Università degli Studi della Tuscia Facoltà di Lingue e Letterature straniere moderne Corso di laurea in Lettere moderne
“Il cuore senza dita”
Vita e immaginario di Giovanni Bosco, “artista” irregolare Tesi di laurea in Storia dell’arte contemporanea
Relatore Prof.ssa Elisabetta Cristallini
Correlatore Prof.ssa Francesca Petrocchi
Laureanda Eleonora Stassi
Anno accademico 2010/2011
Essere uno di questi alberi, irrevocabilmente circondato di luce, le radici che affondano nella terra perchĂŠ nessun ramo mi abbandoni e il cuore senza dita abiti nella chioma. Mariella Mehr
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A Gianni, Giaime, Cecilia e Solea
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INDICE Introduzione…………………………………………………………………... p. 6 Capitolo I Art brut, Art autre, outsider art, arte irregolare…………………………... I.1 Brevi accenni al panorama internazionale……………………………… I.2 Sicilia “Terra matta”……………………………………………………….
p. 11 p. 12 p. 15
Capitolo II Giovanni Bosco “dottore di tutto”…………………………………………. II.1 Vita…………………………………………………………………………. II.2 Immaginario………………………………………………………………. II.2.1 Cristiani, pupiddi, visinicchie moderne………………………...
p. 18 p. 20 p. 23 p. 28
Capitolo III “Viparicchiu”…………………………………………………………………. III.1 Gli album…………………………………………………………………. III.2 I quadri …………………………………………………………………... III.3 Cartoni e altri supporti………………………………………………….. III.3.1 L’autoritratto……………………………………………………...
p. 36 p. 39 p. 42 p. 44 p. 47
Capitolo IV Il “bosco” di Giovanni………………………………………………………. IV.1 La casa…………………………………………………………………….. IV.2 Castellammare del Golfo ………………………………………………. IV.2.1 Mappa geogra:ca delle opere murali………………………….
p. 53 p. 55 p. 59 p. 62
Capitolo V “La lingua salvata”…………………………………………………………… Considerazioni sulla componente linguistica delle opere V.1 Il dialetto…………………………………………………………………... V.2 I nomi e il lutto……………………………………………………………. V.3 Le canzoni napoletane…………………………………………………… V.4 Anatomia reale e immaginaria………………………………………….. V.5 Geogra:a reale e immaginaria…………………………………………..
p. 67 p. 70 p. 76 p. 77 p. 84 p. 89
Appendice……………………………………………………………………... p. 91 Intervista al presidente dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco.. p. 92 Catalogo……………………………………………………………………......
p. 99
Avvertenza alla schedatura………………………………………………….. Schede delle opere di Giovanni Bosco………………………………………
p. 100 p. 102
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Esposizioni……………………………………………………………………. Mostre personali.…………………………………………………………….... Mostre collettive……………………………………………………………….
p. 171 p. 171 p. 171
Collocazioni…………………………………………………………………… p. 172 Opere in collezioni pubbliche ……………………………………………….. p. 172 Opere in collezioni private…………………………………………………… p. 172 Bibliogra#a……………………………………………………………………. Bibliogra:a generale………………………………………………………….. Cataloghi………………………………………………………………………. Recensioni stampa…………………………………………………………….. Webgra:a……………………………………………………………………… Materiale audiovisivo…………………………………………………………
p. 173 p. 176 p. 176 p. 177 p. 179 p. 179
Ringraziamenti………………………………………………………………..
p. 181
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INTRODUZIONE Per avvicinarsi alla dimensione proposta da Giovanni Bosco va dimenticato il ritratto fotogra:co di un artista irregolare con la barba incolta, magro e le mani sporche per accogliere l’immagine di un autoritratto atipico: il pittore è un’ombra seduta di pro:lo. Bosco proviene da un paese in provincia di Trapani, Castellammare del Golfo, e ha una storia violenta alle spalle: il padre morto prematuramente d’infarto; due fratelli uccisi per il furto di un auto e un terzo suicida. Trascorre i primi vent’anni della sua vita nello scenario pericoloso della pastorizia siciliana tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Per aver tentato di rubare delle pecore, viene incarcerato ed esiliato dall’isola. In questo periodo, la scoperta casuale dell’assassinio dei fratelli gli provoca un esaurimento nervoso. Internato in un manicomio presso San Benedetto del Tronto, probabilmente subisce un elettroshock. Disegnerà in seguito, in una delle prime opere su carta, un cuore nero su sfondo giallo: un cuore elettrico, provvisto di cavi alle due estremità, raf:gurato come una macchina, con all’interno la sagoma che lo rappresenta: l’ombra di pro:lo, ma priva della testa. Bosco inizia a dipingere circa dieci anni prima di morire. Utilizza i materiali più eterogenei e, principalmente, dei supporti di fortuna. I suoi lavori “mobili” sono divisi in diverse collocazioni: le principali sono una collezione privata a Roma, l’archivio della Collection de l’Art Brut e quello della Associazione Outsider Art Giovanni Bosco. Il pittore, però, rivisita anche le facciate delle case in rovina, trasformando il suo paese in un “atelier senza con:ni” 1, un museo a cielo aperto. 1
Vedi Quando l’art brut esce allo scoperto, saggio di Teresa Maranzano, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza
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Giovanni Bosco crea un universo immaginario abitato da strani esseri muscolosi e dalle forme stravaganti a cui attribuisce il nome di visinicchie, pupiddi, viparicchi. Il pittore realizza un sistema di norme e stabilisce un codice di comportamento, che mette in risalto “il corpus mitico-archetipico "originario" lungo l’intera tra:la del suo articolarsi e differenziarsi e coagularsi in :gure e fantasmi (o "personaggi")”2. Questo insieme di riferimenti e valori è mutuato dalle canzoni napoletane e dalla cultura siciliana. Bosco non sceglie di isolarsi dalla dimensione cittadina, ma porta con sé i tratti di una separazione che lo scrittore Gesualdo Bufalino aveva descritto con queste parole: “l’insularità non è una segregazione solo geogra:ca, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della stanza del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la dif:denza, il pudore; e il senso di essere diversi.” 3 Un elemento distintivo del rapporto tra opera d’arte e dati dell’esperienza è “la costruzione e lo sfruttamento della categoria della possibilità.” 4 L’opera di Giovanni, traccia un percorso esemplare nella profondità della memoria, a cui restituisce con le sue rappresentazioni le possibilità mancate. Una parola chiave per comprendere l’opera del pittore è “frammento”: il pittore divide accuratamente i ricordi per salvare i dettagli di un unico periodo felice; scompone i corpi nei diversi organi; inserisce all’interno delle sue :gure i pochi versi delle canzoni che ricorda, che vanno ad aggiungersi ad una componente linguistica composta di nomi geogra:ci e anatomici, di nomi internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, 2009 2
Vedi Introduzione di Corrado Bologna in J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1998, p. 13. 3
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 18-19.
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Vedi L’arte come modo di conoscenza, saggio contenuto in J. S. Bruner, Il conoscere, saggi per la mano sinistra, Armando editore, p. 94.
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propri e cognomi e di sequenze misteriose di lettere e numeri. Questi pochi vocaboli sono la sintesi di una identità popolare legata al dialetto, alla musica melodica napoletana e a un atteggiamento di rispetto verso il lutto tutto siciliano. Negli ultimi anni della sua vita, si ammala di un tumore alla gola, ri:uta le cure e tras:gura la sua malattia in una macchia colorata all’interno di un pupiddo. Questo particolare aiuta lo spettatore nel processo opposto: la riconversione dolorosa all’infermità :sica. “Non c’è nulla, infatti,” come scrive Starobinsky, “che riconduca al corpo come l’insuccesso subìto nel tentativo di sfuggire al corpo.”5 Nonostante l’opera del pittore non possa essere inserita all’interno di una tradizione storico-artistica per il suo carattere originale e privo di riferimenti, alla sua esperienza artistica fanno eco quelle di pittori di tutto il mondo: dalle visioni di Ataa Oko, pittore ghanese di circa novant’anni, alle pareti dipinte della casa di Bonaria Manca, pittrice sarda che vive a Tuscania (VT), dai gerogli:ci di Oreste Ferdinando Nannetti, presso l’ex-manicomio di Volterra, agli Otages di Fautrier. Le :gure di Bosco richiamano inoltre i versi di una poetessa rom, Mariella Mehr, che fu internata presso il manicomio di San Colombano
dopo
essere
stata
sottoposta
alla
violenta
procedura
di
sterilizzazione effettuata in Svizzera sulle donne di questa etnia :no a metà degli anni Settanta6. Non bisogna ancora dimenticare che per le creazioni irregolari è maggiormente valido il concetto di relatività temporale del signi:cato, che viene espresso nell’Art Theraphy sourcebook con queste parole: “Art expressions 5 Vedi J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1998, p. 87-89. 6
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can also change meanings over time. That is, if you look at a drawing or painting several weeks from now, you may see new aspects and have new reactions and responses to what you see. This is part of the magic of art but also part of its mystery when it comes to establishing a singular meaning for a drawing, paintings, or sculpture”7.
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“L’espressione artistica può anche cambiare signi:cato nel tempo. Questo accade quando guardi un disegno o un dipinto a diverse settimane da ora e noti nuovi aspetti e ottieni nuove reazioni e risposte da quello che vedi. Questo fa parte della magia dell’arte, ma è anche parte del suo mistero quando arriva a stabilire un unico signi:cato per un disegno, un dipinto o una scultura”(traduzione personale). Vedi C. A. Malchiodi, The Art Theraphy Sourcebook, Lowell House, Los Angeles, 1998, p. 8.
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CAPITOLO I ART BRUT, ART AUTRE, OUTSIDER ART, ARTE IRREGOLARE
Follia è una parola.8 Mariella Mehr
La frase di Jean Dubuffet che si trova sui depliant introduttivi della Collection de l’Art brut di Losanna, la collezione più importante e più vasta per questo genere di arte, recita così: “L’arte non viene a coricarsi sui letti creati apposta per lei; fugge solo a sentirne parlare. Ciò che ama è l’incognito; i suoi momenti migliori sono quando si dimentica del suo nome”. Viene così messo in luce immediatamente l’elemento distintivo dell’Art Brut e di tutte le sue varianti linguistiche: “l’incognito”, come vuoto, come mancanza, come necessità. Qualcosa che non si può spiegare, qualcosa che si vorrebbe, ma non si accetta: la nostra percezione e comprensione ha dei limiti. Questo è il ruolo dell’Art Brut, oggi: donarci il piacere di un vuoto, un vuoto da riempire con mille visioni e mille rielaborazioni notturne delle :gure, delle immagini e dei personaggi che abitano i boschi delle produzioni artistiche geniali di questi autori. Si tratta spesso di analfabeti o incolti che si trovano sempre in una posizione di ri:uto delle norme, dei valori sociali, dei codici, della realtà o che 8 Ein Wahn ist ein Wort. (tedesco), O dilipe si jek lav. (lingua rom), in Mariella Mehr, Notizie dall’esilio, traduzione italiana di Anna Ruchat, Ef:gie edizioni, Milano, 2006, p. 73.
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sono segnati da una vocazione a una vita solitaria, emarginata anche per scelta. Tra questi :gurano internati di ospedali psichiatrici e detenuti, ma anche persone eccentriche, performer ed eremiti nella natura o nel proprio appartamento. Le opere sono originali e tutte differenti, lontane dalla tradizione storico-artistica. Il processo di riconoscimento e costruzione di questa arte parallela inizia a metà del Novecento in Svizzera e arriva, nella contemporaneità, ad affascinare il mondo intero: sconvolge una tradizione dove la razionalità è vissuta come “un vizio, […] un codice privilegiato di comunicazione, la cifra di una élite.” 9
I.1 Brevi accenni al panorama internazionale Le fonti che parlano di casi artistici stravaganti percorrono l’intera storia umana, ma l’interesse nei loro confronti cresce notevolmente nella seconda metà dell’Ottocento in maniera parallela allo sviluppo della psicanalisi. I primi artisti esemplari sono il postino Cheval, che nel 1879 aveva messo la prima pietra delle fondamenta del suo “Palais Idéal”, un castello monumentale presso Châteauneuf de Galaure, e Adolf Wölfi 10, pittore svizzero internato presso il manicomio di Waldau, vicino Berna. Nel 1899 il francese Flournoy pubblica Des Indes à la planète Mars, il resoconto di un viaggio ultraterreno che Helen Smith, una medium, diceva di aver vissuto in una delle sue sedute di spiritismo. Il libro contiene anche le immagini che la donna aveva disegnato: il ritratto di un marziano, il loro alfabeto, ecc. 9
Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p.15. 10
Per una panoramica completa dell’autore vedi W. Morgenthaler, Ein Geisteskranker als Künstler (A. Wöl2i), Ernst Bircher Verlag, Bern, 1921 e Compagnie de l’Art brut, L’art brut 2 , Paris, 1964.
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I primi decenni del Novecento, con le opere cinematogra:che di Méliès, la nascita del Cubismo e del movimento astratto, la provocazione duchampiana del “ready-made”, preparano il terreno a una nuova considerazione delle esperienze irregolari, che, in seguito alla pubblicazione del Manifesto surrealista di Breton nel 1924, diventa modello puro per i procedimenti di associazione e scrittura automatica. Gli autori più importanti e più famosi in questo periodo sono Rousseau, al limite tra arte uf:ciale e Brut, e Alöise Corbaz. È interessante notare che la prima esposizione, che riunisce queste opere a quelle dell’arte “riconosciuta”, sia nel 1937 Entarterte Kunst, mostra dell’arte “degenerata” organizzata a Monaco dal partito nazista, per mettere in risalto in senso dispregiativo proprio le convergenze tra i lavori degli autori dissidenti o ebrei con quelle dei malati di mente. A partire dal 1945, Jean Dubuffet inizia le ricerche che hanno portato all’approvazione più o meno uf:ciale dell’arte outsider. Nel 1948 nasce la Compagnia dell’Art Brut e l’anno successivo nel catalogo L’art brut préféré aux art culturels viene de:nito il concetto di Art Brut. La compagnia si scioglierà nel 1951 e Dubuffet continuerà i suoi studi solitariamente. Dal 1962 la collezione che il pittore ha riunito a Parigi accoglierà i risultati delle esperienze di Carlo, Lesage e Podestà e nel 1970, grazie anche a numerose donazioni, il fondo conterà già cinquemila opere. Nel frattempo la riunita Compagnia dell’Art Brut pubblica il primo fascicolo de “L’Art Brut”, una raccolta di monogra:e degli autori fondamentali. Tra il 1971 e il 1972 la collezione viene donata alla città di Losanna, che nel 1976 inaugura la Collection de l’Art Brut e nomina Michel Thévoz come direttore.
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La Collection possiede attualmente sessantamila oggetti e, oltre ad una mostra permanente, propone delle esposizioni temporanee tematiche o monogra:che. Recentemente sono sorti in tutta Europa nuovi importanti centri per lo studio e la raccolta. Il carattere universale delle opere di questi autodidatti ha poi contagiato il mondo da Oriente a Occidente e sta portando alla scoperta delle esperienze artistiche di autori provenienti da ogni paese.
I.2 Sicilia “Terra matta” Gesualdo Bufalino ha de:nito la Sicilia un’”isola plurale.” 11 Una di queste identità è quella che la descrive come “terra matta”, di passioni e di personalità eccentriche o mute. C’è stata una Sicilia di “urla senza suono” 12 dei prigionieri dell’Inquisizione. A Palermo nelle ex-carceri del complesso monumentale dello Steri, si può ammirare quello che rimane delle incisioni e dei disegni di chi attendeva una condanna, che potevano diventare “un’ulteriore prova di eresia”13. A questa dolorosa testimonianza, può essere avvicinata quella di un paziente anonimo che, sulle pareti esterne dell’ospedale psichiatrico Pietro Pisani di Palermo, aveva tracciato una serie di :gure, degli “idoli” funesti. La costruzione del manicomio era stata preceduta nel 1824 dalla Real Casa dei Matti, una istituzione borbonica diretta dal barone Pisani, che però partiva da premesse differenti: “una "terapia morale" piuttosto che una terapia d’urto”14. I degenti praticavano una sorta di arteterapia collettiva, le cui tracce 11
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 18-19.
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Vedi G. Pitrè, L. Sciascia, Urla senza suono, graffti e disegni dei prigionieri dell’Inquisizione, Sellerio, Palermo, 1999. 13
Vedi E. Di Stefano, Irregolari. Art brut e outsider art in Sicilia, Kalòs, Palermo, 2008, p. 37.
14
Ibidem, p. 47.
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rimangono nella realizzazione di una pavimentazione colorata e cosparsa di sagome nel cortile. Gli artisti irregolari che operano nel Novecento coprono l’intera geogra:a della penisola. Possono essere divisi tra chi ha scelto di costruire un ambiente e, quindi, delle opere :sse, e chi, invece, ha preferito supporti mobili, dalla tela al proprio corpo. Tra i primi, bisogna innanzitutto ricordare l’esperienza singolare di Filippo Bentivegna, che trasformerà i suoi tre ettari di campagna presso Sciacca in un “Giardino Incantato”. Bentivegna, tornato dagli Stati Uniti in seguito a un evento violento, inizia ad intagliare sul tronco di ogni albero e su ogni pietra che incontra un volto. Un altro artista, Giovanni Cammarata ricoprirà la sua casa a Messina con un enorme mosaico, dove inserisce delle :gure ricorrenti nella tradizione siciliana: l’elefante e i combattimenti tra paladini. Anche Rosario Santamaria spargerà sugli scogli e le altre pietre dell’isola di Favignana il suo immaginario di strani animali e mostri. Tra gli autori che invece hanno preferito per le loro creazioni anche supporti più leggeri possiamo elencare Francesco Cusumano di Caltagirone; Francesco Giombarresi dalla provincia di Ragusa; Salvatore Bonura, detto Sabo, e Gaetano Giambino, da Palermo; Giovanni Abrignani da Marsala, in provincia di Trapani15. Ognuno di loro ha rappresentato un immaginario distinto dove elementi religiosi e superstiziosi o anche il mito dell’”America” e del mondo arabo si mescolano con personaggi e divinità fantastici.
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Per una panoramica su questi autori vedi E. Di Stefano, Irregolari. Art brut e outsider art in Sicilia, Kalòs, Palermo, 2008, p. 37
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La produzione di Giovanni Bosco si inserisce a metĂ tra la corrente mobile e quella immobile con il suo carattere eterogeneo di opere realizzate su tela e volantini pubblicitari, su album e murales.
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CAPITOLO II GIOVANNI BOSCO “DOTTORE DI TUTTO”
Finalmente svincolata dagli auguri Finalmente libera dallo strangolamento del vuoto, il buio di tutte le cose perse.16 Mariella Mehr
Giovanni Bosco aveva scelto per sé l’epiteto di “dottore di tutto”, che in diverse occasioni accompagnava la sua :rma sul fondo delle creazioni. Il “dottore”, nell’ambiente del paese, rappresenta il custode di un sapere guaritore, che in maniera simile nelle società primitive, a causa della mancata alfabetizzazione e dell’ignoranza del ceto popolare, viene percepito come magico. La magia, in maniera simile all’ispirazione, derivano da una entità sovrannaturale e questa credenza trasforma “un’attività in passività.”17 Giovanni Bosco non crede in nessuna divinità e, nei momenti di maggiore razionalità, avvicina al “tutto” il “niente”: “dottore di tutto, quindi di niente”. Questo ossimoro rivela il piacere che il pittore provava nell’essere creatore e il riconoscimento che aveva raggiunto del suo ruolo. Allo stesso tempo, ci
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Von Glückwünschen endlich losgebunden/ endlich befreit/ von Würgegriff der Leere,/ das Dunkel alles verlorenen. 16 Marzo 2007, Mariella Mehr, San Colombano e attesa, Ef:gie edizioni, Milano, 2010, p. 35. 17 Vedi Sull’ispirazione, saggio di Ernst Kris, contenuto in Preconscio e creatività, a cura di P. F. Galli, Einaudi, Torino, 1999, p. 23.
