Il Permaevento - Progettare in Permacultura

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IL PERMAEVENTO PROGETTARE IN PERMACULTURA

Eleonora Cecio Tesi Biennio Specialistica in Communication Design Anno Accademico 2013/2014

Relatore: Prof. Angelo Minisci Correlatore: Architetto Luca Puri


"L’IMMAGINAZIONE E’ LA CHIAVE CHE PERMETTE DI FUGGIRE A TUTTE LE PRIGIONIE”

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(HENRI LABORIT)


INDICE INTRODUZIONE

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CHE COSA E’ LA PERMACULTURA?

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I fondatori Bill Mollison e David Holmgren storia e processi la permacultura in italia L’Accademia di Permacultura funzione e realtà Permacultori e progetti di permacultura Realtà in campo e sistemi di condivisione

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I FESTIVAL ITALIANO DI PERMACULTURA zebrafarm sopralluogo attuazione dell’evento modalità di iscrizione rassegna stampa esperienza in campo follow up pro e contro

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L’ORGANIZZAZIONE DI UN EVENTO event management pianificazione, obiettivi e strategie promozione e divulgazione la comunicazione sostenibile

PROGETTARE IN PERMACULTURA il fiore dell permacultura etica e principi di progettazione organizzare un evento in permacultura ambiente e tematiche marketing territoriale design sociale analisi competitor tappe format dell’evento mission target geografia del luogo e location budget e ricerca fondi proposte progettuali gadget comunicazione dell’evento swot e partner

conclusioni

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INTRODUZIONE

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ll presente progetto di tesi si inserisce all’interno dello studio dell’attuale contesto socio-culturale in cui il tema della creazione di nuovi modelli per l’offerta e lo scambio tra persone diventa un fattore fondamentale. Il contesto odierno è infatti caratterizzato da una crescente importanza delle relazioni e della gestione dei rapporti, che siano essi personali o professionali, e da un nuovo interesse verso la creazione di esperienze capaci di coinvolgere totalmente l’utente. L’idea è nata durante l’organizzazione del Festival di Permacultura, nel mese di settembre a Bolsena, momento in cui ho vissuto una vera e propria esperienza a 360°, partecipando attivamente alle varie fasi della manifestazione, per poi proseguire successivamente alla progettazione della Convergenza Europea prevista per il 2016 (EUPC 2016). L’obiettivo è quello di accrescere la dimensione effettiva dell’evento e rivolgersi ad un pubblico internazionale. Riuscire a creare una comunità collaborativa e partecipe, con il coinvolgimento delle varie attività commerciali e dei cittadini, mettere in contatto una rete ampia di professionisti e progettisti nel campo della permacultura, promuovere e arricchire la cultura del mio territorio di origine. Il Permaevento è il racconto di un’esperienza vissuta in prima persona e della crescita di questo evento per il futuro, in base ai principi della permacultura che possono essere applicati in tutti i campi della nostra vita. Per questo motivo, dopo una lunga ricerca, sono state formulate delle proposte progettuali, alcune già in atto ed altre in via di sviluppo.

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Che cosa e’ la permacultura?

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a parola permacultura deriva dalla contrazione dei termini “agricoltura” e “cultura permanente”. La permacultura è un sistema di progettazione per realizzare e gestire una società sostenibile e per la creazione di insediamenti umani sostenibili, è allo stesso tempo un sistema di riferimento etico-filosofico ed un approccio pratico alla

vita quotidiana: in essenza, la permacultura è ecologia applicata. La permacultura è l’arte di tessere relazioni utili, ed è un approccio cosciente al mondo della complessità. La vita è una rete di relazioni e scambi di energia, materia ed informazioni, che si rigenera e si mantiene nel tempo. Si auspica ad una società che impari dalla natura a valorizzare la biodiversità, ad tessere relazioni utili, a rigenerare se stessa, a mantenersi nel tempo e a creare reti produttive e di scambio ricche ed articolate. A un primo livello la permacultura si occupa di piante, animali, edifici e infrastrutture (acqua, energia, comunicazioni). Tuttavia, la permacultura non considera tali elementi come a sé stanti quanto piuttosto come relazioni che si possono stabilire tra loro, in base al modo in cui essi sono collocati in una determinata area. Lo scopo è la creazione di sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente produttivi, in grado di provvedere ai propri fabbisogni, evitando ogni forma di sfruttamento e inquinamento e quindi sostenibili sul lungo periodo. La permacultura valorizza le qualità intrinseche di piante e animali, unite alle caratteristiche naturali dell’ambiente e alle peculiarità delle infrastrutture al fine di creare in città e in campagna sistemi in grado di sostenere la vita

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utilizzando la minore superficie possibile di terreno. La permacultura si basa sull’osservazione dei sistemi naturali e utilizza sia la saggezza dei metodi di coltivazione tradizionali, sia le moderne conoscenze scientifiche e tecnologiche. Anche se è basata su solidi modelli ecologici, crea comunque un ambiente coltivato, progettato per produrre alimenti per uso umano o animale in misura maggiore rispetto a quanto avviene generalmente in natura. Nel libro La rivoluzione del filo di paglia, Fukuoka ha espresso in modo molto chiaro quella che è la filosofia della permacultura: una disciplina che, in poche parole, lavora con, piuttosto che contro la natura, basata sull’osservazione prolungata e ponderata, piuttosto che sull’azione protratta e irriflessiva. È una filosofia che prende in considerazione il ruolo produttivo di piante e animali nel loro complesso, evitando di trattarli come sistemi capaci di generare un unico tipo di prodotto. Utilizzando una metafora mediata dalle arti marziali orientali, si potrebbe dire che la permacultura, come l’aikido, viene applicata schivando i colpi, trasformando le avversità in forza e utilizzando ogni elemento in senso positivo. L’approccio convenzionale è invece più simile al karaté: per far produrre un sistema si utilizza la forza bruta, assestando spesso colpi mortali all’ambiente. La verità è che se noi aggrediamo la natura, danneggiamo e alla lunga distruggiamo noi stessi. L’uomo potrà ritrovare l’armonia con la natura solo quando rinuncerà all’idea della sua presunta superiorità sul mondo naturale. Levi Strauss ha affermato che il principale errore dell’uomo è quello di considerare se stesso come “padrone del creato”, nel senso di esserne al di sopra. È ovvio che l’uomo non è superiore alle altre forme di vita in quanto tutti gli esseri viventi sono espressione della vita stessa. Quando si riesce a cogliere questa verità, si diventa consapevoli che ogni nostra azione contro altre forme di vita è un’azione anche contro noi stessi. Una cultura che comprende questo non distrugge nessun

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essere vivente, tranne che in caso di estrema necessità. La permacultura si basa sull’utilizzo di flussi energetici relativamente non nocivi e già esistenti in natura nonché sull’impiego di alimenti e risorse naturali presenti in grandi quantità, in modo che per la loro produzione non sia necessario distruggere la vita sul pianeta. In realtà, tutto ciò che serve per ripristinare e salvaguardare l’ambiente è oramai ben noto; ciò che è ancora sconosciuto è se la gran massa delle persone e dei singoli paesi siano pronti ad applicare tali conoscenze. In ogni caso, milioni di persone stanno già iniziando ad adottare uno stile di vita sostenibile per proprio conto, senza aiuto da parte delle istituzioni. Anche perché è possibile iniziare a fare qualcosa di concreto in questa direzione in qualsiasi luogo. Possiamo, per esempio, iniziare a ridurre il consumo di energia procapite fino al 40%, senza sacrificare nulla di importante. Possiamo riadattare le nostre case per ottenere una maggiore efficienza energetica. Possiamo limitare l’uso dell’auto ricorrendo ai trasporti pubblici o condividendo il suo impiego con gli amici. Possiamo raccogliere l’acqua piovana in cisterne o riciclare le acque grigie per destinarle ai servizi igienici o all’orto. Possiamo anche iniziare a svolgere un ruolo attivo nella produzione di cibo. L’incertezza è una delle caratteristiche che definiscono la nostra epoca e deriva da varie fonti: le scienze teoretiche hanno innalzato l’incertezza da risultato di un’informazione inadeguata a qualcosa che è implicito in tutto; lo scontro tra le molteplici tradizioni culturali presenti al mondo e la modernità fa sì che molta gente sia o diventi insicura dei propri valori e del proprio ruolo nella società e l’economia moderna mina alla base qualsiasi senso di certezza sulla continuità della vita quotidiana; allo stesso tempo, le accelerazioni della tecnologia e il continuo emergere di nuove idee, di nuovi modi di vedere ed essere, di nuovi movimenti, di percorsi spirituali e di sottoculture hanno allargato le possibilità, le speranze e le paure oltre ogni immaginabile orizzonte.


Il concetto di permacultura e il movimento stesso della permacultura fanno parte di questa realtà culturale globale, una realtà che alcuni chiamano postmodernismo, in cui ogni significato è relativo e contingente. Il concetto di permacultura è il prodotto di una intensa, ma relativamente breve, relazione di lavoro tra Bill Mollison e chi scrive alla metà degli anni ’70. Era una risposta alla crisi ambientale che stava di fronte alla società moderna del tempo. La pubblicazione di Permaculture One nel 1978 rappresentò il culmine di questo inizio di lavoro e un nuovo punto di partenza, da cui si sviluppò il movimento della permacultura a livello mondiale. Come ogni idea, la permacultura si fonda su alcuni presupposti fondamentali, che rimangono cruciali sia per comprenderla che per giudicarla. Questi presupposti, indicati per la prima volta in Permaculture One, non sono cambiati:

L’impatto globale della società industriale e dell’enorme popolazione sulla meravigliosa biodiversità della terra sarà sicuramente molto più vasto degli enormi cambiamenti registrati negli ultimi secoli

L’uomo, è soggetto alle stesse leggi scientifiche che governano l’universo materiale e l’evoluzione delle forme di vita, in primo luogo quelle relative al bilancio energetico

Lo sfruttamento dei combustibili fossili durante l’era industriale è la causa primaria dell’esplosione della popolazione umana, delle conquiste tecnologiche e di ogni altra caratteristica della società moderna Difficile prevedere quali saranno gli sviluppi della società umana successivi all’esaurimento delle risorse energetiche di tipo fossile, è indubbio che i prossimi decenni vedranno il ritorno ai modelli osservabili in natura e nelle società preindustriali

La crisi ambientale è reale e le sue dimensioni sono tali che certamente trasformeranno la

moderna società industriale in modo irriconoscibile. Questo processo metterà in serio pericolo il benessere e la stessa sopravvivenza della popolazione mondiale, in costante aumento. Alcune delle previsioni fatte negli anni ’70 sull’esaurimento delle risorse e sul conseguente collasso dell’economia si sono dimostrate errate. Nonostante ciò, risulta sempre più evidente agli occhi di tutti che le risorse naturali stanno, già attualmente, ponendo un serio limite all’espansione dello sviluppo economico e questo dopo circa 300 anni di crescita e 50 anni di crescita a livelli molto accelerati. Anche le ricorrenti crisi del petrolio sono un chiaro segnale che l’era dell’energia a basso prezzo è in via di esaurimento. I modelli basati sui sistemi naturali suggeriscono che si ritornerà a sistemi a basso utilizzo di energia e di risorse per lo più rinnovabili e che si assisterà probabilmente a una riduzione della popolazione mondiale. All’interno di questo scenario generale sono considerati plausibili infiniti percorsi e possibilità locali, da quelli più ottimistici ai più marcatamente catastrofici. Coloro che invece sono spinti dall’ottimismo e dalla fiducia nella scienza e nella tecnologia sostengono che siamo all’inizio di una nuova rivoluzione industriale e biologica, che porterà a una nuova età dell’oro di benessere materiale. Anche in questo caso si possono produrre solide prove. Le più credibili sono le idee di Amory Lovins sul capitalismo naturale e su esempi incontrovertibili di come, con un giusto approccio, la scienza e l’industria possono ottenere di più con risorse minori e meno energia. Per quanto inevitabile possa apparire un futuro in cui si riduca il consumo di energie e risorse, questo futuro resta tuttora incerto o per lo meno indeterminato. La transizione da un modello ad alto consumo di energia a un altro in cui il consumo viene ridotto il più possibile ha già i suoi portavoce. Le idee e i modelli di Lovins, ad esempio, hanno avuto e hanno una notevole influenza, perché possono essere applicati all’interno di una cornice capitalistica di economia di mercato senza

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aspettare che intervengano trasformazioni radicali nel campo sociale e politico o nel campo culturale relativo a comportamenti e abitudini dei cittadini. La permacultura è una risposta progettuale creativa a un mondo contrassegnato dal declino delle disponibilità energetiche. In quanto tale, ha molti punti in comune con i modelli di Lovins e la loro giusta enfasi su processi e progetti derivati dai cicli naturali. L’interesse centrale della permacultura per la terra e la gestione delle risorse naturali è complementare all’interesse industriale per la cosiddetta tecnologia verde o sostenibile green tech. Vi sono però alcune differenze.

La permacultura dà priorità sottolinea all’utilizzo delle l’importanza di risorse attualmente processi di bottom-up disponibili al fine di rede- sign, in cui si ricostituire il parte dall’individuo capitale naturale, in visto come unità particolare alberi e produttiva e motore foreste, come di trasformazione per patrimonio per arrivare a trasforsostenere l’umanità in mare il mercato, la un futuro con minor comunità e il contesto utilizzo di culturale più ampio combustibili fossili

postula l’imminenza di un crollo o di una grave crisi, di tecnologia, economia e società, elemento che manca per lo più nel green tech e che invece è una realtà palpabile per molta gente in tutto il mondo

considera le società sostenibili preindustriali come modelli, in cui si riflettono i processi di progettazione generali, osservabili in natura, che potrebbero assumere grande rilevanza per i sistemi post-tindustriali

Il concetto e il movimento della permacultura hanno già cambiato la vita di migliaia di persone e modificato forse milioni di vite in mille modi diversi. Ciò è accaduto senza alcun tipo di sostegno da parte di istituzioni pubbliche, aziende o governi. Alcuni hanno attribuito la forza del movimento al carisma di Bill Mollison, alla sua instancabile energia e al suo intelletto. Il suo ruolo nella diffusione iniziale a livello globale del concetto di permacultura è stato senza dubbio fondamentale; la persistenza, l’evoluzione e l’influenza di essa devono essere però attribuite alla rilevanza che essa ha assunto per la vita delle persone. La permacultura è portatrice di una cultura di pace e di cooperazione, è una ricerca di equilibri permanenti e ci invita tutti ad essere artefici e sostenitori di un’agricoltura per cui la gestione e la distribuzione delle risorse sia equa e permanente. Ma è anche una rete con movimenti diffusi a livello mondiale, fatti di individui e gruppi che lavorano in Paesi ricchi e poveri per dimostrazione e diffonderne i principi di progettazione pratica. Questi movimenti sono per lo più autonomi e non finanziati da Stati, governi e imprese private; le persone che ne fanno parte sono testimoni diretti di un futuro ecocompatibile organizzato direttamente intorno alle loro vite. In tal modo queste persone si fanno promotrici di cambiamento, all’interno delle loro realtà locali; questi piccoli cambiamenti, a loro volta, influenzano in maniera più o meno diretta, ulteriori trasformazioni in altri ambiti, come la gestione dell’ambiente, l’agricoltura biologica, la scelta di tecnologie appropriate, la fondazione di comunità improntate a principi di salvaguardia della natura. A distanza di vent’anni, la permacultura è diventata il prodotto culturale di d’esportazione più significativo dell’Australia.

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(cfr Mollison B. e Slay r.M., “Introduzione alla Permacultura” Firenze, AAM Terra Nuova Edizioni, 2007)


I fondatori Bill Mollison e David Holmgren “Tutti riconosciamo che il nostro lavoro è modesto, ma la somma dei nostri modesti lavori è straordinaria” (Bill Mollison)

DAVID Holmgren

Bill Mollison

Bill Mollison cresce in un piccolo villaggio della Tasmania. Tutto ciò di cui avevano bisogno lo producevano da soli. Si costruivano scarponi, utensili di metallo, pescavano, coltivavano il loro cibo e preparavano da soli il pane. Non c’era una sola persona che svolgesse un solo lavoro o qualcosa che potesse essere definito tale. Fino all’età di 28 anni ha vissuto in una specie di sogno. Trascorreva la maggior parte del tempo nell’entroterra selvaggio o al mare. Per guadagnarsi da vivere pescava e cacciava. Fu solo negli anni ‘50 che iniziò a notare che vaste aree dell’ecosistema in cui viveva cominciavano ad essere seriamente minacciate. I banchi di pesce iniziavano a ridursi sensibilmente e le colonie di alghe lungo le coste andavano diradandosi. Ampi tratti di foresta iniziavano a morire. Fino a quel momento non aveva ancora compreso il profondo legame che lo univa a quei luoghi e il profondo amore che nutriva per il suo paese. Dopo molti anni trascorsi come scienziato presso la Wildlife Survey Section del CSIRO e il Tasmanian Inland Fisheries Department, ha iniziato a protestare contro il mondo politico e industriale che stavano distruggendo l’ambiente e mettendo a repentaglio la loro stessa salute. Ma presto si accorse che aveva poco senso proseguire con un’opposizione che alla fine non otteneva nessun risultato concreto. Per due anni si ritirò dalla società: non voleva continuare a buttar via il suo tempo dicendo solo “no”. S’impose di formulare una proposta in positivo, qualcosa che permettesse al genere umano di continuare a esistere senza causare il collasso generalizzato dei sistemi biologici. Così che nel 1968 iniziò a insegnare presso l’Università della Tasmania e nel 1974, insieme a David Holmgren, cominciò a sviluppare un quadro di riferimento per un sistema agricolo sostenibile incentrato su una policoltura a base di specie arboree perenni, arbusti, specie erbacee (ortaggi e piante aromatiche), funghi e sistemi radicali per il quale coniò il termine “permacultura”.

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Impiegarono molto tempo per elaborarne i principi e per arrivare alla definizione di un sistema ricco di specie. Il loro lavoro raggiunse il culmine nel 1978, con la pubblicazione di Permaculture One.

progettare sistemi permaculturali in Australia. Oggi, nel mondo operano più di trecentomila esperti di permacultura, tutti impegnati, in qualche modo, in attività di carattere ambientale o sociale.

Le reazioni del pubblico alla permacultura furono diverse. La comunità scientifica e i professionisti dei settori coinvolti si sentirono quasi vilipesi: avevano messo insieme principi di architettura e biologia, agricoltura e selvicoltura e quest’ultima con la zootecnia. Quasi tutti coloro che si ritenevano specialisti in uno di questi campi si sentirono un po’ offesi. Molto diversa fu invece la risposta della gente comune: in tanti, oramai, insoddisfatti dell’agricoltura convenzionale, cercavano da tempo un sistema di coltivazione più naturale ed ecologico e cominciavano a pensare in termini molto simili ai loro.

David Holmgren è nato a Fremantle, in Australia occidentale, nel 1955. Figlio di operai attivisti politici, Holmgren è stato profondamente influenzato dalla rivoluzione sociale degli anni ’60 e dai primi anni ’70. Nel 1973, durante un viaggio in Tasmania, si innamorò del paesaggio tipico di quell’isola ed entrò a far parte dell’innovativa Environmental Design School di Hobart. Nei tre anni successivi collaborò intensamente con il suo mentore Bill Mollison ideando il concetto di permacultura, concetto che ha plasmato la sua vita futura. Coautore con Mollison di Permaculture One, uscito nel 1978, Holmgren si è dedicato, da allora in poi, ad approfondire concretamente le sue abilità nella progettazione e nella realizzazione di stili di vita autosufficienti.

Gli anni ‘70 vedeva la permacultura come una benefica associazione di piante e animali per il sostentamento di insediamenti umani, rivolta principalmente all’autosufficienza di singoli e comunità, dove al mercato veniva destinato esclusivamente il surplus prodotto dal sistema. Tuttavia, la permacultura ha assunto un significato che va oltre la semplice autosufficienza. La capacità di provvedere al proprio sostentamento alimentare non significa nulla se la gente non ha accesso alla terra, alle informazioni e alle risorse finanziarie. Per questo la permacultura si occupa anche di strategie legali e finanziarie appropriate, incluse quelle per facilitare l’accesso alla terra e la creazione di strutture economiche e di autofinanziamento locale. In tal modo si configura come sistema organico umano. Dal 1976 ha iniziato a tenere lezioni sulla permacultura e nel 1979, nonostante l’età avanzata, ha deciso di abbandonare l’insegnamento per lanciarsi verso un futuro incerto. Decise di impegnarsi a tempo pieno nel convincere la gente a realizzare dei validi sistemi biologici. Negli anni seguenti ha realizzato numerosi progetti di permacultura, anche se riusciva a mantenersi con la coltivazione di patate e la pesca. Nel 1981 si sono diplomati i primi esperti che hanno iniziato a

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In seguito, ha scritto altri libri, ha progettato e organizzato varie tenute agricole usando i principi della permacultura, condotto laboratori e corsi in Australia, in Nuova Zelanda, in Israele e in Europa. Negli ultimi 17 anni ha vissuto e lavorato a Hepburn Springs, nella parte centrale dello stato di Victoria. In qualità di consulente, ha sviluppato una profonda competenza nel campo dei territori a clima temperato tipici dell’Australia Sud Orientale, approfondendo il concetto di bioregionalismo in relazione al territorio locale. Insieme alla partner Su Dennett e al figlio Oliver conduce il podere Melliodora, uno dei più noti siti dimostrativi di permacultura applicata in Australia. Negli ultimi sette anni si è dedicato intensamente alla progettazione e allo sviluppo del Fryer’s Forest Eco-village. Nel contesto internazionale del movimento, Holmgren è noto e stimato per aver sempre sottolineato l’aspetto pratico dei progetti di questa. Attraverso l’esempio personale e l’impegno concreto, ha dimostrato e dimostra, con il suo percorso di vita, che la permacultura rappresenta una radicale, ma anche attraente, alternativa al consumismo dilagante. (cfr Spinosa Marco, “Introduzione alla Permacoltura” Cesena, Macro Edizioni, 1988)


storia e processi La permacultura come alternativa ambientalista emerse durante la prima grande fase di presa di coscienza dei problemi ambientali, che coincise con il rapporto del “Club di Roma” del 1972 e le crisi petrolifere del 1973 e del 1975. Dopo la crescita economica degli anni ’80, segnata nei Paesi a capitalismo avanzato dalla rivoluzione Reagan-Thatcher, la presa di coscienza pubblica dell’effetto serra, sul finire della stessa decade, portò alla nascita di una seconda fase di ambientalismo, con un accentuato interesse per la permacultura.

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In questa terza fase possiamo aspettarci che si arrivi alla diffusione di molte innovazioni di impronta ecologica comparse nella seconda. La passata esperienza suggerisce però che ogni nuova fase getta nuova luce anche su quelle precedenti e su principi che si davano per scontati. Nel corso degli ultimi due secoli, l’umanità si è affrancata, almeno formalmente, dalla schiavitù dell’uomo sull’uomo. Ha sostituito gran parte del lavoro svolto con enorme fatica da persone ed animali con l’apporto energetico incredibilmente economico e funzionale di macchine e prodotti chimici derivati dai combustibili fossili. Ha sviluppato la “civiltà del petrolio” che a partire dalla Rivoluzione Industriale ha sconvolto e trasformato capillarmente la vita su tutto il globo, sia nei paesi industrializzati che da questo salto energetico traggono diretto beneficio, sia nei paesi definiti “in via di sviluppo” o emergenti, che ne subiscono maggiormente i danni. La nuova società industrializzata ha investito in pieno il settore dell’agricoltura trasformandola nel settore produttivo più dipendente dai combustibili fossili.

Negli anni ’90, mentre l’attenzione generale era puntata sulle nuove tecnologie e sull’affermarsi della globalizzazione, si verificò un’altra fase di consolidamento dell’ambientalismo. Nel 1999, si avvertirono i primi segni di una nuova fase.

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Per lunghissimo tempo, è parso che questo modello di sviluppo non imponesse prezzi da pagare e potesse consentire alla ristretta élite mondiale, di cui noi facciamo parte, di ignorare le conseguenze delle proprie azioni e vivere in un’eterna, irresponsabile e viziata adolescenza. Ma non è così. Il riscaldamento globale, la devastazione dell’ambiente, la perdita di fertilità dei suoli, la biodiversità in pericolo, le ricorrenti crisi economiche, la scarsità delle materie prime, primo tra tutti proprio del nostro deus-ex-machina, il petrolio, ci costringono a fare i conti con problemi di portata così enorme da lasciarci senza fiato e senza forze, sentendoci impotenti e frustrati di fronte a possibili scenari futuri. Prima del 1900 ogni città conteneva entro i suoi confini fattorie e frutteti. Anche se nel mondo di sviluppo esistono ancora tali nicchie di attività, il bisogno attuale di un maggior numero di edifici commerciali, industrie e spazi abitativi ha spinto la coltivazione del cibo al di là dei sobborghi, verso la campagna più lontana.


La permacultura mira a riportare la produzione di cibo nelle aree urbane e a ristrutturare e adattare gli edifici al risparmio e alla produzione dell’energia di cui hanno bisogno. A questo scopo utilizza strategie collaudate di risparmio energetico, tecniche di progettazione solare adatte al clima, isolamento termico, energia eolica, graticci, coibentazione, trasporti a basso costo e produzione di energia in forma cooperativa. Le persone, le loro abitazioni e i modi in cui organizzano le loro comunità sono di importanza centrale, in permacultura. In tal modo, la prospettiva di una agricoltura permanente (per definizione, sostenibile) si evolve spontaneamente nella realizzazione di una cultura permanente (anch’essa sostenibile). In tutti i sistemi di agricoltura permanente, e più in generale in ogni società sostenibile, i bisogni energetici sono soddisfatti dal sistema stesso. Invece, l’agricoltura convenzionale è totalmente dipendente dall’apporto di fonti energetiche esterne. Il passaggio da sistemi produttivi permanenti, in cui la terra era proprietà dell’intera comunità, a metodi di produzione agricola basati su colture annuali destinate esclusivamente al mercato in cui la terra viene considerata semplicemente un fattore di produzione implica il passaggio da una società a basso consumo energetico a una società caratterizzata da elevati consumi, uso distruttivo e sfruttamento della terra, dipendenza da fonti esterne di energia fornite principalmente dal terzo mondo sotto forma di combustibili, fertilizzanti, proteine, forza lavoro e abilità intellettuali. L’agricoltura convenzionale non riconosce, né paga quelli che sono i veri costi: la terra viene impoverita della sua fertilità a causa della coltivazione intensiva; risorse non rinnovabili sono usate per sostenere la coltivazione; il terreno viene eroso a causa dell’eccessivo carico di bestiame e delle numerose lavorazioni; terra e acqua vengono contaminate da prodotti chimici. La verità è che quando i bisogni di un sistema non vengono soddisfatti dal sistema stesso si paga un prezzo molto elevato in termini di consumi energetici e inquinamento.

elementi di una progettazione globale secondo la permacultura

componenti del sito ACqua terra clima paesaggio piante

componenti sociali consulenza legale persone cultura commercio finanza

il progetto

componenti energetici tecnologie connessioni strutture fonti

componenti astratti principi etici tempi dati

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Un prezzo divenuto oggi insostenibile perché sta uccidendo il pianeta e minacciando la nostra stessa esistenza. E’ un metodo di conduzione agricola che mira a creare nel podere un ecosistema capace di equilibrio stabile e duraturo, che possa riprodursi senza bisogno dell’intrusione umana. Non che l’uomo non debba intervenire, ma deve farlo sapendo che tutto influenza tutto e quindi deve operare con umiltà, lavorando con la natura, non contro, amandola, non violentandola. Deve rapportarsi alla terra come la parte al tutto, non come il padrone al servo. Le colture devono essere permanenti anche nel senso che devono puntare soprattutto su piante perenni e arboree di molte qualità diverse, mescolate tra loro in modo da aiutarsi nella difesa dai parassiti. L’orto si fa nel frutteto. Le piante annuali vengono in parte mandate in fiore in modo che possano riprodursi spontaneamente. Le erbacce vanno tenute sotto controllo, ma solo con la pacciamatura, e solo all’epoca della semina degli ortaggi. Quando questi saranno cresciuti, allora non avranno più competizione dalle erbacce, le quali anzi si renderanno utili, non solo perché mantengono umida la terra, ma anche per la loro capacità di disorientare e disperdere i parassiti, e attrarre gli insetti che uccidono quelli più tenaci. Inoltre, col loro ciclo di vita e di morte, servono a formare parte dell’humus che concima naturalmente. Va da sé che l’aratro è proibito, così come lo è ogni prodotto chimico. Parte del concime può essere fornito dagli animali, che devono essere usati secondo precisi tipi e quantità definiti in proporzione all’estensione del terreno. Tutto viene riciclato, anche le acque scure, che verranno rese riutilizzabili per l’annaffiatura; anche il calore del sole, per scaldare l’acqua e alimentare il forno solare; anche il vento, per produrre elettricità; e anche gli escrementi, con cui si può produrre metano e concime. La progettazione dunque mira ad aiutare la natura a ritrovare sé stessa.

i 6 principi fondamentali di progettazione pianificare in altitudine, cioè tenere conto delle caratteristiche degli eventuali dislivelli del terreno, in funzione dell’uso delle acque, del riciclo delle risorse, degli accessi alle zone, dei fattori climatici

rispettare le strutture, tutto in natura essendo regolato da pattern, dobbiamo adeguarci, usandoli senza contrastarli

lavorare con elementi multipli, ovvero attivare molti elementi per svolgere ogni singola funzione

