche se in realtà è solo la pressione che è stata allentata.

I cavalli di Troia: questa tecnica consiste nel far focalizzare l’attenzione della persona su un meme per poi far entrare nella sua mente un pacchetto di altri memi di nascosto. Questo tipo di tecnica può basarsi sui pulsanti istintuali per ottenere l’attenzione e poi infiltrarsi in un’altra zona. Il sesso, per esempio, è uno dei cavalli di Troia più usati, e infatti nelle pubblicità è sempre

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presente e ci condiziona con i pacchetti di memi che introduce “abusivamente” nel nostro cervello.

Ancoraggio: è una tecnica che consiste nell’associare idee, suoni o sensazioni ad un’idea che è a loro sconnessa. Per esempio associare un prodotto a sentimenti positivi e un altro (quello concorrente) a sentimenti negativi. Tramite la ripetizione, se la tecnica è riuscita, il prodotto A venderà più del prodotto B.

2.4 Tre tipi di memi Richard Brodie, collaboratore di Bill Gates durante gli anni dell’ascesa di Microsoft ed autore del programma Words, è oggi uno dei maggiori studiosi di memetica in particolare applicata al marketing. Secondo Brodie esistono differenti tipi di memi, ognuno dei quali opera per programmarci in modalità particolari, in particolare i memi-distinzione, i memi-strategia e i memiassociazione.

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Memi-distinzione: sono quei concetti che ci permettono di dare il nome alle cose. Ci permettono di organizzare il mondo attraverso le categorizzazioni e l’etichettaggio delle cose. Tutti siamo programmati con il meme distinzione della Coca-cola, che ci permette di riconoscere la lattina in un batter d’occhio, grazie al colore rosso con una striscia bianca. Ogni volta che vediamo una lattina di quel tipo il nostro meme-distinzione su quella marca si attiva. Per questo motivo il logo della Coca-cola negli anni è diventato sempre più grande e sempre più riconoscibile, ed è per lo stesso motivo che i distributori automatici di bevande lo portano sul davanti. Quanto più un meme-distinzione è attivo nelle nostre menti, tanto più vuol dire che chi l’ha creato ha fatto un buon lavoro.

Memi-strategia: sono quelli che ci indicano come agire quando ci troviamo in una determinata situazione al fine di ottenere i risultati desiderati. Un ottimo esempio di meme-strategia è quello riguardante il semaforo: quando è rosso il nostro meme-strategia ci dice che dobbiamo fermarci, aspettare che

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15. Brodie, R, Virus della Mente, 2000, Ecomind Publication

scatti il verde ed alla fine ripartire. Tutti i memi-strategia, secondo Brodie, sono “un’approssimazione basata sull’idea che se vi comportate in un certo modo otterrete un certo effetto sul mondo”15. Le strategie sono delle credenze riguardanti delle possibili catene di causa-effetto il cui risultato sarà quello di trasmettere i memi-strategia ad un’altra mente.

Memi-associazione: sono quelli che collegano due o più memi nella nostra mente. Se sentiamo un odore che ci ricorda un particolare luogo o una situazione senza che ce ne rendiamo conto, vuol dire che si è attivato un meme-associazione. Gli individui possiedono certe predisposizioni riguardanti i diversi memi-associazione. Queste predisposizioni sono memi che si associano l’uno all’altro in modo tale che quando siamo di fronte a uno di essi ci troviamo automaticamente di fronte anche all’altro. Il sesso è forse il più utilizzato tra i memi-associazione: persino le bottiglie dell’acqua vengono fatte con una forma che ricorda il corpo sinuoso e curvilineo di una donna formosa. I nostri comportamenti vengono influenzati dalla programmazione con i

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memi-associazione: una sorta di condizionamento pavloviano. È infatti come se al suono di una campanella si accendessero delle lampadine nella nostra mente che ci inducono ad un certo tipo di comportamento. I pubblicitari utilizzano largamente la strategia dei memi-associazione. “Le associazioni sono connessioni tra memi. Quando siete programmati con un meme associativo, la presenza di una cosa innesca un pensiero, un’emozione intorno a qualcos’altro. Ciò causa un cambiamento nel vostro comportamento che può, alla fine, trasmettere il meme ad un’altra mente” (Brodie, R, 2000, 49).

In quanto individui siamo grandemente influenzati dai memi con i quali siamo stati cresciuti: la profezia che si autoavvera ne è un esempio. Se un bambino cresce con la consapevolezza, trasmessagli dai genitori, di poter diventare qualsiasi cosa voglia in futuro, probabilmente diventerà una persona di successo. Al contrario, un bambino cresciuto in un ambiente degradato da genitori che non l’hanno spinto ad imparare per migliorarsi, probabilmente nella vita non avrà successo. In altre parole, nel primo caso il bambino è stato programmato con i memi del

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successo, e quindi si tratterà solo di attendere che si manifestino, mentre nel secondo caso, il bambino non ha nel suo pool memetico una tale programmazione, quindi sarà più portato al fallimento. I memi-distinzione con cui siamo stati programmati ci influenzano in ogni momento della nostra vita: essi controllano il tipo di informazioni che percepiamo. Assorbiamo solo una modestissima parte delle informazione con cui veniamo a contatto ogni giorno perchè se assorbissimo tutte le informazioni e gli input con cui entriamo in contatto avremmo un problema di “sovraffollamento cerebrale” (infatti il nostro cervello filtra automaticamente le informazioni), ma anche perchè attraverso i memi con cui siamo programmati, attuiamo una selezione automatica senza nemmeno rendercene conto. Questo meccanismo viene utilizzato anche dai pubblicitari: “La pubblicità opera alterando i nostri filtri percettivi per farci prestare più attenzione, o facendo provare sentimenti migliori verso il prodotto pubblicizzato” (Brodie, R, 2000, 54).

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2.5 Virus: amici o nemici della cultura? Esistono tre tipi di virus:

Virus biologici: i primi ad essere scoperti. Ne esistono innumerevoli varietà, e riguardano il mondo animale come quello vegetale.

Virus informatici: inventati e programmati dall’uomo. Per esempio, nel 1988, uno studente all’università di Cornell, Robert Morris, tentò un esperimento non autorizzato su un network informatico finanziato dal governo. Morris creò un programma con lo scopo di generare copie di sé stesso installandone una in ogni computer del network. Un errore nel programma però causò la proliferazione del virus intasando l’intero sistema e paralizzandolo per ore, ed il suo creatore fu accusato di crimini federali. Oggi il termine virus associato al computer è entrato nell’uso comune, ma questa tipologia di virus si è rivelata difficile da curare quanto quella biologica. L’industria

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dell’antivirus ha iniziato a proliferare, ogni giorno vengono creati aggiornamenti per proteggere i computer da nuovi attacchi, ma nello stesso tempo vengono creati nuovi virus sempre più potenti per sfuggire ai controlli.

Virus culturali: mente, cultura e pensiero. La mente, proprio come le cellule e il computer, ha tutte le caratteristiche per trasportare un virus: oggi, infatti, grazie alla comunicazione in tempo reale, l’accesso all’informazione sta migliorando di giorno in giorno creando ambienti sempre più congeniali alla proliferazione di virus. La caratteristica fondamentale di un virus è la sua capacità di autoreplicazione: “un virus è ogni cosa che prendendo un apparato di replica esterno, lo mette in opera per fare copie di se stesso” (Brodie, R, 2000, 56). Nel caso di un virus biologico,

esso si infiltra nelle cellule ingannando l’apparato di replicazione, facendo copiare il virus insieme all’ attività di lavoro della cellula. Esiste tuttavia la possibilità che avvengano degli errori, o mutazioni: “una mutazione è un errore nella replica, essa produce una copia difettata o migliorata in qualche modo. Una copia piuttosto che un

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esatto duplicato dell’originale” (Brodie, R, 2000, 67).

Un virus inserisce nell’organismo ospite delle nuove informazioni per essere copiato insieme o a discapito del resto della cellula. Esistono tre possibilità riguardanti la cellula ospite del virus:

• l’informazione può non essere comprensibile per la cellula e avere effetti molto limitati sul suo funzionamento. • l’informazione può causare il malfunzionamento della cellula (anche se, dalla prospettiva del virus, il malfunzionamento della cellula può essere un miglioramento). • l’informazione può migliorare il funzionamento della cellula.

La cosa più importante è che nella cellula sia trasmessa l’istruzione di copia, e lo stesso discorso vale per i virus informatici: il programmatore immette il codice corrispondente al virus in un altro programma e aspetta che venga usato, e una volta innescato il meccanismo, aspetta semplicemente che il virus si autopropaghi da un programma all’altro in quel computer. Ovviamente, non appena uno di questi programmi infetti viene

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copiato in un nuovo computer, il processo ricomincia daccapo. Un virus che funzioni correttamente deve però permettere che il suo ospite viva abbastanza a lungo per trasmetterlo: esso deve essere abile a replicarsi senza eliminare i suoi ospiti, infatti la sua “missione” è quella di creare il maggior numero di copie possibili di sé stesso. Esistono nell’universo moltissimi meccanismi di replica, diretti o indiretti, tuttavia il più veloce e particolare è quello che ci riguarda più da vicino: la mente umana. Le nostre menti, infatti, sono adatte ad assimilare nuovi concetti e nuove informazioni, che vengono copiati attraverso la comunicazione, un processo che giorno per giorno continua a migliorare. I virus mentali ci programmano con nuovi memi che influenzano il nostro comportamento e si diffondono quando incontrano una mente libera che li riceve. Essi sono elementi culturali che toccano le persone condizionando il loro modo di pensare ed il loro comportamento. Esempi di virus della mente sono le mode, le sette religiose, le credenze. Esistono però due tipologie distinte di virus della mente:

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• virus che sorgono spontaneamente, • virus che vengono inventati dalle persone.

I virus del primo tipo, che Brodie chiama “virus culturali”, sorgono spontaneamente, mentre i secondi, che Brodie chiama “designer virus”, vengono creati dalle persone con uno scopo particolare, per esempio possono far parte di una progettazione strategica per ottenere obiettivi privati. Un designer virus è accuratamente studiato per contagiare le persone con un set di memi che influenzano a trasmettere il virus attraverso la popolazione. Entrambi i tipi di virus possono essere ugualmente dannosi, infatti l’effetto che hanno su di noi è lo stesso: una parte di noi viene inconsciamente portata a svolgere il lavoro funzionale agli scopi del virus.