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restituisce, però, anche la disillusione verso una realtà ineludibile e piena di santi e politici “di carta.”18 Il regista francese Godard diceva che “una immagine non è forte perché è brutale o fantastica, ma perché l’associazione di idee è remota, remota e giusta.”19 In questa “associazione remota” è contenuto tutto il valore umano dell’opera di Bosco.
II.1 Vita TESSERA.DIRRICONOSCIMENTO.PERSSONA.ANNO.20006. FABRICAZZIONE. DI BOSCO.GIOVANNI. FU PIETRO.E DI BUCCELLATA ADELINA.NATO.ACCASTELLA.MMARE.DEL.GOLFO. PROFESSIONE.LAVORO. PRIMA.PASTORE.POI.MANOVALE.PER.FFARE.ILMALMO.PER.LE.CAS E. NONAVENTO.ALTRO.DADIRE. GIORNO.DIFABRICAZIONETESSERA.ANNO.20006. 20 Giovanni Bosco nasce a Castellammare del Golfo il 3 marzo 1948. La madre ha diciotto anni ed è già vedova del primo marito e con una :glia; il padre è un pastore. Alla seconda elementare, Giovanni Bosco abbandona la scuola e comincia a lavorare con il padre, che morirà prematuramente di infarto.
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Parole di Giovanni Bosco dall’ intervista contenuta in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, documentario realizzato e prodotto da ZEP, 2008, 30'. 19
Cfr. Quando l’art brut esce allo scoperto, saggio di Teresa Maranzano, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, 2009 20
“Tessera di riconoscimento persona. Anno 2006. Fabbricazione di Bosco Giovanni. Nacque da Pietro e Adelina Buccellata a Castellammare del Golfo. Professione Lavoro. Prima pastore e poi manovale per fare il marmo per le case. Non avendo altro da dire. Giorno di fabbricazione anno 2006.” (trascrizione personale): trascrizione del contenuto linguistico di un’opera, che si trova presso l’archivio dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, Castellammare del Golfo (TP).
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Papà.è.Natale.Facitimi. ricurdari.sempre.una. festa.e.faciti.:nta.cà. sugnu.unu.artista.chè. sempre.Natale. 20007.1988. 1918.21 Molto tempo dopo, Giovanni scriverà queste parole all’interno di un murale. C’è stato forse un ultimo Natale felice. Poi, come riferisce lui stesso in una intervista22, “mio padre è morto ed è :nita la festa”. L’allusione ad una morte improvvisa ed inaspettata e la parola “infarto”, inserita da Bosco all’interno dei disegni nella trascrizione dialettale “invarto”, ricorrono molto di frequente nella sua opera. Questo primo incontro con la morte segna l’inizio di un lungo travaglio interiore del pittore verso una impossibile riconciliazione ed è purtroppo solo l’inizio della serie di perdite che Bosco dovrà subire lungo lo svolgimento della sua vita. Dopo la morte del padre, Giovanni continua la sua attività di pastore nella dura realtà della pastorizia siciliana degli anni ’50 e ‘60. Nelle interviste riconosce questo come suo unico mestiere, l’unico del quale “aveva l’arte”. Quando “:niu l’arte”, sappiamo che svolse le professioni di barista e, come riferisce in un suo quadro, anche di operaio nelle cave di marmo di Custonaci. Viene incarcerato con l’accusa di aver rubato delle pecore. Passa due anni nel carcere di Trapani e nel 1976, durante la permanenza obbligata a San Benedetto del Tronto, viene a sapere della morte di due fratelli, uccisi per aver tentato il
“Papà è Natale. Fatemi ricordare una festa e fate :nta che sono un artista. Che è sempre Natale. 2007. 1988. 1918” (trascrizione personale), murale in via Mamiani, Castellammare del Golfo (TP), vedi foto p. 32. 21
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Giovanni Bosco. Dottore di tutto, documentario realizzato e prodotto da ZEP, 2008, 30'.
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furto di un’automobile. Ha una crisi psicotica e viene ricoverato in un manicomio. Probabilmente subisce un elettroshock 23. Negli ultimi anni della sua vita comincia a dipingere sui muri di Castellammare del Golfo e viene notato dal pittore locale Giovanni Battista di Liberti che lo invita nel suo studio e gli fornisce i primi materiali. Nel 2008, il fotografo francese Boris Piot incontra, per caso, i murales di Bosco, ne fa la conoscenza e viene introdotto dal pittore nel suo appartamento. Una reazione a catena porta la “scoperta” di Giovanni all’attenzione del collettivo francese Animula Vagula, della studiosa di Ginevra Teresa Maranzano, e di Lucienne Peiry, direttrice della “Collection de l’art brut” di Lausanne, che presto si metterà in viaggio per fargli visita e acquistare opere per la collezione. Proprio a Castellammare si terrà il “Convegno Internazionale Outsider Art 2009”, con una mostra personale dei quadri, cartoni e mobili di Giovanni Bosco, intitolato Il pastore che dipingendo ha conquistato il mondo dell’arte, organizzato da ZEP, Osservatorio Outsider Art della università di Palermo, in collaborazione con la fondazione Orestiadi di Gibellina. Purtroppo dopo il suicidio del terzo fratello e il ricovero della madre, che morirà pochi giorni dopo di lui, anche la sua situazione di salute si aggrava. Un cancro maligno e il suo ri:uto di cure lo porteranno alla morte nello stesso anno del suo riconoscimento internazionale, il 4 aprile 2009, all’età di 61 anni. Nel 2010 nasce l’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, dedicata alla tutela e alla divulgazione dell’opera del pittore siciliano.
II.2 Immaginario 23 Atlante del cuore, saggio di Eva di Stefano, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, gennaio 2009.
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Fin dalle prime creazioni artistiche di Giovanni Bosco, è stato chiaro che il suo repertorio iconogra:co di riferimento è quello di una realtà fantastica individuale. Parallelamente alla sua biogra:a, Giovanni Bosco viveva il suo immaginario, forse, da diversi anni, ma solo nella pittura trova :nalmente la possibilità di esprimerlo e rappresentarlo con colori, nomi e :gure di diverse grandezze incisi sui muri della sua casa e su quelli del paese, su supporti di fortuna (scatole di cartone, scontrini, ecc.) o su album e tele che gli venivano regalati. Inizialmente è un creatore insaziabile, che abbandona le opere per strada o in palazzi vuoti per fare spazio a quelle nuove. Ma con il passare del tempo, in Giovanni si forma la consapevolezza che il percorso della creazione concede all’autore onori e doveri, come a un padre. Nell’ultimo periodo della sua vita, infatti, riconosce per la prima volta il valore dei suoi disegni 24 e, quindi, il suo ruolo, e arriva a tras:gurare anche la sua malattia, un tumore alla gola, in una macchia scura all’interno di una delle sue sagome più ricorrenti: un cuore. Già da molto tempo prima della sua uf:cializzazione, la storia dell’Art Brut era destinata a diventare un sistema ben più vasto di quello solare, capace di accogliere tutte le dimensioni e i pianeti degli artisti che vi fanno riferimento. Ritroviamo la stessa vocazione di Bosco alla separazione, all’esilio volontario da una biogra:a violenta alla ricerca di un nuovo equilibrio, all’invenzione di un “"altro mondo" come contraltare della realtà”, come è stato de:nito dalle storiche dell’arte Gigliola Rovasino e Bianca Tosatti, che arriva sostituirla, mantenendone “le strutture fondamentali pervertendole ad adeguamenti
24 Vedi Intervista del 24 Maggio 2011 a Salvatore Bongiorno, presidente dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, Appendice.
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soggettivi”25, in Adolf Wölfi (1864 – 1930)26. Il pittore svizzero, che può essere considerato uno dei maggiori e dei primi artisti irregolari, aveva descritto e vissuto con le parole, all’interno di enormi pentagrammi, accanto alle rappresentazioni di palazzi decorati, angeli e animali, una intera biogra:a parallela. Aveva cambiato nome e si era anche concesso l’appellativo di “santo”. Questa nuova identità permetteva a Wölfi di uscire, almeno con la fantasia, dal suo passato e dal suo presente: il manicomio di Waldau, vicino Berna. “Corps démembrés ou «surmembrés», serpenteaux et homoncules, cœurs céphaliques, mots et signes scandés dans l’intervalle du dessin, tel est l’alphabet pictural de Giovanni Bosco.”27 Questa è la dimensione di Bosco, caratterizzata da una sintesi di elementi reali e elementi totalmente fantastici. Come le già citate 28 Gigliola Rovasino e Bianca
Tosatti
affermano
nel
saggio
LANORMALITÀ
dell’arte29,
lo
“scon:namento” dai limiti stabiliti della razionalità verso un “oltre” di “buio” e “mostri”
è
anche
nel
caso
del
pittore
siciliano
accompagnato
dall’”insofferenza/indifferenza” ai meccanismi del “modello di reale”, tra i
25
Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p.15. 26
Per una panoramica completa dell’autore vedi W. Morgenthaler, Ein Geisteskranker als Künstler (A. Wöl2i), Ernst Bircher Verlag, Bern, 1921 e Compagnie de l’Art brut, L’art brut 2 , Paris, 1964. 27
“Corpi smembrati o "ipermembrati", serpenti e omuncoli, cuori cefalici, parole e segni scanditi nel campo del disegno, questo è l'alfabeto pittorico Giovanni Bosco.” (traduzione personale), in Présentation, http://www.christianberst.com/fr/51-exposition-giovanni-bosco#. 28
Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p. 26. 29
Vedi ibidem, p. 15.
21
quali il “tempo triadico (passato, presente, futuro)”30 e i codici, a partire dal linguaggio. Al campo del reale, e della memoria personale, percepita però come intima e quasi atemporale, collocata senza precisione tra la data di nascita e quella del momento della realizzazione di un’opera, è collegato principalmente il contenuto linguistico delle opere. Possiamo riconoscere:
1. nomi propri di persone: conoscenti, vicini di casa o compagni di prigione, il cui nome e cognome è inserito in lunghe liste o all’interno delle sue :gure, a rappresentarne l’identità, o, con accanto una croce, a testimoniarne la morte31; 2. nomi di animali (ad es. sarda marina, balena): non compare, però, mai una pecora, animale signi:cativo all’interno della sua vita; 3. nomi di luoghi: strade e numeri civici delle case in cui ha abitato, città e paesi dove ha lavorato, dove è passato per caso a seguito della sua condanna o dei quali conosceva soltanto il nome, ad eccezione di San Benedetto del Tronto, luogo legato a ricordi forse troppo dolorosi; 4. nomi di parti anatomiche e, a volte, del loro corrispettivo astratto (ad esempio: “frunte.testa.sentimento.gervello.mimoria”), inserite all’interno della parte del corpo interessata; 5. numeri e date, mescolati secondo un processo incalcolabile ed inesplicabile di associazione; 6. frammenti del testo di canzoni napoletane.
30
31
Ibidem. Vedi Capitolo V.
22
Gli elementi :gurativi sono, invece, fantastici. A volte contengono e a volte ri:utano il testo, o si intersecano con esso: è la sintesi del pittore siciliano del rapporto ambiguo di adozione o abbandono della realtà. Ad eccezione delle sagome di parti del corpo, abitazioni e di altri pochi oggetti riconoscibili, le forme dei suoi personaggi sono totalmente inventate e rispondono a una gerarchia precisa all’interno dell’universo del pittore. Questo stesso rapporto di commistione tra la raf:gurazione di soggetti reali, regionali e personali, con quella di sogni e personaggi immaginari ricorda quello che il pittore ghanese Ataa Oko (1919)32 riporta all’interno dei suoi disegni tra gli elementi culturali, anche fantastici, che caratterizzano l’etnia Ga, in sostituzione a quelli siciliani di Giovanni Bosco legati alla religione e alla condizione sociale del suo paese, mescolati con i ritratti delle sue visioni personali, mostruose e non, e degli spiriti con cui sostiene di essere in continuo dialogo 33.
II.2.1 Cristiani, pupi, visinicchie moderne e Tonino Nel breve documentario, realizzato da ZEP34, intervistato sulle creature che popolano i suoi “disegnini”, Giovanni Bosco li suddivide così:
1. “Cristiani”: persone che ha conosciuto. Cita, ad esempio, un certo “Mariano Stabile”, conosciuto ”in campagna” e mai più rivisto, o “Mariano di Benedetto”, vicino di casa, che ha scoperto essere morto e quindi gli ha dedicato un cuore scrivendoci il nome dentro. 32 Per una panoramica su questo autore vedi il catalogo dell’esposizione, che si è tenuta dal 5 marzo 2010 al 17 febbraio 2011, Ataa Oko., Collection de l’Art Brut/éditions Infolio, Losanna, 2010. 33
Vedi foto p. 33.
34
Cfr. nota n. 3.
23
Sono rappresentati da forme antropomorfe o cuori con occhi, caratterizzati da arti e membra muscolosi; 2. “Pupi” o pupiddi: persone ed esseri che non esistono. Alla domanda “Giovanni credi in Dio?”, il pittore risponde che lui sa che Dio è come un “pupo” di quelli che disegna, e quindi non esiste. Rivisiterà anche i volti dei politici, trasformandoli in pupiddi, durante la propaganda elettorale, dicendo che in quel modo “questi politici di carta” diventavano più belli. L’iconogra:a non è precisamente identi:cabile: si tratta, solitamente, di interventi su fotogra:e o di esseri costituiti da un volto gigantesco, a volte accompagnato anche da un corpo muscoloso; 3. Visinicchie moderne: gente moderna, che lui nun canusce, che lui non conosce. Le visinicchie hanno il corpo ondulato di serpenti, “vipere”, con all’estremità superiore una testa: sono simili a “scosse elettriche”, dice il pittore.
Oltre a questi personaggi più ricorrenti, il teatro di Bosco comprende anche altre :gure animate. L’uomo viparicchio, ad esempio: una creatura formata da un collo e una testa oblique sulla sinistra e un unico braccio con mano sulla destra, che rappresenta “una persona qualunque”. Ma anche forme rettangolari, “come una pentola” o come pacchetti di sigarette, con occhi e braccia, e u bumbulu, un’anfora con gli occhi. A volte alcune parti del corpo appaiono isolate all’interno delle opere: gambe, braccia, mani e piedi. Accanto a queste, possono comparire degli oggetti o anche dei personaggi. Le composizioni sono molteplici: ci sono coltelli,
24
orologi con quattro lancette, animali, motorini, case. All’interno di orologi e case, in alcuni disegni, troviamo anche delle ombre sedute di pro:lo, completamente fuse con la loro sedia: generalmente sono le opere che rappresentano ricordi di infanzia, caratterizzate dalla presenza di indirizzi precisi, e le ombre rappresentano, quindi, sia Giovanni Bosco stesso, da bambino (la forma del suo autoritratto 35 è simile a queste, ma con gli arti più sviluppati), che gli altri membri della sua famiglia. Un’altra :gura importante, che ricorre nelle opere cartacee quanto in quelle murali, è Tonino Lume. Tonino, sotto forma di pappagallo, di macchie colorate o di “cristiano”, rappresenta l’alter ego negativo del pittore. E’ un ragazzo
palermitano,
un
amico/nemico
diventato
immaginario,
forse
conosciuto in galera36. Giovanni ci parlava e ci litigava. Nella :gura antagonista di un dipinto del Cinquecento, Italo Calvino riconosceva “l’animale che portiamo in noi stessi e che cambia forma nelle epoche della nostra vita.” 37 In questa posizione universale, anche il muta-forme Tonino assume il ruolo di “parte oscura” della storia di Bosco, di “ombra vivente e dolorosa”, nella quale il pittore è riuscito a “trasformarne le pulsioni distruttive in una forza.” 38 Questa conversione dell’impulso è stata analizzata da diversi psicologi. Jerome S. Bruner in uno dei suoi Saggi per la mano sinistra rifette sul mutamento in “esperienza artistica”39. De:nisce prima le costanti del processo cognitivo in relazione a un bisogno, divise in “consapevolezza come desiderio […] diretta 35
Vedi Capitolo III.3.1.
36
Cfr. nota n. 6.
37
Vedi Album Calvino, a cura di L. Baranelli e E. Ferrero, Mondadori, Milano, 1995, p. 283.
38
Ibidem.
39 Vedi La conversione dell’impulso, saggio contenuto in J. S. Bruner, Il conoscere, saggi per la mano sinistra, Armando editore, Roma, 2005, p. 100-102.
25
verso il conseguimento di un :ne” e consapevolezza “ai margini”, “ricca e sorprendente fantasia, un complicato reticolo di associazioni”, e conclude dichiarando che questa trasformazione “deriva dalla creazione di correnti di attività metaforiche e dal contenimento di ogni immediata ricerca di :ni pratici.” Questo “processo di connessione” è dato dalla “presenza simultanea di molte «associazioni periferiche».”40 Proprio alla base di questo intersecarsi di relazioni, si può notare che Giovanni Bosco non crea solo personaggi, ma stabilisce anche le norme di un codice di comportamento, che mette in risalto “il corpus mitico-archetipico "originario" lungo l’intera tra:la del suo articolarsi e differenziarsi e coagularsi in :gure e fantasmi (o "personaggi")” 41. L’insieme dei riferimenti e valori è mutuato dalle canzoni napoletane e dalla cultura siciliana: il dolore è esibito con i versi dei brani musicali di Mario Merola; il viaggio fuori dall’isola è un percorso di formazione che deve terminare con un ritorno al luogo di partenza; la casa è percepita, per usare le parole di Gesualdo Bufalino che ha a lungo rifettuto sull’identità siciliana, come “arti:ciale prolungamento di sé e sussidiaria immortalità”42; è presente uno “spirito di complicità contro il potere, lo Stato, l’autorità, intesi come «straniero»”; la malattia è percepita in parte come “colpa e vergogna”. Bosco riporta nelle sue opere anche il sentimento di “soggezione al clan familiare” 43, che però si esaurisce nel lutto del padre e nella scomparsa dei fratelli. Rimane solo la madre, che in questo caso però non può
40
Ibidem. p. 102.
41
Vedi Introduzione di Corrado Bologna in J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1998, p. 13. 42
43
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 24 Ibidem, p. 23-24..
26
essere avvicinata allo stereotipo meridionale, o almeno non del tutto: morirà pochi giorni dopo Giovanni, l’ultimo :glio che le era rimasto. Compaiono pochi nomi femminili nelle sue opere, principalmente quello materno, e, nel documentario, Giovanni rivela di avere avuto una sola :danzata a Custonaci, per due giorni. Alla :gura dell’”amata” però è riservato un ruolo importante. Oltre ai frammenti delle canzoni di Merola, troviamo altri testi, realizzati dal pittore, che rivelano una attitudine cavalleresca all’amore: l’”innamorata” va trattata con rispetto ed esibita nella sua bellezza o bravura. Il gruppo ZEP, all’interno della monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale “Outsider Art”44, trascrive così una dedica inserita in un disegno45: Gentilissima signorina, l’amore che nutro per te mi spinge a dirti tutto quello che mi sento nel cuore. Quando cerchi di nasconderlo, ti assicuro che sarai l’assoluta dominatrice. Non sdegnare i miei omaggi E rendimi felice con una tua scritta subito!