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individuare i settori, che sono coni di superficie del podere definiti da particolari caratteristiche climatiche come provenienza del vento e irradiamento solare

definire le zone, le quali sono aree concentriche del podere che regolano il raggio dell’azione umana (c’è la zona in cui si vive, intorno alla casa, quella in cui si lavora, quella dedicata al pascolo, quella della silvicoltura e infine, se possibile, quella in cui predomina la natura selvaggia) massimizzare l’effetto confine, in altri termini, dal momento che le linee di margine tra due zone diverse tendono a produrre caratteristiche proprie che sfruttano il meglio delle zone stesse, bisogna costruire molti margini


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L’Albero della Permacultura ossia gli elementi della progettazione. Le radici affondano in molte discipline, un mondo astratto. I prodotti appartengono al mondo reale. La germinazione di un’idea si traduce nel dar forma a un prodotto. I cinque elementi (legno, fuoco o luce, terra, aria, acqua) sono organizzati dall’albero così come l’informazione è organizzata dalle idee. L’etica della permacultura pervade dunque tutti gli aspetti della vita: sistemi ambientali, comunitari, economici e sociali. La chiave è la cooperazione, non la competizione. In tutte le città sono presenti aree aperte inutilizzate: appezzamenti di terreno liberi, parchi, aree industriali, cigli delle strade, angoli, prati, aree davanti e dietro alle case, piccoli bacini, verande, tetti di cemento, balconate, muri e finestre vetrate rivolte al sole. Nelle aree urbane gran parte della vegetazione è ornamentale piuttosto che funzionale e le amministrazioni locali dispongono di piccoli eserciti di personale addetto alla manutenzione del verde cittadino. Con l’approccio multidimensionale della permacoltura queste attività possono essere reindirizzate alla coltivazione di specie utili: ciò che occorre è solo un’opera di sensibilizzazione, a cui debbono seguire scelte concrete e prese in modo responsabile. I parchi, ora in larga misura costituiti da prati aperti, possono essere tappezzati con piante basse, commestibili e decorative come mirtilli, consolida, lavanda, ribes, fragolw. Le specie di pino adatte alla produzione di pinoli possono sostituire pini e cipressi sterili; specie che producono frutti con guscio (noci, nocciole, mandorle ecc.) possono sostituire eucalipti e siepi di arbusti infruttiferi; gli spazi lungo muri e recinzioni possono essere occupati da piante da frutto coltivate a spalliera. Gli appezzamenti a bosco presenti intorno alle zone industriali, nelle cosiddette cinture verdi o in aree della città senza case non sono solo esteticamente piacevoli, ma fanno da filtro per le sostanze contaminanti presenti nell’aria, producono ossigeno, possono fornire un supplemento di

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combustibile e fare da rifugio e habitat a uccelli e piccoli animali selvatici. Attualmente, alcune città in Germania hanno sistemi di selvicoltura urbana all’interno e all’esterno dei confini cittadini. Questi boschi forniscono legna da ardere in vendita ai residenti, trucioli e ramaglie per compostaggio e un sistema misto di alberi a crescita rapida (per la produzione di pali) e a crescita lenta per il legname pregiato. Se aggiungiamo a tutto questo una serie di alberi da frutto facili da raccogliere (come aranci, meli, mandorli, olivi, melograni, noci, scelti a seconda del clima), le amministrazioni locali potrebbero ottenere dei vantaggi economici e ridurre la dipendenza dalla raccolta delle tasse o utilizzare il denaro ricavato per finanziare progetti di riciclaggio. Le foglie e i residui di potatura trinciati provenienti dalle permaculture urbane sono materiali ideali per il composto e la pacciamatura delle colture annuali, aiuole rialzate nei cortili o anche su terrazze e tetti di cemento. Le piante isolano dal calore, dal rumore e dal vento e forniscono ombra nella calura estiva. Finestre e serre forniscono calore per essiccare prodotti a lunga conservazione come prugne, albicocche, pere, mele e fagioli. Della carta isolante argentata o degli specchi possono riflettere la luce negli angoli scuri. I muri possono essere dipinti di nero o di bianco per agire come radiatori o riflettori di calore. Le implicazioni per il risparmio energetico sono ovvie. Il consumo diretto della produzione domestica comporta un uso minore di trasporti e d’imballaggi costosi e una minore produzione di scarti dovuti al deterioramento. Un altro vantaggio è dato da una maggiore varietà nella dieta e da un cibo libero da sostanze chimiche. I sistemi permaculturali urbani permettono l’impiego di persone molto giovani o anziane mentre disoccupati e sottooccupati possono ampliare ulteriormente il sistema trovando altre utili attività. Gran parte di ciò che ora è “scarto” può essere restituito al terreno ricostituendone le sostanze nutritive e riducendo la produzione di rifiuti della città. (cfr Mollison b. e Slay r.M., “Permaculture: A Designer’s Manual” Tagari Publications, 1988)


la permacultura in italia L’italiano è l’unica lingua che consente due possibili traduzioni del termine “permaculture”: permacoltura (adottata nella traduzione di Permacolture One) e permacultura. La scelta di utilizzare questa seconda versione è stata presa nell’ufficio di Torri Superiore (storico ecovillaggio italiano situato nei pressi di Ventimiglia) dopo lunghe discussioni precedentemente avviate con Declan Kennedy (una delle persone che ha portato la permacultura in Europa) e Richard Wade. La decisione ha voluto sottolineare l’evoluzione del pensiero e del movimento permaculturale mondiale. La permacultura contiene un corpus di attitudini e principi di progettazione identificati e messi a punto dopo lunghe, accurate e approfondite osservazioni della natura e dei suoi cicli. Principi e attitudini che sostanziano una disciplina non dogmatica, al cuore della quale troviamo una sola regola: “take your own responsability”, “prenditi la tua responsabilità”. In Italia alcuni movimenti hanno trovato un terreno fertile e sensibile, come le Transition Towns, da cui è nata la rete “Transition Italia”, nascono dalla grande intuizione che la sfida energetica riguarda anche e innanzitutto gli abitanti delle città e delle periferie e che un radicale, seppur graduale, cambiamento degli stili di vita deve necessariamente coinvolgere tutti, pena l’inefficacia. Portare città e villaggi verso la transizione ad un modello sociale a basso impatto ambientale e a basso assorbimento energetico è uno sforzo senza precedenti che richiede la partecipazione attiva di tutti le componenti della società, chiamate a contribuire al grande cambiamento con creatività e senso di responsabilità verso le proprie comunità locali. La filosofia della Decrescita ha generato in Italia due correnti di pensiero, collegate alla “Rete per la Decrescita” e al “Movimento per la Decrescita Felice”, accomunate dalla consapevolezza della totale insostenibilità del modello di sviluppo occidentale e dell’assoluta, pressante necessità di ridurre consumi, sprechi, velocità e ritmi di vita. La decrescita è la grande paura che terrorizza economisti e politici insieme, perché secondo il modello economico occidentale senza crescita non c’è sviluppo, e senza sviluppo si rischia di cadere fuori dalle Colonne d’Ercole della civiltà. Peccato che già oggi lo studio dell’impronta ecologica evidenzi con dati oggettivi che i paesi del primo mondo stanno divorando il capitale naturale della Terra, danneggiando il pianeta – in modo forse irreparabile – senza nemmeno accorgersene. La Permacultura ci porta ad osservare la natura e gli ecosistemi, facendoci comprendere che non esiste alcun modello naturale di crescita eterna ed illimitata, ma piuttosto una costante costruzione di sistemi complessi, che crescono fino al raggiungimento della massima stabilità, ed in questo stato perdurano per tempi talmente lunghi da sembrare, per la scala umana, permanenti ed eterni. È inoltre molto attiva la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici – RIVE, che dal 1996 riunisce le principali esperienze di vita comunitaria ed ecologica in Italia. Le comunità intenzionali, gli eco-villaggi ed i gruppi di co-housing. Le comunità – molte delle quali seguono e sviluppano i principi della Permacultura – sono veri e propri laboratori che offrono alla società idee e strumenti innovativi e adeguati al percorso di discesa energetica. In tutto il mondo i diversi popoli hanno inventato molti sistemi di gestione del territorio che hanno superato la prova dei secoli, ma negli ultimi cent’anni circa, molti di questi sistemi non esistono più perché sono stati messi sotto pressione dai tempi moderni e dalle premesse che sostengono oggi le nostre attività. Per esempio economie basate sulla crescita continua, il cui ritmo di espansione e di consumo deve costantemente aumentare.

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Il paesaggio italiano è complesso, presenta molti ecosistemi distribuiti in piccoli, a volte piccolissimi, spazi. Mostra stratificazioni millenarie degli aspetti sociali, storici ed economici che il territorio ha incorporato in sé insieme ai molteplici fattori ambientali. In Italia il sistema di gestione del territorio usato fino alla fine della mezzadria ha mantenuto il territorio integro e si è rivelato un sistema certamente sostenibile e se i contadini non avessero dovuto pagare una percentuale così alta al padrone sarebbe stato un sistema sostenibile anche economicamente. I sistemi di coltivazione usati dai mezzadri in Toscana hanno mantenuto per centinaia di anni il territorio non solo integro, ma anche bello al punto da attirare nel cosiddetto “grand tour” poeti e celebrità del mondo della cultura. La fine della mezzadria e dei sistemi di gestione del territorio usati da essa risale al 1965 e in meno di 40 anni la bellezza delle colline toscane è ora rovinata da smottamenti e gravi fenomeni di erosione. Che cosa può offrire la permacultura a questo territorio complesso, antico ed ora in affanno? La permacultura può lavorare a diversi livelli. Ai singoli può offrire un sistema di riferimento etico e pratico, che li aiuti a capire il territorio che li circonda e li guidi nei primi passi della pratica quotidiana. Per i giovani può rappresentare una porta d’accesso che li aiuti a tornare alla campagna, ed in particolare ai territori marginali dimenticati dalla struttura economico-sociale; che li motivi ad investire le proprie capacità lavorative ed ideali per costruire ecosistemi produttivi che conservino e mantengano il paesaggio. Per i progettisti, gli architetti, i paesaggisti e gli amministratori pubblici può diventare un punto di riferimento progettuale per affrontare le difficoltà del nostro presente, all’interno di una cornice che aiuti ad indirizzare ogni scelta, ogni decisione verso la costruzione di un futuro equilibrato e giusto. La permacultura propone loro di progettare recuperando la capacità di uno

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sguardo aperto verso il pianeta di oggi e quello di domani, sapendo osservare e capire ciò che il territorio locale offre e chiede. L’Italia si presta ad una progettazione agricola, territoriale ed urbana che ne sottolinei la diversità e ne valorizzi la struttura, storicamente basata sulla piccola scala. Il paesaggio toscano che ripete all’infinito il modello della mezzadria, del podere e del piccolo borgo ha reso l’Italia famosa in tutto il mondo. Il modello agricolo post-bellico della monocoltura e della provincia industrializzata ha creato un paesaggio e un sistema di vita invece monotono e globalmente impersonale. L’Italia che ha visto nascere anche il movimento di Slow Food, l’Italia della cultura del buon cibo e della socialità si presta ad accogliere e a sostenere produzioni di piccola scala e di alta qualità. Ed in ultimo, l’Italia delle cento città rinascimentali, nella quale la dicotomia città/campagna veniva risolta con una geniale compenetrazione e interdipendenza, si presta ora ad una nuova progettazione del paesaggio dove la produzione agricola, il bosco produttivo e i corridoi per la fauna selvatica si avvicinino alle città e dove possibile si inseriscano nelle cinture urbane. L’Italia, come tutti i paesi del “ricco nord” del mondo, è strettamente dipendente dai suoli delle zone subtropicali per i prodotti agricoli e per il legname, oltre che per le risorse umane e le estrazioni minerali del sottosuolo. Un uso più corretto delle nostre pianure e montagne ci renderebbe meno dipendenti dai paesi subtropicali e quei territori potrebbero produrre per soddisfare i bisogni locali, utilizzando metodi di produzione più consoni al proprio clima, eliminando inoltre i costi energetici connessi al trasporto di alimenti da un continente all’altro. Gli antichi Romani, hanno portato alla desertificazione di ampie parti delle isole mediterranee e delle coste dell’Africa del nord. Oggi come ieri stiamo ripetendo le stesse azioni e gli stessi errori, con conseguenze analoghe.

(cfr Whitefield Patrick, “Permacultura per Tutti - Oltre l’agricoltura biologica, per curare la Terra e guarire il Pianeta” Firenze, AAM Terra Nuova Edizioni, 2012)


Le realtĂ di permacultura in Italia

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Zebra Farm La Casina Rays Cascina Santa Brera Torri Superiori La Boa Basilico - Ecovillaggio Corricelli Villaggio Verde Centro Navdanja Fattoria Naturale Case di Terra fattoria in permacultura Ragas Farro e Segale Centro di Permacultura Mondragonese Le Macchie Località Il Piano Località Caimercati SpiazziVerdi Centro di Agricoltura Naturale Panos Manikis MadreNatura Santa Maria Velletri Figliodelnibbio Cavallinvalle Rucasa 1130 Casa@Cuma Collina degli aromi PianoB Centro Tonal Civiltà Contadina Miniecohousing Serena Bonura

Toti e famiglia Aureliano Garozzo Vallone delle pezze Peppe Arena Silvio Corsaro Dario Mori Delia Russo Springfield Casanova Che Passo Tatti Luca Cayre La Tana del Bianconiglio Il Giardino delle Gioie Cerro Balestro Andrea Pagani a Mongrando Gabriele Lampo a Mongrando Umberto e Laura a Montebello (LU) Fattoria dell’Autosufficienza Alessandro Caddeo Centro Thar do Ling Il Portico di Anna La Roverella Ecovillaggio Habitat Federico Carocci Ecovillaggio MonteVenere Associazione Permacultura Firenze Spazio Timmagini Progetto Primigenia Paola e Mark - Ostuni Permacultura Friuli Permacultura Cava CRF Viadana MN Canossa, Reggio Emilia Permacultura in corso Reggio Emilia

Mappa Permacultura in Italia https://www.google.com/maps/d/viewer?msa=0&mid=zgPhaFwYCJUQ.k8coaS0nJ0sQ

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L’Accademia di Permacultura funzione e realtà “La permacultura fornisce una cornice concettuale preziosa per società del futuro sane e sostenibili” (Earle Barnhard) Nel piccolo numero di professionisti e accademici, che alla fine degli anni ’70 tentarono di integrare nel loro lavoro il pensiero ecologico nei suoi vari aspetti etici, pragmatici, filosofici e tecnici, Permaculture One produsse qualche commento entusiastico.

“La comunità dei professionisti si arrabbiò molto, perché avevamo combinato l’architettura e la biologia, l’agricoltura e la silvicoltura, e la silvicoltura con l’allevamento. Molti specialisti di questi campi si sentirono offesi da tale approccio”

(Bill Mollison) La permacultura stessa fu concepita all’interno di ambienti accademici. Molte figure impegnate nell’agricoltura su grande scala e nelle politiche del territorio definirono la permacultura teorica, utopica e poco pratica, difficile da applicare nel prevalente contesto sociale, politico ed economico. Sin dalla comparsa

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del movimento della permacultura, essa è diventata oggetto di studio da parte del mondo accademico, con varie accentuazioni di impronta sociologica, educativa, politica, ecologica o semplicemente agricola. Alcuni docenti universitari utilizzano testi di permacultura e altre fonti. In altri Paesi sono stati proprio gli accademici a promuovere l’apprezzamento della permacultura. Un altro accademico molto attivo è stato Stuart Hill, che ha inserito la permacultura fra le discipline connesse al concetto di sostenibilità. Quella che Hill chiama prospettiva della sostenibilità profonda rafforza le motivazioni che stanno alla base di scelte radicali come la permacultura. La permacultura ha dunque avuto un discreto grado di riconoscimento e generato un forte interesse negli studenti, tanto che è stata inclusa come opzione in molti corsi standard connessi all’agricoltura. Persiste però il preconcetto che la permacultura non sia degna di un rigoroso sforzo intellettuale, ed è questa un’immagine assai diffusa che impedisce che venga presa seriamente in considerazione dagli accademici. In Italia la permacultura era ancora poco conosciuta quando nel 1996 due rappresentanti di una nuova associazione internazionale, il GEN-Rete Globale degli Ecovillaggi, relazionarono ad un congresso ad Alessano in Puglia sull’esistenza di centinaia di ecovillaggi presenti nei 5 continenti. In molti di questi già si conosceva e sperimentava la permacultura. Le prime accademie in Europa sono state quella tedesca e quella britannica. Oggi la seconda conta più di 900 membri. Nel 1999 ha rilasciato il settantesimo Diploma. Scopo delle accademie è sostenere gli studenti nel proprio percorso di apprendimento. Nel settembre 2000, su invito dell’Associazione Torri Superiore, due insegnanti dell’Accademia Spagnola di Permacultura, tra cui Richard Wade, hanno tenuto il primo corso svoltosi ufficialmente in Italia. Da allora molti corsi si sono succeduti (circa 80) e molte realtà italiane hanno avviato progetti di permacultura insieme ad agronomi e progettisti che ne hanno studiato i principi e le applicazioni. Nel 2003 a Pignano, dopo circa tre anni di Percorso in Apprendimento Attivo, si sono Diplomati con l’Accademia di Permacultura Britannica, rappresentata per l’occasione da Andy Langford, 4 tutorati italiani di Richard Wade: Marino Barboncini, Massimo Candela, Saviana Parodi Delfino, Stefano Soldati.

Assemblea dei Soci

Soci Ordinari Soci in Apprendimento Attivo

Ha eletto per il biennio Aprile 2013 - Aprile 2015

presidente massimo candela

segretaria anna bartoli

elisse dei tutor Diplomati: E. Lanati, F. Pinzi S. Bonura, M. Pianalto, S. Parodi, E. Dalla Valle, L. Denti Apprendisti: M. Panariello

Lo scopo di questo processo, una volta consegnati i primi diplomi in Italia, è stato quello di fondare un’Accademia Italiana, che potesse continuare a diffondere i principi e lo spirito della Permacultura. Nel 2006 si è ufficialmente costituita l’Accademia Italiana grazie a Massimo Candela, Saviana Parodi Delfino,

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Stefano Soldati (diplomati), Mara Praturlon e Marilù Bisonin (non ancora diplomate), con lo scopo sociale di promuovere e diffondere i principi e lo spirito della Permacultura come supporto a chi ha frequentato i corsi di Permacultura da 72 ore e per chi vuole iniziare il percorso per il Diploma, ha il compito di assistere i processi formativi degli studenti in apprendimento e lavorare in collegamento con le altre realtà permaculturali. Attualmente l’Accademia Italiana conta circa 290 membri attivi, molti sono i simpatizzanti e coloro interessati. L’attuale Presidente dell’Accademia è: Massimo Candela. Nel corso degli anni l’interesse del pubblico e dei media per questa nuova scienza progettuale che abbraccia e comprende tutte le attività umane è notevolmente cresciuto. L’Accademia di Permacultura Italiana è in rete con le altre Associazioni di Permacultura in Europa e nel Mondo, è membro del Consiglio Europeo di Permacultura, l’Associazione di Permacultura britannica riconosce ufficialmente l’Accademia Italiana di Permacultura, aderisce inoltre al progetto European Permaculture Teachers partnership progetto European Permaculture Teachers partnership. L’Associazione Accademia Italiana di Permacultura, non ha scopi di lucro e si propone di essere una rete di supporto per le persone che hanno frequentato i corsi di Progettazione in Permacultura secondo il modulo delle 72 ore e che hanno deciso di continuare la propria formazione fino all’ottenimento del Diploma di Progettazione in Permacultura Applicata, lavorando in collegamento con le altre esperienze di permacultura nel mondo. L’Associazione può inoltre realizzare iniziative presso le istituzioni, gli organi di informazione e l’opinione pubblica in generale, che siano inerenti al conseguimento del proprio scopo sociale. Ogni 6 mesi l’Accademia organizza, in località diverse, gli incontri fra insegnanti, apprendisti e simpatizzanti, per scambiare esperienze ed idee, per approfondire i temi della progettazione in permacultura sotto la supervisione reciproca degli insegnanti che presentano il proprio percorso di Apprendimento Attivo. Questi incontri vengono chiamati Plenarie. La prossima plenaria si terrà in Liguria il 10, 11, 12 Aprile 2015.

modalità di iscrizione all’accademia come Socio Ordinario valida per tutti coloro che hanno frequentato un corso di progettazione di 72 ore che possono associarsi all'Accademia pagando la quota sociale annuale come Socio in Apprendimento Attivo dopo aver completato il corso di progettazione di 72 ore è possibile iscriversi all'Apprendimento Attivo

La quota di iscrizione all’Accademia Italiana di Permacultura è di 30 €, sia in qualità di Socio Ordinario che di Socio in Apprendimento Attivo. http://www.permacultura.it/

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Permacultori e progetti di permacultura In molti Paesi il concetto di permacultura è noto soltanto a quel ridotto numero di persone, che hanno partecipato a qualche corso di progettazione o sono attivamente coinvolte in progetti specifici. In Australia la cosa, per ovvie ragioni, è del tutto diversa: proprio dove è iniziata la storia della permacultura, attraverso i tanti progetti avviati, i principi della permacultura hanno trovato diffusione e apprezzamento presso larghe fasce di popolazione di orientamento ambientalista, grazie anche alla sensibilità dei mass media. Molti considerano la permacultura come un sistema di orticoltura o uno stile di vita ispirato alla controcultura. Molta gente in Australia vede la permacultura in modo positivo, come una forma di ambientalismo da accettare perché basata sul buon senso. Gli effetti dei programmi televisivi su giardinaggio e simili, i video e i libri che propagandano il fai da te in questo campo, i vari progetti avviati in molte scuole, gli orti comunali, i LETSystem e l’inclusione come opzione in corsi standard di orticoltura hanno contribuito a scatenare un vero entusiasmo nei confronti della permacultura. Il processo di soddisfacimento dei bisogni della gente secondo modalità sostenibili richiederebbe una vera rivoluzione culturale. Imporre alla gente un tale passo come prerequisito di adesione alla permacultura non farebbe che allontanarla, inibendo anche il crearsi di una mentalità positiva che punti al cambiamento sociale e personale. In tal modo, la permacultura ha evitato alcuni degli ostacoli e delle opposizioni, che altre idee rivoluzionarie hanno incontrato sulla propria strada. l movimento della permacultura e la comprensione seppur rudimentale di molti suoi concetti fondamentali da parte del grande pubblico dimostrano che è possibile, per idee rivoluzionarie complesse e anche astratte, esercitare una marcata influenza sull’opinione pubblica a partire dal basso. È un esempio, che potrebbe fungere da linea guida anche per altri concetti connessi alla sostenibilità ambientale, al contrario di quanto è accaduto ad esempio

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per il Summit della Terra di Rio, che ha tentato senza successo di mettere in moto dei meccanismi di partecipazione popolare e di cambiamento culturale a partire dall’alto. Anche la percezione della permacultura come parte del fenomeno più generale della controcultura, con regolari riunioni, riviste, newsletter e gruppi locali, ha avuto degli aspetti positivi. In quanto tale, la permacultura ha fornito una cornice olistica per riorganizzare gli stili di vita e i valori di una piccola minoranza pronta a trasformazioni più radicali. Ciò si è dimostrato particolarmente vero per la minoranza di giovani disillusa dalla cultura consumistica giovanile della fine degli anni ’90. In altri casi, ha portato un messaggio di speranza nella lotta contro ingiustizie ambientali e sociali. La maggior parte delle persone coinvolte nel movimento ha in qualche modo svolto un corso speciale di preparazione. Da oltre 15 anni, questi corsi sono stati il principale veicolo d’espansione del movimento in tutto il mondo. Nel 1984 è stato possibile codificare un curriculum con vari argomenti e materie. In seguito, però, per effetto dei diversi approcci seguiti dai vari docenti, la forma e il contenuto di questi corsi hanno prodotto esperienze e concezioni differenziate anche in base alle realtà locali. I corsi di progettazione in permacultura, sono stati particolarmente efficaci nel promuovere cambiamenti radicali e offrire nuove prospettive di vita ai partecipanti, fornendo loro anche un senso di appartenenza. Questo aspetto controculturale della permacultura ha facilitato la sperimentazione di nuovi stili di vita, in cui predomina l’imperativo ecologico. La rete di permacultura italiana offre, inoltre, seminari, workshops, laboratori ed incontri di mutuo aiuto.

Corso di progettazione in permacultura da 72 ore

Come si diventa permacultori? Corso di introduzione alla permacultura

apprendimento attivo

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Il Diploma è un percorso di studio autogestito di minimo di 2 anni. Durante il percorso, chiamato di Apprendimento Attivo, si prepara un progetto che dimostra la capacità dell’apprendista di applicare l’etica e principi di permacultura, in modo completo ed esaustivo e mostra le competenze acquisite utilizzando una serie di metodi di progettazione, strumenti e competenze. Al termine del percorso il Diploma, sarà conseguito con la presentazione dei propri progetti davanti ad una commissione di accreditamento dell’Accademia Italiana di Permacultura. Il Diploma è importante per tre ragioni principali: in primo luogo, si tratta di un programma strutturato di studi a sostegno delle persone che vogliono saperne di più e fare di più in questo campo. Questo permette di sviluppare le competenze e diventare professionisti del settore; in secondo luogo aiuta a sviluppare la rete. I progetti possono essere scelti per supportare la rete più ampia e la rete di tutor aiuta a collegare le persone tramite interessi e argomenti di apprendimento; in terzo luogo, questo sistema è a garanzia della qualità, infatti buoni tirocinanti saranno buoni docenti ed incrementeranno il numero di progettisti che praticano la permacultura.

cosa fare dopo il corso di permacultura?

progettazione

diventare progettista e/o insegnante di Permacultura dopo 2 anni di “Percorso attivo”

frequentare altri corsi o workshop su tematiche specifiche

cominciare a fare rete e cercare punti e luoghi di aggregazione

esperienze in campo

che cos’è l’apprendimento attivo? percorso che porta al diploma di progettazione in permacultura. mettere in pratica la teoria applicata ai propri progetti personali. é rivolto a tutti coloro che hanno completato il corso di progettazione in permacultura da 72 ore e che vogliono iscriversi all’accademia ottenendo supporto e assistenza

osservare pensare

fare

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progettare


I passaggi principali del percorso sono i seguenti: - scelta del Tutor di Percorso e del Tutor di Progetto; - iscrizione all’Accademia; - preparazione di un Portfolio di progetto per la valutazione dei tutor. Scegliere e contattare il Tutor di Percorso ed il Tutor di Progetto tra i diplomati disponibili nella lista, entrambe le figure sono obbligatorie. Il Tutor di Progetto può anche essere scelto in un secondo tempo in accordo con il Tutor di Percorso. Il Tutor di Percorso ed il Tutor di Progetto esamineranno il lavoro e consiglieranno le azioni necessarie da intraprendere, per esempio se fare modifiche e miglioramenti oppure se l’apprendista è pronto per fare la “presentazione di medio percorso” del proprio lavoro all’Assemblea Plenaria, la presentazione di medio percorso è un momento molto importante dell’apprendimento attivo, essa consente infatti di presentare il proprio percorso e progetto per raccogliere i feedback. Questa presentazione si può fare a partire da minimo un anno dall’iscrizione per l’apprendimento attivo, successivamente, dopo l’accordo con i Tutors, l’apprendista potrà presentare il proprio portfolio per il Diploma (ad almeno un anno dalla data di presentazione di medio percorso e a minimo 2 anni dalla data di iscrizione per l’apprendimento attivo) alla Commissione di Accreditamento. Per il conseguimento del Diploma di Progettazione, gli studenti in Apprendimento Attivo hanno a disposizione due sessioni durante le Assemblee Plenarie per presentare il proprio lavoro:

L’occasione per presentare sia il medio percorso che il Portfolio per il Diploma è l’Assemblea Plenaria di Accademia, occasione anche molto importante per partecipare alle presentazioni degli altri apprendisti e per confrontarsi nella materia. Dopo le presentazioni per l’Accreditamento la Commissione si riunisce e prepara la sua Relazione di Raccomandazione per il candidato e per l’Accademia. La relazione viene depositata agli atti. La presentazione e la consegna del Diploma hanno luogo a seguito dell’Accreditamento, in un evento pubblico durante l’Assemblea Plenaria, occasione in cui si festeggia tutti insieme. Tra i diplomati c’è una grande ricchezza di esperienze e capacità di progettazione, che si aprono su più ambiti, dall’architettura, all’agronomia, al sociale, all’insegnamento, all’economia e non solo. Quindi una volta conseguito il Diploma o fatto corsi inerenti, l’individuo è pronto a progettare ma deve tener conto di diversi fattori come:

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valutazione del terreno, una volta chiarito ciò che si desidera fare, si devono valutare con più attenzione le aree che si hanno a disposizione; le caratteristiche del suolo, l’altitudine, il clima, l’esposizione, i rilievi, i bacini idrografici, l’utilizzo precedente e la vegetazione sono fondamentali per la progettazione in permacultura

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ubicazione e clima, l’esposizione e l’altitudine degli appezzamenti a disposizione sono determinanti per la progettazione del sistema. Ovviamente è più facile realizzare una permacultura più produttiva a basse altitudini, in territori pianeggianti e in regioni più calde piuttosto che in terreni in alta quota e su pendii scoscesi

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Sessione per le presentazioni di medio percorso, in cui gli studenti hanno a disposizione 40 minuti ciascuno, suddivisi in 20 minuti di presentazione, 10 minuti di domande e risposte e 10 minuti per i feedback da parte delle persone presenti

farsi un quadro della conformazione del terreno su cui si intende lavorare con una perlustrazione sul posto. Più si conoscono le particolarità del territorio, e meglio si riesce a lavorare. Più il suolo è fertile e più la permacultura si potrà sviluppare con successo. Le caratteristiche di un buon terreno sono determinate soprattutto dalla sua struttura.