2.5.1 Virus culturali I virus culturali sono tutte quelle istituzioni autoperpetuanti che hanno come obiettivo quello di diffondersi all’interno della società tramite le persone che ne vengono contagiate. Essi pos-

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sono addirittura allontanarsi dal loro scopo originario a causa dei memi che durante la diffusione si evolvono acquistando una propria autonomia del tutto indipendente dall’idea originaria. La televisione, per esempio, è un mezzo molto adatto alla ]proliferazione dei memi: nuovi show o messaggi pubblicitari possono raggiungere milioni di persone nello stesso momento. Se lo spettacolo va bene il produttore, l’agenzia di pubblicità e chiunque sia implicato nell’affare ottiene un compenso molto alto, e questo accade molto rapidamente. Oggi la cultura si diffonde ad una velocità altissima, al contrario di quanto accadeva nei tempi in cui si diffondeva principalmente attraverso le nazioni che si facevano guerra conquistandosi l’un l’altra nel corso dei secoli. Non è necessario che ciò che viene trasmesso dalla television sia vero, l’importante è che lo sembri e che faccia notizia. I programmi televisivi, infatti, combattono per ottenere ciascuno maggiori risposte dalle nostre menti: tutti ricordiamo il telefilm televisivo Baywatch, molto carente dal punto di vista della trama, ma ricco di belle donne seminude che è diventato il serial più guardato nella storia del mondo intero. Il meme

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legato al sesso è quello che vende di più, e per questo motivo è quello che prolifera maggiormente all’interno di qualsiasi spazio televisivo, che sia pubblicità, film, telefilm, soap opera o una televendita di pentole. In tutte le pubblicità riservate al pubblico maschile sono presenti espliciti riferimenti al sesso. L’evoluzione dei programmi televisivi commerciali è stata orientata verso una combinazione di memi che spingono sui pulsanti più ricettivi degli spettatori e di memi che hanno la chiara intenzione di farsi diffondere ( per esempio attraverso la tecnica del cavallo di Troia). Un esempio calzante di questa tendenza è quello dei talk show. Ogni volta che un ospite famoso è presente ad un talk show, è lì per un motivo ben preciso: promuovere se stesso oppure un nuovo prodotto da lui creato, per esempio un libro che sta per uscire. La cosa fondamentale affinchè all’ospite sia permesso di promuovere il proprio libro all’interno di uno spazio così privilegiato è che il suddetto libro piaccia al “padrone di casa”. Accade così spesso che i libri pubblicizzati in questo modo non siano i migliori in senso letterario, ma solo quelli maggiormente adattabili al mezzo televisivo, quelli promuovi-

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bili Sempre più autori di romanzi di successo scrivono testi adattabili al mezzo televisivo e facilmente trasformabili in fiction, proprio perchè l’adattamento “visivo” del testo è molto più lucrativo e raggiunge un maggior numero di persone della versione scritta. Oggi quasi tutti ci interroghiamo sui motivi che hanno portato i contenuti televisivi ad un livello così basso, e la risposta può essere anche questa volta trovata nella memetica: i contenuti di spazzatura culturale sono dei replicanti molto più efficaci. Riempire i palinsesti televisivi con arte e cultura è molto più difficile; innanzitutto a causa dell’argomento stesso che ha una capacità di diffusione minore proprio per i contenuti non a tutti accessibili, e in secondo luogo perchè non è facile cliccare pulsanti istintuali fondamentali attraverso l’arte. In realtà, se non per promuovere arte, l’idea dell’accostare donne nude a contenuti un po’ più seri è stata utilizzata: esistono infatti dei telegiornali che vengono letti da donne che man mano che leggono le notizie si tolgono gli indumenti. Il telespettatore che guarda questo tipo di telegiornale in realtà ascolta poco di ciò che viene detto; la sua attenzione va tutta alla lettrice . È in-

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teressante sottolineare che questo non ha importanza dal punto di vista del produttore del programma e nemmeno da quello dei memi che si vogliono diffondere: l’obiettivo, dal punto di vista del produttore, è quello di guadagnare attraverso l’incremento dello share, mentre dal punto di vista del meme è quello di diffondersi, e per far questo non ha bisogno che lo spettatore presti attenzione a quello che sta ascoltando. I memi che si stanno replicando entreranno nel suo cervello comunque. Per rendere qualcosa un replicante potente è possibile utilizzare due metodi: far si che esso sfrutti meglio l’ambiente in cui è inserito, oppure modificare l’ambiente a suo vantaggio. Utilizzando il primo metodo si dovrebbero creare arte e letteratura in grado di spingere meglio sulle pulsioni delle persone, mentre utilizzando il secondo si potrebbe lavorare per cambiare il criterio di selezione di ciò che viene trasmesso. Il primo metodo è utilizzato dai creatori di video musicali trasmessi su Mtv: è sufficiente guardarne uno, soprattutto tra quelli americani, per vederli tutti. In questo modo si riesce a vendere arte attraverso la migliore utilizzazione dell’ambiente.

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Un metodo piuttosto controverso per rendere l’arte un buon replicante è quello di colorare le vecchie pellicole dei film in bianco e nero. Attraverso il meme “colorazione” viene prodotta una nuova percezione visiva che attira un maggior numero di spettatori, scontentando tuttavia i tradizionalisti che vedono nella colorazione uno snaturamento delle intenzioni di chi ha prodotto il film in quel modo. Un altro modo utilizzato per incrementare gli ascolti alterando il contenuto artistico è quello di mostrare all’inizio di ogni break pubblicitario un’anteprima della parte del film che seguirà dopo la pubblicità. La motivazione sottesa a questa tecnica è la volontà di creare un sufficiente interesse al fine di portare lo spettatore a non cambiare canale e quindi guardare anche lo spot. L’istituzione della televisione, inizialmente concepita per motivi di svago, si è evoluta come un virus culturale autoperpetuante basato sulla trasmissione di suoni ed immagini slegati da qualsiasi contenuto. Per quanto concerne il giornalismo, partendo dal fatto che la verità non costituisce uno dei criteri selettivi per i memi, l’idea che sta alla base della libertà di parola è che se è concesso a

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tutte le voci di esprimere il proprio pensiero competendo in una sorta di libero mercato delle menti alla fine necessariamente dovrà emergere la verità. In realtà questo non accade: sono i virus mentali di successo che emergono vittoriosi diffondendo i loro memi egoisti. Per i giornalisti, quindi, è difficile obbedire ai criteri di obiettività e verità e nello stesso tempo cercare di spingere sui tasti giusti per diffondere la notizia. Il meccanismo di riportare le notizie è il principale terreno di coltura e diffusione per i virus mentali. Ad esempio possiamo riscontrare in tutti i quotidiani il meme “crisi”, il più utilizzato. Esso è necessario alla diffusione del giornale: il meme “ va tutto bene” non venderebbe una copia, e comunque se davvero andasse tutto bene non ci sarebbe bisogno di farci raccontare le notizie da un giornalista. I media delle notizie si sono evoluti in un virus culturale autoperpetuante basato sulla crisi e sul cambiamento: “agire per lasciare le cose come sono” non risulta essere un buon meme. Tornando alla televisione, le notizie da essa diffuse, hanno fornito un nuovo e potente mezzo di espansione di memi che si

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diffondono cliccando il pulsante del pericolo: come ho già detto esso è infatti uno dei memi a cui risultiamo più suscettibili anche prima dell’avvento della televisione. Nei tempi preistorici, infatti, la maggiore ricettività al pericolo implicava la maggiore probabilità di sopravvivenza per riprodursi. Si sente spesso dire che oggi i tempi sono cambiati, che c’è troppa delinquenza, che non è più sicuro uscire di casa. Anche in questo la televisione ha giocato un ruolo fondamentale: tramite essa veniamo a conoscenza di maggiori avvenimenti rispetto al passato, ed in questo modo ci sembra che gli atti di delinquenza siano aumentati e peggiorati, anche se in realtà è solo che se ne viene a conoscenza molto più velocemente e facilmente. La tendenza odierna alla spettacolarizzazione della notizia inoltre aiuta a far proliferare il meme del pericolo tra le persone. Oggi viviamo nella paura indotta dalle notizie televisive. Chi lavora nel campo e deve pensare al guadagno infatti deve “vendere” notizie paurose e pericolose, perchè quelle buone non fanno notizia e vengono dimenticate più in fretta. I media devono riportare ciò che interessa alla gente: se non si facesse appello ai pulsanti mentali

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cibo, sesso, pericolo, crisi, le masse non si sintonizzerebbero su quella rete televisiva ed essa sarebbe tagliata fuori dagli affari. Negli ultimi anni si è sentito spesso parlare di pubblicità subliminale, un tipo di meccanismo che prevede l’inserimento all’interno di fotogrammi velocissimi delle immagini o dei suoni che indurrebbero il consumatore ad acquistare prodotti che non avrebbe mai acquistato senza questo tipo di stimolazione cerebrale inconsapevole. In America si diceva che un’azienda produttrice di liquori avesse fatto disegnare da un art director la parola sesso sui cubetti di ghiaccio posti in un bicchiere di whisky, o che un produttore di sigarette avesse nascosto la parola morte nella foto di una cascata, oppure che la disposizione di particolari oggetti nascondesse in realtà le attraenti forme di una donna nuda. Attraverso la pubblicità subliminale i nostri pulsanti mentali vengono cliccati nel modo più efficace, cioè senza la mediazione del nostro cervello, in modo tale che entrino in noi senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Gli spot pubblicitari possono infatti contenere elementi di cui non siamo coscienti ma che at-

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traggono inconsapevolmente la nostra attenzione. Prestare più attenzione è il primo passo per spendere più soldi. Tuttavia può accadere anche il contrario: alcuni fast-food dipingono le pareti di arancione o giallo perchè pensano che tale colore provochi una sorta di disagio subliminale al fine di far trattenere i clienti nel locale il minor tempo possibile. Anche in alcuni bar vengono utilizzati sgabelli scomodissimi, preferibilmente senza schienale, in modo tale che provando un senso di scomodità o disagio il cliente sia indotto ad andarsene liberando il tavolo e permettendo il ricambio veloce di clientela. Comunque oggi i pubblicitari hanno imparato molto bene a cliccare i nostri pulsanti, a programmarci con ogni tipo di meme. Ciò che deve preoccuparci non è l’utilizzo della pubblicità subliminale, quanto il fatto che essi dispongono di tutte le conoscenze necessarie per rilasciare attraverso i maggiori messaggi pubblicitari tutti i virus mentali ben strutturati che vogliono. La nascita della pubblicità televisiva in Italia nasce con Carosello, il 3 febbraio 1957. Successivamente Carosello viene superato

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e anche da noi, come in America, inizia la battaglia che vede schierati i maggiori esperti di marketing impegnati nella ricerca di differenti strategie e campagne pubblicitarie per promuovere con successo i prodotti dei loro clienti. Solo alcuni, però, ricevono i premi per il successo, la promozione e l’appagamento derivante dalla consapevolezza di essere copiati dagli altri. Le campagne pubblicitarie che non funzionano vengono subito messe da parte, mentre quelle che hanno successo vengono imitate con vari adattamenti creativi introducendo un’altra generazione di spot più adatti, evoluti nel mondo dei memi in modo da diventare più visibili ed attraenti. Gli spot potrebbero essersi evoluti fino all’attuale livello semplicemente attraverso il naturale processo di competizione, anche se credo che nelle intenzioni dei manager fino ad oggi non ci sia stata una chiara consapevolezza dell’effetto da loro provocato all’interno delle menti dei consumatori. Gli anni novanta e quelli odierni vedono però la crisi internazionale che influisce di gran lunga anche sugli investimenti pubblicitari e di conseguenza sulle strutture di comunicazione.

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Gli investimenti calano e le aziende iniziano a rendersi conto che gli spot pubblicitari concepiti così come lo erano sempre stati non sono più sufficienti. Nascono nuovi modi di fare marketing basati sul fatto che la società è cambiata, il consumatore è più esperto e che al giorno d’oggi domina la cultura del superfluo. Finchè si è trattato di convincere le persone ad acquistare il prodotto di cui avevano bisogno di una marca piuttosto che di un’altra era necessario far credere al consumatore che quello in questione era effettivamente il migliore tra i due prodotti, ma ora le cose sono diverse.

I pubblicitari non possono limitarsi a convincere il consumatore che un prodotto è migliore di un altro, ma devono innanzitutto creare in lui la convinzione di avere bisogno di quel prodotto. Negli ultimi anni, tuttavia, i pubblicitari sono andati alla ricerca di nuove strade da battere e di nuovi clienti da invogliare. Il marketing si sta evolvendo: ciò che conta oggi è che il marchio resti impresso nella mente delle persone il maggior periodo di tempo possibile, in modo tale che chi ne è stato con-

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tagiato, abbia il tempo di parlarne con un numero ingente di persone e che queste a loro volta lo facciano con altre. Un passaparola inconsapevole.