44
Il dottore di tutto, contributo ZEP, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, gennaio 2009. 45
Vedi foto p. 35.
27
Senza titolo, Ataa Oko, 2008, matite su carta, 29,7 x 42, Collection de l’Art Brut, Losanna
Senza titolo, Ataa Oko, 2006, matite su carta, 14,8 x 21, Collection de l’Art Brut, Losanna
28
Murale in via Mamiani, Castellammare del Golfo (TP), 2007
Particolare del murale
29
Senza titolo, Giovanni Bosco, pennarello su carta, Castellammare del Golfo, 2009 archivio Associazione Outsider Art Giovanni Bosco
30
CAPITOLO III “VIPARICCHIU”
Non appartiene a nessuno questo cuore a nessun corpo strappato, nessuna nostalgia in vista.46 Mariella Mehr
Le opere prese in esame in questo capitolo appartengono ad una collezione privata, alla Collection de l’Art Brut di Losanna e all’archivio della Associazione Outsider Art Giovanni Bosco. “Viparicchiu” è uno dei soprannomi di Giovanni Bosco: quello relativo alla sua attività di pittore. Ma l’uomo “viparicchio” è anche una delle sue creature, che compare quasi sempre con un unico braccio. Il braccio che dipinge, il braccio che saluta. Giovanni era una persona buona e semplice. Imitava a suo modo la realtà e non si vergognava di affermarlo, anzi: in lui c’era la convinzione che le persone che vedevano le sue opere o, nel caso dei murales, i passanti che incontravano le sue :gure mentre accompagnavano i :gli a scuola, andavano a lavoro o a passeggio il sabato pomeriggio, riconoscendosi nei suoi disegni, potessero apprezzarli di più e ne potessero essere divertiti. Quindi attribuisce alle sue
46
Niemandes Besitz/ dieses Herz,/ teine Körper entrissen,/ kein Heimweh in Sicht., 18 Novembre 2007, in Mariella Mehr, San Colombano e attesa, traduzione italiana di Anna Ruchat, Ef:gie edizioni, Milano, 2010, p. 53.
31
creature caratteristiche e parti anatomiche antropomorfe: un cuore con gli occhi, ad esempio, “per bellezza” e “come se li avesse davvero” 47. Il suo personale senso estetico cercava conferme e lui tentava in ogni modo di migliorare l’apparenza delle sue creazioni: riconosceva un valore aggiunto alla cornice. Giovanni Bosco non riesce però a sfuggire l’ombra cupa della memoria: in una delle prime opere su carta 48, disegna un cuore nero su sfondo giallo, un cuore elettrico, provvisto di cavi alle due estremità, raf:gurato come una macchina. All’interno una :gura, anch’essa di colore giallo, che emerge con dif:coltà: la sagoma umana del suo autoritratto. Ma priva della testa. Questo particolare rappresenta il punctum della rappresentazione. Il punctum viene inteso dal critico francese Roland Barthes come “un oggetto parziale”, che convive con lo studium, “oggetto totale” o “soggetto culturale” 49. La scomparsa della testa è il dettaglio che “punge”. Barthes continua la sua analisi mettendo in risalto anche la capacità di espansione di questo particolare, una forza “metonimica”: l’oggetto è tanto incisivo quanto più si avvicina a sostituire il medium stesso, il referente, e incarnarlo. Tornando alla :gura del pittore siciliano, lo spettatore notando questa assenza si concentrerà sulla propria testa, sul collo a cui è attaccata e sulla propriocezione50 di essa. Il punctum è collegato allo stesso tempo con 47 Parole di Giovanni Bosco dall’ intervista contenuta in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, documentario realizzato e prodotto da ZEP, 2008, 30'. 48
Vedi p. 51. L’immagine è inserita all’interno di Atlante del cuore, saggio di Eva di Stefano, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, gennaio 2009. 49
Vedi R. Barthes, La camera chiara, nota sulla fotografa, Einaudi, Torino, 1980, p.43-61.
50 Propriocezione intesa come percezione del proprio corpo: un sesto senso riconosciuto e studiato dalla psicanalisi.
32
l’intenzionalità dell’artista di inserirlo. Il critico francese codi:ca due tendenze: una legata ad una interpolazione arti:ciale e forzata, l’altra ad una immissione “inevitabile”51. Il caso di Giovanni Bosco, come in quello della maggior parte degli artisti irregolari, si distingue per l’appartenenza ad una corrente involontaria, nella quale punctum e studium arrivano a coincidere per l’originalità e la forza espressiva generale dell’opera, dalla parte al tutto. Questa identità si raggiunge anche grazie al profondo livello di intimità, caratteristico delle creazioni irregolari. Una intimità discreta, non ostentata. “La soggettività assoluta si raggiunge solo in uno stato, in uno sforzo di silenzio […]: non dire niente, chiudere gli occhi, lasciare che il particolare risalga da solo alla coscienza affettiva”52. Forse Bosco voleva trasmetterci nella sua tela “elettrica” il ricordo di un elettroshock subito o della morte improvvisa del padre: un evento doloroso e funebre nella biogra:a del pittore, ma al tempo stesso la sua rinascita come artista.
III.1 Gli album Gli album rappresentano una delle forme più originali in cui si sviluppa l’opera di Bosco. Dei “Fabriano 2” (ognuno di 10 fogli, 24 x 33 cm) di cui è stata possibile la consultazione, cinque album si trovano presso una collezione privata e uno alla Collection de l’Art Brut di Losanna. Non sono numerosi perché Giovanni ne aveva dif:cilmente a disposizione e, probabilmente, le persone che adesso li possiedono glieli avevano donati appositamente per
51
Vedi R. Barthes, La camera chiara, nota sulla fotografa, Einaudi, Torino, 1980, p. 49.
52
Ibidem p. 56.
33
farseli riempire, ma concedendo e aprendo al pittore una nuova possibilità di realizzazione. Sulle pagine è un susseguirsi di :gure e parole, tracciate e riempite con pennarelli, pastelli a cera, matite o anche gessetti colorati. Nell’approfondire la lettura di queste opere si può notare che l’esplosione di colori e forme, contenuta in entrambi i lati di ogni pagina, non va a costituire un miscuglio confuso senza direzione, ma al contrario ogni rappresentazione è collegata alla successiva attraverso un percorso labirintico, che, in maniera simile a quello riconosciuto da Gigliola Rovasino e Bianca Tosatti in Keith Haring e Adolf Wölfi, è “un percorso ad alta complessità simbolica, caratterizzato da grovigli e interruzioni che obbligano al ritorno” 53: sono l’unica occasione che il pittore ha avuto per sviluppare un discorso narrativo e/o :gurativo in più tavole, aiutato soprattutto dalla struttura “a libro” effettiva di questa tipologia di supporto con le pagine rilegate tra loro. Quando Giovanni, infatti, ha avuto a disposizione altri modelli di album, ad esempio un Fabriano 48 x 33 cm 54, caratterizzato però da fogli singoli, staccati tra loro, ha realizzato serialmente una forma di cuore con matite colorate differenti per ogni foglio. Rimane quindi una peculiarità degli album rilegati quella di contenere un sistema più profondo di relazioni, differente da quello esplicito di una riproduzione seriale, in cui la situazione :nale non corrisponde a quella di partenza, ma ne è il punto di arrivo. Non possiamo affermare che il pittore avesse :n dalla prima pagina un’idea ben precisa né della struttura in cui si sarebbe sviluppato il racconto né 53
Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p.95. 54
Vedi Appendice, Scheda n. 26.
34
del racconto o del ricordo stesso che volesse rappresentare. Con molta probabilità, nel pittore si sviluppano entrambi durante lo svolgimento del processo creativo a partire dal primo disegno, per un sistema di associazione mentale ma anche visivo. In diversi casi55, l’alone del pennarello utilizzato con forza sul foglio compare sul retro e la stessa sagoma al contrario diventa la base per il nuovo disegno, riempita con altre gradazioni di uno stesso colore o con un colore che rivestiva solo un ruolo marginale nella tavola precedente, delineando così i tratti di un sistema di forme e di toni coerente all’interno delle dieci pagine, ma diversi:cato per ogni singolo album. Così anche per il testo: l’immagine di una viparicchia incinta56 lo riporta col pensiero alla sua nascita e quindi alla denominazione del suo paese e al suo nome, con cui arriva a riempire due pagine intere, insieme a strani calcoli. Ma Giovanni non si accontenta e dedica al nome dei genitori, degli zii o dei fratelli, ai loro luoghi di nascita o residenza e alle date, le successive sei pagine. Le ultime due tavole raf:gurano un pupiddo felice, con il cuore in gola e un orologio che segna mezzogiorno e venticinque minuti, con tre facce sorridenti all’interno. Questo risultato rimanda alla rifessione di Bruner riguardo alla connessione tra opera d’arte e “dati dell’esperienza”
57
che viene divisa dallo
psicologo in due aspetti. Il primo riguarda “la costruzione di simboli economici”: l’”economia” è intesa come nesso dell’arte con “la verità comune a tutte le forme di conoscenza umana: le capacità ricettive dell’individuo sono nettamente trascese dalla conoscenza potenziale contenuta nell’ambiente 55
Vedi ad esempio Appendice, Scheda n. 24.
56
Vedi Appendice, Scheda n. 23.
57 Vedi L’arte come modo di conoscenza, saggio contenuto in J. S. Bruner, Il conoscere, saggi per la mano sinistra, Armando editore, p. 94-95.
35
umano”58 e quindi, per “adattarsi a questa "eccedenza"” ogni individuo escogita delle “strategie per limitare il sovraccarico”. Il secondo elemento distintivo, invece, è “la costruzione e lo sfruttamento della categoria della possibilità” 59. A suo modo, Giovanni Bosco ha ricostruito in queste pagine la sua famiglia con pochi dettagli e oggetti-simbolo essenziali e le ha restituito la possibilità mancata di una unità.
III.2 I quadri Le poche tele che ha avuto a disposizione Giovanni Bosco gli sono state sempre regalate. Rispetto agli altri supporti utilizzati dal pittore, la tela non viene riempita totalmente con lettere, numeri e :gure ovunque, come possiamo osservare sui fogli di carta, sui cartoni e negli album, ma nella maggior parte dei casi raf:gura invece un unico soggetto o un’unica scena. Un colore di sfondo, quasi sempre molto acceso, conferisce ad ogni quadro un preciso carattere. Di un rosso brillante, ad esempio, sono le due tavole abitate da ombre nere, in forte contrasto, che fanno parte della collezione privata, situata a Roma. Nel primo caso, un bumbulu, l’anfora, ben delineata, contiene i personaggi della scena: nella parte superiore incontriamo un viparicchiu con il braccio teso verso il :lo di una lampadina, che possiamo considerare accesa, data la presenza di piccoli raggi di luce tratteggiati attorno al suo perimetro, e, dal lato opposto, un cuore, sotto al quale troviamo i numeri uno e due. Sotto queste prime :gure, che sembrano osservare la scena dall’alto, ci sono le ombre di due persone sedute: una più piccola e una leggermente più grande. Non sappiamo
58
Ibidem, p. 96.
59
Ibidem, p. 94.
36
chi l’autore voglia rappresentare esattamente: forse i genitori, forse lui stesso da bambino con suo padre. Nella seconda tela “rossa”, invece, possiamo individuare tre elementi importanti che delineano anche una precisa divisione gra:ca dell’immagine: ai due lati le due ombre sedute, una di fronte all’altra, a sinistra la più grande e a destra la più piccola. Hanno solo un braccio ciascuna e lo tendono verso il centro del quadro, dove è raf:gurata una forma simile ad un tavolo, con una piccola ombra nera nel mezzo. Potrebbe trattarsi di una culla e, infatti, la stessa composizione ritorna in uno degli album60 dedicati alla sua genealogia. Gli altri soggetti che Giovanni Bosco ritrae su questo supporto e ai quali arriva a dedicare tavole intere sono cristiani, pupiddi, viparicchi e visinicchie, ma anche braccia, anfore e orologi e soprattutto cuori: cuori nelle mani, cuori che contengono altre :gure, cuori solitari. Particolarmente interessante è la realizzazione di un quadro che ne raf:gura uno bianco 61. Il cuore è costituito da un impasto di tempera bianca e colla. La forza della materia, la sua durezza e la sua ruvidità conferiscono una nuova consistenza all’opera di Giovanni Bosco. Ricorda gli Otages di Fautrier e alcune opere di Dubuffet come, ad esempio, Châtaine aux hautes chairs62. Per il pittore siciliano, l’immagine del cuore è una immagine familiare, non astratta, e in questo si avvicina maggiormente al realismo festoso di Dubuffet. Ma dal punto di vista della eco che può richiamare nello spettatore, questa tela possiede la densità emotiva dell’astrazione dolorosa di un Otages63. 60
Vedi Appendice, Scheda n. 24.
61
Vedi Appendice, Scheda n. 17.
62
Vedi foto p. 52.
63
Gli Otages di Fautrier rappresentano, con il loro miscuglio grumoso, la guerra e ricordano parti anatomiche lacerate sulla tela.
37
III.3 Cartoni e altri supporti Nei periodi in cui Giovanni Bosco non aveva a disposizione fogli, album e tele per disegnare e dipingere, o non ne aveva a suf:cienza, si dedicava a riempire tutto quello che aveva intorno, dalle mura e i mobili della sua stanza :no ai supporti occasionali che trovava per strada o in casa: scontrini, volantini di vario genere e pubblicità elettorali. Il materiale preferito da Giovanni, o almeno quello del quale ci sono rimaste le maggiori testimonianze, era il cartone. Questo poteva essere il lato di una scatola qualsiasi riciclata dalla spazzatura o da qualche magazzino, una parte del contenitore di una pizza o, ancora, di un cartello promozionale preso di fronte una profumeria. Le dimensioni variano moltissimo, :no a raggiungere quelle del corpo di una persona e del pittore stesso. Alla Collection de l’Art Brut di Losanna si trova uno di questi enormi cartoni64 su cui il pittore ha disegnato, come per mascherarsi, il corpo muscoloso di uno dei suoi personaggi, ma senza testa, così che mettendolo in verticale e posizionandosi sul retro, poteva prestargli, per scherzo, la propria. Le opere realizzate su questa tipologia di supporto sono quelle che contengono maggiormente le iscrizioni, che ricoprono a volte tutto lo spazio, intervallate da parti anatomiche, coltelli e altri tipi di oggetti, o sono delimitate all’interno di una :gura con gli occhi 65. Questa tipologia composizione è stata analizzata
come
tendenza
64
Vedi Appendice, Scheda n. 11.
65
Vedi Appendice, Scheda n. 9.
all’”HORROR
38
VACUI,
LOGORREA,
ICONOFILIA”66, in cui “l’immagine invece di produrre spazio lo annienta, con l’impulso incontenibile a prevaricarne i tradizionali connotati di silenzio visivo”67. Giovanni ne utilizzava generalmente entrambi i lati e rinunciava a riempirne il retro solo nel caso in cui fosse occupato da una iscrizione, una immagine o una fotogra:a, o per ragioni pratiche. Ad esempio, si riproponeva di lavorare il retro delle opere su cui da un lato aveva usato la vernice, quando questa si fosse asciugata, retro sul quale poi, in realtà, non tornava mai perché si stava già cimentando in qualche nuova creazione. Appartengono alla collezione privata romana sei opere su cartonlegno. Questo materiale è riciclato nella maggior parte dei casi da vecchie cornici e se ne possono notare a volte anche le riquadrature utilizzate per saldare il vetro. Su sei, solo tre supporti sono stati colorati su entrambi i lati. Sulla faccia principale è sempre presente una unica :gura. Come nel caso delle tele, la composizione è più controllata, con grandi campi di colore e un soggetto non esageratamente particolareggiato, probabilmente per la dif:coltà di delinearlo sul fondo ruvido. Il pittore utilizza tecniche diversi:cate per fronte e retro: il personaggio principale è quasi sempre tratteggiato con un pennarello scuro o delle matite, mentre il retro, o lo sfondo, possono essere anche riempiti con pastelli a cera e gessetti colorati. Giovanni Bosco arriva per:no a ritagliare questo supporto per le necessità del soggetto che raf:gura. E’ il caso di un orologio 68 per il quale il pittore ha 66
Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p. 95. 67
Ibidem.
68
Vedi Appendice, Scheda n. 5.
39
cercato di ammorbidire il rettangolo di cartonlegno, con scarsi risultati. L’orologio è un oggetto ricorrente nelle sue rappresentazioni e segna sempre la stessa ora: mezzogiorno e mezzo. In questo caso, le coppie di lancette, nonostante siano state quadruplicate insieme ai numeri all’interno del quadrante, sono sempre puntate unicamente sul numero dodici e sul numero sei. Il cartonlegno è anche il materiale scelto da Giovanni Bosco per l’unica raf:gurazione che abbia esplicitamente riconosciuto come suo autoritratto.
III.3.1 L’autoritratto L’autoritratto rappresenta per ogni artista, e maggiormente per gli artisti irregolari, l’opera più importante e personale. Lo è prima di tutto da un punto di vista psicologico. Rudolf Arnheim, storico dell’arte e psicologo tedesco, tra gli studiosi più importanti del rapporto tra psicologia e arte, in un documento chiamato Art as Therapy, presentato nel 1980 per la conferenza annuale dell’American Art Therapy Association, analizzava in maniera chiara alcuni dei tratti fondamentali alla base del processo artistico e le relazioni tra l’autore e l’opera (nel linguaggio terapeutico, il prodotto). Partendo dall’idea fondamentale che ogni percezione è simbolica, Arnheim attribuiva un valore importantissimo alla realtà rappresentata dai pazienti, sostenendo, appunto, che tutte le cose che un uomo vive o subisce siano esperienze essenzialmente mentali, piuttosto che :siche. E affermando: “Good works of art tell the truth”69.
69 “Le opere artistiche buone dicono la verità.”(traduzione personale): in The Arts in Psychotherapy, Vol. 7 pp. 247-251, Ankho International Inc., New York, 1980.
40
Anche nell’Art Therapy Sourcebook70 alla base di tutti i procedimenti relativi a questo tipo di analisi troviamo la de:nizione di “Drawing from Within”, disegnare per esplorare la propria esperienza intima e, in:ne, rappresentarsi. L’autoritratto è quindi per gli artisti irregolari il momento di un risultato che si inserisce nel processo di responsabilizzazione verso l’”aver costruito con la mente, la memoria o la fantasia la propria immagine di realtà” 71, processo che se non viene completato, porta alla costruzione di una rappresentazione “staccata dal soggetto che l’ha prodotta” e che “naviga in acque indipendenti e inesplorate”72. Il riconoscimento della propria identità può indicare una guarigione oppure l’assimilazione de:nitiva con la dimensione pittorica. La soluzione di Giovanni Bosco si trova a metà delle due possibilità: nella sua interiorità, il riconoscimento del suo ruolo di artista/creatore e del valore delle sue opere è avvenuto. Il pittore sa di essere l’arte:ce di una realtà immaginaria, un “dottore di tutto”, ma questa realtà, essendo allo stesso tempo in parte ricordo e memoria, non gli consente una totale alienazione. Molto signi:cativo è, quindi, l’unico autoritratto contenuto nella collezione romana73 sia dal punto di vista simbolico che da quello iconogra:co: la :gura, infatti, ricorre, rappresentata in diverse grandezze, all’interno delle opere che hanno come soggetto i ricordi dell’infanzia.