Sessione per gli accreditamenti di Diploma, in cui gli studenti hanno a disposizione 35 minuti ciascuno, per la presentazione del proprio progetto e percoro, 10 minuti di domande e rispote e 10 minuti per i feedback da parte delle persone presenti

Ogni progetto deve fondere insieme le idee e la creatività dei proprietari dell’orto, le loro capacità tecniche e manuali e la disponibilità di risorse.

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Bill Mollison ha derivato i principi della permacultura dall’osservazione degli ecosistemi: lo scopo è la realizzazione di uno spazio, per le persone, gli animali e le piante in grado di in grado di proiettarsi nel futuro e nel quale gli obiettivi vengano possibilmente raggiunti in maniera adeguata e razionale. Alla base della progettazione c’è la suddivisione dell’orto e del giardino in zone diverse a seconda dell’intensità del loro utilizzo. Poi, ogni elemento dovrà svolgere più funzioni.

Piume

Concime Metano

Carne

CO2

Razzolare Cercarsi da mangiare

Uova

Volare Riparo

Lottare

Ghiaia

Razza

Polvere Acqua

BISOGNI

Colore

Aria

CARATTERISTICHE INTRINSICHE

Tolleranza climatica

Cibo Comportamento specifico della razza

Altri polli Gallina Amburgo

PRODOTTI E COMPORTAMENTI L’esempio delle galline rende evidente come questo sia possibile in pratica: le galline forniscono uova e carne; le piume possono essere usate come protezione dal freddo; riutilizzano gli scarti come cibo; i loro escrementi sono un buon concime per le piante; grazie al loro calore corporeo possono aiutare a temperare una serra di dimensioni adeguate; razzolando lavorano la terra di un orto dopo il raccolto; liberano il giardino da uova di lumaca e larve di insetti. La permacultura è basata sulla biodiversità e per questo in un giardino permaculturale, si possono trovare tutti i seguenti elementi coesistere in reciproci rapporti favorevoli: serra, semenzaio a letto caldo, area giochi per bambini e area relax, cucina esterna, area falò, biotopo umido e secco, muro a secco, spirale e orto di erbe aromatiche, orto per le verdure, frutteto e bosco; aiuole a cratere, a terrazza, a buco di serratura, a cumulo e rialzate; arbusti selvatici e da frutto, siepi naturali, compostiera, stalle, ripari per gli insetti utili, pergola verde, rampicanti a muro, fiori selvatici, prato per farfalle. Per la realizzazione di un orto-giardino secondo la permacultura bisogna per prima cosa suddividere il terreno in zone. Per far questo ci si avvale del principio della “strada più breve”: più spesso un elemento viene usato, o più lavoro e cure sono necessarie per il suo mantenimento, tanto più vicino si dovrà trovare alla casa. L’abitazione, la zona 0, è dunque il cuore del sistema. Intorno a questo cuore si stabiliscono le altre zone.

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(cfr Rusch Margit, “Permacultura per l’orto e il giardino - Esperienze e suggerimenti pratici per raggiun- gere l’autosufficienza in un piccolo pezzo di terra” Firenze, AAM Terra Nuova Edizioni, 2014)


Zona 4

Zona 0 Zona 1 Zona 2

Zona 3 Zona 5 Ci sono comunque moltissimi progetti validi, sia quelli in cui le persone vanno a imparare, sia quelli in cui le persone possono vedere pratiche e processi in permacultura che andrò ad analizzare.

Boa Casa di Paglia La Boa è un centro di permacultura, all’interno dell’omonima azienda agricola, a Pramaggiore in provincia di Venezia. E’ gestita da Stefano Soldati, vero e proprio pioniere della costruzione con le balle di paglia in Italia. Formatosi nel Regno Unito presso il CAt, con Barbara Jones, ha lavorato su decine di progetti di costruzione in paglia e da anni tiene corsi e conferenze sulle tecniche di costruzione con balle di paglia e terra cruda. La Boa è divenuta un centro di diffusione per le pratiche della permacultura e della costruzione con le balle di paglia, inoltre è sede di numerose iniziative su queste tematiche. Qui è stata realizzata la prima casa in paglia in autocostruzione in Italia, sotto la supervisione di Barbara Jones. La casa è su due piani, di circa 140 mq ciascuno, realizzata con una struttura portante in legno lamellare e tamponata con balle di paglia, gli intonaci interni sono in terra cruda mentre quelli esterni sono in calce. Stefano Soldati ormai da anni promuove tecniche di costruzione sostenibili ma non solo, è insegnante presso la Scuola di Pratiche Sostenibili di Milano e tiene corsi sulla coltivazione con tecniche naturali ed a basso impatto ambientale e le pratiche permaculturali. La casa è stata costruita a partire dal giugno 2004

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ed è stata realizzata in parte grazie alla manodopera dei corsisti intervenuti in vari eventi formativi che ne hanno accompagnato la costruzione. Dal punto di vista tecnico Soldati stesso nei suoi corsi dice che gli errori che sono stati fatti sulla sua casa, come il sovradimensionamento della struttura portante, all’epoca in cui la paglia come materiale da costruzione era pressochè sconosciuta in Italia, devono servire come fonte di apprendimento per poter oggi progettare e realizzare case migliori a prezzi più competitivi. E’ stato il primo esempio “tangibile” della possibilità di costruire case “vere” con paglia e terra cruda in Italia, e come tale ha messo in moto successivamente altre realtà ed iniziative, portando l’attenzione su questa tematica anche negli ambienti universitari e tecnico-progettuali. Ha mostrato quello che è uno degli aspetti più importanti della costruzione con la paglia e di altre pratiche sostenibili, cioè l’implementazione di percorsi formativi all’interno di tali pratiche che ne permettano l’esecuzione, l’incentivazione e a diffusione e che ne valorizzino gli aspetti fondamentali quali basso impiego di capitale ed elevato impiego di manodopera e capitale “intellettuale”, convivialità e socialità, partecipazione ed inclusione. L’azienda agricola La Boa è un esempio del fatto che oggi per le aziende agricole è possibile decentrare la loro produzione verso servizi oltre che prodotti agricoli per essere meno dipendenti dalle oscillazioni del mercato e garantirsi integrazioni di reddito da varie attività, tutto ciò in linea con le PAC e le linee guida delle politiche di sviluppo rurali vigenti. Inoltre l’azienda ottiene dalle attività formative svolte in loco molteplici benefit: apporto di manodopera, che rappresenta un valore aggiunto; incentivazione e valorizzazione delle pratiche seguite in azienda presso potenziali utenti/consumatori, toccare con mano la realizzazione di una casa in paglia o di un orto sinergico permette di sensibilizzare gli utenti verso i vantaggi di tali pratiche, ma anche renderli più disposti a retribuire in maniera adeguata; promozione turistica dell’azienda che diventa centro di attrazione per gli interessi legati alla sostenibilità oltre che alla ruralità più classica aumentandone le sue possibilità di reddito.

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http://www.laboa.org/


La Fattoria dell’Autosufficienza L’Azienda Agricola biologica “La Fattoria dell’Autosufficienza”, costituita nel Gennaio del 2009, è situata nell’Appennino Romagnolo, ai confini del Parco delle Foreste Casentinesi, un luogo meraviglioso, con un panorama mozzafiato e una natura in parte incontaminata. Più precisamente si trova nella Comunità Montana dell’Appennino Cesenate, nel territorio del Comune di Bagno di Romagna. La superficie totale è pari a 68 ettari, in gran parte accorpati, con copertura prevalente a bosco, prato cespugliato e prato pascolo. Una grossa porzione si trova a nord-ovest dal centro aziendale ed è compresa tra un’altitudine di 1050 m s.l.m. e 860 m s.l.m., l’altra parte, di maggiore superficie ed in cui si collocano gli edifici, è inclusa tra un’altitudine che oscilla tra 820 m s.l.m. e 550 m s.l.m. Le due porzioni distanti in linea d’aria circa 50 metri, sono connesse da una strada che da comunale diventa strada vicinale Casa Monte Frullo. L’attuale proprietà acquistata da Macrolibrarsi all’inizio del 2009, era precedentemente un’azienda agricola a prevalente indirizzo zootecnico, con prati polifiti utilizzati nel corso dell’anno in parte per la produzione di foraggio e in parte destinati al pascolo dei bovini. Il progetto “La Fattoria dell’Autosufficienza” nasce da un idea di Macrolibrarsi, azienda che opera principalmente nel mondo della cultura e del benessere. Con la Fattoria dell’Autosufficienza, Macrolibrarsi vuole perseguire la propria Mission: Diffondere con passione e sensibilità i prodotti naturali e le conoscenze attraverso le quali le persone e le comunità possano sperimentare maggiore benessere e crescita interiore. Mai come oggi siamo consapevoli di come l’attuale modello di società non sia più sostenibile. La quasi totalità degli scienziati è d’accordo: se non ci impegniamo a cambiare il nostro modo di vivere nei prossimi 10-30 anni i danni causati saranno irreversibili, tali addirittura da poter compromettere l’esistenza

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della nostra specie sulla Terra. Stiamo vivendo l’era con le più grandi sfide che siano mai state affrontate negli ultimi 5.000 anni di vita umana sul pianeta.Nasce quindi l’esigenza di poter sperimentare nuovi modelli di realtà: come diceva Albert Einstein “Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”. La Fattoria dell’Autosufficienza si pone quindi l’obiettivo sempre più importante di sperimentare, proporre e insegnare come realizzare insediamenti umani che siano sostenibili nel tempo, con particolare attenzione alla permacultura. Si impegna ad offrire un nuovo modello che possa funzionare da stimolo e incoraggiamento per quanti desiderano realizzare nuove modalità di vita, lavoro e convivenza. Concretamente, il progetto Fattoria dell’Autosufficienza inizia a prendere forma nel 2011 con la realizzazione dei propri orti e delle prime strutture temporanee (Yurta, casette di legno). Arrivano i primi animali da cortile, sono piantati alberi da frutto e si inizia a far legna. Sul posto sono invitati a tenere corsi insegnanti di permacultura, agricoltura sinergica e naturale, esperti in raccolta di erbe spontanee. L’obiettivo è quello di creare un luogo il più possibile autosufficiente, dove si possa mangiare ciò che può offrire la natura e avere energia autoprodotta.

I pilastri su cui si basa il progetto: autosufficienza alimentare Autoprodurre gran parte del cibo necessario per far funzionare il centro utilizzando il meno possibile combustibili fossili o altro che non possa essere riprodotto naturalmente in Fattoria.

Formazione ecologica ed olistica Offrire un luogo adatto per insegnare come rendere sostenibile un insediamento umano, l’autosufficienza energetica, le tecniche olistiche, la cucina naturale.

Ecoturismo e salute alimentarsi con cibi biologici e naturali, respirare aria buona, recuperare l’armonia di corpo, mente e spirito attraverso le tecniche olistiche.

Autosufficienza energetica e bioedilizia Essere indipendenti dalla rete nazionale grazie alla produzione di energia tramite il sole, l’acqua, il vento e la biomassa. ridurre l’impatto ambientale ed offrire ospitalità in strutture sane e confortevoli

Francesco Ideatore e coordinatore del progetto

Gabriele Orti

Andrea Orti, gestione wwoofer e panettiere

Elena Insegnante di Permacultura

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http://www.autosufficienza.com/


La Scuola di Pratiche Sostenibili Negli ultimi 20 anni l’idea di sostenibilità è nata e cresciuta: ora è tempo di farla diventare adulta, di trasformarla in azione concreta. La necessità di questa transizione è condivisa da un numero crescente di persone, che sentono il bisogno di recuperare e sviluppare le conoscenze pratiche utili a dare corso concreto a questo desiderio. La “Scuola di Pratiche Sostenibili nel Parco Agricolo Sud Milano” risponde a questa necessità, mettendo a disposizione l’esperienza di persone che da anni lavorano sul campo a sviluppare pratiche di azioni sostenibili. Le radici etiche e culturali della Scuola provengono dalla permacultura, un sistema di progettazione e realizzazione di insediamenti umani sostenibili, basato su principi etici ed ecologici. Le radici didattiche della Scuola sono basate sull’apprendimento attivo e sulla co-formazione. Le lezioni in aula si alternano con momenti esperienziali pratici e con attività di condivisione delle conoscenze, per mettere in comune la competenza del docente con le esperienze di tutti i partecipanti, in uno spirito di arricchimento reciproco. La Scuola di pratiche sostenibili nasce da un gruppo di persone con grande entusiasmo per questo progetto e ricche di esperienze complementari, che integrano le loro competenze pratiche, educative, gestionali. Loro fondamento comune è la ricerca di un approccio alla gestione consapevole del territorio, nella quale le funzioni degli animali e delle piante, delle persone e della terra siano riconosciute e integrate per portare a un disegno armonico di insediamenti umani progettati e gestiti in modo sostenibile. Il loro progetto è stato raccolto dall’Associazione Culturale Cascina Santa Brera, che si è fatta promotrice della Scuola di Pratiche Sostenibili. http://www.scuoladipratichesostenibili.org/chi-siamo/

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Milis Alessandro Caddeo è un pedagogista e anche la sua compagna. Per un periodo hanno vissuto in Toscana, alla fine però si sono accorti che là avevano meno di quello che si poteva avere nella loro terra in Sardegna. Allora hanno deciso di tornare. Entrambi sardi, dovevano decidere se comprare una casa o continuare a vivere in affitto. Alla fine, anziché comprare una casa hanno deciso di investire in un terreno. La loro idea era di metter su un’azienda agricola che fosse un luogo multifunzionale in cui fare anche attività didattiche e sociali. Di riuscire a sostenersi con tante piccole attività, con tanti piccoli redditi, anche per avere la garanzia di rimanere comunque a galla. Ma su questo sono subito incappati nella burocrazia. Quando si chiede l’iscrizione all’Inps come imprenditore agricolo, è previsto che si segua una tabella (a livello di Comunità europea) con un minimo standard. Per la costruzione della casa hanno usato quasi esclusivamente materiale riciclato: le pietre erano già tutte quante sparse nel terreno, quindi si sono limitati a raccoglierle. Con un tetto da venti centimetri coibentato perché tenesse bene la temperatura, il pavimento di legno è semplicemente chiodato come una palafitta su cinquanta centimetri d’aria, non c’è niente sotto. La casa comunque è fatta solo di calce, non c’è cemento. Hanno avuto la fortuna di trovare un muratore bravo e grazie a lui sono riusciti ad usare perlopiù cose che avevano già, come piastrelle, lavelli, piani. Hanno comprato solo una finestra perché avevano un vincolo di un ottavo di superficie aperta, luminosa, per cui è stata fatta su misura. Ovviamente Alessio Caddeo conosceva alcune cose imparate al corso di pratiche sostenibili fatto a Milano, i principi, poi si è messo a studiare e si è affidato a chi faceva già questi lavori. Le persone che hanno fatto i lavori, a parte alcuni amici, hanno contribuito a far nascere e sviluppare l’azienda e alla fine non si sono neanche fatti pagare perché l’idea gli piaceva, era una sfida.

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OrtiAlti OrtiAlti è un progetto di promozione sociale, che si occupa di realizzare e gestire orti di comunità sui tetti piani di edifici di vario genere (scuole, biblioteche, condomini, edifici per uffici, edifici produttivi, supermercati), tramite il coinvolgimento diretto delle comunità che li abitano o li utilizzano. L’idea nasce a partire da Oursecretgarden, realizzato nel 2010 sul tetto dei suoi uffici dallo studio di architettura STUDIO999 di Torino, in collaborazione con gli abitanti dell’edificio. Oursecretgarden vince il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010 di Legambiente Italia, è selezionato come miglior intervento per l’Austrian Best Private Plot Award 2012, è pubblicato su decine di giornali e visitato in questi anni da centinaia di persone. Il progetto intercetta in modo immediato e tangibile temi sensibili come il verde, il risparmio energetico, il cibo Km0, la sharing economy, nuove forme di prossimità e condivisione degli spazi. La sua forza non è solo nella sua dimensione comunicativa ma nella reale efficacia di un’idea che intreccia i benefici ambientali che i tetti verdi generano nei contesti urbani grazie alla stratigrafia tecnologica con cui

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sono realizzati (riduzione dell’isola di calore, biodiversità, efficientamento dell’edificio, riduzione delle emissioni di C02 e controllo dei consumi, gestione delle acque piovane), con la dimensione produttiva e di socialità degli orti (autoproduzione di vegetali freschi, riciclo riciclo dei rifiuti in compost, creazione di spazi di comunità). Con il coinvolgimento del Distretto del Politecnico di Torino, l’idea alla base di Oursecretgarden si sviluppa in un progetto di ricerca che confluisce nel 2013 nella partecipazione a un programma EU LIFE+ (Politecnico, Comune di Nichelino e Harpo Divisione Verde Pensile). Nel 2013 il progetto OrtiAlti è selezionato dalla European Investment Bank per il Social Innovation Tournament e nello stesso anno entra nel percorso StartUp Innovazione Sociale di UNIONCAMERE; nel 2014 vince il contest “A new Social Wave II” di Iris Network e Fondazione Accenture ed entra nel programma Startup Initiative di Intesa Sanpaolo. http://ortialti.com/

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Realtà in campo e sistemi di condivisione

RIVE La Rete italiana villaggi ecologici è un’associazione costituita da comunità, ecovillaggi, progetti di comunità e singole persone interessate a fare conoscere e sostenere le esperienze comunitarie. Alla RIVE appartengono esperienze differenti tra loro per orientamento filosofico e organizzazione, ma tutte comunque ispirate a un modello di vita sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico. L’associazione Rete Italiana dei Villaggi Ecologici (RIVE) è nata nel dicembre 1996 per tenere in contatto le tante eterogenee realtà degli ecovillaggi che sono sparse sul territorio italiano e per supportare la nascita di nuove. La diversità tra i membri della RIVE è un tratto caratterizzante dell’associazione stessa, in quanto ricchezza che ispira a molteplici stili di vita. Infatti, ad essa appartengono esperienze comunitarie differenti tra loro per orientamento filosofico e organizzativo ma tutte tese verso un modello di vita responsabile e sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico, intendendo per sostenibilità l’attitudine di un gruppo umano a soddisfare i propri bisogni senza ridurre, ma anzi migliorando le prospettive ambientali, presenti e delle future generazioni. Da allora la rete è cresciuta diventando il più importante riferimento italiano in materia di ecovillaggi e vita comunitaria. La Rete Italiana dei Villaggi Ecologici - RIVE: ritiene che le esperienze di vita comunitaria siano dei veri e propri laboratori di sperimentazione sociale ed educativa per un mondo migliore; riconosce come base etica del proprio operare l’equità sociale fondata sull’armonia spirituale,

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economica ed ecologica; favorisce la diffusione delle esperienze di comunità ed ecovillaggi già esistenti ed il sostegno dei progetti in formazione; sostiene e collabora con tutte le realtà che lavorano per una cultura di pace, reciproca accettazione, rispetto delle diversità e solidarietà. La RIVE offre: la possibilità di far incontrare membri, sostenitori e simpatizzanti degli ecovillaggi italiani; l’organizzazione organizza una serie di incontri aperti a tutti e le riunioni dei soci durante l’anno; la possibilità di rappresentare la moltitudine colorata dei villaggi ecologici tramite un unico soggetto; sostegno e consulenza per i nuovi progetti; ha un sito web e una newsletter dove i soci possono presentarsi, intende far conoscere le proprie attività e una mailinglist per collaborare con la rete; un contatto diretto con il movimento internazionale degli ecovillaggi, tramite la partecipazione al GENEurope (Global Ecovillage Network). http://ecovillaggi.it/

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COHOUSING Il cohousing è una modalità residenziale costituita da unità abitative private con spazi e servizi comuni ed è caratterizzata da una progettazione e gestione partecipata, condivisa, consapevole, solidale e sostenibile, lungo tutto il percorso. Gli spazi e i servizi comuni ove possibile sono aperti al territorio. Il fenomeno del cohousing, come si può apprendere dalla parola stessa, è una proposta culturale ed abitativa che proviene dall’estero. Il primo cohousing, sorto nel 1972 nei pressi di Copenhagen, ha dato il via a molte esperienze. Con queste, è nata un’ampia letteratura sul tema, che in Italia è stata diffusa attraverso il libro Cohousing e condomini solidali di Matthieu Lietaert, permettendo agli aspiranti cohousers di avventurarsi in questo nuovo mondo con il giusto equipaggiamento. In tutto il mondo, sono presenti diverse tipologie di cohousing, ognuna di esse modellata sui propri abitanti. La peculiarità di quest’ultimi, infatti, è presente in ogni singolo muro della casa, in ogni arredo, in ogni giardino. Quel che vi è, nasce dalla scelta di coloro che l’hanno desiderato, progettato e costruito insieme, passo dopo passo, facendo coincidere esigenze pratiche e benessere fisico e mentale di ognuno. L’abitazione, vero e proprio vestito di ogni essere umano, dovrebbe prendere la forma di chi vi abita, garantendone serenità e soddisfazione. Il cohousing invita a lavorare su questo: chi acquista non deve farlo da consumatore, la casa necessita di un’attenzione particolare. Generalmente un cohousing nasce in città ma nulla vieta che sia in campagna, da ristrutturare o completamente da edificare. Alcuni sono recuperi edilizi di stabili comunali o fabbriche dismesse e talvolta i futuri cohousers non si limitano a progettare con i professionisti la struttura ma si rendono partecipi nei lavori attraverso l’autocostruzione. Come ogni percorso condiviso, anche la strada che porta alla realizzazione di un cohousing presenta diverse difficoltà, molto spesso burocratiche e relazionali. La Rete Italiana Cohousing ha una propria organizzazione interna agile e funzionale al raggiungimento degli scopi condivisi. La Rete è costituita da associazioni e gruppi formali e informali, spontanei e senza scopo di lucro, che si occupano di promozione e/o realizzazione di esperienze di cohousing a livello locale.

la rete nazionale intende:

http://www.cohousing.it/

promuovere e diffondere sul territorio nazionale la cultura del cohousing ed interagire con realtà affini sia a livello nazionale che internazionale

sostenere gruppi di cohousing condividendo le conoscenze acquisite e le esperienze maturate, per renderle patrimonio collettivo

interagire con gli enti pubblici e privati e con tutte quelle realtà territoriali che a vario titolo sono impegnate in attività di supporto alla realizzazione di abitazioni solidali

fornire informazioni ed essere di stimolo e supporto alle amministrazioni pubbliche nello sviluppo di strumenti normativi ed operativi volti a favorire la costituzione e la diffusione di insediamenti di cohousing 44


cohousing in italia urban village bovisa A Milano, a cinque minuti dalla fermata Bovisa e a 400 passi dalla sede del Politecnico, in un ex-opificio con il sapore della Milano di una volta è nato il primo cohousing in Italia. Attivo dal 2009 è costituito da una comunità di 32 famiglie che possiamo considerare i veri pionieri del cohousing in Italia: oggi, grazie alla loro scelta, vivono felici in una splendida corte con al centro un bel giardino comune dove si incontrano frequentemente. Le case sono loft con piccoli giardini privati e appartamenti con mansarda all’ultimo piano, di diverse metrature, adatti ad ogni tipologia di abitante e ad ogni sua esigenza. Ma, soprattutto, ci sono tanti spazi comuni: una terrazza con piscina e solarium dove si fanno tante feste nella bella stagione, un living polifunzionale con cucina, una lavanderia/ stireria, una hobby room/ciclofficina, un deposito per gli acquisti del gas. Da circa un anno c’è anche l’auto elettrica in car sharing, frutto di un progetto sperimentale condiviso con il Politecnico di Milano. La comunità residenziale che si è formata è bellissima e piena di giovani coppie, famiglie e senior giovanissimi di anima e di spirito.

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cohlonia Tra Cohlonia e il mare c’è solo la spiaggia (100 metri di due protette del parco di San Rossore). I cohouser di Cohlonia non devono neppure attraversare la strada per raggiungerla e lasciar giocare i propri bimbi in piena libertà. Inoltre godono anche di un parco secolare di 20.000 mq. Tra i cohouser che hanno scelto di vivere qui, alcuni hanno acquistato una casa per abitarla tutto l’anno, altri solo per trascorrervi lunghi periodi di vacanza, ma tutti nell’ottica della condivisione di spazi e servizi ad alto valore aggiunto. Hanno scelto una vita a dimensione umana e a misura di bambino, che offre alle famiglie molte opportunità di condivisione. È un ‘club residenziale’, dove la vita è resa confortevole da numerosi servizi organizzati e condivisi (ad esempio è possibile farsi accendere il riscaldamento d’inverno, prenotare una cena estiva, avere una persona che bada ai più piccoli, trovare la casa pulita quando si torna, godersi il parco e la piscina). Tutto ciò è reso ancor più affascinante e prezioso da un ambiente amichevole, in cui le persone collaborano veramente. Cohlonia si trova a Calambrone nei pressi di Pisa. Nasce dal recupero ‘virtuoso’ della porzione Nord di Villa Rosa Maltoni, una delle più belle colonie costruite negli anni ’30 sulla riviera tirrenica, e ospita 60 nuclei familiari.

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cosycoh Cosycoh è il primo progetto di cohousing in affitto in Europa. Progettato da Off Architetti, Cosycoh è costituito da 8 appartamenti nuovi, in classe B, ma chi vive a Cosycoh può esercitare il diritto di acquisto. Pensato per chi, all’epoca dei cosiddetti “bamboccioni”, esprimeva la difficoltà (che accomuna tutt’ora tanti giovani) di non riuscire ad uscire dalla casa genitoriale ed iniziare una vita indipendente perché le logiche di mercato non lo consentivano. Far entrare i giovani nella vita adulta dalla porta giusta: Cosycoh, aveva questo obiettivo e l’ha centrato in pieno (tutti gli appartamenti son stai affittati nel giro di sole tre settimane). Cosycoh, a Milano, è un cohousing unico, giovane e allegro. Si tratta di un intervento di natura privata, reso possibile dall’appoggio di un imprenditore illuminato che si è reso disponibile a realizzarlo. È l’attuazione di un concept che è stato chiamato ResiDance e che sarebbe opportuno poter replicare su larga scala, sperando che le istituzioni pubbliche, aiutate dall’esempio di quest’esperienza, possano dare il via ad un percorso virtuoso, mettendo a disposizione immobili o aree pubbliche per dare una risposta concreta alle esigenze di una generazione che sta crescendo con scarse occasioni concrete di realizzarsi.

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terracielo TerraCielo è il primo cohousing in classe A , a Rodano, vicinissimo a Milano, ai confini con il Parco Sud, in un contesto in cui verde, pace e silenzio sono un patrimonio riconosciuto. 56 appartamenti per tutte le esigenze (al piano terra con giardino privato e al piano primo con mansarda e terrazzi), con un impianto architettonico che ricorda le antiche cascine lombarde (portici, balconate, capriate in legno, organizzazione a corte). A Terracielo, con 400 mq di spazi comuni nella zona centrale e oltre 1800 mq di verde, la qualità della vita è davvero meravigliosa, soprattutto perchÊ gli abitanti hanno saputo tradurre il percorso di progettazione partecipata in un gruppo organizzato, solidale e capace di relazionarsi al meglio. http://www.cohousingitalia.it/

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WWOOF World-Wide Opportunities on Organic Farms (WWOOF Opportunità globali nelle fattorie biologiche) è un’organizzazione che mette in contatto le fattorie biologiche con chi voglia, viaggiando, offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio. Questo permette a persone che vivono realtà urbane o hanno vissuto in campagna nel proprio paese di toccare con mano l’esperienza di vita e la scelta dell’agricoltura biologica nel proprio paese o all’estero. L’associazione WWOOF nasce in Inghilterra nel 1971, da un’idea di Sue Coppard che, essendosi trasferita a Londra, sentiva la mancanza della vita in campagna. Pensò allora di mettere in contatto, con un annuncio su un giornale, le persone come lei che volevano vivere l’esperienza della campagna solo nei fine settimana, e le fattorie biologiche che avevano bisogno d’aiuto. L’immediato successo dell’iniziativa ha portato all’esigenza di creare un’organizzazione che fosse in grado di gestire il rapporto viaggiatori-fattorie con efficienza e regole certe. L’affermarsi del World Wide Web alla fine degli anni ‘90, ha portato ad un’espansione mondiale del WWOOF, che si è avvantaggiato immediatamente delle possibilità offerte dalla rete

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che rende gestibile una grande quantità di fattorie sparse in una nazione, permettendo un’associazione di intenti tra persone che non si sono mai viste fra loro. Dal modello inglese il WWOOF si è diffuso in tutto il mondo, con realtà enormi (WWOOF Australia: circa 1500 fattorie) o molto piccole (WWOOF Repubblica Ceca con circa 44 fattorie). Attualmente, il progetto prevede anche altri ambienti di tipo rurale non per forza classificabili come “fattorie biologiche”; come per esempio gli Ecovillaggi. È quindi, per forza di cose, anche entrato a far parte del circuito di rete di ospitalità, il che significa che per esempio molti iscritti a uno di questi, il Servas solo per citarne uno, sono anche iscritti ai Wwoof. La forma giuridica dei vari WWOOF nazionali varia molto a seconda della cultura e la legislazione locale. Pur mantenendo gli scopi culturali e di promozione di un modello alternativo di vita, le varie organizzazioni WWOOF si sono date forme giuridiche differenti: mentre il WWOOF Inghilterra è un’azienda no profit, il WWOOF Italia è un’associazione di volontariato.