2.5.2 Designer virus Esistono dei virus che vengono creati ad hoc da persone con uno scopo preciso. Questo tipo di virus, creato artificialmente, si propaga esattamente nello stesso modo in cui fanno i virus culturali creati naturalmente: attraverso l’apprendimento e l’imitazione. Esistono diversi motivi che possono indurre le persone a creare dei nuovi memi al fine di creare un nuovo virus, ma tra questi uno dei più forti è sicuramente il profitto. I virus motivati da tale ragione traggono origine dallo schema di Ponzi, o schema ad uncino. Ponzi era un immigrato italiano che nel 1919 fondò a Boston un’azienda chiamata Securities Exchange Company. Tramite la sua azienda Ponzi offriva di ripagare gli investimenti delle persone in 90 giorni con un interesse pari al 50%. Il metodo utilizzato da Ponzi era quello di acquistare dei buoni postali in Europa e poi scambiarli negli Stati Uniti, ottenendo

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un maggior profitto grazie alla diversa quotazione della valuta. In realtà però grazie alla pubblicazione della notizia su un giornale, si scoprì che Ponzi aveva imbrogliato tutti: infatti nonostante il fatto che nell’azienda fossero stati investiti 15 milioni di dollari, erano stati venduti solo 360 dollari di buoni postali in tutto il mondo. Ponzi attraverso i continui investimenti continuava ad accrescere la sua base potendo così pagare i primi investitori con il contante fornito dai successivi. Si scoprì in seguito che Ponzi aveva maturato debiti per 7 milioni di dollari mentre all’attivo disponeva soltanto di 4 milioni: gli ultimi investitori insomma non ottennero nulla. Le speculazioni di Ponzi erano delle vere e proprie frodi, però lo schema piramidale alla base ed i suoi relativi memi operavano in modo corretto. Il suo era uno schema piramidale tipico, in cui al vertice c’è una persona, al livello inferiore ce ne sono due sotto ciascuno dei quali sono posti altri due nomi. Colui che sta al vertice della piramide è costantemente alla ricerca di nuove reclute, mentre la base del triangolo è libera e deve essere riempita. Attraverso lo schema piramidale si recuperano i soldi dell’in-

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vestimento iniziale tramite il reclutamento di nuove persone. Il meme che funziona qui è del tipo ricco e subito con il minimo sforzo, con l’aggiunta però del meme dell’evangelismo, che ho già detto essere uno tra i più funzionali alla propagazione dello stesso. In pratica le persone che vengono arruolate hanno un proprio tornaconto nell’arruolare altre persone, e più persone arruolano più guadagnano. Il meme dello schema piramidale conosce in questo modo una diffusione velocissima, perchè non si tratta di investire soldi o proporre un’attività, ma solo di espandere il virus per sé stesso. Lo schema piramidale ha un grosso limite: all’espandersi della base del triangolo aumentano il numero degli investimenti (in termini di nuove reclute) di cui ha bisogno chi sta in basso per recuperare ciò che ha speso, portando in questo modo ad un collasso del sistema.

Un altro virus basato sul meme del profitto è quello delle vendite multilivello (VML). La vendita multilivello è diversa dallo schema piramidale ed è legale. In pratica la VML crea una rete triangolare di distributori di prodotti reali in cui chi sta più in

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alto ottiene una percentuale sulle vendite dei distributori posti nelle linea inferiore e che hanno reclutato. Il successo di una VML si basa su due tipi di guadagno:

• basato sulla vendita reale, • basato sul reclutamento di nuove persone.

Coloro i quali dimostrano di avere buone capacità di vendita e riescono a reclutare parecchie persone avranno guadagni molto alti, a spese di coloro i quali entrano nella piramide all’ultimo gradino per poi rendersi conto che non è il lavoro adatto a loro. Il punto è che per creare un virus basato sul profitto che abbia successo occorre creare un incentivo per arruolare altre persone. Un altro motivo che può indurre le persone a creare un nuovo virus è quello del potere. Esempio di virus di potere può essere quello di un culto: i culti sostengono che il loro impegno sia rivolto verso una sacra missione, in cui gli adepti sono condizionati a credere che lo scopo della loro vita sia quello di portare a termine tale missione, e per la quale sacrificherebbero

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ogni cosa. Due sono gli aspetti fondamentali:

• ogni individuo si impegna in una missione, • l’abbandono del gruppo comporta serie conseguenze.

Oggi anche le megasocietà in continua crescita sono virus di potere, per esempio attraverso delle affermazioni di missioni che chiedono di sottoscrivere agli impiegati. Lo scopo di questo tipo di azione è quello di sintonizzare tutti i dipendenti verso un comune obbiettivo, tecnica che sta prendendo sempre più piede attraverso seminari e percorsi formativi progettati proprio al fine di raggiungere tale scopo. Un altro virus di potere utilizzato dalle società è quello che Brodie (1996) chiama “manette dorate”. In pratica viene cliccato il tasto delle conseguenze dell’abbandono: l’impiegato ottiene una remunerazione finanziaria maggiore se il tempo in cui rimane nell’azienda è più lungo. Più tempo rimani, più soldi guadagni. Un altro metodo è quello di cui ho già parlato, della dissonanza cognitiva, tramite il rito di iniziazione. Attraverso il superamento di alcune prove

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per entrare in un gruppo, nell’interessato possono accadere due cose: o l’iniziando si ritira abbandonando l’idea, oppure si viene a creare nello stesso un meme che rappresenta il valore dell’appartenenza all’organizzazione. Dopo essere stati iniziati, i membri dell’ organizzazione provano un sentimento di dovere e di valore nell’appartenere ad essa, sentimento che non avrebbero provato se non fossero passati attraverso il rito di iniziazione. Questo tipo di rito è usato per lo più dalle confraternite universitarie, dalle gang giovanili, ma raramente dalle aziende. Esse preferiscono utilizzare il concetto del pagare i debiti, la cosiddetta gavetta. Prima di raggiungere una posizione appagante e di un certo livello, è necessario passare per un periodo denso di impegni spiacevoli. In questo modo si fa credere all’interessato che il suo lavoro sia in realtà molto più valido di quanto pensi.

Nella creazione di un nuovo virus l’importante è che si trovi un meme in grado di attirare fortemente l’attenzione delle persone e che le programmi a fare ciò che si vuole che facciano, compre-

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sa l’evangelizzazione del credo verso gli altri. Nell’organizzazione delle campagne politiche, per esempio, si utilizza spesso la formula base: si prende uno spazio adibito ad ufficio, si chiama un certo numero di persone a cui si chiede di lavorare come volontari, facendo si che queste a loro volta ne attraggano altri, autoreplicandosi, e permettendo a chi ha creato l’organizzazione di inserirsi in qualsiasi programma politicamente strategico. Anche nelle società di vendita multilivello di cui ho parlato precedentemente il prodotto venduto è in realtà secondario rispetto allo scopo dell’azienda. Esso deve esistere affinchè l’attività sia legale, ma la cosa più importante è che l’organizzazione sta già programmando i membri a reclutare un numero sempre più grande di persone che la facciano funzionare bene. Non è importante tanto ciò che si vende (letteralmente o in senso metaforico), ma come lo si fa e quante persone si riescono a convincere che proprio quello sia il prodotto migliore e di cui hanno veramente bisogno.

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2.6 La religione: esempio di trasmissione memetica culturale La religione può essere considerata una creazione di tipo memetico che si è evoluta ed è cresciuta nel tempo verso i memi più efficaci, quelli cioè che erano in grado di rispondere ad alcuni tra gli interrogativi che l’uomo si pone da sempre. I sistemi di convinzioni religiose non garantiscono la verità, ma sono autoperpetuanti. Tutte le religioni sono composte da memi evolutisi da virus culturali, sono proiezioni astratte della nostra mente che si sono evolute da quando i nostri antenati trascorrevano le loro vita a sfuggire ai pericoli e ricercando cibo. Un aspetto importante delle religioni è che, nonostante ne esistano molte, sembra che esse siano variazioni sullo stesso tema: tutte affermano di essere quella vera, tutte hanno un Dio onnipotente che sta al di sopra degli uomini, tutte hanno istituzioni e rituali fissi con delle funzioni ben precise. Il meme della tradizione, ad esempio, si replica perchè programma le persone a perpetuare il proprio sapere. Le religioni dispongono delle più forti or-

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ganizzazioni, come le Chiese, che sono anche simboli riconoscibili della religione stessa. Un altro aspetto fondamentale è il meme dell’evangelismo, che ha in sé l’idea della diffusione dell’ideologia tra le altre persone. L’evangelismo è un punto che la religione può avere a suo favore; le religioni basate su questo dogma, infatti, hanno maggiore successo rispetto alle altre. Un altro aspetto non secondario è quello del rituale. I rituali sono di fondamentale importanza, in quanto grazie ad essi, si ricordano costantemente i principi della religione. Esempi di rituali sono, per la religione cattolica, lo spezzare l’ostia e bere il vino, simbologie riguardanti l’ultima cena, oppure la Messa in sé è un rituale atto a fissare concetti nelle menti dei fedeli. Il successo delle religioni, inoltre, dipende dal fatto che attraverso esse vengono pigiati i pulsanti dei nostri istinti primordiali:

• pericolo: alcuni culti si basano sulla profetizzazione di pericoli immediati, che possono riguardare sia l’ira di Dio, sia agenti esterni; • sicurezza: creare pericoli artificiali ed affermare di essere un

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posto fisso contro di essi è un sistema molto potente per una religione; molte di esse infatti si basano sulla paura (dell’ira di Dio, dell’allontanamento dalla propria comunità); • cibo: attraverso le feste comandate ed i digiuni forzati (per esempio il Ramadan), si rinforzano i memi relativi a questo fondamentale pulsante; • problema: il fatto che ci sia l’idea che esistano una serie di interrogativi religiosi che devono essere spiegati attraverso lo studio della stessa, induce molte persone, soprattutto quelle con un elevato livello di istruzione, a cercare attraverso lo studio delle risposte ai propri interrogativi; • gerarchia: attraverso la gerarchia le persone vengono attirate tramite il pulsante del potere; • appartenenza: questo meme è uno dei più potenti, infatti il senso di appartenenza ad un gruppo è radicato in ognuno di noi. Molte persone si avvicinano alle religioni proprio per la ricerca di tale appartenenza, al fine di avere la consapevolezza di fare parte di un gruppo.