70
Vedi C. A. Malchiodi, The Art Theraphy Sourcebook, Lowell House, Los Angeles, 1998.
71 Vedi LANORMALITÀ dell’arte, saggio di G. Rovasino e B. Tosatti, contenuto in LANORMALITÀ dell’arte, catalogo dell’esposizione che si è tenuta a Milano dal 15 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993, p.95. 72
Ibidem.
73
Vedi Appendice, Scheda n. 1.
41
Si tratta di un’ombra laterale che comprende lo schienale e due gambe di una sedia, più la testa di un uomo e due arti, uno inferiore e uno superiore, alle cui estremità vi sono un piede rettangolare e una mano simile a un pennello. Sotto si trova, in grandi e chiare lettere, la :rma “G. Bosco”. In questo caso la :gura, di colore marrone scuro, è inserita all’interno di un cuore giallo su sfondo arancio. Arancione è anche un altro cuore che troviamo sul retro del cartonlegno, simile ad un frutto, con una fascia di colore verde che ne avvolge l’estremità inferiore come una foglia. Non si tratta però dell’unica forma in cui il pittore si sia tras:gurato. Nell’ultimo periodo della sua vita, all’interno dei grandi cuori murali che dipingeva nel suo paese74, cominciano a comparire delle macchie e a scomparire particolari anatomici e parole. I segni del tumore all’altezza della gola di cui si ammalò Giovanni Bosco: il pittore era diventato un cuore muto.
74
Vedi Capitolo IV.2.
42
Senza titolo, Giovanni Bosco, tempere su carta, Castellammare del Golfo (TP), Associazione Outsider Art Giovanni Bosco
43
J. Fautrier, Otage n. 3, 1945, olio su carta applicata su tela, © Adagp, Paris 2008
Brunetta dal volto carnoso (Châtaine aux hautes chairs), 1951, materiali vari a base di olio su tavola, 64,9 x 54 cm, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia © Jean Dubuffet, SIAE 2008
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CAPITOLO IV IL “BOSCO” DI GIOVANNI
Essere uno di questi alberi, irrevocabilmente circondato di luce, le radici che affondano nella terra perché nessun ramo mi abbandoni e il cuore senza dita abiti nella chioma.75 Mariella Mehr
Giovanni Bosco non ha mai cercato un’isola nell’isola. Non si è costruito un ambiente completamente suo, un “Giardino Incantato” come quello di Filippo Bentivegna nella campagna di Sciacca, o un “Palais idéal”, il palazzo :abesco costruito nell’arco di trentatre anni dal postino francese Ferdinand Cheval, a dodici chilometri dalla città dove lavorava, Châteauneuf de Galaure. Non ha scelto la natura, i boschi, come territorio artistico, un ecosistema depurato dove vivere senza rumore e nascondersi dal caos del progresso e della civiltà. Il bosco Giovanni lo ha creato in città. I palazzi diventano alberi e le sue :gure piccoli abitanti particolari. E’ stato de:nito “un unico grande atelier senza con:ni”76. Le mura però sono uno spazio pubblico e, quindi, politico: i 75
Einer dieser Bäumen zu sein,/ unwiderru2ich von Licht umgeben,/ das Wurzelwerk tief in der Erde,/ Kraft, dass kein Holz mich verlässt/ und das unbefngerte Herz/ in der Krone hause., San Colombano, 14 Novembre 2007, in Mariella Mehr, San Colombano e attesa, traduzione italiana di Anna Ruchat, Ef:gie edizioni, Milano, 2010, p. 45. 76
Vedi Quando l’art brut esce allo scoperto, saggio di Teresa Maranzano, contenuto in Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, 2009
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murales di Bosco fanno parte di quella “possibilità, che l’arte si è conquistata, di integrarsi con il reale, da intendere come ambiente pubblico e quotidiano assumendosi in questo modo una responsabilità civile e politica cioè di partecipazione alla vita in tutti i suoi aspetti” 77. Ma è una responsabilità di cui il pittore siciliano non era del tutto consapevole. Le opere “fuori dal museo” di Bosco nascono dalla necessità di comunicare con la popolazione del paese, ma anche da una esigenza estetica innata di abbellire le facciate delle case, in particolare di quelle in rovina, che erano anche le uniche sulle quali il comune gli aveva concesso di dipingere. Giovanni crea i primi murales senza il consenso degli abitanti. Per le sue rappresentazioni non è decisivo, ma per la possibilità di realizzarle è fondamentale. Così, in un secondo momento, il pubblico diventa in qualche modo un “soggetto sociale”78, il comune di Castellammare gli consente di decorare la città e l’identità del pittore, la sua posizione di “scemo del villaggio”79, comincia ad essere rivalutata. Lo stupore della gente che scopre un nuovo disegno la mattina quando la sera non c’era è :nalmente positivo e le persone che passano da questa località di mare solo l’estate iniziano ad interessarsi e a divertirsi nel notare ogni anno nuove creature. Se l’artista che opera in uno spazio pubblico deve essere "agente dello spostamento”80 tra gerarchia e via di fuga, non deve personalizzare lo spazio 77 Arte e realtà quotidiana: un riconoscimento reciproco, saggio di OsservatorioinOpera contenuto in Public Art a Trieste e dintorni, a cura di Maria Campitelli, Silvana Editoriale, Milano, 2008, p. 210. 78 Cfr. L'arte fuori dal museo, saggio di Elisabetta Cristallini, contenuto in L'arte fuori dal museo: saggi e interviste, a cura di E. Cristallini, Gangemi, Roma, 2008, p. 13. 79
Vedi Intervista del 24 Maggio 2011 a Salvatore Bongiorno, presidente dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, Appendice. 80 L’agente degli spostamenti, saggio di Cesare Pietroiusti contenuto in Public Art a Trieste e dintorni, a cura di Maria Campitelli, Silvana Editoriale, Milano, 2008, p. 28.
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ribadendo il suo ruolo e allo stesso tempo non deve de-territorializzarlo :no a renderlo sterile, il caso di Bosco rappresenta una seconda alternativa: quella di un artista che ha saputo “rifondare”81 un luogo senza ri:utarne le radici, da agente inconsapevole. Accettando così anche gli unici supporti offerti da Castellammare del Golfo: tronchi di intonaco ammuf:to destinati a decomporsi.
IV.1 La casa La casa di Giovanni Bosco si trova in via Don Giovanni Minzoni. Come per la maggior parte degli artisti irregolari, questo luogo diventa lo spazio di realizzazione più libero e segreto. Un posto intimo per lavorare alle proprie opere a qualsiasi ora del giorno e della notte. E’ una possibilità che questi artisti hanno anche per la loro condizione di persone sole. In alcuni casi la solitudine è una scelta: Armand Schulthess 82, artista svizzero, si ritirerà di sua volontà nella campagna che possedeva presso Auressio, nel Canton Ticino, per creare una “enciclopedia del sapere”, scritta sui fondi di latta del cibo in scatola e appesa agli alberi della sua terra. In altri ancora è un obbligo: Bonaria Manca, artista sarda che vive a Tuscania (VT), ormai molto anziana, non si muove dalla sua casa, lontana dal centro del paese, e ne riempie tutte le pareti con le sue storie, ricordi e fantasie, e i ritratti dei personaggi dei suoi sogni o degli antenati del posto, :no agli etruschi, che sostiene di incontrare nelle sue passeggiate in giardino.
81
Cfr. Nota n. 3.
82 Per una panoramica sull’autore vedi Hans-Ulrich Schlumpf, Armand Schulthess. Rekonstruktion eines Universums, Edition Patrick Frey, Zurigo, 2011.
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Giovanni non si era allontanato dal paese. Per lui è valida la stessa rifessione che Italo Calvino faceva a proposito della rappresentazione di San Gerolamo, l’eremita, in Dürer dove il santo nel deserto ha la città alle spalle: “Ma forse questo è il vero modo in cui essere eremiti abbia un senso, trovare la propria solitudine senza staccarsi dalla vita degli altri, creare una distanza che può essere la vera vicinanza.”83 Questa condizione intermedia è tipicamente siciliana: Gesualdo Bufalino, anche lui nato e vissuto nell’isola, lo de:nisce un “dissidio fondamentale che ci travaglia, l’oscillazione tra claustrofobia e claustro:lia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l’espatrio o ci lusinghi l’intimità di una tana, la seduzione di vivere la vita con un vizio solitario.” 84 Giovanni Bosco aveva solo le quattro mura del suo piccolo monolocale dove rifugiarsi. Le aveva dipinte di colori scuri, con un grande viparicchio giallo e altre creature a fargli compagnia. Spesso non gli bastavano e preferiva girare per le strade del paese, un “vagabondo del limbo”, come ha de:nito Lucienne Peiry, direttrice della Collection de l’Art Brut di Losanna. Teneva le imposte chiuse e all’interno sembrava sempre notte. La sua stanza era un ventre scuro dal quale scappava di giorno per poi ritornarvi a dormire qualche ora. Sulla facciata esterna troviamo un cuore e un pupiddo neri e dal lato opposto, tre piccole :gure: due, un cuore e un pupiddo, contengono il nome Tonino e le date 1992-20007, 1948 -20007, 1992-2000785. Anche i mobili sono stati rivisitati. Hanno cambiato colore e hanno acquisito un volto. Quando lo spazio su un foglio non era suf:ciente a 83
Vedi Album Calvino, a cura di L. Baranelli e E. Ferrero, Mondadori, Milano, 1995, p. 281.
84
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 18.
Giovanni Bosco per indicare gli anni del nuovo secolo scrive 2000 e poi il numero, come si pronuncia: duemila e sette, ad esempio. 85
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contenere la rappresentazione che Giovanni stava disegnando, il tavolo o il pavimento ne accoglievano la naturale prosecuzione. La casa non rappresenta nell’opera di Bosco soltanto un luogo oggettivo o un supporto per la realizzazione delle :gure, ma è anche un soggetto ricorrente all’interno dei disegni. Nelle opere che si trovano a Losanna compaiono diversi indirizzi: quelli delle sue residenze precedenti e quello delle case dove si recava in vacanza. Compaiono anche i nomi di alcune componenti tipiche delle case siciliane: lo scalune, ad esempio, il gradino di fronte alla porta:nestra d’entrata, il posto dove si tessono le relazioni personali con il vicinato e dove la sera ci si siede al fresco dopo le calde giornate d’estate. Troviamo anche delle indicazioni relative alla luce elettrica, all’intenna, l’antenna, e al puzo, il pozzo per l’acqua piovana, di cui nessuna casa di campagna è sprovvista. Questa parte della memoria collegata ai luoghi e ai trasferimenti viene dichiarata dal pittore, nei vari fogli o cartoni, insieme al suo valore superiore affettivo: la “casa” rappresenta la famiglia e la sua coesione. Non è quindi una coincidenza che nella maggior parte di queste rappresentazioni si veda una famiglia ancora integra (sono presenti almeno quattro ombre) e che gli indirizzi risalgano ai domicili e alle vacanze dell’infanzia.
IV.2 Castellammare del Golfo Il processo di approvazione delle opere murali di Giovanni Bosco è stato favorito dalla singolarità dei suoi soggetti. La vivacità dei colori utilizzati in contrasto con gli intonaci di colori tenui o ingrigiti impressiona i passanti. Come già accennato nei capitoli precedenti, il pittore, colpito da un tumore maligno, comincerà a sempli:care le sue rappresentazioni. La fatica e
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l’attenzione con cui delineava i primi murales viene ridotta :no a raf:gurare solo macchie a forma di cuore. Scompare la componente linguistica. Non ci sono più le date che Giovanni attribuiva alla costruzione dei palazzi. Per il pittore avevano “almeno un secolo”, anche se sui muri scriveva ad esempio 1979 e poi l’anno di esecuzione 20007. Non inserisce più neanche i frammenti delle canzoni napoletane, forse per l’impossibilità di cantarle. Tonino assume sulle pareti dimensioni umane, Giovanni ci dialogava come se stesse parlando con una persona reale. Se il muro non veniva considerato suf:ciente al suo disegno, il pittore arrivava a dipingere sull’asfalto e su se stesso. Il collettivo francese Animula vagula in un articolo, un “post” sul blog, del 2008 intitolato Murs à la sicilienne, dedicato ai lavori di Bosco, ci mostra come all’estero l’opera del pittore sia riconosciuta come tipica dell’isola: la realtà siciliana è identi:cata con le crepe e i vecchi intonaci, “environnement de lézardes et de somptueux vieux crepi” 86, ma allo stesso tempo ricorda il gioco di integrazione tra super:ci di Jean Fautrier. Purtroppo
gli
agenti
atmosferici
e
la
disattenzione,
o
scarsa
considerazione, degli abitanti che ridipingono le loro facciate hanno già avviato un processo di distruzione di questo patrimonio artistico. Il deterioramento naturale dei supporti potrebbe essere combattuto con un intervento di restauro e poi di mantenimento e tutela. Purtroppo, non ci sono possibilità di recupero per i murales già coperti dal nuovo intonaco. Per evitare altri danni, si dovrebbe
86
http://animulavagula.hautetfort.com/archive/2008/05/25/murs-a-la-sicilienne.html
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avviare una campagna di sensibilizzazione, parallela alla progettazione di una esposizione permanente strutturata e pubblicizzata. L’associazione Outsider Art Giovanni Bosco vorrebbe dare ai proprietari delle case la possibilità di scegliere al momento della ristrutturazione se restaurare e rispettare le opere o se dare il permesso di staccarle: un’operazione, però, delicata e costosa anche per la precarietà del supporto. L’associazione sottolinea che il museo “en plein air” di Bosco già esiste. Una delle possibilità di questo museo all’aria aperta è anche quella di poterne usufruire da subito tramite moderni programmi internet, come Google Maps, grazie ai quali si può effettuare una visita digitale di qualsiasi luogo, tramite le immagini che se ne possono ottenere inserendo l’indirizzo nello spazio di ricerca87. Il tour virtuale può anche svilupparsi muovendo le frecce all’interno dell’immagine e, seguendo la mappa geogra:ca delle opere murali di Bosco, scoprirle a poco a poco. Il problema di questo tipo di fruizione è che il web ne riporta una immagine statica, senza vita. Nel video realizzato da ZEP per la IV Biennale Internationale d’art Hors les normes di Lione 88, l’intento è stato invece proprio quello di mostrare la quotidianità viva senza interpolazioni o censure. I murales sono stati ripresi a diverse ore del giorno: la componente luminosa rivela, così, tutta la sua importanza. La luce ha il ruolo di mettere in risalto la brillantezza delle vernici e tutti i dettagli del disegno, di donargli nuove tonalità a seconda della frequenza di colore dominante dall’alba al tramonto: illumina ed esibisce il segreto dell’opera di Bosco senza svelarlo. Le ombre, quelle dei passanti o delle macchine che intermittenti attraversano il campo di ripresa, si 87
Vedi foto p. 65.
88 Vedi Giovanni Bosco. Le musée en plein air, video realizzato da ZEP per la IV Biennale Internationale d’art Hors le normes, Lione, 2011, 10’.
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mescolano ai personaggi dipinti: sono proprio queste sagome scure a creare un ponte che collega l’unicità del bosco di Giovanni con la realtà siciliana e meridionale delle bottiglie di plastica che rotolano per le strade, delle lavatrici abbandonate sui marciapiedi, degli intonaci crollati e della polvere. Il confronto tra contesto e opera si risolve in questo attraversarsi.
IV.2.1 Mappa geogra#ca delle opere murali Il museo “en plein air” dei murales di Castellammare potrebbe essere fruito dal pubblico in due diversi modi. Nella situazione attuale, lo spettatore può, con una mappa o senza, passeggiare tranquillamente per le vie del paese e incontrare le :gure di Bosco per caso. Ma una seconda opportunità più articolata, sarebbe quella di piani:care un percorso di visita che comprenda tutte le opere, anche le più nascoste, e che sia suddiviso per aree tematiche. Avrebbe come punto di partenza via Segesta, nella parte alta del paese, in basso sulla mappa elaborata da ZEP. Questa prima sezione possiamo considerarla introduttiva al repertorio :gurativo del pittore che si sviluppa in maniera più ampia nella prosecuzione del percorso. In via Mamiani incontriamo i primi cuori e viparicchi e il murale relativo al suo Natale d’infanzia89. Sono proprio i personaggi di Bosco che ci guidano all’interno dei vicoli :no alla sua casa in via Minzoni. Da qui, dopo una piccola tappa alla fontana, il cannolo, decorata con una visinicchia sul retro in via Generale Michele De Gaetano inizia una sequenza di strade decorate all’inizio e alla :ne, che è possibile vedere integralmente percorrendo tutta la sezione da una parte all’altra più volte oppure prima sul lato di via Roma e dopo su quello di corso Garibaldi. Questa è l’area più importante e ricca dove si può osservare anche il 89
Vedi Capitolo II.1.
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percorso di sempli:cazione degli ultimi anni di vita del pittore, :no ai cuori muti. La visita si conclude attraversando il piccolo tunnel, dove, come un testamento o una dichiarazione :nale, Giovanni ha annotato luoghi e frammenti delle canzoni che preferiva, insieme a qualche data, all’interno di un cuore e accanto ad un personaggio muscoloso. Proseguendo si arriva alla villa Margherita, di fronte al panorama del porto: all’entrata, sul tronco di un :cus secolare ci accoglie un ultimo pupiddo. L’intera visita potrebbe essere accompagnata dalla descrizione dei “percorsi quotidiani” di Giovanni Bosco, organizzata in luoghi chiave: “il bar, il parco, il corniciaio, gli scalini davanti la banca di corso Garibaldi e la casa della madre”90.
90
Vedi Intervista del 24 Maggio 2011 a Salvatore Bongiorno, presidente dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, Appendice.
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Cartina delle opere murali di Giovanni Bosco a Castellammare del Golfo, realizzata da ZEP
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Murale, Via Roma, Castellammare del Golfo, 2008/2009
Murale, Corso Garibaldi, Castellammare del Golfo, 2008
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Interno, casa di Giovanni Bosco, foto di ZEP
Esterno, casa di Giovanni Bosco, foto di Eleonora Stassi
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CAPITOLO V “LA LINGUA SALVATA”91 Considerazioni sulla componente linguistica delle opere
Io ho solo un cuore muto lamentati con la tempesta di sabbia che viene dal deserto del mio cuore.92 Mariella Mehr
Sebbene le esperienze artistiche irregolari non si possano inserire all’interno di una tradizione regolata da rapporti storici, di causa/effetto e di eredità/innovazione, non signi:ca che siano del tutto estranee le une alle altre. Le opere degli artisti outsider possono essere raccolte in repertori tematici. Nel capitolo IV è stato accennato l’argomento della creazione di nuovi ambienti e luoghi individuali. Un altro motivo fondamentale è quello del legame con la lingua scritta. Michel Thévoz93 dedica un capitolo del suo libro L’Art brut al rapporto tra scrittura e :gura94. La sua analisi inizia dalla presa di coscienza del processo
di
“segregazione”
che
la
cultura
occidentale
ha
applicato
rigorosamente tra le due componenti: l’arte :gurativa è stata nella sua fase 91
Vedi E. Canetti, La lingua salvata, Adelphi, Milano, 1991.