Le fattorie che vogliono fare parte del WWOOF ne fanno richiesta all’organizzazione nazionale, se esiste, oppure si rivolgono alla Lista dei Paesi Indipendenti (Independents List) gestita in comune dal WWOOF Gran Bretagna o dal WWOOF Australia. Se rispondono ai requisiti richiesti, vengono inserite nella lista delle fattorie associate di quel WWOOF. Chi è interessato ad offrire il proprio aiuto volontario richiede, in cambio di una modesta somma che in alcuni casi copre anche il costo di un’assicurazione, la lista delle fattorie e la tessera di socio. Sceglie le fattorie da contattare e si mette d’accordo con loro per visitarle. La durata della permanenza è decisa fra il viaggiatore e la fattoria ospitante e varia da pochi giorni, un mese o addirittura un anno. Una caratteristica peculiare del WWOOF è l’estrema varietà delle situazioni e delle persone coinvolte, i viaggiatori (WWOOFers).

Una caratteristica peculiare del WWOOF è l’estrema varietà delle situazioni e delle persone coinvolte, i viaggiatori (WWOOFers) sono in genere giovani studenti, ma non mancano adulti che cercano esperienze per iniziare a vivere in campagna, pensionati, coppie con bambini. Le fattorie variano: dalla grande azienda biologica; l’agriturismo; l’azienda biologica a conduzione familiare; alla casa in campagna con l’orto biologico, esperienze di totale autosufficienza; ecovillaggi; e così via. In Italia accanto al Consiglio di WWOOF e al personale dell’ufficio esiste un gruppo di Organizzatori Regionali, detti anche coordinatori, che si trovano un po’ in tutto il Paese e coprono quasi tutte le regioni. Buona parte sono soci ospiti ma del gruppo fanno parte sempre più numerosi i soci viaggiatori: si occupano di effettuare le prime visite alle nuove aziende e contribuiscono ad animare le relazioni fra

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soci sul territorio. In qualche caso si occupano di facilitare la soluzione di contenziosi. Gli organizzatori regionali e i consiglieri si incontrano due volte all’anno. Sia i primi che i secondi sono tutti volontari e hanno solo un rimborso spese di viaggio. Eszter Matolcsi è il coordinatore internazionale per WWOOF e si occupa delle relazioni con la Federazione internazionale delle organizzazioni WWOOF (FoWO) insieme ad un gruppo di soci che la affiancano. WWOOF Italia è stata un’organizzazione informale per circa 4 anni; con l’approvazione della legge sulle organizzazioni di volontariato é stato possibile dare inizio alla procedura di formalizzazione. Dopo circa 2 anni di impegno lo statuto é stato finalmente registrato e WWOOF Italia é diventata una organizzazione riconosciuta legalmente. Come tale essa fornisce a Viaggiatori (WWOOFers) e Aziende (Hosts) una tessera associativa in modo da rendere possibile la presenza di lavoro volontario nelle fattorie ed offre ai viaggiatori la copertura assicurativa per gli infortuni e la responsabilità civile. La lista italiana WWOOF include aziende agricole di piccole e medie dimensioni, biologiche e biodinamiche: alcuni soci vivono delle loro coltivazioni e vendono i loro prodotti, mentre altri vogliono solamente essere autosufficienti, o semplicemente coltivare i propri ortaggi biologici. Far parte di WWOOF Italia non consente automaticamente di lavorare in altri paesi. Laddove esista un’organizzazione WWOOF nazionale è necessario diventarne socio per accedere alla lista. http://www.wwoof.net/ http://www.wwoof.it/it/

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istituto italiano di permacultura L’Istituto Italiano di Permacultura svolge la propria attività rifacendosi ai principi sanciti dai signori Bill Mollison e David Holmgren per affermare la possibilità di una progettazione consapevole attraverso il pensiero sistematico ed il mantenimento di sistemi integrati in evoluzione utili all’uomo che possiedono la diversità, la stabilità e la capacità di recupero di ecosistemi naturali. La filosofia dell’Istituto consiste nel lavorare con la natura anziché contro di essa, guardando i sistemi in tutte le loro funzioni (in modo olistico), piuttosto che guardando solamente ad uno di essi e permettendo ai sistemi di dimostrare la propria evoluzione. Per promuovere la permacultura in Italia attraverso l’educazione, la ricerca e la consulenza, l’Istituto Italiano di Permacultura si propone come interlocutore di Comuni, Provincie, Regioni, Comunità Montane e di Enti pubblici e privati al fine di un più razionale riassetto del territorio. L’Istituto Italiano di Permacultura può effettuare corsi per promuovere ed affermare il ruolo della permacultura nel terzo millennio. Pubblicare libri, riviste, saggi ed articoli di stampa e divulgare i risultati delle ricerche effettuate. Ricercare nuovi sistemi in permacultura e svolgere attività di consulenza per progettazione e realizzazione di spazi pubblici e privati. Verificare la sostenibilità dei flussi e processi energetici di aziende agricole e non, concorrere al recupero e alla bonifica di territori abbandonati, inquinati e/o compromessi dal punto di vista ecologico e progettare il riassetto paesaggistico del territorio. http://www.permaculturaitalia.com/

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rete semi rurali La Rete Semi Rurali è stata fondata nel novembre 2007 per ricordare a tutti che la biodiversità agricola va conservata, valorizzata e sviluppata nelle campagne di tutto il mondo e dagli agricoltori, prima di tutto. Fondata dall’Associazione Rurale Italiana (ARI), l’Associazione per la Solidarietà della Campagna Italiana (ASCI), Archeologia Arborea, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), Civiltà Contadina, il Consorzio della Quarantina, il Coordinamento Toscano Produttori Biologici (CTPB) e il Centro Internazionale Crocevia (CIC). L’Associazione è senza fini di lucro e ha sede a Scandicci vicino Firenze. La Rete e le 28 associazioni che ne fanno parte, come da statuto, sostiene, facilita, promuove il contatto, il dialogo, lo scambio e la condivisione di informazioni e iniziative tra quanti affermano i valori della biodiversità e dell’agricoltura contadina e si oppongono a ciò che genera erosione e perdita della diversità e all’agricoltura mineraria basata sulla monocoltura intensiva e/o sulle colture geneticamente modificate. Si tratta di un momento importante per il mondo dell’associazionismo agricolo italiano, che mettendosi insieme vuole ricordare a tutti che la biodiversità agricola va conservata, valorizzata e sviluppata nelle campagne dagli agricoltori, prima di tutto. A due anni dalla fondazione della Rete sono 3 le associazioni sono diventano socie di: l’associazione Veneta dei produttori Biologici (A.Ve.Pro.Bi), World Wide Opportunities on Organic Farms (WWOOF) e l’Associazione Lavoratori Produttori dell’Agroalimentare (ALPA). http://www.semirurali.net/

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lets A partire dagli anni ’80 in alcune città europee e del Nord America, si è diffuso un sistema locale di scambio e commercio, che prende il nome di LETS, acronimo di Local Exchange Trade System. Anche il LETS adotta il criterio in base al quale i propri membri scambiano tra loro merci e servizi, senza avvalersi di monete correnti. Questo sistema non si propone come alternativa al sistema formale, ma come sistema ad esso complementare, per offrire alle persone con poco denaro la possibilità di trovare all’interno del LETS ciò di cui hanno bisogno e di conservarlo per acquistare nel mercato ciò che la comunità non è in grado di offrire. Il sistema si articola a partire dagli accordi stipulati tra i membri per offrirsi reciprocamente beni o servizi; in seguito le avvenute transazioni di mutuo scambio vengono registrate in appositi registri da alcuni incaricati ( chiamati Recording Co-Ordinator), i quali pubblicano una lista di servizi e dei beni

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Tuttavia dal 1987 si registrò una crescita consistente di sistemi simili sorti in Nuova Zelanda ed in Australia. Nel corso degli anni ’80, i LETS si diffusero anche in Europa: nel 1985 il LETS fu introdotto in Norvegia, nell’87 in Scozia e nel Galles. Nel 1991 vi erano sette LETS in Gran Bretagna che, nell’arco di cinque anni, sono aumentati fino ad arrivare a 200. Per quanto riguarda la Francia, a partire dal 1994, si è sviluppato il Systeme d’Echanges Local (SEL) che segue una prassi simile a quella dei LETS. Nel dicembre del 1994 risultavano attivi nel mondo 500 LETS, tutti basati sul modello di Comox Valley. A partire dagli anni ’90, invece, grazie all’innovazione dei sistemi di elaborazione dei dati, diversi LETS cominciarono a stabilire contatti fra loro, permettendo ai rispettivi membri di intercambiare i loro servizi e prodotti con i membri di altri gruppi: si è così originato il sistema del Multi-LETS. LETSystem è un concept basato sullo scambio reciproco di servizi e competenze tra i membri di una comunità.

disponibili agli scambi, e i nomi di coloro che li offrono. In alcuni casi ci si avvale dell’uso di software per la registrazione di crediti e debiti. Il primo LETS fu fondato da Michael Linton a Commox Valley, nella città canadese di British Columbia, nel 1983. Come afferma lo stesso Linton, la crescita iniziale del sistema fu lenta, a causa dello sviluppo limitato delle risorse e della scarsa fiducia degli utenti.

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L’esperienza in definitive permette a chi aderisce al sistema di incontrare i propri vicini in servizi di scambio, costruire relazioni più importanti che ha un valore assolutamente maggiore rispetto al risparmio di tempo, essere parte di un gruppo esclusivo in cui viene valutato e accolto il contributo di ogni singola persona, entrare in contatto con persone dalla mentalità rivolta alla sostenibilità interessate all’innovazione attraverso l’aggregazione sociale, ed infine di rafforzare il valore della fiducia. II Local Employment Trading System o LETS ha come base una comunità; ciascun membro che vuole farne parte deve essere disponibile a commerciare in valuta “verde” locale. Questo denaro verde viene “guadagnato” attraverso beni o servizi forniti agli altri membri e viene “speso” utilizzando i loro beni e servizi.


i principi su cui si fondano i lets ogni LETS è costituito da un gruppo di persone, una comunità, all’interno della quale nessuno può reclamare alcun tipo di proprietà o leadership

la moneta adottata nel LETS è personale, poiché si basa sulle promesse dei partecipanti e sul consenso Individuale allo scambio

Il LETS si differenzia da altri sistemi di monete solidali PERCHè adotta un’unità di misura che ha lo stesso valore della valuta nazionale, COSì la moneta locale può eventualmente essere integrata nell’economia formale A differenza del semplice sistema del baratto, in cui lo scambio avviene fra due persone, un membro che abbia “guadagnato” del credito può interagire con qualsiasi altro membro del sistema LETS e può spendere in base all’intera offerta di beni e servizi della comunità. Di solito il denaro verde locale è richiesto in cambio di lavoro, mentre quello “ufficiale” lo è per coprire il costo eventuale del prodotto o del servizio, per esempio materiali, benzina per recarsi al lavoro. Il prezzo è pattuito dalle persone coinvolte ed è riportato presso il Centro LETS dal consumatore. Chiunque voglia lavorare può offrire il suo servizio: non c’è bisogno di aspettare un impiego. Dal momento che solo i membri possono commerciare gli uni con gli altri, il bilancio della comunità è sempre in pareggio. Un membro ideale compie molte transazioni e accumula crediti e debiti in misura modesta. Il denaro verde, benché equivalente a quello legale ufficiale, non viene stampato e non può essere incassato: esso viene conteggiato solo come registrazione di debiti e di crediti. Ciascun membro può conoscere il bilancio di ogni altro partecipante e riceve un resoconto periodico dei bilanci. Qualsiasi tassa applicabile rimane responsabilità degli associati. Chiunque può far partire un sistema LETS nella propria comunità. Le sfide di questo sistema in prospettiva di un futuro sono sicuramente lo sviluppo di piattaforme low e high tech per la gestione dello scambio di competenze e di merci tra la comunità, il miglioramento della comunicazione nel quartiere e lo sviluppo di norme più strutturate e articolate per gli scambi.

(tradotto da http://www.sustainable-everyday-project.net/)

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banca del tempo “Perché le città non sono solo scambi di merci: sono scambi di gesti, parole, emozioni, memorie, tempo, saperi...” La Banca del Tempo è stata inventata dalle donne. Le prime banche di cui si ha notizia in Italia sono nate a Parma e Santarcangelo di Romagna nel 1994. Da allora l’evoluzione è stata notevole e ha coinvolto tutto il Paese prevalentemente nell’area Centro Nord. Nel 2004 si è cominciato a pensare a una rete e attraverso vari convegni nazionali si è giunti alla costituzione di un’associazione nazionale delle Banche del Tempo che ha sede a Roma, a cui ci si può riferire per informazioni aggiornate. A Milano dal 2000 è presente un coordinamento, Coordinamento Banche del Tempo di Milano e provincia, è la denominazione dell’associazione che è stata costituita il 4 maggio 2000. Il Coordinamento esiste però di fatto dal 1998, istituito informalmente dall’Amministrazione Provinciale. La sua attività iniziale consisteva in incontri periodici tra le Banche del Tempo per scambiare esperienze, per risolvere e prendere qualche iniziativa. Con l’aumento del numero delle Banche del Tempo e dei loro bisogni di supporto è stato necessario dotarsi di uno statuto, che ha permesso di far riconoscere al Coordinamento un ruolo di rappresentanza. Le principali attività del Coordinamento sino ad oggi sono state quelle di organizzare riunioni periodiche, corsi di formazione su temi riguardanti gli aspetti organizzativi e valoriali, proporre iniziative centrali aperte a tutte le Banche del tempo quali seminari tematici, feste promozionali o altro, elaborare nuovi progetti sociali, promuovere e tutorare nuove Banche del tempo, produrre il periodico Banche del Tempo News, creare una rete tra le diverse Banche del tempo, collegata attraverso un sito ed infine collaborare con enti pubblici e con varie associazioni e organizzazioni. Inoltre si propone di praticare e promuovere la

(Italo Calvino)

solidarietà, attraverso rapporti di reciprocità senza distinzione di genere, età o reddito. La Banca del Tempo, presente da alcuni anni in Italia seguendo le esperienze già esistenti all’estero (Inghilterra, Francia, Germania, Canada) è nata con lo scopo di mettere in contatto persone disponibili a scambiarsi servizi e prestazioni, è un istituto di credito particolare in cui non viene depositato denaro, ma tempo da scambiare. Come una vera e propria banca, funziona sulla base dei movimenti in entrata e in uscita (crediti e prestiti di tempo), effettuati da soci, registrati su libretti di assegni e conti correnti personali, periodicamente contabilizzati e verificati in modo da assicurare condizioni di sostanziale pareggio tra entrate ed uscite di ogni associato. Chiunque possa mettere a disposizione degli altri parte del proprio tempo e, allo stesso tempo, abbia necessità di ricevere in cambio aiuto e sostegno dagli altri è un potenziale socio correntista della Banca. Il principio regolatore è quello dello scambio, del dare/avere. E lo scambio ovviamente è alla pari: un’ora contro un’ora.

Cosa vuol dire? Semplicemente che il tempo di un pensionato, che aiuta nei lavori di tinteggiatura, ha lo stesso valore di quello di un insegnante che segue un bambino per i compiti. Il tipo di prestazione oggetto degli scambi permette alla banca del tempo di essere un’associazione libera da vincoli morali, etici o anche solo affettivi, ad esempio non è ammessa l’assistenza e cura alle persone di tipo professionale e non è richiesto neppure un volontariato attivo come accade ad esempio nelle associazioni ambientaliste.

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Lo scambio, quindi, è una forma originale di baratto misurata in ore, prescindendo dal valore della prestazione. Chi aderisce specifica, infatti, quali attività e/o servizi intende svolgere, attivando un proprio conto corrente in cui vengono depositate ore al posto di euro. Nel momento in cui la persona chiederà un servizio a un altro socio, pagherà questo servizio emettendo un assegno per le ore richieste e così se sarà lui a rispondere a una richiesta di un altro socio si vedrà consegnare l’assegno con le ore che lui ha chiesto per il servizio elargito. Lo scambio è gratuito ma è previsto un rimborso delle spese vive ove queste ci fossero, ad esempio gli ingredienti per la torta o per i tortellini fatti in casa. I servizi scambiati sono, infatti, i più disparati e dipende da cosa sono in grado di offrire le singole persone. Si va dalle semplici attività di tutti i giorni, a vere e proprie prestazioni professionali (lavori domestici, custodia di bambini ed anziani, cura e piccole prestazioni per la casa ed il giardino, disbrigo di pratiche amministrative e burocratiche, organizzazione di feste, bricolage, e la lista potrebbe continuare all’infinito). C’è da dire che più si è e più varia l’offerta dei servizi e la ricchezza della banca. Per far partire l’esperienza non occorrono i grandi numeri, poiché bastano una decina di persone, amiche e/o conoscenti, che riescano ognuna a coinvolgere altre persone fino ad allargare gradualmente il gruppo iniziale. Oltre alle fondamentali risorse umane, anche le risorse tecniche e strumentali necessarie per aprire e far

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funzionare una Banca del Tempo sono modeste. Servono semplicemente una sede, un telefono dotato di segreteria e fax, un computer. La sede può essere in comune con altre associazioni, così come gli strumenti in comproprietà che possono essere messe a disposizione da Enti locali oppure procurati tramite forme di auto finanziamento. L’ideale, come in ogni conto corrente, sarebbe quello di rimanere sempre in pari, ma le regole non sono così rigide e anche chi è in rosso di parecchie ore può continuare a chiedere e scambiare. Questo perché ciò che conta non è la contabilità ma che lo scambio avvenga, che i rapporti rimangano vivi. E’ lo scambio che tiene in vita la Banca del Tempo. Lo scambio di tempo è, in prima battuta, scambio di competenze, e le competenze non sono quantificabili. Ma il tempo invece è numerabile, scandito nell’unità di misura: le ore. Ciò consente una certa equivalenza in numero di ore di servizi prestati e resi. Al tempo come unità di scambio (come quantità) risponde il tempo come qualità delle competenze, in cui si deposita tutta l’esperienza del singolo. Lo scambio del tempo, qui cercato, non è un mero scambio di equivalenti, proprio per il valore qualitativo che il tempo porta con sé. Lo scambio di competenze diviene allora anche scambio di esistenze, se è vero che nella competenza (o nel sapere) costruiti nel corso del tempo si cela la trama narrativa della vita di ciascuno, che è quello che è per la somma di rapporti che lo hanno fatto vivere e progredire. Innanzitutto la Banca del Tempo è un luogo ideale di comunicazione sociale, in quanto essa è l’occasione di dare e di ricevere beni, servizi e saperi senza l’intermediazione del denaro. Lo scambio di tempo diviene un’opportunità sociale, che mira alla valorizzazione delle relazioni umane, alla parità tra i soggetti, allo sviluppo delle relazioni interpersonali ed intergenerazionali, nell’ottica di una comunità che, sulla base di forti spinte

ideali vive all’insegna dell’auto organizzazione e della mutualità. Nel tentativo di far sentire ogni cittadino parte attiva della sua comunità, vengono riconosciute le sue competenze, viene incentivata l’appartenenza al gruppo, attraverso lo stabilirsi di relazioni di rete. Inoltre lo scambio di tempo, può dare valore a tutte quelle attività che non troverebbero altrimenti valorizzazione di mercato, in quanto fornite gratuitamente in ambito familiare. Questa iniziativa rappresenta una nuova modalità di valorizzazione dell’individuo, che vede spostarsi l’attenzione da un’identità fondata sul lavoro a un’identità fondata sulle proprie capacità espresse. In seguito alla nascita e all’evoluzione delle prime Banche del tempo, si è iniziato a studiare gli effetti che gli scambi producevano sui soggetti interessati. Da quelle analisi si è evidenziato come lo scambio di tempo favorisca lo sviluppo dell’autostima, la crescita individuale all’interno del gruppo, lo sviluppo di creatività e fantasia, il recupero della socialità e dei rapporti di buon vicinato, la percezione di un’identità di comunità, l’uso del proprio tempo e la qualità della vita. Nella Banca del Tempo si parla di scambio, perché si chiede per ridare, si dà per ricevere. Non si tratta di volontariato. In Italia così come nel resto d’Europa si parla invece di reciprocità indiretta. Ciò serve per superare l’ottica del baratto ma soprattutto per permettere lo sviluppo di relazioni più ampie all’interno del gruppo. La prestazione viene valutata in base al tempo di erogazione, utilizzando il tempo come elemento di valutazione, ne risulta che ogni prestazione ha uguale valore unitario. Accanto ai concetti di reciprocità, scambio e tempo, bisogna far riferimento allora anche a quelli di dono, fiducia, e assenza di denaro.

(cfr http://it.wikipedia.org/wiki/Banca_del_temp) http://www.associazionenazionalebdt.it/

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I Festival Italiano di Permacultura

L’

esperimento del I Festival Italiano di Permacultura si è svolto il 5, 6 e 7 Settembre 2014 a Bolsena, una cittadina nella Tuscia sulle rive del lago omonimo in provincia di Viterbo.

Tre giorni intensi in cui Bolsena è stata pacificamente invasa da studiosi, esperti e partecipanti a workshop, seminari, proiezioni, incontri, concerti, ma anche da turisti e curiosi intenzionati ad approfondire, dibattere, osservare e ascoltare nuove e antiche possibilità di approcciarsi in maniera più etica e sostenibile a tutto l’ambiente circostante. Tre giorni all’insegna del benessere e delle possibilità in un territorio ricco di storia e suggestioni naturalistiche sulle rive del lago vulcanico più grande d’Europa. Progettare paesaggi, soddisfare bisogni quali cibo ed energia senza compromettere la ricchezza e la stabilità degli ecosistemi naturali con il metodo della permacultura. Tutti hanno potuto respirare l’ entusiasmo e l’energia di coloro che hanno animato questa tre giorni, che ha fatto così registrare un grande successo per questa prima manifestazione nell’ambito del territorio nazionale. Il centro storico è stato il teatro principale del Festival, con piazza Matteotti, Corso Cavour, Piazza San Rocco, Sotto Sante e il Sacrario della Basilica di Santa Cristina affollati e colorati dalla prime ore della mattina fino alle prime ore della notte. Con l’ausilio di architetti, docenti e sperimentatori, circa 300 persone provenienti da tutta Italia hanno imparato come si possono costruire case con le balle di paglie, come possano esistere coltivazioni che non necessitano di irrigazione, come trasformare i propri rifiuti casalinghi in combustibile o concime,

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come prendersi massima cura del proprio corpo e dell’ambiente; scoperto come possano esistere coltivazioni che non hanno bisogno di irrigazione artificiale. A Bolsena per tre giorni abbiamo “sperimentato” la Permacultura con il I Festival italiano. La Permacultura è un movimento di pensiero nato in Australia negli anni ‘70, conquistando poi le Americhe e l’Europa, che insegna come in realtà sia facile vivere in modo ecosostenibile divertendosi. La Permacultura ha modernizzato la visione ecologica classica rivoluzionando l’approccio alla progettazione ponendo l’individuo al centro della sostenibilità. Costruire una casa, farsi un orto, essere coscienti del paesaggio tessendo interscambi sinergici è la base della Permacultura. In questo scambio “tu” sei l’agente attivo capace di trasformare l’ambiente circostante utilizzando principi etici. Nelle piazze, nei vicoli del paese abbiamo scoperto com’è è stato facile farsi un orto per l’autosostentamento, come adoperare la scrittura in modo sostenibile, come il canto può far bene all’ecosistema e come tutte le erbe, anche quelle vicine ai marciapiedi, siano commestibili. Tutto all’insegna di un’economia nuova dove i soldi non fanno da padrone. Un ringraziamento particolare da parte di tutto lo staff del Festival di Permacultura e dell’Associazione Idea va quindi a tutti coloro che hanno partecipato, collaborato, condiviso e si sono divertiti insieme a noi per 3 giorni di grande entusiasmo collettivo e a tutte le istituzioni che hanno patrocinato il Festival rendendo tutto ciò possibile.

“Ciò che ci ha fatto piacere riscontrare è stata la tipologia di accoglienza messa in campo da Bolsena, che ha finito per rispecchiare quel forte senso di comunità che era nello spirito originario con cui ci siamo adoperati per dar vita a questo festival. Inoltre è stato altrettanto importante riscontrare la serietà dei partecipanti ai workshop e in generale ai momenti di studio per l’intera durata del festival. Ad oggi riceviamo ancora commenti positivi da più parti per l’organizzazione e anche per la lungimiranza dell’amministrazione e degli enti coinvolti a vario titolo in questa sorprendente rassegna.” (Luca Puri) 63


Zebrafarm sopralluogo All’inizio dell’estate sono entrata a far parte del gruppo di lavoro nella mia cittadina di Bolsena per l’organizzazione del 1° Festival Italiano di Permacultura, parola che fino ad allora avevo solo sentite dire, per cui ho volutoiniziare il mio percorso verso questa forma di progettazione a me nuova. E grazie al coinvolgimento dell’Architetto Luca Puri ho potuto fare tutto ciò. Ci siamo incontrati quasi subito dopo la sua prima chiamata e ne abbiamo parlato per capire cosa si potesse fare in questa iniziativa e come farlo. All’interno del gruppo di lavoro ci siamo dati dei compiti, per capire chi potesse fare cosa e chi altro e si è instaurato subito un buon clima dovuto anche al fatto che ci conoscevamo e in seguito ad altre esperienze di questo tipo insieme. Poco dopo insieme a Luca, siamo stati a fare un sopralluogo a ZebraFarm una delle realtà di Permacultura presenti in Italia a pochi chilometri da Bolsena, tra Castel Giorgio e Orvieto in Umbria. E in quel periodo Saviana, una delle fondatrici dell’Accademia Italiana aveva organizzato una settimana di corsi e workshop di progettazione così che ho potuto conoscere molte persone che praticano la Permacultura nella loro vita. Venire a conoscenza di molte esperienze e realizzazioni e prendendo nota di tutto, ha fatto si che potessi immergermi ancora di più nella realizzazione dell’evento. E in base a ciò che mi piace più fare ho potuto dare una mano nella comunicazione dell’evento attraverso video, interviste, la realizzazione di un piano editoriale e la creazione dei profili social in attesa dell’evento previsto a Settembre oltre all’allestimento e il lavoro durante la manifestazione.

http://zebrafarm.blogspot.it/

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Attuazione dell’evento L'evento si è svolto in 3 giornate durante il primo weekend di settembre, con un ricco programma di attività suddivise per workshop sia per adulti che per bambini che hanno realizzato un orto sinergico, incontri con addetti ai lavori, conferenze con progettisti e permacultori, esposizioni di prodotti locali ed ecosostenibili, case di paglia, mostre di progetti in permacultura allestite all’interno delle cantine del borgo della cittadina. Reiki, massaggi e scienze olistiche per una giornata dedicata al benessere (quella di sabato 6 settembre 2014). Mentre nelle ore serali erano previste proiezioni di film, spettacoli teatrali e di artisti di strada, concerti musicali nelle piazze e nelle vie del centro storico, cene a tema con menù vegetariano così da riuscire a coinvolgere non solo gli appassionati ed esperti ma anche i curiosi e gli abitanti della cittadini.