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Come ha detto Dawkins (1976), la religione è uno dei memi più forti in assoluto. È insita nell’idea stessa di culto la necessità di credere in qualcosa che non potrà mai essere dimostrato ma che nello stesso tempo è in grado di rispondere a tutti gli interrogativi che gli uomini si sono sempre posti. Nessuno avrà mai una dimostrazione dell’esistenza di Dio, eppure tantissime persone decidono di credere. I bambini, per esempio, non nascono con già una conoscenza personale della religione, tuttavia, soprattutto con l’inizio della scuola si trovano immersi nei memi della religione (ovviamente non nel caso in cui i genitori siano religiosi praticanti, allora in quel caso il bambino li conoscerà molto prima). Durante la frequentazione delle scuole elementari, inoltre, i bambini vengono mandati a studiare catechismo al fine di apprendere i dogmi della propria religione e poter fare la prima Comunione. Una volta fatta questa, altre ore di catechismo per fare la Cresima, e dopo la Cresima, ma solo per chi decide di proseguire, la Professione di Fede. Ora, ci si rende subito conto che il significato dell’obbligatorietà di questi Sacramenti per la religione Cattoli-

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ca (ma penso che qualcosa del genere sia fatto anche nelle altre religioni), è proprio quello dell’indottrinamento dei fedeli al fine di espandere i memi delle religione stessa. È possibile che sia avvenuta una coevoluzione fra memi e geni in modo tale che gli uni abbiano avuto un’influenza sugli altri. In passato gli uomini vivevano in società tribali e solo gradualmente esse si sono evolute in società più complesse. La suddivisione del lavoro permise ad alcuni individui di liberarsi degli oneri riguardanti la ricerca di cibo. Questi individui, che erano a capo della società (sacerdoti, soldati e capi), sottraevano ricchezze ai lavoratori al fine di costruire enormi templi o opere che li glorificassero mettendo in risalto il loro potere. È possibile che i sudditi accettassero di perdere una quota dei loro beni in cambio di benefici come il contenimento della violenza o la disponibilità di strutture pubbliche. I sacerdoti nelle società più piccole ricoprivano sia il ruolo religioso che quello politico, mentre in quelle più grandi assumevano solo funzioni religiose. Essi promuovevano le credenze religiose che venivano poi utilizzate per giustificare eventuali atti bellici di conquista

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di altri popoli. I memi religiosi hanno maggiori probabilità di diffondersi: grazie alla religione si sono formate società altamente stratificate e organizzate, con sacerdoti che insegnavano la religione. I memi della religione hanno avuto un’importanza fondamentale nella formazione delle società odierne. Nella società di oggi i tempi sono cambiati: la trasmissione verticale sta cedendo il passo a quella orizzontale, che è molto più veloce. Oggi siamo esposti ai messaggi di giornali, radio, televisione, e soprattutto Inernet, che ci portano a porci dei nuovi interrogativi. È più difficile, da parte delle istituzioni religiose, tenere nascosti i fatti che le riguardano (come le guerre religiose che portano distruzione in nome di Dio); inoltre i nostri costumi sono profondamente mutati mentre i dogmi religiosi sono rimasti gli stessi. Le religioni hanno comunque dalla loro parte due forze molto potenti. Le nostre menti sono state forgiate per essere molto ricettive alle idee della religione, inoltre i memi religiosi possono servirsi di tutti gli stratagemmi di cui ho parlato per indurre le persone a diffonderli.

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capitolo 2

2.7 Conclusione Grazie agli sviluppi della teoria memetica è possibile attuare delle riconsiderazioni riguardo l’origine e la diffusione delle idee all’interno della società. Una volta appurato che l’individuo è costituito da una parte genetica, che è caratterizzata da una velocità di variazione e mutazione molto lenta, e da una culturale, dettata dall’ambiente in cui vive e dalle esperienze che ha provato (che all’interno della mente si esplicano come nuove congiunture sinaptiche) che è al contrario molto veloce, possiamo riuscire a spiegare in che misura e attraverso quali modalità la cultura ha influenzato anche l’evoluzione genetica. Ho parlato di evoluzione culturale in termini molto ampi. Della cultura fanno parte infatti tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana: dalla cultura intesa come accumulo di sapere, alle religioni, alle paure memeticamente diffuse che oggi sono differenti rispetto al passato, alle mode e allo studio dei modi in cui è possibile diffondere un messaggio tramite la pubblicità. Dalla teoria memetica si è sviluppata una branca che utilizza

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La trasmissione memetica della cultura

i principi della disciplina a fini di vendita. Ăˆ possibile infatti spingere i consumatori ad acquistare nuovi prodotti attraverso tecniche basate sulla diffusione virale: ho cercato di analizzare i modi in cui vengono creati dei virus culturali tra le persone al fine di innescare un’epidemia di idee. Scopo del prossimo capitolo è rivedere alcune analisi trattate nei capitoli precedenti da un punto di vista macro ad uno micro: dal meme all’internet meme, dai viral ai viral video, dalle tecniche di diffusione di virus culturali, alla produzione e diffusione di viral video e tormentoni, definendo nei vari ambiti, come un determinato virus cambia aspetto nel momento in cui viene replicato da persona a persona attraverso un processo di imitazione.

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3. INTERNET MEME, VIRAL E TORMENTONI

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Internet meme, viral e tormentoni

L’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio è stata un’enorme spinta creativa su più livelli. Ognuno, grazie ad Internet, dispone oggi degli strumenti necessari per creare o modificare immagini e video - in potenza dei meme - plasmandoli in virtù dei propri unici paradigmi mentali e andando a creare un ecosistema virale sempre nuovo. Richard Dawkins, il creatore del termine “meme”, non ha però mai pienamente riconosciuto i meme di internet come facenti parte dei paradigmi mentali da lui analizzati. Nel suo ultimo intervento pubblico16 però ha dimostrato una grande elasticità mentale accettando infine questo fenomeno come una derivazione del suo studio originale. Non sempre assistiamo alla nascita di fenomeni spontanei, il mondo è diviso tra cose progettate e cose che lo sembrano ma non lo sono perché sono il risultato della selezione naturale darwiniana. Il meme di internet è in definitiva una variazione dell’idea originale di meme, che invece di mutare secondo paradigmi casuali è plasmato dalla creatività umana. In questa variazione la mutazione è programmata seguendo la conoscenza della persona che sta eseguendo l’operazione.

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1. Just for Hits - Richard Dawkins, 2013.


capitolo 3

3.1 Meme internet. Tipoligie ed effetti 17. Esistono pure diversi siti di archiviazione, documentazione e creazione di internet meme. Tra i migliori www.knowyourmeme.com.

I meme di internet sono innumerevoli e trasversalmente diffusi; sul web li vediamo circolare costantemente17. Internet stesso può essere considerato come un memeplesso: un insieme di piccoli memi contenuti in un grande contenitore di comportamenti che abitano l’universo del web. Un meme internet è un pezzo di informazione replicabile e propagabile online: immagini, testi, videoclip, notizie e qualsiasi altra informazione che può essere vista dagli utenti, considerata interessante o divertente tanto da condividerla o riprodurla con piccoli interventi di modifica. In questo paragrafo, per facilitare la comprensione della teoria, prenderò come esempio alcune forme di meme internet e cercherò di spiegare, nel pratico, in che modo nascono queste particelle di informazione, come si riproducono, e che effetti comportano nella nostra cultura.

Tra i meme Internet più noti, caso curioso, vi sono i gatti in

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Internet meme, viral e tormentoni

tutte le loro espressioni più divertenti. Scendendo nel particolare è impossibile non citare Grumpy cat (inserisci immagine) il gatto più celebre del web. Il suo vero nome è Tardar Sauce; la gattina è nata il 4 aprile 2012 ed è affetta da sindrome di nanismo, che le ha conferito la sua ormai tipica espressione “scontrosa” che viene utilizzata da milioni di utenti per generare frasi, sempre accostate alla sua immagine, talmente bizzarre da far ridere. Il fenomeno “Grumpy cat” ha milioni di visualizzazioni su Yotube e sta per diventare anche una star del cinema. Ne sarà contenta? Dalla sua espressione non si direbbe.

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capitolo 3

Spesso i meme Internet condividono proprio la caratteristica base che connota Grumpy cat. Infinite sono difatti le immagini di animali, soggetti umani oppure immaginari che esprimono espressioni comuni a tutta l’umanità, e proprio per questo 18. Meme generator

vengono così tanto condivisi. Il meccanismo per creare e rilanciare un meme nel web è semplice: trovi l’immagine che più rappresenta lo stato che vuoi comunicare, la carichi su uno dei tanti programmi meme generator18 online, scrivi una frase che fa ridere in relazione all’immagine, la condividi sui social, ed è fatta. A questo punto non ti resta che aspettare i likes e le condivisioni dei tuoi amici, sperando che la tua creazione possa diffondersi incredibilmente, ma questo non succede spesso, vedremo poi il perché.

Dopo ore sei ancora davanti allo schermo a fare refresh per controllare le notifiche, sei invaso da una voglia incontrollabile che ti porta a non pensare ad altro se non al desiderio che il tuo meme venga visto, apprezzato e condiviso da molte persone. Il perché di questo comportamento lo abbiamo capito nei capi-

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Internet meme, viral e tormentoni

toli precedenti, ma ora vediamolo nel concreto utilizzando un esempio specifico. Seguendo, in metafora, la teoria memetica possiamo dire di essere stati invasi dal virus Grumpy cat, semplicemente venendone a conoscenza; vediamo che non siamo gli unici a trovarlo divertente e ci divertiamo a scoprire cosa hanno fatto gli altri cercando immagini e comparazioni in rete. Iniziamo a pensare alla sua riproduzione, ci impegnamo molto, perdiamo spesse volte anche delle ore per farlo senza spiegarcene il motivo: quando finalmente abbiamo generato una nostra versioe personale del meme ci preoccupiamo della sua diffusione sul web. Cosa abbiamo fatto con questa serie di azioni? Abbiamo svolto il nostro lavoro di replicatori dei meme, in base alle loro volontà e meccanismi. Dai numeri coinvolti in questo processo, che vedremo nel dettaglio di seguito, la teoria memetica quasi fa paura. Come spaventoso è anche pensare di essere macchine riproduttrici di meme come Grumpy cat: un meme internet facente parte del memeplesso web che, assieme ad altri meme piccoli e grandi, esprime e determina la nostra cultura. Esistono diverse tipologie di meme:

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capitolo 3

Volontari: nascono quando una determinata persona sa di essere filmata, fotografata, ripresa in un determinato momento mentre compie un azione che possiamo interpretare bizzarra, ma strategicamente pianificata.

Involontari: nascono quando un individuo è inconsapevole di essere fotografato e ripreso.

Inaspettati: nascono quando un individuo è inconsapevole di essere fotografato e ripreso, ma non ha mai dato l’autorizzazione all’utilizzo della propria immagine, o in alcuni casi, ha dato l’autorizzazione ma non si aspettava un certo tipo di utilizzo e diffusione della propria immagine.

19. Neologismo che definisce le persone possedute da un meme.

Immaginiamo ancora una volta di essere dei replicatori di virus meme, e pensiamo alle persone di cui parlerò tra poco come a degli immemati19. Attraverso le loro dichiarazioni e i loro comportamenti assunti dopo il fenomeno della loro diffusione sul web, cercheremo di capire quanto potere possiamo avere nei

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Internet meme, viral e tormentoni

confronti della volontà di diffusione dei meme, e se è possibile bloccare la loro viralità.

3.1.1 Meme volontari. Antoine Dodson Un grande esempio di meme volontario è Antoine Dodson, un ragazzo americano, che nel 2010 viveva in Alabama in un quartiere poco sicuro. La sua storia è questa: una notte come tante altre, Antonie era in camera sua, ad un tratto sente la sorella urlare, lui corre in suo soccorso e vede uno sconosciuto che poco prima era entrato dalla finestra della camera della sorella con l’intento di approfittare della ragazza. Antonie prontamente trova il modo di farlo scappare. Dopo di che i due fratelli si recano ad una stazione di polizia in cui non vengono trattati nel migliore dei modi, anzi, sono anche accusati di essere poco attenti alla loro sicurezza.

I Dodson capiscono che dagli agenti di polizia non riceveranno giustizia, ma trovano una soluzione. L’indomani mattina arriva una troupe della tv locale che intervista20 le vittime sull’accaduto.