92 Ich habe nur ein stummes Herz,/ beklage dich mit einem Sandsturm/ aus meiner Herzenwüste, , 20 Novembre 2007, in Mariella Mehr, San Colombano e attesa, traduzione italiana di Anna Ruchat, Ef:gie edizioni, Milano, 2010, p. 35. 93
Michel Thévoz è stato direttore della Collection de l’Art Brut di Losanna dal 1975 al 2001 e professore di storia dell’arte presso l’università della stessa città. Ha pubblicato uno dei testi più importanti su l’arte irregolare: L’Art brut, Editions d’art Albert Skira, Genéve, 1975. 94
Cfr. capitolo L’écriture et la fgure in M. Thévoz, L’Art brut, Editions d’art Albert Skira, Genéve, 1975, p. 130-135.
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iniziale inscindibile dal linguaggio, rappresentato “dans leur contexte verbal comme "mythogrammes" plutôt que commes des pictogrammes” 95. Allo stesso modo, bambini e “malati di mente” inseriscono lettere e immagini “sans discontinuité”, poiché sono originati dalla stessa pulsione. Nella ricerca confusa degli artisti brut della continuità originaria, simile a quella surrealista strutturata sulla base del procedimento dell’”écriture automatique” 96, scompare l’ordine tipogra:co e prevale la materialità sonora della fonetica sul codice scritto. Gli aspetti anticulturali dell’arte outsider traggono forza da questo “disordine sperimentale, che farà vacillare il sistema di senso e della rappresentazione per far risaltare la logica interna.” 97 Gli artisti più rappresentativi di questa ”écriture en delire” 98 sono, per l’alfabeto occidentale, Carlo e, per quello giapponese, Kunizo Matsumoto. Giovanni Bosco non inserisce, però, le lettere soltanto come ornamento: spesso articola frasi, riporta nomi propri, denominazioni di luoghi e cose e frammenti di canzoni napoletane. Roland Barthes, a proposito dell’oroscopo nel mondo piccolo-borghese, rifetteva sulle “iniziative di semialienazione (o di semiliberazione) che si pre:ggono di oggettivare il reale, senza però arrivare a demisti:carlo.”99 È proprio tra questi “tentativi nominalisti” che si può
“Nel loro contesto verbale come "mitogrammi" pittogrammi”(traduzione personale), vedi ibidem, p 131. 95
piuttosto
che come
96 Cfr. Inspiration and Unreachable Paradigm, saggio di Thomas Röske in T. Röske, I. von Beyme, Surrealismus und Wahnsinn, Surrealism and Madness, Verlag Das Wunderhorn, Heidelberg, 2009, p. 14. 97 “Effets anticulturels, un peu comme un désordre expérimental qui ferait vaciller le système du sen set de la raprésentation pour en faire ressortir la logique interne” (originale), vedi ibidem, p. 135. 98 L’”écriture en delire” è il titolo di una mostra che si è tenuta alla Collection de l’Art Brut di Losanna dal 12 febbraio al 26 settembre 2004. 99
Vedi R. Barthes, Miti d’oggi, Einaudi, Torino, 1994, p. 165.
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includere la componente linguistica delle opere di Bosco, legata però ad un sistema sociale meno strutturato e limitato, più universale: anch’essa “serve a esorcizzare il reale nominandolo.”100 Il presidente dell’associazione Outsider Art Giovanni Bosco afferma nella sua intervista101 che probabilmente solo i numeri avevano per il pittore una funzione decorativa. Dietro i numeri è celato un segreto inaccessibile: li inserisce all’interno delle parti anatomiche come ne indicassero il prezzo; vengono articolati in diverse date, non sempre collegate a fatti biogra:ci, e nei numeri civici delle case in cui ha vissuto; riempiono tutto lo spazio che rimane nei cartoni e nei fogli dopo aver delineato :gura e testo. Giovanni Bosco non ne ha mai de:nito un signi:cato preciso, come, al contrario, Carlo Vincenti 102, autore viterbese, che ne aveva costruito uno simbolico, corrispondente ad ogni singola unità, che era alla base di tutti i suoi repertori. Accanto alle cifre, ricorre in più opere 103 di Bosco questa sequenza di lettere: l.E.M.b.f.S.L.R.E.P.l.F.v.r.n.mm.m.u.u.G. Non si può risalire al signi:cato che aveva per il pittore, ma certamente non doveva esserne priva per comparire nello stesso ordine anche in cartoni con diversi anni di differenza.
100
Ibidem.
101 Vedi Intervista del 24 Maggio 2011 a Salvatore Bongiorno, presidente dell’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco, Appendice. 102
Per una panoramica su questo autore vedi Carlo Vincenti (Vesco VI) 1946-1978, Immagini e parole, tesi di laurea specialistica di A. Miralli, Facoltà di Beni culturali, Università della Tuscia, Viterbo, anno accademico 2005/2006. 103
Vedi Appendice, Schede n. 9, 10, 12, 13.
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V.1 Il dialetto Giovanni Bosco era stato costretto ad abbandonare la scuola in seconda elementare. Aveva imparato a malapena a scrivere. Dalle parole e dalle frasi inserite all’interno delle sue opere, da quelle murali ai cartoni, emerge un italiano pieno di errori. Le cause sono principalmente due: l’interferenza del dialetto, conosciuto allo stadio parlato, e un ipercorrettismo di risposta, per paura di sbagliare o per imitare uno stile uf:ciale. Bosco inserisce vocaboli isolati o più sintagmi nominali accostati senza un sintagma verbale di connessione, quando deve speci:care il soggetto della sua rappresentazione o attribuirgli un nome proprio. Raramente compaiono denominazioni di animali e si tratta soprattutto di pesci (ad esempio: “Sarda marina Balena”). Il disegno di una parte anatomica è invece spesso accompagnato dai sostantivi corrispondenti come “piede” e ”naso” in perfetto italiano oppure “frunte” e “gervello” nella loro rivisitazione sulla base della fonologia dialettale. Il siciliano e gli errori emergono soprattutto nella struttura delle frasi originali del pittore: Fabbricazione 2000 8 Nonostante morto subito sverto immiatamente Presto bongiorno buonasera ti saluto Ciao arrivederce bon viaggio.104 La notizia di una scomparsa è seguita dalle espressioni di congedo nella lingua parlata e il carattere improvviso di questo decesso è sottolineato dal climax “subito, svelto, immediatamente”. Non è presente il soggetto e la struttura della frase è disordinata.
104 “Nonostante morto, subito, svelto, immediatamente. Presto buongiorno buonasera ti saluto ciao arrivederci buon viaggio” (trascrizione personale).
60
Sempre sullo stesso argomento sono altri due frammenti inseriti dal pittore nei cartoni: Sesto invarto mori succorpo morto un vecchio nell’intanto105; D’infarto morto. L’inversione con il verbo in seconda posizione è un elemento peculiare del dialetto. E’ singolare la coordinazione, nel primo passo, tra la prima frase e questa morte improvvisa, con in secondo piano la morte di un vecchio nello stesso momento. Non è l’unico caso in cui la notizia di un decesso, telegra:ca, è di sfondo rispetto ad un altro avvenimento. Troviamo infatti: Morto gino vito Totocalcio vincita fatto lo tredici Vincita di sordi uno milione e novi cento Centomila nonostante bene apposto106. Il “totocalcio” è un tratto distintivo della realtà italiana popolare e non, ed è collegato all’universo maschile. Come lo è anche una certa passione per il fumo. In un foglio che si trova presso la Collection de l’Art Brut, all’interno di quattro :gure rettangolari con occhi e braccia, che rappresentano i pacchetti di sigarette, scrive: Sigarette Stuversanti il fumo uccide; Sicarro Illivorno Grosso; Filippes 105
“Al sesto infarto morì sul colpo, morto un vecchio nel mentre” (trascrizione personale).
106 “Morto gino vito, Totocalcio vincita fatto, tredici. Vincita di sordi: un milione e novecento. Centomila. Nonostante bene e apposto” (trascrizione personale), vedi Appendice, Scheda n..
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Moris il fumo uccide; Diana il fumo uccide. Come già accennato nel paragrafo IV.1, Bosco inserisce i sostantivi gergali relativi alle componenti della casa e gli indirizzi. Nello speci:co li riporta così: di casa scalune; macaseno chianedu montagna basa per fare legna pure la luce eccorrente corrente luce agua puzo con agua107; Corso garibaldi via rroma via schiavo Trazzera visicare verso case visicare; casa chianedu montagna zona bella accentino.
“Visicare“ è una zona che si trova fuori dal paese, dove si recava con la famiglia in villeggiatura o per le festività. La “trazzera” è la strada sterrata. Nelle case di campagna, nei magazzini semplici che venivano utilizzati dai contadini e in quelli che tuttora rimangono, c’era e continua ad esserci il problema dell’elettricità e dell’acqua: nella casa descritta da Bosco c’è un pozzo per l’acqua piovana e ci sono anche la “luce” e la “corrente”, che il pittore differenzia come se dipendessero da due sorgenti diverse invece che dall’unica elettricità. Queste ultime due parole le troviamo anche vicino a nomi di alimenti e bevande e a quello di Merola: “Magazzino nelle piane di montagna, base per tagliaree la legna, pure la luce e la corrente, corrente, luce, acqua, pozzo con acqua” (trascrizione personale). 107
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Vino luce sole pere Currente luce carne Merola Supere normale. Questa sequenza di parole descrive una cena (l’utilizzo della corrente per l’illuminazione indica che si tratta di un momento notturno/serale) con musica di sottofondo e diverse pietanze. Allo stesso modo, in questo piccolo testo, il nome della località “montagne Rutticelli” e quello di una parte della casa, l’”intenna”, l’antenna, sono accostati a quello di un cibo e di una bevanda, il Marsala: montagne rutticelli nonostante sapore dolce marsalla carne vitello intenna. L’unico insulto, rivolto a Tonino, che si trova nelle opere è questo: Tonino serpe! Tutto. In un altro frammento si può osservare il fenomeno dell’ipercorrettismo. Per dare all’affermazione un carattere di uf:cialità, simile a un messaggio rilasciato al telegrafo, il pittore scrive così: Sta storia di Palermo Non è buona Nonostante Rimedio temperatura Fabbrica zio. Giorno. 2000. 6. Tutti i termini e la loro trascrizione derivata dalla pronuncia effettiva nel dialetto parlato appartengono al campo della realtà, e così anche i contenuti che provengono dalla memoria di avvenimenti diversi, dalle riunioni di famiglia
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alle notizie di cronaca, dalle canzoni napoletane alle poesie imparate a scuola. In un album108, infatti, il pittore trascrive una delle più elementari rime che si imparano da bambini: 30 giornni a novembre con april Giugno e settembre Di ventotto cin’è uno. Tutte gli altre ne annu trentuno. V.2 I nomi e il lutto Il lutto in Sicilia è vissuto come “festa tragica e passione collettiva” 109, che si consuma tra senso del rito, “liturgia”, e “gusto dell’esibizione istrionesca”, “maschera”. Nonostante questo apparato di credenze e abitudini stia scomparendo nel mondo contemporaneo, la generazione di Giovanni Bosco sicuramente ne deve aver avuto esperienza. Il pittore riserva un particolare rispetto verso i nomi propri delle persone defunte: elenca quelli dei familiari, dei vicini di casa, degli amici e dei conoscenti, insieme ai cognomi, e disegna di tanto in tanto una croce. I personaggi che li contengono diventano custodi o ne assumono l’identità. Le :gure, diventano lapidi colorate che nascondono un cimitero di affetti. Al tempo degli Egizi, il nome non era considerato soltanto un segno di riconoscimento dell’uomo, ma ne era l’elemento distintivo, “in un certo senso un "sosia" spirituale del corpo.”110 Così nell’opera di Bosco l’inscrizione di un nome di una persona corrisponde alla possibilità di farla rivivere. L’importanza 108
Vedi Appendice, Scheda n. 25.
109
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 28-29.
110
Vedi E. Cassirer, Linguaggio del mito, Il Saggiatore, Milano, 1961. E cfr., nel paragrafo Altri tabù e il potere del nome in G. L. Beccaria, I nomi del mondo, santi, demoni, folletti e parole perdute, Einaudi, Torino, 1995, p. 97.
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del nome come cardine fondamentale dell’identità è stata ribadita, più recentemente, dall’esperienza del genocidio ebraico e di altre forme di violenza che dall’Ottocento sono state accompagnate dalla riduzione dell’uomo a un numero. Quelli più ricorrenti nell’opera del pittore siciliano sono: “Mariano Stabile”, “Mariano di Benedetto”, “Tonino Bonventre”, “Peppe Bosco” e “Maria Lume”. La sua :rma è inserita in tre diversi ordini e modi: “G. Bosco”, “Giovanni Bosco”, “Bosco Giovanni”. L’ultima con la struttura cognome/nome compare nelle opere in cui il pittore voleva riprodurre un tono uf:ciale. V.3 Le canzoni napoletane Come ci rivelano le persone che gli erano più vicine e le riprese rimaste, Giovanni Bosco amava ascoltare e cantare canzoni napoletane. Bosco deve essersi appassionato a questo genere per il successo che aveva negli anni della sua giovinezza e dell’infanzia. Per il ceto popolare, la canzone napoletana rappresentava un sistema di valori, un universo di passioni e teatralità, poi messe in scena nelle sceneggiate televisive, che prendevano il posto dell’opera, che da genere “nazionalpopolare” nel secondo dopoguerra era ormai diventata fruibile da pochi, aveva perso il suo carattere melodico e non aveva più la stessa diffusione. Le canzoni delle quali Bosco trascrive e rivisita frammenti di testo, quelle delle quali è stata possibile una identi:cazione, risalgono principalmente alla :ne degli anni Sessanta, quando il pittore aveva vent’anni: rimandano quindi ad un periodo precedente agli anni del carcere e dell’internamento. Questo indizio mette nuovamente in relazione il suo mondo artistico con il ricordo di un periodo felice: la musica viene trascritta, muta, nelle opere, dai cartoni ai
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murales, come una colonna sonora che non può essere più cantata. Il testo, inserito nelle :gure o accanto, è consegnato ai personaggi che ne diventano custodi. Il collettivo Animula Vagula si riferisce così alla componente musicale dell’opera di Bosco: Pas étonnant qu’il affectionne les violentes coulures rouges et les airs du chanteur napolitain Mario Merola. Il en transcrit les paroles, en dialecte, dans une orthographe approximative (Chitarra rossa), en suivant le tracé de lignes pointillées qui représentent pour lui la ligne mélodique.111 Viene messa in risalto l’assonanza tra la violenza dei colori utilizzati e le arie napoletane, come se condividessero una stessa aggressività e una stessa sofferenza. C’è un accenno anche alla punteggiatura utilizzata da Bosco. Analizzando i vari frammenti, si può risalire ad una vera e propria grammatica musicale senza pentagramma. Nei testi si trovano: 1. punti: sono inseriti a dividere parole o nomi fusi con il loro articolo al posto di un semplice spazio; ne troviamo tre quando la pausa da indicare è più lunga o quando corrisponde a una parte musicale più articolata; 2. accenti o linee: in alcune opere, ricoprono ogni vocale, in altre, invece, sembrano inseriti in maniera più ragionata a sottolineare un momento di appoggio o di tensione nella sequenza melodica, proprio come lo stesso segno collocato sulle note all’interno di una partitura.
111
“Non c’è da stupirsi che gli piacciono le violente striature rosse e le arie del cantante napoletano Mario Merola. Ha trascritto le parole in dialetto, in una gra:a approssimativa (Chitarra Rossa), seguendo le linee tratteggiate che rappresentano per lui la linea melodica.” (traduzione personale), vedi il post del blog del collettivo Animula Vagula al link: http://animulavagula.hautetfort.com/archive/2008/05/25/murs-a-la-sicilienne.html.
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Il suo interprete preferito era Mario Merola. Questo nome ricorre all’interno delle sue opere, dai cartoni ai murales. Proprio per la sua notorietà, il nome del cantante lo ritroviamo anche inciso sulle mura del manicomio di Volterra nella calligra:a atipica di Oreste Ferdinando Nannetti 112. Nannetti viene internato in manicomio a ventisette anni, prima a Roma, poi trasferito a Volterra. Essendo nato nel 1927, quello che trascrive deve averlo ascoltato alla radio. I suoi settanta metri di scritture contengono tutta la cultura di Nannetti, tutto quello di cui era venuto a conoscenza: date, misure, parole meccaniche tecniche, nomi di città, di cantanti, frammenti di canzoni. Il nome di Merola lo troviamo accanto a quello della capitale spagnola Madrid, al quale è stato avvicinato forse per il suono. Il “colonnello astrale”, come lui stesso si de:niva, colloca in questo suo testamento anche il frammento di una canzone di Luciano Virgili, “pino solitario”113. Allo stesso modo Bosco incastra nei suoi disegni i testi, perché fanno parte della sua identità come essere storico e sociale. Accanto alle date, ai luoghi e ai nomi delle persone che ha conosciuto, diventano parte di una eredità umana, di una vita intera. I brani più ricorrenti sono due ritornelli: il primo è quello di “Chitarra rossa”, grande successo di Merola; il secondo di “Core spezzato”, una canzone del 1968. Nel riportarli il pittore rivisita il dialetto napoletano attraverso il processo di interferenza del siciliano: ad esempio, l’aggettivo “rossa” diventa “rrossa”. Questo errore ci dimostra che nell’italiano di riferimento di Bosco, che dipende
112 Vedi Nannetti, catologo dell’esposizione che si è tenuta dal 13 maggio al 30 ottobre 2011, Collection de l’Art Brut/éditions Infolio, Losanna, 2011, p. 106-108. 113
Ibidem, p. 123-125.
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dalla fonologia del dialetto, non esistono una r breve e una r doppia o lunga, ma solo quest’ultima. Il ritornello della canzone è composto da queste parole: Chitarra rossa, ca 'int'a ll'ombra d' 'a notte passa, chistu core te corre appriesso pe' na via ca nun po’ spuntá. Chitarra rossa, 'sta vita mia nun 'a spezzá, e dincello, ca si mme lassa, chitarra rossa, mme fa danná. L’argomento del testo è lo struggimento verso un amore impossibile. La chitarra è con:dente e portavoce dell’innamorato: lo accompagna con le sue melodie nella disperata ricerca di una possibilità, ma “per una via che non porta da nessuna parte”, e ha il compito di informare l’amata che se lo abbandona, lo farà “danná”. La versione che Giovanni Bosco riporta nei suoi disegni recita invece così: Chitarra rrossa. Chinallobra( o “nellompra”). La notte passa. Chisu core non è pertitè chista è via che nun po’ spunta e ncelu lanotte passe chitarra rrossa114 “Chitarra rossa” è diventata la protagonista del brano. È lei che si muove nell’ombra. L’innamorato non è più innamorato: riconosce in maniera fredda che la donna a cui si rivolge non è l’amata giusta per il suo cuore e che la strada intrapresa non può avere esiti positivi. La chitarra non deve più riportare nessun messaggio e passa “nel cielo” la notte.