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workshop VENERDÌ 5 - SABATO 6 - DOMENICA 7 SETTEMBRE ORE 9.00 - 11.00 ELENA CIFELLI FORTE “YOGA E RELAZIONE CON GLI ELEMENTI” Auditorium Comunale CARLO NESLER “I CIBI FERMENTATI, LA VITA CHE ALIMENTA LA VITA” Scuderie Palazzo Cozza Caposavi ROLAND KRAPPMANN “LE TERRE DEL VULCANO DI BOLSENA PER IL DISEGNO E LA BIOEDILIZIA” Libr’Osteria Le Sorgenti SIMONETTA CHIARETTI “REMUMU’: RESILIENZA-MUSICALE-MUTANTE” Associazione Giovanile IDEA

VENERDÌ 5 - SABATO 6 - DOMENICA 7 SETTEMBRE ORE 11.00 - 13.00 FRANCESCA BARTELLINI “METAMORFOSI DELLA PERCEZIONE” Auditorium Comunale CARLO NESLER “PANE SELVAGGIO, UNA STORIA DI VITA DI CUI FAR PARTE” Scuderie Palazzo Cozza Caposavi ADRIEN LEGRIS “STUFA ROCKET STOVE DI MASSA” Libr’Osteria Le Sorgenti ANDREAS BUETTNER “RAGAZZI TRA PIANTE E FORNELLI ERBE SPONTANEE E CUCINA” Associazione Giovanile IDEA

VENERDÌ 5 - SABATO 6 - DOMENICA 7 SETTEMBRE ORE 13.00 - 15.00 ELEONORA FOLEGNANI “INTRODUZIONE ESPERIENZIALE AI PRINCIPI DELLA PERMACULTURA” Auditorium Comunale CHIARA E RAY “HOLISTIC NUTRITION” Scuderie Palazzo Cozza Caposavi MIRKO PACIONI “API E BIODIVERSITÀ: STORIA E ATTUALITÀ DI UN CONNUBIO VITALE” Libr’Osteria Le Sorgenti MASSIMILIANO PETRINI “BAMBINI TRA MILLE CAVOLI UN ORTO SINERGICO PER NOI” Associazione Giovanile IDEA

VENERDÌ 5 - SABATO 6 - DOMENICA 7 SETTEMBRE ORE 15.00 - 17.00 STEFANO RICCESI “PERMACULTURA DELLA MENTE” Auditorium Comunale TASHINA PETERSSON “PIANTE MEDICINALI E COMMESTIBILI SPONTANEE” Scuderie Palazzo Cozza Caposavi SAVIANA PARODI DELFINO “LA TERRA: MALTA PER INTONACI PAVIMENTI E MURATURE” Libr’Osteria Le Sorgenti MASSIMILIANO PETRINI “TEORIA E PRATICA DELL’ORTO SINERgICO” Associazione Giovanile IDEA

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incontri VENERDÌ 5 SETTEMBRE ORE 11.00 - 15.00 Piccolo Teatro Cavour MARCO PIANALTO “INTRODUZIONE ALL’AGRICOLTURA ORGANICA RIGENERATIVA” ore 11.00 LUCILLA BORIO “FACILITAZIONE DELLE RIUNIONI E METODI DECISIONALI” ore 15.00

SABATO 6 SETTEMBRE ORE 11.00 - 15.00 PICCOLO TEATRO CAVOUR ANGUS FLETCHER “THE RELATIONSHIP BETWEEN OUR INTERNAL WORLD AND THE EXTERNAL LANDSCAPE” ore 11.00 “LA PAGLIA DA UN NUOVO PUNTO DI VISTA” - ore15.00

DOMENICA 7 SETTEMBRE ORE 11.00 - 15.00 PICCOLO TEATRO CAVOUR FEDERICO PORRO “RIDURRE GLI SCARTI SI PUÒ QUANDO GLI SCARTI DIVENTANO PREZIOSI” ore 11.00 STEFANIA GONTERO “ERBE CHE CURANO” ore 15.00

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conferenze VENERDÌ 5 SETTEMBRE CONFERENZE ORE 17.00 - 18.30 Teatro San Francesco MASSIMO CANDELA “TORRI SUPERIORI, RECUPERO DI UN BORGO” ore 17.00 GIOVANNI FEO ”iL RAPPORTO CON LA TERRA E L’AMBIENTE NATURALE IN ETA’ ETRUSCA” ore 18.30

SABATO 6 SETTEMBRE CONFERENZE ORE 17.00 - 18.30 TEATRO SAN FRANCESCO SAVIANA PARODI DELFINO “L’IMPORTANZA DEI QUATTRO STADI DELL’ACQUA” ore 17.00 FABIANO FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO “UNA FAMIGLIA DI BOLSENA QUELLA DI ASCANIO E VITOZZO VITOZZI” ore 18.30

DOMENICA 7 SETTEMBRE CONFERENZE ORE 17.00 - 18.30 TEATRO SAN FRANCESCO FABIO PINZI “RIDISEGNARE IL PAESAGGIO PARTENDO DAL CIBO” ore 17.00 MASSIMO MANGIALAVORI “ LA MEDICINA OMEOPATICA QUESTA MIS/CONOSCIUTA” ore 18.30

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modalità di iscrizione Per tutti coloro interessati a partecipare al Festival è stato necessario iscriversi all’ Associazione Culturale IDEA, semplicemente compilando un modulo presso l'Ufficio Informazioni sito in Piazza Matteotti e versando 10 euro per la copertura assicurativa. L’iscrizione ai workshop prevedeva una quota di 5 euro, poiché i posti erano limitati, abbiamo reso possibile la partecipazione solo previa iscrizione attraverso un modulo da compilare via web direttamente sul sito, oppure a pochi giorni dall’evento presso l’Ufficio Informazioni allestito appositamente. Fino al raggiungimento del numero previsto di 20 partecipanti per ogni workshop. Ai partecipanti del Festival che si sono iscritti abbiamo consegnato più gadget: un braccialetto in sughero con cui poter usufruire delle convenzioni e degli sconti nelle attività di ristorazione e ospitalità, insieme ad una t-shirt o una shopper bag.

location Auditorium Comunale - Piazza Matteotti Scuderie Palazzo Cozza Caposavi - Piazza San Rocco Libr’Osteria Le Sorgenti - Corso Cavour Centro Giovanile IDEA - Via del Castello Teatro San Francesco - Piazza Matteotti Piccolo Teatro Cavour - Corso Cavour Ufficio informazioni - Piazza Matteotti

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come arrivare A PIEDI Bolsena si trova sulla via Francigena. Questa via consente di attraversare l’Italia camminando in modo sicuro e percorrendo strade secondarie, sentieri e carrarecce. www.viefrancigene.org IN AUTO Dall'autostrada del Sole (A1), uscita casello Orvieto, Strada Umbro Casentinese per circa km 24 Dall'autostrada del Sole (A1), uscita casello Orte, superstrada Viterbo, poi S.S Cassia Siena (Km 30 + 30) Sulla via Cassia a 112 km sia da Roma che da Siena Dalla via Aurelia, uscita Montalto di Castro (60km) direzione Canino, Valentano in treno Se viaggi in treno, le stazioni ferroviarie più vicine sono: Stazione di Orvieto a Km 24 - Stazione di Montefiascone, Zepponami a Km 16 - Stazione di Viterbo a km 30 www.trenitalia.com Le stazioni ferroviarie sono collegate alla città di Bolsena con autobus di linea. Per informazioni sugli orari visita i seguenti siti: www.umbriamobilita.it - per i collegamenti dalla stazione di Orvieto n. verde: 800512141 - Tel: 075 50 67 81 www.cotralspa.it per i collegamenti dalle stazioni di Montefiascone-Zepponami e Viterbo Tel: 800174471 - 0761/251572 IN AUTOBUS La città di Bolsena è ben collegata con la rete regionale COTRAL - www.cotralspa.it Da tutte le località si raggiunge Bolsena con corse dirette o con cambio. Da Roma partenza stazione Saxa Rubra con cambio a Viterbo numero verde 800174471 - 0761 251262 / www.cotralspa.it Da Orvieto partenza da Piazza Cahen e Piazzale FFSS Orvieto Scalo numero verde 800512141 / www.umbriamobilita.it in aereo Roma Fiumicino (Leonardo da Vinci) a circa km 140 - www.adr.it Roma Ciampino a circa km 150 - www.adr.it Firenze a circa km 180 - www.aeroporto.firenze.it Perugia a circa km 90 - www.airport.umbria.it

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espositori ABITOPAGLIA La CASA SI VESTE di PAGLIA per un Abitare Ecologico, Sano e Confortevole…SU MISURA PER TE ! \\Contatti: Cel. 3288870335 – 3287410030 info@abitopaglia.it MUSEO NATURALISTICO LUBRIANO \\Contatti: Tel. 0761 1762002 Cel. 328 5430394 direzione@museolubriano.com associazione arcobaleno per l’acquacheta contatti: www.arcobalenoperlacquacheta.tk LA BANDA DELLA CALENDULA \\Contatti: 3319685263 efna.daoggi@gmail.com Facebook La Banda della Calendula ASSOCIAZIONE CULTURALE L'ORTICA PROGETTO MR.LOMBRICO \\Contatti: associazionelortica@gmail.com 328 922 63 64 – 333 25 84 500 ECOVILAGGIO VALLE ACQUACHETA \\Contatti: www.arcobalenoperlacquacheta.tk LE AROMATICHE DI EMILIO BOTARELLI \\Contatti: Contatti: 3201881154 - 3477244821 learomatichedibolsena@gmail.com ALMIROBIO \\Contatti: 3384054672 - 3286914263 - 3299660333 almirobio@gmail.com MOSTRA PERMACULTURALE Una mostra di progetti di studenti e diplomati FUORI REGISTRO Associazione di promozione sociale \\Contatti: fuoriregistroinfo@gmail.com

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le piazze del benessere Riappropriarsi di spazi e tempi che ci sono stati tolti, per condividerli con gli altri. Un atto di generosità che ritorna subito. Tutta la seconda giornata del Festival, è stata un’occasione per mettersi in gioco, un’ottima opportunità per trasmettere, in breve tempo, un forte messaggio a tante persone. La divulgazione gratuita è stata alla base di questa esperienza di gruppo. Dare la propria disponibilità a “curare” è anche un atto democratico dove si può dare e ricevere allo stesso tempo, riportare la gente nelle piazze e rientrare in contatto e fare cultura libera e autonoma. Numerosi operatori del settore hanno messo gratuitamente a disposizione la loro professionalità. In un giorno che ha abolito la dimensione pecuniaria, permettendo a chiunque di partecipare, di ritrovare valori antichi dimenticati troppo facilmente, come lo spirito della comunità, la cura di se stessi, la consapevolezza del valore delle persone che ci stanno accanto, la ricerca del benessere fisico e psichico, il divertimento in una giornata unica con un quartiere allestito ad hoc.

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operatori del benessere Angelika Langer // Kinesiologia, Matrix, Naturopatia Carla Cencioni // Magnified Healing, Reiki, Karuna Reiki Concetta Fredduzzi // Reiki Cristina Caporali // Piloga, Yoga posturale, Do-In Cristina Pedetta //Registri Akashici Fiamma Kaczorowski // Reiki Usui, Karuna Reiki, Reiki Giapponese, Reiki Tibetano Fritz Baehler // Trattamento di Polarity nel cerchio zodiacale personale Gianni Picconi // Trattamenti su sedia ergonomica e amaca Giorgio Tondi //Massaggio sonoro con le campane tibetane Giosie Colagrossi Associazione LAB Tarquinia //Yoga, Naturopatia, Iridologia Giusi Sangalli 'Geppa' //Medicina spirituale delle piante Anna Rita Sgamellotti Associazione LAB Tarquinia //Naturopatia, Body Talk, Taopatch Barbara Matteucci //Zero Balancing Laura Capaldo // Reiki Livia Lombardi // Metodo Feldenkrais Marco Cammilletti //Bagno sonoro con le Campane di Cristallo Margherita Trio // Massaggio rilassante, Reiki Marta Billarelli // Shiatsu, Riflessologia plantare, Fiori di Bach Monika Scholz //Tecnica Alexander Sabrina Ovidi //Reiki

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spettacoli Il Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupéry presentato dalla Compagnia Viennese e tanz.labor.labyrinth

Dove gli elementi del circo, dell’acrobatica, della danza contemporanea, del teatro, delle percussioni con il corpo, delle canzoni e della musica strumentale si incontrano e interagiscono, inizia la vera sfida per l’iniziativa di arte nea ”tanz.labor.labyrinth”. La compagnia intende utilizzare questi incroci come ispirazione per una nuova danza e per la creazione di un nuovo metodo performativo. Il famoso libro “Il piccolo principe” e l’autentica biografia dell’autore Antoine de Saint-Exupéry li esortano a fare un’analisi critica della società. Come compagnia internazionale procede nell’elaborazione artistica interpretando liberamente questa meravigliosa storia. La coreografia viene supportata in diversi modi, dai testi con i toni forti arrangiati sonoramente e accompagnati da musica dal vivo. In questo lavoro il gruppo si concentra nel portare l'incontro delle diverse forme di arte contemporanea nello spazio pubblico, nelle piazze, nei parchi e nelle strade per raggiungere tutte le persone interessate e dar loro l’opportunità di godere spontaneamente di arte e di uno spettacolo di strada alta qualità. Con questo scopo hanno creato un teatro itinerante perché credono che fare l’esperienza e godere dell’arte autentica debba essere accessibile a tutti, anche nei piccoli paesi e nelle città. La scenografia si adatta alla mobilità del teatro. Con il loro autobus hanno iniziato il tour in Austria, la “prima” ha avuto luogo in una piazza pubblica di Vienna. In seguito il tour è proseguito nei paesi vicini fino ad arrivare ad esibirsi anche in Italia. La compagnia considera come suo fondamento di crescita il voler offrire l’opportunità agli artisti di ogni paese di scambiare professionalmente abilità e conoscenze, per sviluppare e riscoprire se stessi in questo processo creativo. I componenti della compagnia sono: Ulduz Ahmadzadeh, Till Jasper Krappmann, Manaho Shimokawa, Santo Paolo Krappmann, Eliel Gomez.

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musica TROPICANTESIMO con Lola Kola - Hugo Sanchez DJ Tropicantesimo è un caledoscopio sonoro, un carillon bello e malefico, accidentale, meraviglioso. PICK UP BAND + ROLLING SBRONZ Pick UP Band un gruppo di quattro elementi. Giulia Nucci (voce) Giorgio Botarelli (chitarra) Francesco Gentili (batteria) Giacomo Cerica (basso) che predilige il repertorio della musica anni ’70 ’80 ’90 nazionale ed internazionale. ANNA CLEMENTI E RUPERT HUBER Anna Clementi non si definisce una cantante ma un’attrice della voce. www.annaclementi.com Rupert Huber integra nelle sue composizioni spazio ed elettronica. Nel 1994 insieme a Richard Dorfmaister da vita al progetto Tosca. www.ruperthuber.com la vecchia funkeria del corso Bernardo Mattioni voce e chitarra - Valerio Bellocchio chitarra e voce - Enrico Bellocchio basso - Iacopo Bianchini batteria e percussioni Italian & International Blues, Swing, Folk Music H24 COMPAGNIA DELLE LAVANDAIE DELLA TUSCIA Quella delle Lavandaie, è una vera e propria “compagnia instabile”, costituita da donne che hanno conservato l’uso e l’arte di lavare i panni nelle acque del lavatoio pubblico.

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film SIGNS OUT OF THE TIME di Donna Read e Starhawk U.S.A 2004 V.O con sottotitoli - durata 56’ FILM DOCUMENTARIO SULLA VITA E LE RICERCHE DELL'ARCHEOLOGA MARJA GIMBUTAS il pianeta verde - di Coline Serreau Commedia, durata 99 min. - Francia 1996 IL PRIMO RESPIRO di Gilles de Maistre - FRANCE 2007- durata 99'

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convenzioni A tutti i partecipanti iscritti ai workshop abbiamo fornito un braccialetto in sughero per poter usufruire delle convenzioni, durante le giornate del festival, che abbiamo concordato con i commercianti, i proprietari di strutture alberghiere e camping del territorio. Ciò ha fatto si che tutti hanno accolto positivamente l’iniziativa affollando le strutture in un weekend, ormai fuori la stagione turistica, incrementando gli introiti e i ricavi delle attività coinvolte.

BERE: Colazioni e Aperitivi Caffellatte - Piazza Matteotti 19 Bar Del Corso - Corso della Repubblica 44 Bar Coffee Time - Via Roma 18 Libr’Osteria Le Sorgenti - Corso Cavour 75 Wine Class - Viale Colesanti 4 Bar Big Bang - Via Porta Romana 13 Bar Centrale - Piazza Matteotti 31 Bar Il Miracolo - Piazza Santa Cristina 7 Bar La Piazzetta - Piazza San Rocco 5

Dormire Camping Val Di Sole Strada Statale Cassia Km 117,8 www.campingvaldisolebolsena.com - valdisolecamping@virgilio.it - CONVENZIONE: 5,00 euro a persona + 5,00 euro la piazzola Casale Gazzetta, ostello e ristoro Loc. Gazzetta www.ostellogazzetta.it - ostellogazzetta@gmail.com - CONVENZIONE: 10,00 euro a persona Convento S. Maria del Giglio Via Madonna del Giglio www.conventobolsena.org - puntidivista@pelagus.it - CONVENZIONE: 18,00 euro a persona Il VesConte B&B Piazza San Rocco 12 vescontebeb@gmail.com - tel 342 8530373 - CONVENZIONE: 10,00 euro a persona Pensione Italia Corso Cavour 53 www.pensioneitalia.it - tel 0761 799193 - CONVENZIONE: doppia 40,00 euro, tripla 55,00 euro, quadrupla 70,00 euro

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MANGIARE Libr’Osteria Le Sorgenti - Corso Cavour, 75 lesorgenti.libri@gmail.com - tel. 0761 79707 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù Vegetariano Bettola della Corona - Vicolo San Rocco, 6 bettoladellacorona@gmail.com - tel. 0761 798304 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù Vegetariano Pizzeria da Papayo - Corso della Repubblica, 57 tel. 0761 798963 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù Vegetariano Pizzeria San Rocco - Via Piave, 4 tel. 0761 799958 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù pizza Trattoria La Tavernetta - Corso Cavour, 54 tel. 0761 798979 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Antica Trattoria del Corso - Corso della Repubblicca, 41 tel. 0761 798078 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Casale Gazzetta - Loc. Gazzetta tel. 0761 798753 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù Vegetariano Ristorante Il Toscano - Via Gramsci, 19 tel. 0761 799054 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Osteria del Borgo Dentro - Corso Cavour, 5 tel. 0761 797167 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Ristorante Pizzeria Verde Luna ( gluten free ) - Via Cassia km 113 tel. 0761 799023 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Trattoria Da Picchietto - Via Porta Fiorentina,15 tel. 0761 799158 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Wine Class - Viale Colesanti, 4 tel. 347 4444287 CONVENZIONE: 10,00 euro Menù Alimentari Il Castello - Via degli Adami tel. 0761 797150 CONVENZIONE: merenda Bolsenese 2,50 euro Osteria La Francigena - Via San Giorgio, 27 tel. 0761 797037 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Bar Pizzeria Centrale - Piazza Matteotti, 31 tel. 0761 798200 CONVENZIONE: 20% sconto sul Menù Pizzeria Big Bang - Via Porta Romana, 13 - CONVENZIONE: 10,00 euro Menù

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Canali Social FB https://www.facebook.com/festivalitalianopermacultura?ref=hl Twitter https://twitter.com/FPermacultura Google + https://plus.google.com/u/0/107404773346541471909/posts YouTube https://www.youtube.com/channel/UCTvlpAguJmrwzqFM7L9naA Instagram http://instagram.com/festivalpermacultura

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rassegna stampa “The first permaculture festival in Italy took place from the 5th to the 7th of September, 2014, in the medieval town of Bolsena. The location was awesome” The Permaculture Research Institute

http://permaculturenews.org/2014/09/17/first-permaculture-festival-italy/

“Tre giorni intensi in cui Bolsena è stata pacificamente invasa da studiosi, esperti e partecipanti a workshop, seminari, proiezioni, incontri, concerti, ma anche da turisti e curiosi intenzionati ad approfondire, dibattere, osservare e ascoltare nuove e antiche possibilità di approcciarsi in maniera più etica e sostenibile a tutto l’ambiente circostante” Radiogiornale

http://www.radiogiornale.info/2014/09/10/bolsena-invasione-di-folla-per-il-primo-festival-italiano-di-permacultura/

“Tutti hanno potuto respirare l’ entusiasmo e l’energia di coloro che hanno animato questa tre giorni che ha fatto così registrare un grande successo per questa prima rassegna nell’ambito del territorio nazionale” Viterbo News24

http://www.viterbonews24.it/news/festival-permacultura,-successo-per-la-prima-edizione_43329.htm

“In un Festival di tre giorni dedicato alla condivisione, si insegna come in realtà sia facile vivere in modo ecosostenibile divertendosi” Il Gallo Parlante

http://ilgalloparlante.org/2014/09/06/festival-della-permacultura-a-bolsena-tre-giorni-da-investire-sul-futuro/

“Imperdibile per ricchezza del programma, location e prezzi vicini allo zero, il fine settimana lungo sul Lago di Bolsena per la prima edizione del Festival della Permacultura” Ecoabitare

http://www.ecoabitare.org/evento/festival-della-permacultura-2014/

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Contatti Festival http://festivalpermacultura.wix.com/festivalpermacultura festivalpermaculturaitalia@gmail.com

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esperienza in campo Perchè un Festival? Per la semplice gioia della condivisione. Questa è stata la mia esperienza grazie al coinvolgimento di: Luca Puri, architetto, paesaggista, docente di Permacultura. Ha lavorato nell’ambito dei giardini e del paesaggio con Giorgio Galletti, Diarmuid Gavin, Luciano Giubbilei e Tom Stuart-Smith. Da 5 anni si occupa di organizzazione di eventi legati all’etica permaculturale. Il paesaggio rimane sempre la sua passione e il suo studio l’elemento imprescindibile per un corretto approccio a ogni progetto. Quando si crede fermamente in un’ idea, quando non si hanno secondi scopi, quando si crede che la propria idea possa fare bene a tutti allora, nasce la necessità di condividererla. Si passano allora molte ore a pensare, ad organizzare ad incastrare appuntamenti, persone, incontri, workshop, telefonate, contatti e soprattutto a fare in modo che possa essere fruibile a tutti, in tutti i sensi. Per incontrarsi, conoscersi, confrontarsi e alla fine arricchirsi di altre idee. Un festival può nascere dalla passione e tenacia di un singolo solo se il singolo ha la capacità di tessere una rete e trasformarsi in un gruppo solido. La chiave è la cooperazione, non la competizione. E questo è il gruppo: Luca Puri, Antonio Ferentino, Nerino Natali, Mariapace Guidotti, Francesca Adami, Cristina Neri, Valentina Burla, Giulio Pagliaccia, Simone Bellacima, Raisa Kaeslin, Eleonora Cecio, Rodolfo Perosillo, Carla Cencioni.

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follow up Una volta terminato il Festival, dopo i primi riscontri positivi, abbiamo somministrato dei test di valutazione ai commercianti che hanno aderito all’iniziativa attraverso le convenzioni e ai partecipanti per avere una valutazione complessiva dell’evento e capire cosa avesse funzionato o meno, oltre a voler conoscere quello che hanno più apprezzato. Così da per poterci preparare all’evento futuro nel 2016 in maniera adeguata e opportuna, prendendo ovviamente in considerazione le loro opinioni, valutazioni, consigli e feedback.

1. Valuta i seguenti aspetti del Festival di Permacultura

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2. Complessivamente come valuti l’evento?

3. Basandoti sulla passata esperienza, torneresti per la prossima edizione?

4. Hai trovato difficoltà nell’iscriverti ai nostri Workshop?

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feedback

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pro

contro

- Condivisione esperienze

- Mancanza di incontri con aziende locali

- Informazioni programma Festival

- Assenza di servizio autonoleggio per mezzi ecologici (bici)

- Indicazioni Location e Parcheggio

- Durata Festival troppo breve

- Raggiungibilità Location

- Affollamento di persone in alcuni workshop

- Incontri stimolanti

- Difficoltà di iscrizione ai workshop durante il Festival

- Workshop pratici

- Tempi ristretti pausa pranzo

- Preparazione ospiti

- Durata workshop suddivisi in 3 giornate

- Iniziative diversificate

- Mancanza di navette/bus

- Ampia partecipazione di pubblico

- mancanza di agevolazioni di movimento

- Interazione e coinvolgimento pubblico

- Mancanza di visite guidate sul territorio

- Atmosfera giusta - Buona Ospitalità - Ottima accoglienza - Iniziative per bambini (Orto Sinergico) - Aria di cambiamento nel contesto territoriale - Nuove relazioni - Collaborazioni - Scambio di idee - Ottima scelta temi conferenze - Ampia affluenza strutture in un periodo di bassa stagione - Maggior profitto attività rispetto agli anni precedenti

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l’organizzazione di un evento

L

a parola evento riguarda tutto ciò che ha come protagonista un gruppo di persone che comunicano tra di loro in tempo reale su un argomento di comune interesse. Una delle principali vie di comunicazione nell’era multimediale. In definitiva l’evento è la cosa in divenire, è la cosa in relazione, è la cosa, cioè l’oggetto tra i soggetti.

È la relazione umana e la comunicazione sociale. Il tempo dell’evento non è solo quello di esecuzione, ma anche di preparazione, di divulgazione e quello del post-evento. Prevede l’incontro di più persone che comunicano tra loro in tempo reale su un argomento particolare. Ci vogliono due qualità necessarie per realizzare un evento: la curiosità onnivora nel sentire e la spregiudicatezza eclettica nel progettare. Ovvero in poche parole un’apertura mentale nel cogliere gli stimoli e spunti. L’evento è potenzialmente un evento di tutti, deve aspirare ad essere il più pubblico possibile. La community è la rappresentazione di questa voglia di aggregare e interscambiarsi idee e sistemi culturali fra vari di gruppi eterogenei. Rifkin fa un analisi dello sviluppo dell’età contemporanea. Dice che c’è un passaggio dal capitalismo di produzione a un nuovo tipo di capitalismo, che afferma la cultura del consumatore. Il nuovo capitalismo culturale nasce dall’industria dell’esperienza. Il consumatore non vuole più possedere un oggetto, ma vuole provare un esperienza che l’oggetto sottende. Quindi il consumo diventa in qualche maniera un esperienza condivisa di cultura e comunicazione. Infine Rifkin definisce la nostra era post-moderna come fondata sulla mercificazione del tempo,

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della cultura e delle esperienze, che ha bisogno di intermediari culturali, di mediatori sociali che mettono in relazione le persone facendole comunicare. L’uomo post-moderno definito da Rifkin è più emotivo che analitico, dominato da eventi ed esperienze più vere quanto più intense. E’ sempre in ricerca di nuove esperienze e non più come era solito fare il suo antenato alla ricerca di merci o oggetti fisici. La ricerca è detta di teatralizzazione dell’esperienza, ovvero non bisogna tenersela solo per se, ma farla diventare un fenomeno sociale ed economico conosciuto e interpretabile dagli altri attori sociali coinvolti. Quindi l’evento è relazione cioè comunicazione e la cultura è la società, ed è anch’essa comunicazione.

Un evento può essere singolo se è ripetuto una tantum nel tempo e creerà un notevole impatto sui partecipanti, stringendo relazioni profonde tra essi e impattando l’aspetto emotivo e passionale. L’elaborazione dello scenario è il primo schema o canovaccio che si fa dell’evento, è qualcosa che prefigura e configura situazioni, gli scenari sono situazioni probabili e proprio nel grado di probabilità sta il valore di un progetto. Inoltre lo scenario è anche un ambiente dal punto di vista spaziale e temporale ed infine va inteso come scenario il complesso delle scene, strutture, forme e azioni. Lo scenario quindi è la prima scrittura, la prima regia di un evento, stimolata per lo più da immagini, simboli e emozioni che attraverso questo si vogliono comunicare. Il metodo per la definizione del primo scenario è quello del “progress” ovvero di scrittura aperta, dello schema che man mano si integra e si corregge, utilizzando tutte le idee e i confronti fra i membri del team di lavoro. Per la buona riuscita di un evento bisogna valutare l’area in cui l’evento si svolgerà e il contesto preso in considerazione e la sua copertura territoriale. A seconda della visibilità può essere locale, regionale, nazionale o internazionale. Ogni evento culturale si muove all’interno di un contesto con il quale è indispensabile stabilire nessi e collegamenti. Per gestire in modo ottimale il contesto è utile raccogliere materiale, coltivare relazioni, conoscere il settore in cui si va ad operare. Un altro fattore da tenere in considerazione sono i competitor possibili dell’evento.

(cfr Gallico Dalia, “Il perfetto evento”

Milano, Editori di Comunicazione - Lupetti, 2008)

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Gli elementi che ci guidano all’approccio per affrontare la produzione esecutiva di un evento culturale sono:

1Lo spazio e la localizzazione: la location ha un’importanza strategica ed è determinante nella riuscita di un evento 2

Il tempo dell’evento: durata, periodo di effettuazione ma anche periodo di preparazione necessario

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I contenuti e la tipologia: genere dell’evento, messaggi, filosofia, idee, tem

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Gli obiettivi

5 bacino attrazione: il target di riferimento, tipi di accesso, problematiche logistiche, di sicurezza, infrastrutturali 6

Il sistema di offerta: i servizi proposti

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Le risorse finanziarie

Il ciclo di vita di un evento si può declinare in 6 fasi, ognuna dipendente dall’altra:

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ideazione sviluppo dei contenuti, obiettivi generali Attivazione fattibilità reale dell’evento, le disponibilità esistenti, risorse, consensi, condizioni, prenotazione spazi, acquisto diritti Pianificazione programmazione operativa dell’avvenimento, identificazione attività e azioni Attuazione esecuzione dell’evento Completamento conseguenza e fine dell’attuazione Valutazione verifica dei risultati al fine di accertare il raggiungimento degli obiettivi

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Infatti bisogna studiare approfonditamente i competitor che si trovano nello stesso settore, nello stesso ambito organizzativo e l’importanza che questi hanno sul territorio.

event management

L’evento ha conosciuto un primo momento di significativo sviluppo nel settore del turismo, dove esso è stato riconosciuto come strumento di marketing territoriale e urbano, con una funzione di attrazione ed intrattenimento per i turisti nell’ambito di una certa località. La complessità organizzativa e gestionale associata alla realizzazione di un evento ha inoltre portato le aziende a riconoscere la necessità di formare figure professionale con competenze specialistiche, preposte dall’organizzazione degli eventi. Nasce quindi la figura dell’event manager, professionista con responsabilità di ricerca, progettazione, pianificazione e coordinamento per la realizzazione degli eventi. L’event management è un approccio di natura gestionale e di matrice piuttosto operativa che si occupa di

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definire le attività necessarie alla gestione di un evento, conseguentemente l’integrazione delle diverse e molteplici competenze, tipicamente secondo una logica di processo in cui si identificano specifiche fasi che contribuiscono alla realizzazione di un evento. Si basa sull’applicazione dei principi manageriali del project management, esso prevede il ricorso ad un sistema di politiche gestionali che regolano diversi momenti di costruzione dell’evento fino alla fase finale della sua realizzazione. Il project management è un sistema di regole e di strumenti che consentono di coordinare e controllare le attività di un progetto. Il team di progetto avrà quindi il compito di definire la propria struttura e organizzazione stabilendo compiti, incarichi e ruoli, valutare richieste ed esigenze del cliente rispetto al prodotto, individuare strategia, obiettivi, priorità e caratteristiche fondamentali del progetto. Predisporre un piano di sviluppo e attuazione, determinare le attività operative per realizzarlo e le risorse umane, tecniche e finanziarie necessarie, fissare i parametri di costo, il tempo e la qualità, redigendo un calendario dei lavori e un budget di previsione. Inoltre organizzare e gestire l’esecuzione del progetto, collaudare, sperimentare e verificare i risultati, consegnare il prodotto finale predisponendo manuali e sistemi di assistenza tecnica e concludere il progetto valutandone gli esiti definitivi con clienti e l’alta direzione dell’impresa. Ogni evento è quindi una realtà, un episodio, una situazione a sé, diverso dagli altri perché concepito con parametri e caratteristiche necessari alla sua specificità, realizzato con risorse e con strutture temporanee. (cfr Re Piergiorgio, “Event management” Torino, G. Giappichelli Editore - Torino, 2007)

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“L’evento è un’attività che consente di raggiungere un target in un preciso luogo e tempo, una riunione dove si indirizzano dei messaggi e si svolgono attività ricreative” Partendo da questo pensiero dei due sociologi svedesi Behrer e Larsson, gli eventi si possono definire come avvenimenti programmati che hanno una durata limitata e che nascono con una specifica finalità. L’elemento che caratterizza e rende particolarmente attrattivo un evento è la durata limitata nel tempo e il suo successo è legato alla dinamicità, intesa come capacità di evolversi e di presentarsi in modo differente nei diversi luoghi e nei vari momenti in cui si manifesta. Ciascun evento è unico, perché anche se ripetuto nel tempo, non ha mai le stesse caratteristiche, che dipendono da un insieme di fattori quali la durata, l’organizzazione, i partecipanti, la progettazione e la sede. Per identificare nel miglior modo possibile le varie tipologie di eventi ci si è basati sulla tabella formulata da Getz. Vengono individuate otto categorie di eventi considerando sia quelli con finalità pubblica che privata. (tradotto da Getz Donald “Event Managements & Event Tourism” New York, Cognizant Communications Corporation, 1998)

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Pianificazione, obiettivi e strategie La fase di pianificazione è il momento nel quale tutti gli elementi dell’evento creati, generati, valutati e stabiliti nelle fasi precedenti vanno riorganizzati in piani di lavoro dettagliati e specifici. Nella pianificazione vengono dettagliate le attività e le singole azioni operative, i tempi per effettuarle, le risorse umane e tecniche, il piano economico finanziario, strumenti di controllo. È importante per organizzare con maggiore precisione il da farsi e utilizzare al meglio le risorse disponibili.