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20. Antoine Dodson News Blooper. Video dell’intervista.


capitolo 3

Antoine è consapevole che l’unico modo per fare giustizia sull’accaduto è condividere come far parlare il più possibile della brutta esperienza che ha vissuto. Prende parola e animatamente minaccia lo stupratore e mette in guardia gli abitanti del quartiere. Fin qui nulla di divertente, se non l’effetto “buccia di banana” che avviene quando una persona subisce una determinata sfiga a lieto fine e ci viene naturale ridere, ma nel caso Dodson succede di più: si attiva cortocircuito tra il visivo e l’uditivo. Noi vediamo Antoine, un ragazzo molto poco virile, urlare minacce di aggressione fisica al colpevole attualmente ancora sconosciuto.

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Internet meme, viral e tormentoni

Di seguito il video dell’intervista diventa virale e nel giro di due giorni lo abbiamo trovato remixato e musicato in un varietà online che si chiamava “Auto - tuned the news”, (che sta per utilizza auto tuned per trasformare le notizie), programma web formato da una troupe di musicisti, cantanti e attori comici che hanno contattato Antoine ed ha accettato che venisse pubblicato il video in cambio di una percentuale del denaro ricavato.

I risultati: Antonie ora è una web celebrity e grazie al suo successo è riuscito a trasferirsi, insieme alla sua famiglia, in un quartiere migliore. Il video originale del servizio tg ha attualmente

54.893.002

visualizzazioni, il remix, diventato poi una hit di successo, si chiama “Bed intruder”21 ed ha 116.448.162 visualizzazioni. Ovviamente non è l’unico remix che lo riguarda, ne esistono centinaia come le immagini che lo emulano.

21. Bed intruder. Videoclip


capitolo 3

Antonie sfrutta ancora la scia della sua popolarità, per quanto possibile.

3.1.2 Meme involontari. Sad Keanu L’esempio che può esprimere questo genere di meme è Sad Keanu. Nel 2010 un paparazzo ha fotografato Keanu Reeves al parco, pensieroso, mentre mangia un panino. La foto ha fatto il giro del mondo perché è stata copiata e incollata in vari ambienti e situazioni diversi (simpatici foto-montaggi), è stata anche ritagliata e usata dal vivo in locations vere (al lavoro ad esempio, magari sopra un Mac). La redazione di Gossipblog ha coinvolto i lettori in questo gioco ed ha chiesto loro di trovare una postazione a Keanu provocando centinaia e centinaia di immagini di Keanu messo in luoghi e contesti improbabili.

Poco tempo dopo l’attore viene intervistato da un giornalista che gli chiede come ne pensava del suo stesso meme, l’attore non ne sapeva nulla, e dopo aver capito di cosa si trattava risponde che gli sembrava “concettualmente divertente”, in realtà

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Internet meme, viral e tormentoni

dopo un pò di tempo ha dichiarato che a saperlo non si sarebbe messo su una panchina a mangiare un panino.

I risultati: Se digitiamo “Sad Keanu” su Google troviamo

2.830.000 im-

magini, continuano ad essere generate copie del meme, dall’anno scorso vengono vendute online le sue statuette stampate in 3d, cosi da essere più comodi per la diffusione dell’immagine (metti Keanu seduto dove ti pare, scatti e condividi la foto). In questo caso l’attore non ha cercato di bloccare la diffusione della sua immagine, consapevole che non sarebbe riuscito a farlo, si è arreso all’idea “concettualmente divertente”.

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capitolo 3

3.1.3 Meme inaspettati. Tecno Viking Apparso su internet nel lontano 2006, ancor prima della nascita di YouTube, Techno Viking rappresenta ormai da diverso tempo uno degli esempi migliori di viral video, tramutatosi poi in meme e addirittura installazioni artistiche e merchandise.

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Internet meme, viral e tormentoni

L’8 luglio del 2000 Fritsch, un videoartista tedesco, si presenta con una telecamera alla Fuckparade, una manifestazione techno per le strade di Berlino. Per caso riprende una scena che farà la sua fortuna: una ragazza con una parrucca celeste balla indisturbata, finché non viene spintonata da un uomo. È qui che entra letteralmente in scena il “techno vichingo”: pizzetto biondo, ciondolo raffigurante il martello della divinità germanica Thor, petto nudo a mostrare muscoli da far invidia a non pochi palestrati, afferra per un braccio il malcapitato, lo convince ad allontanarsi e continua a fissarlo per diversi secondi, puntando l’indice in modo minaccioso (immagine 1). Qualcuno gli porge una bottiglia d’acqua, lui sorseggia e subito dopo si mette in marcia, iniziando a ballare in modo ipnotico. Giustappunto l’effetto che si prova guardando il video22, sei li che guardi l’uomo e inizialmente ti chiedi se sta per scoppiare una rissa, invece no, capisci che tutto è tranquillo, non succede chissà cosa, ma continui a guardarlo ipnotizzato dal suo aspetto e dai suoi movimenti. Fritsch mette il video prima sul suo sito, poi, nel 2006, lo carica su YouTube. Da lì rimbalza sul sito break.com

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22. Techno Viking, videoclip.


capitolo 3

e diventa un fenomeno virale: esistono innumerevoli parodie, ma anche vere emulazioni della star senza nome ribattezzata presto “techno vichingo”, remix della musica che balla, quadri che lo ritraggono e persino una scultura a lui dedicata in Giap23. The Technoviking Archive

pone. Le sue varie incarnazioni vengono raccolte in un apposito, gigantesco “archivio”23 dal videoartista.

I risultati: 24. Il processo, ovviamente, prosegue ancora a distanza di anni, considerando la mancanza di leggi precise sull’argomento, e Fritsch, spremuto dalle spese legali, ha deciso di creare anche un documentario sulla questione, facendo affidamento sulla generosità degli utenti di internet con una raccolta fondi su Indiegogo.

Tre anni fa il “techno vichingo”, ha deciso di presentare ricorso contro Matthias Fritsch, con l’accusa: Fritsch ha violato i suoi diritti della personalità e ha fatto soldi sfruttando la sua immagine. Ora il tribunale di Berlino si sta occupando del ricorso contro l’artista24, presentato a fine gennaio. Fritsch ha raccontato, ad un quotidiano berlinese, di essere pronto a togliere il video da Internet e a dividere col “Vichingo” i circa 10.000 euro che ha incassato finora dal suo video (attraverso YouTube, la vendita di magliette o i cachet delle tv che si sono occupate del fenomeno). A patto di poter continuare a usarlo per le sue

The Story of Technoviking, documentario.

installazioni e mostre e per le sue conferenze sui video virali.

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Internet meme, viral e tormentoni

Ma il “Vichingo” dichiara, attraverso il suo avvocato, che non è tanto interessato ai soldi, semmai quello che l’ha spinto a depositare il ricorso è la commercializzazione e strumentalizzazione non autorizzata della sua persona. Curioso sarà capire come andrà la sentenza, ma comunque vada, anche nella peggiore delle ipotesi, (divieto di far circolare ogni immagine del techno Viking), il suo meme non smetterà mai di vivere e riprodursi, sarà sempre in grado di trovare un

10. Una leggenda metropolitana, anche leggenda urbana o più propriamente leggenda contemporanea, è una storia insolita e inverosimile, normalmente a trasmissione orale e che, a un certo punto della sua diffusione, riceve larga eco dai media, tramite i quali riceve patente di credibilità. Un esempio tra tutti è la leggenda che narra di uova di terribili ragni velenosi, nascoste nella pianta ornamentale chiamata il tronchetto della felicità.

modo per incarnarsi in qualcosa o qualcuno: da tempo circolano varie tesi sulla probabile identità del vichingo, per alcuni, ricorda il Tagesspiegel, sarebbe l’esperto statunitense di arti marziali Keith Jardine, per altri il bodybuilder bavarese Hans Ragni velenosi nel tronchetto della felicità. Leggenda.

Schlepkopper.

3.1.4 Meme “Viking” Nell’introduzione di questo paragrafo ci siamo posti due domande: quanto potere abbiamo nei confronti della volontà di un meme e quanto siamo in grado di bloccare la loro diffusione. La risposta è chiara, in tutti i casi meme volontari, invo-

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capitolo 3

lontari e inaspettati, il risultato è lo stesso: I meme prescindono dalla nostra volontà, possiamo farli nascere, possiamo assecondarli, cavalcarli, ma non siamo in grado ne di manovrarli e soprattutto non possiamo bloccare la loro diffusione. Un meme trova sempre il modo per sopravvivere se 25. Una leggenda metropolitana, anche leggenda urbana o più propriamente leggenda contemporanea, è una storia insolita e inverosimile, normalmente a trasmissione orale e che, a un certo punto della sua diffusione, riceve larga eco dai media, tramite i quali riceve patente di credibilità. Un esempio tra tutti è la leggenda che narra di uova di terribili ragni velenosi, nascoste nella pianta ornamentale chiamata il tronchetto della felicità.

lo desidera. Il caso techno Viking ce lo dimostra benissimo. Il meme in questione rischia di essere bloccato dalla volontà del suo “immemato”, il vichingo sconosciuto cerca di bloccare la diffusione della sua immagine, noi replicatori, oltre a continuare ad imitarlo nei suoi atteggiamenti, già ci chiediamo chi possa essere, realmente, la persona che lo ospita. Ci domandiamo perchè ha scelto di nascondere la sua identità e iniziamo a creare discussioni e ipotesi su chi possa essere. Facendo questo stiamo offrendo la possibilità al meme di passare da un corpo ad un altro e non solo: le ipotesi su chi sia non vi ricordano un pò le leggende metropolitane?25 Da sempre, questo particolare tipo di trasmissione culturale è uno degli habitat preferiti dai

Ragni velenosi nel tronchetto della felicità. Leggenda.

meme.

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Internet meme, viral e tormentoni

3.2 Viral video Video virale è uno dei termini che è entrato a far parte della terminologia legata al mondo di internet e del marketing. Un Video virale non è altro che un video talmente divertente interessante o innovativo che la gente non si trattiene dal voler condividere, che sia per mezzo di videoblog, blog, instant messaging, email, di persona in persona… Ma non si ferma qui, infatti grazie proprio a questa capacità “virale”, della trasmissione da individuo ad un altro individuo, i “video virali” hanno ben presto varcato la soglia da video amatoriale, approdando ovviamente nel campo del marketing virale, viste le sue potenzialità di diffusione e influenza. Il fenomeno dei video virali nasce dal momento in cui gli utenti web hanno avuto la possibilità di caricare e condividere i loro video amatoriali in rete come ha fatto Brolsma Gary nel 2004, prima ancora della nascita di YouTube. Il suo video “Numa Numa”26, semplice parodia di un tormentone musicale (“Dragostea din tei” degli O-zone), vanta più di

700.000.OOO di visualizzazioni, infinite pagine di commenti 127

26. Numa Numa, videoclip


capitolo 3

e

49.000.000

di riproduzioni, dato assolutamente non indif-

ferente al mondo del marketing, infatti, per fare in modo che un video virale commerciale funzioni al meglio si cerca, quasi sempre, di offrire all’utente che vedrà, almeno la prima volta il 27. “FIFA STREET 3” Un perfetto esempio di viral video marketing prodotto da W+K per pubblicizzare il videogame di EA.

video, la sensazione che il video a cui sta assistendo sia frutto di un video amatoriale. Quindi il tutto registrato preferibilmente con telecamere non ad altissima risoluzione e mai (o quasi mai) appoggiate su piedistallo, questo per ingannare ancora meglio lo spettatore. Il metodo si rende ancor più efficace se il video è completamente privo di marchi commerciali, infatti a svelare che si tratta di una pubblicità deve essere la schermata finale con tanto di brand dello sponsor27.