“Chitarra rossa. Che nell’ombra la notte passa. Non è per te. E questa è una via che non porta da nessuna parte (lett. che non spunta). E nel cielo la notte passa, chitarra rossa”(trascrizione personale), vedi Appendice, Scheda n. 26, riquadro n. 12, e Scheda n. 27. 114
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Questa interpretazione differente di Bosco è sicuramente da attribuire a degli errori mnemonici che nel tempo hanno portato alla creazione di un nuovo signi:cato e all’ordine che si è formato intorno a questo, ma anche a una estraneità del pittore agli atteggiamenti drammatici della cultura napoletana e a una diversa educazione ed esperienza dell’amore in generale. Il secondo brano più ricorrente, tratto da “Core spezzato”, è questo: povero core mio, core spezzto ca t'ha vulut ben e tu e trdut primm ca dic Sì cchiù nammurat. se vene a piglià lurdm salut core spezzato Il “cuore” è stato “spezzato” da un tradimento e non può sopportare oltre: si prende la responsabilità di un ultimo saluto per non sentirsi dire dall’amata che non è più innamorata. Nuovamente nei murales di Bosco avviene un mutamento: O povero core mio. Core.spezzato. EU.TAVOLUTO.BENE.E’.TESALUTO.CORE.SPEZZATO… Quannu.turichisi…chiunna.muratu.checu.nacurtettellata.ti.saluta. guarcunu. GENTE…SBATTITI LIMANU.E PPLAUDITIMI. chista.è.LANNAMURATA. MIA.ChiSTACANTANNU.SINTITI. CHIVUCI.IMPRESSIONANTI. MARIA.BELLA.GRANDE. E.robusta.e.Lunga. 2005115 Il testo è stato contaminato da un altro frammento, che compare anche isolato in altri disegni: “gente sbattete le mani e applauditemi, questa è la mia “Povero cuore mio cuore spezzato. Io ti ho voluto bene e ti saluto. Cuore spezzato. Quando tu dici che non sei più innamorata. Che (è come) una coltellata. Ti saluta qualcuno. Gente, sbattete le mani e applauditemi. Questa è la mia innamorata che sta cantando. Sentite che voce impressionante. Maria bella, grande e robusta e lunga. 2005” (trascrizione personale), vedi Appendice, Scheda n. 25, riquadro n. 15. 115
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innamorata che sta cantando! Sentite che voce impressionante: Maria bella, grande, e robusta e lunga”. Dalle vocali utilizzate nelle ultime sillabe delle parole, la u e la i (“li manu”, “cantannu”, “sintiti”, “impressionanti”) tipiche del dialetto siciliano, si può dedurre che questa strofa sia un’invenzione del pittore o sia stata estratta da una canzone dell’isola. Infatti, pochissime volte Bosco trasforma le vocali :nali del napoletano in u o i: avviene soltanto quando inserisce parole non presenti nell’originale (ad esempio, in questo caso “quannu” e “guarcunu”) o quando la vocale non è pronunciata dal cantante (quasi tutte le ultime vocali cadono nella pronuncia napoletana: “trdut”, “primm”, “nammurat”). In questa versione, il “cuore” non è stato “spezzato” dal tradimento, ma proprio dal fatto che l’innamorata non lo ama più e quest’affermazione, per Bosco, è come una “curtettellata”. Ma poi come se niente fosse stato, forse a causa della comparsa reale di un passante nel momento in cui stava scrivendo, il pittore inserisce la frase “ti saluta qualcuno” e il brano si trasforma in una festa e in un applauso per l’uomo che è accompagnato da questa donna dalla voce meravigliosa: “Maria”. La tragedia delle prime righe è dimenticata. Altri due piccoli testi potrebbero appartenere a canzoni di musica popolare, ma le varianti di Giovanni Bosco non ne hanno permesso un riconoscimento effettivo: Chiagne.sempre.stucore.mio.chii.ppenza.sempre.atte Io.tivoglio.assai.bene.catu.nuntascurdari.sempre.amme. 116 D’intra na busta Bianca siggillata t’aggiu mannatu…117 “Piange sempre questo cuore mio che pensa sempre a te. Io ti ho voluto bene e non ti devi scordare di me” (trascrizione personale), vedi Appendice, Scheda n. 27. 116
117 “In una busta bianca sigillata ti ho mandato…”(trascrizione personale), pareti della casa di Giovanni Bosco.
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V.4 Anatomia reale e immaginaria Gli studi di antropologia hanno mostrato come nella mentalità primitiva “conoscere il nome” signi:cava “esercitare un potere sull’essere” 118. Il guaritore doveva possedere la “conoscenza del nome”, proprio come il “dottore di tutto”119. Il linguaggio era una caratteristica magica: le parole erano state inviate agli uomini da qualche divinità o entità ultraterrena. Come tali erano degne del rispetto e della venerazione e “chiamare le cose” col loro nome era ”un sapere magico”, che “permetteva di dominarle.”120 Il “vocabolo” e il “concetto”121, inoltre, non potevano essere separati. Ugualmente nelle opere di Bosco, la parte anatomica è raramente disgiunta dalla parola coincidente a simboleggiare la presenza di una identità di fondo nella mente del pittore: la “conoscenza del nome” corrisponde alla “conoscenza delle cose”122. Il collettivo Animula Vagula si riferisce così in un articolo alla componente anatomica dell’opera di Bosco: “J’avoue que j’ai un faible pour ces sortes de limaces body-buildées et mélancoliques dont le créateur détaille avec ferveur les biceps.”123 118 Vedi paragrafo Altri tabù e il potere del nome in G. L. Beccaria, I nomi del mondo, santi, demoni, folletti e parole perdute, Einaudi, Torino, 1995, p. 96. 119
Vedi capitolo II.
120
Vedi paragrafo Altri tabù e il potere del nome in G. L. Beccaria, I nomi del mondo, santi, demoni, folletti e parole perdute, Einaudi, Torino, 1995, p. 96. 121
Cfr. ibidem, p. 95.
122
Ibidem, p. 96.
“Confesso che ho un debole per questi tipi di lumache culturiste e malinconiche di cui l’ autore descrive con entusiasmo il bicipite.” (traduzione personale) vedi il post del blog del collettivo Animula Vagula consultabile al link: http://animulavagula.hautetfort.com/archive/2008/05/25/murs-a-la-sicilienne.html 123
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Come Starobinsky affermava nel quinto capitolo del suo saggio Ritratto dell’artista da saltimbanco124, il corpo “è il male, è la contingenza.” L’involucro umano rappresenta una forma della quale è impossibile, liberarsi: “il meglio che si possa fare è eluderlo, oppure tras:gurarlo.” 125 È proprio quello che arriva a fare Giovanni Bosco nei suoi murales. Si libera dai bisogni e dai desideri :sici assegnandoli agli abitanti del suo immaginario. Li disegna muscolosi, “bodybuildées”, ma anche “mélancoliques”, sfogando così la sua volontà di forza e la sua tristezza. È singolare notare come il pittore avvicini agli organi umani che si occupano dei sensi il nome di un cibo o di un gusto, af:dando alle sue :gure anche i ricordi sensoriali. Compaiono, infatti, nelle opere queste diverse sequenze: Marsala alluovo dolce carne dolce Tonino; frunte testa sentimento gervello mimoria carne …. sapore santarita chiesa; tasta frunte sentimento carne naso carne; naso salsiccia fritta sapore. Si può notare che alla fronte e alla testa sono accostati i termini “sintimento”, “cervello”, inteso come intelligenza, e “memoria”: il pittore non attribuisce al cuore il controllo delle emozioni rivelando una materialità di approccio alla sfera emotiva. Il pittore è stato costretto a un brusco ritorno alle necessità reali del suo corpo a causa della malattia degli ultimi anni della sua vita. Ri:uterà le cure e 124
Vedi capitolo Corpi desiderabili e corpi umiliati in J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1998, p. 87-89. 125
Ibidem, p.88.
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qualsiasi tipo di riposo per trasformare ancora una volta un dettaglio corporeo, il tumore all’altezza della gola, in una macchia colorata all’interno di un pupiddo. Questo particolare facilita allo spettatore il processo opposto: la riconversione dolorosa all’infermità :sica. “Non c’è nulla, infatti,” come scrive Starobinsky, “che riconduca al corpo come l’insuccesso subìto nel tentativo di sfuggire al corpo.”126 Giovanni Bosco ritrae insieme alle sequenze e ai testi non solo degli esseri interi, ma anche delle parti separate. Questa frammentazione e le linee che a volte traccia per delineare i muscoli ricordano una autopsia. Il funzionamento e l’apparenza interna del corpo umano hanno sempre destato interesse e talvolta sono stati causa di provocazione. Il successo della mostra Bodyworlds, the Original Exhibition of Real Human Bodies e il titolo dell’articolo introduttivo “Qui la provocazione ha preso corpo”127 ne sono l’esempio. L’anatomopatologo tedesco Gunther von Hagens’ utilizza per scopi divulgativi dei cadaveri umani, privati del rivestimento epidermico, che tramite un procedimento di polimerizzazione non si decompongono e diventano statue fessibili, che è possibile piegare in tutte le posizioni da esibire. Il breve discorso di presentazione che von Hagens’ ha pubblicato sul sito della mostra termina con questa frase: “the strength of our Western democracy lies within the promotion of individualism, based on the maxim, "live and let live".”128
126
Vedi J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1998, p. 87-89. 127
2011.
Vedi L. Premoli, “Qui la provocazione ha preso corpo” in il venerdì di Repubblica, 30-9-
128
“La forza della nostra democrazia occidentale si trova all'interno della promozione dell'individualismo, in base al motto "vivi e lascia vivere".”(traduzione personale) in G. von Hagens’, The Anatomist's Hat: http://www.bodyworlds.com/en/gunther_von_hagens/anatomist_hat.html
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I piedi, le mani, i muscoli, le gambe e le braccia sono rappresentate da Bosco in base alla percezione soggettiva della parte corporea. In alcuni cartoni 129 compare accanto all’organo un coltello e anche uno o più bumbuli, contenitori del vino o dell’olio. Partendo da questo particolare, Eva di Stefano ha teorizzato la presenza di un “anatomical enigma” 130: Bosco prepara un banchetto sacri:cale e le parti del corpo sono il risultato di una “cannibalistic anatomical dissection”, in cui si fondono tratti Aztechi ed ex-voto. Una ultima particolarità stravagante da segnalare, che però può essere ricondotta ad un errore involontario del pittore, è l’inversione di destra e sinistra nella trascrizione dei nomi degli arti e dei numeri, che ricorda l’usanza di una tribù della Birmania, i Karen, i cui membri erano soliti parlare e agire in maniera inversa nelle circostanze funebri. Il linguaggio utilizzato dal sacerdote nei confronti dello spirito è descritto dall’antropologo Frazer in questo modo: “il nord diventa sud e viceversa, l’ovest diventa l’est e viceversa. Nomina cielo quando vuole designare la terra, la terra quando vuole designare il cielo. Così gli alberi hanno le radici piantate nel cielo e i rami in terra.” 131
V.5 Geogra#a reale e immaginaria Negli anni in cui era stato costretto ad allontanarsi dalla Sicilia, Giovanni Bosco ha esplorato una parte della penisola, ma di sicuro non ha visto tutte le città di cui compaiono i nomi nelle opere. Inoltre, tra i nomi di quelle che
129
Vedi ad esempio Appendice, Scheda n. 13.
130
Vedi E. Di Stefano, “Anatomical Enigma, Eva Di Stefano discovers the late-fowering work of artist Giovanni Bosco” in Raw Vision n°67, 2009. 131
Vedi J. G. Frazer, Le religioni primitive, Longanesi, Milano, 1959. E cfr., nel paragrafo Altri tabù e il potere del nome in G. L. Beccaria, I nomi del mondo, santi, demoni, folletti e parole perdute, Einaudi, Torino, 1995, p. 94.
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realmente ha visitato, il pittore omette quello di San Benedetto del Tronto. In un murale132 li elenca così, includendo senza seguire un ordine geogra:co reale anche quelli di paesi siciliani: “Castellammare del golfo, Napoli, Treviso, Udine, Roma, Tripuli, Bruca, Custonaci, Bergamo, Milano, Torino, Sassari”. Compaiono isolate le denominazioni dialettali e non di molti altri paesi della provincia e di altre città dell’isola: “Ballestrate”, “Murriale”, “Camporreale”, “Partinico”, “Trappeto”, “Bonaggia”, “Cinisi”, “Calata:mi”, “Gibellina”, “Favignana”, “Salemi”, “Inici”, “Carini”, “Rracusa”, “Siracusa”, “Palermo”, “Catania”, “Trapani”. “La parola che sempre cammina”133 lo fa anche dalle mura di un unico paese e permette di visitare nel suono di un vocabolo l’Italia intera e sognare “Nova iorchi.Rrussia.Stati.Unite.Merica.Tunisi”. Ci riferisce più dettagliatamente delle indicazioni stradali (ad esempio “tunnara vicino stazzione ferruvia di Castellammare del Golfo”) e gli indirizzi delle case in cui ha abitato (la prima era in via Pegno, quartiere “case nove”). Come per gli altri frammenti di testo, l’intenzione è quella di conservare la memoria dell’infanzia e della giovinezza, ma anche quella delle abitudini di un continente perduto. La società ha subito una enorme trasformazione e anche il paese si è ampliato mettendo in disordine le coordinate passate. Il contrasto con questa espansione su tutti i livelli accentua quel carattere insulare che Gesualdo Bufalino aveva descritto con queste parole: “l’insularità non è una segregazione solo geogra:ca, ma se ne porta dietro altre: della
132
Vedi Appendice, Scheda n. 27.
133
Vedi Noi, quelli della parola che sempre cammina, a cura di G. Giacosa, catalogo dell’esposizione delle opere di Babylone, Giovanni Bosco, Helga Goetze, Oreste Ferdinando Nannetti, Melina Riccio, Carlo Torrighelli che si è tenuta dal 3 al 30 settembre 2010 presso Museoteatro della Commenda di Pré, ContemporArt edizioni, Genova, 2010.
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provincia, della famiglia, della stanza del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la dif:denza, il pudore; e il senso di essere diversi.� 134
134
Vedi G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990, p. 18-19.
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APPENDICE
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INTERVISTA del 24 Maggio 2011135 a Salvatore Bongiorno, presidente della Associazione Outsider Art Giovanni Bosco
Il vostro incontro con Giovanni Bosco. Come, dove, quando e perché. Giovanni lo conoscevamo da sempre, si incontrava per le strade, al bar o seduto su qualche marciapiede. Abbiamo iniziato a frequentare casa sua per curiosità. Un giorno ci disse di andarlo a trovare, oltrepassato il con:ne di casa sua è stato come entrare in un altro mondo.
Il vostro rapporto nel tempo. La vostra adozione e la sua di voi. Col passare del tempo siamo diventati amici. Giovanni conosceva tutti in paese e tutti lo conoscevano, ma non si arrivava facilmente a conquistare la sua con:denza. Per lui eravamo un punto di riferimento. Il nostro primo studio distava 50 metri da casa sua. Quando aveva voglia, a qualsiasi ora del giorno (o della notte), veniva a trovarci. Da allora :no alla sua morte gli siamo stati vicini.
Tonino Lume, amico immaginario? Su Tonino Lume posso dirti che probabilmente era una persona che conobbe in carcere. Che tipo rapporti avessero avuto in effetti non ho nessuna certezza. 135
L’intervista è stata aggiornata il 27 settembre 2011.
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Sappiamo che era molto ricorrente nelle sue opere e a naso direi che non doveva essere una bella :gura per lui‌ Ma di questo non ho nessuna certezza.
Giovanni Bosco e Mario Merola. Era semplicemente il suo cantante preferito. Noi per fargli piacere avevamo scaricato da internet tutta la discogra:a di Merola. Veniva da noi e cuf:e alle orecchie stava ore ad ascoltarlo. Giovanni ha anche imparato ad usare You Tube per vedere i video di Merola. All'inizio faceva :nta di non saper usare la tastiera e il mouse, che era una cosa comprensibile per una persona di 60 anni che non ha mai avuto a che fare con un computer, ma poi ha imparato.
Il rapporto di G. B. con la madre e con il paese? La madre era una donna buona e gentile, provava a proteggerlo. In noi vedeva degli amici. Il rapporto con il paese era da tipico "scemo del villaggio". Ma posso assicurare che moltissima gente, nonostante le apparenze, voleva bene a Giovanni. Lui aveva dei percorsi quotidiani: Il bar, il Parco, il corniciaio, gli scalini davanti la banca e la casa della madre. I cittadini si erano affezionati, volenti o nolenti. Qualcuno invece aveva paura a causa di certe dicerie che lo descrivevano come una persona violenta. Queste dicerie noi tutti le smentivamo continuamente. Invitavamo la gente a parlargli e a conoscerlo meglio.
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La realtà di Castellammare del Golfo e le opere di Giovanni: si sta facendo qualcosa per la tutela delle opere murali? Il comune mostra disponibilità in termini burocratici, ma non in termini economici per quanto riguarda la tutela delle opere murali. L'associazione sta facendo un'operazione tramite la galleria Berst di Parigi. Sono state destinate alla vendita 30 opere dell'associazione di cui il ricavato andrà in percentuale all'ultima erede e la maggior parte sarà destinata al restauro dei murali. Il restauro, a opera dell'associazione, è alle porte. Io mi sto muovendo per preparare una documentazione da presentare alla soprintendenza di Trapani per ottenere un vincolo artistico ed etnoantropologico sui murali. Sono operazioni burocraticamente lunghe. Non so se e quando il tutto andrà in porto.
G. B. vi ha mai spiegato il signi#cato dei numeri e delle sequenze di lettere che inserisce nei suoi disegni, “per bellezza” o qualcosa di più? Io penso che nella maggior parte delle cose che disegnava ci fosse un senso ben preciso, biogra:co. Forse solo i numeri avevano una funzione "decorativa". Ma altre volte scriveva nomi di città o i nomi delle sue vecchie automobili o motociclette. Ci sono i suoi familiari, i suoi amici e i suoi nemici. Secondo me c'è qualcosa di più, ma ogni opera va analizzata singolarmente.
L’avvenimento che più vi ha colpito.
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Quando negli ultimi mesi di vita disegnò una serie di cartoncini 50x70 e li appese sui muri della sua casa. Io lo provocai: "Bellissimi questi! Giovanni li voglio comprare tutti! Quanto vuoi per tutti questi?" E lui mi disse: "No! Questi non li vendo! Questi sono i miei disegni! Se tu li vuoi dimmi quale ti piace, portami altri fogli, e te li faccio uguali. Ma questi qua sono miei!" Questo aneddoto è importante per due motivi. Il primo da un punto di vista artistico, perché :nalmente lui stesso dava valore alle sue cose. Il secondo da un punto di vista psichiatrico, perché gli schizofrenici dif:cilmente danno valore alle loro cose.
Di quante opere è composto l’archivio della associazione? La casa e i pochi mobili disegnati di Giovanni che #ne faranno? L'associazione possiede circa 400 opere. La catalogazione purtroppo procede a rilento per diversi motivi. Entro il 2012 metteremo on line le foto di tutta la collezione. Colgo l'occasione per dirti che il sito internet sta per essere completamente riprogettato, in modo da offrire agli interessati più immagini e informazioni possibili. La casa è stata comprata da un privato. Il nuovo proprietario si mostra disponibile a collaborazioni con l'associazione. Per fortuna la maggior parte dei disegni sono ancora intatti al suo interno. E’ stato però un grave errore questo.
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Nonostante la disponibilità del privato, penso che la cosa più giusta da fare sarebbe stata un acquisizione comunale o da parte dell'associazione. Ma come ho detto sopra purtroppo il comune non ha disponibilità economica...