Obiettivo deve essere chiaro e realistico; Target rappresenta il pubblico che si intende raggiungere attraverso l’evento. È fondamentale delinearlo

con chiarezza perché raggiungere tutti i pubblici di riferimento di un’azienda sarebbe dispersivo e costoso. La mailing list, elenchi di persone segmentate in base a precisi parametri, è uno strumento fondamentale;

Tipologia e il posizionamento viene scelto in base agli obiettivi e ai target che sono stati individuati e agli argomenti che si desidera trattare;

I messaggi da trasferire un evento è tanto più efficace quanto più si concentra su pochi messaggi chiave

da trasferire e quanto più riesce a coinvolgere e a suscitare interesse nelle persone, quanto più affronta temi rilevanti per le persone coinvolte tanto più ne attirerà l’attenzione;

Il budget va stabilito con chiarezza da subito per capire quali spese si possono affrontare per la realizzazione dell’evento; è il fattore principale che influenza l’intero evento. Le fonti di finanziamento sono correlate al tipo di manifestazione, alle finalità e ai soggetti coinvolti. Le fonti possono essere pubbliche o private o provenienti da soggetti come fondazioni o enti che operano con finalità sociali. Negli eventi culturali, gli obiettivi non sono più margini di profitto, ritorno sugli investimenti, raggiungimento quote mercato, ma sono di ordine diverso:

partecipazione all’iniziativa

tasso si utilizzo del servizio al pubblico influenza modalità comportamentali utenza (max interesse, ripetizione consumo ecc) risultati in merito a composizione pubblico

risultati in merito a notorietà evento

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Sulla base del progetto artistico, l’organizzatore comincia a elencare in modo ordinato, analitico e progressivo tutte le diverse attività operative da svolgere. Di ogni attività e delle azioni che lo compongono, dovranno essere individuati gli obiettivi, ovvero ciò che si intende ottenere, e le specifiche, cioè come dovrà essere quella determinata attività o azione. Dopodiché si analizza la realizzabilità dal punto di vista organizzativo, tecnico logistico, di marketing, di comunicazione ed economico finanziario. Una volta definiti gli obiettivi, occorrerà individuare le strategie per realizzarli. Le principali direttrici strategiche riguardano:

la fidelizzazione

l’ampliamento Non sono per forza percorsi alternativi, si possono fidelizzare alcune categorie di utenza e contemporaneamente si possono intercettare nuovi bacini di utenza. Questo però non può avvenire in condizioni di scarsità di risorse economiche ed umane; in tal caso l’organizzazione deve scegliere. La fidelizzazione opera in profondità, l’ampliamento in estensione. La prima permette di concentrarsi su un solo segmento per il quale si cerca di creare valore e ci si impegna a costruire una relazione duratura. Da tener presente che molti eventi avvengono una sola volta, quindi è difficile fare un discorso di fidelizzazione. Il piano di marketing si conclude con la definizione del marketing mix; verranno dettagliate quindi le tattiche di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione più adeguate a ciascun target. Essendo attività concrete, potranno essere quantificate e richiederanno un preventivo sintetizzato in un budget che consentirà di valutare se tali strategie sono fattibili o meno. È l’immagine che enti, aziende, associazioni propongono di sé attraverso l’unione di una serie di elementi grafici, al design dei propri prodotti o particolare stile dei propri servizi.

Marchio è il simbolo grafico di un’identità, deve essere semplice, comprensibile, facile da memorizzare; Logo rappresentazione grafica del nome, accostato al marchio rafforza valore e identità; Scelte cromatiche scelta e accostamento colori possono modificare l’aspetto del marchio e dell’intero progetto di comunicazione visiva. Dopo accurate ricerche si scelgono quelli che danno più forza comunicativa al segno grafico.

È importante distingure tra prima, durante e dopo il momento di realizzazione dell’esperienza. (cfr Argano Lucio, Bollo Alessandro, Dalla Sega Paolo, Candida Vivalda, “Gli eventi culturali. Ideazione, progettazione, marketing, comunicazione” Milano, Franco Angeli, 2005)

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promozione e divulgazione La comunicazione diventa un’attività cruciale per far emergere l’evento rispetto alle tante proposte culturali. La dimensione comunicativa di un evento culturale nasce dall’analisi di un problema, si definisce con una strategia per risolverlo, si sviluppa attraverso la pianificazione, diventa concreta nella fase di produzione. La corretta impostazione delle attività di comunicazione ha un ruolo cruciale nella riuscita di un evento. A differenza delle campagne di comunicazione tradizionali, che inducono bisogni e amplificano opportunità, per l’evento è necessario che il contenuto sia affine agli interessi, alle inclinazioni del pubblico. Nell’analisi iniziale si individuano punti chiave, obiettivi, contenuti, confini, vincoli temporali e di budget. Per il lavoro di comunicazione occorre una profonda conoscenza dell’ambiente e del pubblico di riferimento. Il concetto chiave delle due fasi di analisi e sintesi è comunicazione integrata: coordinamento dei contenuti e combinazione di strumenti, mezzi, azioni. Il piano di comunicazione riassume la strategia generale di comunicazione (contenuti, messaggio, immagine coordinata) e la declina operativamente su tutti i mezzi, strumenti e azioni che si intende realizzare per raggiungere i diversi pubblici. La pubblicità attraverso radio, TV, quotidiani e riviste è adatta alla trasmissione di messaggi semplici e comprensibili; le azioni promozionali consentono la trasmissione di messaggi più complessi e personalizzati. Il piano di comunicazione è un documento che permette di monitorare i costi e il calendario di realizzazione. Attività di comunicazione below the line indirizzate a fasce precise di target con messaggi personalizzati. Indicata soprattutto se l’evento è rivolto a specifiche categorie che richiedono conoscenze approfondite.

gli strumenti

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database --> archivio di liste di fruitori effettivi e potenziali, segmentato per età, sesso, gusti; Contiene nominativi privati, di associazioni, istituzioni. E’ utile anche per svolgere analisi statistiche mailing --> di materiale informativo e promozionale che contiene presentazione offerta, materiale illustrativo distribuzione sul territorio --> locale o nazionale comprende distribuzione di depliant e affissione locandine in punti strategici, organizzazione punti informativi co-marketing e convenzioni --> coinvolgimento di partner che possono contribuire alla promozione. Possono offrire sconti in cambio di apparizione del proprio nome su materiale promozionale dell’evento telemarketing in-bound e out bound --> numero dedicato per dare informazioni o promozione telefonica evento

web marketing --> invio mail promozionali e informative per gli iscritti al sito, rilevazione feedback

eventi, concorsi, coupon

promozione sul punto vendita --> botteghini informativi


Analizzando sia il panorama italiano che quello internazionale c’è una forte propensione al green e alla sostenibilità: in primo luogo da parte dei consumatori, sempre più attenti e consapevoli nei confronti di ciò che acquistano, e di riflesso da parte delle aziende, che si sforzano di leggere al meglio questa sensibilità, interpretandola attraverso i propri prodotti/servizi. Siamo agli inizi di un lungo e complesso processo di trasformazione. I cittadini/consumatori: hanno maggiore accesso all’informazione grazie al web, e ciò li trasforma in consumatori sempre più consapevoli ed esigenti; sono investiti da una pesante campagna di educazione ambientale voluta dall’Europa che richiede un maggiore responsabilità nelle pratiche quotidiane come la raccolta differenziata. Quindi subiscono le conseguenze di una crisi economica mondiale che li spinge a limitare i consumi e a ridefinire numerosi aspetti della propria vita; si apprestano dunque a far ingresso in un nuovo sistema che si presenta sobrio, solidale e sostenibile.

Come comunicare? Si rende necessaria la definizione di una direzione univoca, difficile da perseguire ma che a lungo termine è l’unica in grado di garantire un risultato positivo: • Completa adesione ai principi della blue-green economy • Utilizzo di una strategia di comunicazione sostenibile

Cosa si intende per “Comunicazione Sostenibile”? Una strategia di comunicazione si può definire sostenibile se si pone come obiettivo l’esaltazione del profilo green assunto dal brand/azienda e la condivisione con i cittadini-consumatori delle linee guida adottate, degli sforzi compiuti e dei risultati raggiunti o preventivati. Rispetto al passato cambia l’oggetto della comunicazione, per cui è necessario mutare anche il tono con cui si comunica e i media incaricati di diffondere il messaggio. L’assioma one to many non soddisfa le esigenze di questo tipo di comunicazione. Intervengono nuovi elementi: il web, il buzz-marketing, l’ambient o guerrilla, i social-media. Parole d’ordine: trasparenza, coerenza, credibilità. E’ fondamentale saper comunicare le scelte fatte senza tralasciare particolari importanti, intraprendendo un percorso lineare nella creazione dell’immagine del brand/prodotto/evento. I cittadini/consumatori non sono persone da convincere, ma interlocutori con cui dialogare e di cui è importante ottenere il rispetto che si ottiene con la credibilità. Deve esistere una sinergia organica tra: • quello che si fa (il prodotto) • come lo si fa (il processo di produzione) • quello che si comunica (l’oggetto della strategia di comunicazione) • come si comunica (i media utilizzati)

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la comunicazione sostenibile Alcuni casi analizzati su realtà che hanno assunto un tipo di “Comunicazione Sostenibile”.

seventh generation Seventh Generation è un’azienda americana di prodotti per la pulizia che con il tempo ha rivolto la sua strategia di marketing e lo sviluppo dei diversi prodotti verso un approccio sostenibile. Negli ultimi anni la compagnia ha lanciato una potente campagna di comunicazione su Facebook e Twitter, usando questi social media come piattaforme dove poter parlare di buoni comportamenti sostenibili da assumere nella vita di tutti i giorni. Un esperimento di storytelling e content-sharing online che ha portato all’azienda quasi 850.000 fans: persone che condividono e interagiscono con questa iniziativa. Si parla di quasi 850.000 persone disposte a fidarsi di questo brand. Questa campagna social è l’ultima foglia di un albero che affonda le sue radici molto lontano. L’azienda da sempre è attenta a utilizzare materiali riciclati per il suo packaging biodegradabili e componenti naturali per i suoi prodotti. Negli ultimi 10 anni ha ricevuto importanti riconoscimenti per la responsabilità sociale e ambientale. Non è mai stata accusata di essere incoerente o poco trasparente nella diffusione dei dati relativi alla produzione e ai prodotti. Si è dunque lentamente costruita quella credibilità necessaria per poter organizzare e ottenere i frutti dalla strategia social messa in atto. www.seventhgeneration.com/community

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barilla L’azienda nel 2009 ha costituito il Barilla Center for Food and Nutrition, un istituto che vuole essere un collegamento tra impresa, istituzioni e cittadini. Dal 2009 è possibile consultare dal sito web l’annuale Rapporto di Sostenibilità, dove vengono descritti gli sforzi fatti dal gruppo per uno sviluppo sostenibile. Ha dato vita al concetto della Doppia Piramide Ambientale, uno schema che mette in relazione il cibo di cui ci nutriamo e l’ambiente in cui viviamo. Ha saputo condividere il valore della sostenibilità con altri marchi del gruppo (come Mulino Bianco), tingendo di verde la propria immagine coordinata. http://www.barillacfn.com/ Proprio Mulino Bianco ha dato inizio a campagne mirate sui social media, in cui cerca di diffondere i valori della buona alimentazione e della sostenibilità, seguendo la stessa linea guida dettata da Barilla. Anche in questo caso il fulcro della strategia social è il content-sharing (come per il caso Seventh Generation). I risultati: 105.000 fans sulla pagina MulinoBianco, con una media di 3.000 persone al giorno che interagiscono con il brand; 1,5 milioni di fans sulla pagina Pan di Stelle, con una media di 6.000 persone al giorno che interagiscono con il brand. http://www.barillacfn.com/ http://www.mulinobianco.it/il-nostro-impegno

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Chiarito qual è il senso del messaggio che una buona “comunicazione sostenibile” deve saper mettere in luce, è necessario valutare opportunamente a quali media affidare questa comunicazione. Innanzitutto, si deve essere in linea con il messaggio che si cerca di diffondere; essere naturalmente predisposti all’interazione e al dialogo; generare buzz spontaneo; rimandare direttamente al concept del messaggio comunicato. Ci sono 2 tipi di risposte risposte per un tipo di comunicazione integrata: • online: Social Media Marketing • offline: Guerrilla, Ambient-Marketing di tipo sostenibile Attualmente la comunicazione offline (outdoor) è affidata per lo più alla carta stampata, al volantinaggio e alla cartellonistica. Soffermandoci su questi 2 ultimi elementi, è possibile sottolinearne alcuni pregi e difetti: i primi sono i messaggi, grafiche elaborate e il costo contenuto, mentre i difetti sono: l’elevato utilizzo di risorse (carta, inchiostro, colla) e il problema dei rifiuti difficili da smaltire.

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Per quanto riguarda sli strumenti online ci si può affidare a delle piattaforme come:

Hootsuite Hootsuite è una piattaforma per content management; con gestione gratuita e possibilità di gestire fino a 5 account tra: Twitter, Foursquare, Linkedin, Wordpress; Quick Report, Feed RSS, Google Plus.

Netvibes

https://hootsuite.com/

Un social media monitoring, per analisi e alert; dashboard con widget, con la versione premium per una massima personalizzazione. Offre delle tecniche semplici per la promozione ed l’engagement verso brand ed eventi; content curation e analisi del sentiment.

http://www.netvibes.com/en

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storify Una piattaforma per creare storie utilizzando attraverso i social media, trasforma i contenuti creati dalle persone in delle storie avvincenti e colleziona le migliori foto, video, tweets con la possibilitĂ di archivio.

topsy

https://storify.com/

Una piattaforma per monitorare in tempo reale trends e keywords su Twitter e Google Plus, con la possibilitĂ di avere risultati in tempo reale per poter ordinare per rilevanza, inoltre permette di ascoltare la rete e conoscere persone influenti sui temi di interesse.

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http://topsy.com/


Mentre per gli strumenti offline:

reverse graffiti (outdoor) Messaggi prodotti con un getto d’acqua a forte pressione che ripulisce le superfici di piazze e marciapiedi; i messaggi possono essere

installati

virtualmente

ovunque; messaggi temporanei ( della durata di circa 15 giorni) con impatto ambientale quasi nullo, l’acqua utilizzata è prelevata da cisterne di raccolta, e non sono utilizzati additivi chimici. No rifiuti: un solo template in alluminio per tutta

la

campagna,

riciclato

al

termine del lavoro.

Chalk-graffiti /milk-graffiti (outdoor) Messaggi

prodotti

con

gesso

naturale o vernice al latte nebulizzata con

la

possibilità

di

realizzare

qualsiasi grafica o messaggio (anche QR code); i messaggi possono essere installati ovunque; messaggi temporanei (della durata di circa 1520 giorni); possibilità di rimozione anticipata con un semplice getto d’acqua. Impatto ambientale nullo: si tratta di semplice gesso o vernice al latte applicata grazie ad una resina naturale. No rifiuti: un solo template in alluminio per tutta la campagna, riciclato al termine del lavoro.

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sand-graffiti /sand-tagging (outdoor) Messaggi prodotti con sabbia e colla

naturale,

o

direttamente

sulla battigia; si può impostare una campagna di ripetizioni o con vere e proprie installazioni; i messaggi vengono inseriti in location

dove

altre

forme

di

pubblicità non possono arrivare. Impatto ambientale nullo: viene semplicemente modellata la sabbia per creare la grafica desiderata; no rifiuti: un solo stampo che viene riciclato al termine del lavoro.

Brand gardening (outdoor) Operazioni di rivalutazione di aree verdi urbane, con tappeti d’erba e innesti di piante e fiori; il logo/ messaggio è installato direttamente nell’area verde. E’ possibile prevedere creazioni artistiche

all’interno

della

composizione; una volta che il lavoro è concluso, l’area è donata alla comunità; oltre all’effetto visivo, si

ottiene

un

importante

plus

sociale, che può essere amplificato grazie al web.

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http://greengraffiti.com/


moss-graffiti (indoor) Installazioni realizzate con fogli di muschio incollati ad un pannello di supporto grazie a una colla naturale, messaggi 3D, da vedere e toccare; la durata può essere anche di diversi mesi, se l’installazione non è esposta direttamente al sole con un grande effetto visivo.

biciclette-vela Hanno le stesse funzionalità dei camion-vela, con un’impronta ecologica bassissima. Possono spostarsi anche in aree pedonali durante orari di punta, è possibile applicare alla vela semplici cartelloni o digital signage alimentati direttamente dalla bicicletta.

lighy-van Un’idea semplice quanto geniale: servirsi delle pareti pubbliche come supporto per i video poster, è sufficiente un furgone con un proiettore installato: non servono monitor, né telai per la proiezione.

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progettare in permacultura

I

n Permaculture One (1978), Mollison e Holmgren delinearono la teoria e alcune applicazioni iniziali della progettazione in permacultura, senza con questo elencare un vero e proprio insieme organico di principi. Mentre l’albero della permacultura presentava il concetto della progettazione, paragonandolo a un albero, che germoglia a partire dal seme, dando vita a radici e strutture aeree interdipendenti.

La germinazione dell’idea genera sia la realtà fisica dei sistemi di sostegno dell’ecologia umana che l’intera cornice concettuale di conoscenza olistica. In Permaculture: a designers’ manual (1988), Bill Mollison ha realizzato una trattazione enciclopedica dei fini e delle possibilità della progettazione permaculturale, aggiungendo anche un allargamento della teoria e dei principi di progettazione alla base delle varie applicazioni pratiche. In Introduction to Permaculture (1991), Mollison e Reny Slay hanno presentato i principi in modo molto più semplice, seguendo un formato attribuito al docente di permacultura americano John Quinney. Questo formato è stato da allora largamente utilizzato o adattato da molti altri docenti. L’idea che sta dietro ai principi della permacultura è che si possono derivare dei principi di ordine generale dallo studio del mondo naturale e delle società preindustriali e che si possono applicare questi principi in modo universale, per accelerare lo sviluppo in senso sostenibile di terre e risorse. Il processo attraverso cui si riesce a fornire all’interno di limiti ecologici ciò che serve a soddisfare i bisogni di una comunità di persone richiede una rivoluzione culturale.

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I principi della permacultura sono brevi dichiarazioni o slogan, che possono essere ricordati quasi fossero parti di un promemoria per sintetizzare le complesse opzioni, che abbiamo davanti quando si tratta di progettare e attuare un sistema ecologico improntato su criteri di sostenibilità. I principi vanno considerati universali, anche se i metodi che li esprimono variano molto in base ai luoghi e alle situazioni. Espandendoli ulteriormente, i principi sono applicabili anche alla riorganizzazione della nostra vita in senso personale, economico, sociale e politico.

come illustrato nel fiore della permacultura possono essere divisi in:

principi etici principi di progettazione I principi etici sono un distillato dei principi etici comunitari adottati in epoche precedenti da gruppi religiosi e cooperativi. Fin dall’emergere della permacultura, l’etica, soprattutto l’etica collegata all’ambiente, è diventata un campo di studio molto attivo, sotto vari punti di vista. La stessa permacultura è diventata argomento di studio nel contesto dell’etica ambientale. Nel mondo moderno, regno dell’incertezza e delle domande, anche i principi etici della permacultura, pur così semplici, possono facilmente essere interpretati in vari modi. http://permacultureprinciples.com/flower/

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etica e principi di progettazione L’etica agisce come un limite agli istinti di sopravvivenza ed agli altri costrutti di interesse personale individuali e sociali che tendono a guidare il comportamento umano in ogni società. E’ un meccanismo culturalmente evoluto in funzione di un interesse personale più illuminato e di una comprensione più a lungo termine dei risultati positivi o negativi delle nostre attività. Come i principi di progettazione, l’etica non è stata elencata esplicitamente nella prima letteratura della permacultura. Dallo sviluppo del corso di progettazione di permacultura, l’etica è stata compresa in tre ampie massime.

Questi principi etici sono stati insegnati ed utilizzati come fondamenta etiche semplici e relativamente indubbie nella definizione della permacultura all’interno del movimento e all’interno della più ampia nazione globale di persone con idee affini. Più estesamente, questi principi possono essere visti come comuni a tutte le culture del territorio che hanno legato le persone alla terra ed alla natura nel corso della storia ad eccezione delle moderne società industriali. Naturalmente nel tentativo di vivere una vita etica, non vanno ignorati gli insegnamenti delle grandi tradizioni etiche e filosofiche delle civiltà colte o i grandi pensatori del progresso scientifico e dell’attualità. Ma nella lunga transizione verso una cultura sostenibile a bassa energia c’è il bisogno di considerare e provare a capire, uno spettro di valori e di concetti più ampio di quello consegnatoci dalla storia culturale recente.

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Le basi scientifiche dei principi di progettazione della permacultura rientrano generalmente all’interno dell’attuale scienza dell’ecologia e più particolarmente all’interno del ramo dell’ecologia chiamato ecologia dei sistemi. Altre discipline intellettuali, nello specifico la geografia del territorio e l’etnobiologia, hanno contribuito con concetti che sono stati adattati ai principi di progettazione. I principi della permacultura, sia etici sia progettuali, possono essere applicati a tutto ciò che c’è intorno a noi. Sebbene il riferimento ad una cassetta degli attrezzi di strategie, tecniche ed esempi, sia il modo in cui la maggioranza delle persone si rapportano ed utilizzano la permacultura, ciòè specifico alla proporzione dei sistemi interessati, al contesto culturale ed ecologico, ed al repertorio di abilità ed esperienza di chi è coinvolto. Se i principi devono fornire una guida nella scelta e nello sviluppo di applicazioni utili, allora è necessario che incorporino concetti più generali di progettazione dei sistemi, e nello stesso tempo devono essere espressi in un linguaggio che sia accessibile alla gente comune. Il formato di ogni principio di progettazione è la definizione di un’azione positiva con associata un’icona, che agisce come un promemoria grafico e codifica un esempio o un aspetto fondamentale del principio. Associato ad ogni principio c’è un proverbio tradizionale che enfatizza l’aspetto negativo o cautelativo del principio. Qualunque esempio utilizzato per illustrare un singolo principio contiene anche gli altri, in questo modo i principi sono semplicemente strumenti di pensiero per identificare, definire ed far evolvere le soluzioni progettuali. ( cfr Holmgren David, “Permacultura - Come progettare e realizzare modi di vivere sostenibili e integrati con la natura” Bologna, Arianna Editrice, 2012)

Una buona progettazione dipende da una libera ed armoniosa relazione tra la natura e le persone, in cui un’osservazione attenta e un’interazione riflessiva forniscono l’ispirazione progettuale, le soluzioni e gli schemi. Non è qualcosa che si genera nell’isolamento, ma grazie all’interazione continua e reciproca con l’oggetto. La permacultura usa queste condizioni per far evolvere coscientemente e con continuità i sistemi di utilizzo della terra e di vita che possono sostentare le persone nel corso dell’era della discesa dell’energia. Nelle società di cacciatori e agricoltori a bassa densità agricola, l’ambiente naturale provvedeva a tutte le necessità materiali e il lavoro umano era richiesto prevalentemente per il raccolto. La società industriale dipende dall’enorme e continua immissione di energia da combustibili fossili per fornire il proprio cibo ed altri beni e servizi. I progettisti della permacultura utilizzano l’osservazione attenta e l’interazione riflessiva per ottenere un uso più efficace delle capacità umane e riducono la dipendenza dall’energia non rinnovabile e dall’alta tecnologia. All’interno di comunità agricole più conservative e impegnate socialmente, l’abilità di alcuni individui di restare un passo indietro, osservare e interpretare i metodi di utilizzo della terra tradizionali e moderni, è uno strumento potente per sviluppare sistemi nuovi e più appropriati. Mentre un cambiamento totale in una comunità è sempre più difficile per una quantità di motivi, la presenza di modelli che si sono evoluti localmente, con le sue radici nella migliore progettazione ecologica tradizionale e moderna, è più probabile che abbia successo di un sistema predefinito introdotto dall’esterno. Inoltre una varietà di modelli

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locali potrebbe generare elementi innovativi che possono fecondare in modo incrociato simili innovazioni altrove. Facilitare la generazione di modi di pensare a lungo termine indipendenti e persino eretici, necessari per progettare nuove soluzioni è l’obiettivo di questo principio più che l’adozione e la replica di soluzioni sperimentate. Ad ogni livello bisogna sempre più affidarsi alle proprie abilità di osservazione e di sensibile interazione per trovare il migliore percorso futuro.

Viviamo in un mondo di ricchezza senza precedenti che è il risultato dello sfruttamento degli enormi depositi di combustibili fossili creatisi sulla terra nel corso di miliardi di anni. Abbiamo usato una parte di questa ricchezza per aumentare la nostra raccolta di risorse rinnovabili del pianeta fino ad un livello insostenibile. La maggior parte degli impatti negativi di questo uso spropositato si renderanno evidenti quando i combustibili fossili diminuiranno. E’ necessario che impariamo a mettere in serbo e reinvestire la maggior parte della ricchezza che attualmente stiamo consumando o sprecando. Concetti inappropriati riguardo cosa sia la ricchezza ci hanno condotto ad ignorare le opportunità e di catturare i flussi locali di forme di energia rinnovabili e non rinnovabili. Identificare ed agire su queste opportunità potrebbe fornirci l’energia con cui possiamo ricostruire il capitale e nello stesso tempo darci una rendita per i nostri bisogni immediati. Alcune tra le fonti di energia includono: • Sole,vento e flussi di acqua • Risorse di scarto dalle attività agricole, industriali e commerciali Le più importanti forme di immagazzinamento di valore futuro comprendono: • Suolo fertile con alto contenuto di humus • Sistemi di vegetazione perenni, specialmente alberi, produzione di cibo ed altre utili risorse • Bacini idrici e serbatoi • Edifici solari passivi Il ripristino ecologico pianificato è una delle espressioni più comuni del pensiero ambientalista nei paesi ricchi, ed è un valido elemento nella progettazione della permacultura quando consideri le persone come parte integrante dei sistemi ripristinati. L’abbandono dei territori rurali più marginali in molti paesi ricchi e in via di sviluppo, dovuto alla caduta dei prezzi delle materie prime, e la loro sostituzione con sistemi intensamente assistiti da combustibili fossili, ha creato moderne lande desolate su una scala molto più ampia del ripristino ecologico pianificato. Questo abbandono ha alcuni effetti negativi, come il collasso della gestione tradizionale dell’acqua e dei sistemi di controllo dell’erosione, ed anche un aumento degli incendi, ma in altri luoghi ciò ha permesso alla natura di ricostruire il capitale biologico del suolo, delle foreste e della fauna senza l’apporto di risorse non rinnovabili.

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Molto dell’ottimismo relativo alla sostenibilità si riferisce all’applicazione della tecnologia e dell’innovazione nel campo. Le strategie della permacultura utilizzano queste opportunità, pur mantenendo un sano scetticismo basato sulla premessa che l’innovazione tecnologica a volte può diventare fautrice di problemi.