3.3 Video meme Ogni giorno vengono caricati più di 60 ore di video al minuto su YouTube, il terzo sito più visitato al mondo dopo Facebook e Google. Di questi solo una piccola percentuale diventa virale a tal punto da ricevere tonnellate di visualizzazioni e diventare cosi un momento culturale. La condivisione dei video avviene

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Internet meme, viral e tormentoni

per diversi scopi, uno tra i tanti è il desiderio da parte degli utenti di diventare web celebrity all’interno di una certa comunità. Chiunque di noi potrebbe diventare famoso su Internet in soli 3 giorni. Come può succedere? Kevin Allocca, trend manager di YouTube, sostiene che per creare un video virale non devono mancare tre elementi:

#1 Lanciatori di tendenze Secondo Allocca, la viralità di un video può essere innescata da un influencer che ritwitta il video sul proprio account aggiungendo un commento e prendendo posizione. Gli influencer sono identificati come persone in grado di lanciare tendenze, in quanto hanno creato attorno a sé una community interessata alle nuove ed interessanti proposte che questi stakeholder28 della rete hanno da dire.

#2 Comunità partecipative e creative Una volta che il video è stato lanciato, e rilanciato dagli influencer, è in mano alla comunità. Se questo stimola idee per la

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28. Con il termine stakeholder (o portatore di interesse) si individuano i soggetti influenti nei confronti di un’iniziativa economica, sia essa un’azienda o un progetto.


capitolo 3

sua riproduzione o la condivisione è fatta. La riproducibilità è un aspetto molto importante per la viralità di un video, generando parodie si attivano tre aspetti importanti:

• visualizzazione della copia e dell’originale; • divertimento ; • sfida, ovvero voglia di fare nuove versioni e confrontarsi con la community che ne parla.

Video come “Nyan Cat”, “Sweet Horse Lemonade”29 e “Friday” di Rebecca Black hanno generato un numero enorme di altri video correlati all’originale.

#3 Inaspettato Idee sorprendenti e divertenti, associate a messaggi di sensibilizzazione sociale, stimolano l’utente perché offrono qualcosa a cui non è preparato. E spesso tanto basta per indurlo alla con29. Sweet Horse Lemonade, videoclip.

divisione. Analizziamo alcuni esempi:

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Internet meme, viral e tormentoni

3.3.1 Double Rainbow Guy Nel 2010 Bear Vasquez ha pubblicato un video girato dal cortile della sua casa nel Parco Nazionale di Yosemite, nel giro di pochissimo tempo è stato visualizzato è stato visto 23 milioni di volte. Attualmente ha 37.541.171 visualizzazioni. Il video cattura semplicemente un doppio arcobaleno, la voce fuori campo di Bear lo descrive con entusiasmo: “Oh mio Dio, Oh mio Dio. Oh, mio Dio! Wooo! Ohhhhh, wowwww!”. Bear, oggi sopran-

nominato “Double Rainbow Guy”30 non aveva assolutamente intenzione di creare un video virale, voleva solo condividere un fenomeno per lui eclatante. Tutto è successo grazie all’influencer Jimmy Kimmel, che ha pubblicato un tweet che condivideva il video.

3.3.2 Rebecca Black - Friday Un altro esempio è il videoclip di Rebecca Black: “Friday”31. Il video ha ottenuto su YouTube più di 55.000.000 di visualizzazioni. Il brano musicale è stato definito la peggior canzone di sempre e molti utenti di YouTube hanno caricato numerose

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30. Bear Vesquez in “Double Rainbow Guy”, videoclip.


capitolo 3

parodie del video originale. “È Venerdì, il Venerdì Ci divertiamo il venerdì Tutti aspettano il fine settimana, fine settimana Venerdì, Venerdì 31. “Friday”, videoclip.

Come è perchè il video è diventato virale? Dal grafico notiamo diversi picchi, ogni picco arriva il venerdì, non a caso. Tosh.0 ha selezionato il video, tanti blog hanno cominciato a parlarne. Michael J. Nelson del Mistery Science Theater è stato uno dei primi a pubblicarlo su Twitter aggiungendoci una frase ironica.

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Internet meme, viral e tormentoni

Di seguito ai tweet dei lanciatori di tendenze, il videoclip Friday ha creato intorno a se una grande community di persone che lo ha condiviso associandoci diverse frasi ironiche e non solo: solo su Youtube esistono

271.000 parodie di “Friday”. Addirittura

nei primi sette giorni, è stata creata una parodia per ogni giorno della settimana. Contrariamente alle forme di intrattenimento a senso unico del 20° secolo, questa partecipazione della comunità è il modo in cui diventiamo parte di un fenomeno, sia diffondendolo che facendone qualcosa di nuovo.

3.3.3 Nyan cat Conosciuto anche come “Pop Tart Cat”, quello di Nyan cat è un fenomeno di Internet, attribuito ad una gif animata di 8 bit di un gatto che vola con il corpo di un Pop-Tart alla ciliegia, lasciando un arcobaleno dietro di sé, con una versione remix della musica Nyan Cat / Pop Tart Cat . Il video è stato caricato su Youtube nell’aprile del 2011, a seguito di una parodia di Annoying Orange, nel mese di luglio 2011, il video ebbe su YouTube più di

27 MILIONI di visualizzazioni. Ora quasi un miliardo, 133


capitolo 3

un miliardo di persone hanno visto un video di un gatto volante per tre minuti, se questo è spaventoso, ancora di più lo è se pensiamo che una versione del Nyan Cat, che dura ben 10 ore, è stata visualizzata da 25.127.836 utenti. Anche i gatti hanno guardato Nyan cat e alcuni gatti hanno guardato altri gatti che guardavano questo video.

I remix del video sono attualmente 488.000, migliaia di versioni di Nyan cat, questo il dato più incredibile, non solo in questo caso, questo accade perchè è diventato molto facile interagire con immagini, suoni e informazioni, creando nuovi contenuti

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Internet meme, viral e tormentoni

o utilizzando i vecchi in contesti nuovi. È la nascita di una cultura popolare, intesa come proprietà di chi la recepisce, se ne appropria e la reinventa in formule diverse per poi ridistribuirla, una cultura partecipativa, che non risente dell’acceso dibattito tra chi sostiene che tutto si riduce ad un “copia e incolla” e quanti invece affermano che la rielaborazione è alla base della creatività.

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capitolo 3

3.4 Viral marketing Il capostipite del viral marketing è Seth Godin, che nel suo libro “Unleashing the idea-virus”, estende gli assunti di base della memetica applicandoli alla pubblicità e al marketing. Secondo Godin un’idea può essere contagiosa come un virus ed essere trasmessa per contatto da un individuo ad un altro. Tutto può essere un veicolo di contagio: libri, persone, Internet, canzoni. Attraverso l’utilizzo della dinamica dl flusso di comunicazione a due stadi, è possibile diffondere le idee facendo in modo che esse, in un certo senso, si diffondano da sole. Alcuni consumatori, infatti (opinion leader), sono come dei “portatori sani” dell’idea-virus, che diffondono l’epidemia a coloro che fanno parte dello stesso gruppo sociale. In questo modo, una volta che il processo è iniziato, il rapporto che si viene a creare non è più tra cliente ed azienda, ma tra cliente e cliente, una relazione basata sulla fiducia. Malcolm Gladwell, nel suo libro “The tipping point” afferma che ogni cambiamento sociale obbedisce alle stesse regole di un’epidemia. Comportamenti e mode sono, secondo l’autore, dei virus che si espandono grazie al sistema

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Internet meme, viral e tormentoni

del passaparola. Come nelle epidemie, la diffusione di un prodotto conosce un momento in cui ogni cosa cambia improvvisamente innestando reazioni a catena che modificano la situazione circostante. Questo momento è secondo l’autore il tipping point, ovvero il punto critico oltre il quale il fenomeno epidemico esplode e contagia masse enormi di individui. L’assunto fondamentale su cui si basa il viral marketing è quello di stimolare attraverso delle particolari modalità alcune persone a veicolare un messaggio di marketing ad altre persone, possibilmente aggiungendo credibilità al prodotto (cosa che avviene quasi automaticamente perchè nel momento in cui una persona è contagiata e decide di divulgare il messaggio, è convinta di quello che dice e tenderà a rafforzare la sua posizione, favorendo così la diffusione del prodotto). Il viral marketing può essere definito “passaparola”, in quanto è basato sullo scambio di opinioni tra le persone in una sorta di telefono senza fili virtuale. L’opinion leader viene a conoscenza di un nuovo prodotto e ne è contagiato; poiché lo considera un buon prodotto decide di parlarne ai suoi amici innescando il processo di dif-

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fusione. Una volta che gli amici sono entrati nel cerchio virale, esporranno ciò che hanno appreso ad altri amici: il messaggio in questo modo si è diffuso molto velocemente e soprattutto a costo zero per l’azienda che lo produce, e tutto “spontaneamente”. Il trucco è esattamente questo: riuscire ad innescare l’epidemia attraverso la ricerca di nuove strategie affinchè poi essa si auto propaghi, esattamente come un virus.

3.4.1 L’origine del Planking Planking (o Lying Down Game) è un meme internet che consiste nel distendersi faccia a terra in una località strana o improbabile. Entrambe le mani devono toccare i fianchi. Venire fotografati durante l’azione e postare poi l’immagine su internet è parte integrante del gioco. La sfida sta nel trovare la località più particolare e originale in cui giocare. Il termine “planking” significa “imitare un tavolato in legno”. Dall’inizio del 2011 molti dei partecipanti al gioco si sono fatti fotografare sopra pali, tetti e veicoli. Ma il planking può constare anche nel distendersi semplicemente su una superficie

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Internet meme, viral e tormentoni

piatta, o mantenere il corpo orizzontale pur essendo sostenuti solo in alcuni punti del corpo mentre altre zone sono sospese nel nulla. Non è chiaro chi sia l’inventore di questo gioco, l’attore Tom Green asserisce di aver inventato il “planking” nel 1994 e ha fornito delle prove video tratte da MTV. Un’altra versione vuole che Gary Clarkson e Christian Langdon ne siano gli in-

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capitolo 3

ventori: secondo la BBC essi dicono di aver inventato il planking nel 2000, mentre Tom Meltzer del The Guardian dice di esserne l’inventore, avendo ideato questo gioco prima del 1998.

Giorni fa sono capitata per caso sul sito mosaicoon.com, una nuova startup milanese di successo, lavora per grandi clienti come Microsoft, Mc Donalds, Playstation e tanti altri. Lo scopo di Mosaicoon è quello di aiutare il brand ad aumentare la propria notorietà online, ideando video virali creati appositamente per il web. Utilizzano poi una strategia di distribuzione chiamata seeding, per diffonderlo il più possibile tra il pubblico e cercare di farlo diventare virale. Tra i loro lavori noto un video realizzato per la campagna Bacardi “It started with a party”, basata sul principio della condivisione e della socializzazione e realizzata per festeggiare i 150 anni dell’azienda. Il video attira la mia attenzione perchè si chiama “Planking. Tutto è iniziato con Bacardí”, le informazioni collegate mi sorprendono: “L’origine del planking era sconosciuta, molti credevano fosse un esercizio fisico, ma come ci mostra

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Internet meme, viral e tormentoni

questa storia nacque per necessità; ed avvenne ad una festa Bacardí.” Incuriosita da quest’affermazione, poichè fan del planking, inizio a guardare il video ambientato nel 1860. Durante una festa in un locale, un ragazzo, con una grande voglia di bere Bacardi, tenta di rubare una bottiglia posta dietro il banco di un bar. Per raggiungerla si fa aiutare da un amico che lo solleva e lo sorregge in posizione orizzontale sul banco, ma ad un certo punto viene notato dal barista e vagamente abbandona l’amico in una posizione un pò scomoda: in Planking appunto. Mosaicoon ha lavorato chiaramente su due fronti:

• attirare visualizzazioni da parte dei ricercatori di nuove immagini planking che vengono continuamente aggiornate in rete, soprattutto attraverso playlist Youtube; • considerato il successo di questo meme, si assicurano simpatia e condivisione anche da parte degli utenti che non conoscono il planking.