Progetti della associazione: prossima apertura di un museo dedicato a Giovanni Bosco? Esiste già un museo di Giovanni, ed è il Museo a Cielo Aperto. Stiamo lavorando per realizzare il primo restauro. Non ti nascondo che i problemi sono moltissimi, a partire da quelli economici. Purtroppo molta gente ancora non riesce a riconoscere il valore dei murales. Il problema sta tutto li. "Tu" cittadino che ti sei ritrovato un murales di Giovanni Bosco sul muro di casa, riconosci un valore? Purtroppo molti pensano che questo murales per loro sia solo un ostacolo. Pensano che se un domani volessero ristrutturare gli immobili potrebbero avere problemi. A questi cittadini va comunicato adeguatamente che l'opera di Giovanni è ormai importante nel mondo a un livello che nessuno si sarebbe mai aspettato. Si deve comunicare a gran voce e con il giusto appoggio istituzionale che le opere di Giovanni Bosco per le strade del paese vanno difese e salvaguardate. L'intero paese rischia oggi di perdere l'ennesimo treno importante per il suo sviluppo turistico e culturale. Se un domani questi cittadini volessero ristrutturare le abitazioni l'associazione vorrebbe proporre due soluzioni.
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La prima è di lasciare solo la parte del muro che include l'opera intatta. Fare i lavori di ristrutturazione dell'immobile lasciando all'opera un'adeguata area di rispetto. La seconda, sicuramente più traumatica per l'opera e costosa nella realizzazione, sarebbe quella di staccare dell'opera dal muro. Abbiamo anche altri progetti in cantiere, come la realizzazione di un centro artistico culturale dedicato a Giovanni Bosco che ospiti all'interno un museo permanente. Stiamo lavorando per costruire un futuro, ma intanto diamo la priorità al presente nel salvaguardare l'enorme eredità artistica che ci è stata donata sui muri di Castellammare del Golfo.
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CATALOGO
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Avvertenza alla schedatura
Le opere di Giovanni Bosco schedate in questa appendice appartengono ad una collezione privata, alla Collection de l’Art Brut di Losanna e alle mura delle vecchie case di Castellamare del Golfo, in provincia di Trapani. Sono state raccolte in base ai supporti utilizzati: cartonlegno, cartone, tele, album, fogli, murali. Questo lavoro di catalogazione non comprende l’intera opera del pittore poiché vasta, divisa in diversi luoghi e in diverse collezioni private e quindi dif:cile, quasi impossibile, da reperire integralmente. Inoltre alcune opere sono andate distrutte: lo stesso pittore nel primo periodo della sua produzione artistica ha gettato via i suoi disegni, li ha regalati, li ha raccolti in case diroccate dove sono stati attaccati dagli agenti esterni e dal deterioramento naturale dei materiali senza preservazione. Simile la sorte di alcune opere murali. Bosco ha dovuto, poi, cancellarne altre per lamentele della cittadinanza. Più che un catalogo totale dell’opera del pittore siciliano, questo lavoro rappresenta una sintesi generale dei mezzi, delle tecniche, dei testi e delle :gure. Sono state schedate le opere ritenute più utili alla comprensione del discorso su Giovanni Bosco sviluppato nei capitoli precedenti e le opere più interessanti dal punto di vista artistico. L’autore non ha mai speci:cato un titolo per le sue opere, ma si è soprattutto concentrato a descrivere il loro contenuto. Di ogni opera è quindi riportato nella scheda il soggetto rappresentato (dove è stata possibile l’identi:cazione e con i nomi assegnati dall’autore
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all’alfabeto iconogra:co del suo immaginario); la data, dove inserita nel disegno o risalente all’acquisizione da parte del proprietario; il luogo di esecuzione; le dimensioni; la tecnica esecutiva; il supporto; osservazioni tecniche; la localizzazione; il numero di catalogazione, dove presente; la trascrizione delle iscrizioni, dove presente; la :rma, se inserita dal pittore; osservazioni critiche. Le opere sono per la maggior parte inedite, sono state inserite le indicazioni riguardo alle pubblicazioni dove presenti.
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Scheda opera n. 1 Soggetto: autoritratto. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartonlegno. Tecnica esecutiva: tempere su cartonlegno. Osservazioni tecniche: la tempera è stata stesa con un pennello medio ed è possibile riconoscere la forza dell’azione, l’impetuosità del gesto; il supporto è il retro di una cornice in cartonlegno e sul retro si possono notare i tratti della riquadratura. Dimensioni: 50 x 35. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: la sagoma dell’autoritratto è quella dell’ombra di una persona seduta di pro:lo, fusa con la sedia, da cui emergono solamente un piede e un braccio. Osservazioni critiche: l’immagine ricorre in diversi contesti e, a volte, sembra rappresentata nelle dimensioni di un bambino e non di un adulto, accompagnata da altre ombre simili, da identi:care forse con familiari o conoscenti. Il retro è occupato dalla forma colorata di un cuore arancione, fasciato sul fondo da una macchia verde, simile a una foglia.
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Figura n. 1
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Figura n. 1 retro
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Scheda opera n. 2 Soggetto: pupiddo con piccolo cuore in alto a sinistra e una piccola visinnichia moderna a destra. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartonlegno. Tecnica esecutiva: pennarello nero e rosso su cartonlegno. Osservazioni tecniche: il supporto è il retro di una cornice in cartonlegno ruvido e il pittore ha quindi avuto dif:coltà a tracciare il disegno a pennarello e lo ha ripassato più volte. Dimensioni: 50 x 35. Iscrizioni: “2. 1.”. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: sul retro dell’opera è presente un cuore nero.
90
Figura n. 2
91
Scheda opera n. 3 Soggetto: cristiano con il cuore in gola. Data: 2003/2005 Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartonlegno. Tecnica esecutiva: pastelli a cera su cartonlegno. Osservazioni tecniche: il supporto è il retro di una cornice in cartonlegno liscia. Dimensioni: 50 x 35. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il retro è diviso in tre sezioni di colore, una rossa, una gialla e una blu.
92
Figura n. 3
93
Scheda opera n. 4 Soggetto: pupiddo con cuore in gola. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartonlegno. Tecnica esecutiva: pastelli a cera e matite su cartonlegno. Osservazioni tecniche: il supporto è il retro di una cornice in cartonlegno liscia. Dimensioni: 50 x 35. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il cuore è posizionato nella gola; il retro non è stato riempito dal pittore.
94
Figura n. 4
95
Scheda opera n. 5 Soggetto: orologio a sette lancette con il busto di due ombre all’interno. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartonlegno. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartonlegno. Osservazioni tecniche: il supporto è il retro di una cornice in cartonlegno liscia, ritagliata dal pittre per tentare di arrotondare la forma rettangolare. Dimensioni: 50 x 35 circa,. Iscrizioni: “1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 12, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 1, 2.” Firma: G. Bosco.. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: orologio con numeri e lancette moltiplicate. Osservazioni critiche: nonostante le lancette siano triplicate, indicano due volte la combinazione 12 e 6, mezzogiorno e mezzo.
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Figura n. 5
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Scheda opera n. 6 Soggetto: pupiddo e, sul retro, orologio, viparicchiu, cuore e un braccio. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Osservazioni tecniche: il supporto è il lato di una scatola per alimenti di cui compaiono, sotto il disegno, la marca e le gra:che. Dimensioni: 50 x 30. Iscrizioni: “Priviti 40”, “Priviti 60”, “12, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11”. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari e orologio. Osservazioni critiche: l’orologio sul retro riporta un’unica sequenza dei numeri del quadrante e quattro lancette: due segnano mezzogiorno e mezzo.
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Figura n. 6
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Scheda opera n. 7 Soggetto: pupiddo muscoloso con piccola :gura di pupiddo all’interno. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Osservazioni tecniche: il supporto è il retro di una scatola per alimenti. Dimensioni: 40 x 25. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il pittore non disegna sul retro del cartone, forse per la forza dei colori delle gra:che della marca dell’imballaggio.
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Figura n. 7
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Scheda opera n. 8 Soggetto: pupiddo con cuore in gola. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: tempere su cartone. Osservazioni tecniche: il supporto è il lato di una scatola di pizza. Dimensioni: 50 x 30. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il retro, occupato dalla :gura stampata di un ragazzo che mangia un triangolo di pizza con il panorama di un golfo alle spalle, non è stato rivisitato dal pittore.
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Figura n. 6
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Scheda opera n. 9 Soggetto: pupiddo e tre macchie con gli occhi. Data: 2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Osservazioni tecniche: il supporto è il lato di una scatola di pannolini. Dimensioni: 60 x 51. Iscrizioni: lato sinistro: “f.g.ani u.5 1 5 u 4 4 R. i. r. 2. n. 7.3t. 20.221 19 331 18 16.17 4 5 6 7 8 11 12 13 14 21 30”; lato destro: “ M.b.v.B.s.L.S.E.l.l.4 5 16 19.17 2000.8 M.G.V.A.r.T.l.t.I.R.i.P.R.nui.m.n.ù.ù.50 40 48 39 38 47 37 46 36 45 35 21.34 38.32 31.29.28.40.11 51.501 600.2 1750 1600 635 765 32 44.37 C. 9.31 31 C. 12. 31 31”; all’interno del pupiddo dall’altro verso il basso: “fRuNTE E. TESTA. 81. 91. NASO. CARNE. 130. 32. 51. 2000.8 6 5 4 3 2 1 C. 9. C.38 C.32 C.12 I.i G.u. g.N I.I wPANE. 12. CHiLi. DoLCE. Di SEMoLA. 31. 2000.8. 1918. 1948. 1920. 1940. 1907. 1908. MARSALA. allùovo. DoLCE. 31. 29. 30. CARNE. DoLCE. 635. 765. ToNiNo. LùME. 38. 38. 9. 11 16. 15. CÀRNE. 82,4. CÀRNE. 92;3.” Firma: assente. Localizzazione: Losanna, Collection de l’Art Brut. Numero di catalogazione: cab-14627. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: i numeri compaiono all’interno degli organi del pupiddo in ordine crescente da destra a sinistra o viceversa.
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Figura n. 9
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Scheda opera n. 10 Soggetto: cuore con gli occhi e, sul retro, due braccia. Data: 2006/2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Dimensioni: 80,5 x 57. Iscrizioni: all’interno del cuore con carattere più grande “INICI. N. +, C, C, C”; con carattere piccolo “ 561 29 110. 119 i w 21 1920. 21 5 50 17. 1989. 1908. 11+ 1930. 1940. 1980. 1917. 51 197160 60 7. 1932 971. 1948; 20 1971 ASARo. MATTEo i 445 BRiGHia STEFANO. MARIA. BRiGHiA. 31 5 6 7 41 Z. X3. 1904 1902. 1917 2X. 20009. 000000 ViSo. 3312. 7. 900. NALLoTTo. 30. 1991. 1907. 00000.28. 1918. N. BoSCo. GiovANNi. 1915. N. LùNEDi. MARTEDi. MERCoLEDi. GioVERDI. VENERDi. SABATo. DoMENiCA. .8.+ 31X 2. 31. 31. 169. X231. 31 160. 171 30. 30 342. 121 29. 31 3112 45991 31.30 1000. 39. 37. 31. 39. 59. 120. t. 595 500. 418. MARZo. 1948. 20009. N. A PiPPiNO. STABiLE. 32 PALERMo. 1820. 38. M. APRiLE. 44 113 G. ùDiNE. 50. CiTTÀ. 60. 91. S. L. A. 635. 765. r. R. M 30. 12. 31. 32. ù. u. B. V. 15. 16 I. P. n. 17. 38. l. a. 19. f. 44 50 17 19. 16. 60. b. l 700 600 50. 30 11 40 700 50 114 10 GENNAio. FEBBRAio. MARZo. APRiLE. MAGio. Giugno. Lùglio. AGoSTo. SETTEMPRE. BASTiANi. MiLAZZo. DiCEMPRE. NoVEMPRE. OTTiBRE. N.2 51. 61 ani. 55. g. 98. Chi MARiA. LùME.”; l’altro verso a sinistra delle braccia: “50 60 1180 340 220 31. 21 31 112. 20 180 32 21 67 45 312 41 2 X + 90 N. 60. PRiMA. 31. 00000/ ORo. 98. MArco 651 519 312 421 777. 501+. 900. 1. CASA. N. 19. LETTo. L. 7. ViA. RRoMA. N. 80.”; a destra delle braccia: “2000. 1949. 1918. 1907. 20009. M2. 3 44. 4 55 10 12. 30 30. 31 30 31. 31. 60. 70. 89. 1089. 1211. 1712. 850. 50. 3 595. 600. 1750. 31 1600. 31 1800. 29. 635. 765 32. 38. 44. 91. 90. MARiANo. LiLLo. 32 PiNo. PiNA. GioVANNi. BoSCo. 1948 MARZo. 21. 331 X2 7. 40 +2. 7. 331. MùRRiALE. . 29. 7. 18 NALLoTTo. 7. 7. +. 2 X. 4. RACùSA. SiRACùSA. 32214050608021”; tra le braccia: “1340 1948. MoRTo. 25. m. 3. 60 g. 250 1998. nui 4 3 C. 12. M. b. CHi. 2 f. B. F. l. P. R. i 191. u. ù. R. v. S. 52 L I r. 70 60 160. Mu. E. l. 120 60 50 F. G. n. I. 71 A. 5. N. 31 ViA. DoGioVANNi MENZoNi. N. 40. ViA. SCHiAVo. N. 15 31+21”; all’interno delle braccia: braccio sinistro “u. G. f. u. 80 C. 1289 t. P. 19. 50. m. l. Go. L. 300. r F v. u u” e braccio destro “a. 120. i. 140. G. 90. i. 140. 70. 91. CHi B. 160. S. 65432 A n N. I g”. Firma: Bosco Giovanni Localizzazione: Losanna, Collection de l’Art Brut. Numero di catalogazione: cab-14646. Tema: personaggi immaginari e frammentazione anatomica. Osservazioni critiche: la :rma viene inserita all’interno di un lungo elenco di nomi e date e si tratta forse di un albero genealogico; le croci indicano le persone defunte; all’interno di ogni sezione dei muscoli delle braccia si trovano una o più lettere; “L.” potrebbe signi:ca “Lire” e il numero seguente indica il prezzo.
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Figura n. 10
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Scheda opera n. 11 Soggetto: corpo di pupiddo a grandezza umana senza testa. Data: 2006/2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Dimensioni: 129 x 98,5. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Losanna, Collection de l’Art Brut. Numero di catalogazione: cab-14655. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il pittore usava posizionarsi dietro la :gura senza testa e usare il cartone come una armatura.
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Figura n. 11
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Scheda opera n. 12 Soggetto: pupiddo con due forme rotonde collegate alle spalle, di cui una è un orologio. Data: 2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Dimensioni: 46 x 46. Iscrizioni: sfondo “900 51 2 9 34 51 61. 66. 71 81. 900. 9000. 19 17. 16 15.7 59 58 57 69 551 221 M. g.1 40 700. 777. 30 b. B. E.20 31 1 30 31 30 31 30 31 29.9. 1000 2. ani. a M i T. f. I. I. M. 2 r. 635 2000.8 765 C. 32 C. 38 R. C. 44 P.7 C.9 217 C 12 C 11 ti i 45 L M. 15 v. D. l. 16. G. g. m. l 2. In. 4 A. 5 ORO. 18. 42 L. S. 590 49 21 113”; all’interno “frùnte. e testa. NASo. 17 18. 1 2 3 4 5 6 7 8 10 11 12”. Firma: assente. Localizzazione: Losanna, Collection de l’Art Brut. Numero di catalogazione: cab-14621. Tema: personaggi immaginari e orologio. Osservazioni critiche: le due forme attaccate alle spalle del pupiddo sembrano rappresentare due dimensioni temporali: una senza tempo o dove il tempo si è fermato che potrebbe rappresentare un lutto e l’altra ferma a mezzogiorno e trentacinque minuti.
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Figura n. 12
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Scheda opera n. 13 Soggetto: braccio. Data: 2006/2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: cartone. Tecnica esecutiva: pennarelli su cartone. Dimensioni: 60 x 39. Iscrizioni: “ M. 7 g. 41 51 65. 67. 3 4 39. 595. 600. 2000. 1000. 850. 500. 777. 51. 900. 31 66. 61. 70. 8. 90. 91. 1600. 38. .32. 44. 50. 1750. 1600. 112. 113. 635. 765. C.9. C.12. P. I. F. PALERMo 29. 2000. L. ani. nui. R. 20009 31. 9. 10. a. O. O. O. O. S. L. m. r. l. R. A. 31 31 30 ù. n. ùr. v. 27 f b. B. I. s. I N. i 565 4 22 32 21 M. D. dg. E T 4 2127. 3112 16. 15. 411 57. 3314 6 7 1948. 1920 31 30 30 29 17”. Firma: assente. Localizzazione: Losanna, Collection de l’Art Brut. Numero di catalogazione: cab-14622. Tema: frammentazione anatomica. Osservazioni critiche: accanto alla :gura si trova una sequenza di lettere che compare in numerose opere di Bosco realizzate con diversi anni di distanza.
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Figura n. 13
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Scheda opera n. 14 Soggetto: due ombre, un viparicchiu, una lampadina accesa e un cuore all’interno di un bumbulu. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: tempere su tela Dimensioni: 50 x 35. Iscrizioni: “1, 2”; “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: ombre e scene dei ricordi dell’infanzia, personaggi immaginari,. Osservazioni critiche: il viparicchiu sta accendendo una lampadina; le due sagome rappresentano probabilmente i genitori, la madre a sinistra e il padre a destra.
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Figura n. 14
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Scheda opera n. 15 Soggetto: due ombre ai lati di una culla. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela Tecnica esecutiva: tempere su tela. Osservazioni tecniche: ha inciso nell’angolo sinistro la forma di un orologio con un oggetto appuntito. Dimensioni: 40x30. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: ombre e scene dei ricordi dell’infanzia. Osservazioni critiche: il ripiano che si trova tra le due ombre di pro:lo potrebbe essere una culla e la piccola sagoma che contiene il pittore da bambino; nell’angolo a sinistra Bosco ha inciso, forse con uno stecchino, la sagoma di un orologio che, come nelle altre rappresentazioni dello stesso soggetto, segna più o meno mezzogiorno e mezzo.
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Figura n. 15
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Scheda opera n. 16 Soggetto: cristiano “toro”. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: vernice, tempere e pennarello su tela. Osservazioni tecniche: il pittore ha riempito lo sfondo con la tempera arancione, poi ha tracciato la sagoma con il pennarello nero e l’ha riempita con la vernice più lucida. Dimensioni: 60x45. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il pittore aveva affermato, rivolgendosi al proprietario della collezione privata di Roma, che la tipologia dell’uomo “toro” o “cornuto” è quella “più forte di tutti”.
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Figura n. 16
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Scheda opera n. 17 Soggetto: cuore. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: pastelli a cera, tempera e colla su tela. Osservazioni tecniche: la sagoma del cuore è delineata con un pastello a cera e l’interno è riempito con un impasto grumoso di colla e tempera bianca. Dimensioni: 60x45. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: raf:gurazione del cuore. Osservazioni critiche: questa tela ricorda per la sua componente materica la serie degli Otages di Fautrier.
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Figura n. 17
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Scheda opera n. 18 Soggetto: pupiddo all’interno di un cuore. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: pennarello e pastelli a cera su tela. Dimensioni: 50x30. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: mmaginario. Osservazioni critiche: sembra che il pupiddo abbia tagliato una parete del cuore per uscirne.
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Figura n. 18
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Scheda opera n. 19 Soggetto: cuore nella mano. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: pastelli a cera e tempere su tela. Dimensioni: 30 x 20. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: anatomia immaginaria. Osservazioni critiche: il pittore rappresenta l’espressione proverbiale “con il cuore in mano”.