Il precedente principio focalizzava l’attenzione sulla necessità di utilizzare la ricchezza esistente per fare investimenti a lungo termine nel capitale naturale. Questo principio ci ricorda che dovremmo progettare qualsiasi sistema per garantire l’auto-sussistenza a tutti i livelli compreso quello personale, utilizzando l’energia catturata e immagazzinata per mantenere il sistema e catturare altra energia. Senza produzioni immediate e veramente utili qualunque cosa noi progettiamo e sviluppiamo tenderà a deperire, mentre invece gli elementi che generano una produzione immediata prolifereranno. Sia che si attribuisca alla natura, alle forze del mercato o all’avidità umana, i sistemi che più efficacemente ottengono una produzione e allo stesso tempo la utilizzano per rispondere ai propri bisogni di sopravvivenza tendono a prevalere sulle alternative. Una produzione, un profitto o una rendita agiscono come una ricompensa che incoraggia, mantiene e tende a replicare il sistema che ha generato quella produzione. In questo modo i sistemi che hanno successo si diffondono. Se vogliamo trovare soluzioni serie a progetti sostenibili, allora dobbiamo puntare a delle ricompense che incoraggino il successo, la crescita e la replica di quelle soluzioni. La visione originaria della permacultura, promossa da Bill Mollison, di scenari urbani ricchi di cibo e di altre piante utili invece di inutili piante ornamentali, fornisce un antidoto per questo aspetto disfunzionale della nostra cultura. Uno dei fortuiti derivati del “razionalismo economico”, è stata la parziale rinascita della consapevolezza del bisogno di tutti i sistemi di essere progettati per essere produttivi in qualche modo.

Questo principio riguarda gli aspetti auto-regolatori della progettazione della permacultura che limitano o scoraggiano la crescita o il comportamento inappropriati. Con una migliore comprensione di come il feedback positivo e negativo funzionano in natura, si possono progettare sistemi che sono più auto-regolanti e che quindi riducono il carico di lavoro richiesto. Il “Principio 3: Ottenere una produzione” ha descritto il feedback di energia dagli immagazzinamenti come aiuto per ottenere più energia e rappresenta un esempio di feedback positivo. Ciò può essere pensato come un acceleratore che spinge il sistema verso l’energia liberamente disponibile.

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In modo simile, il feedback negativo è il freno che impedisce al sistema di cadere nelle trappole della scarsità e dell’instabilità derivanti dall’uso eccessivo o sbagliato dell’energia. I sistemi auto-regolanti e autosostentanti sono ampiamente applicati dalla permacultura. L’utilizzo di varietà vegetali e di razze di bestiame forti, semi-selvagge e capaci di riprodursi da sole, invece di altre altamente selezionate e dipendenti, è una classica strategia della permacultura che esemplifica questo principio. Su una scala più ampia, un tempo gli agricoltori autosufficienti erano riconosciuti come la base di un paese forte e indipendente. Le attuali economie globalizzate generano una maggiore instabilità i cui gli effetti ricadono a cascata in tutto il mondo. Ricostituire l’autosufficienza al livello degli elementi e del sistema aumenta l’affidabilità. Nel mondo della discesa energetica, l’autosufficienza acquisterà un maggior valore poiché l’elevata e continua immissione di energia declinerà e si ridurranno le economie di scala e di specializzazione. Nella società moderna, per provvedere alle nostre necessità, diamo per scontato un immenso grado di dipendenza da sistemi su vasta scala, mentre ci aspettiamo un enorme grado di libertà in ciò che facciamo senza avere un controllo esterno. Persino nelle comunità più tradizionali i controlli ed i tabù più vecchi hanno perso molto del loro potere, o non sono più funzionali da un punto di vista ecologico a causa dei cambiamenti nell’ambiente, nella densità della popolazione e della tecnologia. Lo sviluppo di un comportamento e di una cultura che sia meglio sintonizzata con i segnali di feedback dalla natura per prevenire uno sfruttamento eccessivo è una delle sfide dell’ambientalismo. Ad esempio, la raccolta e l’uso dell’acqua piovana in una casa genera consapevolezza sui limiti della produzione e della qualità.

Le risorse rinnovabili sono quelle che sono rinnovate e rimpiazzate grazie ai processi naturali nel corso di periodi ragionevoli, senza la necessità di ulteriori apporti di risorse non rinnovabili. La progettazione della permacultura dovrebbe puntare a utilizzare al meglio le risorse naturali rinnovabili per gestire e mantenere la produzione, anche se usare una parte delle risorse non rinnovabili è necessario per poter creare il sistema. Mentre tutti riconoscono che il filo per stendere i panni è molto avanti nella sostenibilità rispetto all’uso di un’asciugatrice elettrica, un numero minore di persone riconosce che il legno è un combustibile adeguato del punto di vista ambientale. Tutte le foreste producono un’eccedenza di legno di scarso valore come sottoprodotto di una gestione sostenibile il quale, se stagionato adeguatamente può essere utilizzato come fonte locale di riscaldamento e di cottura in stufe ben progettate. Per quanto riguarda la medicina erboristica, questa non fornisce una farmacopea completa, ma possiamo trattare, con grande ampiezza e successo, molti disturbi utilizzando medicine di origine vegetale cresciute e lavorate a livello locale. Facendo così si evitano molti effetti collaterali negativi che derivano dalla produzione centralizzata di farmaci, aumentando così il nostro rispetto per la natura e la cura della nostra salute. I servizi rinnovabili (o funzioni passive) sono quelli che otteniamo da piante, animali, suolo fertile e acqua, senza che li consumiamo. I classici progetti della permacultura che utilizzano polli o maiali per preparare il suolo per la semina, eliminano l’uso dei trattori e delle zappatrici così come quello di fertilizzanti e pesticidi

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artificiali ne sono un esempio. Come anche il riuscire a comprendere il valore dei rifiuti umani come fonte rinnovabile di fertilità, resa sicura dal servizio ecologico dei microrganismi nel compost rappresenta una delle importanti e universali applicazioni di questo principio. La progettazione della permacultura dovrebbe utilizzare al meglio i servizi naturali che non richiedono consumo, per minimizzare le nostre esigenze distruttive delle risorse, ed enfatizzare le possibilità di interazione armoniosa tra gli esseri umani e la natura.

Questo principio mette insieme i valori tradizionali della frugalità e della cura per i beni materiali, la preoccupazione moderna per l’inquinamento e la prospettiva più radicale che vede i rifiuti come risorse ed opportunità. Il lombrico è un esempio utilizzabile per illustrare questo principio perché vive consumando gli scarti vegetali e li converte in humus migliorando l’ambiente del suolo per se stesso, per i microrganismi del suolo e per le piante. I processi industriali che sono alla base della vita moderna possono essere definiti da un modello di ingresso e uscita, dove in ingresso ci sono i materiali naturali e l’energia ed in uscita ci sono oggetti utili e servizi. Tuttavia possiamo constatare che tutti questi oggetti utili finiscono talvolta come rifiuti, la maggior parte in cumuli di immondizia. Quindi è facile sprecare quando c’è abbondanza, ma tutto questo spreco successivamente può essere causa di stenti. Ciò è molto significativo in un contesto di discesa dell’energia. Vanno cercati dei modi per minimizzare l’inquinamento ed i rifiuti progettando sistemi che sappiano utilizzare ogni tipo di prodotto in uscita. La diffusione incontrollata di erbe ed alberi porta alcune zone alla devastazione a causa degli incendi, mentre in altre l’eccessiva diffusione di erbivori distrugge i pascoli. Modi innovativi e creativi di utilizzare queste tecniche di abbondanza è una delle caratteristiche della progettazione della permacultura.

I primi sei principi tendono a considerare i sistemi da una prospettiva dal basso degli elementi, organismi e individui. I secondi sei principi tendono a sottolineare la prospettiva dall’alto delle strutture e delle relazioni che emergono dall’auto-organizzazione ed evoluzione del sistema. Il riconoscimento di strutture è un prodotto dell’applicazione del “Principio 1: Osserva e interagisci” ed è un precursore necessario nel processo di progettazione. Il ragno sulla ragnatela, con il suo disegno concentrico e radiale, mostra una struttura chiara anche se i dettagli variano sempre. Questa icona evoca la pianificazione dei siti per zone e settori, uno degli aspetti

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più conosciuti e forse più diffusamente applicati della progettazione della permacultura. L’idea che ha dato inizio alla permacultura è stata la foresta come modello per l’agricoltura. Benché sia ancora necessario dare una risposta alle molte critiche e limitazioni del modello della foresta, esso rimane un potente esempio di pensiero per modelli che continuano a dare forma alla permacultura ed ai concetti collegati, come il giardinaggio forestale, la gestione agroforestale e analoghe pratiche forestali. L’impiego di zone ad uso intensivo intorno ad un centro di attività come una fattoria per aiutare a collocare gli elementi ed i sottosistemi è un esempio del procedere dal modello al dettaglio. In alcuni pionieristici progetti di gestione della terra in Australia negli anni ‘80, alcuni voli sopra le loro tenute diedero ai proprietari terrieri sia il quadro sia la motivazione per cominciare un serio lavoro per affrontare i problemi della moria di alberi e della degradazione del terreno a ciò associata. Dall’alto le strutture di proprietà della terra erano meno visibili, mentre risaltavano le strutture di naturale raccolta dell’acqua. Ugualmente, invece dei fattori tecnici, è il più ampio contesto sociale e della comunità che spesso può determinare se una particolare soluzione diventa un successo. La lista di progetti di sviluppo all’estero che sono falliti a causa dell’ignoranza di questi fattori di vasta scala è molto lunga.

In ogni aspetto della natura, dalle attività interne degli organismi agli interi ecosistemi, scopriamo che le connessioni tra gli elementi sono tanto importanti quanto gli elementi stessi. Perciò l’obiettivo di una progettazione funzionale ed autoregolante è collocare gli elementi in modo che ciascuno serva alle necessità ed accetti i prodotti degli altri elementi. Questo principio si concentra più attentamente sulle diverse tipologie di relazione che mettono insieme gli elementi nei sistemi strettamente integrati, e sui metodi perfezionati di progettazione di comunità di piante, animali e persone per ottenere benefici da queste relazioni. L’abilità del progettista di creare sistemi strettamente integrati dipende da un’ampia visione della gamma di relazioni a incastro perfetto che caratterizzano le comunità ecologiche e sociali. Così come progettiamo intenzionalmente, allo stesso tempo dobbiamo prevedere e lasciare spazio alle relazioni ecologiche e sociali che si sviluppano a partire dall’auto-organizzazione e dalla crescita. L’icona di questo principio può essere vista come una vista dall’alto di un cerchio di persone o di elementi che formano un sistema integrato. Il vuoto apparente al centro rappresenta l’intero sistema astratto che nasce dall’organizzazione degli elementi e contemporaneamente gli dà forma e identità. Posizionando correttamente piante, animali, modifiche del terreno e altre infrastrutture è possibile sviluppare un grado più elevato di integrazione e di autoregolazione senza aver bisogno di un costante intervento umano per la gestione correttiva. Ad esempio, il ruspare del pollame sotto le foreste per cercare il foraggio può essere usato per raccogliere strame e dare pendenza a sistemi di giardini grazie ad una corretta collocazione. Le specie di piante erbacee e legnose nei sistemi di pascolo spesso contribuiscono al miglioramento del suolo, alla biodiversità, all’uso medicinale e ad altri usi particolari. Un’adeguata rotazione del pascolo del bestiame spesso può controllare la diffusione di queste piante senza eliminarle completamente insieme al loro valore.

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Ogni volta che facciamo qualcosa che sia di carattere autosufficiente come coltivare il cibo, aggiustare uno strumento rotto o curarci della nostra salute, stiamo facendo un uso molto potente ed efficace di questo principio. Ogni volta che acquistiamo da piccoli negozi locali o diamo un contributo alla comunità locale ed ai problemi ambientali, stiamo sempre applicando questo principio. Nonostante i successi della tecnologia nel rispondere ai bisogni locali nei progetti di sviluppo, l’energia a basso costo ha continuato a fornire un sostegno ai sistemi di larga scala nel corso degli ultimi decenni. Ad esempio, la risposta veloce delle colture ai fertilizzanti solubili spesso ha vita breve. Letame, compost e minerali naturali generalmente forniscono un nutrimento più prolungato e bilanciato. Un buon risultato da un po’ di fertilizzante non significa avere migliori risultati se ne mettiamo di più. Una piccola piantagione di alberi sfrondati e potati può produrre un valore totale maggiore di una vasta piantagione mal gestita. Nella nutrizione animale, il bestiame a crescita rapida alimentato con nutrienti concentrati è spesso soggetto a più malattie ed ha un’aspettativa di vita inferiore a quella degli animali cresciuti naturalmente. Il pascolo eccessivo è una delle più diffuse cause di degradazione del terreno, tuttavia piccole quantità di animali ben gestiti sono benefiche se non essenziali all’agricoltura sostenibile.

La grande diversità di forme, funzioni e interazioni presenti in natura e nell’umanità sono la fonte della complessità sistemica evoluta. La diversità deve essere vista come il risultato dell’equilibrio e della tensione in natura tra la varietà e la possibilità da un lato, e la produttività e la capacità dall’altro. E’ ormai ampiamente riconosciuto che la monocoltura è una causa primaria della vulnerabilità alle infestazioni ed alle malattie, e perciò dell’utilizzo diffuso di pesticidi e di energia per tenerle sotto controllo. Mentre la policoltura è una delle più importanti ed ampiamente riconosciute applicazioni dell’uso della diversità per ridurre la vulnerabilità alle infestazioni e alle stagioni avverse. La policoltura riduce anche la dipendenza dai sistemi di mercato e sostiene l’autosufficienza delle famiglie e delle comunità fornendo una gamma più ampia di beni e servizi. La varietà dei differenti sistemi coltivati riflette la natura unica del luogo, la situazione e il contesto culturale. La diversità delle strutture, sia viventi sia costruite, è un aspetto importante di questo principio, così come lo è la diversità interna alle specie ed alle popolazioni, incluse le comunità umane. La conservazione di almeno alcune delle grandi diversità di linguaggi e culture del pianeta è certamente importante quanto la conservazione della biodiversità. Nonostante gli impatti della discesa dell’energia sull’umanità e sulla biodiversità saranno aumentati da risposte inadeguate e distruttive, nel lungo periodo la discesa dell’energia rallenterà il motore economico che distrugge la diversità e stimolerà una nuova diversità locale e bio-regionale.

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L’icona del sole che sorge sull’orizzonte con un fiume in primo piano ci fa vedere un mondo composto di bordi. Gli estuari dovuti alle maree sono un’interfaccia complessa tra la terra ed il mare che può essere vista come un grande mercato di scambio ecologico tra questi due grandi domini della vita. L’acqua bassa permette la penetrazione della luce del sole che fa crescere alghe e piante e fornisce alimentazione ad alcune specie di uccelli. L’acqua dolce dei flussi di raccolta scorre sopra l’acqua salata più pesante che fa avanti e indietro con le maree, ridistribuendo in questo modo nutrienti e cibo per l’abbondante vita. Un progetto che vede il confine come un’opportunità piuttosto che come un problema è più probabile che abbia successo e sappia adattarsi. Nel lavoro di sviluppo rurale la focalizzazione su colture di prima necessità, sui terreni agricoli principali e su obiettivi e valori chiaramente articolati all’interno delle comunità, porta frequentemente a sottovalutare, ignorare e distruggere le specie selvatiche, gli spazi marginali. Similmente, in politica economica la focalizzazione sulle grandi imprese e sulle città ricche ignora il fatto che questi sistemi applicano i frutti delle innovazioni passate e che le piccole imprese, i sistemi, i luoghi più piccoli e meno ricchi sono le fonti per l’innovazione futura. Questo principio funziona a partire dalla premessa che il valore ed il contributo dei bordi, e gli aspetti marginali e invisibili di qualunque sistema non dovrebbero essere solo riconosciuti e conservati, ma che l’espansione di questi aspetti può far crescere la produttività e la stabilità del sistema. Ad esempio, aumentando il bordo tra il campo e lo stagno si può aumentare la produttività di entrambi. La coltivazione in viali e la selvicoltura a fasce possono essere visti come sistemi nei quali aumentare il margine tra il campo e la foresta per il miglioramento della produttività.

Questo principio ha due aspetti: progettare per utilizzare il cambiamento in modo deliberato e cooperativo e rispondere o adattarsi creativamente al cambiamento del sistema di vasta scala, che va al di là del nostro controllo o della nostra influenza. L’accellerazione della successione ecologica nei sistemi coltivati è l’espressione più comune di questo principio nella letteratura e nella pratica della permacultura ed illustra il primo aspetto. Ad esempio, l’uso di alberi a crescita rapida che fissano l’azoto per migliorare il terreno e per fornire protezione e ombra ad alberi a crescita lenta con produzione alimentare di maggior valore, riflette un processo di successione ecologica. Il seme nel terreno capace di rigenerazione dopo un disastro naturale o un cambiamento di uso del terreno (ad esempio la fase annuale di raccolto) dà l’assicurazione di ristabilire il sistema nel futuro. La permacultura si occupa della conservazione nel tempo dei sistemi viventi naturali e della cultura umana,

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ma paradossalmente questa conservazione dipende in larga misura dalla flessibilità e dal cambiamento. Molte storie e tradizioni trattano il tema della massima stabilità in cui sono contenuti i semi del cambiamento. La scienza ci ha mostrato che ciò che è apparentemente solido e permanente è, al livello cellulare ed atomico, una massa di energia e cambiamento. Un senso contestuale e sistemico dell’equilibrio dinamico tra stabilità e cambiamento contribuisce ad una progettazione che è evolutiva invece che casuale. L’icona della farfalla, che è la trasformazione del bruco, è un simbolo dell’idea di un cambiamento adattivo che mette le ali invece di essere minaccioso. http://permacultureprinciples.com/

organizzare un evento in permacultura Dopo la mia esperienza nell’organizzazione del primo Festival di Permacultura in Italia, nel mese di settembre 2014, ho cercato di portare avanti il progetto insieme al gruppo di lavoro ed essere sempre presente agli incontri, fino a che non ci è arrivata la notizia dell’assegnazione dell’organizzazione della futura Convergenza Europea prevista nel 2016 (EUPC 2016), che ci vedrà protagonisti non più solo a livello nazionale, ma anche in quello internazionale. Quindi per arrivare pronta a questa sfida, mi sto impegnando per cercare di essene all’altezza e ho deciso di raccontare la mia esperienza e il lavoro di questo progetto nella mia tesi del biennio di specialistica. Non si tratta di un solo evento culturale, ma anche un evento territoriale che dal punto di vista del marketing va considerato come un prodotto che viene offerto, ai possibili partecipanti e in questa occasione il pubblico previsto sarà decisamente più ampio. Bisognerà far si che l’evento venga tradotto in un servizio che crea nel fruitore un’esperienza, in cui l’elemento esperienziale deve essere unico ed irripetibile. Possiamo definire l’evento come l’insieme dei fattori di attrazione estetica e culturale, percepiti sotto forma di esperienze personali e soggettive, che devono essere in grado di soddisfare dei specifici bisogni e di procurare benefici ricercati e attesi.

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ambiente e tematiche

Educazione

Principi etici Punti di forza Banca del Tempo Salute

Descrescita Felice

Mission

Trasporti Permacultura Paesaggio Comunicazione Alloggi

Format

Bio LETS

Mappa

Condivisione

CoHousing

Sinergie Location

ambiente

Baratto Farms Turismo Finanza WWOOF Formazione Prodotti equo e solidali Competitor

Gestione Evento

Budget

Natura Benessere

RIVE

Strumenti

ComunitĂ

Obiettivi

Promozione Coltivazione

Target

Geografia

Risparmio Partner

Case History

Alimentazione Organic Workshop OspitalitĂ

Market

cultura

Rifiuti

terra

Festival

Seminari

Materiali

Banca etica

EcovillaggiTecnologie

Design Sociale

Informazioni

Conferenze

Marketing territoriale Green EconomiaprogettazioneAggregazione Cooperazione Microeconomia Vivere Comune

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Marketing territoriale L’introduzione del marketing nell’organizzazione degli eventi è una disciplina recente. Infatti il marketing consiste non sono nel massimizzare vendite e ricavi, ma soprattutto deve preoccuparsi di conoscere, anticipare e soddisfare i bisogni e i desideri di chi vi partecipa. Il marketing non deve limitarsi a vendere, ma deve costruire relazioni, garantire qualità a offrire un valore aggiunto. Il marketing deve quindi definire i suoi obiettivi e articolare le sue strategie in coerenza con la mission dell’organizzazione. L’organizzazione di un evento (in particolare un evento per la valorizzazione di una città), attraverso il marketing territoriale, sarà in grado di: • Mobilitare i potenziali di sviluppo di un luogo • Favorire il rinnovamento infrastrutturale • Rafforzare l’immagine e l’identità • Modificare l’immaginario e la comunicazione Gli orientamenti al marketing nell’organizzazione di un evento possono essere principalmente due: • Marketing-led ovvero caso in cui il marketing è preponderante ed è utilizzato al massimo livello • Audience-focused ed è un orientamento focalizzato sul cliente, per comprendere meglio i bisogni e i desideri dei fruitori dell’evento Uno degli obiettivi del marketing è quello di accrescere il valore degli scambi possibili tra evento e possibile pubblico partecipante. Gli eventi hanno l’ambizione di durare nel tempo, il marketing invece, ha come obiettivo quello di costruire il pubblico quindi deve contribuire a: • trasformare i consumatori occasionali in consumatori abituali • incentivare chi non partecipa a provare una nuova esperienza • individuare segmenti di target su cui investire nel futuro

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Le scelte di consumo sono determinate in modo da soddisfare prioritariamente i bisogni alla base della piramide, per poi salire di livello. In questo caso ci si rifà alla Piramide di Maslow suddivisa per bisogni di autorealizzazione, bisogni di stiama, bisogni di appartenenza, bisogni di sicurezza e bisogni fisiologici. Gli eventi o comunque le categorie di consumo in cui vi è una forte competizione, sono quelli che portano alla soddisfazione dei bisogni che troviamo nella parte in alto della piramide, sociali, di stima e autorealizzazione.

Gli eventi senza dubbio, rappresentano un importare strumento di marketing territoriale, per la loro capaciità di attrarre turisti, diffondere e migliorare l’immagine dell’area che li va ad ospitare, attirare investimenti e dei veri e propri processi di rigenerazione economica all’interno dei territori ospitanti. Le aree territoriali si connotano come aggregati localizzati di risorse, servizi e relazioni, in cerca di fruitori in grado di accrescerne il valore, apportandovi nuove risorse di differente natura. Così i turisti fruiscono della dotazione storico-naturalistica introducendo nella località visitata nuove risorse tangibili e intangibili che accrescono ulteriormente il valore del territorio. Considerando il segmento dei turisti, un’azione di marketing mirata ad attrarre nuovi flussi turistici in una località potrebbe contrastare con altre azioni finalizzate a soddisfare il segmento dei residenti. Piuttosto si può mirare all’utilizzazione ottimale delle risorse disponibili rispetto ai bisogni espressi dalle varie categorie di utenti potenziali. Secondo recenti sondaggi 7 turisti su 10 scelgono il nostro paese per il suo patrimonio d’arte e cultura, d’altro lato, il nostro patrimonio artistico e culturale sia per numero che per importanza delle opere è il più ricco del mondo.

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Il nucleo di valutazione del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica ha stimato che in Italia esistono 3.437 musei, oltre 2.000 siti archeologici, 20.000 chiese e conventi, 30.000 dimore storiche e giardini, con migliaia di chilometri di paesaggi. La propensione alla spesa del turista culturale ha statisticamente riflessi positivi sul territorio: sviluppo del turismo e investimenti finalizzati alla tutela del patrimonio artistico e alla promozione di eventi culturali possono diventare una grande opportunità per l’economia di molte località.

MIGLIAIA DI KMQ DI PAESAGGI

3.437 MUSEI

30.000 DIMORE STORICHE E GIARDINI

-

OLTRE 2.000 SITI ACHEOLOGICI 20.000 CHIESE E CONVENTI Inoltre possono costruire una risorsa per incentivare l’occupazione, incrementare le attività artigianali, contribuire al miglioramento dell’ambiente non possono che portare dei benefici alla comunità. Una rete territoriale, culturale, turistica, va quindi attivata, maggiormente organizzata in circuiti fruibili, pubblicizzata a modo, non semplicemente preservata, tutelata, salvaguardata, ma sempre nel rispetto delle pari dignità di salvaguardia e fruizione. L’evento, è considerato da alcuni operatori del settore come strumento di marketing territoriale, mentre da altri come strumento di comunicazione aziendale. Coloro che condividono la prima posizione considerano l’evento una fonte di attrazione turistica in un panorama in cui l’omogeneità dell’offerta tradizionale è evidente e le risorse locali diventano, pertanto, elementi di differenziazione importanti. Fra esse assumono rilevanza gli eventi legati alla storia, tradizione, folclore, cultura locale e caratterizzati da un elevato coinvolgimento della comunità ospitante. Un evento di successo può determinare la crescita della notorietà della località e dei flussi di informazione sulla stessa, anche grazie all’attenzione dei media. Le finalità dell’evento come strumento di marketing territoriale sono quindi quella di incrementare gli arrivi e le presenze, favorire la spesa turistica e destagionalizzare la domanda turistica.

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(cfr Cherubini Sergio, Eminente Giorgio, “Il nuovo marketing in Italia”, Milano, Franco Angeli, 1997)


design sociale In genere, il termine è usato per etichettare il lavoro di designer e architetti che si occupano di progetti legati a temi sociali e umanitari. Tuttavia è una definizione che si rivela profondamente insoddisfacente. Suggerisce, per esempio, un tipo di design che non pare concepito a beneficio dei singoli individui, quanto piuttosto a beneficio di gruppi ricondotti a una visione standardizzata e livellata sulla media, con l’intento di migliorarne le condizioni. Il Design Sociale si muove su una linea davvero sottile, tanto che moralismo e dichiarazioni ambiziose sono spesso andati di pari passo con le sue espressioni. Negli anni ‘60 e ‘70, Victor Papanek è stato tra i primi a porre la questione in termini contemporanei, affrontando non solo il tema delle condizioni di vita, classe e differenze di reddito, ma anche problemi legati alla responsabilità verso l’ambiente.

“Cambiare il mondo, sia a livello globale sia a livello locale, è l’aspirazione comune a tutte le forme di design sociale” Molti designer di oggi si ispirano al libro Design for the Real World, pubblicato nel 1971 e sottotitolato Human Ecology and Social Change: grazie a esso hanno imparato a pensare che possono veramente cambiare il mondo. Cambiare il mondo, sia a livello globale sia a livello locale, è l’aspirazione comune a tutte le forme di Design Sociale.

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Ci sono più tipologie di design sociale come: il design attivista che agisce attivamente contro lo status quo, ideologicamente avverso agli aspetti commerciali del progetto industriale, il design umanitario impiegato come risposta alle situazioni di crisi e alle catastrofi prodotte dall’uomo o dalla natura, il design solidale o anche design dell'interesse pubblico. La locuzione “social design” viene utilizzata a livello globale per classificare differenti tipi di progettazione. Alcune di queste descrizioni sono molto legate al design industriale, perché rimandano immediatamente alla progettazione di prodotti e servizi per l’uomo, altre si riferiscono a un tipo di progettazione sociale che supera il manufatto e arriva all’ideazione di realtà pensate per l’individuo. Entrambe le realtà appartengono alla definizione di design sociale, e lo spiega bene Holm Ivar nel suo libro Ideas and Beliefs in Architecture and Industrial design.

“Il design sociale è la progettazione di un processo che contribuisce a migliorare il benessere umano e i mezzi di sussistenza” I progettisti e i creativi hanno quindi una responsabilità sociale, e con il loro apporto sono in grado di provocare un reale cambiamento nel mondo. Il contributo dei designer è dato proprio dal prodotto di design che, per esser considerato responsabile, deve essere ecologico e ideato considerando le esigenze delle persone, più che i loro desideri.

design for the other 90% Quando si parla di design sociale, oggi si intende soprattutto il design del terzo mondo. Ed esiste un vero e proprio movimento, che ha trovato la sua migliore sintesi in una mostra dal nome significativo: Design for the other 90%, design per il restante 90% della popolazione. L’esposizione è partita da New York nel 2007 ed è diventata itinerante. Il titolo è utile per spiegare la situazione globale: su 6,5 miliardi di persone, 5,8 (ovvero il 90%) non hanno accesso alla maggior parte dei prodotti e dei servizi che per il restante 10% sono scontati: acqua potabile, cibo, una casa. Design for the other 90% racconta la tendenza di alcuni progettisti a realizzare oggetti fondamentali per la sopravvivenza delle persone che non hanno quasi nulla. Questo movimento ha radici negli anni ‘60 e ‘70, quando economisti e progettisti cercavano di trovare soluzioni semplici e a basso costo come risposta alla povertà. In questi ultimi anni, poi, i designer stanno lavorando a stretto contatto con gli utenti con modelli di coprogettazione per rispondere alle effettive esigenze. Le tipologie di prodotti sono organizzate a partire dal nome della necessità primaria che vanno a soddisfare: un riparo (la cui progettazione vede coinvolti soprattutto architetti), la salute, l’acqua, l’educazione, l’energia e il trasporto.

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social designer Un altro tipo di design definibile “sociale” è quello che non progetta direttamente mezzi di sostentamento, ma li supporta. È il caso di Social Designer, realtà internazionale, basata su una piattaforma internet ma con sede reale a New York, presso l’Hub Charity di Felissimo.

“Change doesn’t happen by chance, it happens by design” La frase-motto di Social Designer sintetizza la loro mission: il cambiamento non avviene per caso, ma avviene grazie al design. E se non attraverso la progettazione di item “sociali”, mediante oggetti di design comuni la cui vendita online andrà devoluta in beneficenza. Ma la rete di Social Designer non fa solo questo. Significativi sono anche i bandi di progettazione a tema: l’oggetto che vince viene messo in vendita e il ricavato, ovviamente, in beneficienza. Partecipare a Social Design non significa semplicemente fare carità, ma essere parte in causa in un progetto che utilizza il designer come strumento per una progettazione sociale. La maggior parte di questi movimenti parte e si diffonde a livello di network, come piattaforme per far rete. I loro risultati, però, non potrebbero essere più tangibili.