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3.5 Tormentoni: fenomeni musicali e culturali Sono certa che anche voi, proprio come me, siete stati assillati, ossessionati fino alla nausea, posseduti fino a non poterne più, da uno di quei motivetti qualunque, che sembrano venire così, da una di quelle canzoni che si sentono per caso alla radio, al bar, al supermercato: uno di quei tormetoni che non ci lasciano più, che ci ritroviamo a cantare appena svegli, che ritmano il nostro passo quando camminiamo per la strada o che improvvisamente, senza che ne comprendiamo la ragione, vengono a turbare i nostri pensieri. Si possono amare o odiare: può capitare di riascoltarli dopo molti anni e di sentirsi rapiti da un’ondata di nostalgica commozione che ci trascina nel passato come se fosse ancora presente; oppure, al contrario, a volte cerchiamo di difenderci con tutte le nostre forze da questo parassita musicale che si impadronisce di noi ... Non c’è nulla da fare, è come un virus che ci invade, è come un tarlo nell’orecchio. Secondo James Kellaris, professore di marketing all’Università del Cincinnati, quasi il 99% dei soggetti ha a che fare con questi

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tarli, in alcuni casi la melodia ossessiva può restare frequente nella nostra mente anche delle ore. Esistono diversi tipi di tormentone: alcuni riescono ad accompagnare la nostra vita, fino a costituirne l’incomparabile colonna sonora, possono determinarsi nella nostra mente in base ai nostri ricordi o ai nostri gusti. Altri tormentoni fanno il giro del mondo e diventano colonne sonore di lunghi periodi storici come “Imagine” di John Lennon, note e frasi che si iscrivono nella storia.

Ma la specie di cui vorrei parlare e che più trovo fenomenale sono i tormentoni estivi: quei brani musicali “alla moda” che ogni estate ci ossessionano molto. Si propagano ovunque: radio, spiaggia, locali, tv, web. Diventano argomento di discussione, condivisione, suonerie dei cellulari, speciali dei tg. In poche parole diventano un fenomeno culturale, in tanti casi breve, ma tali da influenzare i prodotti culturali successivi. Posso affermare che ciò che mi ha portata a scrivere questa tesi è stato proprio uno dei tanti tormentoni.

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Premetto che non sono un’attenta fan di questo genere musicale, fino a poco tempo fa cercavo di evitarne l’ascolto, ma a settembre dell’anno scorso, dopo un’incredibile estate passata involontariamente ad ascoltare il tormentone estivo 2012, leggo un articolo illuminante su Tgcom24 dal titolo: “Bari, canta Pulcino Pio in strada. Picchiata da un ragazzo più grande”.

3.5.1 Effetti di contagio Pulcino Pio, tormentone musicale dell’estate 2012, è un singolo prodotto da Radio Globo32. In Italia ha ottenuto un immediato successo scalando le classifiche fino ad arrivare al primo posto per due mesi consecutivi. Questi dati e il titolo dell’articolo citato pocanzi, ci bastano per capire il livello di ossessione che ha potuto provocare in determinate persone magari più “sensibili”. Riporto l’articolo di Tgcom24 che risale al primo settembre 2012.

“Una ragazzina di 15 anni è stata presa a schiaffi da un altro ragazzo dopo aver cantato il tormentone dell’estate 2012: il pul-

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cino Pio. È successo l’altra sera nel centro di Polignano a Mare, in provincia di Bari. Il ragazzo, di qualche anno più grande, si è avvicinato alla vittima e le ha ordinato di smetterla. La minore avrebbe proseguito con il ritornello e a quel punto l’aggressore l’avrebbe colpita con due schiaffi in pieno volto. Sarebbe scoppiata una rissa sedata per tempo dagli amici del presunto aggressore”.

Inizio a ridere, consapevole che non c’era da ridere, ma immaginavo la scena della ragazzina barese, che imperterrita continuava a cantare in faccia al ragazzo, nonostante le avesse chiesto di smetterla, una delle canzoni più idiote che io abbia mai ascoltato. La melodia è ossessiva, ripetitiva, incredibilmente stupida e di poco gusto. L’effetto che fa è tipico dei tormentoni: basta ascoltare una sola nota che te lo ricordi e parte in loop nella tua mente, fermarlo diventa un impresa. Credo sia stata questa la ragione dei due ceffoni in faccia alla ragazza. Sono certa che il ragazzo era abbastanza stanco di sentire la hit continuamente e voleva semplicemente evitare di

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32. Pulcino Pio, videoclip.


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passare altre ore con quel motivetto che ti invade la testa. Per questo le avrà chiesto di smetterla, prima di essere di nuovo vittima e trasmettitore del Pulcino Pio. Ma ora concentriamoci sulla ragazza: Lei, tozza, con vestitino e zoccoletti azzurri come il mare, a girovagare nella piazza assolata di Polignano a Mare. Lei, che poche ore prima pranzava con la sua numerosa famiglia, in una piccola cucina dove lo spazio per la Tv non manca mai. Lei a tavola a mangiare mentre si informa e si accultura con i servizi tv.

“Ecco di nuovo un servizio sul Pulcino Pio! Devo alzare il volume che è importante!”

Intanto la musica inizia ad invaderla, lei si apre, l’accoglie, la desidera, la canticchia per l’ennesima volta e finalmente la conosce a memoria! Conosce tutte le strofe, tutti gli animali che sono nella radio, certo, si è esercitata un sacco prima di impararli tutti. Quasi non ci crede, ne va fiera, lei è top, lei è trend, lei conosce Pulcino Pio dalla A alla Z, lei può sfidare tutte

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le amiche, ne è sicura. Sa anche cantarla velocemente! Non sta più nella pelle tanto che non riesce a fare il suo solito riposino pomeridiano, è lì che continua a ripetere le strofe: In radio c’è un pulcino, in radio c’è un pulcino... e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è una gallina, in radio c’è una gallina... e la gallina cò, e il pulcino pio e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è anche un gallo, in radio c’è anche un gallo... e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è un tacchino, in radio c’è un tacchino... e il tacchino glu glu glu il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è un piccione, in radio c’è un piccione... e il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è anche un gatto, in radio c’è anche un gatto... e il gatto miao, il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio

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e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è anche un cane, in radio c’è anche un cane... e il cane bau bau, il gatto miao, e il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è una capra, in radio c’è una capra... e la capra meee e il cane bau bau, e il gatto miao, e il piccione tru e il tacchino gulu gulu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è un agnello, in radio c’è un agnello... e l’agnello bee e la capra meee e il cane bau bau, il gatto miao, e il piccione tru e il tacchino gulu gulu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è una mucca, in radio c’è una mucca... e la mucca moo, l’agnello bee e la capra meee e il cane bau bau, il gatto miao, e il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò...continua.

È assodato! È imbattibile. Su 20 volte ha sbagliato solo una volta a dire cane al posto di mucca. Abbandona l’idea di dormire e anticipa di due ore il solito appuntamento delle 18.00 con le

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amiche, sperando di incontrare qualcuno con cui poter condividere la sua incredibile conoscenza. Ora è in piazza, all’orizzonte solo due vecchietti che di sicuro non sono alla moda, è sola e ne approfitta per ripassare il testo e il balletto, cosi sarà prontissima per dimostrarlo ai suoi coetanei. È passata quasi un’ora e la piazza è ancora deserta, non ce la fa più, ha una voglia incontrollabile di esibirsi!

”Ecco finalmente un gruppetto di ragazzi! Non sono le mie amiche, ma sono ragazzi, sono alla moda e certamente conoscono Pulcino pio, ma di sicuro non quanto me!”

Buio, nero, incoscienza...lei parte spedita, va verso uno di loro, si piazza a pochi centimetri da lui e chiudendo i pugni, porta le mani sui fianchi, si carica e finalmente sprigiona il virus: occhi persi nel vuoto, bocca che sputa, incontrollabilmente, pulcini e versi di animali vari. Lei, trasmissione pura del tormentone, immemata a tal punto da non sentire la voce del ragazzo. Lei, l’esempio perfetto di replicante di un meme. Lui, incredibil-

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mente allucinato, prova a fermare il contagio, non lo desidera, non ci tiene, non ha assolutamente voglia di diventarne vittima, chiede a lei di smetterla. Lo richiede, ancora e ancora, ma è troppo tardi. Il virus è già nella sua mente: In radio c’è un pulcino, in radio c’è un pulcino... e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio...

Buio, nero, incoscienza. Partono i ceffoni. Questo è quello che ho immaginato leggendo il breve articolo di Tgcom24, posso aver esagerato nella descrizione, ma non credo di essere tanto lontana dall’effettiva percezione della melodia ossessiva.

Ciò che è chiaro rispetto ai tormentoni musicali è che non puoi sfuggire al contagio, sia esso positivo o negativo. Di certo accogliere il virus in maniera negativa non fa bene, perciò la maggior parte delle persone sceglie di assecondarlo, e di viverlo in maniera positiva: da questa “scelta” vediamo nascere balli di

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gruppo, parodie dei brani eseguite in playback (sincronizzazione labiale) create da milioni di utenti che registrano e condividono la loro esibizione del tormentone del momento. Protagonisti indiscussi di questa pratica sono il già citato Gary Brolsma e Keenan Cahill. Gary, conosciuto sul web come “Numa Numa”, vanta più di 700 milioni di visualizzazioni del suo video parodia della canzone “Dragostea din tei” degli O-zone. Mentre Keenan Cahill33, dopo i suoi numerosi video visti da milioni di utenti in tutto il mondo, è ormai una star nota non solo nel web, artisti come Justin Bieber, Katy Perry, David Guetta, hanno voluto esibirsi con lui in brevi videoclip. Un aspetto da notare, come nel caso del viral marketing, è l’adattamento stilistico amatoriale e non il contrario. 33. Keenan Cahill con Justin Bieber.

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3.5.2 Anatomia dei tormentoni Ogni tormentone è caratterizzato da regole stilistiche ben precise, e per certi aspetti, molto meno flessibili che in altri generi musicali che potremmo definire “canonici” come il Rock, l’Hip Hop ecc... Queste regole sono facilmente individuabili e le principali sono le seguenti:

• Ritmo; • Immediatezza; • Iterazione.

Ritmo: la componente ritmica è una delle componenti fondamentali del tormentone, brano concepito e nato al solo scopo di intrattenere e spingere al ballo, quindi deve essere dotato di un ritmo preciso, regolare, che si possa ballare facilmente, e questo conduce alla seconda conditio, ovvero, l’immediatezza.

Immediatezza: il tormentone del essere assimilabile in maniera semplice ed intuitiva, deve spingere l’ascoltatore a dire

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“avrei potuto scriverla io”, l’immediatezza implica la semplicità, il brano per essere immediatamente memorizzato deve per forza di cose avere un testo semplice, lineare, quasi banale, e questa semplicità conduce al terzo punto.