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Figura n. 19
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Scheda opera n. 20 Soggetto: pupiddo con due cuori, uno in gola e l’altro nel petto, e altre due :gure inserite nel corpo; due orologi, uno da polso e uno da parete; cuore con una visinicchia all’interno. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: pennarello e tempera su tela. Dimensioni: 50 x 50. Iscrizioni: “1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12”. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: l’unica grande lancetta all’interno dell’orologio segna mezzogiorno; questo personaggio ha un pupiddo al posto del naso.
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Figura n. 20
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Scheda opera n. 21 Soggetto: viparicchiu. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: tempere e gessetti colorati su tela. Dimensioni: 30 x 25. Iscrizioni: “G. Bosco”. Firma: G. Bosco. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: è un raro caso in cui la :gura del viparicchiu ha due braccia.
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Figura n. 21
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Scheda opera n. 22 Soggetto: viparicchia con un pupiddo e due cuori all’interno, di cui uno nella pancia,. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: tela. Tecnica esecutiva: pastelli a cera e pennarelli su tela. Dimensioni: 50 x 30. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: la viparicchia è incinta.
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Figura n. 22
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Scheda opera n. 23 Soggetto: pupiddi, visinicchie incinta e testo. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: album Fabriano 2. Tecnica esecutiva: pennarelli e matite su carta. Osservazioni tecniche: il supporto è un album del quale il pittore ha riempito con i pennarelli entrambi i lati di ogni foglio e quindi in diversi casi compare su di una tavola la traccia del disegno che si trova in quella precedente. Dimensioni: 9 fogli, 24 x 33 cm. Iscrizioni: riquadro n. 8 “BOSCO GIOVANNI 13 2 12 90 11 10 18 5 15 8 4 5 R. 22 1. B. 1000. .7.”; riquadro n. 10: “12+34”; n. 12 “116 117 215 118 314 119 120 419 121 512 122 129 611 120 710. 589”; n. 13 “CASTELLAMMARE.DEL.GOLFFO”; n. 14 “1120 + 2100 + 390 +1 +12° 480 +2 570+108 7 6 5+70 + 730 640+ 80+2 90 3 BOSCO.GIOVANNI.NATO.3.3.48.MARZZO.7.1948.C: B. Z. 1000T.”; n. 15 ”SALVATORE. BOSCO. 3.Luglio.1888. MARZO A CCASTELLAMMARE. RESIDENTE ANNOVAIORCA IL 31 MARZO DOMICILIATO.”; n. 16 “VITO.BOSCO.NATO.ANNOVAIORCA. IL 31 Magio 18 ABITANTE CASTELLAMMARE.”; n. 17 “MARIA. BUCCELLATA. NATA. A BASSIgl 1849. ABITANTE A CASTELLAMMARE DE. GoLFFo. 20”; n. 18: “PIETRO. BOSCO. NATO. IL. 28. APRILE. 1884. ABITANTE A CASTELLAMMARE”; n. 19 “MARIA BUCCELLATA. NATA. I 20. Luglio. 1988ABITANTE CASTELLAMMARE”; n. 20 “VITO BUCC ELLAT RESI.DENTE A CC IRO. NATO. IL 22 Luglio 1900 ABITANTE CASTELLAMMARE”; n. 21 “1 2 3 4 5 6 7 8 9 11 12”. Firma: Bosco Giovanni. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari e genealogia. Osservazioni critiche: questo album contiene l’albero genealogico del pittore che dedica facciate intere di fogli ai dati (nome e cognome, provenienza e residenza) di parenti; le altre tavole, che raf:gurano personaggi immaginari, potrebbero essere la tras:gurazione di alcuni ricordi d’infanzia; l’alone del pennarello che traspare da un lato all’altro del foglio diventa in alcuni casi la base per le nuove rappresentazioni.
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Figura n. 23
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Scheda opera n. 24 Soggetto: ombre accanto alla culla, un pupiddo col cuore in gola, visinicchie incinta e viparicchi. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: album Fabriano 2. Tecnica esecutiva: pennarelli e matite su carta. Osservazioni tecniche: il supporto è un album del quale il pittore ha riempito con i pennarelli entrambi i lati di ogni foglio e quindi compare in diversi casi su una tavola la traccia del disegno che si trova in quella precedente. Dimensioni: 9 fogli, 24 x 33 cm. Iscrizioni: riquadro n. 6 “BOSCO GIOVANNI”; riquadro n. 8 “Luce”. Firma: Bosco Giovanni. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari e ricordi d’infanzia. Osservazioni critiche: l’evento raccontato da Bosco in questo album potrebbe essere la sua nascita; la componente testuale è ridotta; l’alone del pennarello che traspare da un lato all’altro del foglio diventa in alcuni casi la base per le nuove rappresentazioni.
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Figura n. 24
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Scheda opera n. 25 Soggetto: cristiani, visinicchie, motori, numeri e frammenti di poesie e canzoni. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: album Fabriano 2. Tecnica esecutiva: pennarelli e matite su carta. Osservazioni tecniche: il supporto è un album del quale il pittore ha riempito con i pennarelli entrambi i lati di ogni foglio e quindi compare in diversi casi su una tavola la traccia del disegno che si trova in quella precedente. Dimensioni: 9 fogli, 24 x 33 cm. Iscrizioni: riquadro n. 3 “GIOVANNI”; n. 4 “MoRiNo.40 MoToBi MoToMo VESPA 50.”; n. 6 “20 + 2 1 3 4”; n. 8” 30 giornni a novembre con april Giugno e Settembre Di ventotto cin’è uno. Tutte gli altre ne annu trentuno “; n. 14 “MARIo MARoLA CANTANTE NATo 28 Luglio 1828 RESIDENTE.anno de 8.2 MORTTO. SiviriFica nonè lui 2005”; n. 15 “O povero core mio.Core.spezzato. U.TAVOLUTO. BENE.E’. TESALUTO. CORE.SPEZZATO… Quannu. turichisi… chiunna.muratu.checu.nacurtettellata.ti.saluta.guarcunu.GENTE… SBATTITILIMANU.EPPLAUDITIMI.chista.è.LANNAMURATA.MIA.ChiSTAC ANTANNU.SINTITI.CHIVUCI.IMPRESSIONANTI.MARIA.BELLA.GRANDE. E.robusta.e.Lunga.2005”; n. 16 “2.4.6.8.10.12.14.16.18.20.22.24.26.28.30.32”; n. 17 “128. 327. 402 1000 102. 3000. 4000. 5000.”; n. 18 “+ 20 30 40 50”. Firma: Giovanni. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari, ricordi della giovinezza. Osservazioni critiche: in questo album Bosco inserisce il ritratto di quattro motorini, il frammento di una canzone napoletana inserito nel bumbulu che è come se lo proteggesse, due croci che indicano due lutti o una chiesa, un fogliolapide di Mario Merola e una poesia imparata a scuola; nell’ultimo riquadro è delineata la sagoma di un’ombra che guida una macchina.
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Figura n. 25
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Scheda opera n. 26 Soggetto: cuori, cuore-orologio. Data: 2003/2005. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: album Fabriano. Tecnica esecutiva: pastelli a cera, matite, pennarelli e gessetti colorati su carta. Dimensioni: 25 fogli, 48 x 33 cm. Iscrizioni: riquadro n. 1 “GENTE…SBATTITILIMANU.EPPLAUDITIMI.chista. è.LANNAMURATA.MIA.ChiSTACANTANNU.SINTITI.CHIVUCI.IMPRESSIO NANTI.SALE.CHENASCE ENSEME. MORE.ATTE.CORE CON TI SUCCEDEA CUORE.SEI PUOCO.CONTENTO. UNPO. BUGGARDO.Chitarra rrossa. Chinnellompra.La notte passa.Chisu core non è pertitè chista è via che nun po’ spuntari.EDDICCILLU DUMANI.VENICHI CHItarra ROSSA NULLUSSU FO ADDONNARI.”; n. 11 “12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12”; n. 12 “Chitarra rrossa. Chinallobra. La notte passa.Chisu core non è pertitè chista è via che nun po’ spunta e ncelu lanotte passe chitarra rrossa”; sono presenti altre iscrizioni non comprensibili. Firma: assente. Localizzazione: Roma, collezione privata. Numero di catalogazione: assente. Tema: la :gura del cuore. Osservazioni critiche: questo album con i fogli slegati ha favorito la creazione di una sequenza seriale della forma a cuore, in diversi colori e con differenti signi:cati (ad esempio cuore-orologio, riquadro n. 11), e con frammenti di canzoni all’interno.
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Figura n. 26
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Scheda opera n. 27 Soggetto: viparicchiu, pupiddo e cuore con gli occhi Data: 2007/2009. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: intonaco. Tecnica esecutiva: pennarelli su parete. Iscrizioni: all’interno del viparicchiu “ROMA NAPOLI VITERBO”; all’interno del cuore “Castellammare del golfo, Napoli, Treviso, Udine, Roma, Tripuli, 300 Bruca, Custonaci, Bergamo, Milano, Torino, Sassari 2007”; accanto al pupiddo a sinistra “Chiagne.sempre. stucore.mio. chii.ppenza. sempre.atte eo.tivoglio. assai. bene. catu. nuntascurdari. sempre. amme.” e, a destra, “Chitarrarrossa. Chinallobra. La notte passa.Chisu core non è pertitè chista è via che nun po’ spunta e ncelu lanotte passe chitarra rrossa”. Firma: assente. Localizzazione: piccolo tunnel alla :ne di Corso Garibaldi, Castellammare del Golfo (TP). Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari, geogra:a e frammenti di canzoni napoletane. Osservazioni critiche: questo piccolo tunnel è la tana delle tre creature di Bosco.
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Figura n. 27
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Scheda opera n. 28 Soggetto: una visinicchia, il volto di un pupiddo e un rettangolo per il testo. Data: 2007. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: intonaco. Tecnica esecutiva: vernice su parete. Iscrizioni: “NASO”; “Chiagne.sempre.stucore.mio.chii.ppenza.sempre.atte Io.tivoglio.assai.bene.catu.nuntascurdari.sempre.amme.”. Firma: assente. Localizzazione: traversa di Corso Garibaldi, Castellammare del Golfo (TP) Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari, nomi anatomici e canzoni napoletane. Osservazioni critiche: il rettangolo celeste dove è contenuto il frammento di testo ricorda le edicole murali religiose e i cartelli pubblicitari.
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Figura n. 28
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Scheda opera n. 29 Soggetto: cuore con gli occhi. Data: 2008. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: intonaco. Tecnica esecutiva: vernice su parete. Iscrizioni: “20000 2000.8. 7 10 2 31 MARZo. 1948. TORE. ViTO GEA ZEP ZETTO". Firma: assente. Localizzazione: Corso Garibaldi, Castellammare del Golfo (TP). Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari. Osservazioni critiche: il murale è probabilmente dedicato alla ZEP e ai suoi componenti, che sono stati vicini al pittore negli ultimi anni della sua vita; si trova accanto ad una sezione di partito.
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Figura n. 29
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Scheda opera n. 30 Soggetto: cinque cuori. Data: 2008/2009. Luogo di esecuzione: Castellammare del Golfo. Supporto: intonaco. Tecnica esecutiva: vernice su parete. Iscrizioni: assenti. Firma: assente. Localizzazione: via Roma, Castellammare del Golfo (TP). Numero di catalogazione: assente. Tema: personaggi immaginari e tras:gurazione della malattia. Osservazioni critiche: le due macchie scure all’interno del primo e dell’ultimo cuore rappresentano il tumore di Bosco: i cuori sono diventati muti.
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Figura n. 30
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Esposizioni Mostre personali 2004 Mostra di Pittura di Giovanni Bosco Sala Polivalente, Castellammare del Golfo ( 22-27 luglio) a cura di AVULSS e Giovan Battista Di Liberti 2008 U Viparicchiu. Personale di Giovanni Bosco all’aperto in Via Marcantonio, Castellammare del Golfo (12-14 settembre) a cura di ZEP 2009 Legni e cartoni di Giovanni Bosco Aula Consiliare, Castellammare del Golfo (31 gennaio – 8 febbraio) a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Università di Palermo Giovanni Bosco. Dessins Librairie Privat - L’art de voir, Parigi (31 marzo - 30 aprile) 2011 Giovanni Bosco dottore di tutto Galerie Christian Berst, Parigi (18 Marzo – 19 Aprile) Mostre Collettive 2010 Noi, quelli della parola che sempre cammina
Opere di Babylone, Giovanni Bosco, Helga Goetze, Oreste Ferdinando Nannetti, Melina Riccio, Carlo Torrighelli
Museoteatro della Commenda di Pré, Genova (3 – 30 settembre) Rentrée hors-les-normes découvertes & nouvelles acquisitions Galerie Christian Berst, Parigi (16 settembre – 16 ottobre) 2011 Bonaria Manca & Giovanni Bosco IV Biennale internationale d’art Hors les normes Galerie La Forge, Lyon (1 – 9 ottobre)
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Collocazioni Opere in collezioni pubbliche Dal 2009 Acquisizione opere Collection de l’art brut, Lausanne “Giovanni Bosco, atlante del cuore” (Catalogo) 10 opere presso la collezione della Fondazione Orestiadi, Atelier del Baglio Di Stefano, Gibellina (TP) Opere in collezioni private Dal 2003 Acquisizione opere Collezione Privata, Roma
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Bibliogra#a Bibliogra#a generale W. Morgenthaler, Ein Geisteskranker als Künstler (A. Wöl2i), Ernst Bircher Verlag, Bern, 1921 M. Tapié, Un art autre, ou il s’agit de nouveaux dévisages du réel, Gabriel-Giraud et :ls, Parigi, 1952 J. G. Frazer, Le religioni primitive, Longanesi, Milano, 1959 G. Schmidt, H. Steck, A. Bader, Though this be madness, a study in psychotic art, with a foreword by J. Cocteau, Alfred Bader and Thames & Hudson, Lausanne, 1961 E. Cassirer, Linguaggio del mito, Il Saggiatore, Milano, 1961 Compagnie de l’Art brut, L’art brut 2 , Paris, 1964 E. H. Gombrich, Freud e la psicologia dell'arte, Einaudi, Torino, 1967 M. Thévoz, L’Art brut, Editions d’art Albert Skira, Genéve, 1975 A. Stern, Arte infantile, Armando, Roma, 1979 F. Boas, Arte primitiva: forme, simboli, stili, tecniche, Universale Bollati Boringhieri, Torino, 1981 C. Delacampagne, Outsiders, fous, naïfs et voyants dans la peinture moderne (18891960), Éditions Mengès, Paris 1989 J. M. MacGregor, The discovery of the Art of the Insane, Princeton University Press, Princeton, 1989 H. Belting, La fne della storia dell'arte o la libertà dell'arte, Einaudi, Torino, 1990 G. Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990 La mesure des Irréguliers: symptome et création, Art et Psycanalyse sans la direction de Fabienne Hulak, Collection “Le singleton”, Z’éditions, Nice, 1990 C. Baudelaire, Scritti sull'arte, Einaudi, Torino, 1992 LANORMALITÀ dell’arte, a cura di G. Rovasino e B. Tosatti, UTET, Milano, 1993 R. Barthes, Miti d’oggi, Einaudi, Torino, 1994
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Baglio Di Stefano, Museo delle Trame Mediterranee, Fondazione Orestiadi, Gibellina (Trapani, Sicilia). Giovanni Bosco. Dottore di tutto, monogra:a pubblicata in occasione della conferenza internazionale Outsider Art, a cura di ZEP e Osservatorio Outsider Art, Castellammare de Golfo, gennaio 2009, testi di ZEP, M. Scognamiglio, L. Peiry, T. Maranzano, E. Di Stefano Recensioni stampa D. De Johannon, “Nel nome di Bosco” in Centonove, 30-1-2009. Jean-Louis Lanoux, “Giovanni Bosco au cœur de l'art brut” in Création Franche n°30, 2009. V. Di Miceli, “Addio al pittore“ visionario Giovanni Bosco” in Giornale di Sicilia, 3-4-2009. P. Nicita, “È morto Giovanni Bosco, siciliano dell’art brut” in La Repubblica, 2-42009. P. Nicita, “L’art brut di Bosco, pittore di serpenti” in La Repubblica, 2-4-2009. E. Di Pasquale, “Castellammare del Golfo, è morto Giovanni Bosco, l’artista povero” in La Sicilia, 4-4-2009. E. Di Stefano, “Anatomical Enigma, Eva Di Stefano discovers the late-fowering work of artist Giovanni Bosco” in Raw Vision n°67, 2009. E. Valenza, “Giovanni Bosco, profeta dell’arte brut” in Giornale di Sicilia, 31-12009. P. Nicita, “Il pittore che dipinge sui muri. Storia di un outsider di strada” in La Repubblica, 21-9-2008. Webgra#a 19 febbraio 2004 http://www.swissinfo.ch/ita/Speciali/Musei_Svizzeri/Larte_che_non_sa_il_s uo_nome.html?cid=3777624 25 Maggio 2008 http://animulavagula.hautetfort.com/archive/2008/05/25/murs-a-lasicilienne.html 9 settembre 2008 http://diarioelettorale.wordpress.com/2008/09/09/castellammare-del-golfole-opere-di-giovanni-bosco-in-mostra-al-plas/
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29 Marzo 2011 Catherine Cazalé, “Giovanni Bosco, géographe du vivant” in Tatourag http://tatourag.com/crbst_1.html Fall/Autumn 2009 Raw Vision #67 http://www.rawvision.com/articles/67/bosco/bosco.html http://www.artbrut.ch/ http://www.rawvision.com/index.html http://www.musee-lam.fr/ http://www.museumimlagerhaus.ch/ http://outsiderart.unipa.it/index.php/it/home http://outsiderart.unipa.it/index.php/it/sicilia/gli-artisti/giovanni-bosco http://www.artegiovannibosco.com/ http://animulavagula.hautetfort.com http://www.christianberst.com/109-createur-bosco http://www.costruttoridibabele.net/home.html http://www.costruttoridibabele.net/page20.html http://www.museumofeverything.com/artists.php http://www.bodyworlds.com Materiale audiovisivo Giovanni Bosco. Dottore di tutto documentario realizzato e prodotto dal gruppo ZEP, 2008, 30'. Giovanni Bosco. Le musée en plein air video realizzato da ZEP per la IV Biennale Internationale d’art Hors les normes, Lione, 2011, 10’.
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Ringraziamenti
Il primo ringraziamento è rivolto alle biblioteche, per il loro silenzio, ai bibliotecari, per la loro ef:cienza e la loro comprensione, e ai libri che ho consultato, per le rifessioni importanti che mi hanno suggerito. La tesi è nata a Castellammare del Golfo, si è sviluppata tra Zurigo e Losanna e si è consolidata tra Roma e Viterbo: il mio risultato più grande è vedere questi luoghi riuniti senza distanze tra le pagine. Devo ringraziare per la possibilità che ho avuto di studiare le opere di Giovanni Bosco Fabio Casentini, della collezione romana, che mi ha permesso di fotografare album e tele; l’Associazione Outsider Art Giovanni Bosco e ZEP per il supporto pratico, l’intervista e le immagini; Vincent Monod e Mijanou Gold della Collection de l’Art Brut di Losanna per la loro disponibilità e per il loro aiuto multimediale e reale; la Collection de l’Art Brut, per la suggestione e le sue pareti scure, e la sua direttrice, Lucienne Peiry, per avermi fatto credere nel mio lavoro. Per l’appoggio condizionato e incondizionato ringrazio i miei genitori e i miei importantissimi nonni, gli amici veri, che si contano sulle dita di una mano, le amiche ritrovate e Giuseppina, che c’è sempre stata. La tesi è dedicata ai miei fratelli e a Gianni, a tutto quello che ci aspetta.
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