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participle Hilary Cottam e la sua società londinese, Participle, operano a livello locale. Dopo aver studiato scienze sociali, Cottam ha compreso il potenziale del design nel mettere a fuoco gli obiettivi per individuare soluzioni concrete e fattibili. Dopo aver collaborato con la Banca Mondiale in qualità di esperta sul tema della povertà urbana e aver lavorato per un periodo in Zambia, e dopo un esperimento avviato a Londra nel 2007 per ridisegnare gli edifici scolastici, ha fondato Participle insieme a Charles Leadbeater, esperto di strategie dell’innovazione e all’imprenditore Hugo Manassei. Le unità di progetto di Participle sono composte da etnografi, psicologi, esperti di scienze sociali, economisti e altri specialisti scelti in base ad ogni singolo obiettivo. I partner sono amministrazioni cittadine, istituzioni governative e imprese private, e i tra i clienti finali ci sono malati di diabete, carcerati, famiglie disfunzionali, giovani a rischio, anziani, e obesi. Il modo di operare di Participle, in termini di design sociale, non si fonda tanto sulla produzione di oggetti quanto sul progettare modi per far sì che accadano eventi positivi, in poche parole una definizione trasparente di design dei servizi, uno degli ingredienti fondamentali del design sociale. I progetti esordiscono utilizzando delle soluzioni-pilota e se queste dimostrano di funzionare e vengono apprezzate dai partner e dalle istituzioni, si procede con la realizzazione dei prodotti effettivi. Al centro del processo di design c’è il sistema di relazioni, che ne costituisce anche lo strumento più potente. Gli anziani sono incoraggiati a unirsi alle conferenze telefoniche incentrate su interessi condivisi; in un progetto chiamato MeetUp individui affetti da diabete e obesità vengono guidati verso uno stile di vita più salutare da gruppi di persone già affette dalle stesse patologie chiamati Activmobs; in un altro chiamato Loops i comportamenti nelle reti di relazioni tra giovanissimi vengono reindirizzati per permettere loro di prendere parte alle attività locali.

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Imprese come Participle, Live|Work (altro nome pionieristico nel design dei servizi con base a Londra) o WeAreWhatWeDo (sempre a Londra) usano la metodologia e l’approccio tradizionale del design: analisi di obiettivi e strumenti, sintesi, prototipi, ottimizzazione per affrontare questioni urgenti e specifiche di interesse pubblico. Se l’impegno del design dei servizi nel Regno Unito sembra essere particolarmente vivace a livello locale, esempi che comprendono edifici e oggetti possono essere rintracciati in tutto il mondo, dal Cile (dove lo studio Elemental fornisce ai cittadini abitazioni a basso costo ma dignitose che funzionano come delle tele architettoniche sulle quali costruire vere case e intere comunità che lasciano un buon margine di intervento all’invenzione per le future espansioni) all’Alabama (con il ben noto esempio del Rural Studio della Auburn University, dove dal 1993 studenti di architettura si fanno le ossa offrendo condizioni di vita migliori alla popolazione locale).

project h Project H, dove H sta per Humanity, Habitats, Health e Happiness (umanità, habitat, salute e felicità) è stata fondata nel 2008 da Emily Pilloton e Matthew Miller. L’esordio è avvenuto con un intervento a distanza e si è focalizzato sul redesign e la revisione delle funzioni dell’Hippo Roller, un innovativo progetto del 1991 firmato dagli ingegneri sudafricani Pettie Petzer e Jonah Jonker. Prodotto usando un materiale stabile ed economico come il pet stampato in rotazionale, questo serbatoio rotante da 90 litri permette anche a donne e bambini di trasportare acqua ai loro villaggi da fiumi e torrenti lontani, anche su un terreno accidentato. Project H si è impegnata a consegnare 75 serbatoi a Kgautswane, una sperduta comunità rurale nelle province settentrionali del Sudafrica, diventata in un certo senso oggetto di studio per molti e diversi esperimenti di design e tecnologia sociale. Pilloton e Miller hanno affrontato questo compito con lo slancio di uno studio di design industriale, individuando e risolvendo lacune progettuali che portavano a perdite di

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efficienza nella produzione e nella spedizione. Dopo altri esperimenti degni di nota, recentemente Project H ha completato con successo un progetto locale a Windsor, nel mezzo della zona agricola del Nord Carolina, dove gli studenti delle locali scuole superiori sono stati guidati nella costruzione di una serie di pollai e di un nuovo mercato coperto per la loro comunità. Quando si parla di design capace di cambiare la vita, la chiave per il successo è spesso un profondo coinvolgimento della comunità, perciò reti globali come Architecture for Humanity cercano sempre di stabilire collaborazioni a livello locale. Dalla fine del secolo scorso Architecture for Humanity è cresciuta fino a diventare una forza a livello mondiale che ha svolto un lavoro pionieristico sulle strutture decentralizzate, oggi al centro delle imprese umanitarie di maggior rilievo. Quello che molte di queste società hanno in comune è la capacità di agire da innesco, creando microinvestimenti anziché microprestiti, come affermato da Project H, scegliendo inoltre comunità in cui il potere del design può produrre una vera e duratura differenza.

philips e ideo Il ritorno in termini di motivazione, ispirazione, esperienza, espansione di mercato, ma anche di solidarietà e immagine è presumibilmente ciò che ha incoraggiato giganti come Philips e IDEO ad abbracciare quest’idea, la Philips con la sua apprezzata stufa Chulha, e IDEO con la creazione del network IDEO.org, dedicato a soluzioni di design con un impatto sociale. Come spesso accade con nuovi movimenti alimentati da entusiasmo e idealismo, il successo di alcuni è talvolta costruito sulla scorta di esperienze non sempre positive di altri. Molte di queste esperienze possono portare a dei fallimenti clamorosi, come nel caso della PlayPump, la pompa concepita per essere azionata dai bambini del Mozambico, fotogenica soluzione per mettere fine alla piaga della scarsità di acqua potabile, per la quale moltissimi, hanno dimostrato entusiasmo incondizionato. Altri prodotti raccontano invece storie di successo, da LifeStraw, un filtro d’acqua portatile prodotto dalla Vestergaard Frandsen, società con sede in Svizzera, a Freeplay Radio che conta su un sistema tramite il quale acquirenti del primo mondo finanziano utenti del terzo mondo che utilizzano modelli a propulsione umana chiamati Lifeline. O ancora Condom Applicator della XYZ Design di Città del Capo, introdotto per combattere la diffusione dell’AIDS in Sudafrica. Architetti e designer di tutto il mondo lavorano con passione non solo per aggiudicarsi uno dei numerosi premi: da INDEX, al Curry Stone, al Victor J. Papanek, impegnandosi in progetti che cambieranno il mondo, ma sono anche alla ricerca dei partner ideali, dalle istituzioni pubbliche e organizzazioni governative a imprenditori sociali e comunità locali, per trasformare queste idee in realtà. Anche se non sempre hanno ragione, sono appassionati, dedicati, e aprono nuove strade lavorando insieme a giovani team di designer, imprenditori, antropologi e consulenti impegnati in tutto il pianeta per portare bellezza e buon senso non solo alla pratica del design, ma anche alla politica e alla gestione del settore pubblico e privato. Molto più semplicemente: alla vita. (Antonelli Paola, “States of design 10: Design social”, in Domusweb,

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febbraio 2012, www.domusweb.it)


analisi competitor

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Una volta individuato il campo di azione e le varie tematiche da affrontare e valutare per la progettazione dell’evento europeo, ho fatto una ricerca su possibili competitor nazionali e internazionali, e manifestazioni affini sul tema organic, green e bio che si avvicinano agli obiettivi del progetto e da cui prendere esempio. In base a:

- Format - Tematiche - Prodotti Ecosolidali - Manifestazioni e Spettacoli - Politiche Ambientali - Trasporti - Esposizioni

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tappe All’indomani del Festival dello scorso settembre, nel mese di ottobre è arrivata la notizia della candidatura di Bolsena contro Venezia per l’assegnazione della Convergenza Europea di Permacultura per il 2016, quindi il gruppo di lavoro non si è fermato dopo il primo esperimento. Vi è stata un’audizione sul tema della Permacultura per la I volta in Parlamento, esattamente il 1 ottobre 2014, cosa non da poco e nel weekend 10-12 Ottobre mi sono recata alla Plenaria organizzata presso l’agriturismo biologico Campoletizia a Miglianico, nella provincia di Chieti in Abruzzo per presentare il progetto del festival come è stato sviluppato con ipotesi future in concorrenza con la città di Venezia e in questa occasione è avvenuta l’assegnazione ufficiale dell’EUPC 2016 alla cittadina di Bolsena. Successivamente è stato organizzato un incontro con le attività commerciali del paese di Bolsena, per illustrare il percorso verso l’evento del 2016 e dare l’opportunità a tutte di essere coinvolte, non solo a quelle della prima edizione che ovviamente hanno risposto positivamente dopo i risultati positivi a livello di introiti in un periodo di bassa stagione come quello di settembre. Il 14 gennaio 2015 c’è stato un incontro a Perugia con l’agenzia di comunicazione Superficie 8 per le proposte progettuali per il futuro evento e per la ricerca di fondi attraverso dei bandi europei appositi per il genere di iniziative. Una delle proposte messe in campo e in via di attualizzazione tra febbraio e marzo 2015 riguarda l’inizio del corso di Permacultura di 72 ore con 20 ore di pratica nelle giornate del 23-24 febbraio 2-3-9-10-16-1723-24 marzo 2015 a Bolsena. http://www.superficie8.it/

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format dell’evento eupc 2016 bolsena Conferenze 7-8 Settembre 2016

Convergenza 9-11 Settembre 2016

PRATICA: 1 giornata

3 Giorni con esperti di Permacultura, progettisti e professionisti del settore

Casi di studio di progetti esistenti e le relazioni sulle ultime evidenze della RICERCA, contribuendo a descrivere cio' che una societa' sostenibile potrebbe assomigliare in un futuro prossimo

- Workshop - Presentazioni - Networking - Tour - Arte / Spettacoli/teatro - Musica / Entertainment

PROCESSO: 2 giornata Un'esplorazione dei processi di trasformazione, compresa la progettazione in permacultura, che puo' aiutare a realizzare i cambiamenti necessari

Il festival europeo si svilupperà nell’arco di 5 giornate, le date previste sono dal 7 all’11 settembre 2016 e sarà strutturato in due diverse sessioni, nei primi due giorni sono state previste conferenze su tematiche legate allo sviluppo sostenibile con l’analisi di progetti esistenti nel campo, le fasi della ricerca e ipotetici scenari futuri. Oltre ad un approfondimento sui processi di trasformazione che sono stati attuati con la progettazione in Permacultura, utile per realizzare i cambiamenti nella nostra società attuale. Mentre nella seconda sessione della durata di 3 giorni è prevista la pratica insieme ad esperti, progettisti e professionisti del settore attraverso workshop, incontri, presentazioni, tuor in realtà locali; con una programmazione di spettacoli teatrali, musicali e percorsi artistici nelle vie del cittadina di Bolsena durante l’arco delle giornate.

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mission EUPC 2016 è un progetto che mira: • alla creazione di una rete di contatti tra professionisti del settore, progettisti ed esperti • ad essere un’occasione di incontro e di scambio di idee • alla formazione ed educazione per coloro che non conoscono ancora la progettazione in permacultura • a creare il senso di comunità in un piccola realtà territoriale • alla sperimentazione in campo e conoscenza di nuove tecniche di progettazione La sfida è quella di riuscire ad organizzare un evento a livello internazionale in una piccola comunità e di fornire i diversi servizi e strumenti, garantendo la qualità della programmazione e mantenendo un clima di armonia e collaborazione all’interno di un centro abitato. La missione di EUPC 2016 è quella di portare in vita, dare vigore e spazio alle passioni dei partecipanti, rispondere ai bisogni espressi, aumentare ed incentivare il loro coinvolgimento e provvedere ad agevolare e stimolare anche gli abitanti del centro abitato.

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target Trattandosi di un evento territoriale si rivolge all’intera cittadinanza che va coinvolta per la buona riuscita dell’evento, ai professionisti del settore (adetti ai lavori, progettisti), agli appassionati di nuove tecniche di coltivazione, costruzione e autosostentamento, a chi è interessato a conoscere modelli di vita sostenibili per poterli poi applicare alla propria. A tutte le persone curiose che vogliono scoprire la progettazione della permacultura e il modo di vivere secondo i principi, alle famiglie e ai giovani dando la possibilità di trascorrere qualche giorno, fuori casa, in un contesto che offre una ricca programmazione di attività sia per adulti che per bambini con momenti di svago e condivisione.

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geografia del luogo e location

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Quindi come per la prima edizione del Festival anche in questo caso con il gruppo di lavoro abbiamo scelto di proporre l’edizione europea nella cittadina di Bolsena, sulle rive del lago, dopo il primo esperimento che è stato ben accolto dalla cittadina oltre al fatto di prestarsi bene per la manifestazione.

Cosa distingue questa regione dalle altre vicine? L’Alto Lazio è caratterizzato da una grande diversità che si può constatare da territorio in territorio nonostante le località siano tutte raggiungibili in poco tempo. Basti pensare a Monterosi, così vicino a Roma e pure già dentro la provincia di Viterbo, al triangolo che si incunea a nord tra Umbria e Toscana a ha il suo centro nella località di Acquapendente vicinissima al confine toscano; oppure altre località come Bagnoregio e Lubriano, che a nord-est sfiorano l’Umbria, fino ad arrivare alle colline di Monte Romano che digradano verso il mare e ancora Tarquinia, una delle patrie del popolo Etrusco che si trova ad un passo dal Tirreno. Civita Castellana, operosa nell’industria delle ceramiche è certo molto diversa da Montefiascone, anch’essa laboriosa e piena di attività; diversa da Tuscania così piena di chiese a due passi dalla Maremma. E’ difficile riuscire a farsi un’immagine unitaria di questo territorio. Eppure forse proprio da tanti contrasti, da influenze diverse, dal non essere né Toscana né Umbria, ma neppure Lazio in senso stretto (gli storici dicono che il nome Lazio appartenne solo a una determinata regione che si trova dall’altra parte del Tevere) è derivato a questa regione, che dovrebbe chiamarsi con più esattezza Tuscia. Non è facile definire un suo carattere, probabilmente il fascino dell’Alto Lazio deriva dall’incrocio di due sogni diversi che nel passato fiorirono proprio su queste terre: il sogno grande di Roma, che divenne una realtà potente nei secoli trionfando in tutto il mondo inondando queste terre così vicine; e il ricordo di un altro sogno, rimasto

nella memoria dell’uomo quasi soltanto come un mistero: gli Etruschi. Dovunque nell’Alto Lazio affiorarono rovine degne di rilievo, a Ferento, Norchia, Bisenzio e Vulci compaiono i resti di costruzioni e di sculture etrusche e non soltanto i famosi sarcofagi. A rendere suggestivo il paesaggio concorrono anche i resti della vita medievale: torri e bastioni, mura merlate e castelli, spesso in rovina. Sono i ricordi di lotte e sofferenze, di ribellioni e di sottomissioni, come del resto in altre tante parti della nostra penisola. Un’altra delle caratteristiche del paesaggio è data dalla posizione degli abitati, molti dei paesi della provincia di Viterbo, in particolare modo quelli verso nord sono situati in alto su colli di pietre o di tufi, non dissimili in questo da molti paesi dell’Umbria o della Ciociaria. Ma nell’Alto Lazio, le case e le piazze, i campanili e le chiese hanno più spesso vicino il bianco delle argille che sotto il tufo ne minano la sicurezza e talvolta anche la stessa esistenza, come a Celleno, Onano, Roccalvecce e l’incantevole Civita di Bagnoregio. (cfr Tecchi Bonaventura “Antica terra”, Torino, Edizioni dell’albero, 1967)

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Per l’individuazione delle location oltre a quelle della scorsa edizione che sono state rese disponibili gratuitamente dall’amministrazione comunale, per questa edizione europea ne avremo a disposizione altre. Oltre all’Auditorium Comunale, le Scuderie di Palazzo Cozza Caposavi, la Libr’Osteria Le Sorgenti, Per quanto riguarda il budget, in seguito alla prima edizione grazie alle iscrizioni ai workshop

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il Centro Giovanile IDEA dove si sono svolti i workshop; il Teatro San Francesco per le conferenze, il Piccolo Teatro Cavour per gli incontri e l’Ufficio informazioni come punto informativo e di orientamento si aggiungono il Convento Santa Maria del Giglio per le attività formative e per l’ospitalità che si trova sulla cima di una delle tre colline su cui si trova la città di Bolsena. E il camping Valdisole sulle rive del lago per la realizzazione di un green village.


budget e ricerca fondi Per quanto riguarda il budget, in seguito alla prima edizione grazie alle iscrizioni ai workshop dei partecipanti è stato possibile riuscire a mettere in fondo cassa una certa somma di denaro in previsione di attività future e per la prossima edizione ci siamo affidati al fund raising per raccogliere fondi da destinare alla realizzazione dell’evento che si sta progettando. L’Unione Europea offre molteplici opportunità di finanziamento sia ai singoli che alle collettività. Attraverso la Commissione Europea vengono gestite differenti forme di aiuto. Si possono distinguere due tipologie di finanziamenti comunitari: fondi diretti e fondi indiretti. I fondi diretti si riferiscono a stanziamenti della Commissione Europea, che essa gestisce e direttamente eroga al beneficiario finale. Il contributo della Commissione è definito col termine “sovvenzione”: si tratta di un versamento di natura non commerciale effettuato nell’intento di realizzare una politica comunitaria. Il co-finanziamento attribuito dalla Commissione, che deve essere integrato da risorse proprie del beneficiario, serve però per realizzare attività definibili come soft ad esempio, scambi di esperienze e di migliori pratiche, organizzazione di seminari e convegni, studi o progetti di animazione territoriale, mentre raramente tra i costi ammissibili figurano progetti infrastrutturali. Il progetto deve essere presentato, per la valutazione ed eventuale selezione, sulla base di formulari standard predisposti per i differenti programmi; in caso di approvazione del progetto la Commissione stipula con il beneficiario o con il coordinatore del progetto, una convenzione di finanziamento, che lo obbliga a realizzare le attività previste secondo quanto descritto dalla modulistica presentata ed ai costi indicati dal bilancio di previsione. I fondi indiretti si identificano con i fondi strutturali che sono chiamati ad attuare il principio di coesione economica e sociale all’interno della comunità. Il rapporto tra la Commissione Europea che eroga i fondi e il beneficiario finale pertanto non è diretto, bensì è mediato dalle autorità nazionali, regionali o locali; ad esse spetta infatti il compito di programmare gli interventi sui territori amministrati, emanare i bandi, selezionare e gestire i progetti pervenuti, erogare le rispettive risorse. Metodo noto a tutti ed estremamente utile per raccogliere fondi è inoltre la sponsorizzazione. Per sponsorizzare un progetto o in questo caso un evento bisogna identificarsi nel progetto che si sta sponsorizzando, condividerne i valori e linee guida, ed è per questo che si tratta di un’attività estremamente delicata ed importante che vale la pena di prendere in considerazione per possibili riscontri futuri. (cit Re Piergiorgio,“Event management” Torino, 2007)

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proposte progettuali Le proposte progettuali in seguito all’incontro con l’agenzia Superficie 8 di Perugia, riguardano vari campi e alcune sono in corso di attuazione come il Corso di Progettazione in Permacultura di 72 ore + 20 ore di pratica in partenza nelle giornate del 23-24 febbraio 2-3-9-10-16-17-23-24 marzo 2015 che si terrà a Bolsena. Sono previste ore dedicate alla pratica di progettazione e visite in realtà locali. Gli argomenti di cui tratterà il corso saranno: etica e principi permaculturali, lettura del paesaggio, progettare in permacultura, permacultura urbana, esercitazioni pratiche di progettazione, il progetto etico e sostenibile, imparare dall’acqua la progettazione, strutture utili per aumentare la fertilità del suolo, EM e sistema linfatico, food forest, suolo terra piante, progettazione in zone e settori, orto sinergico, aridocultura, riconoscimento delle terre, cucina e forno solare, modelli naturali, le zone 2 e 3, la rappresentazione grafica. I docenti del corso saranno: Luca Puri, Massimiliano Petrini, Fabio Pinzi, Saviana Parodi.

Mentre quelle a cui stiamo lavorando per la richiesta di fondi europei sono:

Restauro stalla e essiccatoio Convento Santa Maria del Giglio Rivolto a: - Ordine degli Architetti e Architetti - Organizzazioni di Bioarchitettura - Studenti di Architettura IT e EU

Tematiche:

- Architettura permaculturale - Tecniche di costruzione tradizionale - Formazione di gruppi locali ed europei di muratori, architetti e animatori di comunità - Workshop permanente - Possibilità di assegnazione crediti formativi Il completamento del restauro è previsto per l’estate del 2016 prima dell’inizio della manifestazione e verrà impiegato per l’utilizzo di una banca di conservazione, per riproduzione e sperimentazione su semi tradizionali.

Bando europeo associato: ERASMUS +, ESR

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Farmers’ Market Rivolto a:

- Movimento Terra Contadina - AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica - INEA - Istituto Nazionale di Economia Agraria - Agricoltori locali - Agricoltori biologici

Tematiche:

- Organizzazione di mercati con prodotti biologici locali - Coinvolgimento e dialogo con i cittadini - Spazio free - Baratto pacchi di verdure in abbondanza per famiglie in difficoltà La formalizzazione dei Farmers’ Market è prevista prima dell’inizio della manifestazione

Bando europeo: ERASMUS +, PSR 156


Trasformazione Campig Valdisole in parco per campeggio Rivolto a:

- Ordine degli Architetti e Architetti - Studenti di Architettura IT e EU - Associazioni al Turismo

Tematiche:

- Trasformazione del camping Valdisole - Costruzioni in balle di paglia e cob - Fitodepurazione - Orto comune - Campi di lavoro - Possibilità di assegnazione crediti formativi Il completamento della trasformazione del campeggio è previsto per l’estate del 2016 e vedrà la sua piena realizzazione durante la manifestazione.

Bando europeo: COSME

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Ciclocultura Rivolto a:

- Associazione Trombadore’s - Operatori turistici e rostoratori - Amministrazioni pubbliche e locali

Tematiche:

- CriticalMass - Promozione dell’uso della bicicletta - Turismo ambientale - Mobilità sostenibile - Formazione guide per cicloturismo - Identificazione percorsi - Messa in sicurezza segnaletica - Allestimento di cicloofficine - Accoglienza bikers - Promozione Ecoturismo Prima della manifestazione occorrerà rendere disponibili tutti i servizi per poi dare la possibilità ai partecipanti di usufruirne.

Bando europeo: EUROBIKE

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Green Village - Formazione professionalizzante per innovazione sostenibile Rivolto a:

- Giovani del territorio - Organizzazione di Ecoturismo - Banche del Tempo - SlowFood

Tematiche: - Formazione sui principi dell’Ecoturismo - Formazione per promotori di economie solidali - Promozione prodotti tipici locali - Gestori di Banche del Tempo - Baratto - Pratica La formazione inizierà prima della manifestazione, mentre durante si potrà fare pratica.

Bando europeo: ERASMUS +, KA2

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Incontro e scambio con realtà permaculturali avanzate e con Transition Town Rivolto a:

- Transition Town - Associazione dei Comuni Virtuosi - Agricoltori biologici - Amministrazioni della Tuscia, Umbria e Toscana

Tematiche:

- Formazione - Miglioramento qualità ecologica del territorio - Promozione economia locale - Riuso e riciclo - Cura del paesaggio e territorio - Agricoltura biologica - Produzione e scambio di servizio L’incontro e lo scambio con le realtà permaculturali avverrà durante la manifestazione.

Bando europeo: ERASMUS +, MOBILITY, KA1

Eventi Culturali Rivolto a:

- partecipanti - cittadini locali

Tematiche:

- Cinema - Mostre - Musica - Teatro - Arti visive Artisti internazionali e locali saranno presenti su tutto il territorio durante le giornate della manifestazone, verranno allestite delle installazioni nei siti archeologici oltre a spettacoli tetrali e musicali.

Bando europeo: ERASMUS +, EU FOR CITIZENS 160


gadget Shopper e T-shirt in cotone organico e riciclato.

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comunicazione dell’evento La comunicazione della manifestazione verrà attuata con due tipologie di strumenti:

STRUMENTI ONLINE - Social Media Marketing - Comunicati Stampa Il web rappresenta ormai il canale più utilizzato, i consumatori fanno domande, cercano informazioni, sono attivi. Per poter sponsorizzare al meglio l’evento serve dialogo e i social network rendono possibile ciò.

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STRUMENTI OFFLINE: - Cartellonistica - Flyer e Brochure - Trasporti - Allestimento

eupc 2016 european permaculture conference 7 - 11 settembre 2016

b v o t l s e n a

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swot Ecco di seguito riportata una schematizzazione sintetica dei principali e basilari punti di forza (S/strengths), delle maggiori debolezze (W/weaknesses), delle significative ed importanti opportunità (O/opportunities) e delle reali minacce (T/threats) alla base della progettazione dell’evento di cui abbiamo fino ad ora parlato.

Strengths - Esperienza festival italiano con buoni risultati - Disponibilità strutture - Creazione rete professionisti - Nuove modalità di lavoro e pratica - Sperimentazione progettuale

Threats - Concorrenza di possibili competitor - Possibilità di non riuscire ad accogliere un pubblico vasto - Rischio affollamento strutture di ospitalità - Difficoltà coordinamento

SWOT ANALYSIS Opportunities - Creazione di una comunità collaborativa - Miglioramento realtà territoriale - Maggiori introiti per le attività commerciali - Ampliamento territoriale dell’evento - Favorire il trend del vivere sostenibile

partner 165

Weaknesses - Bilancio tra offerte e richieste - formazione di un team più ampio - costi alti - gestione delle attività


CONCLUSIONI

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Gli eventi rappresentano una leva di comunicazione che permette il contatto diretto (face to face) con un possibile pubblico di consumatori o semplici spettatori, trasmettendo in maniera innovativa, senza intermediazioni, i mondi di riferimento di un brand o di un soggetto promotore. Ormai è un comparto in costante crescita, divenuto a partire dal 2000 una delle leve strategiche e operative che è necessario applicare nell’ambito della comunicazione integrata nello sviluppo di qualsiasi piano di comunicazione. L’evento deve essere inteso come strumento strategico di comunicazione al fine di creare visibilità o consapevolezza, generare profitti, celebrare un avvenimento, raccogliere fondi, dare volume a un’emozione. In definitiva, analizzando cause, strategie ed effetti, nonché luci ed ombre del fenomeno Green in tutte le sue sfaccettature e dai punti di vista dei vari operatori del settore sono doverose alcune riflessioni riguardo i potenziali e ulteriori sviluppi del mercato. Come emerso dagli studi, ricerche, indagini e pubblicazioni vi è un forte interesse da parte della politica, delle aziende e dei suoi relativi stakeholder riguardo i temi di sostenibilità, eco- compatibilità e consumi etici. E’ emerso chiaramente come questo interesse non sia legato a mode passeggere, o segmenti di nicchia, bensì ad un insieme di esigenze di cambiamento radicale in molti settori. D’altra parte vi è la forte necessità di una maggiore regolamentazione e tutela da parte degli enti politici, amministrativi e legislativi affinché premino i comportamenti virtuosi, valorizzino l’operato delle aziende e aiutino i consumatori a comprender meglio il fenomeno e la necessità di cambiamento per un futuro migliore. Alla luce di quanto emerso in questo lavoro di tesi, che non può certamente ritenersi concluso e dopo il riscontro positivo sul territorio, attualmente le proposte progettuali sono in via di sviluppo e di concretizzazione. Grazie a ciò, ho potuto mettere in campo le mie competenze professionali

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acquisite fino ad ora, grazie sia al percorso di studi affrontato, che ad altre esperienze nel campo dell’organizzazione degli eventi. La sfida è ora quella di riuscire a generare un evento di tipo sostenibile e culturale non più solo a livello locale, ma affacciarsi nel panorama internazionale per il 2016. Un evento che sappia promuovere il territorio e generare profitto per l’intera comunità che andrà ad ospitarlo. I processi in atto per ora sono la realizzazione delle proposte esposte per la ricerca di fondi, oltre ovviamente alla ricerca di ulteriori sponsor e partner che possano supportare e condividere il nostro messaggio.


GRAZIE alla mia famiglia per avermi supportato e sostenuto durante tutto il percorso di studi; a Luca Puri per avermi dato la possibilità di entrare a far parte di uno splendido team di lavoro e dato l’opportunità di poter raccontare questa esperienza in prima persona; al professor Angelo Minisci che mi ha guidato e donato un grande supporto in questo progetto; a Valentina Burla e Francesca Adami per essere sempre state accanto a me e per avermi fatto andare avanti; a Nora Ferrucci per l’incoraggiamento e i consigli; a Luca Filippi, Riccardo Nannini, Stefania Lombardo, Andrea Di Gennaro, Romina Mangiabene, Claudio Amici, Luca Chiarapini, Ilaria Polegri per avermi sopportato; all’Isia per avermi accolto in un percorso di formazione che mi ha fatto crescere sia a livello professionale che personale e per avermi arricchito e fatto acquisire maggiore sicurezza nelle mie capacità; a Isabella Rossolini, che ho conosciuto proprio grazie all’Isia, ai compagni che ho incontrato durante questo percorso e con cui ho lavorato insieme in gruppo.

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