Iterazione: una delle componenti fondamentali per un tormentone. Il brano deve ripetere le stesse parole per molte volte, e non deve strutturarsi di frasi e passaggi complessi, quindi nella creazione del testo vanno sistematicamente esclusi eventuali virtuosismi linguistici e vocali, riducendo così all’osso il testo, tuttavia, essendo un brano che dura in media tra i 3 ed i 4 minuti, sarebbe inopportuno smettere di cantare dopo appena trenta secondi, e qui entra in gioco l’iterazione, o meglio, il ritornello, vero e proprio cardine del tormentone, il ritornello ne rappresenta la colonna portante, è il suo elemento centrale che si ripete diverse volte componendo la maggior parte del testo. Un tormentone musicale non può prescindere da una coreografia studiata e progettata in modo da poter essere eseguita da chiunque lo voglia, bambini, anziani, e negati danzatori.

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Come il testo, deve essere composta da movimenti semplici, divertenti, ritmici e soprattutto ripetitivi, ma ciò che in assoluto non deve mancare sono gli aspetti “libidici” e liberatori. Spesso il desiderio di riproduzione di un tormentone sembra essere connesso a una qualche forma di liberazione corporea, danzando un qualcosa che tutti riconoscono e condividono, siamo “giustificati” a ripetere gesti tabù come il movimento pelvico, o qualsiasi altro che, escluso da una coreografia riconosciuta, viene normalmente considerato vietato o imbarazzante.

3.5.3 Gangnam style34 È un fenomeno scoppiato su internet nel 2012, singolo di successo di Psy, è un tipico esempio di viral video. È il video più visualizzato nella storia di Youtube, ben

1.745.705.776 visual-

izzazioni e 4.140.000 riproduzioni da parte degli utenti. Questi 34. “Gangnam style”, videoclip.

gli ingredienti alla base del suo successo: è frivolo, banale, senza alcun contenuto di rilievo. Psy, è un rapper sudcoreano di 35 anni. Gangnam è un quartiere di Seul e la canzone si riferisce allo stile di vita dei ragazzi di questo quartiere. Il video ufficiale

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inizia con l’esibizione di un ballerino di 5 anni, concorrente del reality “Korea’s Got Talent 2”, Hwang Min Woo. La musica è K-pop, ovvero pop Koreana, semplice, con salti armonici di 3 e di 6. Il testo è incomprensibile, almeno per chi non conosce il coreano, senza contenuti particolarmente profondi. Le immagini del video, che dura poco più di 4 minuti, riescono a catturare l’attenzione dello spettatore e scorrono senza apparire pesanti o noiose. Il balletto di Psy che accompagna la canzone, è il vero punto forte, forse è quello che lo ha reso un tormentone. Pochi passi, ripetitivi, semplici, un po’ goffi come un po’ lo è Psy.

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Proprio questi passi hanno fatto da volano per la diffusione mondiale del video. Sono nate parodie, imitazioni, riproduzioni, flashmob. Personaggi famosi e trasmissioni televisive hanno danzato su quelle note, ecco alcuni nomi ed esempi: Britney Spears, i piloti Webber e Vettel, l’attore Hugh Jackman (famoso per la sua interpretazione di wolverine), la Sharapova, Djokovic, Ellen De Generes, Eric Schmidt. Una volta innescata, la meccanica del viral video è cresciuta esponenzialmente. Tutti a provare quei passi, postarli su you tube, e aspettare like e condivisioni. Perchè? Come abbiamo visto nel caso di Pulcino Pio, l’elemento di sfida è assolutamente essenziale per innescare il desiderio di riproduzione. Un utente guarda e riguarda il video finchè non è capace di ripetere i suoi passi o il suo testo. La sfida può essere contro se stessi, come contro milioni di utenti o addirittura contro gli uragani. Infatti in più occasioni, durante alcune dirette tv che documentavano l’uragano Sandy, gruppi di persone comparivano alle spalle del giornalista eseguendo seminudi i passi del Gangnam Style nel bel mezzo di un uragano.

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3.5.4 Harlem shake Dopo il Gangnam Style arriva l’Harlem shake, un video meme molto interessante. Una banale ricerca su YouTube per Harlem Shake porta almeno tre milioni settecento mila risultati, contro i 9.430 del gnagnamstyle. Cosa significa? Mentre il tormen35. “Do the Harlem shake”, original videoclip.

tone di Psy vince in quantità di visualizzazioni del suo video originale, L’harlem Shake lo batte decisamente in quantità di riproduzione dell’originale. Cioè, milioni di persone hanno caricato su you tube la loro versione del tormentone. Ma come nasce questo fenomeno? Tutto è cominciato il 30 gennaio, quando Filthy Frank, uno studente di comunicazione di New York con 13mila follower su YouTube ha pubblicato un video di trenta secondi di quattro uomini in tutina da super eroe che ballavanosulle note di un remix di una canzone popolare. Dj Baauer, racconta: «Ho preso un synth da house olandese e l’ho messo su una traccia hip hop ,”Miller Time” dei Plastic Little. Poi ho cercato di attirare l’attenzione di tutti con suoni strani e altre pazzie: il tipo all’inizio quello che grida “con los terroristas”, l’ho preso da

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qualche parte su Internet e il ruggito del leone rende tutto nonsense. È una canzone sciocca e divertente».

Il pezzo è nato quindi l’anno scorso ed è stato presentato per la prima volta sulla Bbc1 e successivamente Diplo, che ha lavorato con star internazionali come Beyoncé, ha messo il dj sotto contratto. Il brano è stato distribuito in download gratuito, ma non è decollato. Questo fino al febbraio 2013 quanto tutto sembra essere cambiato grazie al video dei quattro ragazzi in tutina da super eroe.

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Di seguito alle numerose visualizzazioni del video inizia ad essere riprodotto da altri utenti e a quanto pare, a generare la follia globale è stato il video Harlem Shake v3 (Office edition) In questa versione un uomo con il volto coperto da un casco balla in un ufficio open space mentre tutti gli impiegati lavorano. Poi al cambio di musica si scatenano tutti ballando come matti. Da allora chiunque abbia avuto dieci minuti di tempo, una videocamera (anche quella del telefonino) e un account You Tube ha realizzato e pubblicato la propria versione del meme, e praticamente ogni video è diventato virale. Sembra proprio che tutti vogliano lasciare il proprio marchio di 30 secondi con Do the Harlem Shake, compresi, per esempio, Kyle MacLachlan indimenticabile protagonista di Twin Peaks o di Dune e gli impiegati di Google o Facebook.

Secondo TechCrunch ci sarebbe una formula dietro al successo di Harlem Shake. Una formula ben precisa, facile da seguire, con delle variabili che ognuno può cambiare a suo piacimento in modo da personalizzare il video (come location, personaggi,

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azioni che compiono i personaggi, situazioni, costumi, numero dei partecipanti). La formula di Harlem Shake, stando a TechCrunch è : [14T x (A1 + V1)] => Δ => [14T x (A2 + V2)] => [2T x (A3+V3)]

Ovvero: [14 secondi di (una musica in crescendo) durante i quali (una persona balla in modo abbastanza passivo o da sola o circondata da persone praticamente immobili)], poi un taglio di circa un secondo seguito da [14 secondi (musica dance pompata) durante i quali (tutti i presenti ballano o si muovono senza senso e in maniera abbastanza aggressiva)]; infine [2 secondi di (un suono abbastanza fluido) e (uno slow-motion)].

Una formula decisamente semplice da applicare: basta piazzare una telecamera da qualche parte, filmare la prima parte (quella in cui balla uno solo), filmare la seconda parte (quella in cui ballano tutti) attaccarle e aggiungere lo slow motion finale. Quest’ultimo dettaglio viene spesso tralasciato. Le possibilità , una volta condiviso su You Tube o Facebook, che i tuoi amici

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o sostenitori lo guardino è molto alta grazie alla durata minima: chiunque ha tempo per guardare un video di 30 secondi. Ma l’aspetto più interessante dell’Harlem Shake è l’elemento di sfida: milioni di utenti hanno sfidato l’ordinario, chi infrangendo le regole sul lavoro, chi la gravità, chi la mancanza di ossigeno. Quasi quattro milioni di persone che hanno generato situazioni tanto folli quanto creative, subendo, in alcuni casi anche licenziamenti e arresti.

L’Harlem shake è attualmente la più intelligente forma di tormentone musicale, la sua struttura, seppur determinata da regole ben precise, apre infinite possibilità di replicazione. Ognuno può scegliere come agire e muoversi nello spazio.

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Conclusioni Con l’avvento del web 2.0 abbiamo assistito ad un meraviglioso progresso sociale, ancor più che tecnologico, caratterizzato dalla possibilità di condividere, con eccezionale facilità, le proprie passioni, le proprie qualità, i propri pensieri. Velocemente il web è diventato un vero e proprio luogo fatto di discussioni, confronti, idee. Lo stesso medium diventa un autentico “mash-up” di elementi, gente, culture che portano necessariamente ad una concezione generale confusa, fatta di una miscela di filosofie e pensieri che nel calderone del web perdono la loro reale profondità per dare vita ad un nuovo modo di concepire arte, cultura, filosofia e umorismo: si tende a preferire l’immediato, il semplice, il non-sense, e si rimbalza fra leggerezza e poesia in maniera troppo rapida ed equivoca per manifestare realmente un pensiero ricco di contenuto senza perderne l’umorismo.

Il meme è un “condensato di contenuti”, in questo senso afferibile alla valenza dello “gnome” aristotelico. Concentrato di

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conoscenza, condensato in un motto, detto che si diffonde e trasmette velocemente. La commedia di Aristotele è perduta, proprio perché ritenuta pericolosa e rivoluzionaria, ma quel che resta, frammenti, appunti basta a darci molte suggestioni su un tema contemporaneo. La chiave del successo del meme è nella potenzialità comica. Ironia è il tratto distintivo del meme, sia che venga attuato con la modalità volontaria della parodia, sia con quella spontanea dell’imitazione. Tale comicità è rafforzata se riferita a un contesto comprensibile e conosciuto, se l’oggetto di parodia è santificato dalla cultura di massa e condiviso alla stregua di moda da un numero altissimo di persone. Ed eccoci al ribaltamento, all’esplosione del potenziale rivoluzionario. Cioè alla proposta di tesi. Il rivoluzionario moderno deve imparare a creare intenzionalmente dei memi che non solo siano in grado di sopravvivere alla competizione con quelli della cultura dominante, ma che siano anche in grado di crescere e propagarsi.

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Il riso è un’arma e la sua diffusione una guerra in cui la creatività – anche minimale - si oppone le fucine di disinformazione e alle fattorie di ideologie alienanti e oppressive. Per questo motivo il mio progetto si basa sull’ideazione di un tormentone (ricordate Arbore e Boncompagni in “Alto Gradimento”?) che metta in pratica l’ingegneria memetica propria dei prodotti “pop” per una forma di “terrorismo poetico”.

Il bricolage subculturale fondato più o meno consapevolmente sulla produzione e immissione di memi sobillatori costituisce l’arma non violenta la riuscita è quasi sempre assicurata: di recente ne abbiamo avuti diversi casi anche in Italia, con burle ed eventi organizzati con sapiente capacità memetica. C’è dunque una speranza che il meme non sia soltanto uno strumento nelle mani del più forte economicamente, ma del più furbo e scaltro nei confronti dei virus mentali antiumani: tutto sta ad avere un buon sistema immunitario nel cervello, un paesaggio di idee e credenze che non lasci spazio a infiltrazioni distruttive e fagocitanti. Il meme non ha colore, né bandiera: sta a ognu-

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no di noi comprenderne il valore e usarlo a vantaggio del bene dell’Umanità, soprattutto di quella a noi più cara e vicina.

Viviamo nell’età dei memi. E siamo esseri umani anche grazie a loro. Benvenuti nella società virale, dove virale significa evoluzione, cambiamento, innovazione, realizzazione e miglioramento per la nostra specie. Non ci credete? I memi si.

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